Non è vero perchè non mi piace.,Un Augurio per

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Non è vero perchè non mi piace.,Un Augurio per
Conosci Fava?
Come la protesta sul web ha modificato i
rapporti di forza su SOPA/PIPA
Mentre negli Stati Uniti il Congresso ha abbandonato il progetto
SOPA / PIPA, In Italia spunta un deputato leghista, tale Fava
(nomen omen), con un emendamento ad una proposta di legge che
dovrebbe adeguarsi alle norme europee, ma che in realtà minaccia
il web. Questa minaccia è ben più grave di quella della rottura
dell’alleanza politica ‘lega-pdl’. Occorrerà vigilare sulla posizione
che l’attuale governo assumerà in materia.
SOPA? NO GRAZIE!
Contro lo Stop Online Piracy Act (SOPA) e il
Protect intellectual property act (PIPA) si è diffusa
nel mondo la protesta di coloro che vedono in ogni
limitazione ad internet una limitazione alla libertà
tout court. La proposta di legge, che pure si basa
sulla giusta difesa dei diritti di autore, sebbene dibattuta negli Stati
Uniti d’America in realtà produce conseguenze che riguardano
direttamente tutti noi e per questo sarebbe importante seguirne gli
sviluppi.
Si segnalano qui all’attenzione di tutti la posizione recentemente
assunta dalla Casa Bianca e l’annuncio della preparazione di un
prossimo sciopero generale della rete entro gennaio.
Non è vero perchè non mi piace.
La Corte costituzionale “ha dichiarato
inammissibili le due richieste di referendum
abrogativo riguardanti la legge 21 dicembre 2005,
n. 270, il cosiddetto “Porcellum”. Viene delusa
così la forte aspettativa di cambiamento mostrata
la scorsa estate quando tra luglio e settembre 1,2
milioni di cittadini aderirono al referendum.
Certe reazioni ‘a caldo’ della società civile di fronte alla pronuncia,
che circolano in questi giorni, parrebbero dimostrare quel ‘disagio
della civiltà’ che si manifesta di fronte alla repressione del
‘principio del piacere’ e che alla fin fine pare governare le loro
coscienze: si rivendica il rispetto delle regole e delle istituzioni
contro l’inciviltà dilagante, ma quando la realtà non ci corrisponde
ecco riaffiorare la ‘libertà istintuale’ dell’individuo che le si
contrappone.
La questione è: se la Corte avesse ammesso le due richieste di
referendum, le reazioni sarebbero state per questo più giuste?
Nella cultura anglosassone si usa l’espressione wishful thinking per
indicare una convinzione, con le decisioni che ne conseguono, che
si fonda su ciò che piace immaginare piuttosto che sulla evidenza e
la razionalità. In italiano potremmo renderla con il “non è vero
perchè non mi piace”. E la stessa cultura anglosassone ha prodotto
in America una Dichiarazione d’indipendenza (1776) che afferma,
tra l’altro:
“(…)Che ogniqualvolta una forma di governo diventa distruttiva di
queste finalità è diritto del Popolo modificarla o abolirla ed istituire
un nuovo governo, posando le sue fondamenta su tali principi ed
organizzandone il potere nella forma che pare la migliore per
realizzare la propria sicurezza e felicità. La prudenza, in verità,
detta che governi in vigore da molto tempo non siano cambiati per
motivi futili e passeggeri; e conformemente l’esperienza ha
mostrato che il genere umano è più disposto a soffrire, finché i mali
siano sopportabili, piuttosto che raddrizzarsi abolendo le forme alle
quali si è abituato; ma quando una lunga serie di abusi e di
usurpazioni, mirate invariabilmente allo stesso scopo mostra il
progetto di ridurlo sotto un dispotismo assoluto, è suo diritto, è suo
dovere rovesciare tale governo e procurare nuove salvaguardie per
la sua futura sicurezza.(…)“.
Le dimensioni della coscienza sono la consapevolezza e la
coerenza. Il punto è non cedere mai alle convenzioni per rifugiarsi
nelle ideologie, in cambio di un po’ di sicurezza, e ricordare,
parafrasando Platone, che la Costituzione è fatta per gli uomini e
non gli uomini per la Costituzione.
