Open Innovation nel Veneto

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Open Innovation nel Veneto
QUADERNO n. 15
CONFERENZA
REGIONALE
SULLE DINAMICHE
ECONOMICHE
E
DEL LAVORO
crel
consiglio
regionale
del veneto
università
ca’ foscari
venezia
Sara Bonesso
Anna Comacchio
Open Innovation nel Veneto
OPEN INNOVATION NEL VENETO
Mappatura dei centri per l’innovazione
e il trasferimento tecnologico nel Veneto
n. 15
Consiglio regionale del Veneto
Atti - Quaderni
Quaderno n. 15
CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO
CREL (Conferenza regionale sulle dinamiche economiche e del lavoro)
Direzione Regionale Rapporti e Attività Istituzionali
Servizio Studi, Documentazione e Biblioteca
Ufficio dinamiche economiche
Dirigente: Claudio De Donatis
Coordinamento: Luca Romano
Segreteria: Jacopo Capuzzo (Ufficio dinamiche economiche), Serenella Poggi
e Paolo Pozzo (Servizio Studi, Documentazione e Biblioteca)
Collana Atti/Quaderni n. 15
© Copyright 2008
Consiglio regionale del Veneto
Cierre edizioni
CONFERENZA
REGIONALE
SULLE DINAMICHE
ECONOMICHE
E
DEL LAVORO
crel
consiglio
regionale
del veneto
università
ca’ foscari
venezia
Sara Bonesso
Anna Comacchio
Open Innovation nel Veneto
Mappatura dei centri per l’innovazione
e il trasferimento tecnologico nel Veneto
Ringraziamenti
Si desiderano ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a diverso titolo alla realizzazione di questa
ricerca. Anzitutto un ringraziamento sentito ai responsabili dei CITT coinvolti nel progetto e che hanno
dato la loro piena collaborazione compilando il questionario e rispondendo alle domande delle interviste telefoniche. Si ringrazia la dottoressa Lara Martellozzo per la preziosa collaborazione nelle diverse
fasi di raccolta ed elaborazione dei dati. Un ringraziamento al gruppo di lavoro del CREL sull’innovazione
che in occasione della presentazione dei risultati della ricerca con domande e commenti ha permesso
le riflessioni e gli approfondimenti di analisi contenute in questo volume. Infine un grazie ai colleghi del
Dipartimento di Economia e direzione aziendale, per il continuo e produttivo scambio di idee, un grazie
in particolare a Franco Isotta, Andrea Pontiggia, Massimo Warglien e Fabrizio Gerli.
Indice
Prefazione
Capitolo 1. Il Trasferimento tecnologico: ruolo e questioni aperte
1.1 Trasferimento tecnologico e open innovation
1.2 Trasferimento tecnologico e fonti dell’innovazione
1.3 I centri per il trasferimento tecnologico
1.3.1 Definizione dei CITT e funzioni a supporto della value chain dell’innovazione
1.3.2 Natura delle conoscenze, funzioni e servizi di trasferimento tecnologico
1.4 Il ruolo dei centri di trasferimento tecnologico: competitività del singolo CITT
ed efficacia del sistema di TT
1.5 Obiettivi della ricerca “Open innovation nel Veneto”
1.6 Metodologia di ricerca
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Capitolo 2. Mappatura dei Centri per l’Innovazione
e il Trasferimento Tecnologico nel Veneto
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2.1 Definizione di CITT per tipologia
2.1.1 Stazioni sperimentali per l’industria
2.1.2 Parchi scientifici e tecnologici
2.1.3 Uffici di trasferimento tecnologico
2.1.4 Incubatori d’impresa
2.1.5 Business Innovation Centre
2.1.6 Aziende speciali e laboratori delle CCIAA
2.1.7 Agenzie per lo sviluppo del territorio
2.1.8 Centri tematici e multisettoriali
2.1.9 Centri di ricerca pubblica
2.1.10 Laboratori
2.2 Profilo della popolazione dei CITT
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Capitolo 3. Profilo dei servizi e dotazione di risorse dei CITT
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3.1 Introduzione
3.2 Profilo del servizio di trasferimento tecnologico offerto
3.2.1 Tipologia di servizio e grado di continuità
3.2.2 Modalità di erogazione del servizio
3.2.3 Evoluzione del servizio di trasferimento tecnologico
3.3 La dotazione di risorse dei CITT: analisi del capitale intellettuale e finanziario
3.3.1 L’investimento in capitale umano
3.3.2 Il capitale organizzativo: l’uso delle tecnologie ICT
per la produzione del servizio
3.3.3 Il capitale sociale dei CITT
3.3.4 I capitali finanziari
3.4 Conclusioni
