Il Docking nello spazio

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Il Docking nello spazio
SIMULAZIONE
Sheila Spina, Ing. Marco Sabatini, PhD. Paolo Gasbarri – Università La Sapienza di Roma
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APRILE 2015
il progettista industriale
IL DOCKING NELLO SPAZIO
I SISTEMI DI DOCKING OGGI UTILIZZATI
PER L’AGGANCIO DI DUE NAVICELLE
NELLO SPAZIO SONO ESSENZIALMENTE
DI DUE TIPOLOGIE, OGNUNA
DELLE QUALI CARATTERIZZATA DA
PARTICOLARI VANTAGGI E SVANTAGGI.
L’UNA O L’ALTRA VIENE SCELTA
A SECONDA DELL’OBIETTIVO DI
MISSIONE. IN QUESTO ARTICOLO VIENE
PRESENTATO UN SISTEMA DI DOCKING
ALTERNATIVO CHE UNISCE I VANTAGGI
DI ENTRAMBE LE TIPOLOGIE E CHE,
QUANDO SOTTOPOSTO ALLE STESSE
CONDIZIONI OPERATIVE DEL SISTEMA
REALE, È IN GRADO DI ASSOLVERE
DIVERSI OBIETTIVI DI MISSIONE.
I
In ambito spaziale i sistemi di docking sono quei meccanismi che permettono l’aggancio e lo sgancio tra due
navicelle spaziali così da permettere il verificarsi di tutte quelle particolari missioni in cui è richiesta la separazione o l’aggancio di due corpi in orbita. Missioni di questo tipo sono, ad esempio, quelle di Landing, come lo
sgancio di Philae dalla sonda Rosetta discesa sulla cometa, quelle di scambio di equipaggio sulle piattaforme
orbitanti, come l’aggancio della Soyuz alla ISS utilizzata
per lo sbarco dell’astronauta Samantha Cristoforetti, oppure ancora, lo stesso rifornimento della Stazione Spaziale Internazionale, svolto tramite l’invio di una navicella priva di equipaggio e completamente automatizzata,
come il veicolo ESA Automated Transfer Vehicle. Pertanto, in base alla tipologia della missione, viene scelto di implementare sullo
spacecraft un ben determinato sistema di docking.
Fig. 1 – Sistema di docking periferico (a sinistra), sistema di docking
centrale (a destra).
Modellizzazione del sistema
di docking all’interno di msc Adams
Noti vantaggi e svantaggi di entrambi i sistemi, si è pensato di combinarli al fine di ottenere un sistema più performante, ovvero, un sistema
centrale androgino. Per fare questo, allora, si è partiti dalla modellizzazione di un sistema centrale non androgino realmente utilizzato, all’interno di un programma multi – body, al fine di evidenziarne le caratteristiche di funzionamento nelle condizioni reali, e permettere un confronto successivo tra i due sistemi reale e modificato, nelle stesse condizioni di funzionamento. A questo punto occorre specificare che tale studio è volto a considerare la sola dinamica del contatto tra le interfacce di docking attiva e passiva.
In particolare, si è scelto di modellizzare il sistema di docking detto probe and drogue attualmente installato a bordo del veicolo ESAATV utilizzato per il rifornimento della ISS. Tale meccanismo è di origine russa ed è lo stesso sistema utilizzato anche dalla navicella Soyuz
(Fig.1 a destra). Essendo un meccanismo non androgino le due interfacce attiva (probe) e passiva (drogue) sono differenti ed essendo centrale, si ha che il primo contatto tra le interfacce si sviluppa, appunto,
nella zona centrale del sistema.
Al fine di ottenere una modellizzazione la più realistica possibile, sono
state elaborate all’interno del programma multi-body msc Adams sia
il veicolo ATV che l’intera ISS (Fig.2) nelle loro reali caratteristiche di
configurazione, dimensioni, massa, inerzia e numero di corpi, in questo modo, per il modello multi-body definitivo, si è ottenuto un totale di:
• 39 moduli costituenti la ISS;
• 52 parti mobili;
• 48 Giunti.
