1 Tessalonicesi 1,7-10 Una eco non retorica La settimana scorsa ho

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1 Tessalonicesi 1,7-10 Una eco non retorica La settimana scorsa ho
1 Tessalonicesi 1,7-10
Una eco non retorica
La settimana scorsa ho visitato un museo della scienza e della tecnica in Georgia (USA).
Le cose che si vedono in questi musei sono i prototipi di invenzioni umane come aerei,
macchine, biciclette, oggetti domestici. Si tratta di idee, intuizioni e progetti che vengono
realizzati in un modello sperimentale per vedere se funzionano nella realtà. Se il prototipo
risponde alle attese e ha mercato allora si possono realizzare i modelli che andranno
riprodotti in larga scala. Col prototipo dalle idee si passa all’oggetto. Dalla carta o dallo
schermo si passa a qualcosa di concreto, sostenibile e riproducibile. Un’idea geniale è
trasferita nella realtà una volta e diventa trasferibile nella realtà sempre.
Qui ci occupiamo di modelli di chiesa e di esperienze di chiesa che sono trasferibili. Esiste
un prototipo di chiesa a cui ispirarci? Tutti hanno idee su cosa una chiesa dovrebbe o
potrebbe essere, ma esistono dei modelli sani trasferibili? Prima della costituzione della
chiesa a Tessalonica esistevano già chiese in Giudea. La giovane chiesa in Macedonia
iniziò la sua vita imitando un modello di chiesa già esistente. Non dovette inventarselo.
C’era già: doveva essere vissuto nella specifica situazione della città macedone. Su cosa
si basava questo modello? Su una ricetta universale e pubblica: un cristianesimo fatto di
fede, amore e speranza. Non più, non meno. Fede in Gesù Cristo, amore per Dio e per il
prossimo, speranza nelle promesse di Dio. Questa è la ricetta della vita cristiana. Questa
deve essere trasferita. Poi c’era una predicazione dell’evangelo potente e convinta. Chi
crede in Cristo è totalmente persuaso che la buona notizia sia vera, efficace e necessaria
per tutti. Anche questo si può trasferire. Poi c’era un mix di sofferenze e gioie nella vita.
Non solo le une o le altre, ma un intreccio di prove difficili e felicità donata dallo Spirito
Santo. Anche questo è trasferibile. Infatti, a Tessalonica, dopo aver imparato a essere una
chiesa così, diventano un modello per altre chiese. Si sono conformati al modello tanto da
diventare a loro volta imitabili. Quello che stava succedendo là stava echeggiando altrove.
Erano diventati un esempio per altri. La eco si stava diffondendo. Abbiamo anche noi
questa ambizione? Vogliamo anche noi vedere l’evangelo avere un effetto irradiante ed
attrattivo? Ci sono tre cose che dobbiamo tenere presenti.
1. Veri imitatori (che possono essere imitati)
Dobbiamo accertarci che il nostro essere chiesa sia conforme al modello biblico per
essere d’incoraggiamento ad altre chiese già nate o nascenti ad avvicinarsi al prototipo
biblico. Ogni luogo è diverso, ogni tempo è diverso, ma la chiesa cristiana è trasferibile in
ogni luogo e in ogni tempo. Certamente, deve adattarsi alle circostanze e alle situazioni,
ma gli elementi essenziali devono essere presenti. Più li assimila, più diventano evidenti e
più diventano imitabili da altri e così il beneficio si allarga. Si crea un effetto domino, si
produce un contagio sano.
Nessuna chiesa sarà uguale all’altra, ma le chiese sane si riconoscono per la loro filigrana
spirituale che le accomuna come le banconote vere si riconoscono per la filigrana. Nel
ritiro della chiesa del mese scorso ci siamo confrontati con alcuni modelli di chiesa che
vogliamo imitare. Abbiamo parlato di essere una:
- chiesa “intenzionale” (Antiochia), dove la vita della chiesa ha un’ossatura interna che
permette di impegnarsi in modo intenzionale nella missione oltre Antiochia.
- chiesa “ordinata” (Ginevra), dove la vitalità della chiesa passa da un ordine nella vita
personale, famigliare ed ecclesiale: un ordine orientato dalla Parola di Dio.
- chiesa “alveare” (Londra), dove tutti i membri sono attivi ed impegnati nelle loro vocazioni
al servizio di Dio e della città, soprattutto dei poveri.
- chiesa “catalizzatrice” (New York), dove l’obbiettivo di fondo non è tanto la crescita
numerica propria ma la capacità di essere un moltiplicatore per l’opera dell’evangelo in
generale.
