Progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura III: Finalmente

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Progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura III: Finalmente
Progettare un testo ed esercitarsi
nella scrittura III:
Finalmente scriviamo…
13.Il testo e la frase musicale
Il suono della parola ha un’importanza fondamentale nella scrittura di una canzone (non solo nella canzone: nella nostra storia
il ritmo e il suono delle parole è di fondamentale importanza
anche per altre professioni legate alla comunicazione di massa).
Dal suono e dalla scelta delle parole si può capire lo stile di un
autore: trovare la parola giusta, che «suoni» e che sia funzionale
alla canzone, non è cosa semplice. Sappiamo bene che il ritmo
della scrittura dipende dalla melodia su cui si sta lavorando.
L’orecchio, strumento di precisione assoluta, si accorge di
tutto: di errori, dei più sottili squilibri di ritmo, di parole fuori posto, di ripetizioni fastidiose, di disagi nella comprensione,
di frasi troppo lunghe. Un consiglio che sicuramente può essere
utile è quello di rileggere ad alta voce il vostro lavoro. Se il ritmo
non funziona c’è sempre tempo per migliorarlo, si cancellano o
si sostituiscono le parole, le si sposta, si cercano dei sinonimi,
finché finalmente il nostro testo non scivola via senza intoppi.
Susan Sontag, nella sua folgorante onestà intellettuale, affermava
che i suoi saggi erano più intelligenti di lei, perché erano stati
progressivamente rimeditati e riscritti.
Non bisogna mai dimenticare che la musica è anche una
scienza, basata sull’organizzazione di suoni in uno spazio tem101
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Progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura III
porale e ritmico. Diventa arte quando tutto questo complesso
di norme si fanno invisibili, celate dall’armonia che si crea tra le
parti e riesce a esprimere magicamente l’essenza, l’interiorità di
un individuo, che sia compositore, autore o cantante.
La principale preoccupazione di un autore di testi è dunque
capire il senso della musica, cioè che cosa una determinata musica stia dicendo. Per far questo, per riuscire a interpretare e così
tradurre in parole la musica, l’autore deve spogliarsi di tutto.
Vi sarà certamente capitato di ascoltare una musica strumentale, classica, tribale, comunque senza parole cantate, e di
percepire in modo netto l’atmosfera, il messaggio insito in essa.
Avrete sentito la sua forza – la sua malinconia, la sua energia, la
sua allegria – come in una gamma cromatica di sensazioni. Si
tratta di sensazioni che aspettano di essere tradotte in parole,
«leggendo» emotivamente la melodia.
Se vi troverete a scrivere professionalmente un testo per una
canzone, sarete aiutati dal fatto che nella «musica» da scrivere sarà
quasi sempre presente una voce che canta la melodia in inglese
maccheronico. Il tono e l’intenzione di quella voce vi aiuteranno
moltissimo nell’individuazione e nella scelta delle parole. L’autore del testo deve trovare le parole giuste, precise, che rispecchino
lo stato d’animo e l’atmosfera della musica. Deve interpretare le
emozioni che ha vissuto immaginandole, rimanendo se stesso, ritrovando la stessa sensazione dentro di sé e rendendola presente.
L’autore del testo deve capire qual è l’emozione, qual è la storia
da raccontare, la storia – come dice Baricco – «da portare a casa».
Dovete collegare la musica al vostro sentire, alla vita che avete
vissuto. La musica suggerirà i passi da seguire. Dovete leggere la
musica sotto il profilo emozionale. Se la musica fa dei «crescendo», dovete inseguirla, e se riuscite a esprimere esattamente quello che la musica sta dicendo, in quel momento, amplificherete il
suo movimento. L’esempio migliore è Io vorrei… non vorrei…
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Il testo e la frase musicale
ma se vuoi... (1972), di Mogol e Battisti. Provate ad ascoltare la
canzone, in particolare nel verso «Le discese ardite e le risalite»:
vedrete che le note della melodia scendono in corrispondenza di
«discese» e risalgono in corrispondenza di «risalite».
Allo stesso modo nella canzone Come se non fosse stato mai
amore scritta da Alfredo con Laura Pausini e Daniel Vuletic e
interpretata da Laura (nell’album Resta in ascolto, vincitore del
Grammy Award come miglior album nel 2006) proprio nel verso che dà il titolo musica e testo sono legati e le parole seguono
perfettamente tutti gli accenti e la sinuosità di quella struggente
melodia creando un’unità indissolubile.
Quando scrivete, cercate come prima cosa di crearvi una lavagna nella mente, una lavagna completamente vuota, e iniziate
a seguire quello che la musica vi sta dicendo. Mentre ascoltate,
inseguite la prima idea che vi viene in mente e cercate di focalizzarla, di individuarne bene i contorni. Così, poco alla volta, vi
immergerete nell’atmosfera suggerita dalla musica. Come figure
dietro un vetro appannato, vedrete delle ombre che non saprete ancora riconoscere, ma a un tratto tra le ombre individuerete
una luce, un’immagine. Appena vedete l’immagine, la luce, inseguitela: è da lì che incomincerete a costruire il testo. E quando
troverete quell’immagine o quella parola che riconoscerete come
giusta, l’unica adatta, essa si incastrerà nella melodia come il
pezzo di un puzzle, seguendone perfettamente tutti i contorni e
creando esattamente la figura voluta.