In particolare, per il meccanismo di docking (Fig.3), si ha che l’interfaccia attiva è stata considerata come costituita da tre componenti
principali:
Fig. 2 – A sinistra il modello preso come riferimento e a destra il
risultato ottenuto con msc Adams.
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Un meccanismo di docking è costituito da due interfacce: quella attiva, installata sulla sonda chaser, è quella che viene movimentata in modo da agganciarsi all’interfaccia passiva, posta sulla sonda target, che subisce l’aggancio.
Pertanto, le tipologie dei meccanismi di docking sono principalmente due: le androgine e le non androgine. In un meccanismo androgino, infatti, l’interfaccia attiva è identica a quella passiva ma è comunque sempre quella attiva a movimentarsi, estendendosi, in modo da
compiere l’aggancio a quella passiva che, invece, rimane in configurazione retratta.
I meccanismi androgini sono spesso anche di tipo periferico (Fig.1 a
sinistra) per cui il primo contatto tra le due interfacce, detto soft-docking, si sviluppa nell’area periferica del sistema, in corrispondenza
dell’anello più esterno. Al contrario, i meccanismi non androgini sono
spesso anche di tipo centrale (Fig.1 a destra) in cui il soft docking si
sviluppa nell’area centrale del sistema.
Naturalmente ognuno di essi presenta particolari vantaggi e svantaggi
che rendono determinante la scelta dell’uno o l’altro sistema a seconda dell’obiettivo della missione. In particolare devono essere prese in
considerazioni le seguenti caratteristiche:
• La ridondanza del sistema: se si verifica un malfunzionamento a
una delle interfacce, con un sistema androgino, si ha comunque la
possibilità di sviluppare l’aggancio utilizzando l’altra interfaccia;
• La possibilità di creare un tunnel: con un sistema periferico androgino si può semplificare il transito tra le due navicelle spaziali dell’equipaggio e dei rifornimenti senza dover prima rimuovere l’interfaccia di
docking come accade con i sistemi centrali non androgini;
• La modellizzazione matematica della dinamica del contatto: mentre
in un sistema periferico il contatto si sviluppa su tre punti distinti dei
petali posti sull’anello di aggancio, nel sistema centrale si ha che esso
si sviluppa all’interno di un’area, perciò in questo caso, la modellizzazione matematica è più semplice in quanto bidimensionale e non tridimensionale come nel caso precedente;
• Il livello di precisione richiesto in fase di contatto: in un sistema periferico androgino dovendo portare a contatto tre punti contemporaneamente, il livello di precisione richiesto per eseguire la manovra è
senz’altro più elevato rispetto al caso del sistema centrale non androgino in cui il contatto avviene in una certa area;
• Il tempo utile per la cattura: in un sistema di docking centrale non
androgino il tempo a disposizione per completare la manovra di cattura, è decisamente superiore rispetto al caso di sistema periferico androgino;
• L’affidabilità di sgancio in emergenza: considerando la semplicità di
funzionamento di un sistema centrale non androgino, anche nel caso di sgancio, la manovra può essere eseguita in un tempo inferiore rispetto al caso del periferico androgino.
il progettista industriale
Caratteristiche principali
dei sistemi di docking
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Fig. 3 – Sistema probe and drogue modellizzato su msc Adams.
Fig. 4 – Sequenze di aggancio per il sistema di docking probe and drogue.
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• La struttura portante a cono pieno,
• Il mandrino cui è assegnato il moto di estensione e retrazione,
• I petali posti sulla testa del mandrino che si estendono al soft-docking.
L’interfaccia passiva, invece, è stata considerata come costituita da:
• La struttura a cono cavo,
• La zona di cattura a forma di parallelepipedo per ospitare la testa
del mandrino,
• Le solette di appoggio per il contatto dei petali posti sula testa del
mandrino.
Modellizzazione del meccanismo di funzionamento
del sistema di docking
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Fig. 5 – Sistema di controllo implementato su Matlab-Simulink.
