Diario di Guerra

Transcript

Diario di Guerra
Memorie di Guerra e Prigionia scritte dal Caporale
OTTAVIO CALTRAN
32° Reggimento FANTERIA – Deposito Alessandria
(Matricola 76.328)
GUERRA 1915-18
introduzione e contestualizzazione di
*** Ferdinando Caltran ***
Circolo Noi di Vangadizza
Pro Manuscripto
2012
1
Presentazione
Come su un campo arato dal dolore, la scrittura inciampa su ruvide zolle ma ci offre uno spaccato di vissuto che solcato dalla
sofferenza evidenzia l'animo umano: nella sua nobiltà e meschinità, nella sua fierezza e vigliaccheria, nei suoi slanci e nelle sue paure, nelle sue speranze e delusioni, con la sua tragicità e il
suo ridicolo; e fa considerare la guerra come inutile strage, insensata distruzione, e più forte rende convinti che, con la guerra, tutto è perduto. La testimonianza di Ottavio Caltran, soldato
della prima grande guerra, con gli appunti del suo diario, come
flash, illumina sulla grandezza dell'uomo che, col bagaglio della
sua umanità e della sua fede, affronta le più sconvolgenti tragedie senza smarrire la speranza e perdere la dignità. Le tribolazioni affrontate, le umiliazioni subite, gli stenti patiti mettono in
evidenza la sua rettitudine e fortezza, la sua coerenza e il senso
di giustizia. Se vogliamo imparare la storia, testimonianze come
questa, ce la fanno conoscere… ...perché la Storia diventi
"maestra di vita!".
d. Romeo
Ringraziamenti
Ringraziamo l’amico Ferdinando Caltran per aver curato e messo a disposizione il diario del padre Ottavio relativo alla sua prigionia durante la guerra 1915-18, auspicando che ciò serva a “
vedere “ come l’onestà può brillare anche nei momenti più tragici della vita.
Circolo Noi - Vangadizza
2
Memorie di Guerra e Prigionia scritte dal Caporale
OTTAVIO CALTRAN
32° Reggimento FANTERIA – Deposito Alessandria
(Matricola 76.328)
GUERRA 1915-18
Il commento di un figlio
Dopo 89 anni da quando è stato scritto, ho potuto prendere in
mano e leggere per la prima volta il Diario di Guerra e Prigionia
in Ungheria e Croazia di mio padre Ottavio nato a Legnago il
4/2/1888. Ho voluto rendere più visibili nel Diario i nomi di Località e di Persone, segnandole in grassetto per rintracciarle più
facilmente in una eventuale e successiva ricerca.
Nessun cenno della partenza da casa e la destinazione iniziale,
ma “solo" della ritirata dall'Isonzo, catturato sull’Altipiano dei Sette Comuni (Asiago), e il ritorno a casa un anno dopo.
L'originale è scritto a mano su di un quaderno con copertina scura, così mi assicura il fratello ANTONIO che l'ha visto molti anni
fa, quando il papà venduta la casa di Nichesola tornò ad abitare
a Legnago, a Casette. Il diario riporta i ricordi, le vicissitudini, i
patimenti e i nomi di località dove è passato Lui il fante
"Caporale" Ottavio Caltran, Legnaghese, classe 1888. Ma ci sono nel diario anche alcuni indirizzi di compagni d'armi e nomi che
3
ha sempre chiesto non vengano resi noti..
Tutte le pagine manoscritte furono battute a macchina. E' quanto
si riesce a leggere sulla scura copertina della copia in possesso
di Antonio. Comunque credo di avere individuate alcune parole
che mi sembra dicano chi l'ha scritto il diario (Ottavio Caltran), chi
l'ha trascritto a macchina (Antoniazzi Antonio o Antenore) e poi
chi l'ha raccolto in fascicolo, pare sia scritto Manani Pietro, ma
forse anche Mainardi. La lettura delle prime 4 o 5 righe scritte
sulla copertina è difficile, ma mi azzardo nel dire che forse c'è
scritto:
1^
riga
2^
“
questi documenti furono .........
3^
“
sottoscritti . . . ? da Caltran Ottavio
4^
“
riscritti da Antoniazzi Antonio, o Antenore
5^
"
solo una data 1936 (forse)
raccolti in fascicolo da Manani Piero (o Mainardi).
Facile invece la lettura della dedica che dice:
“Dono questi miei ricordi
Fondazione Museo Fioroni
di Legnago”
Legnago 29/3/1964
Caltran Ottavio
Morì nel 1964, in autunno, ma prima volle lasciare la copia battuta a macchina in buone mani dove si trova ancora oggi, nel Museo della Fondazione Fioroni di Legnago.
Morì a 74 anni. Una vita vissuta da credente devoto alla Madon4
na e a S. Giovanni Bosco, orgoglioso d‘essere stato Allievo Salesiano, una vita dedicata, alla numerosa famiglia: 9 figli con 6
femmine, attraverso due guerre mondiali, la prima al fronte, a
trent’anni di età, fatto prigioniero dall'esercito Austroungarico,
trattenuto 12 mesi tra Ungheria e Croazia, un anno di tribulazioni, stenti e umiliazioni, ma che rivelarono le sue doti di uomo dinamico, mai rassegnato, sempre attivo. Ma tornando al diario,
penso che a scriverlo a macchina sia stato un collega d'ufficio,
in esattoria a Legnago dove era impiegato, per il quale la trascrizione degli appunti scritti a mano non è stata facile, credo, perché Ottavio costretto a scriverli da prigioniero e chissà in quali
condizioni, ci fa immaginare il perché di alcuni errori, uno grossolano, dove è segnata la data 31/4, (ma aprile ha solo 30 giorni!) Potrebbe averlo commesso il trascrittore a Legnago. Poi alcune date non sono in ordine cronologico, per non parlare della
punteggiatura, ma credo sia stato costretto a scrivere così, sinteticamente, come un lungo telegramma per risparmiare spazio
e……tempo, saltando le virgole, spesso, ed io ho voluto trascriverlo uguale, errori compresi.
Nel rileggere l'episodio della trappola in cui sono caduti e fatti
prigionieri andando all'assalto "del Pertica", ho notato un grosso
errore, dove dice testualmente: "bisognava prevenire la sorpresa=comunque eccoci prigionieri ore 9 del 22/11/19I7”. Ma nella
prima pagina del diario comincia così: (28 Nov.) Ci troviamo nel
pendìo di quota 219 presso l'Ermada. Da tre giorni. ..ecc.
5
E’ quello l'inizio della ritirata dall'Isonzo, ma allora com'é possibile che il 28 novembre inizi la ritirata e sia fatto prigioniero il 22,
cioè 6 giorni prima?
Perché quello che è successo il 22 novembre l'ha scritto (forse)
il 28?
Oppure, fatto prigioniero, sono trascorsi alcuni giorni prima di
poter scriver non potendolo fare prendendo carta e matita, ma
ha atteso di poterlo fare con un minimo di tranquillità. Nel frattempo avrà segnato, sui foglietti, solo i nomi delle località attraversate, oltre al nome e l'indirizzo del ferito vicentino che si e
portato in spalla prima e sulla barella poi.
Ma seguendo l'ordine delle località segnate sul diario, è possibile ricostruire gran parte del percorso di Ottavio, sia nella ritirata
dall'Isonzo che da prigioniero sull'Altipiano di Asiago perché,
poi da prigioniero, è stato condotto in Valdassa, poi giù fino a
Caldonazzo, poi Trento, Gardòlo, Lavis e da qui in treno per
tré giorni per arrivare in Ungheria attraversando l'Austria e finire il viaggio in un campo di concentramento a Zalaegerszeg,
("Transdanubio Settentrionale, come da ricerca col computer in
stesura di queste note.”). Nel diario è citata una curiosa coincidenza e stato catturato il 22/11/1917 e liberato il 22/11/1918, è
un anno esatto di prigionia ! ! !
Nel ritorno è passato per Fiume in Croazia, poi a Venezia, Isola di S.Elena, Rovigo, e poi in Emilia Romagna attraverso
S.Giovanni in Persiceto e lì a S. Margherita, nome che non
6
ho trovato nelle carte stradali attuali, è stato raggiunto dalle sorelle Emilia e Colomba, (poi mie zie), che l'hanno accompagnato
a casa forse usando la linea ferroviaria Bologna-Verona, salendo a S.Giovanni Persiceto via Ostiglia dopo una cinquantina
di chilometri, ed infine a Legnago, o Milano, visto che le sorelle
partono da là, sta scritto.
Non molto lungo, il Diario si legge d'un fiato, ma se la lettura è
piacevole e veloce bisogna ricordare che il prigioniero Ottavio ci
ha messo dodici lunghi mesi a scriverlo, forse di più !
Era molto severo sia con i figli che con la nostra mamma, ma
credo che il suo carattere si sia maturato fin da piccolo, quando
è rimasto orfano del padre, mio nonno che morì in Brasile e Ottavio aveva, mi hanno detto, solo tre anni mi pare di ricordare e
fu costretto bambino, a tornare in Italia su una nave, (di allora ! ! !).
