“Il bacio” di Wilhelm Senoner

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“Il bacio” di Wilhelm Senoner
“Il bacio” di Wilhelm Senoner
Francesco Pontarin
Mi riferisco alla versione in legno presentata nella mostra in San Silvestro di Vicenza nel maggio-giugno 2013.
Due teste: una scura, ancorata al blocco anch’esso scuro che la sostiene, l’ altra aerea, bianco-rosata, sospesa nello
spazio da cui arriva toccando appena la fronte della prima con un bacio.
Chi sono? Lo spettatore decide subito: lui è un uomo, lei una donna: lui brunito e scabro come il cubo di legno da cui
emerge (materia o materies è in latino il legname da costruzione, ligna sono i pezzi di legna da ardere); lei delicata e
leggera, planata dal volo cui allude la lunga ed ampia capigliatura, se tale è e non, forse, una misteriosa
configurazione d’un essere extraterrestre; i corpi non ci sono, ma chi guarda immagina quello di lui disteso come
dormiente o anche ancora racchiuso nel cubo-materia da cui emerge, quello di lei diffuso e sciolto nello spazio e
nella luce che la sostanzia.
I due non hanno nome e perciò molti sono i nomi con i quali possono essere chiamati: un visitatore della mostra
esclamò stupito: “ ma questo è il bacio della Luna ad Endimione!” e mi ha così invogliato a cercare le testimonianze
del mito: le versioni sono tante, come spesso nei miti greci, ma concordano in alcuni punti essenziali: Endimione,
giovane e bello, era cacciatore o pastore sul monte Latmo in Caria, mentre dormiva di notte tra il suo gregge lo vide
Selene ( il nome greco della Luna) e se ne innamorò perdutamente, discese accanto a lui e dolcemente gli baciò gli
occhi chiusi, poi ottenne da Zeus che Endimione rimanesse per sempre giovane e addormentato, placidamente
chiuso nel sonno eterno e lei potesse ritrovarlo per sempre come l’ aveva visto la prima volta.
Selene, la luna, nella mitologia greca e poi romana fu identificata con Artemide, la vergine dea delle fiere selvagge,
dei boschi e della caccia, che per i latini è Diana, ed anche con Ecàte, dea dell’ oltretomba che si aggira nei trivi in
scorribande notturne con fiaccole e cani infernali. Diva triformis la invoca Orazio: Diana sulla terra, Luna in cielo,
Ecàte agli inferi.
I conti sembrano tornare: che l’ uomo sia immerso nel torpore del sonno — gli occhi chiusi, i tratti del volto spianati
— pare evidente; che lei, la visitatrice misteriosa possa essere Selene, la chiara luna, pare suggerito anche dal profilo
arcuato che il suo volto assume, se guardato da punti di vista che ne esaltino la linea.
Il mito di Endimione e la Luna ebbe fortuna già nell’ arte romana in affreschi, mosaici e sarcofagi; in particolare nei
sarcofagi si allude al sonno eterno che accoglie il defunto come quello concesso ad Endimione. Del resto “il sonno di
Endimione” era passato in proverbio già in Grecia.
Platone vi accenna nel discorso che Socrate fa a Cebéte poco prima di bere la cicuta (Fedone, 72): Socrate sta
dicendo che le anime dei morti debbono continuare ad esistere in qualche luogo e da questo poi nuovamente
rinascere: se ci fosse solo l’ addormentarsi e ad esso non corrispondesse lo svegliarsi saremmo come nel caso di
Endimione cui toccò di dormire per sempre: tutto allora sarebbe morto nel mondo e nulla sarebbe vivo.
Aristotele nell’ Etica Nicomachea (10,8) sta sostenendo che la felicità massima per gli uomini consiste nell’ attività
contemplativa; questo vale anche per gli dei, che vivono e sono attivi e non si può certo pensare che dormano come
Endimione; ora l’ attività di un dio, che eccelle per beatitudine, non può essere se non contemplativa.
Cicerone nel libro primo delle Tusculane (I,38) sta affrontando il tema della paura della morte: la morte non fa paura
all’ uomo saggio: se essa infatti è come il sonno, tu ti addormenti ogni giorno ben sapendo che in esso perdi ogni
sensazione e pensi che nella morte sia diverso?
Se vogliamo ricorrere ai miti, pensi che Endimione che dorme da sempre sul Latmo si preoccupi delle eclissi della
Luna, che si dice l’ abbia voluto dormiente in eterno per baciarlo?