Per quanto riguarda il funzionamento del sistema (Fig. 4), si ha che esso è stato modellizzato considerando le seguenti fasi operative:
• Il rendez-vous del veicolo ATV al modulo Zvezda della ISS fino ad
una distanza relativa delle due porte di docking inferiore a 3 m;
• La cattura del probe da parte del drogue;
• Il soft-docking;
• La retrazione del probe;
Fig. 6 – Sequenza di aggancio in condizioni di funzionamento nominale.
• L’hard-docking.
La fase docking inizia, quindi, con l’avanzamento del mandrino in configurazione estesa all’interno dell’interfaccia passiva avente la forma di
cono cavo. Nell’istante in cui la testa del probe raggiunge la posizione di cattura all’interno del parallelepipedo, i petali posti sulla sua testa si aprono a 90° e, a seguito della retrazione del mandrino, arrivano a contatto con le solette di appoggio del drogue sviluppando, così, il
soft-docking tra le due interfacce. Con la retrazione del mandrino arrivano a contatto tra loro anche le due strutture coniche del probe e del
drogue permettendo, così, una maggiore stabilità del sistema durante
la retrazione. Tale movimento del mandrino si arresta non appena anche gli anelli esterni delle due interfacce giungono a contatto e si innesca la fase di hard-docking in cui esse vengono saldamente agganciate tra loro. A bordo dell’ATV tali funzioni vengono svolte in sequenza dal
sistema GNC di Guida, Navigazione e Controllo il quale prende in in-
Fig. 7 – Andamento dello spostamento del mandrino.
3. La retrazione del mandrino che comporta tre tipi di contatto tra le interfacce attiva/passiva in sequenza:
• Soft-docking: tra i petali posti sulla testa del probe e le solette del
drogue;
• Il contatto l’una nell’altra delle due superfici coniche di probe e drogue;
• Il contatto tra gli anelli esterni delle interfacce e il conseguente harddocking una volta raggiunta la posizione stabile: è possibile che si verifichino dei rimbalzi tra le due superfici prima che le interfacce aderiscano esattamente l’una sull’altra.
put i dati analizzati dai sensori, li elabora e trasmette i comandi agli attuatori, pertanto, la precisione con cui le operazioni vengono svolte dipende dalla precisione con cui i sensori misurano la distanza e la velocità relativa tra l’ATV e la ISS. Nella realtà tali misure sono molto accurate poiché l’ATV utilizza dei particolari sensori detti videometro e telegoniometro che istante per istante analizzano i dati con un’accuratezza
pari a 0.01 m in posizione e 0.01° in assetto.
Così, al fine di realizzare un modello di funzionamento il più realistico
possibile, si è deciso di sfruttare la capacità di msc Adams di operare in co-simulazione con Matlab-Simulink, in modo da scrivere un codice di programmazione atto a rappresentare nella corretta successione le diverse fasi di funzionamento del sistema di docking descritte in precedenza e, al tempo stesso, anche in grado di simulare la presenza di sensori e attuatori assegnandogli lo stesso livello di precisione del caso reale.
In questo modo, il sistema GNC è rappresentato dal codice Matlab
che prende in input i dati in uscita da msc Adams in termini di posizione e velocità, li elabora confrontandoli con quelli richiesti, e li rinvia ad
msc Adams in termini di forze e coppie direttamente applicate al centro di massa del modello dell’ATV. L’accuratezza sulle misure viene assegnata attraverso una componente di disturbo random sui dati in input a Simulink.
Volendo concentrarsi solo sulla dinamica del contatto e non sul sistema di controllo implementato, si è scelto di sviluppare il modello di controllo più semplice possibile, ovvero, quello di tipo Proporzionale – Derivativo, i cui coefficienti sono stati ottenuti per tentativi. Le principali fasi del docking, invece, vengono eseguite in cascata: nell’istante in cui si
verifica una certa condizione si attiva il codice che esegue le operazioni successive e così via fino al contatto delle interfacce esterne che termina la sequenza. In particolare, come mostrato in Figura 5, il funzionamento del sistema è basato sul verificarsi di tre condizioni principali:
1. Il controllo sul moto in posizione e assetto dell’ATV fino alla posizione
di cattura da parte della testa del probe;
2. L’apertura dei petali posti sulla testa del mandrino;
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Fig. 8 – Andamento della forza di contatto al soft-docking.