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Capitolo 4. Analisi dell’efficacia del sistema di trasferimento tecnologico
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4.1 Introduzione
4.2 L’impatto dei CITT sulla catena del valore dell’innovazione
4.3 La rete di collaborazione dei CITT
4.3.1 Introduzione
4.3.2 Il grado di apertura della rete e complessità delle forme
di collaborazione
4.3.3 Il grado di intermediazione: il tipo di partner e il ruolo
di boundary spanning con le università
4.3.4 La struttura della rete dei CITT: un approfondimento
mediante social network analysis
4.4. L’efficacia del trasferimento tecnologico a livello settoriale
4.4.1 Introduzione
4.4.2 Coerenza tra specializzazione settoriale del sistema di trasferimento
tecnologico e struttura industriale del Veneto
4.4.3 L’attività di TT verso i settori a medio-alta intensità di conoscenza
4.4.4 Specializzazione dei CITT e opportunità di fusione
o ibridazione tecnologica
4.5 Conclusioni
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102
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106
Conclusioni
137
Appendice A - Questionario
149
Appendice B - Mappatura dei CITT per fonte
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Bibliografia
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Prefazione
Nel corso del 2006-2007 la Conferenza Regionale sulle dinamiche economiche e
del lavoro è stata fortemente impegnata sui temi dell’innovazione. Ne è derivato un
apposito gruppo di lavoro nel quale sono stati invitati tutti i centri di ricerca – ben 88 –
presenti nella nostra regione.
La ricerca che qui presentiamo, affidata alla direzione scientifica della professoressa Anna Comacchio di Ca’ Foscari, è stata impostata, discussa e realizzata sotto
gli auspici di quel gruppo di lavoro. Non si tratta di una pura e semplice mappatura
dei CITT (Centri per l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico), perché è largamente arricchita da informazioni relative alla classificazione qualitativa, alla stratificazione storica e al posizionamento operativo sia in termini di relazioni internazionali e
nazionali, sia in una logica sistemica di offerta regionale dei Centri.
Il quadro che ne emerge è ricco di luci, ma anche con qualche ombra. Se da un lato,
infatti, la varietà e l’articolazione del sistema di offerta si presenta ricco e differenziato,
dall’altro ancora non è soddisfacente l’integrazione tra il piano della ricerca scientifica,
soprattutto sviluppata in ambito universitario, questi centri di connessione e di trasferimento e il variegatissimo mondo delle imprese che caratterizzano il nostro territorio.
Negli anni Novanta questo sistema ha registrato un’intensità di innovazione sia
in una logica tematica, più congeniale a presidiare le filiere del tessuto produttivo,
sia di multisettorialità, dedicata a una varietà di attori economici. Quella spinta si
è poi infiacchita in un quadro internazionale che, invece, richiede la generazione
continua di innovazioni derivanti dalla ricerca propria.
Consegniamo questa elaborazione a tutte le realtà organizzate che siedono nella
Conferenza, con l’augurio che possa rappresentare uno strumento prezioso per individuare nuovi obiettivi di posizionamento, per competere con centri concorrenti, per
coprire nicchie di servizi non presenti a livello regionale e per rafforzare partnership
che permettano una specializzazione in una logica di sistema.
L’impegno prodigato anche in questa sede ha contribuito all’approvazione della
legge regionale n. 9 del 18 maggio 2007 recante il titolo “Norme per la promozione
ed il coordinamento della ricerca scientifica, dello sviluppo economico e dell’innovazione nel sistema produttivo regionale”.
VII
Il 20 ottobre scorso il Consiglio regionale ha approvato con larghissima condivisione il primo passaggio della tradizione operativa della legge che discende
dall’art. 11, ovvero il “Piano Strategico”. Il contesto economico internazionale minaccia una recessione, nella quale come sempre gli elementi di crisi convivono con
quelli di selezione e di trasformazione. La crisi, quindi, è anche un’opportunità per
i sistemi più vitali e innovativi.
