Non è vero perchè non mi piace.,Un Augurio per
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Non è vero perchè non mi piace.,Un Augurio per
Conosci Fava? Come la protesta sul web ha modificato i rapporti di forza su SOPA/PIPA Mentre negli Stati Uniti il Congresso ha abbandonato il progetto SOPA / PIPA, In Italia spunta un deputato leghista, tale Fava (nomen omen), con un emendamento ad una proposta di legge che dovrebbe adeguarsi alle norme europee, ma che in realtà minaccia il web. Questa minaccia è ben più grave di quella della rottura dell’alleanza politica ‘lega-pdl’. Occorrerà vigilare sulla posizione che l’attuale governo assumerà in materia. SOPA? NO GRAZIE! Contro lo Stop Online Piracy Act (SOPA) e il Protect intellectual property act (PIPA) si è diffusa nel mondo la protesta di coloro che vedono in ogni limitazione ad internet una limitazione alla libertà tout court. La proposta di legge, che pure si basa sulla giusta difesa dei diritti di autore, sebbene dibattuta negli Stati Uniti d’America in realtà produce conseguenze che riguardano direttamente tutti noi e per questo sarebbe importante seguirne gli sviluppi. Si segnalano qui all’attenzione di tutti la posizione recentemente assunta dalla Casa Bianca e l’annuncio della preparazione di un prossimo sciopero generale della rete entro gennaio. Non è vero perchè non mi piace. La Corte costituzionale “ha dichiarato inammissibili le due richieste di referendum abrogativo riguardanti la legge 21 dicembre 2005, n. 270, il cosiddetto “Porcellum”. Viene delusa così la forte aspettativa di cambiamento mostrata la scorsa estate quando tra luglio e settembre 1,2 milioni di cittadini aderirono al referendum. Certe reazioni ‘a caldo’ della società civile di fronte alla pronuncia, che circolano in questi giorni, parrebbero dimostrare quel ‘disagio della civiltà’ che si manifesta di fronte alla repressione del ‘principio del piacere’ e che alla fin fine pare governare le loro coscienze: si rivendica il rispetto delle regole e delle istituzioni contro l’inciviltà dilagante, ma quando la realtà non ci corrisponde ecco riaffiorare la ‘libertà istintuale’ dell’individuo che le si contrappone. La questione è: se la Corte avesse ammesso le due richieste di referendum, le reazioni sarebbero state per questo più giuste? Nella cultura anglosassone si usa l’espressione wishful thinking per indicare una convinzione, con le decisioni che ne conseguono, che si fonda su ciò che piace immaginare piuttosto che sulla evidenza e la razionalità. In italiano potremmo renderla con il “non è vero perchè non mi piace”. E la stessa cultura anglosassone ha prodotto in America una Dichiarazione d’indipendenza (1776) che afferma, tra l’altro: “(…)Che ogniqualvolta una forma di governo diventa distruttiva di queste finalità è diritto del Popolo modificarla o abolirla ed istituire un nuovo governo, posando le sue fondamenta su tali principi ed organizzandone il potere nella forma che pare la migliore per realizzare la propria sicurezza e felicità. La prudenza, in verità, detta che governi in vigore da molto tempo non siano cambiati per motivi futili e passeggeri; e conformemente l’esperienza ha mostrato che il genere umano è più disposto a soffrire, finché i mali siano sopportabili, piuttosto che raddrizzarsi abolendo le forme alle quali si è abituato; ma quando una lunga serie di abusi e di usurpazioni, mirate invariabilmente allo stesso scopo mostra il progetto di ridurlo sotto un dispotismo assoluto, è suo diritto, è suo dovere rovesciare tale governo e procurare nuove salvaguardie per la sua futura sicurezza.