- chiesa “essenza” (Washington), dove qualsiasi cosa si faccia (dal culto alla formazione,
dalla diaconia alla cultura, quando si è in tanti o in pochi) abbia il sapore gustoso
dell’evangelo.
- chiesa “vivaio” (Londra), dove tutti trovano occasioni di crescita personale e ministeriale,
sviluppando doni e chiamate in vista del progresso dell’evangelo.
chiesa “radice” (Padova), dove si è collegati ad una storia e ad un popolo per essere
coinvolti in un progetto. Solo chi è connesso alla storia muove la storia in avanti. Il Signore
ci darà di imitare questi sani modelli? Vogliamo assimilarli per creare una dinamica
positiva ed espansiva dell’evangelo?
2. Vere conversioni (che producono servizio)
In questo testo si parla anche di come le persone a Tessalonica erano diventate cristiane.
Come si diventa cristiani? Anche qui, le circostanze sono diverse ma c’è un unico modo di
diventarlo. Avendo ascoltato la notizia di Gesù e avendo creduto, si erano convertite (v. 9).
La conversione è la porta d’ingresso nella vita di fede. Non un atto sacramentale
(battesimo), non un’appartenenza ad una famiglia religiosa, ma un cambiamento di rotta
della propria vita che segue all’ascolto dell’evangelo e coincide con la fiducia posta in Dio.
I credenti sono convertiti. La chiesa è costituita da convertiti, da persone credenti. La
chiesa non è fatta di un popolo di battezzati, ma è una famiglia di credenti convertiti.
In questa città che per secoli e tuttora ha un’idea di chiesa “di popolo” a cui si accede per
un sacramento e di cui fanno parte tutti in quanto “romani”, noi vogliamo ribadire che
senza la conversione non si va da nessuna parte. Si è ancora dediti ai propri idoli. Senza
la conversione tutto questo discorso sull’imitazione resta esterno e lontano. Come si fa a
sapere se uno è convertito? Qui dice che, a seguito della conversione, avevano iniziato a
“servire” Dio. La conversione produce un desiderio di mettersi al servizio di Dio e della sua
causa. Non si seguono più i propri interessi soltanto, ma quelli di Dio. La conversione
rende servizievoli, interessati alla causa dell’evangelo, desiderosi di mettersi in gioco per
vivere con Dio e per Dio. Viviamo così la nostra fede?
3. Vere aspettative (che si agganciano ai tempi di Dio)
La conversione è l’inizio della vita cristiana che è accompagnata da un nuovo spirito di
servizio. Un vero modello è anche quello che apre la speranza ai tempi di Dio. Chi crede in
Gesù non solo crede qualcosa che riguarda il passato (l’AT, la storia di Gesù, la sua opera
in croce e in resurrezione), ma crede anche qualcosa che riguarda il futuro. Gesù è venuto
una prima volta e Gesù verrà una seconda volta. I credenti fondano la propria vita sulla
prima venuta e sono in attesa della seconda. Le due venute di Gesù sono le due colonne
a cui appoggiare la propria vita per trovare stabilità. Non sono tanto la mia nascita e la mia
morte a determinare la mia vita, ma la nascita di Gesù e il suo ritorno sono i punti cardinali
dentro cui anche la mia nascita e la mia morte hanno senso. Senza Gesù venuto e
veniente, la vita si riduce a 70-80 anni di cammino senza un grande senso. Con Gesù, si
può credere, amare e servire; si può anche aspettare che giustizia sia fatta appieno,
anche di fronte a ingiustizie irrisolte ora. L’ira di Dio che esegue la sua giustizia arriva con
la seconda venuta di Gesù. Allota giustizia sarà fatta pienamente.
A conclusione della prima venuta, Gesù è salito al cielo e dal cielo verrà di nuovo. Gesù
verrà di nuovo da là. I cristiani lo aspettano e la loro vita è plasmata da questa attesa.
Anche questo rese la chiesa di Tessalonica un modello. Che cosa stiamo aspettando noi?
Queste sono le condizioni per una eco non retorica o fasulla. Non è il numero dei “like” di
facebook a rendere una chiesa modello. Non sono i followers dei messaggi tweet. Una
eco autentica è il risultato di un modello sano di chiesa che è assimilato, di vere
conversioni che si traducono in vita di servizio, di un’attesa ardente della seconda venuta
di Cristo. Queste cose vogliamo che si dicano della nostra chiesa, ad onore e gloria di
Gesù Cristo.
Leonardo De Chirico