Lo stesso schema mostrato in Figura 5
è stato utilizzato per ottenere dei risultati confrontabili in diverse condizioni di funzionamento: senza disturbo,
al fine di valutare il corretto funzionamento di tutte le fasi operative del
meccanismo, in condizione nominale con introduzione di una componente di disturbo random in modo da simulare il livello di precisione reale dei sensori ed, infine, sono stati effettuati una serie di test con aumento progressivo dell’intensità del disturbo random, in modo da valutare i limiti di funzionamento del sistema così elaborato.
In Figura 6 è mostrata la sequenza di operazioni implementate nel codice Matlab-Simulink ed inviate in input ad msc Adams in termini di
forze e coppie applicate alle diverse parti del modello. A partire dalle
condizioni iniziali di posizione e velocità, l’ATV segue la traiettoria stabilita dal sistema di controllo e si porta nella configurazione finale. L’andamento seguito dipende dal valore scelto per i coefficienti proporzionale e derivativo stabilito procedendo per tentativi. La loro determinazione ha portato all’ottenimento di un andamento che arriva a convergenza in un certo intervallo di tempo.
Si fa notare come l’apertura dei petali sia molto importante dal punto di
vista del funzionamento del sistema di controllo, poiché le azioni successive sono basate tutte sul soddisfacimento della condizione di apertura: una volta aperte le ali inizia la ritrazione del mandrino e si spegne
il controllo d’assetto dell’ATV in quanto, da questo momento in poi, il
controllo d’assetto è mantenuto grazie al contato tra la struttura portante del probe a forma di cono e il cono stesso del drogue.
Invece, per quanto riguarda l’andamento in posizione e velocità del ritiro del mandrino si ha che come mostrato in Figura 7, il salto iniziale in posizione è dovuto al contatto tra i petali del probe e le solette del
drogue nell’istante in cui avviene il soft – docking, dopo di che il moto diventa costante una volta che le interfacce esterne aderiscono l’una all’altra. In realtà, prima della completa aderenza delle interfacce vi
è un lieve rimbalzo prima di divenire costanti. Dalla stessa Figura 7, si
nota anche il salto a circa 80 secondi: si è verificato un urto tra il probe
e il drogue che ha provocato un piccolo rimbalzo del mandrino. In ogni
caso, il docking va a buon fine poiché i petali riescono ad aprirsi nel
tempo stabilito e quindi il resto delle azioni di controllo risulta verificato.
Nel seguito sono, invece, mostrati i risultati ottenuti con msc Adams riguardanti le forze di contatto in gioco.
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Presentazione dei risultati ottenuti con il meccanismo di docking probe and drogue
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SIMULAZIONE
Fig. 9 – A sx il sistema ad ombrello e a dx il sistema a disco.
Fig. 10 – Boom estensibile ultraleggero per il dispiegamento
delle vele solari.
Tabella 1 – Proprietà meccaniche del boom del DLR
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Sviluppo del sistema di docking alternativo
Si vuole a questo punto proporre un sistema di docking alternativo in
grado di unire i vantaggi provenienti dalle due tipologie di sistemi di docking descritti in precedenza. Come visto all’inizio, infatti, un sistema di
docking, oltre a permettere il successo della procedura di aggancio, deve anche essere tale da poter essere sfruttato per diversi obiettivi di missione. Infatti, il progetto di una struttura generalizzata per missioni che
prevedano sia di agganciare che di essere agganciati, porterebbe il processo di sviluppo del sistema stesso a tempi e costi relativamente ridotti,
in quanto verrebbe introdotta la garanzia di riproducibilità su larga scala del prodotto stesso. La soluzione proposta è, quindi, quella di un sistema di docking sia centrale che androgino. Naturalmente tale sistema
sarebbe meglio utilizzato per il docking tra due spacecraft e non più tra
uno spacecraft e la Stazione Spaziale Internazionale, tuttavia, anche in
questo caso il sistema di docking centrale androgino potrebbe rivelarsi utile. Infatti, una delle cause più probabili di malfunzionamento del sistema probe and drogue è l’impossibilità di retrazione del mandrino una
volta effettuato il soft docking: la testa del mandrino è in posizione di
cattura, i petali sono a contatto con le solette ma, per qualche problema
di malfunzionamento il mandrino non riesce a retrarsi. Per questo genere di problemi, la cosa peggiore che può verificarsi è quindi l’utilizzo
dei dispositivi pirotecnici per lo sgancio immediato dell’ATV e il suo rinvio
sulla Terra senza alcun completamento della missione di rifornimento.