(…)“. Le dimensioni della coscienza sono la consapevolezza e la coerenza. Il punto è non cedere mai alle convenzioni per rifugiarsi nelle ideologie, in cambio di un po’ di sicurezza, e ricordare, parafrasando Platone, che la Costituzione è fatta per gli uomini e non gli uomini per la Costituzione. In conclusione ecco tre tesi per lo spirito: i) la Corte costituzionale ha sbagliato perchè non è vivente; ii) in democrazia il diritto di contrapporsi deve essere esercitato per le vie istituzionali, anche attraverso i partiti che sono interfaccia tra cittadini e Governo, ma non contro le Istituzioni medesime; iii) le rivoluzioni sono momenti particolari della generale evoluzione e sono ammissibili, quando necessarie. Un Augurio per l’Italia: Viva la IIIª Repubblica ! Nel primo trimestre del Nuovo Anno si potrà valutare la “fase 2” della manovra economica di risanamento della nostra economia e quindi la stabilità stessa del Governo Monti. Intanto qui rivolgiamo al Paese gli auguri per un ingresso nella IIIª Repubblica, ricordando il discorso del 4 marzo 1933 di Franklin Delano Roosevelt, pronunciato per l’insediamento alla carica di Presidente degli Stati Uniti d’America (poco prima, il 30 gennaio 1933, Hitler divenne Cancelliere del Reich). Il discorso è una prova di come la politica e l’economia possono diventare strumenti efficaci per le grandi trasformazioni dei popoli solo quando si poggiano sulla cultura. Prima di lui Herbert Clark Hoover, Presidente degli Stati Uniti d’America dal 1929 al 1933, affrontò la grande depressione proponendo l’austerità, ma fallì miseramente. F.D.Roosevelt, Presidente dal 1933 fino al 1945, invece risolverà la crisi redistribuendo il reddito e aumentando i salari. Presidente Hoover, signor Giudice Supremo, amici. Questo è un giorno di solennità nazionale, e sono certo che in questo giorno i miei connazionali si aspettano che, nell’assumere la presidenza, mi rivolga a loro con la franchezza e la fermezza che l’attuale situazione del nostro popolo esige. Questo è decisamente il tempo di dire la verità, tutta la verità con franchezza e coraggio. Né abbiamo bisogno di evitare di affrontare onestamente le condizioni del nostro paese, oggi. Questa grande nazione resisterà come ha resistito, risorgerà e prospererà. Quindi, innanzitutto, desidero affermare la mia sicura convinzione che non abbiamo niente di cui aver paura, salvo la paura stessa, la paura anonima, irrazionale, ingiustificata che paralizza gli sforzi necessari per trasformare il regresso in progresso. In ogni ora oscura della nostra vita nazionale, una leadership franca e vigorosa si è incontrata con la comprensione e il supporto del popolo stesso, che è essenziale per la vittoria. Sono convinto che darete ancora quel supporto alla leadership, in questi giorni critici. Con questo spirito, per quanto è nella mia e nella vostra parte, affrontiamo le nostre difficoltà comuni. Queste riguardano, grazie a Dio, soltanto aspetti materiali. I titoli sono precipitati a livelli irrisori; si è verificato un incremento delle tasse; il nostro potere d’acquisto è caduto; ogni ramo dell’amministrazione è minacciato da una seria riduzione delle entrate; le foglie secche delle imprese industriali si accumulano ovunque attorno a noi; i contadini non trovano mercato per ciò che producono; i risparmi di molti anni in molte migliaia di famiglie sono scomparsi. Inoltre, ed è ancora più importante, molti cittadini disoccupati affrontano il severo problema dell’esistenza, e un numero ugualmente elevato si affatica al lavoro con scarsissimo profitto. Solo un pazzo ottimista può negare le lugubri realtà di questo momento. Tuttavia i nostri problemi non provengono da alcun fallimento sostanziale. Non siamo perseguitati dalla piaga delle cavallette. In confronto ai pericoli che i nostri progenitori superarono perché avevano fede e non avevano paura, abbiamo ancora molto da essere grati. La natura continua a offrirci i suoi doni, e gli sforzi dell’uomo li hanno moltiplicati. L’abbondanza è dietro la porta, ma languiamo nel bisogno. Questo accade, in primo luogo, perché chi regola lo