E’ significativo che in contesti diversi tre filosofi abbiano collegato il sonno di Endimione con l’inattività e la morte.
Uno scrittore tedesco del secolo XVI, Nicolas Reusner, compositore di Emblemi morali ( Emblemata… …impressum
Francoforti ad Moenum, 1581, III ,40) sceglie tra gli altri il mito di Endimione e Diana, figurato con apposita
xilografia, con il titolo “Cupio dissolvi ” (=bramo d’essere dissolto) e lo accompagna con sette distici elegiaci che
sembrano rispondere polemicamente al passo di Cicerone sopra citato: chi vive piamente desidera d’ esser dissolto e
baciato da Dio:
…………………………..……..piorum
nimirum dulcis mors solet esse sopor
Nam quos Christus amat, sibi iungit carne solutos
Et rapit ad vitae gaudia longa novae.
La morte dei buoni è un sonno dolce: quelli che ama, Cristo li congiunge a sé, una volta sciolti dal corpo e li porta alle
gioie eterne d’una nuova vita.
Il tema di Endimione e la Luna ebbe grande fortuna e diffusione specialmente nella pittura e nel teatro in musica dal
Rinascimento e fino al Neoclassicismo.
Della fortuna letteraria cito soltanto i Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese: in uno di essi(Titolo: La belva) parlano
Endimione e un ignoto straniero: il pastore racconta “Mi risvegliai sotto la luna — nel sogno ebbi un brivido al
pensiero che ero là, nella radura — e la vidi. La vidi che mi guardava, con quegli occhi un poco obliqui, occhi fermi,
trasparenti, grandi dentro”.
Il dialogo deve essere letto per intero, la Luna con i tratti prevalenti della Artemide della caccia e dei boschi, è “una
magra ragazza selvatica”… “ Non ha nome. O ne ha molti, lo so.”
Ritorniamo al bacio di Wilhelm Senoner, ai due volti senza nome, dai molti nomi.
L’opera potrebbe essere emblema di un incontro, di un amore silenzioso e discreto o fuggevole, inaspettato,
sognato; potrebbe essere l’ ispirazione, la Musa che nel sonno bacia la fronte del poeta e tanti altri nomi ancora.
Un tempo (cfr. Cesare Ripa, Iconologia) si rappresentava la Carità, virtù teologale, come una “donna vestita di rosso,
che in cima del capo habbia una fiamma di fuoco ardente, terrà nel braccio un fanciullo, al quale dia il latte e due altri
gli staranno scherzando a’ piedi”…..
Penso che questa scultura di Wilhelm Senoner rappresenti in modo molto più suggestivo della personificazione
barocca il “farsi prossimo” che è il proprio della Carità cristiana.
Mi azzardo infine a proseguire ancora nel mondo biblico: la Bibbia si apre con il racconto del principio, dell’ origine
dell’ universo e dell’ uomo. I racconti in realtà sono due: il primo narra l’ opera dei sei giorni e si apre con i due
versetti semplici, maestosi e solenni che proclamano: “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e
deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Lo spirito di Dio è in ebraico Ruach,
sostantivo femminile che significa “spirito” o “vento”, che qui aleggia su qualcosa di oscuro e informe, materies
ancora senza vita: non siamo lontani dalla nostra scultura.
Ma ci avviciniamo molto più con il secondo racconto (Gen. 2°,v.4 e sgg.): “ Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra
e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra…e non c’era l’ uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua
sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’ uomo con polvere del suolo e soffiò nelle
sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”. Il Signore Dio impasta l’ argilla come un vasaio (terra in
ebraico è ’adamà, ’adam è l’ uomo) e la sua opera diviene vivente per l’alito di vita che Egli soffia nelle sue narici:
nella scultura di Wilhelm Senoner scuro e terragno è il volto che emerge dalla materia, ruvido, impastato ancora,
occhi chiusi, bocca serrata, ma su di lui si posa chiaro, luminoso il soffio divino, l’alito di vita, lo tocca e non sarà più
’adamà, terra, ma Adamo, l’uomo.
Viene spontaneo il ricordo del dito del Creatore che dà vita ad Adamo sulla volta della Cappella Sistina: molte e
diverse sono le icone che l’arte compone per esprimere l’ inesprimibile.
Alla fine un “ Grazie! ” a Wilhelm, artista silenzioso ed anche per questo, fascinoso .