Ciò che, allora, potrebbe risolvere il problema, sarebbe dare la possibilità al modulo Zvezda di agganciare l’ATV e di tirarlo a se fino a completare l’hard docking: il meccanismo centrale dovrebbe essere androgino.
Il sistema alternativo è stato pensato unendo le caratteristiche principali
del sistema centrale a quelle ridondanti del sistema androgino:
• Testa del probe contenente i petali: confermata senza modifiche;
• Struttura conica del probe: rielaborata. La struttura conica, infatti, può
essere realizzata in due modi: tramite dei bracci meccanici che si aprono ad ombrello (vedi Fig. 9 a sinistra), oppure, frapponendo un disco tra
il cono del drogue e la zona di apertura dei petali come mostrato in Figura 9 a destra per garantire il mantenimento dell’assetto durante la ritrazione:
• Struttura conica del drogue: rielaborata in modo da aderire a quella del probe.
Per semplicità di costruzione è stato deciso di sviluppare il sistema di
docking alternativo con la soluzione costruttiva mostrata in Figura 9 a
destra, in modo da poter sfruttare quasi completamente il diagramma
a blocchi di Simulink progettato per le precedenti simulazioni, aggiungendo solamente l’apertura dei bracci meccanici posti sul disco atti a
garantire le condizioni d’assetto desiderate durante la fase di retrazione del mandrino.
Per questo sistema di docking alternativo si è pensata anche un’ulteriore ottimizzazione mediante l’utilizzo di materiali tecnologicamente più avanzati per quanto riguarda la struttura cilindrica del mandrino:
utilizzando i materiali di ultima generazione si unirebbero le caratteristiche di resistenza a quelle di leggerezza e si permetterebbe al mandrino di occupare uno spazio ristretto.
In questo senso, i recenti sviluppi per le missioni spaziali con propulsione a vento solare hanno, di fatto, esteso il concetto del tape-spring a
dimensioni sempre più grandi dello stesso. Si tratta di un boom estensibile costituito da due gusci di materiale metallico molto sottili e uniti
insieme a forma di doppia omega. La sezione di questo boom può essere appiattita e poi srotolata in una configurazione a spirale. È stato il
DLR in Germania il primo a presentare questa tecnologia costituita interamente da materiale composito CFRP.
Il boom è composto da due semi tubi a forma di omega in fibra di carbonio, con uno spessore di circa 10-4 m e con una densità di soli 62
g/m. L’unico svantaggio è il fatto che il dispiegamento deve avvenire in
regime controllato poiché l’eccessiva energia di deformazione potrebbe causare un dispiegamento caotico. Tale sistema è mostrato nella Figura 10.