Marino Finozzi
Presidente del Consiglio regionale del Veneto
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Open Innovation nel Veneto
Capitolo 1
Il Trasferimento tecnologico:
ruolo e questioni aperte
1.1 Trasferimento tecnologico e open innovation
La creazione di nuova conoscenza attraverso l’attivazione di canali di trasferimento e condivisione tra organizzazioni diverse è un processo sempre più significativo per la competitività aziendale e più in generale per lo sviluppo economico (Easterby-Smith, Lyles e Tsang, 2008), soprattutto in anni recenti, nei quali la conoscenza
rappresenta il principale fattore produttivo (Rullani, 2004) e i confini organizzativi
costituiscono una leva progettuale utilizzata non solo per creare barriere difensive,
ma anche e soprattutto per aprire finestre di opportunità per l’accesso a risorse
complementari a quelle possedute da una singola impresa.
Una specifica forma di trasferimento inter-organizzativo di conoscenza è costituita dal trasferimento tecnologico (TT), che può essere definito in modo sintetico come
un processo di interazione intenzionale attraverso il quale informazioni e conoscenze
scientifiche e tecnologiche, e/o artefatti e diritti vengono trasferiti ai fini dell’innovazione di prodotto o processo da un contesto organizzativo fornitore-doner ad un
altro cliente-receiver (Bessant e Rush, 1995; Bozeman, 2000; Amesse e Cohendet,
2001; Howells, 2006). Occorre specificare che le informazioni o conoscenze trasferite
possono essere frutto da un lato di un processo di produzione interna di un’organizzazione (ad esempio un centro o laboratorio privato di ricerca) che, come fornitoredoner cede al cliente-receiver (impresa) la conoscenza prodotta internamente, in una
relazione one-to-one. Oppure possono derivare da una attività di intermediazione in
cui un’organizzazione (ad esempio una società broker tecnologico) facilita il trasferimento di conoscenza tra un secondo fornitore-doner (ad esempio un’università) e il
cliente-receiver (impresa) mediante una relazione one-to-one-to-one.
Il trasferimento tecnologico inter-organizzativo non è un fenomeno nuovo nell’ambito della Ricerca e Sviluppo (R&S). A partire dai primi studi degli anni settanta
sui laboratori di R&S (Allen, 1966, 1977; Von Hippel, 1987) diversi autori indicano
l’esistenza di relazioni interpersonali tra ricercatori di imprese concorrenti. Questo
fenomeno è stato anche definito “collective invention” (Allen, 1983; Cowan e Jonard, 2003): le relazioni informali attivate consentono uno scambio di know-how
3
utile al problem solving dei team di ricerca, di cui beneficiano sia “doner” che “receiver” (chi non restituisce nel tempo informazioni utili viene penalizzato ed estromesso
dalla rete di collaborazioni informali). Negli anni novanta alcuni studi dimostrano
l’emergere di relazioni più formalizzate tra università, grandi multinazionali e piccole
imprese altamente innovative. Tale fenomeno caratterizza tuttavia prevalentemente
settori a elevato tasso di investimento in R&S come quello farmaceutico e delle
biotecnologie (Arora e Gambardella, 1990; 1994).
Nell’ultimo decennio il trasferimento tecnologico inter-organizzativo ha subito una
forte diffusione ed evoluzione, e un crescente numero di settori e organizzazioni si sono aperti a processi di scambio di conoscenza con partner esterni, secondo un modello
di open innovation (Chesborough, 2006; Gassman, 2006; Kodama et al., 2008). Ad
esempio nel settore della telefonia mobile le grandi multinazionali che hanno tradizionalmente investito in Research & Development (R&D) in-house stanno riducendo e
focalizzando tali investimenti, ricorrendo a partnership esterne. Nokia Corp. ha previsto di portare l’investimento in R&D rispetto al fatturato, dal 12.8% del 2004 a meno
del 10% del 2006. Contestualmente la progettazione del 20% dei 700 milioni di mobile
phones venduti worldwide nel 2006 con il brand di multinazionali del settore è stata
data in outsourcing a Original Design Manufacturers (ODMs), (Business Week, 2005).