scambio dei beni ha fallito per la sua testardaggine e incompetenza, ha ammesso il fallimento, e ha abdicato. Le pratiche degli operatori economici senza scrupoli sostengono ora l’accusa dell’opinione pubblica, e sono respinte dal cuore e dalla mente degli uomini. In verità, hanno provato, ma i loro sforzi sono caduti nel modello di una tradizione già superata. Davanti alla crisi del credito, hanno proposto solo il prestito di più denaro. Mancando l’esca dei profitti con i quali indurre la gente a seguire la loro falsa leadership, hanno fatto ricorso alle implorazioni, supplicando lacrimosamente di ridar loro fiducia. Conoscono solo le regole di una generazione di egoisti. Non hanno una visione, un progetto per il futuro, e quando non ci sono progetti, il paese perisce. I cambiavalute sono fuggiti, hanno abbandonato i loro seggi eretti nel tempio della nostra civiltà. Noi possiamo ora restituire questo tempio al culto delle antiche verità. La misura di questa restituzione sarà lo sforzo di considerare i valori sociali più nobili dei profitti monetari. La felicità non consiste nel semplice possesso di denaro: consiste nella gioia della ricerca, nel brivido dello sforzo creativo. La gioia e lo stimolo morale del lavoro non devono essere ancora dimenticati nella folle caccia a profitti illusori. Questi giorni oscuri ci costano molto, ma avranno molto valore se ci insegneranno che il nostro destino non è di essere serviti, ma di servire noi stessi e i nostri concittadini. Il riconoscimento della falsità della ricchezza materiale come standard di successo va di pari passo con l’abbandono della falsa credenza che gli uffici pubblici e le alte posizioni politiche debbano essere valutate solo con l’orgoglio delle cariche o con il profitto personale; e deve finire la condotta nell’attività bancaria e negli affari che troppo spesso ha dato a un’attività importantissima l’aspetto di un comportamento negativo, insensibile ed egoista. C’é poco da meravigliarsi che la fiducia manchi, perché si basa solo sull’onestà, sull’onore, sulla giustizia dei contratti, sulla leale protezione, sul comportamento non egoista; senza queste basi, non sopravvive. La ricostruzione richiede, comunque, non solo un cambiamento etico. Questa nazione chiede fatti, e fatti immediati. Il nostro più importante compito è di rimettere la gente al lavoro. Non è un problema irrisolvibile, se lo affrontiamo con saggezza e coraggio. Potrà essere risolto da un lato tramite un reclutamento diretto da parte del governo stesso, trattando la questione come tratteremmo l’emergenza di una guerra, ma nello stesso tempo, attraverso questo impiego, portando a termine progetti estremamente necessari per stimolare e riorganizzare l’uso delle risorse naturali. Ci sono molti modi in cui il compito può essere agevolato, ma la soluzione non sarà mai resa più agevole semplicemente parlandone. Dobbiamo agire, e subito. Infine, nel nostro procedere verso la ripresa del lavoro, abbiamo bisogno di due salvaguardie contro il ritorno dei mali del vecchio ordinamento: ci deve essere una stretta supervisione sull’attività bancaria, il credito e gli investimenti, così che verrà posta fine alla speculazione con il denaro altrui; e deve essere prevista un’adeguata e sana circolazione monetaria. Ricambierò la fiducia in me riposta con il coraggio e la dedizione che si addicono a questo momento. E’ il meno che possa fare. Chiediamo umilmente la benedizione di Dio. Possa proteggere ciascuno di noi, possa guidarmi nei giorni che verranno. Buon Anno ai giovani italiani. Guardateli bene, ci guardano da fuori, da lontano e sembrano ricordarci cosa siamo in grado di fare in un ambiente diverso. Provo uno strano sentimento di orgoglio misto a vergogna. Un gruppo di ricerca dell’Università di Bristol ha sviluppato il primo processore programmabile basato sulla fisica dei