PEB - Cecelia Webber

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PEB - Cecelia Webber
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21-03-2011 16:49:15
NEWS Portfolio
PER FARE UN FIORE, CI VUOLE...
PRIMAVERA D’ARTISTA (CON QUIZ)
Dal 21 marzo è primavera. Non per il meteo, però,
che annuncia freddo e correnti polari sino a fine marzo.
In attesa di sapere se, come nella canzone di Prince,
Sometimes It Snows In April («A volte nevica ad aprile»),
ci consoliamo con petali brillanti, soffioni leggeri,
bruchi e farfalle. Naturali, ma con un segreto. Quale?
Osservate bene le foto. Oppure girate pagina.
foto Cecelia Webber
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NEWS Portfolio
LO SPOGLIO COSÌ,
IL CORPO
DELLE DONNE
LA FOTOGRAFA ORGANIC
RACCONTA COME REALIZZA
I SUOI «FIORI UMANI»
di Laura Fiengo
T
utti i fiori e gli animali di queste immagini, dettagliate fino all’ultimo
pistillo, in realtà sono fatti di donne
e di uomini nudi. A metterli in posa, fotografarli e comporli come in una versione
digitale delle antiche presse da erbario,
è Cecelia Webber. La giovane artista,
americana «di un paesino di 1.500 abitanti», definisce organic, «biologica», la
sua opera. «Nel senso di naturale, come
omaggio alla bellezza e alla versatilità del
corpo umano, ma anche alla nostra fragilità». Per creare ogni singola immagine
impiega fino a due mesi di lavoro.
Come le è venuta l’idea?
«Ho cominciato a creare composizioni
di “fiori umani” dopo aver fatto una foto
alla mia schiena con l’autoscatto: ricordava incredibilmente un petalo. Da lì poi
ho fatto il resto, con immagini sempre più
dettagliate».
La precisione dei particolari è quasi scientifica: ha studiato biologia?
«Quasi: ho studiato neuroscienze, il cervello mi affascina. Ma mi hanno aiutato di
più un’infanzia in campagna e l’esempio
di mio padre: è architetto di giardini, chiama per nome ogni fiore del mondo».
È per via della sua passione per la medicina che espone anche negli ospedali?
«Forse sì. Le mie opere sono in mostra
permanente al Renown Hospital di Reno,
in Nevada, come parte di un progetto di
“arte terapia” di cui vado fiera: i malati
dicono che guardarle li aiuta nel processo
di guarigione».
Come sceglie i suoi modelli?
«Sono loro a scegliere me, volontari che
vedono il mio lavoro e si presentano. Soprattutto giovani: dovrò trovare anche
anziani. Perché sono considerati meno
attraenti, in senso canonico, dunque trasformarli in qualcosa di bello è anche un
messaggio in risposta allo sfruttamento
del corpo femminile a cui assistiamo».
C’è un fiore più difficile di altri?
«Da non crederci: la rosa. I suoi petali
sono un mistero della natura che non ho
ancora risolto».
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