settembre musica

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settembre musica
ASNESNOKAH)
ITTA
PER LA CULTURA
1)1TORINO
sabato 12 settembre 1987, ore 16
San Francesco d’Assisi
SETTEMBRE MUSICA
Quartetto Arditti
Irvine Arditti
David Alberman
Levine Andrade
Rohan De Saram
Druvi De Saram, pianoforte
Ian Partridge, tenore
In collaborazione con
Antidogma Musica
*
Il Quartetto Arditti si è formato nel 1974, quando i componenti
originari studiavano alla Royal Academy of Music di Londra.
Rohan De Saram è entrato a farne parte nel 1977 e David Alberman nel 1986. Specializzato nell’esecuzione di musica con­
temporanea inclusa una vasta e varia selezione di composizioni
in tutti gli stili, collabora strettamente con i molti compositori
di cui esegue le musiche fra i quali Boulez, Bussotti, Carter, Kurtag, Ligeti, Nankarrow, Nono, Penderecki, e Xenakis. Il Quar­
tetto, inoltre, incoraggia giovani compositori a scrivere pezzi per
quartetto d’archi e nella stagione ’85/86 ha interpretato circa
50 nuove composizioni di cui una trentina in prima esecuzione
mondiale. Coinvolti nella divulgazione della musica moderna e
delle tecniche strumentali, sin dal 1974 in suoi componenti inse­
gnano musica moderna ai Ferienkurse di Darmstadt.
Druvi De Saram ha studiato pianoforte a Londra sotto la guida
di Maria Curcio e si è perfezionato, in seguito, al Conservatorio di Musica di Mosca. Ha fatto lunghe tournée in Europa e
in Asia, sia come solista che in duo con il fratello e recentemen­
te è stato invitato in Cina, dove si è esibito in recital a Pekino
e Shangai.
Ian Partridge, terminati gli studi al Guildhall, prima di intra­
prendere la carriera solistica ha cantato con il “ Purcell Consort
of Voices ” per diversi anni. Tra le più recenti apparizioni sono
da ricordare quelle al South Bank Halls e al Barbican con 1 Academy of Ancient Music e le grandi orchestre sinfoniche lon­
dinesi, in collaborazione con Raymond Leppard, Christopher
Hogwood e Richard Hickox. Il suo repertorio spazia dalla mu­
sica antica (Monteverdi, Purcell, Bach...) a compositori contem­
poranei quali Lennox Berkley e Benjamin Britten. All abituale
attività concertistica nei più importanti teatri del mondo affian­
ca frequenti partecipazioni a festival internazionali. Ian Partridge
in particolar modo ama esibirsi in recital con sua sorella Jenni­
fer al pianoforte o con un Duo composto dal chitarrista Jukka
Savijoki e dal liutista Konrad Ragossnig.
Igor Strawinsky
(1882-1971)
Tre pezzi per quartetto d’archi
Charles Ives
(1874-1954)
Scherzo per quartetto d’archi
Adagio cantabile (The Innate)
Largo risoluto n. 1
Largo risoluto n. 2
Halloween,
per pianoforte e quartetto d ’archi
Béla Bartók
(1881-1945)
Quartetto per archi n. 3
Prima parte: moderato
Seconda parte: allegro
Recapitolazione della prima parte
Coda: allegro
Igor Strawinsky
Concertino per quartetto d ’archi
Ralph Vaughan Williams
(1872-1958)
On Wenlock Edge
per tenore, pianoforte e quartetto d’archi
On Wenlock Edge
From far, from eve and morning
Is my team ploughing?
Oh, when I was in love with you
Bredon Hill
Clun
Il pianoforte YAMAHA è gentilmente offerto
dalla Ditta TAULINO di Livorno Ferraris.
Composti a Salvan nel 1914 e pubblicati otto anni dopo, i Tre
pezzi per quartetto d ’archi di Igor Strawinsky non costituisco­
no un insieme rigidamente organico e coerente, ma devono piut­
tosto il loro carattere unitario al contrasto, perfettamente
controllato, di immagini fantastiche, liturgiche e popolari.
Il brano iniziale presenta un tetracordo melodico assai ricorren­
te nelle arie popolari russe anteriori al primo dopoguerra. Rit­
mo e tono scherzoso del secondo pezzo si ispirano alla gestualità
convulsa del grande clown Little Tich, ammirato a Londra dal
compositore nell’estate del 1914. La parte più riuscita del lavo­
ro - o quantomeno più soddisfacente per Strawinsky - è quella
conclusiva: “ le ultime venti battute” sostiene questi in Expositions “fanno parte della musica migliore che io abbia scritto in
quel perìodo”. La qualità incontestabilmente embrionale del ma­
teriale tematico complessivo è confermata dall’ esigenza da par­
te dell’autore di riprenderne e svilupparne alcuni elementi in
opere successive (Sinfonia in do, Sinfonia dei Salmi, Sinfonia
per strumenti a fiato).