Studiò nel Collegio S. Davide dei Salesiani di Porto di Legnago,
fino al completamento degli studi ginnasiali Qui ha avuto una
educazione severa. Poi l'esperienza della prigionia, una guerra
vissuta da prigioniero, lui a quei tempi, uomo istruito e di carattere, (siamo all’inizio del 1900 e gli analfabeti erano tantissimi) che
deve piegarsi all'odio che regna tra nemici dichiarati e difendersi
dall'invidia dei commilitoni, che deve vivere rubandosi tra miserandi il misero boccone di pane o la rapa lessata disponibili in un
giorno. Questo diario mi fa ancora più orgoglioso del Genitore
che ci ha cresciuti tutti nove figli con dignità, insegnandoci a pra7
ticare la Fede Cristiana, a obbedire, poi a chiedere, ad aiutare
se si vuole aiuto. GRAZIE PAPA’
Porto di Legnago, 9/1-2006
tuo figlio Ferdinando
NOTA
9/11/2011 – La pubblicazione del Diario è stata possibile grazie
a mio fratello Antonio che per primo ha voluto il Diario del nostro
papà Ottavio e molti anni fa ne ha ottenuta una copia, ridotta un
po’ maluccio dal tempo e quasi illeggibile in alcune pagine. Dopo il restauro effettuato dal sottoscritto e alcuni tentativi di diffonderlo, sempre andati a vuoto per vari motivi, finalmente
l’occasione creata dal NOI di Vangadizza con l’interessamento
di Amici che ringrazio anche a nome di Antonio.
L’eroica mamma di Ottavio, era emigrata in Brasile alla fine
dell’ottocento con il marito Luigi Caltran e i figli, rimasta presto
vedova. (Mio nonno morì in un’epidemia di febbre gialla.) E riportò a Legnago le figlie ed Ottavio che allora aveva solo 3 anni.
Si chiamava ZAMPA MARIA e molto probabilmente era di Vangadizza, (mia nonna). Una ricerca nell’Archivio Parrocchiale potrebbe confermarlo, la data del matrimonio è a noi ignota. Ma è
da ricercarsi nel decennio 1880 – 1890. Sulla carta d’identità di
Ottavio datata 14/9/1927 c’è scritto:”Residenza Legnago – Via
S. Pietro.” E su una cartolina Postale (senza data), scrive Otta8
vio indirizzata alla mamma:
“Sig.ra
Zampa Maria V.va Caltran
C.da S.Salvatore, (cioè Vedova Caltran Contrada San Salvaro)
S. Pietro di Legnago.”
Mia zia Colomba con le figlie Pia, Rita e i figli Luigi e Giuseppe
abitavano a fianco della fam. Pinzan , circa 50 metri dalla chiesa
di San Salvaro. Poi emigrò a Milano, finita la II^ Guerra nel 1945,
e aveva sposato Mantovani Ernesto, mio zio. Ricordo che Ottavio
aveva 4 sorelle, (mie zie), Emilia, Graziosa, Giuseppina (Pina), è
la Colomba, credo la più giovane e pare che il suo nome l’abbia
preso viaggiando sulla nave Colombo, nel ritorno.
Porto di Legnago, 19-3-2010
Ferdinando Caltran
Contesto Storico
Le cause che portarono al verificarsi dei numerosi attriti e
rivalità internazionali che trascinarono l’Europa, prima in numerose crisi, e poi nella Prima guerra mondiale, sono numerose e di
complicata elencazione ed analisi. Molte di queste poi hanno origine o evoluzioni in tempi più o meno lontani.
La scintilla che innescò quell’inarrestabile processo che trascinò l’Europa in guerra fu l’assassinio dell’arciduca Francesco
Ferdinando, erede al trono d’Austria. Il principe ereditario aveva
molti nemici anche a corte ed era mal visto da molti paesi, tra cui
in prima fila l’Italia e la Serbia, verso i quali l’arciduca aveva e9
spresso il proposito di combatterli e di distruggerli.
28 giugno 1914 uno studente serbo con due colpi di pistola uccise l’arciduca e sua moglie
Questa, in Europa, era l’ennesima crisi in pochi anni; molte
erano state risolte in maniera diplomatica, altre avevano portato
a guerre relativamente brevi e circoscritte che non avevano mutato in maniera seria l’assetto geopolitico europeo.
Sul fronte occidentale la Francia attendeva l’invasione per
poi contrattaccare. Il piano francese prevedeva un massiccio
attacco al centro del fronte per riconquistare l’Alsazia e la Lorena e poi aprirsi la via per il cuore della Germania.
1914 - L’Italia, quando gli altri stati scesero in guerra, si
dichiarò neutrale, ma già prima della fine del '14 si accesero
ampi dibattiti, tra interventisti e neutralisti, sull’eventualità di entrare in guerra. Le voci interventiste si fecero sempre più numerose...
1915 - Agli inizi del 1915 l’incertezza regnava sovrana un
po’ su tutti i fronti: si era capito ormai che la guerra sarebbe durata a lungo, ci si interrogava dunque su quale strategia seguire
per arrivare alla vittoria finale.
1915 - Il 23 maggio 1915 il Regno d’Italia dichiara guerra
all’Impero Austro-Ungarico. Al comando dell’esercito italiano è
Luigi Cadorna, mentre il comandante in capo della Regia Marina è il grande ammiraglio Paolo Tahon di Ravel, il 24 maggio il
regio esercito varcava i confini con 35 divisioni su un fronte di
800 km iniziando la sua offensiva.
1916- Con l’entrata in guerra dell’Italia gli alleati decisero
10
di riunirsi per coordinarsi su quelli che sarebbero stati gli sforzi
comuni. Dopo la disfatta dei Dardanelli era ormai chiaro che lo
sforzo principale si sarebbe dovuto compiere a occidente.
1917 - Un po’ come anche l’anno precedente, agli inizi del
‘17 l’incertezza e la confusione regnavano su tutti i fronti e dal
Presidente degli Stati Uniti si levò la proposta di una pace senza
vittoria. Tale iniziativa non trovava però molto consenso....
1917 - Nel periodo compreso tra il 24 ottobre e il 9 novembre 1917 si svolse la dodicesima battaglia dell’Isonzo, meglio conosciuta come battaglia di Caporetto. Le truppe austro-tedesche
ormai dilagavano; Cividale fu persa nelle ore antimeridiane del
27, mentre Cadorna ordinava la ritirata fino al Tagliamento.
1917 – Avvenne la “battaglia d’arresto” (prima battaglia del
Piave), combattuta nel novembre del ’17 subito dopo Caporetto.
1917 – Avvenne la “battaglia del solstizio” (seconda battaglia del Piave) ultima grande offensiva austro-ungarica.
1918 - Avvenne la “Battaglia di Vittorio Veneto” lanciata nel
giugno del ’18 e terminata il 24 ottobre 1918, con la quale si pose
la parola fine alla guerra e all’Impero Austro-Ungarico.
1918
-
la
Germania
decise
di
firmare
l’armistizio
(11/11/1918) il quale sanciva la fine di quella immane tragedia
che venne chiamata Grande Guerra. La Grande Guerra aveva
causato più morte e distruzione di qualsiasi altro conflitto del passato. ( Notizie tratte dall'opera:
"La Grande Guerra e la caduta d'Europa" di Gino Zaccari ).
www.luoghistorici.com/la-grande-guerra-la-caduta-deuropa
11
Memorie di Guerra e Prigionia scritte dal Caporale
Ottavio Caltran
Ritirata dall’Isonzo = 28/11/1917
28 Nov. Ci .troviamo sul pendio di quota 219 presso l'Ermada.
Da tre giorni si nota un forte aumento di artiglieria avversaria =
numero riflettori raddoppiato = uno più vicino ci spia molto bene
specie dolina per lancio. Trascorsi 13 giorni, aspettiamo il cambio della prima linea. Una squadra scelta a corvè ci porta su due
casse di bombe. Si teme un attacco notturno. Di notte tutti svegli
= II posto di collegamento presso lo sbocco offensivo. Alle 8 e
mezzo passa il n/ Cap.Sig. Uggon Armand ex Cap. dei Bersaglieri. Ci fa raccomandazione di ritorno, ci dice che alle 11 avremo il cambio della Divisione. Un indiscreto della sezione mitragliatrici vicino a noi, ci riferisce che han l'ordine di portar via il
solo fusto delle mitragl. (senza trepié) e subito. Infatti poco tempo dopo incominciano a sfilare i mitraglieri.
Alle 11 e mezzo passa il n/S.Ten. Paoletti del'87 So..no
(Arezzo). Al suo ordine levo il piccolo posto e via pel ritorno.
Grave regna tutto all'intorno la calma. Di lontano scoppiano le
granate austriache, addosso noi bagliori s'alzano al cielo. Sono i
nostri che danno fuoco ai depositi di viveri, legnami e munizioni? La n/artiglieria ieri assordante, dalla bombarda da 400 che
facea tremare i monti, ora tace...solo una batteria da 75 rispon12
de qua è la ad intervalli. In trincea sono rimasti gli arditi per proteggere la ritirata dei segnalatori. Dopo due ore i n/innalzano
contemporaneamente due razzi luminosi, segnale dell'abbandono della linea. Un urrà risuona sull' Ermada: gli austriaci c'inseguono, ma tardi. Passata la famosa galleria dei lanciafiamme,
noi abbiamo già valicato il monte: or scendiamo lungo il bel lago
di Doberdò al paese di Termigliano. La strada che guarda quel
versante è minata in più punti = le sentinelle ci dicono di camminare nel mezzo, ed un terribile spettacolo s'offre al n/sguardo.
Laggiù al fondo ardono paeselli interi, mentre dei terribili scoppi
fan saltare per aria i depositi di munizioni. Che file lunghe di baracche! Per le n/ retrovie, quanti magazzini! Or tutto arde! Passiamo accanto alle ferree trincee, scavate nel puro sasso bianco col loro fitto reticolato davanti. Quanto lavoro! Quante speranze perdute! A lasciarle ci pare di aprire le porte al nemico.