In conclusione ecco tre tesi per lo spirito: i) la Corte costituzionale
ha sbagliato perchè non è vivente; ii) in democrazia il diritto di
contrapporsi deve essere esercitato per le vie istituzionali, anche
attraverso i partiti che sono interfaccia tra cittadini e Governo, ma
non contro le Istituzioni medesime; iii) le rivoluzioni sono momenti
particolari della generale evoluzione e sono ammissibili, quando
necessarie.
Un Augurio per l’Italia: Viva la IIIª Repubblica !
Nel primo trimestre del Nuovo Anno si potrà
valutare la “fase 2” della manovra economica di risanamento della
nostra economia e quindi la stabilità stessa del Governo Monti.
Intanto qui rivolgiamo al Paese gli auguri per un ingresso nella IIIª
Repubblica, ricordando il discorso del 4 marzo 1933 di Franklin
Delano Roosevelt, pronunciato per l’insediamento alla carica di
Presidente degli Stati Uniti d’America (poco prima, il 30 gennaio
1933, Hitler divenne Cancelliere del Reich).
Il discorso è una prova di come la politica e l’economia possono
diventare strumenti efficaci per le grandi trasformazioni dei popoli
solo quando si poggiano sulla cultura.
Prima di lui Herbert Clark Hoover, Presidente degli Stati Uniti
d’America dal 1929 al 1933, affrontò la grande depressione
proponendo l’austerità, ma fallì miseramente. F.D.Roosevelt,
Presidente dal 1933 fino al 1945, invece risolverà la crisi
redistribuendo il reddito e aumentando i salari.
Presidente Hoover, signor Giudice Supremo, amici.
Questo è un giorno di solennità nazionale, e sono certo che in
questo giorno i miei connazionali si aspettano che, nell’assumere la
presidenza, mi rivolga a loro con la franchezza e la fermezza che
l’attuale situazione del nostro popolo esige.
Questo è decisamente il tempo di dire la verità, tutta la verità con
franchezza e coraggio.
Né abbiamo bisogno di evitare di
affrontare onestamente le condizioni del nostro paese, oggi.
Questa grande nazione resisterà come ha resistito, risorgerà e
prospererà. Quindi, innanzitutto, desidero affermare la mia sicura
convinzione che non abbiamo niente di cui aver paura, salvo la
paura stessa, la paura anonima, irrazionale, ingiustificata che
paralizza gli sforzi necessari per trasformare il regresso in
progresso.
In ogni ora oscura della nostra vita nazionale, una leadership
franca e vigorosa si è incontrata con la comprensione e il supporto
del popolo stesso, che è essenziale per la vittoria. Sono convinto
che darete ancora quel supporto alla leadership, in questi giorni
critici.
Con questo spirito, per quanto è nella mia e nella vostra
parte, affrontiamo le nostre difficoltà comuni. Queste riguardano,
grazie a Dio, soltanto aspetti materiali.
I titoli sono precipitati a livelli irrisori; si è verificato un incremento
delle tasse; il nostro potere d’acquisto è caduto; ogni ramo
dell’amministrazione è minacciato da una seria riduzione delle
entrate; le foglie secche delle imprese industriali si accumulano
ovunque attorno a noi; i contadini non trovano mercato per ciò che
producono; i risparmi di molti anni in molte migliaia di famiglie
sono scomparsi.
Inoltre, ed è ancora più importante, molti cittadini
disoccupati affrontano il severo problema dell’esistenza, e un
numero ugualmente elevato si affatica al lavoro con scarsissimo
profitto. Solo un pazzo ottimista può negare le lugubri realtà di
questo momento.
Tuttavia i nostri problemi non provengono da alcun fallimento
sostanziale. Non siamo perseguitati dalla piaga delle cavallette. In
confronto ai pericoli che i nostri progenitori superarono perché
avevano fede e non avevano paura, abbiamo ancora molto da
essere grati. La natura continua a offrirci i suoi doni, e gli sforzi
dell’uomo li hanno moltiplicati.