Col titolo rispettivo di Danza, Stravagante e Cantico, i Tre Pez­
zi trovano posto in veste sinfonica nei Quattro studi per orchestra.
Abbinato all’ opera precedente nell’ allestimento del balletto The
Antagonists (1955) con la coreografia di Ruth Currier, il Con­
certino fu richiesto a Strawinsky nel 1920 dal Quartetto Flonzaley, desideroso di introdurre nel proprio repertorio un lavoro
contemporaneo. Il titolo allude al ruolo concertante del primo
violino, cui è affidata una lunga cadenza. La struttura monoli­
tica in un solo movimento si richiama palesemente ai moduli for­
mali di un tempo di sonata. Nell’intento di “ modificare la
suddivisione in battute, rendere più chiare alcune armonie e ar­
ticolare meglio la ripartizione in fra si”, l’Autore arrangiò nel
1952 la versione originale per quartetto d’archi derivandone una
nuova trascrizione per dodici strumenti.
Primo premio ex aequo con la Serenata op. 46 di Casella al con­
corso di composizione della Philadelphia Musical Fund Socie­
ty, il Quartetto n. 3 fu ultimato da Bartók nel settembre 1927.
Esso risulta suddiviso in due movimenti principali, differenti tan­
to nel materiale formale quanto nel carattere. A tale bipartizio­
ne se ne sovrappone un’ altra, visto che ciascun movimento è
seguito da una propria variazione abbreviata detta Recapitola­
zione nel primo caso, Coda nel secondo.
Concepite come un singolo organismo e collegate fra loro senza
soluzione di continuità, le quattro unità formali prendono le di­
stanze dalla fluida espressività e dal delicato lirismo che carat­
terizzavano i quartetti precedenti, per affermare tra inaudite
asprezze sonore una scarna polifonia, solcata da violenti sviluppi
ritmici. Questa trasparenza strutturale, entro cui è spesso attin­
to un alto grado di dissonanza, esemplifica assai bene uno degli
intenti fondamentali del Compositore: “ In arte non esiste
rivoluzione. La mia vita è un ’evoluzione costante che ha visto
nascere l’aspirazione alla più grande semplicità possibile” .
Immediatamente beneficiaria, insieme al Quartetto in sol mino­
re, dello studio di Ravel, che Vaughan Williams conobbe di per­
sona a Parigi nel 1910, la raccolta di sei song On Wenlock Edge
su testi del poeta inglese Alfred Edward Housman costituisce
un coerente ciclo musicale, accogliendo con disinvolto ecletti­
smo una mescolanza di stilemi neoprimitivi e di concezioni ar­
monicamente assai avanzate per l’epoca. Della versione originale
per tenore, quartetto d’archi e pianoforte (1909) esistono una
riduzione alternativa con pianoforte e un arrangiamento per or­
chestra realizzato dall’Autore negli anni Venti. Per quanto Hou­
sman fosse contrario ad una messa in musica dei propri poemi,
dovette nondimento riconoscere l’ineguagliabile sensibilità con
cui il Compositore aveva compenetrato le sue immagini lettera­
rie, rispettandone le cadenze da ballata. In una sintesi creativa
di vocalità, poesia e frase strumentale, la compatta successione
di strofe aderisce senza considerevoli ripetizioni di frase ad uno
sviluppo musicale che ne riflette, amplificandoli o trasfiguran­
doli, gli stati d’animo più riposti. Soprattutto nelle canzoni mag­
giormente elaborate, come On Wenlock Edge e Bredon Hill, la
fertile immaginazione lievita su base rigorosamente strofica men­
tre il sentimento si concentra in figure altamente drammatiche
se non addirittura, come nel caso di Is my team ploughing?, in
un dialogo inquietante.
L’impiego accordale o polifonico di strati tonali - onde ottene­
re dalla loro combinazione simultanea un’ armonia atonale - è
posto da Ives a fondamentale procedimento costruttivo del suo
Scherzo per quartetto d ’archi. La parte centrale di quest’ opera
è attraversata da movimenti di scale diatoniche o cromatiche che
vengono diminuite ed aumentate fino a costituire un breve trio
formalmente contrastante.