Che strade splendide vi han tracciato gl'italiani pei camions. Or
tutto è perduto e bisogna lasciare. Diamo una mesta occhiata ai
cimiteri ove riposa il miglior fiore della n/gioventù, ed entriamo,
discendendo nel fumo. Quando le rivedremo? Anche il tempo
ora piange la n/ sventura! Una fitta acqua (come nebbia) scende
tratto-tratto a bagnarci. Presso una casa vedo fermarsi un gruppo di soldati. Danno a me un grappolo, gridano. I primi hanno
incominciato il saccheggio delle cantine militari e delle abitazioni. In meno di una mezz'ora ogn'uno possiede vino, bottiglie di
cognac, marsala, cioccolato, biancheria. Fatto l'appello il batta13
glione si mette in moto. Molti conservano fiaschi di vino, essendo digiuni da 24 ore sono un po' allegri.
Attraversata la campagna passiamo a destra dell'Isonzo. Il ponte è già minato = delle fascine con stoppa e ragia sono disposte
ai lati. Così è del secondo ponte pur di assi. Alle dieci e mezza
arriviamo a Scodovacca ove sotto una dirotta pioggia si mangia
una pagnotta molle d'acqua. Ed anche qui ci troviamo in mezzo
al vasto incendio. La ritirata è troppo precipitosa. Tra noi mìschiansi rimasti d'altri reggimenti. Il rotolo fradicio giace lungo la
strada = ed elmetti e vestimenti di donna, e buoi e muli morti od
intricati nel fango, o nei fossi, e camions e automezzi e carretti
rovesciati nei fossi. Quale rovina per noi! Quanta ricchezza nelle
mani del nemico! Se la pace fosse venuta prima! (Si diceva) II
Carso pure era una meraviglia di lavoro un mistero di fortezza
per I’italiano. Or l’abbiamo alle spalle che arde come un rovo.
Mesti e taciturni ci inoltriamo lungo la ferrovia Adriatica, verso
Portogruaro, verso? 'Non si conosce la tappa definitiva. Steso
a terra troviamo un
carabiniere ubriaco. D'ordine del n/
colonnello: il capitano ( X X X ) gli mena, un calcio di fucile alla
tempia e lo fredda all’istante.
Molti marciano senza fucile; tutto gettan via, ma incoscienti egual sorte li attende:
Al ponte del Tagliamento generali e colonnelli ammazzano e
giù nel fiume. L'hanno scampata sul Carso, or non sanno ripiegare con onore, con l'arma in pugno! Nei pressi di S.Giorgio
14
Nogaro, sulla strada, marcia una lunga colonna di conducenti
improvvisati. All’ apparir di uno squadrone di cavalleria italiana,
presala per austriaca, cacciano i cavalli nei fossi e via attraverso
le campagne. Passando lungo la ferrovia si osserva qua e là
delle mucche, dei muli ecc. che marcian isolati. Un'occhiata e
l'ingegnoso fantoccino vi carica il suo tascapane o sacco, se la
prende davanti a sé e via. Così è delle capre, maiali ecc. Ed in
mezzo a tanto disordine il secondo giorno siamo perseguitati ed
inseguiti dagli aeroplani. Dove sono le n/belle squadriglie? Purtroppo neppur una protegge la n/ ritirata. Un soldato forse imboscato mal regge sotto il peso d'un sacco ripieno di viveri e vestiari che da tempo porta in salvo. Le forze alfine gli vengono
meno, si siede e distribuisce. A dividersi un bel pezzo di parmigiano si son messi alcuni, e alla buona, chi con un picco, parte
con vecchio coltellaccio lo riducono in porzioni di qualche chilo
ogn'uno e partono contenti della preda. In una casa si odono
galline schiamazzare: soldati, e pare qualche aspirante, con la
rivoltella danno la caccia al pollame rinchiuso e senza padrone.
Sulla linea due S.Ten. si disputano un grosso bellissimo cane.
Questi con occhi stralunati guarda or l'uno or l'altro pare non
presti fede a nessuno = solo obbedisce alla catena che lo tira di
qua e di là: proprio come il n/sfiduciato fante al giorno d'oggi.
Barbuti, sporchi ancor dalla trincea, mezzi ammalati vengono
forzati a marce di 40 - 50 Km. consecutivi. Soffermati a...si passa quivi la notte, sul prato senza telo per ricoverarsi. Io mi cac15
cio sotto una trincea blindata: mi stendo su d'un'asse; alle due
mi sveglio in mezzo all'acqua. A stento vo fuori a raggiungere i
compagni pronti per la partenza. A salutarci ecco un aeroplano
austriaco. 'Par fortuna le bombe non ci colpiscono, e ci rimettiamo in cammino.E avanti! Già abbiamo varcato il vecchio confine. Al Tagliamento lasciamo la ferrovia e prendiamo la via per
S. Maureto. Quivi rimaniamo due giorni. Sulla riva del fiume ogni squadra si costruisce una trincea. La prima notte in isbaglio
siamo presi tra due fuochi di mitraglia;- la n/ e quella austriaca;
Le trincee preparate ci salvano. Ma il nemico batte sull'Alto Tagliamento ed avanza. Altro spostamento. Ci fermiamo a
S.Giorgio al Tagliamento. Quivi la truppa fa Ia festa a quanti
animali trova, e vino. Una famiglia l'abbiamo svaligiata noi. Aveva 5 manze. In cambio le abbiamo rilasciato dei buoni. Un grosso maiale abbandonato ci viene condotto legato ad una gamba,
in compagnia. Appeso vivo fra due piante viene ucciso e ci fa
passare un buon quarto d'ora. E' proibito assolutamente qualsiasi fuoco, ma il fante s'industria, entra nelle abitazioni, cuoce e
mangia tra amici la sua porzione. Una sola basterebbe ad una
famigliola. Aperta una breccia in una cantina, qualche furbo, sotto gli occhi del padrone che dalla finestra osserva se gli pigliano
il bestiame, riempie ed asporta damigiane di vino. Alfine s'accorge che bevono del suo. Ma il fante presto detto: l’ha trovato in
paese e tutto finisce lì. Ha un bel protestare il padrone: è guerra
al capitale, ora: si accorgerà meglio fra qualche giorno. Siamo
16
sul fienile. Sono le otto di sera. Tutto è silenzio. L'ordine della
ritirata gira però ancora. D' un balzo siamo a terra pronti a riprendere la via del ritorno. Più breve e sicura è la ferrovia. Si
marcia già da ore a lunghe tappe. Tutte le stazioni sono deserte,
solo un ragazzo appoggiato alle sbarre di passaggio, fissa in
noi degli occhioni rossi, rossi. E tu non vieni? Gli chiede un ufficiale. Lui si volta verso la sua casa: è indeciso lasciare il tetto
natìo. Procediamo avanti. A Livenza giriamo a sinistra, a
S.Dona di Piave. Sotto le vigne pernottiamo, la mattina appresso si riguadagna la ferrovia e attraversando fiumicelli giungiamo
a Mèolo, al di là del Piave. Quivi avuto mano libera ognuno si
costruisce, in mancanza di tende, un casottino di frasche e paglia. Inutile ogni protesta dei padroni. E’ notte. Da due ore si dorme pacificamente. Io ho appena terminato i rapporti dei dispersi.
Un' ordine: tascapane a tracolla e via sui camions a Villa Orba.
Arrivati di notte sotto la pioggia, siamo ammassati sotto le grondaie del caseggiato. Alla mattina condotti in un vicino campo ci
ricostruiamo ancora casotti con frasche e paglia. Ma il tempo
imperversa, tutta la notte piove ed il giorno appresso andiamo
accantonati ad un Km. dal paese. Or siamo sempre in attesa di
ordini. Già s'ode forte il cannone.
Il n/Ten. Colonnello ci ha passato la parola d'ordine: morire sul
posto assegnatoci al Piave, ma non lasciar passare il nemico. E
tutto sembra combinato. Il n/posto però viene occupato da reggimenti freschi. E' S. Martino (11/11//1917) Stanotte lo festegge17
remo, si pensa; difatti sotto la piova coi nuovi complementi arrivati, alle 2 di notte prendiamo la strada per Treviso. Alle 6 e
mezza del mattino arriviamo davanti la stazione. Alle 8 si parte
in treno per Bassano. Fuori stazione lungo la nota strada del
Trentino attendiamo i camions. Dal movimento dei camions e
carretti carichi di masserizie ci facciamo il concetto che anche
qui ci sia la ritirata. A ritardarla salgono sempre lunghe colonne
di camions pieni di truppe. Un ragazzo ci dice che i signori
sgombrano Bassano. Alle 4 e mezza finalmente una colonna di
camions, fermatasi ci accoglie e trasporta a S.Giacomo di Lusiana. Dalle svolte si capisce che si sale sempre. Ci interniamo
ancora nei monti. Discesi pernottiamo sparsi un po' per casa.
Alle 2 si mangia e poi col tascapane ci rimettiamo in cammino.
Lassù in alto al chiaro di luna luccicano le vette delle montagne
ricoperte di neve=talor fitte chiome di abeti le ricoprono, ne increspano le cime delineandone finemente la sinuosità, il distacco da monte a monte, qualche tratto di pianura: siamo nell'altipiano dei Sette Comuni.