L’abbondanza è dietro la porta, ma languiamo nel bisogno. Questo
accade, in primo luogo, perché chi regola lo scambio dei beni ha
fallito per la sua testardaggine e incompetenza, ha ammesso il
fallimento, e ha abdicato.
Le pratiche degli operatori economici senza scrupoli sostengono
ora l’accusa dell’opinione pubblica, e sono respinte dal cuore e
dalla mente degli uomini.
In verità, hanno provato, ma i loro sforzi
sono caduti nel modello di una tradizione già superata.
Davanti alla crisi del credito, hanno proposto solo il prestito di più
denaro. Mancando l’esca dei profitti con i quali indurre la gente a
seguire la loro falsa leadership, hanno fatto ricorso alle
implorazioni, supplicando lacrimosamente di ridar loro fiducia.
Conoscono solo le regole di una generazione di egoisti. Non hanno
una visione, un progetto per il futuro, e quando non ci sono
progetti, il paese perisce.
I cambiavalute sono fuggiti, hanno abbandonato i loro seggi eretti
nel tempio della nostra civiltà. Noi possiamo ora restituire questo
tempio al culto delle antiche verità. La misura di questa
restituzione sarà lo sforzo di considerare i valori sociali più nobili
dei profitti monetari.
La felicità non consiste nel semplice possesso di denaro: consiste
nella gioia della ricerca, nel brivido dello sforzo creativo. La gioia e
lo stimolo morale del lavoro non devono essere ancora dimenticati
nella folle caccia a profitti illusori.
Questi giorni oscuri ci costano molto, ma avranno molto valore se ci
insegneranno che il nostro destino non è di essere serviti, ma di
servire noi stessi e i nostri concittadini.
Il riconoscimento della falsità della ricchezza materiale come
standard di successo va di pari passo con l’abbandono della falsa
credenza che gli uffici pubblici e le alte posizioni politiche debbano
essere valutate solo con l’orgoglio delle cariche o con il profitto
personale; e deve finire la condotta nell’attività bancaria e negli
affari che troppo spesso ha dato a un’attività importantissima
l’aspetto di un comportamento negativo, insensibile ed egoista. C’é poco da meravigliarsi che la fiducia manchi, perché si basa solo
sull’onestà, sull’onore, sulla giustizia dei contratti, sulla leale
protezione, sul comportamento non egoista; senza queste basi, non
sopravvive.
La ricostruzione richiede, comunque, non solo un cambiamento
etico. Questa nazione chiede fatti, e fatti immediati.
Il nostro più
importante compito è di rimettere la gente al lavoro. Non è un
problema irrisolvibile, se lo affrontiamo con saggezza e coraggio.
Potrà essere risolto da un lato tramite un reclutamento diretto da
parte del governo stesso, trattando la questione come tratteremmo
l’emergenza di una guerra, ma nello stesso tempo, attraverso
questo impiego, portando a termine progetti estremamente
necessari per stimolare e riorganizzare l’uso delle risorse naturali.
Ci sono molti modi in cui il compito può essere agevolato, ma la
soluzione non sarà mai resa più agevole semplicemente
parlandone. Dobbiamo agire, e subito.
Infine, nel nostro procedere verso la ripresa del lavoro, abbiamo
bisogno di due salvaguardie contro il ritorno dei mali del vecchio
ordinamento: ci deve essere una stretta supervisione sull’attività
bancaria, il credito e gli investimenti, così che verrà posta fine alla
speculazione con il denaro altrui; e deve essere prevista
un’adeguata e sana circolazione monetaria.
Ricambierò la fiducia in me riposta con il coraggio e la dedizione
che si addicono a questo momento. E’ il meno che possa fare.
Chiediamo umilmente la benedizione di Dio. Possa proteggere
ciascuno di noi, possa guidarmi nei giorni che verranno.
Buon Anno ai giovani italiani.
Guardateli bene, ci guardano da fuori, da lontano e
sembrano ricordarci cosa siamo in grado di fare in
un ambiente diverso. Provo uno strano sentimento di
orgoglio misto a vergogna.