Diversi fattori possono essere considerati come cause della diffusione del ricorso alle fonti esterne di innovazione. Ne sono state individuati cinque principali (Gassmann, 2006). Anzitutto il processo di globalizzazione che se da un lato ha reso più
accessibili “pocket of knowlegde” (Santos et al., 2004) a livello internazionale e più
facilmente trasferibili le conoscenze tra confini nazionali, dall’altro ha portato a una intensificazione della concorrenza. Un secondo trend è l’intensità e velocità dell’innovazione tecnologica e la riduzione del ciclo di vita dei prodotti. Un esempio di un modello
di open innovation guidato dalla ricerca di riduzione del time to market è il caso della
HP. La multinazionale ha previsto di ridurre il suo investimento dal 6% del fatturato al
4.4% del 2006, impostando la propria strategia sull’attivazione di un network globale
di partner tecnologici come Quanta e Hon Hai Precision a cui ha esternalizzato la progettazione di PC o Inventec per i servers e lettori MP3, ottenendo una riduzione del
60% dei tempi con cui un nuovo concept è commercializzato e una focalizzazione delle
risorse interne verso progetti a maggiore valore aggiunto (Business Week, 2005).
Un terzo trend è dato dalla fusione o convergenza di più tecnologie come la
meccatronica, l’optotronica e la bioinformatica (Kodama 1992). Questa evoluzione
ha portato a una riduzione delle barriere tra settori e a una diffusione di strategie
di diversificazione tecnologica, ossia di innovazione di prodotto che sfrutta appunto
le opportunità derivanti dalla ibridazione e combinazione di tecnologie diverse, come nel caso del settore delle macchine utensili (che fondono idraulica, meccanica,
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elettronica e software) (Kodama, 1992) o delle nanotecnologie ai cui avanzamenti si
devono opportunità di fertilizzazione incrociata con tecnologie consolidate di settori
maturi (Avenel, Favier, Ma, Mangematin e Rieu, 2007). La necessità di accedere a
conoscenze a carattere interdisciplinare, che tali progetti di fusione di più tecnologie
richiedono, spinge alla ricerca di fonti esterne anche oltre i confini di settore. Infine
possono essere considerati come fattori che creano le condizioni per una maggiore
apertura delle imprese a fonti esterne l’evoluzione di un’economia knowledge-based
e l’emergere di nuovi modelli di business (Gassman, 2006). A fronte del rischio che
molti prodotti e servizi diventino commodities le imprese cercano nuove opportunità
derivanti da prodotti ad alta intensità di conoscenza o emergenti in domini tecnologici avanzati come nanotecnologie o biotecnologie (Yusuf, 2008). Inoltre, grazie anche all’evoluzione di internet, si aprono opportunità per cooperazioni con comunità
strategiche di clienti (Kodama, 2007) che ne valorizzino informazioni e conoscenze in
progetti innovativi, come nel caso Ducati (Verona e Prandelli, 2006).
Questi macro trend delineano le forze che spingono le imprese a cercare conoscenze prodotte all’esterno. Alcune ricerche sostengono che le fonti interne e le fonti esterne di conoscenza siano sostitutive, trovando in ragioni economiche, di riduzione dei
costi della ricerca e dei costi di transazione i motivi dell’outsourcing dell’R&D (Pisano,
1990). Vi sono studi che viceversa indicano una complementarità tra investimenti in
R&D in-house e l’attivazione di processi di trasferimento tecnologico dall’esterno (Arora e Gambardella, 1990; Cassiman e Veugelers, 2006; Roper et al., 2008; Tether e Tajar,
2008). Questi studi individuano la ragione del ricorso a fonti esterne non solo nell’efficienza e nella riduzione degli investimenti in R&D, ma anche nella ricerca di conoscenze ad alto valore aggiunto necessarie a integrare quelle sviluppate internamente,
inoltre indicano che proprio l’esperienza in R&D interna è al tempo stesso anche una
condizione che favorisce la capacità di attivare e gestire collaborazioni estere.
1.2 Trasferimento tecnologico e fonti dell’innovazione
La ricerca di fonti esterne di innovazione ai fini del trasferimento tecnologico può
rivolgersi a organizzazioni fra loro molto differenziate.