Dell’ Adagio cantabile (1908) per 5 o 6 strumenti, una stesura
del 1916 per canto e pianoforte, sotto il titolo The Innate, sop­
prime la maggior parte delle stanghette di misura; ne conserva
però immutati i punti cruciali della forma, come pure i pochi
riferimenti necessari all’esecuzione di due interpreti.
Scritto nello stesso anno di Central Park in thè dark e The Unanswered question (1906) il Largo risoluto n. 1 adotta lo schema
formale bipartito di Preludio e Fuga. Quest’ ultima è una specie
di stretto a 5 voci su un tema anticipato in quarte parallele fin
dal Preludio e viene dilatata da una ripresa, sicché la struttura
definitiva del pezzo risulta tripartita secondo lo schema A-B-B.
Il Largo risoluto n. 2 (1908) rappresenta nelle intenzioni dell’Au­
tore lo ‘‘ sviluppo di una silhouette ” , in cui l’oggetto del proce­
dimento figurativo rimane indistinto. 11 contrasto di chiaro e
scuro necessario a tal fine è reso musicalmente mediante diffe­
rimenti di tempo, effetti d’eco e permutazioni dinamiche tra pia­
noforte e quartetto d’archi.
Composto - come il titolo suggerisce - per la festa di vigilia di
Ognissanti, Halloween (1907) va suonato tre o quattro volte di
seguito con volume sonoro e velocità progressivamente crescen­
ti. Nell’ultima parte della performance possono aggiungersi ad
libitum anche una grancassa o un tamburo.
Orazio Mula
Ralph Vaughan Williams
On Wenlock Edge
per tenore, pianoforte e quartetto d’archi
On Wenlock Edge
On Wenlock Edge the wood’s in trouble;
His forest fleece the Wrekin heaves;
The gale, it plies the saplings double,
A n d thick on Severn snow the leaves.
’Twould blow like this through holt and hanger
When Uricon the city stood;
’Tis the old wind in the old anger,
But then it threshed another wood.
Then, ’twas before my time, the Roman
A t yonder heaving hill would stare:
The blood that warms an English yeoman,
The thoughts that hurt him, they were there.
There, like the wind through woods in riot,
Through him the gale o f life blew high;
The tree o f man was never quiet:
Then ’twas the Roman, now ’tis I.
The gale, it plies the saplings double,
It blows so hard, ’twill soon be gone:
Today the Roman and his trouble
Are ashes under Uricon.
From far, from eve and morning
From far, from eve and morning
A n d yon twelve winded sky,
The stu ff o f life to knit me
Blew hither: here am I.
Now fo r a breath I tarry
Nor yet disperse apart
Take my hand quick and tell me,
What have you in your heart.
Speak now, and I will answer;
How shall I help you, say;
Ere to the wind’s twelve quarters
I take my endless way.
A Wenlock Edge
A Wenlock Edge il bosco langue,
Il folto il Wrekin solleva,
Il vento gli alberi piega
E di foglie riempie (le nevi del) il Severn.
Così soffiava sul colle dei boschi
Quando a Uricon la città resistè.
Lo stesso vento antico con la stessa antica ira
Che allora puniva altri boschi.
Allora, prima di me, i Romani fissavano
Lo sguardo a quel colle in tumulto;
Il sangue che scalda il contadino inglese
I pensieri che lo feriscono, eran lì.
Lì, come il vento nei boschi in tumulto,
Alto soffiava il vento della vita;
L ’albero dell’Uomo non fu mai cheto
Allora il Romano, ora io.
II vento gli alberi piega,
Soffia forte, ma presto scompare
Oggi il Romano e i suoi pensieri
Son cenere sotto Uricon.
Da lungi, da mane a sera
Da lungi, da mane a sera
Da quel cielo dai dodici venti
Per coprirmi della vita la stoffa
Qui soffiava: ed eccomi qui.
Per uno spiro ora mi fermo
Né in pezzi io mi disperdo
Tosto, prendi la mano e dimmi
Cosa c’è in quel cuor che hai tu.
Parla ora e io ti rispondo.
Aiuto. Ma tu devi dirmi,
Prima che verso la fine dei venti
Io inizi il mio eterno cammin.
Is my team ploughing?
“Is my team ploughing,
That I was used to drive
A nd hear the harness jingle
When I was man alive? ”
Ay, the horses trample,
The harness jingles now;
No change though you lie under
The land you used to plough.
“Is my girl happy,
That I thought hard to leave,
A n d has she tired o f weeping
As she lies down at eve? ”
A y, she lies down lightly,
She lies not down to weep:
Your girl is well contented.
Be still, my lad, and sleep.