Un gruppo di ricerca dell’Università di Bristol ha
sviluppato il primo processore programmabile
basato sulla fisica dei quanti. Un traguardo che
potrebbe facilitare il decollo del nuovo paradigma
computazionale. La scoperta raccontata da tre
italiani coinvolti nel progetto.
La profezia dei Maya avverata: l’Antropocene.
Il petrolio ha trasformato Dubai: oggi la città vanta
l’edificio più alto del mondo e quasi due milioni di
abitanti che per vivere nel deserto arabico hanno
bisogno di acqua desalinizzata e aria condizionata, e
quindi di energia a basso costo.
Il termine Antropocene fu coniato nel 2000 dal
Premio Nobel per la chimica Paul Crytzen per
definire la nostra epoca come la prima era
geologica nella quale le attività umane sono state in
grado di influenzare l’atmosfera e alterare il suo
equilibrio. Un modo per comprendere, anzi vedere,
come l’influenza umana abbia agito sul nostro
pianeta ce lo offre oggi l’antropologo Felix Pharand,
fondatore di Globaia, attraverso una particolare
cartografia della Terra che visualizza la realtà della
‘globalizzazione’.
Una volta, quando era di moda sostenere che
“piccolo è bello” si invocavano i principi del
“pensare globalmente e agire localmente” e del
“pensare a lungo e agire rapidamente”. Oggi,
quando tutti parlano di ‘globalizzazione’, di ‘tempo
reale’, di ‘rete’ si pratica diffusamente il principio
del NIMBY (Not In My Back Yard), chiusi nel proprio
particolare, preferendo badare al proprio orticello
nel rimpianto del passato.
Se l’economia regge il mondo, cosa regge l’economia?
Un recente rapporto sulla ricchezza
nel mondo ha confermato che il nostro
paese è non solo una nazione di grandi
risparmiatori, ma soprattutto di
grandi proprietari di case: il tasso di proprietà ha
superato l’80% (un primato Europeo); 260 mila
dollari di ricchezza procapite per adulto, 3/5 della
quale derivata dagli immobili, con incrementi
nell’ultimo decennio di dieci punti percentuali.
Questa realtà, secondo alcuni nostri politici, avrebbe
consentito all’Italia di arginare le perdite dovute alla
crisi dei mercati finanziari perdurante da quattro
anni; mentre, a fronte di una mancata crescita
dell’economia in atto da almeno dieci anni, il debito
pubblico italiano aumentava inesorabilmente da
oltre venti anni, insinuandoci oggi la colpa per aver
vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Così
secondo gli analisti economici.
Senza nulla togliere ai meriti delle
analisi
economiche e finanziarie prodotte sul tema, qui
vorrei comprendere non tanto la ‘razionalità delle
scelte economiche’, quanto le ragioni più profonde
che le guidano. La questione che pongo in generale
è se si possono spiegare i fatti economici con le sole
regole dell’economia o, in altre parole, cosa rimane
della economia se ad essa viene sottratta l’analisi
del pensiero e del comportamento umano, propria
della filosofia, della psicologia, della sociologia,
dell’antropologia e della biologia (si veda la
‘Neuroecomics’ di Robert Shiller e George Akerlof)
. Nel caso italiano, in particolare, mi chiedo se la
particolare propensione al risparmio e la scelta di un
investimento prevalentemente immobiliare
costituisca una “anomalia” di una ipotetica variante
italiana della specie homo oeconomicus, se
paragonata ad altre varianti europee o americana.
Nell’attività economica è possibile riconoscere le
tre categorie dei produttori, dei distributori e dei
consumatori, con la considerazione generale però
che se produttori e distributori cosituiscono
componenti specializzate della popolazione, i
consumatori ne costituiscono la totalità. Qual è
dunque la razionalità di chi ha inventato i “prodotti
finanziari” quali per esempio gli hedge found, i
subprime o i derivati? Si tratta della medesima
razionalità che ha guidato l’attività delle Banche o
influenzato le scelte operate dagli investitori o dai
risparmiatori? La mia ipotesi è: esistono diversi
modi razionali, dipendenti ognuno dalle diverse
mentalità presenti negli individui, a loro volta
derivate dalle culture prevalenti in un determinato
paese e periodo.