Le proprietà del materiale usato per lo sviluppo di questa tecnologia
di ultima generazione, sono davvero interessanti e sono riportate nella seguente Tabella 1 in cui risultano evidenti le notevoli capacità di resistenza a flessione:
Volendo adottare questa tecnologia per la costruzione del mandrino è
possibile realizzare in ambiente msc Adams una struttura equivalente
rappresentativa di quella reale descritta. Tale struttura è di natura cilindrica, piena e flessibile con un certo spessore e una certa lunghezza,
tali che il valore dell’inerzia finale ottenuta sia la stessa di quella mostrata in Tabella 1. Perciò, per quanto riguarda il dimensionamento di
tale cilindro flessibile, conoscendo tali valori, è stato possibile ricavare il
valore del raggio necessario per ottenere un cilindro pieno di alluminio
della lunghezza desiderata. Tale lunghezza non è altro che la distanza
tra le basi dei due drogue di chaser e target, ovvero:
• Lunghezza complessiva del boom interamente disteso: 1.855 m
• Lunghezza del boom ritirato: 0.231 m
• Numero di elementi trave utilizzati: 9 prima del disco, 3 dopo il disco
• Raggio del cilindro pieno: 0.01465 m
A questo punto, passando alla descrizione della costruzione del mandrino all’interno di msc Adams, si ha che esso è stato realizzato utilizzando un particolare tool di Adams-flex che si chiama describe flexible
link. Questa funzione permette di costruire dei link di lunghezza, sezione e spessore che si desiderano e di suddividerli in tante parti quanto maggiore è la resistenza a flessione che si vuole ottenere. Ogni elemento, infatti, ha le caratteristiche di una trave ed è collegato alle altre
parti mediante delle molle assiali e torsionali rappresentative dello stato flessionale. Si tratta, quindi, di una vera e propria struttura equivalente le cui caratteristiche meccaniche sono tali da riprodurre lo stesso
comportamento che si avrebbe se si utilizzasse la struttura del DLR.
Naturalmente, per quanto riguarda il ritiro, non si vedrà in output il vero e proprio avvolgimento su se stesso del cilindro ma, come nei casi
precedenti, il semplice spostamento del mandrino oltre la zona di cattura e, qualora non vi siano comportamenti anomali, si considera completata la fase di avvolgimento nell’istante in cui la testa del probe raggiunge la sua posizione finale.
Nella Figura 11 è riportato il sistema multi-body riprodotto su msc
Adams in cui è possibile vedere le sole componenti di docking, ovvero il probe and drogue rielaborati di entrambi gli spacecraft attivo e
passivo.
Una volta ultimata la costruzione del cilindro comprensivo del disco
contenente i petali per il contatto con il cono del drogue utili per l’assetto in fase di ritiro, è stato possibile importare tale modello in quello contenente la ISS e l’ATV costruito precedentemente, unirli insieme
e fare la sostituzione delle componenti. In questo modo, utilizzando lo
stesso schema a blocchi del sistema di controllo implementato su Si-
mulink per la precedente analisi, aggiungendo soltanto il controllo di
apertura dei bracci meccanici posti sul disco del probe, è stato possibile eseguire la co-simulazione tra i due programmi e trarre dei risultati preliminari. Lo studio termina con l’esposizione di tali risultati, resi confrontabili con quelli ottenuti nel caso di sistema non androgino.
Presentazione dei risultati ottenuti
con il meccanismo di docking alternativo
I risultati ottenuti con msc Adams in termini delle forze di contatto
scambiate, sono riportati nella seguente successione di immagini:
Come si vede dalla Fig.12 il cilindro risponde all’avanzamento dell’ATV
e alle fasi di docking con una flessione massima 0.45 mm e con una
torsione massima di 1.75 mm, entrambe chiaramente contenute nel
range ipotizzato per il corretto funzionamento del sistema pari a 1 cm.
Nei grafici successivi, invece, è possibile osservare gli andamenti delle
forze di contatto scambiate tra le alette del probe e le solette del drogue e tra i bracci posti in cima ai petali e la superficie del cono di cattura da mettere a confronto con quelli precedentemente ottenuti. Gli
andamenti dei picchi sono senz’altro dovuti al movimento del mandrino che fa rimbalzare le due interfacce esterne di chaser e target causando anche i successivi rimbalzi di queste componenti con picchi
che non superano i 30 N.
Tuttavia, come affermato anche nei capitoli precedenti, tali risultati
non sono altro che la manifestazione di ciò che è realmente accaduto durante la simulazione, le cui fasi più importanti sono mostrate in
Figura 14:
Il sistema di aggancio così rielaborato ha assolto completamente le
sue funzioni, permettendo di ottenere un meccanismo che, rispetto a
quello descritto nei capitoli precedenti, è di natura androgina, perciò
può sia agganciare che essere agganciato e ha delle caratteristiche tali
da poter essere stivato all’interno degli spacecraft senza alcun ingombro e mantenendo al tempo stesso le proprietà di leggerezza, rigidezza e resistenza volute, dettate dalla missione.