“Is my friend hearty,
Now I am thin and pine,
A n d has he fo u n d to sleep in
A better bed than mine? ”
Yes, lad, yes, lad, I lie easy,
I lie as lads would choose;
I cheer a dead m an’s sweetheart,
Never ask me whose.
Oh, when i was in love with you
Oh, when I was in love with you,
Then I was clean and brave,
A nd miles around the wonder grew
How well did I behave.
A n d now the fancy passes by,
A n d nothing will remain,
A n d miles around they’ll say that I
A m quite myself again.
Sta arando il mio giogo?
“ Sta arando il giogo mio
che volevo condurre nei campi
Col tintinnio dei suoi finimenti
Quand’ero un uomo vivo?”
Sì, i cavalli calpestan la terra
I finimenti tintinnano ognora,
È tutto uguale anche se sei
Nella terra che aravi allora.
“ È lieta la fanciulla mia
Che pensavo non poter abbandonar
O si è stancata di piangere
Quando riposa la sera?”
Sì, sì, essa dorme leggera,
Ma il pianto per lei non è lì
La tua amata è felice
Fanciullo, sii cheto, e sta lì!
“ È ben saldo l’amico mio
Or che sono sì magro e fino
Ha trovato, dove dormire
In un letto migliore del mio? ”
Ragazzo sì, io giaccio felice
Come i ragazzi vorrebbero far
Io plaudo l’amata d ’un morto
Ma su, non chiedete di chi.
Oh, quando io ti amavo
Oh, quando io ti amavo
Ero puro e coraggioso
Intorno a me la meraviglia
Veniva su, com’ero io.
Ora passa la fantasia
E nulla rimarrà.
Intorno a me diranno che
Son proprio io, di nuovo.
Bredon hill
In summertime on Bredon
The bells they sound so clear;
Round both the shires they ring them
In steeples fa r and near,
A happy noise to hear.
Here o f a Sunday morning,
M y love and I would lie,
A n d see the coloured counties,
A n d hear the larks so high
A bout us in the sky.
The bells would ring to call her
In valleys miles away:
“Come to church, good people;
Good people, come and pray ”.
But here my love would stay.
A n d I would turn and answer
Among the springing thyme,
“Oh, peal upon our wedding,
A n d we will hear the chime,
A n d come to church in time ”.
But when the snows at Christmas
On Bredon top were strown,
M y love rose up so early
A n d stole out unbeknown
A n d went to church alone.
They tolled the one bell only,
Groom there was none to see,
The mourners followed after,
A n d so to church went she,
A n d would not wait fo r me.
The bells they sound on Bredon,
A n d still the steeples hum.
“ Come all to church, good people, ”
Oh, noisy bells, be dumb;
I hear you, I will come. I will come.
Bredon hill
D’estate a Bredon
Di campane il suono chiaro
In tutte le contee si ode
Da tutti i campanili.
Un lieto suon da udir.
Di domenica mattina
L ’amata mia e io stavamo
Ad ammirar gli immensi paesi
E udire gli usignoli in alto.
In tutto il grande cielo.
Le campane rintoccavano e la chiamavano
Dalle lontane valli.
“ Venite in chiesa, brava gente;
Brava gente, venite a pregare.”
Ma lei sostava con me.
Mi voltavo e rispondevo
Dal folto del timo in fiore
“ Suonate alle nostre nozze
Sentiremo il vostro rintocco.
Saremo in chiesa in tempo. ”
Ma a Natale le nevi
Coprivan la cima di Bredon.
L’amata mia s’alzò sì presto
Di nascosto uscì.
E da sola in chiesa andò.
Una sola campana suonò.
Non v’era sposo in vista.
Ma mesti la seguivano
Quando in chiesa ella andò.
Senza aspettarmi.
Le campane suonano a Bredon
E vibrano i campanili.
“ Venite in chiesa, brava gente.”
Tacete, garrule campane
Vi sento. Verrò. Verrò.
Clun
In valleys o f springs o f rivers,
By Ony and Teme and Clun,
The country fo r easy livers,
The quietest under the sun,
We stilt had sorrows to lighten
One could not be always glad,
A nd lads knew trouble at Knighton
When I was a Knighton lad.
By bridges that Thames runs under,
In London, the town built ill,
’Tis sure small matter fo r wonder
I f sorrow is with one still.
A nd i f as a lad grows older
The troubles he bears are more,
He carries his griefs on a shoulder
That hand selled them long before.
Where shall one halt to deliver
This luggage I ’d lief set down?
Not Thames, not Teme is the river,
Nor London nor Knighton the town:
’Tis a long way further than Knighton,
A quieter place than Clun,
Where doomsday may thunder and lighten
A nd little ’twill matter to one.