La specie Homo sapiens – sapiens oggi vivente sul
nostro pianeta con 7 miliardi di esemplari è apparsa
250 mila anni fa (2500 secoli fa) e a tutt’oggi
conserva inalterato il volume del cervello originario,
a fronte dei progressi straordinari del suo
comportamento specifico, che globalmente
definiamo cultura: la Caccia, l’Agricoltura, l’Arte, la
Religione, la Scrittura … la Filosofia, lo Stato, il
Diritto, l’Industria, la Scienza, la Tecnologia …
Le culture che da millenni hanno formato le
popolazioni e che oggi ancora formano le mentalità
di ogni individuo attraverso l’educazione
tramandata per almeno 10 mila generzioni, sono
sostanzialmente descrivibili secondo
phyla
culturali della caccia, riferita al corpo, contadina,
riferita alla terra, artigianale, riferita alla materia
e commerciale, riferita al denaro.
A queste forme culturali, che con diverse intensità
convivono in ogni individuo in un mix derivante
dalla sua appartenenza ad un determinato popolo e
al suo livello d’istruzione ed educazione, sono
corrisposte quindi mentalità che si sono affrancate
su valori fondanti un’etica quali, rispettivamente, il
valore della consanguineità legato al gruppo di
appartenenza, il valore del sacrificio legato al
lavoro, il valore della creatività legato all’ingegno e
il valore della ricchezza legato all’individualità.
Se disponiamo su un asse temporale le principali
trasformazioni culturali avvenute nella storia
dell’uomo
(i
progressi
della
cultura
precedentemente elencati), esse ci appaiono
caratterizzate da una crescente incidenza dal
fattore velocità. Da almeno 6 secoli assistiamo ad
un’accellerazione culturale travolgente, se
paragonati ai precedenti 2496 secoli. Tale
accellerazione, che peraltro è correlabile
all’aumento della popolazione, ha fatto la differenza
fra le popolazioni del pianeta e, intra ogni
popolazione, fra le categorie sociali costituenti.
Se guardiamo ora, su scala minore, la storia del
nostro Paese (a 150 anni dalla sua Unità), possiamo
osservare che, per esempio, l’industrializzazione in
Italia, iniziata nei primi anni del ‘900 e interrotta
con le due guerre mondiali, si realizza a partire dagli
anni ’50, con la ricostruzione di un paese distrutto
dalla guerra.
La velocità con cui in Italia si è prodotta la
ricchezza su base industriale, in particolare nelle
regioni del Nord e del Centro a partire dagli anni
’60, non ha favorito uno sviluppo armonico del
benessere della societa’ e una diffusione altrettanto
veloce di una cultura moderna che fosse adeguata
alle nuove esigenze. Ma quali sono le nuove
esigenze di un’economia che dopo le due guerre
mondiali è diventata essa stessa mondiale?
Le nuove domande poste oggi dalla “globalizzazione
dei mercati” possono essere derivabili dal fatto che
i modi di produzione, le merci e le informazioni
circolano nel mondo con maggiore velocità e libertà
di quanto circolino le persone; mentre le persone
ancora circolano nel mondo solo se spinte dalla
necessità della ricerca di un lavoro (e per interventi
militari) o mosse dal piacere, per turismo.
La famiglia italiana, sia essa composta da contadini,
artigiani, professionisti, imprenditori, lavoratori
dipendenti, si è così trovata nell’arco di una
generazione a possedere una nuova ricchezza da
amministrare. La risposta al che fare di quella
ricchezza non poteva che provenire dalla mentalità
in quel momento prevalentemente posseduta e
sedimentata dai secoli più recenti, quella contadina,
in forza della quale il sogno della proprietà della
terra è stato sostituito con la più realistica
possibilità della prorpietà del metro quadro: la
prima casa, un appartamento al mare, in montagna,
il box, la villetta, la villa, la tenuta …
E’ pur vero che la prima utilizzazione della ricchezza
in tal senso ha soddisfatto un bisogno reale e
concreto, quello dell’abitazione, ma come spiegare
la coazione a ripetere dell’accumulo degli
investimenti in altri immobili?