Camminiamo già da qualche ora. Dietro di noi abbiamo già dimenticato i paeselli, le ultime case. Il sole indora le vette del le
montagne. Al fondo giù ai n/piedi osserviamo alcune baracche
ed ospedaletti; formano un piccolo paese. Per l'ampia magnifica
strada discendiamo e sostiamo davanti un cimitero pieno tutto di
croci. Soffermatisi un po' ogni compagnia entra nella baracca
destinatagli: ognuna capace di 500 persone. Quivi giorno per
18
giorno veniamo riforniti di "biancheria, munizioni, viveri ecc.
18 Nov. = Alle 4 di sera d'improvviso vien l'ordine di partire per
la trincea. Arriviamo nei pressi di Montefiore. Alla sussistenza,
scesi in un vallone riceviamo alle due di notte un po’ di caffè. Il
freddo qui si fa sentire: s'accendon fuochi e attorno si assidon
quasi tutti. Intanto vien I’ora dell'ascesa al Montefiore, lunga e
faticosa, ma fatta adagio si arriva sotto il monte in buone condizioni.
Alla sinistra ci distendiamo compagnia per compagnia reparti
separati. Alcuni chi per coglier neve, chi per maggior agio salgono su fin sotto le rocce. Così ogni tanto rotolan giù pezzi di roccia destando paura al malcapitato sottostante ed ilarità al resto.
Tre grida altissime si odon nel pomeriggio, eco della lotta cui
parteciperemo presto. Già la nostra sorte è stata decisa. Anche
qui rimaniamo la notte; chi nascosto tra le rocce per dormire,
parte al fuoco. La stagione è molto fredda. Lungo il vallone
scende un’aria diaccia-diaccia, Raggruppati attorno al proprio
tenente nel pomeriggio si ascolta un po' di morale (di guerra).
Alle 6 si scende dalla scarpata del Fiore e lungo il M. Grappa
raggiungiamo la testata del vallone stesso. Disposte le vedette,
sdraiati attendiamo il nostro destino. Alle 10 e mezza di lontano
alla prima linea s'ode un comando: Fuori, Avanti, Avanti, Ancora ! Ripetuto sempre più forte. Si capisce com'è la situazione:
niuno esce per combattimento.
Alfine un urlo come di belva ferita: Savoia ! ! Sale al cielo: Gli
19
arditi un battaglione vengono sacrificati, ma invano. Ora tutto tace, solo una voce s'ode ben distinta che chiama aiuto:
S.Antonio...aiutami...130 fanteria...Porta feriti...Aiuto...E la sua
voce si riperquote lontano lontano, eco del sacrificio compiuto.
Niuno l'aiuta, il misero! E dopo due ore rallenta la voce, tace,
muore. Muore presso i reticolati nemici ferito gravemente come
poi si venne a sapere. Passano le 7 intanto del mattino senza la
novità in aspettativa. Dalle voci si capisce che saremo a poco
circondati alla destra. Come conseguenza riceviamo abbondante
e buon rancio, vino, cioccolato, limoni, caffè ecc. alla sera. La
notte passa calma. Come si dice c’è l'ordine di ritirarsi dal tranello per meglio difendere la situazione resa triste dalla brigata Regina 9 e 10 Fant. che lasciarono le trincee blindate in mano al
nemico senza difenderle punto. Ma già il plotone d’assalto che
dovea agire la mattina di buon ora s'era belle squagliato. Non
importa, tuona il n/Col. Brig. Turba. Avanzi 113° battaglione del
130 alla sinistra. Dotto fatto, rotoli a terra, bombe in rnano di corsa ascendon le compagnie coi reparti, all’assalto del Pertica. La
trincea in pochi minuti viene conquistata. Un'ordinanza al largo
scende accompagnando i prigionieri. Ma è un inganno. Da un
vicino burrone salgono su numerosi nemici. Presi tra due fuochi
si arrendono in massa. Inutilmente si verserebbe il sangue bisognava prevenire la sorpresa, comunque eccoci prigionieri ore
9 del 22/11/1917 nel mattino.
20
Guerra e prigionia
Accompagnato da un austriaco che sarà sui cinquant'anni e da
due giovani del ‘98 rifaccio il camminamento ripieno di morti
sfracellati dalla n/artiglieria e di corsa sotto il grandinar della mitragliatrice n/lontana raggiungo altri prigionieri già posti al sicuro. Insanguinato la faccia gira attorno lo sguardo uno della mia
compagnia certo Bigarella Bortolo invocando aiuto. Senz'altro
me lo prendo sulle spalle e via a sinistra verso CAMPO MULO.
Stanco alfin lo rimetto a piè e appoggiandolo sotto il braccio l'accompagno fino alle barelle. Quivi per due turni lo aiuto a portarlo
mi fò dare il suo indirizzo: Mascazzi Angela in Bresanvito, Vicenza. Lo copro ai pie col capotto ultimo saluto e vo a raggiungere la compagnia dei prigionieri. Internati in un fitto bosco di
abeti presso il Colombara, accendiamo fuochi e così passiamo
la n/notte. Il giorno appresso riceviamo una tazza di caffè una
galletta e un quarto austriaca e così via alla Divisional. Ricoverati in baracche vi rimaniamo fino al pomeriggio del giorno appresso. Un terzo di panettone e mezza scatoletta di carne mista
a verdura ci serve di rancio: buono il vitto ma così poco in così
gran freddo che si stenta reggersi in piedi. Rimessi in cammino
scendiamo giù in Valdassa. Già da 8 ore camminiamo per arrivare a Caldonazzo. Quivi prendiamo il treno per Trento. Scesi
alla stazione siamo condotti al Castello. Dopo un' ora di fermata
ritorniamo al primo campo di smistamento a Gardòlo. Misti a
21
noi trovansi, Russi, Rumeni, Serbi, ecc. di tutte le razze. La curiosità li attira ed ecco improvvisarsi crocchi, veri piccoli mercati
nei quali ogn'uno ha la sua merce da vendere o cambiare. Un
russo tiene tre grosse cinghie in mano: vuol cambiarle in pane.
Un'altro fa il giro con due pacchetti di tabacco grosso esige due
corone l'uno. Un terzo cede le sigarette a dieci centesimi l'una.
Poi è la volta degli orologi=tutti ce ne richiedono.Il mio l'ho venduto ad un ufficiale appena fatto prigioniero. Noi chiediamo pane, ma si Loro ci dicono che costa sette corone la pagnottina,
nientemeno. Un russo scorge una crosta di pane nel fango= si
china, la coglie e mangia con avidità. Avari questi russi: vendono il loro pane e poi affamati con gli occhi pare vogliano inghiottirci finché mangiamo. Un paio di scarpe dei n/viene venduto per
quarantacinque corone e trova subito un nuovo acquirente a
110. cor. in un borghese. Gli anelli di alluminio o di ottone fatti al
fronte, i braccialetti, sono tutti oggetti ricercati. Di calze quante
richieste! Misera umanità, e questo è il primo .convegno dei miserabili sfuggiti all’inganno della grande lotta ! Chi è giunto col
cappotto indosso, chi con la mantellina e chi senza, altri con una
coperta da campo sulle spalle. I più con I’elmetto in testa e lo
ricambiano con berretti rotondi gialli da ragazzi. Basta arrivare
con la pelle, molti si dicono e sono contenti e ricordano i pericoli
passati, e parlano dei loro cari che ritengono or più facilmente
rivedere. Ora il loro pensiero vola più libero al paese natìo già si
ode qualche piccolo coro di voci nostrane. Non più canti di guer22
ra, ma di
amori, di bellezze lasciate, di speranze più vicine. Ed il brio latino si distingue, mentre pur contento, ma annoiato, disturba I’
elemento slavo.
(28/11) .Bagno e disinfezione ai panni da capo ai piedi e barba
rasa.
(29/11) Partenza da Gardòlo a piedi. Si prende il treno a Lavis.
Ci provvedono pagnotte (2 e mezza) fatta con farina e patate.
Rinchiusi nel treno si attraversa tutta l'Austria (tutta montagne).
Tre giorni dopo si arriva in Ungheria al concentramento Zaiasgerszeg, di triste memoria. Durante il viaggio il rancio è discreto davvero benché non sufficente. Ad ogni fermata; ciré ling ?
Filo di cotone ? ci chiedon fanciulli e donne appostate presso le
stazioni e ci offrono fette di pane. Una pagnotta ci viene venduta
per dieci cor. Cambiamo pure panciere, calze e quanto ognuno
crede aver in più di corredo, per saziar la fame. Quattro mele
una cor. Servizio rancio riesce molto ben ordinato e spedito Un
Plotone per volta, guardie in testa, sfila giù dal treno riceve la
razione e fa ritorno al proprio vagone. Qualcuno per un pane
vende il cappotto, ma se ne accorgerà ben più tardi il misero
della perdita volontaria.
(3/12) Siamo nel concentramento russo, adibito ora per gli italiani. Il comando però resta ancora russo, il medico rumeno. Primo
rancio: tre quarti di acciuga==tre fettucce di zucca immatura e
da maiale malcotta. In
un minestro d'acqua calda, e dopo
23
un’ora di febbrile attesa. Non si avanzano neppur le teste delle
acciughe. In cortile uno riesce ad. avere una rapa cruda: in una
ventina tosto lo circondano desiderando far parte al... convito. Si
comincia bene proprio. Secondo rancio: tre fette di carota in un
minestro d'acqua calda. Alla mattina acqua dolcetta.(mezza tazza). E’ acqua di mele cotte. Ogni tre giorni si muta il rancio con
l'aggiunta della sola sardella. Di pane un quarto al giorno.
(4/12) Non si va al lavoro=ci mettono però in riga spesso. Rimprovero del Generale con minaccia di tenerci in riga fino a mezza notte per la poca pulizia alle baracche=interprete un Russo.