Ma non è detto che venga prima la musica e poi la canzone.
Una delle canzoni che gli autori di questo volume hanno scritto
insieme, L’amore è un’altra cosa (2012), cantata da Arisa, è nata
da una frase che Alfredo aveva sentito dire da un suo amico in
un giorno invernale di bruma, e che gli era rimasta impressa:
«Vabbè, ma la nebbia è un’altra cosa…». Bastava cambiare solo il
soggetto della frase, trasformandola in «L’amore è un’altra cosa».
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In questo caso «è un’altra cosa» è la parte della frase che dà forza alla parola «amore», e apre nuove possibilità espressive su un
tema così ricorrente.
Per quanto riguarda la musica, anche a Giuseppe la frase
piacque, perché rappresentava esattamente il suo stato d’animo.
Prese quindi la chitarra e cominciò a pensare a una melodia che
potesse sposarsi con l’atmosfera di quel verso. Dopo lo spunto iniziale si trattava poi di cercare le parole giuste. Lavorando
a lungo, rispettando tutte le regole metriche, prestando grande
attenzione al suono delle parole, seguendo inoltre l’andamento
ritmico della melodia.
Così quella battuta sulla nebbia dell’amico di Alfredo, unita
al vissuto e all’esperienza di entrambi gli autori, diventò la canzone L’amore è un’altra cosa:
Senti che ci manca qualcosa,
che c’è sempre una scusa,
che la gioia si è offesa,
che non c’è la scintilla,
che si è spenta la stella,
ma una colpa non c’è.
La notte è troppo silenziosa,
l’amore è un’altra cosa.
Quando vi sarete posti in sintonia con la musica basterà accompagnare la cerniera che lentamente si chiuderà, unendo musica e
testo indissolubilmente. Dovete riuscire a leggere emotivamente
la musica e a seguirla, quando è leggera e impalpabile, con una
perfetta aderenza.
Le parole all’inizio non si riescono ancora a leggere, perché
appaiono sfocate, dietro un vetro appannato. Lasciate scorrere
semplicemente il flusso dei pensieri finché non arriva nitida
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Il testo e la frase musicale
una parola, un’intuizione, più spesso una frase, fino al punto in
cui parole in musica si uniranno producendo la prima scintilla,
che sarà il perno della cerniera da seguire nella scrittura per
dare alla canzone un senso e un’anima. Solo ascoltando più volte la melodia potrete «entrare» nella canzone e poco alla volta
riuscirete a fare in modo che la musica dia forza alle parole e
le amplifichi.
Continuate a rileggere e a rivedere quanto avete scritto, continuate a riprenderlo dall’inizio, cercando di trasmettere un solo
messaggio, preciso, diretto allo scopo. Un solo argomento, da raccontare con parole semplici e chiare. Ricordatevi continuamente
l’enorme differenza che c’è tra quello che intendete dire e quello
che trasmettete con le parole, i suoni, le immagini; tra quello
che avete nella testa, nel cuore, e ciò che avete scritto sul foglio:
solo così la canzone sarà autonoma, e vivrà di luce propria e non
riflessa.
Ascoltando la musica, dovete cercare di lasciarvi andare il
più possibile, permettendole di entrare dentro di voi. E a quel
punto dovete creare una specie di osmosi. La musica vi attraversa
e voi entrate in essa. Allora non sbaglierete. Come in uno stato
di trance.
John Gardner, noto insegnante di scrittura creativa nonché
maestro di Raymond Carver, dice che nel processo creativo c’è
un mistero che consiste nel fatto che, dopo essere usciti da questi
momenti di trance, si scopre, proprio come succede ai mistici, di
non riuscire a esprimere o perfino a ricordare con chiarezza ciò
che è accaduto.
In qualche maniera, in modo apparentemente inspiegabile,
la mente si apre e usciamo dal mondo. E quando vi rientriamo,
accorgendoci delle parole scritte sulla pagina, ci rendiamo conto
di esserci assentati. È un processo estremamente faticoso: una
volta finito di lavorare vi sentirete come svuotati e nello stes105
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so tempo serenamente appagati. Ma in questo processo dovrete
sentirvi totalmente liberi.
Cercate l’equilibrio tra i concetti e le immagini, rispettando
la verità: sarà questo a dare potere seduttivo e credibilità al vostro
lavoro. Produrrà l’identificazione da parte di chi ascolta, come
condivisione di un’esperienza. Per ottenere questo effetto vi raccomandiamo, ancora una volta, di stare attenti alla scelta delle
parole: la leggibilità, la semplicità nella comprensione del testo,
sono valori fondamentali. Ci deve essere un filo di acciaio, un
filo di logicità che percorre la canzone fino in fondo, senza sbavature. Se questa logica manca, l’ascoltatore si chiederà: «Perché
dice questo?», «Che cosa vorrà dire?». A questo punto il sogno
svanirà, verrà meno la tensione emotiva e sarà poi difficilissimo
recuperarla.