Secondo gli studi sulle traiettorie tecnologiche le fonti di innovazione esterna
più rilevanti sono definite in media dalle specificità di ciascun regime tecnologico di
settore (Pavitt, 1984; Malerba e Orsenigo, 1997; De Jong e Marsili, 2006). Le università o i laboratori di ricerca sono le fonti esterne di innovazione a cui fanno ricorso le
imprese di settori science based (ad esempio farmaceutico, elettronica), i fornitori di
beni industriali sono le fonti di innovazione privilegiate da imprese del settore sup5
plier dominated (ad esempio settori del made in Italy come tessile, abbigliamento
o calzature). Nel caso di imprese scale intensive (settore dell’alimentare o prodotti
di largo consumo) l’innovazione è prevalentemente interna in quanto principalmente
innovazione di processo, mentre nei settori specialised supplier (fornitori di beni
industriali) la fonte dell’innovazione esterna è costituita dai clienti industriali.
Alle fonti principali oggi si sta affiancando una gamma di altri potenziali partner.
Un esempio viene da un settore scale intesive come quello dei beni di consumo per
la casa, nel quale con una riorganizzazione della ricerca del 2006, la Procter and
Gamble è passata da un modello di R&D, mediante il quale il 90% dei prodotti nuovi
era realizzato grazie a progetti interni, a un modello di C&D (Connect and Develop)
con il quale ha attivato forme di collaborazione con enti e ricercatori esterni e ha
portato al 50% la quota di prodotti realizzati con l’ausilio di fonti esterne, con un
incremento della produttività della ricerca del 35% (Dodgson et al., 2006). Ma si
pensi anche al caso di un settore maturo e supplier dominated come il tessile che
grazie a strategie di fusione con le nanotecnologie, sta scoprendo opportunità nuove
in termini di segmenti di mercato. Ne è un esempio il caso del tessile tecnico che
grazie alla collaborazione con laboratori di ricerca e università coniuga le tecnologie
consolidate del tessile con le nanotecnologie, come avviene nel caso delle imprese
italiane del TexClubTec, l’associazione nata con circa 30 imprese nel 1998, che attualmente annovera 120 aziende innovative.
Forme di cooperazione di tipo verticale tra organizzazioni appartenenti alla stessa filiera produttiva sono indicate come un canale privilegiato per l’innovazione soprattutto dalle piccole e medie imprese appartenenti ai distretti produttivi (Istat,
2008). Le partnership lungo la supply chain si sono più recentemente qualificate e
intensificate per ciò che riguarda lo scambio di conoscenze ai fini dell’innovazione
di prodotto sia con i clienti industriali nel caso di settori B2B, che con lead users o
comunità di consumatori, per i settori di beni durevoli o di consumo, sia infine con i
fornitori che, soprattutto in strategie di diversificazione tecnologica, possono essere
fonti di nuove idee e know-how su materiali o componenti avanzati.
Altre fonti di innovazione esterne sono i concorrenti, con i quali sono in crescita
cooperazioni di tipo orizzontale per la R&D, sebbene si registri una variazione nelle
forme di governance di queste alleanze con una tendenza ad abbandonare forme più
rigide come le joint venture per forme più flessibili come il licensing (Hagerdoon,
2002). L’evoluzione e la crescita di tali accordi avviene nonostante i problemi di appropriazione dei vantaggi derivanti dall’innovazione, i quali, in questo tipo di cooperazioni, sono ancora più rilevanti di quelli che possono emergere nelle relazioni tra
partner della supply chain (Colombo e Zanfei, 1988). Gli studi degli ultimi quindici
anni sulle alleanze strategiche hanno fornito molti riscontri empirici della diffusione
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di tali partnership in diversi settori, della loro evoluzione, ma anche delle difficoltà
che tuttora permangono nella gestione di questo tipo di alleanze.
Infine fonti di conoscenze alla frontiera per processi di ricerca di base e applicata
sono enti di ricerca pubblici, centri o laboratori privati e le università. Molteplici studi
attribuiscono ai primi e soprattutto alle università un ruolo sempre più centrale nell’evoluzione di sistemi di innovazione, sia a livello internazionale che locale (Arundel
e Geuna, 2001; Adams, 2005). Tuttavia ancora limitata è la propensione delle Piccole e Medie Imprese (PMI) ad avviare rapporti di collaborazione tecnologica con
Università o centri di ricerca, come rilevato anche dalla survey della comunità europea sull’innovazione (Community Innovation Survey) che indica come in Europa solo
l’11% delle imprese innovative di piccola dimensione attiva forme di cooperazione di
questo tipo contro il 61% delle imprese di grandi dimensioni (Crowley, 2004).