Anche qui si riprende ad intensificare il mercato coi russi. Mi sono già venduto un portafoglio per un pane. Fra tre giorni il russo
sarà vestito all'Italiana e viceversa. Prima le fasce, i guanti ora è
la volta delle scarpe. La fame regna sovrana e terribile. Oggi un
Italiano strappò di mano ad un russo un pane e mezzo. Inseguito ma non riconosciuto se lo mangiò quieto.
(8/12) Parte destinati a corvè scarico farina alla stazione, parte
all'istruzione. Coordinato un plotone lo fo sfilare. In breve diventa una compagnia. C'è un sergente? Chiedo. No. Contenti tutti
ne prendo il comando io stesso e così si passa un paio d'ore alla
militare. Sciolte le righe, col mio gilét nero sotto il braccio entro
nella baracca russa per far mercato. Fa freddo=per dieci Corone
non concludo affari e me lo rimetto. Un altro italiano ruba un pane a un russo: arrestato vien consegnato alle guardie. La fame
lo fa ladro il misero. Ogni giorno i pagliericci vengono esposti
24
all'aperto sovrapposti 5 per 5. Di sabato anche le assi mobili. Al
rancio tutti vogliono fissar lo sguardo sulla marmitta. Metti qua
ce n'é poco. Grida or l'uno or l'altro: tutti cercano tirar l'acqua al
loro mulino. Ed è davvero acqua e nient’altro. I caporali maggiori
hanno rancio a baracca separata=essendo capi squadra mangiano perciò. A volte non badando alle proteste.
(10/12) Comincia il rigore: chi non va all'adunata in tempo, ci
corre bastonato. Nel pomeriggio con la notizia dell’ imminente
armistizio fra le varie potenze, vien fatta l’adunata generale, indi
il sequestro di tutti i rasoi, temperini e forbici ed anche delle rape
ai primi malcapitati. E così si passa il tempo, nella speranza di
una vicina pace.
(17/12) Cominciano i furti anche nelle n/compagnie. Qualcuno
deve rimanersene scalzo perché gli han rubate le scarpe finché
dormiva. Guai però se pescano il ladro. Alle due tutti all'adunata
a suon di tromba. Mi trovo con una compagnia di corvé=tabacco
e rape alla stazione. Al ritorno ci passano 5 riviste per le rape. Il
malcapitato sorpreso con una rapa indosso viene preso a
schiaffi e calci di fucile. Ad uno fu spaccato il cranio. Ad un'altro
fu troncato il naso.
(18/12) Finché si firma per la cinquina, a colpi di bastone veniamo cacciati fuori dalla baracca sotto un fitto nevischio che ci toglie il respiro. -Ci conducono al lavoro di scarico vagoni di legname. Poi dobbiamo urtare dei vagoncini carichi di barili di sardelle, poi legna e sempre sotto una bufera continua di vento e nevi25
schio, fino a notte inoltrata. Per interprete le sentinelle si servono del bastone e spintoni.
(19/12) Pur gli ammalati a colpi di bastone vengono cacciati al
lavoro. I preti di qualsiasi ordine e religione vengono da noi separati. Segue la stessa qualità di manage (rancio) Qualche volta
con le rape vi troviamo un pezzettino di carne di cavallo o di salame fatto con sangue, in acqua calda.
Alla sera tre fettucce di rapa o bietola in acqua calda. Fortunato
chi alla stazione frugando nelle immondizie trova qualche pezzo
di rapa per lo più guasto dal gelo; lo addenta con avidità.
(13/12) Cinquina = Trenta centesimi al giorno al caporale=cap.
magg. e 16 cent. il soldato. 50 cent. il Serg.
Alla mattina fa sempre il giro del piazzale una squadra di pompieri russi; danno l'idea del carroccio lombardo. Chi tira l'estintore su d'un carro=chi porta ritta una lunga scala=chi sorregge,
picchi, tridenti, altri badili, pale lunghe uso ventagli, funi ecc. Fatto il solito giro in perfetto silenzio ( già il freddo non permette l'istruzione all'aperto) riportano il tutto al solito
magazzino.
(19/12) La giornata promette bene. Appena svegliati osserviamo un n/camerata legato ad una colonna, scalzo e senza berretto e giubba, tutto pesto di legnate notturne: avea tentato invano
rubare un paio di scarpe. Sciolto, riceve il resto alla fureria dal
noto aiutante di Pilato. Non pronuncia una parola questi, ma come un cerbero, ti azzanna e par ti divori; ti intontisce a furia di
26
schiaffi e calci. Nel pomeriggio del 23 vaccinazione alle 11^ baracca.
(24/12) Vigilia di Natale, inosservata=bagno mensile e disinfezione panni. Per rancio tre fettucce di cipolla cotta in acqua calda e dieci grammi di carne. A ricordo di giorni migliori ogn'uno si
mangia anche il quarto di pane del giorno seguente. Conseguenza del cattivo vivere in media all'ospedale ne muore uno al giorno. Io ho ottenuto una carica speciale. Sono caporale degli ammalati. Devo condurli alla visita ogni giorno alle quattro e mezza
e nient’altro. Sperando uscire dal concentramento mi iscrivo tra i
contadini. Le ore di conversazione le passo con Angelo Rossato di Montagnana (di Giuseppe classe ‘88). Ogni anno, se potremo rimpatriare, celebreremo la giornata del 22/11=e quanti
castelli in aria pel ritorno !
(30/12) La fame seguita a far vittime; sfiniti freddi, tremanti con i
piè congelati, molti di n/italiani vengono portati all'ospedale già
ripieno=passano perciò al reparto russo.
(27 del 12) non ci danno il solito quarto di pane per una differenza trovata nell'inventario.
D'innanzi la cucina molti affamati aspettano le scorze delle rape
che vengono gettate nell' immondezzaio.
(31/12) In un migliaio circa siamo condotti alla stazione per i lavori lontani, non si sa dove. Dall'Ungheria entriamo nella Croazia. Cominciamo ad assaggiare la polenta e le patate dopo la
quarantena di purga a brodo e rape. Al primo d'Anno un bel
27
pezzo di pane bianco ci fa ricordare i bei giorni della pace. Poi si
gusta anche l'orzo cotto invece del riso. Così si passano 4 giorni di freddo terribile nei vagoni senza mai fuoco. A Vrhovine, ci
fan scendere, formano 4 compagnie di 250 ogn’una. Con una di
questo dopo 7 ore di cammino raggiungo il paese di Loxo. Vengo staccato con un reparto per Ravljane dopo ricevuta una coperta, un pagliericcio, un cuscino o due gavette di miglio cotto
alla stazione. A Pochi metri dalle n/baracche c'è il tratto di ferrovia in costruzione assegnatoci. Arrivo sul posto al 5/1/1818.
(6/1) Riposo= costituzione delle squadre. Si riempie chi può il
pagliericcio di paglia e pidocchi. La sorte m'è benigna. Riesco
impiantare un po’ di fureria, prima in casa di un borghese, poi
presso le n/sentinelle. E si spera. Fuori spira terribile la tormenta
e le compagnie devono uscire al lavoro==ma non resistono e
rientrano. Così la quarta A, la
mia sola compagnia lavora nella galleria.
Questa è lunga 500 M. circa. Dalla roccia filtra l'acqua di continuo, di lì l'umidità grande che vi regna.
(12/13 dell'uno) Io seguo il mio lavoro mentre la compagnia deve lavorare nel tunnel. Rancio meno male: carote in acqua calda
leggermente infarinata. In cambio di tabacco che ci vien dato
ogni 15 giorni ho combinato un tozzo di pane, con un vecchio
croato.
(18/1) II numero sempre crescente degli Ammalati da in occhio
agli assistenti al lavoro; chi ha marcato visita o la marcherà rice28
verà metà rancio, metà pane e niente paga. Comincia il lavoro di
notte in galleria. Mezzo pane in più alla squadra che vi lavora per
11 ore filate.
(20/1) II rancio viene aumentato e variato: tre volte la settimana
ricèvesi orzo e patate e il resto polenta o carote in brodo.
(22/1) In seguito al triste vitto e al grande freddo per cui sono
dappresso sempre alla cucina economica di un borghese mi ammalo. Non vado però all'ospedale=mi alzo di buona ora e passeggio su e giù par la strada nella neve=schivo la sufa: mi risano.
I "pidocchi però cominciano a farsi sentire: sono insopportabili e
non si sa che fare. Gonfiata la pagnottina al forno di un borghese
dopo averla imbevuta di caffè, costituisce per me un ottimo rancio. Ne traggo conseguenze per la prossima pace e seguito a costruire castelli in aria. E l'altarino a Maria S.S.. Ausiliatrice sul
fianco della mia casetta! E le vigne clintòn che l'adorneranno di
pampini e d'uva ! Già la vite é bella e grande !
27/1) Dal buon tempo si prevede una prossima primavera splendida=e s'adorneranno le piccole praterie di erbe e fiori=e sbocceranno le rose selvatiche=ed il prigioniero alfine potrà rivolgersi
alla terra per saziare la fame con qualche radice di erba. Se ne
fan tanti dei nomi! Ce ne sarà pur qualcuna anche qui !
(28/1) Per mensile ricevesi a casaccio chi 22 cor. chi 45 ecc. Una
brutta nuova mi fa sentire il sergente maggiore Facchini: bisogna che anch'io me ne vada al lavoro per tema di rimproveri. E
che son già d'accordo col capo-uomini di non lavorare; niente pa29
ga ma niente lavoro. Benché a malincuore, fatte le dovute difese, come ogni altro me ne vò al lavoro. Riconosciuto però dal
mio capo fò da aiuto e talor da capo squadra. Per il gran freddo
qualche volta batto la mazza, od aiuto a caricare il carrello.
