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OMICIDI LECCE
4 giugno
IL DUPLICE OMICIDIO LE CONFESSIONI
«Luigi Tasco e Franz Occhineri sono pienamente coinvolti nel duplice omicidio e finché ogni
circostanza non verrà chiarita devono rimanere agli arresti». Lo scrivono nero su bianco i giudici
del Tribunale del riesame che qualche giorno prima avevano confermato i domiciliari per Tasco e la
custodia in carcere per Occhineri, arrestati il 10 maggio scorso con l’accusa di aver occultato i
cadaveri di Luca Greco e Massimiliano Marino, i due amici di Squinzano e San Donaci trovati
morti in una cisterna nelle campagne di Salice Salentino. Nell’ordinanza, composta da 14 pagine, si
ribadisce la gravità della posizione di Mino Perrino, il 38enne di Campi finito in manette con
l’accusa di omicidio volontario. Per questo, l’ordinanza muove dalla ricostruzione dell’ accaduto
riportata nell‘ordinanza di custodia cautelare del gip, basata sulle dichiarazioni del quarto indagato,
un amico di Perrino che ha consentito di svelare i retroscena dell’omicidio. Retroscena che ancora
non sono stati del tutto svelati, per questo motivo i magistrati hanno deciso che la permanenza agli
arresti degli indagati per probabile pericolo di inquinamento delle prove in quanto, secondo gli
inquirenti, ancora «in corso indagini volte all’identificazione di tutti quanti i compartecipi ed alla
sicura attribuibilità di ciascuno di essi del concreto ruolo svolto nella vicenda criminosa in esame».
È possibile, infatti, che le contestazioni possano «potenzialmente evolversi anche in senso più grave
per gli odierni indagati». Infatti, pur avendo considerato Tasco, parzialmente sincero, il suo
racconto non ha convinto i magistrati. Infatti non è sembrato credibile in quella parte in cui si era
recato sul luogo dell’omicidio assieme a Perrino ed al suo amico solo per sincerarsi di quanto
accaduto. Ugualmente è sembrato inverosimile che Tasco li abbia aiutati a trovare un nascondiglio
per poi non partecipare alla fase dell’occultamento. Infine, Tasco non ha fatto mai riferimento alle
telefonate intercorse in sua presenza fra l’amico di Perrino ed Occhineri, riscontrate invece dai
tabulati telefonici. Considerazioni analoghe sono state svolte per Occhineri, per le dichiarazioni
ritenute inverosimili. In particolare, il Riesame aveva ritenuto che l’uomo avrebbe mentito nel
momento in cui ha spiegato che le telefonate intercorse fra lui ed il quarto indagato erano motivate
per esigenze di lavoro. Ciò è stato ritenuto impossibile, dato che le chiamate hanno avuto la durata
di pochi secondi, proprio in concomitanza con l’omicidio.
29 giugno
UN COLPO DI PISTOLA ALLA TESTA, POI LO SFREGIO DEL FUOCO
Ucciso con un colpo di pistola alla testa. Uno solo. Esploso alle spalle, forse mentre la vittima era in
ginocchio. Poi il cadavere è stato cosparso di benzina e bruciato. Così regolano i conti i mafiosi.
Così è stato ucciso un 41enne, di Martano, sorvegliato speciale. Il cadavere è stato ritrovato nelle
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campagne di Carpignano,. A scoprirlo è stato un pastore che ha avvisato il proprietario del terreno.
Le verifiche sul posto hanno fornito le prime indicazioni: l’uomo potrebbe essere stato ammazzato
il giorno stesso della sua scomparsa. Di lui si erano perse le tracce il 27 giugno. L’effetto delle
fiamme non è stato devastante: il cadavere, infatti, si presentava bruciato ma non ustionato. Gli
investigatori lo hanno indicato come l’emergente, l’uomo forte che aveva sotto controllo le attività
illecite. Un capo, insomma, la cui influenza non si sarebbe limitata a Martano ma sarebbe stata
estesa anche ai paesi vicini: Calimera, Vernole, Carpignano, Castrignano dei Greci, Melendugno.
