Abstract tesi

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Abstract tesi
Cognome e nome: Ryah Mohamed
Matricola: 1014543
Corso di laurea: Laurea magistrale in Giurisprudenza
Titolo tesi: L'ordinamento costituzionale del Marocco: aspetti comparativi con i paesi nordafricani
Abstract tesi
Questa ricerca è stata intrapresa da una forte curiosità per il Marocco e alcuni Paesi nordafricani che negli
ultimi anni si sono presentati sulla scena internazionale come paesi che hanno avviato profonde riforme
all’interno del sistema politico.
La tesi è composta da una prima parte introduttiva che descrive geografia, popolazione, lingua e religione
del Regno del Marocco.
Lo studio si è aperto ripercorrendo il passato coloniale del Marocco e analizzando l’impatto della
dominazione francese, con particolare attenzione agli effetti che essa ha provocato a livello istituzionale e
amministrativo.
Il rafforzamento e la centralizzazione del potere in mano al Makhzen rimangono tutt’oggi individuabile
nella struttura neopatrimoniale dello stato marocchino: di conseguenza, le recenti riforme di
liberalizzazione hanno permesso alle élites locali di sfruttare gli interessi europei nella regione per rimanere
al potere senza liberalizzare pienamente il sistema.
Un primo punto di forza di quest’analisi può essere rintracciato nello studio delle dinamiche che
hanno caratterizzato il passato coloniale del paese in questione, per andare a comprendere, i meccanismi
attraverso i quali la Monarchia riesce a mantenere intatto il suo potere.
L’elaborato prosegue con l’esaminare la storia costituzionale del Marocco, dove si sono individuati alcuni
punti delicati meritevoli di approfondimento.
Punto di partenza è la Costituzione del 1962, fortemente ispirata a quella della V Repubblica
francese e conteneva in essa principi e valori politici di tipo occidentale, mischiati ad altri prettamente
islamici. Il risultato fu una sorta d’ibrido che avrebbe tuttavia dovuto portare il Marocco verso una
monarchia costituzionale, democratica e sociale. Nell’analisi di questa Costituzione non va dimenticato il
vero scopo per cui fu concepita: consacrare e legittimare il potere del Sovrano.
Negli stessi anni il Marocco aveva ottenuto l’indipendenza dalla Francia, e circa 200.000 giovani marocchini
erano entrati nell’amministrazione pubblica, sostituendo i funzionari francesi ed ebrei che avevano
abbandonato il Marocco. L’amministrazione pubblica fu, però ben presto satura e non fu più in grado di
assicurare nuova occupazione.
Gli studenti si rivoltarono contro il governo per protestare contro una circolare del ministro
dell’Educazione che proibiva l’accesso alle scuole medie superiori per i nati prima del 1948. La rivolta fu
soffocata brutalmente, e addirittura i militari mitragliarono dai propri elicotteri i manifestanti, le
conseguenze politiche di quanto successo sono però altrettanto drammatiche, infatti il monarca Hassan II,
sospese la Costituzione proclamando lo “Stato di Emergenza”, concentrando in questo modo tutti i poteri
nelle sue mani e governando per decreto. Il Re costituì un governo presieduto da egli stesso in veste di
primo ministro e si apprestava quindi a governare e amministrare il Marocco come un bene personale,
senza alcun controllo politico sugli atti del governo o sulla promulgazione delle leggi.
Questa situazione durò fino al 1970, anno in cui fu introdotta una nuova Costituzione, che pur mantenendo
la struttura di quella precedente del 1962, aveva nuove e importanti modifiche.
La nuova Costituzione, decisa unicamente dal “Palazzo” rese anzitutto ancora più incisivi i poteri del
sovrano diminuendo al contempo la rappresentatività del parlamento, che fu ridotto a una camera soltanto.