quanti. Un traguardo che potrebbe facilitare il decollo del nuovo paradigma computazionale. La scoperta raccontata da tre italiani coinvolti nel progetto. La profezia dei Maya avverata: l’Antropocene. Il petrolio ha trasformato Dubai: oggi la città vanta l’edificio più alto del mondo e quasi due milioni di abitanti che per vivere nel deserto arabico hanno bisogno di acqua desalinizzata e aria condizionata, e quindi di energia a basso costo. Il termine Antropocene fu coniato nel 2000 dal Premio Nobel per la chimica Paul Crytzen per definire la nostra epoca come la prima era geologica nella quale le attività umane sono state in grado di influenzare l’atmosfera e alterare il suo equilibrio. Un modo per comprendere, anzi vedere, come l’influenza umana abbia agito sul nostro pianeta ce lo offre oggi l’antropologo Felix Pharand, fondatore di Globaia, attraverso una particolare cartografia della Terra che visualizza la realtà della ‘globalizzazione’. Una volta, quando era di moda sostenere che “piccolo è bello” si invocavano i principi del “pensare globalmente e agire localmente” e del “pensare a lungo e agire rapidamente”. Oggi, quando tutti parlano di ‘globalizzazione’, di ‘tempo reale’, di ‘rete’ si pratica diffusamente il principio del NIMBY (Not In My Back Yard), chiusi nel proprio particolare, preferendo badare al proprio orticello nel rimpianto del passato. Se l’economia regge il mondo, cosa regge l’economia? Un recente rapporto sulla ricchezza nel mondo ha confermato che il nostro paese è non solo una nazione di grandi risparmiatori, ma soprattutto di grandi proprietari di case: il tasso di proprietà ha superato l’80% (un primato Europeo); 260 mila dollari di ricchezza procapite per adulto, 3/5 della quale derivata dagli immobili, con incrementi nell’ultimo decennio di dieci punti percentuali. Questa realtà, secondo alcuni nostri politici, avrebbe consentito all’Italia di arginare le perdite dovute alla crisi dei mercati finanziari perdurante da quattro anni; mentre, a fronte di una mancata crescita dell’economia in atto da almeno dieci anni, il debito pubblico italiano aumentava inesorabilmente da oltre venti anni, insinuandoci oggi la colpa per aver vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Così secondo gli analisti economici. Senza nulla togliere ai meriti delle analisi economiche e finanziarie prodotte sul tema, qui vorrei comprendere non tanto la ‘razionalità delle scelte economiche’, quanto le ragioni più profonde che le guidano. La questione che pongo in generale è se si possono spiegare i fatti economici con le sole regole dell’economia o, in altre parole, cosa rimane della economia se ad essa viene sottratta l’analisi del pensiero e del comportamento umano, propria della filosofia, della psicologia, della sociologia, dell’antropologia e della biologia (si veda la ‘Neuroecomics’ di Robert Shiller e George Akerlof) . Nel caso italiano, in particolare, mi chiedo se la particolare propensione al risparmio e la scelta di un investimento prevalentemente immobiliare costituisca una “anomalia” di una ipotetica variante italiana della specie homo oeconomicus, se paragonata ad altre varianti europee o americana. Nell’attività economica è possibile riconoscere le tre categorie dei produttori, dei distributori e dei consumatori, con la considerazione generale però che se produttori e distributori cosituiscono componenti specializzate della popolazione, i consumatori ne costituiscono la totalità. Qual è dunque la razionalità di chi ha inventato i “prodotti finanziari” quali per esempio gli hedge found, i subprime o i derivati? Si tratta della medesima razionalità che ha guidato l’attività delle Banche o influenzato le scelte operate dagli investitori o dai risparmiatori? La mia ipotesi è: esistono diversi modi razionali, dipendenti ognuno dalle diverse mentalità presenti negli