Fig. 12 – Spostamento elastico del cilindro misurato lungo l’asse y a
sinistra e lungo l’asse z a destra
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Fig. 11 – Riproduzione su msc ADAMS del sistema di docking androgino.
La progettazione di un sistema, relativamente complesso, come quello
descritto in questo studio, comporta spesso il dover scendere a compromessi tra ciò che già esiste, ciò che realmente serve e ciò che può
essere realizzato in termini di tempi e costi di produzione.
In quest’articolo sono stati messi a confronto due sistemi di docking:
il probe and drogue attualmente utilizzato a bordo dell’ATV, e l’androgino adottato per il docking dello Shuttle, al fine di mettere in evidenza i pro e i contro di ciascun meccanismo e di trovare delle possibili alternative. I risultati ottenuti dallo studio del sistema di docking probe
and drogue esistente, hanno permesso di valutare più dettagliatamente le caratteristiche derivanti dall’utilizzo di tale meccanismo e di migliorarne non solo le funzionalità ma anche le specifiche tecniche, fino a realizzare il progetto di un sistema di docking autonomo tra uno spacecraft e la
ISS completamente rinnovato. È stato dimostrato
che tale sistema di docking assolve completamente
la sua funzione, esattamente come il sistema probe
and drogue implementato sull’ATV, perciò, apportando solo qualche modifica di carattere meccanico, in modo da ga-
il progettista industriale
Conclusioni
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SIMULAZIONE
Fig. 14 – Sequenze di
aggancio per il sistema
di docking centrale
androgino.
punto di vista strutturale, ma anche meccanico e di controllo, il sistema
centrale androgino proposto.
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Riferimenti bibliografici
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il progettista industriale
Fig. 13 – Forze di contatto scambiate tra le alette del probe e le solette
del drogue, tra i bracci del probe e il cono del drogue e tra le interfacce
esterne di chaser e target.
rantire il corretto svolgimento delle fasi di aggancio nei range consentiti, l’utilizzo del sistema di docking alternativo garantisce lo svolgimento di un maggior numero di applicazioni con una riduzione dei pesi e
quindi dei costi, riuscendo comunque a mantenere una notevole semplicità costruttiva. Naturalmente, si ricorda che le analisi svolte sono
soltanto preliminari e si vuole, quindi, proporre solo una possibile alternativa del sistema attualmente impiegato, avendo compiuto a monte
una ricerca approfondita sulle differenti tecnologie di docking esistenti
e avendo analizzato nella maniera più fedele possibile, il meccanismo
più semplice ma anche più efficace dal punto di vista operativo, al fine di renderlo il più performante possibile. Il modello meccanico del
sistema di docking ha richiesto l‘utilizzo di strumenti di calcolo e di modellizzazione basati su approcci multi – body capaci di rappresentare
cinematismi complessi, dinamiche elastiche e rigide, forze di contatto
e in grado di utilizzare in co – simulazione strumenti tipici dei controllisti per la modellizzazione delle azioni di controllo degli elementi stessi.
Da questo studio è emerso come sia necessario dal punto di vista
dell’ingegneria spaziale standardizzare meccanismi sofisticati quali quelli del docking, in modo da procedere ad una loro ottimizzazione
da un punto di vista strutturale, meccanico e dinamico. Si fa osservare come missioni simili a quella svolta dall’ATV per il rifornimento della ISS siano ormai affidate a società private che necessitano, per ridurre i costi ed aumentare l’affidabilità dei loro sistemi, di una standardizzazione delle interfacce meccaniche e delle procedure per la guida e
il controllo nelle fasi di rendez-vous e docking. Pertanto, un possibile
sviluppo di questo lavoro, potrebbe essere quello di ottimizzare da un
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