Come sottolineano anche questi dati sulle collaborazioni con le università da parte delle PMI, le opportunità offerte dalla molteplicità di fonti sia per collaborazioni
verticali interne o esterne al settore (nel caso di diversificazione tecnologica), sia per
collaborazioni orizzontali, che infine per relazioni con enti di ricerca e università non
sono facilmente coglibili dalle imprese.
Difficoltà si incontrano nelle diverse fasi di un processo di trasferimento o sourcing tecnologico: a. scanning del mercato, b. valutazione e selezione della conoscenza e dell’eventuale partner e c. governance e coordinamento per lo scambio.
a. Fase di scanning del mercato
Anzitutto nella prima fase di scanning o ricerca di nuove conoscenze, a causa
delle imperfezioni del mercato delle conoscenze (Arora et al., 2001; Lichtenthaler
e Ernst, 2006) risulta difficile raccogliere informazioni su nuove idee generate all’esterno e su chi ne è la fonte, ad esempio per mancanza o inefficienza dei canali
di comunicazione. Tale difficoltà è ancora più elevata nel momento in cui la ricerca
di idee e partner non avviene in un contesto locale o settoriale ben definito, come
nel caso di un distretto industriale, ma si cercano partner tecnologici oltre i confini
geografici o oltre i confini cognitivi definiti da una specifica traiettoria tecnologica di
settore. Inoltre in questa fase possono sorgere barriere legate alle persone, come
la carenza di competenze o di motivazione (Greiner e Franza, 2003), si pensi alla sindrome del “Not invented here” che preclude a team di ricercatori molto competenti e
coesi di cercare all’esterno idee nuove, nella convinzione della superiorità del lavoro
svolto all’interno del team rispetto a qualsiasi fonte esterna (Katz, 1988).
b. Fase di valutazione e selezione della conoscenza e dei partner
Una volta raccolte le informazioni necessarie sulle potenziali fonti esterne di
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innovazione, un secondo ordine di difficoltà deriva dalla valutazione del valore che le
conoscenze oggetto di scambio hanno per l’impresa receiver, in relazione alla natura
delle conoscenze scambiate, ad esempio più tali conoscenze sono nuove o tacite più
elevata è la difficoltà dell’assessment. Inoltre la difficoltà di valutazione può derivare dell’incertezza ambientale (Carson et al., 2006), nelle fasi iniziali di una nuova
traiettoria tecnologica è più difficile valutare le opportunità di innovazione derivanti
da conoscenza avanzata sia scientifica che tecnologica.
Lo scambio di conoscenza non avviene solo mediante meccanismi di mercato
come la cessione di un brevetto, ma sulla base di rapporti cooperativi tra imprese
caratterizzati da processi di apprendimento congiunto e da specifici progetti strategici. Rispetto all’uso del mercato, un apprendimento da cooperazione consente
di generare un numero maggiore di alternative tecnologiche (Colombo e Zanfei,
1988), ma diversi ostacoli possono ridurne o neutralizzarne l’esito. La selezione dei
partner in questo tipo di collaborazioni richiede particolare attenzione con riferimento anzitutto alle complementarità tecnologiche e alla diversa distribuzione del
know-how tra le due organizzazioni. Lo squilibrio può causare problemi di comunicazione e può essere fonte di diverso potere contrattuale, e quindi di comportamenti opportunistici di una delle due parti. Inoltre oggetto di valutazione dovranno essere anche le complementarità strategiche-organizzative e quelle culturali (Emden,
Calantone e Droge, 2006).
c. Fase di governance e coordinamento della collaborazione
Un terzo elemento di complessità emerge nelle fasi di gestione della relazione
con uno o più partner, per difficoltà di coordinamento degli obiettivi strategici tra
le parti, problemi di integrazione e coerenza tra i meccanismi operativi e le risorse
umane delle due organizzazioni partner. In questa fase le imprese incontrano problemi dovuti all’incertezza comportamentale per comportamenti opportunistici del partner (Carson et al., 2006) da cui deriva il rischio di perdita di informazioni. Talora tale
rischio è maggiore per le imprese di piccole dimensioni per le limitate difese della
proprietà intellettuale che possono attivare, a causa dei costi dei mezzi legali di protezione o per la limitata efficacia di tali mezzi in regimi tecnologici ad appropriabilità
debole. Infine in questa fase una barriera significativa è legata all’incertezza relativa
al contenuto della relazione e quindi al tipo di conoscenza oggetto di scambio, la
sua maggiore o minore complessità (technology equivocability o casual ambiguity),
la componente firm specific (stikiness) che caratterizza conoscenze tacite, fattori che
determinano, come ricordano diverse ricerche, il costo di attivazione di meccanismi
di trasmissione e coordinamento adeguati e la loro efficacia.