individui, a loro volta derivate dalle culture prevalenti in un determinato paese e periodo. La specie Homo sapiens – sapiens oggi vivente sul nostro pianeta con 7 miliardi di esemplari è apparsa 250 mila anni fa (2500 secoli fa) e a tutt’oggi conserva inalterato il volume del cervello originario, a fronte dei progressi straordinari del suo comportamento specifico, che globalmente definiamo cultura: la Caccia, l’Agricoltura, l’Arte, la Religione, la Scrittura … la Filosofia, lo Stato, il Diritto, l’Industria, la Scienza, la Tecnologia … Le culture che da millenni hanno formato le popolazioni e che oggi ancora formano le mentalità di ogni individuo attraverso l’educazione tramandata per almeno 10 mila generzioni, sono sostanzialmente descrivibili secondo phyla culturali della caccia, riferita al corpo, contadina, riferita alla terra, artigianale, riferita alla materia e commerciale, riferita al denaro. A queste forme culturali, che con diverse intensità convivono in ogni individuo in un mix derivante dalla sua appartenenza ad un determinato popolo e al suo livello d’istruzione ed educazione, sono corrisposte quindi mentalità che si sono affrancate su valori fondanti un’etica quali, rispettivamente, il valore della consanguineità legato al gruppo di appartenenza, il valore del sacrificio legato al lavoro, il valore della creatività legato all’ingegno e il valore della ricchezza legato all’individualità. Se disponiamo su un asse temporale le principali trasformazioni culturali avvenute nella storia dell’uomo (i progressi della cultura precedentemente elencati), esse ci appaiono caratterizzate da una crescente incidenza dal fattore velocità. Da almeno 6 secoli assistiamo ad un’accellerazione culturale travolgente, se paragonati ai precedenti 2496 secoli. Tale accellerazione, che peraltro è correlabile all’aumento della popolazione, ha fatto la differenza fra le popolazioni del pianeta e, intra ogni popolazione, fra le categorie sociali costituenti. Se guardiamo ora, su scala minore, la storia del nostro Paese (a 150 anni dalla sua Unità), possiamo osservare che, per esempio, l’industrializzazione in Italia, iniziata nei primi anni del ‘900 e interrotta con le due guerre mondiali, si realizza a partire dagli anni ’50, con la ricostruzione di un paese distrutto dalla guerra. La velocità con cui in Italia si è prodotta la ricchezza su base industriale, in particolare nelle regioni del Nord e del Centro a partire dagli anni ’60, non ha favorito uno sviluppo armonico del benessere della societa’ e una diffusione altrettanto veloce di una cultura moderna che fosse adeguata alle nuove esigenze. Ma quali sono le nuove esigenze di un’economia che dopo le due guerre mondiali è diventata essa stessa mondiale? Le nuove domande poste oggi dalla “globalizzazione dei mercati” possono essere derivabili dal fatto che i modi di produzione, le merci e le informazioni circolano nel mondo con maggiore velocità e libertà di quanto circolino le persone; mentre le persone ancora circolano nel mondo solo se spinte dalla necessità della ricerca di un lavoro (e per interventi militari) o mosse dal piacere, per turismo. La famiglia italiana, sia essa composta da contadini, artigiani, professionisti, imprenditori, lavoratori dipendenti, si è così trovata nell’arco di una generazione a possedere una nuova ricchezza da amministrare. La risposta al che fare di quella ricchezza non poteva che provenire dalla mentalità in quel momento prevalentemente posseduta e sedimentata dai secoli più recenti, quella contadina, in forza della quale il sogno della proprietà della terra è stato sostituito con la più realistica possibilità della prorpietà del metro quadro: la prima casa, un appartamento al mare, in montagna, il box, la villetta, la villa, la tenuta … E’ pur vero che la prima utilizzazione della ricchezza in tal senso ha