(Alfred Edward Housman)
Clun
In valli di fonti e rivi
Dell’Ony, Teme e Clun
Il paese per chi vive bene
Il più tranquillo sotto il sole.
V’erano dolori da lenire
Non si era sempre lieti
A Knighton si conosceva il dolore
Quand’ero ragazzo lì.
Sui ponti del vecchio Tamigi,
A Londra, la malfatta città,
Certo, non è da stupirsi
Se il dolore è sempre colà.
Il ragazzo diventa più vecchio
E i dolori son sempre di più
I dolori che mano aveva venduto
Son sempre ognora a portar.
Ove ristar per sgravarsi
Del peso da buttare là?
II rio non è il Teme né il fiume il Tamigi,
Né Knighton né Londra la città.
Da Knighton è molto più lungi
Di Clun un paese più quieto,
La fine del mondo di certo verrà, (ma)
Dove certo non m ’importerà.
leggere di musica
La bibliografia italiana su Strawinsky può contare su tre straordinari
pilieri: lo splendido libro di André Boucourechliev, in cui sono profusi
tesori di intuizioni critiche (1), quello di Eric Walter White rigoroso f i ­
no all’estremo e implacabilmente metodico (2), quello prezioso di Mas­
simo Mila frutto di una familiarità cinquantennale con il compositore,
che per l ’autore è divenuto maestro di vita, punto di riferimento intel­
lettuale e artistico (3). Questi lavori fanno passare in secondo piano, ri­
ducendone la lettura a semplice curiosità, gli scritti di Gian Francesco
Malipiero (4) e Alfredo Casella (5), opere nondimeno ancora capaci dì
spunti interessanti. Riguardo Charles Ives il lettore potrà affidarsi al bel
libretto, agile e spigliato, di Gianfranco Vinay (6). Se la biografìa di Henry
e Sidney Cowell è troppo elogiativa, ai limiti dello sciovinismo (7), ben
calibrati e criticamente avveduti sono gli studi di Peter Burkholder (8),
Wiley Hitchcock (9) e Frank Rossiter (10). Tra le opere su Bartók se­
gnaliamo quelle chiare e lineari a taglio divulgativo di Halsey Stevens
(11), Lajos Lesznai (12), Pierre Citron (13). Su Ralph Vaughan Williams
si trovano titoli validi solo in lingua inglese: ricordiamo i volumi, tutti
ugualmente affidabili, impostati con linearità e rigore metodologico di
Percy Young (14), Alan Dickinson (15).
Angelo Chiarie
(1) A. BOUCOURECHLIEV, Stravinsky, Rusconi, Milano 1984
(802.F.47)
(2) E.W. WHITE, Stravinskij, Mondadori, Milano 1983
(799.G.67)
(3) M. MILA, Compagno Strawinsky, Einaudi, Torino 1983
(802.H.25)
(4) G.F. MALIPIERO, Strawinsky, Edizioni del Cavallino, Ve­
nezia 1945 (792.E.29)
(5) A. CASELLA, Strawinski, edizione aggiornata a cura di G.
Barblan, “ La Scuola” Editrice, Brescia 1961 (797.H.30)
(6) G. VINAY, L ’America musicale di Charles Ives, Einaudi, To­
rino 1974 (798.H.37)
(7) H.S. COWELL, Charles Ives and his music, Oxford Univ.
Press, New York 1969 (797.G.37)
(8) P. BURKHOLDER, Charles Ives. The ideas behind thè mu­
sic, Yale Univ. Press, London-New Haven 1985 (804.C.33)
(9) H.W. HITCHCOCK, Ives, Oxford Univ. Press, London 1977
(802.F.18)
(10) F. ROSSITER, Charles Ives and his America, Liveright, New
York 1975 (802.D.21)
(11) H. STEVENS, The life and music of Béla Bartók, Oxford
Univ. Press, New York 1953 (791.D. 14)
(12) L. LESZNAI, Bartók, Dent & Sons, London 1973 (802.H . 3)
(13) P. CITRON, Bartók, Editions du Seuil, Paris 1963 (792.L.15)
(14) P.M. YOUNG, Vaughan Williams, P. Dobson Ltd., London
1953 (792.E.36)
(15) A.E.F. DICKINSON, Vaughan Williams, Faber and Faber,
London 1963 (792.E.35)
L’indicazione bibliografica è completata dal numero di collocazione dei
volumi presso la Civica Biblioteca Musicale “ Andrea Della Corte ” , Villa
Tesoriera, corso Francia 192.