(29/1) Arriva la n/persecuzione: le rape condizionate all'aceto=devono sostituire l'orzo e le patate=così un male tira l'altro.
(6/2) La mia squadra lavora di notte dalle 6 di sera alle 6 di mattina nel tunnel. Si riposa un'ora a mezzanotte attorno al fuoco.
Salito una altura vicina per cogliere legna, il padrone di sorpresa
ci coglie, col manarese in mano. Riesco a fuggire. Ho appena
vendute le mie scarpe per 85 cor. quelle che tengo son proprio
adatte per la corsa; al caso mi servono. Del resto guai; per tre
volte mi lancia il manarese senza mai colpirmi. Rientro alfine in
baracca. Il turno nel tunnel dura 15 giorni. Ritto sul davanti del
carrello, col chiaro in mano (a carburo) guido la squadra allo
scarico. Mi pare un sogno! Si tratta di riempire una vallata. Dopo
la prima spinta il vagoncino prende la corsa, man mano che avanza, l'aumenta=nelle svolte par che si rovesci=esce dalla galleria e già corre sulla plancia. Un alt=il frenatore a poco a poco,
frena, ferma il vagoncino. Lo si sgancia, lo si vuota=un passo
avanti. Simile lavoro par i carrelli che ci raggiungono.
Pronti! Via pel ritorno. Ora in coda fo luce al passaggio. Qualche
notte fa un freddo terribile: devo legarmi un fazzoletto alla testa=e guanti alle mani. Pure squadre di borghesi lavorano nel
tunnel. Si distinguono nel buio dal canto quasi nenie pei mori30
bondi: “ a moio
dragaecc (addio amore) “. Nell'oscurità entra il ladro delle compagnie e vende per misero prezzo ciò che non può alle famiglie
di giorno. Uno colto sul fallo, a bastonate deve fuggirsene dalla
compagnia.
(7/2) Mi vien consentito il cambio di lavoro dopo un mese; muto
perciò compagnia.
Di nascosto mi porto al vicino paese di :Dovna=alla canonica
chiedo del parroco in latino. Mi si presenta il parroco di Otocac,
colà giunto casualmente. Chiedo di confessami poi mi raccomando perché mi cerchi collocare in qualche ufficio d'Italiani.
Egli ne parla subito al rettore di quella chiesa che mi assicura
pienamente la risposta fra dieci giorni. Essendo le 2 circa è già
pronto il pranzo, pure a me viene offerto separatamente in cucina.
Provvisto di un pacco di pane e patate me ne ritorno allegro alla
baracca e do la buona notizia agli amici. Passano intanto i 10
giorni, ritorno, ma inutile non trovo il parroco. Ritorno 2 giorni
dopo. La risposta avuta non soddisfa. Un borghese anzi alla baracca mi avvisa per il mio meglio di non andar ad importunare
più il parroco. Ritorno invece col mio nuovo sergente Panieri tre
gioni dopo. Risposta ultima: Messo alla prova non fui trovato abile. Ma da chi? Da quel borghese forse d'accordo col sergente
della mia prima compagnia? L'invidia volea metter la sua pedina. Ma le carte erano già mosse e il bisogno di un contabile nel31
la n/cancelleria civile v'era ed urgente. Sfiduciato ed avvilito: già!
avea ceduto le mie scarpe come d ' obbligo ad un altro per rimanere piantone fisso alla camerata? e me ne stavo pensando come sbarcare il sempre più misero lunario quando mi sento chiamare dal sergente maggiore Facchini. A pie scalzi accorro, attraversando una camera sempre più scura, mi trovo davanti l'interprete capo lavori Kusmanic. Richiesto del mio mestiere da
borghese e visto il certificato dalla Banca Coop. di Legnago,
unico ma pur valido testimonio, senz'altro ordina mi sia portato il
corredo alla cancelleria. Vo riprendere sul lavoro le scarpe imprestate e di corsa lo raggiungo pel ritorno. Strada facendo fo
conoscenza col mio grande amico. Di bene in meglio: lui ha trovato in me una buona occasione, io in lui di migliore non saprei.
Appena arrivato alla fureria provvisoria, ricevo lavoro per 10 ore
di seguito. Il giorno appresso sono richiesto alla cancelleria civile
per lavori d'ufficio, piantone ecco. Chi lo manda qui questo italiano? Si chiedono gli impiegati ungheresi, pur contenti del mio aiuto = II signor Kusmanic, risponde all'amico Bauer, e così seguito la vita d'ufficio. Anzi a poco a poco servo di controllo per i
conteggi delle altre furerie. Ne ricevo pane, sigari ecco in compenso, oltre la paga di mineur (minatore cor. 2.50 al giorno.
(26/3) II tempo incostante ci fa rivedere abbondante neve seguita da un forte gelo. Per mezzo del mio capo ufficio ottengo il
cambio delle scarpe con un buon paio di italiane.
(30/3) Richiamo alle armi del Sig. Kusmanic e conseguente do32
lore per l'allontanamento dell'amico. Dopo 22 giorni però ritorna:
meno male!
(31/4) D’ordine di un impresario della linea (Epstein) la paga mi
viene portata a 4.50.
Maggio=Giugno:= Arrivo dei primi pacchi ai prigionieri. Finalmente ! ! ! Un Kg. di riso lo regalo al n/cassiere Fischer che ne
è contentissimo.
Comincia la diserzione. Su 500 inviatici da MAUTHAUSEN, ne
giunsero qui 300, il resto disertò, qualcuno con le cassette delle
sentinelle ripiene di viveri. I rimasti spiano l'occasione per disertare. Una contadina con una cesta piena di gambe di patate,
piange per i danni subiti dagli italiani. Le rispondo: E’ guerra.
Scalzi,- abbattuti dalle sofferenze con un berretto croato in testa, vestiti alla russa e parte alla croata, stracciati, affamati, invano girano nelle ore libere cercando erbe o radici onde saziar
la fame. A poco giova la spartizione dei pacchi senza padrone.
Uno ha trovato delle budella di vaccina crude se le è messe nel
tascapane. Di nascosto le mangia finché sopravvenendogli la
febbre viene spedito d'urgenza all'ospedale. Tre giorni dopo di
ritorno, vuole replicare. E si ha un bel dirgli: Vattene via di là.
Così segue la vita del misero prigioniero nelle compagnie. Lavora 12 ore, piova o sole è sempre pieno di fame. Almeno potesse
alzare lo sguardo al lontano orizzonte e ricrearsi la vista. No !
racchiusi fra rocce e rocce, di rado pur mostrasi sereno il cielo.
Ed un senso di mestizia pervade il prigioniero, Seduti qua e là
33
presso la baracca, sulle nude rocce, chi in crocchio e chi da solo
pensa alla famiglia lontana: potrà rivederla ancora?
= Luglio = D'ordine del sig. Polacsik, mi viene elevato lo stipendio a kor.5.50. il giorno come pure a Gentilezza Remo (di
S.Vito di Roma) che controlla le giornate. Richiesto del mio mestiere da borghese, gli stendo il certificato della Banca.
=AGOSTO= II lavoro della ferrovia è pressoché finito. Arriva una
commissione. L'ingegnere in capo, contento del servizio, mi offre
miglior condizioni di vita: o vitto separato come gli impiegati borghesi alla cantina più 2 kor. a giorno, od 8 kor. al giorno e rancio
come il solito. Rinuncio all'agiatezza, pensando a più brutti giorni
ricevo le 8 kor.
(4 Agosto) Anniversario guerra Europea. Lo festeggiano i Croati
massacrando di notte un n/bravo sergente: Poli Domenico di
Bari. L'assassino riconosciuto, il giorno dopo viene accompagnato dalle n/sentinelle fra calci e legnate al tribunale. Stante la
continua diser-zione il nuovo tenente fa vigere ancora il supplizio
al palo benché proibito dalle autorità. Non contento di ciò li priva
delle scarpe e così aumenta il numero degli ammalati.
(15 Agosto) In molti si porta l'aureola dei santi in capo. Causa il
sudore e l'uso continuo dei berretti rotondi avuti a Gardòlo, esce
una macchia oscura rotonda nel centro? il filo d'acciaio interno
tiene teso il berretto ed eccone l'aureola dei santi. Davvero le miserie rasentano il ridicolo: sembrano tante frange i brandelli che
escono dalle fodere dei calzoni e dalle giubbe! E di questo n'é
34
causa il lavoro. Certuni poi non si distinguono più dai borghesi
Croati ed a stento ci si avvicina a loro, per parlare, ritenendoli
tali.
(16 Agosto) Una bella nuova ci rallegra tutti: piano piano, la
gran massa dei prigionieri ha aperto la via al re del commercio.
Nero, sbuffando s'avanza il treno. Eccolo: com'é imponente in
questi oscuri luoghi! Il suo fischio risuona per le gole delle montagne lontano, lontano, mentre densi pennacchi di fumo si elevano al cielo. Meravigliati, estatici lo osservano con noi i Croati.
Sarà quello che ci ritornerà ai n/cari? Pensiamo.