soddisfatto un bisogno reale e concreto, quello dell’abitazione, ma come spiegare la coazione a ripetere dell’accumulo degli investimenti in altri immobili? Si è sostenuto e ancora si sostiene che “il mattone” sia, alla fin fine, l’investimento più sicuro. Ciò potrebbe apparire singolare se si riflettesse sul fatto che una delle cause della crisi finanziaria in corso è stata la speculazione finanziaria legata al mercato immobiliare. Il fenomeno della “bolla immobiliare” è nato negli USA (ma si è poi diffuso rapidamnete anche in Europa) dove per sostenere il circuito Denaro – Denaro, i nuovi mercati finanziari (la finanza creativa) hanno richiesto una mobilità degli investimenti che fosse liberata dai vincoli economici, che coinvolgesse gli Stati e le Istituzioni pubbliche (debito pubblico) e che fosse più veloce nelle transazioni. Di conseguenza, l’acquisto della casa come bene è stato sostituito dall’acquisto dei mutui come investimento, seguendone quindi la volatilità. Lo stile di vita americano, che si rifà alla loro originaria mentalità pioneristica, si è sempre caratterizzato per una elevata mobilità interna (oggi negli Usa si misura la crisi adottando come indicatore la sua riduzione, stimata a -40% ) sicchè in quel paese la casa viene concepita come uno strumento di vita, un mezzo, piuttosto che un asset (negli Usa non si acquistano “metri quadri”, ma unità abitative già corredate dei servizi fondamentali). I frequenti cambiamneti di abitazione nell’arco dell’esistenza di un individuo sono resi possibili dalle facili acquisizioni di mutui, basati sul credito. Da noi in Italia, invece, per una famiglia culturalmente radicata alla propria terra d’origine (oggi si preferisce usare il termine più ideologico di ‘territorio’) l’abitazione costituisce un fine e materializza la ricchezza risparmiata attraverso sacrifici col proprio lavoro. E la ” prima casa” il più delle volte è anche l’ultima, ma non l’unica. Al primato italiano in Europa del risparmio che diventa investimento immobiliare, si aggiungono altri tratti peculiari della nostra economia, che ne condizionano negativamente lo sviluppo: una struttura industriale fondata sulla piccola e media industria, una proprietà delle aziende prevalentemente a carattere familiare e una elevata circolazione del denaro liquido. Anche queste caratteristiche sono spiegabili riconducendo l’analisi sul piano culturale, non economico. Per secoli la storia d’Italia è stata una storia di invasioni, spesso richieste dai poteri locali (la Chiesa di Roma), di divisioni politiche territoriali (Comuni, Signorie) in assenza di uno Stato con funzione regolatrice, di sviluppi economici a livello locale basati sulle abilità artigianali e a livello internazionale sui prestiti e i commerci (le Banche, le Repubbliche marinare). E’ possibile intravedere in questo quadro le radici culturali della frammentazione territoriale in piccole e medie attività produttive, del passaggio da padre in figlio dei mestieri e delle proprietà, della diffidenza verso le istituzioni “terze” e del ricorso al possesso ed uso diretto del denaro. L’assenza di grandi eventi unificanti a partecipazione internazionale, come per esempio sono state le guerre e il colonialismo, ha favorito da un lato la distribuzione territoriale di modeste economie e limitato dall’altro lo sviluppo e l’intensificazione della produzione attraverso la creazione delle grandi industrie (trasformazione di materie prime, armamenti, cantieri navali, ferrovie, strade e infrastrutture in genere). L’Unità d’Italia si è costituita proprio sulla politica di Cavour volta al riconoscimento internazionale dello Stato nascente, per sedersi al tavolo di grandi. L‘interventismo nella ‘Grande Guerra’ , l’aspirazione di Mussolini ad un Impero coloniale e la scelta italiana per l’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale (Trattati di Roma) sono state scelte culturali che ci confermano la continuità di questa politica. Uscire dall’Euro significherebbe per noi oggi, al di là dei danni economici, cancellare l’Unità d’Italia e regredire così a situazioni di inconsistenza politica che ci condurrebbero nuovamente ai margini del mondo. Elsa Fornero è una “anima bella”. Elsa Fornero Al di là della pesantezza delle necessità contingenti, noi tutti dovremmo ringraziare il Ministro per il welfare state Elsa Fornero se non altro per l’esempio di umanità che ci ha mostrato con la commozione manifestata durante la presentazione della parte che le competeva della manovra economica del Governo. A lei ben si addice il concetto di “anima bella”, secondo le parole di Friedrich Schiller: « Si dice anima bella, quando il sentimento morale è riuscito ad assicurarsi tutti i moti interiori dell’uomo, al punto da poter lasciare senza timore all’affetto la guida della volontà e da non correre mai il pericolo di essere in contraddizione con le decisioni di esso. L’anima bella ci fa entrare nel mondo delle idee senza abbandonare il mondo sensibile come avviene nella conoscenza della verità…per mezzo della bellezza …l’uomo spirituale è restituito al mondo dei sensi. » Avviso di pubblicazione Si prosegue su questo sito la pubblicazione di parti dell’opera inedita La Filogenesi culturale, di Walter Bocelli. Dopo l’ Introduzione un secondo capitolo dal titolo Fondamenti per una teoria della Filogenesi culturale. Come in un libro giallo letto al contrario: si comincia conoscendo l’assassino per scoprire poi il percorso che porta a smascherarlo. L’Ordine Nuovo Chiesa Battista a Boston, Massachusetts USA La missione possibile affidata dal Presidente della Repubblica a Mario Monti è recuperare fiducia per ridare all’Italia la perduta credibilità. Per fare ciò il nuovo Presidente del Consiglio incaricato costituirà un governo di tecnici di comprovata competenza ed esperienza europea, al quale affidare il compito di varare le necessarie misure di risanamento finanziario e le riforme economiche per lo sviluppo. Così come per liberarci dall’incubo berlusconiano abbiamo avuto bisogno dell’intervento diretto dell’Europa, ora per scongiurare il rischio del fallimento e ristabilire condizioni economiche positive abbiamo bisogno di personale esterno alla politica. Le prime parole del nuovo premier mostrano consapevolezza della situazione. Tuttavia, il vero problema non è se e per quanto tempo il nuovo governo dei tecnici sarà in grado di riacquistare la fiducia, bensì come tale fiducia potrà essere rinnovata e mantenuta dal nuovo governo dei politici che verrà, la IIIa Repubblica. Possiamo immaginare, dopo la cura Monti dei prossimi mesi, un governo eletto nel 2013 composto da una combinazione di figure politiche, sia di maggioranza che di opposizione, quali quelle che oggi siedono al Parlamento? L’ imbarazzo delle sinistre di fronte alle annunciate misure economiche e le rancorose esternazioni delle destre dopo l’ inettitudine mostrata dal governo Berlusconi non fanno, per ora, presagire nulla di buono. Forse si dovrà sperare nel processo di “rottamazione” avviato da certe componenti della sinistra, forse nella costituzione del terzo polo come nuovo “centro” o forse in una riedizione del “berlusconismo” senza Berlusconi … Penso, invece, che si dovrebbe considerare con attenzione l’ opportunità che il nuovo governo ci mostrerà, fungendo da nuovo attrattore per l’avvio di una politica di caratura internazionale, europea e mondiale. In altre parole, si tratta di vedere il “governo tecnico di Mario Monti” come una sperimentazione che ci permetta di individuare una nuova classe dirigente del Paese, composta da figure prestigiose sul piano tecnico e istituzionale, da affiancare a nuove figure politiche che siano selezionate sui nuovi criteri e valori.