Si è sostenuto e ancora si sostiene che “il mattone”
sia, alla fin fine, l’investimento più sicuro. Ciò
potrebbe apparire singolare se si riflettesse sul
fatto che una delle cause della crisi finanziaria in
corso è stata la speculazione finanziaria legata al
mercato immobiliare. Il fenomeno della “bolla
immobiliare” è nato negli USA (ma si è poi diffuso
rapidamnete anche in Europa) dove per sostenere il
circuito Denaro – Denaro, i nuovi mercati finanziari
(la finanza creativa) hanno richiesto una mobilità
degli investimenti che fosse liberata dai vincoli
economici, che coinvolgesse gli Stati e le Istituzioni
pubbliche (debito pubblico) e che fosse più veloce
nelle transazioni. Di conseguenza, l’acquisto della
casa come bene è stato sostituito dall’acquisto dei
mutui come investimento, seguendone quindi la
volatilità.
Lo stile di vita americano, che si rifà alla loro
originaria mentalità pioneristica, si è sempre
caratterizzato per una elevata mobilità interna (oggi
negli Usa si misura la crisi adottando come
indicatore la sua riduzione, stimata a -40% ) sicchè
in quel paese la casa viene concepita come uno
strumento di vita, un mezzo, piuttosto che un asset
(negli Usa non si acquistano “metri quadri”, ma
unità abitative già corredate dei servizi
fondamentali). I frequenti cambiamneti di abitazione
nell’arco dell’esistenza di un individuo sono resi
possibili dalle facili acquisizioni di mutui, basati sul
credito.
Da noi in Italia, invece, per una famiglia
culturalmente radicata alla propria terra d’origine
(oggi si preferisce usare il termine più ideologico di
‘territorio’) l’abitazione costituisce un fine e
materializza la ricchezza risparmiata attraverso
sacrifici col proprio lavoro. E la ” prima casa” il
più delle volte è anche l’ultima, ma non l’unica.
Al primato italiano in Europa del risparmio che
diventa investimento immobiliare, si aggiungono
altri tratti peculiari della nostra economia, che ne
condizionano negativamente lo sviluppo: una
struttura industriale fondata sulla piccola e media
industria,
una
proprietà
delle aziende
prevalentemente a carattere familiare e una elevata
circolazione del denaro liquido. Anche queste
caratteristiche sono spiegabili riconducendo l’analisi
sul piano culturale, non economico.
Per secoli la storia d’Italia è stata una storia di
invasioni, spesso richieste dai poteri locali (la Chiesa
di Roma), di divisioni politiche territoriali (Comuni,
Signorie) in assenza di uno Stato con funzione
regolatrice, di sviluppi economici a livello locale
basati sulle abilità artigianali e a livello
internazionale sui prestiti e i commerci (le Banche,
le Repubbliche marinare). E’ possibile intravedere
in questo quadro le radici culturali della
frammentazione territoriale in piccole e medie
attività produttive, del passaggio da padre in figlio
dei mestieri e delle proprietà, della diffidenza verso
le istituzioni “terze” e del ricorso al possesso ed uso
diretto del denaro.
L’assenza di grandi eventi unificanti a
partecipazione internazionale, come per esempio
sono state le guerre e il colonialismo, ha favorito da
un lato la distribuzione territoriale di modeste
economie e limitato dall’altro lo sviluppo e
l’intensificazione della produzione attraverso la
creazione delle grandi industrie (trasformazione di
materie prime, armamenti, cantieri navali, ferrovie,
strade e infrastrutture in genere).
L’Unità d’Italia si è costituita proprio sulla politica di
Cavour volta al riconoscimento internazionale dello
Stato nascente, per sedersi al tavolo di grandi.
L‘interventismo nella
‘Grande Guerra’ ,
l’aspirazione di Mussolini ad un Impero coloniale e
la scelta italiana per l’Europa dopo la Seconda
Guerra Mondiale (Trattati di Roma) sono state scelte
culturali che ci confermano la continuità di questa
politica.