In pratica Hassan II rimaneva la chiave di volta di un sistema politico con un potere legislativo ridotto ai
minimi termini e privato di una rappresentanza significativa nel Paese, dove una burocrazia corrotta e i
militari fedeli al sovrano diventavano una pietra angolare del sistema. Si trattava senza dubbio di un passo
indietro rispetto alla precedente Costituzione, poiché se questa prevedeva almeno in linea di massima una
monarchia costituzionale, quella del 1970 trasformava il Marocco in una monarchia quasi assoluta.
La delicata situazione che si era andata delineando in Marocco, spinse il Sovrano a un tentativo di
riconciliazione con l’opposizione, che non poteva avvenire se non tramite una democratizzazione
dell’apparato statale e la promessa di una nuova Costituzione, chiesta ormai da molto tempo da tutti gli
schieramenti politici, che ritenevano la vecchia ormai obsoleta rispetto al nuovo clima politico.
Con queste premesse che nel 1992 (con successive modifiche nel 1996) fu varata una nuova Carta
Costituzionale dove fin dal preambolo si sottolineava il riconoscimento dal Marocco dei diritti dell’uomo
universalmente riconosciuti prevedendo al tempo stesso una riduzione dei poteri effettivi del sovrano. Era
chiaro che alla base di queste modifiche vi era la volontà di consolidare lo stato di diritto tramite un
bilanciamento dei poteri, in particolare tra sovrano e parlamento. Sebbene quindi le modifiche
costituzionali del 1992 e del 1996 costituiscano una svolta democratica per il Marocco, la strada da
percorrere prima di poter parlare di uno stato democratico vero e proprio è ancora lunga. Arriviamo quindi
all’ultima e recentissima tappa del percorso costituzionale del Marocco, dato che risale al 17 giugno del
2011.
Andando ad analizzare il testo, si notano delle modifiche sostanziali rispetto al testo del 1996,
molto più sviluppato da un punto di vista di diritti tutelati: gli articoli sono passati dai precedenti 105 nella
versione del 1996 a 180, dove molti dei quali approfondiscono principi e diritti che prima erano solo
accennati. La parte più corposa delle nuove disposizione riguarda senza dubbio le “Disposizioni generali e i
diritti garantiti al cittadino” – Titolo I e II della carta costituzionale. Il testo elenca in modo dettagliato i
diritti individuali nel Preambolo che fa riferimento, come da tradizione, ai diritti universali dell’uomo sanciti
dalle Nazioni Unite. Da sottolineare alcuni riferimenti che vengono fatti ai giovani, alla condizione delle
donne e alla famiglia.
Nella seconda parte di questo elaborato, si analizzano gli atti di sovranità e politiche costituzionali di questi
paesi nordafricani, sempre in relazione alle recenti rivoluzioni. Si è affrontata la primavera araba come
fonte di rinnovamento del sistema costituzionale della Tunisia, Egitto e Libia, dove i nuovi testi
costituzionali non sono ancora stati ultimati o sono di recente adozione. Pertanto è impossibile stabilire con
esattezza le forme di Stato e di governo che i paesi in questione assumeranno. Ciò che invece è possibile
analizzare sono i modelli delle politiche costituzionali il cui elemento saliente è l’Assemblea Costituente «un
corpo di rappresentanti eletti, dotati del compito di definire e ridefinire la nazione», organo che stabilisce le
norme della politica ordinaria. In Egitto una nuova Costituzione è stata approvata a seguito di referendum
popolare. In Tunisia una nuova Carta costituzionale è tuttora in fase di redazione. In Libia la Dichiarazione
Costituzionale ha stabilito un processo finalizzato a creare ex novo tutte le istituzioni. Al di là delle
caratteristiche di ciascuna fase, il dato comune è che i testi costituzionali il più delle volte sono stati redatti
da commissioni nominate ad hoc alle quali ha fatto seguito una ratifica referendaria ex post. La storia
costituzionale araba è dunque contraddistinta da un processo di reinvenzione: attraverso gli ultimi due
secoli, i regimi, nonostante le differenze, hanno mirato a rinnovarsi dichiarando il principio di sovranità
popolare, ma in realtà sancendo la volontà del leader in nome del popolo.