Per comunicare con chi ci ascolta – ripetiamolo ancora una
volta – è necessario utilizzare parole ordinarie per dire cose fuori
dall’ordinario, inconsuete. Lorenzo Jovanotti, in questo, è un maestro. Crea splendide immagini nuove, «fresche» nel modo più semplice possibile. Per esempio nel brano Fango (2008) Jovanotti canta:
un cartello di sei metri dice tutto è intorno a te
ma ti guardi intorno e invece non c’è niente
In due versi ci immerge in una realtà presumibilmente di periferia, dove abbondano i grandi cartelloni pubblicitari. E in questa
realtà quotidiana e apparentemente antipoetica riesce a trovar
posto una riflessione sull’esistenza.
Ancora un esempio di Jovanotti, da Quando sarò vecchio
(2011):
Quando sarò vecchio, sarò vecchio
nessuno dovrà più venirmi a rompere i coglioni
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Il testo e la frase musicale
Quello che avrò fatto, l’avrò fatto
vorrò soltanto stare a ricordare i giorni buoni
Molti che conosco saran morti
sepolti sopra metri di irriconoscenza
Me ne starò vecchio a ricordare
che non ho ringraziato mai a sufficienza
chi mi regalò qualche rima baciata
chi mi ha fatto stare bene una serata
chi mi ha raccontato qualche bella storia
anche se non era vera.
Immedesimandosi in un se stesso futuro, in un Jovanotti dai capelli bianchi, Lorenzo esamina la vita trascorsa e immagina la
propria morte con una leggerezza che tutti vorrebbero avere:
E poi magari un sabato di maggio
ad una stella chiederò un passaggio.
Provate il piacere di trovare soluzioni nuove. Sulla scorta dei
grandi, ma ricordandovi sempre che da un certo punto in poi
sarete solo voi i registi: create un film che nessun altro potrebbe
immaginare.
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Progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura III
La scrittura di un brano è materia delicata e pericolosa.
Soprattutto se ti interessa raccontare qualcosa che sia vero,
e con cui chi ti ascolta possa identificarsi.
Questo perché, secondo il mio giudizio, una canzone
è riuscita davvero solo quando le tue esperienze diventano
le esperienze degli altri, quando le persone possono rispecchiarsi,
immedesimarsi e dire : «Davvero è così!» o «È ciò che avrei voluto
dire e sentivo dentro, ma non sono mai riuscito a fare».
Questo, tra i diversi complimenti che ho ricevuto, è quello
che sicuramente - da autore - mi gratifica di più. E che ripaga
delle ore passate a cercare il verso che più mi soddisfaceva
e che mi sembrava più corretto, o coerente, o che, a livello di senso,
chiudeva il cerchio come volevo.
Poi ci sono anche i motivetti divertenti con delle frasi chiave
o degli slogan che ti si inchiodano in testa, ma per la maggior
parte dei casi sono fenomeni che durano una stagione che,
guarda un po’, è sempre quella più «afosa».
Ci si può mettere a riflettere sul senso della vita sotto l’ombrellone
col cane del vicino che distrugge la tua stuoia? Forse sì,
ma la scrittura, per divenire veramente trasversale, deve essere
di altissima qualità e non esprimersi solo per slogan.
Fortunatamente esistono canzoni di questo tipo, e sono
prelibatezze che raramente raggiungono i nostri litorali affollati.
Il mio logicamente è il punto di vista di chi scrive le proprie cose
e le va a cantare su un palco mettendoci la faccia.
E siccome penso che quando sei sul palco sei nudo, e per bravo
che tu sia, se fingi vieni stanato, il mio obiettivo è che ogni verso
arrivi dalla pancia, che ogni parola ti sia cucita addosso,
che ogni parola sia credibile.
La credibilità nelle cose che dici è la chiave di volta, il fine,
il pilastro che sostiene questa imponente e fragile architettura.
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Il testo e la frase musicale
Perché questa miriade di sillabe devono essere anche cantate
su una melodia che spesso, ad esempio nei ritornelli, è apertissima
e non sempre quello che c’è sul foglio o sullo schermo
di un computer, quando lo canti, funziona come lo immaginavi.
Quante volte quelle frasi che scritte sembrano essere intense,
spesse, importanti, poi cantandole su armonie spiegate diventano
ridicole, banali, sopra le righe?
Insomma, tanti sono gli elementi da amalgamare per creare
l’equilibrio perfetto.
Ma qui sta il bello.
È proprio questa la sfida che, in ogni nuovo brano che nasce,
è necessario e affascinante affrontare.
Mauro Ermanno Giovanardi
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Progettare un testo ed esercitarsi nella scrittura III
Esercizi di scrittura
ππScegliete una melodia e su di essa «create un film»,
ovvero scrivete una canzone che nessun altro potrebbe
immaginare. Non sarà ancora la vostra canzone: potete
ispirarvi, nella melodia e nei testi, a un classico. Insomma,
la vostra sarà per ora una personale rilettura di un classico,
un’interpretazione soggettiva che si basa ancora su un modello di riferimento.
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