Uscire dall’Euro significherebbe per noi oggi, al di
là dei danni economici, cancellare l’Unità d’Italia e
regredire così a situazioni di inconsistenza politica
che ci condurrebbero nuovamente ai margini del
mondo.
Elsa Fornero è una “anima bella”.
Elsa Fornero Al di là della pesantezza delle necessità
contingenti, noi tutti dovremmo ringraziare il
Ministro per il welfare state Elsa Fornero se non
altro per l’esempio di umanità che ci ha mostrato
con la commozione manifestata durante la
presentazione della parte che le competeva della
manovra economica del Governo. A lei ben si
addice il concetto di “anima bella”, secondo le
parole di Friedrich Schiller: « Si dice anima bella,
quando il sentimento morale è riuscito ad
assicurarsi tutti i moti interiori dell’uomo, al punto
da poter lasciare senza timore all’affetto la guida
della volontà e da non correre mai il pericolo di
essere in contraddizione con le decisioni di esso.
L’anima bella ci fa entrare nel mondo delle idee
senza abbandonare il mondo sensibile come avviene
nella conoscenza della verità…per mezzo della
bellezza …l’uomo spirituale è restituito al mondo dei
sensi. »
Avviso di pubblicazione
Si prosegue su questo sito la pubblicazione di parti
dell’opera inedita La Filogenesi culturale, di Walter
Bocelli. Dopo l’ Introduzione un secondo capitolo
dal titolo Fondamenti per una teoria della Filogenesi
culturale. Come in un libro giallo letto al contrario:
si comincia conoscendo l’assassino per scoprire poi
il percorso che porta a smascherarlo.
L’Ordine Nuovo
Chiesa Battista a Boston, Massachusetts USA
La missione possibile affidata dal Presidente della
Repubblica a Mario Monti è recuperare fiducia per
ridare all’Italia la perduta credibilità. Per fare ciò il
nuovo Presidente del Consiglio incaricato costituirà
un governo di tecnici di comprovata competenza ed
esperienza europea, al quale affidare il compito di
varare le necessarie misure di risanamento
finanziario e le riforme economiche per lo sviluppo.
Così come per liberarci dall’incubo berlusconiano
abbiamo avuto bisogno dell’intervento diretto
dell’Europa, ora per scongiurare il rischio del
fallimento e ristabilire condizioni economiche
positive abbiamo bisogno di personale esterno alla
politica.
Le prime parole del nuovo premier mostrano
consapevolezza della situazione. Tuttavia, il vero
problema non è se e per quanto tempo il nuovo
governo dei tecnici sarà in grado di riacquistare la
fiducia, bensì come tale fiducia potrà essere
rinnovata e mantenuta dal nuovo governo dei
politici che verrà, la IIIa Repubblica.
Possiamo immaginare, dopo la cura Monti dei
prossimi mesi, un governo eletto nel 2013 composto
da una combinazione di figure politiche, sia di
maggioranza che di opposizione, quali quelle che
oggi siedono al Parlamento?
L’ imbarazzo delle sinistre di fronte alle annunciate
misure economiche e le rancorose esternazioni delle
destre dopo l’ inettitudine mostrata dal governo
Berlusconi non fanno, per ora, presagire nulla di
buono. Forse si dovrà sperare nel processo di
“rottamazione” avviato da certe componenti della
sinistra, forse nella costituzione del terzo polo
come nuovo “centro” o forse in una riedizione del
“berlusconismo” senza Berlusconi …
Penso, invece, che si dovrebbe considerare con
attenzione l’ opportunità che il nuovo governo ci
mostrerà, fungendo da nuovo attrattore per l’avvio
di una politica di caratura internazionale, europea e
mondiale. In altre parole, si tratta di vedere il
“governo tecnico di Mario Monti” come una
sperimentazione che ci permetta di individuare una
nuova classe dirigente del Paese, composta da figure
prestigiose sul piano tecnico e istituzionale, da
affiancare a nuove figure politiche che siano
selezionate sui nuovi criteri e valori.