(20 Agosto) Forse per incarico esplicito di qualche commissione protettrice dei prigionieri, arriva fra noi il n/colonnello e se ne
interessa e prende nota dei "bisogni come delle irregolarità di
servizio”. Il prigioniero dice egli, deve avere lo stesso trattamento che il soldato austroungarico. Unica differenza: il soldato fa il
suo dovere il prigioniero deve lavorare. Richiesti del pane, se ci
è sufficente, in coro gridano tutti, NO! Per I’occasione il Colonnello osserva la buona qualità di pane. Stando alle sue promesse presto avremo il vestiario che ci manca. Davvero che sembra
sincero=Speriamo. Riguardo alle punizioni proibisce assolutamente qualsiasi maltrattamento. Il palo, magari sospesi ecco il
castigo suo preferito. Da prova di molta pazienza, però ascoltando uno per uno i reclami=Egli ascolta fino a sera tarda. Riunite in un angolo, le sentinelle aspettano la loro sentenza. Questi
mi ha bastonato, quell'altro mi ha picchiato ecc: Oh se davvero
35
ci fosse il "redderationem"!!! Dio però non paga il sabato! Verrà
anche per loro, sì!
(Sett. 15) In seguito all'ordine del sig. Colonnello, dal concentramento arrivano vestiario e calzature: così se non scompare, diminuisce molto lo stato miserando dei n/prigionieri. Qualche
scalcinato gira però ancora.
Una brutta nuova mi giunge da casa; la mamma è gravemente
malata. Lontano da lei, impossibilitato a muovermi dalla prigionia, con la notizia in mano già vecchia di due mesi e mezzo fa,
è da immaginarsi quali momenti di dispiacere debbo passare.
Non poterla rivedere=assisterla nei suoi ultimi momenti, la propria madre ! !
Or le compagnie sono ridotte tutte. Di 1500 siamo rimasti 400
circa. La differenza fu inviata a Gracac lungo la stessa linea.
(Sett. 20) E' arrivato il castigo dei postem (guardie): il nuovo tenente di cavalleria non te li lascia mai in pace. Vecchiotti e giovani riformati, al comando di un rustico ains=svae (uno=due)
salgono e scendono la vicina montagna per diverse ore al giorno.
Così diventeranno più docili, si dice fra noi.
(Ott. 5) Ore 3 e mezza pom- Per telefono si apprende l'armistizio generale=avviso i prigionieri sul lavoro=gaudio unanime =
attesa generale.
(Ott.15) Naturale conseguenza della miseria in cui versano, vediamo i Croati e perfino qualche signora andar vestiti coi paglie36
ricci comperati dagli Italiani a 40 Cor. l’uno. Le ragazze si stimano portando il grembiule fatto con sacchetti della n/Croce Rossa.
All'arrivo dei pacchi, il prigioniero in generale sta meglio del borghese. Una ragazza sembra morir dalla voglia di assaggiare il n/
pane di galletta. Gliene offro tre pezzi: che contentezza e quanti
"fala a dobro" mi ricambia!!
(21 Ott.) E' festa con l'amico Crociani Ugo sergente sceso alla
vicina osteria, si mangia in 4 un'oca ecc. Fatto il conto si pagano
60 cor. per l'oca == 16 per poche fette di pane= 40 per il vino a
14 cor. il litro = 16 cor. per il condimento del riso=Totale 40 cor.
circa l'uno.
(26 Ott.) Causa l'accettazione dei 14 punti di Wilson, anche i
Croati vogliono I’indipendenza e girano colla loro bandiera bianca rossa e turchina acclamando alla libertà e all'unione coi Serbi. Non così la pensano i magiari che devono parte a stangate, e
disarmati (le guardie) dai disertori, ritornarsene all'Ungheria. Ed i
prigionieri? Ci chiamano soci. Aprono ora gli occhi alla luce...
(31 Ott. ) Finis opera
I n/ borghesi Magiari fanno fagotto=stasera se ne andranno e
noi? Forse saremo liberi tra i Croati. Ma chi ci darà il vitto? E'
una brutta incognita questa. Eppure niuno vuol seguirli temendo
di allungare la propria prigionia.
(2 Nov.) Rimasti soli i prigionieri a 10 a 20 scendono giù verso il
mare. Tra la speranza ed il timore si arriva a Ottocac a 16 Km.
dalle n/baracche. Quivi ci fermano le guardie. Mezz'ora dopo
37
siamo non più prigionieri ma alleati fra alleati, all'albergo principale ove si gusta un buon bicchiere alla salute della nuova Repubblica Croata. Le autorità sono con noi molto cortesi. E frequenti evviva s'innalzano all'Italia ed alla Croazia. Però se felice
riuscì il n/viaggio, non così fu per tutti. Dichiarata la Repubblica
Croata scadono dalla loro funzione i poliziotti=a trattenere il brigantaggio esiguo è il numero dei nuovi eletti. E la fiumana affamata, fuggita dal fronte, ricca solo di armi si riversa sui paesi isolati=spersi nelle campagne=attende nei crocevia e con la scusa
di saccheggiare le proprietà magiare non la risparmia ai propri
connazionali. Già ne furono giustiziati 10, ma è troppo esteso il
brigantaggio. Ed è così che osserviamo andar scalzi o con un
paio di tarantane ai piedi molti n/prigionieri. Altri hanno dovuto
versare il denaro=altri il berretto o il cappotto. Uno per ben due
volte ha dovuto mutare calzoni. Ne aveva un buon paio da borghese: in cambio ne ricevè uno ancor discreto. Ma no, vedi crudel sorte! Fatto un centinaio di passi si sente fermare per... pantaloni ancora. Avvilito ma rassegnato ora ne indossa uno di Lazzaro. Briganti, vigliacchi esclama entrando nella n/ compagnia.
La notte si passa accantonati nelle scuole comunali. Qualcuno
di noi viene scelto pel servizio di guardia alle carceri piene di
borghesi rivoluzionari. Il giorno appresso alle 10 e mezza veniamo riforniti di pane, un bel pannettone di un. Kg. circa. Radunati,
dopo evviva all'Italia e alla Croazia sotto la scorta di alcune
guardie nazionali, si parte per la stazione di Vrhovino, in monta38
gna distante 17 Km. circa. Alle sei di sera vi arriviamo senza incidenti, anzi molto benevisti e salutati dalla popolazione. La notte la passiamo nelle baracche che servivano da magazzino per i
pacchi.
L'indomani 4 Nov. rivista del corredo personale e conseguente
ritiro dei vestiari Croati e delle coperte. Alle 11 e mezza si prende il treno per Fiume. Provvisto da me di una armonica a fiato
un n/connazionale ci suona ottimamente tutta la notte qualunque pezzo d'opera che gli viene richiesto. Alle 10 e mezza del
giorno appresso arriviamo finalmente a Fiume. Siamo noi primi
arrivati, e incolonnati veniamo dalla guardia Serba condotti al
porto ove riceviamo il solito rancio militare a cura e spese del
municipio di Fiume. Di sera però dalla vicina montagna salgono
frequenti razzi luminosi cui fanno seguito numerose scariche di
fucileria sul porto. Visto il pericolo molti non vanno più in riga pel
rancio, ma potendo, ricorrono alle osterie. Queste però sono
piene e non possono offrire alloggio. E qui incomincio ad ammalarmi. Il pane nero, malcotto mi rovina la digestione - obbligato a
dormire, da prima in una baracca al porto=poi alle scuole De Amicis in numero troppo grande la mia salute va peggiorando=perdo l'appetito e stento reggermi in piedi. L'unico amico fedele rimastomi, cui avevo provvisto il caffè, mi ha abbandonato,
avrà preso forse il piroscafo. Avvilito discendo in piazza rimproverando ad un n/ ufficiale la poco cura che si ha dei prigionieri.
Egli mi promette la partenza se lo seguo. In un centinaio rag39
giungiamo una torpediniera fra i tanti che rimangono, causa la
mia salute ci sono anch'io. La torpediniera scorre sull'acqua così
leggera che non ce ne accorgiamo neppure dell'arrivo a Venezia. All’isola S. Elena veniamo ricoverati negli angars per due
giorni. Con venticinque korone dopo stenti mi compero mezzo
litro di marsala. Ma le forze mi vengono sempre meno: chiedo
d'essere spedito all'ospedale = un po' d'olio di ricino e l'infermiere mi risponde che ne riceve in consegna per la sua infermeria
mezzo litro soltanto al mese. Viene intanto l'ordine della partenza. Sdraiato sull'erba attendo l'appello. Per riavermi, ogni tanto,
devo bere un po' di marsala, e mi vo a sedere presso la mia
compagnia. Uno, sperando soppiantarmi, s'è iscritto alla mia
compagnia, ma fatto l'appello di nuovo, deriso, se ne deve ritornare.
Salito in treno il 9 Nov. prendo la linea Adriatica=giungo a Rovigo alla mezzanotte. Vorrei scendere dal treno e correre a casa= ma le forze mi vengono meno e così rincantucciato, sto ad
osservare i miei compagni che nelle fermate assaltano i treni e li
derubano asportando formaggio e pacchi di fichi secchi. Arrivati
a Castelfranco d'Emilia veniamo condotti al forte. Organizzate
le compagnie, verso le 4 si parte e si gira tutta la notte per arrivare a S.Giovanni in Persiceto- essendo ripiene quelle baracche noi veniamo destinati in distaccamento a S.Margherita. Vi
arrivo più morto che vivo. Combinazione ho trovato un collega di
prigionia. Il mio rancio lo regalo all'amico e lui sale sugli alberi a
40
raccogliere rami di gelso secchi per scaldarmi un po' di brodo
con la carne di scatola. Così dopo tré gioni comincio a stare un
po' in piedi. Essendo provvisto di sole korone, vò dal parroco per
avere un prestito, ne ricevo in regalo due lire e l'invito al pranzo
ogni giorno in canonica. Dopo 5 o 6 giorni mi sono ben rimesso
in salute=richiesto fò da magazziniere al reparto viveri dei due
battaglioni qui dislocati. Così posso aiutare il mio amico, vò a
ringraziare il reverendo parroco dell'aiuto prestatemi e telegrafo
ai miei di casa che mi vengano a trovare. Al 22/11 di mattina un
sergente mi viene a chiamare nel magazzino per una persona di
famiglia. All'uscita incontro la sorella maggiore l'Emilia e la Colomba venuta da Milano. Chi potrà mai dire la contentezza in
quel momento? E la mamma? Chiedo=con le lacrime agli occhi,
mi raccontano dalla sua morte avvenuta senza neppur sapere
della mia prigionia. Le prime lettere infatti arrivarono al paese
proprio quel giorno che la mamma veniva condotta al cimitero.