Le cronache si erano già occupate nel 2010 quando a Nardò venne arrestato dai carabinieri insieme
con il fratello, per concorso in usura ed estorsione. Secondo l’accusa, i due avevano prestato
settemila euro ad un imprenditore dal quale, poi, dopo soli otto mesi, avrebbero preteso la
restituzione di 32mila euro. E le richieste di denaro sarebbero state accompagnate da pugni. Queste
alcune considerazioni espresse dal Procuratore della Repubblica in un’intervista: «Lo spessore del
personaggio era cresciuto ma non mi risulta fosse affiliato ai clan mafiosi» Regolamento di conti
Forse aveva turbato equilibri consolidati» «Lo spessore del personaggio era cresciuto ma non mi
risulta fosse affiliato ai clan mafiosi» Regolamento di conti Forse aveva turbato equilibri
consolidati»«Probabilmente la vittima ha invaso altre sfere, occupato posti non propri. Ma al
momento parliamo di ipotesi».«Le indagini ce lo indicano vicino agli ambienti malavitosi e ad
alcuni personaggi in particolare, ma non mi risulta che sia un affiliato ai clan mafiosi».
8 luglio
BODYGUARD UCCISO
Prima l’incontro, poi la chiacchierata tranquilla, come due vecchi amici. Alla fine, inaspettato,
arriva il fuoco. Quattro o cinque colpi di pistola calibro 7.65, che ieri sono costati la vita a ad un
37enne, di San Cesario, volto noto al popolo delle discoteche poiché da anni lavorava come
buttafuori in alcuni locali del Gallipolino. Un’esecuzione spietata, che sembra doversi collocare al
di fuori dei consueti contesti criminali, consumata nella centralissima piazza Garibaldi di San
Cesario in una calda domenica di luglio. Il killer viene immortalato dalle telecamere a circuito
chiuso, ma già a distanza di poche ore dal delitto di lui non c’è più alcuna traccia Una persona di
sua conoscenza, che la vittima doveva incontrare. Pare, infatti, che fra i due vi fosse un
appuntamento. Improvvisamente, però, l’interlocutore estrae dalla tasca l’arma e fa fuoco. Ma
quella fuga purtroppo, che non gli ha lasciato scampo. Il 37enne tenta di salvarsi la vita infilandosi
in una piccola stradina limitrofa, ma quella fuga, purtroppo, che non gli lascia scampo, Il killer
spara ancora, e due colpi raggiungono al torace. il bodyguard è ormai in una pozza di sangue e non
respira più. Tutto ha lasciato pensare ad una sorta di «vendetta» maturata in ambito professionale,
relativa all’attività di buttafuori. Prima di Natale, la Prefettura gli aveva revocato la licenza: pare
che nella discoteca dove stava lavorando ci fossero stati disordini che avevano coinvolto quattro o
cinque persone ubriache. Le cronache del giorno dopo riferiscono dell’identificazione del killer
(immortalato dalle telecamere a circuito chiuso), un 47enne, anch’egli originario di San Cesario già
noto alle cronache giudiziarie in quanto ritenuto un fiancheggiatore del clan capeggiato da Mario
Tornese di Monteroni. A distanza di un mese la cattura e in quell’occasione il presunto omicida è
stato bloccato in un appartamento di Lendinuso, marina di Torchiarolo. Non ha opposto alcuna
resistenza, anche perché si trovava in compagnia della moglie e del figli.
19 luglio
ASSASSINIO DEL BOSS DUE ERGASTOLI
Carcere a vita con isolamento diurno per un anno. La Corte d’Assise, ha inflitto l’ergastolo, a
Rosario Pompeo Padovano per l’omicidio del fratello Salvatore. ed al cugino del mandante reo
confesso, Giorgio Pianoforte, proprietario della pescheria «Il paradiso del mare». La Corte ha
pienamente accolto l’impianto accusatorio, emanando pene più pesanti di quelle richieste dal PM
che ha condotto le indagini, anche sull'omicidio di Nenè Greco, risalente agli anni '90. Secondo
quanto sostenuto dal magistrato, sarebbe duplice il movente che ha spinto Padovano e Pianoforte ad
eliminare il boss, da poco uscito di prigione: il controllo del territorio e ragioni economiche.
30 luglio
UCCIDE LEI E POI SI SPARA
Uccide la moglie e poi si ammazza. E’ successo a Taurisano Una tragedia. Una famiglia distrutta:
lui, un carrozziere di 46 anni, non ha retto all’idea della separazione.