Le loro parole mi fanno pena e stento a reprimere l'angoscia onde è invaso l'animo mio.
Assieme al sergente e alle sorelle pranziamo in una vicina osteria. In discorso mi piace notare le coincidenze di data di quattro
fatti importanti. Ritirata dall'Isonzo 28 Ott. del 1917=ritorno dalla prigionia 28 Ott. Dcel 1918 = Primo giorno di prigionia
22Nov. 1917 ore 9 e mezzo= ora identica 22 Nov. del 1918 a
pranzo con le sorelle.
Fu combinazione ancor io vò pensando a queste casualità sor41
preso però di coincidenze così precise. Comunque, lieto di aver
potuto vedere la fine di questa grande guerra.
Ottavio CALTRAN.
APPENDICE di Ferdinando Caltran
Una curiosa combinazione nella vita di Ottavio e nella mia:
LE TRE MARIE:
Sono: la mamma, la moglie e una nuora di Ottavio, che sono anche:
mia nonna Maria, mia mamma Maria e mia moglie Maria . . . e se una
delle cinque mie nipotine avesse, dal matrimonio una figlia di nome
MARIA?
Il fante cap. Ottavio Caltran in divisa. Si notano le fasce alle
gambe e in mano il pugnaletto.
Ho messo in rima alcuni episodi della vita di Ottavio.
42
Tornà da la Merica
Emigrà ne la Merica, butìn,
t’è tocà ‘na disgrazia tanto grave,
ritornare in Italia co’ la nave:
gèra morto to pare, Luigin.
El gèra scrito in nero el to destin,
anca ben to sorèle gèra brave
e to mama robusta come on trave,
te gavèi la miseria par vizìn!
T’è passà ne la Scola tanti ani,
imparè dissiplina, obedienza
nel colejo guidà da Salesiani.
E dopo i studi: Fante in partenza,
la mama e sorele a Legnago,
tì, fato prigioniero su Asiago.
De colpo la to vita l’è cambià
e da Talian te valèi poco-gnente
ci sà i pensieri che te gh’èi in mente,
sentirte tolto in giro, umilià.
A olte, vanzaùre t’è magnà,
la fame...lì con tì sempre presente!
Fin che no-è capità on azidente:
la freve in Furaria gh’è rivà.
No’ gh’era pi’ gnisùn par fare i conti,
ma dò più dò fa coàtro anca coà,
a Legnago, in Croazia e in Ungaria.
Da la preson, passà in Furaria
e i conti giusti, tuti controlà . . .
t’è guadagnà i pasti caldi e pronti!
43
Tornato dall’America
Emigrato in America, bambino,
è successo un fatto molto grave,
ritornare con la nave:
era morto tuo padre Luigi.
Già scritto in nero il tuo destino,
sebbene con sorelle molto brave
e la mamma forte come una trave,
avevi la miseria per compagna!
Hai passato tanti anni a studiare,
imparando disciplina, obbedienza
nel collegio dei Salesiani.
E dopo gli studi, Fanteria e partenza, la
mamma e le sorelle a Legnago
e tu prigioniero ad Asiago.
Di colpo è cambiata la tua vita
e come italiano non valevi più nulla,
chissà quali pensieri avevi per la mente,
preso in giro e umiliato.
A volte hai mangiato gli avanzi,
la fame... era sempre presente!
Finche la febbre ha colpito forte in Fureria
e più nessuno era rimasto per fare di conti,
ma due più due fa quattro anche a Legnago
come in Croazia e in Ungheria.
Dalla prigione sei passato in Fureria,
con i conti esatti, tutti controllati…
meritando pasti caldi senza attese.
=Marzo 2011=
44
Al Fante, a me Opà
Coante olte te me ven in mente
artista, caro Opà, del risparmiare.
Com’èto fato tì a nar laorare
sempre a piè magnando coasi gnente.
Te gèri magro, coasi . . . trasparente,
coante robe te ghè dovèsto fare,
parfin i ciòdi te ghè dovù indrizare
par dàrne pan, ‘na scola suficente!
Prigioniero, in Croazia e Ungaria
ne la goèra del quindese-disdòto,
tì là blocà, coà to mama in agonia.
Rimpatrià, te gèri mal ridoto
senza òia de vivare, magnare,
...”to sorelle i-è stè to pàre e màre”.
Cì sa coanto el to core l’à patìo. . .
In preson, ma paron de ‘na matita,
su bilieti t’è scrito la to vita,
nel diario te mizoni tanto Dio!
Par ti, tuto “Verboten”, sì, proibìo,
t’è tocà fare mesi de astinenza,
ma con la istruzion, la conoscenza,
finalmente coalcun el t’à capìo.
El latin al ginnasio t’è imparà
e te gèri el pì brao a fare i conti,
coante robe don Bosco t’à insegnà:
la fameie, el laoro, senza sconti...
El sogno de la vita?...Libertà!
...Orgolioso de ti a son Opà!
45
A mio padre, il Fante
Quante volte mi torni in mente,
artista, caro papà del risparmio.
Come hai fatto tu andare al lavoro
a piedi mangiando pochissimo.
Tutto pelle ed ossa,
quante cose hai dovuto fare ,
raddrizzavi i chiodi per risparmiare
e darci da mangiare e farci studiare!
Prigioniero in Ungheria e Croazia
nella Guerra del Quindici-Diciotto,
tu bloccato là e qui la tua mamma morente.
Tornato a casa eri ridotto male
senza più voglia di mangiare, di vivere.
Le sorelle hanno fatto da genitori.
Chissà quanto il tuo cuore ha sofferto . . .
In prigione ma padrone d’una matita,
su foglietti hai scritto quei giorni,
nel Diario menzioni molto Dio!
Per te era tutto proibito,
hai dovuto fare mesi di astinenza,
ma con l’istruzione, la conoscenza,
finalmente qualcuno ti ha capito.
Il latino nel Ginnasio imparasti
e nel fare i conti eri il più bravo,
quante cose Don Bosco ti ha insegnato:
la Famiglia, il lavoro duro . . . Il sogno della tua vita ?. . .
Libertà! Di te sono orgoglioso Papà
=MARZO 2011 =
46
Pubblicazioni del Circolo Noi:
2003 Strufaji o zó de lì (Luciano Rossi) / poesie
2004 Mostra fotografica “abitanti e luoghi caratteristici del nostro paese”
2004 Nel ziél che lontan se perde (Fernando Rossi) / poesie
2005 Sulle ali del vento (Luigino Nicolini) / poesie
2005 Frammenti di notizie riguardanti Vangadizza (Luciano Rossi)
2005 Scherza co i fanti e lassa stare i santi (Fernando Rossi) / poesie
2007 Poesie per Vangadizza e dintorni vol. 1^ (Luciano Rossi)
2008 Poesie per Vangadizza e dintorni vol. 2^ (Luciano Rossi)
2008 Accogli, Signore (Fernando Rossi) / poesie
2009 Vangadizza nei miei ricordi anni 1950 - 60 /Giampietro Segantini
2009 Memorie di un superstite di Cefalonia / Danilo Migliorini
2009 Le campane e i campanari di Vangadizza (Luciano Rossi)
2009 Saluto l’alba (Luigino Nicolini) / poesie
2009 Poesie per Vangadizza e dintorni vol. 3^ (Luciano Rossi)
2010 Nell’inferno di Dachau – Memorie di un superstite / Giulio Baraldini
2010 Poesie per Vangadizza e dintorni vol. 4^ (Luciano Rossi)
2010 Col sentimento dei miei versi - Poesie di Romana Menegazzi
2010 Poesie per Vangadizza e dintorni vol. 5^ (Luciano Rossi)
2010 lerimedenando - Sonetti dialettali di Ferdinando Caltran
2010 Spigolature n. 1 - Meditazioni di don Romeo Cecchetto
2010 lerimedenandonatalizie - Sonetti dialettali di Ferdinando Caltran
2010 Terra e cielo - Riflessioni di Olga Ferrari
2011 Bronze e sginze ( Luciano Rossi ) / poesie
2011 Frammenti di notizie...Vangadizza 2011 (Luciano Rossi) - ristampa
2011 Spigolature n. 2 - Meditazioni di don Romeo Cecchetto
2011 L’ostaria da la Bepa : ( Luciano Rossi ) poesie in dialetto veronese
2011 Poesie per il beato Giovanni Paolo II composte dai soci deI Club dei
poeti dialettali e dal Club in lingua “ Gervasio Bellinato “ di Legnago
2011 Spigolature n. 3 - Meditazioni di don Romeo Cecchetto
2011 Grazie, Maria, per Gesù ( Luciano Rossi ) / poesie
47
48