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L’esigenza di ottenere un supporto a tali processi soprattutto da parte della PMI
è dimostrata dai dati italiani relativi al ricorso a fonti esterne di innovazione, i quali
indicano che nell’industria mentre il 34,7% delle imprese con 250 addetti dichiara di
avere accordi di collaborazione, tale percentuale scende al 16,8% delle imprese con
50-249 addetti e al 9,0% delle imprese con 10-49 addetti (Istat, 2008).
Nei sistemi locali di innovazione caratterizzati da forte presenza di PMI e di settori maturi gli elementi di complessità del processo di innovazione e trasferimento
tecnologico sono ancora più critici, in quanto elevati investimenti fissi in R&D non
sono giustificati dalla limitata numerosità di progetti, dal limitato volume di vendite
dell’impresa o dai margini ridotti. Gli alti investimenti per la ricerca e lo sviluppo di
nuovi prodotti interessano tutte le fasi della value chain dell’innovazione (Hansen e
Birkinshaw, 2007; Roper et al., 2008):
1. fase di knowledge sourcing: ricognizione e acquisizione di conoscenza
1. scanning del mercato;
2. valutazione e selezione della conoscenza e dell’eventuale partner;
3. governance e coordinamento per lo scambio.
2. fase di knowledge transformation: produzione e combinazione della conoscenza ai fini della realizzazione di un ouput innovativo;
3. fase di knowledge exploitation: sfruttamento a fini commerciali dell’innovazione.
Si tratta anzitutto di costi da sostenere per svolgere le attività di knowledge sourcing: costi di search e bargaining (Kodama, 2008) per le problematiche di ricerca di informazioni e selezione del partner e di gestione di problemi negoziali emergenti nelle
fasi che precedono l’attivazione di uno scambio. Si tratta anche di costi di organizzazione della collaborazione, una volta avviata, volti alla predisposizione dei più corretti
e coerenti meccanismi di trasferimento della conoscenza e all’allineamento dei comportamenti dei partner (comunicazione, sistemi di incentivi, sistemi di controllo).
È stato dimostrato da diverse ricerche che un fattore che spiega la differenza
tra imprese che hanno attivato collaborazioni e imprese non in grado di superare le
barriere alla collaborazione è il possesso da parte delle imprese di capacità di assorbimento dall’esterno (absorptive capacity) (Cohen e Levinthal, 1990; Arbussà e Coenders, 2007; Easterby-Smith et al., 2008; Kodama, 2008), ossia l’abilità di riconoscere
velocemente opportunità tecnologiche e valutare efficacemente le idee di valore
nel mercato delle conoscenze scientifiche e tecnologiche e trasferirle internamente
integrandole nei progetti di innovazione aziendale.
La presenza di tale capacità dipende da scelte organizzative e di gestione delle risorse umane e in particolare dalla conoscenza sviluppata mediante attività di
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R&D interna. Pertanto per poter avviare nuove collaborazioni le imprese devono fare
anche un investimento interno in attività di ricerca e sviluppo. Questo si spiega in
base al fatto che l’attività di R&D interna favorisce lo sviluppo di competenze nel
personale che rendono i ricercatori in grado di attivare i canali più appropriati di
raccolta delle informazioni e ne fanno interlocutori altamente qualificati di partner
esterni (Arora e Gambardella, 1990, 1994; Cassiman e Veugelers, 2006; Roper et al.,
2008). Una ricerca realizzata sulla base di dati della CIS-2 in Inghilterra ha rilevato
che le imprese che investono in R&D e hanno come obiettivo lo sviluppo di prodotti
non incrementali (‘new to the market’ rather than ‘new to the firm’) e quindi sono
interessate a conoscenze ad altro grado di novità hanno più probabilità di avviare
accordi di collaborazione per l’innovazione (Tether, 2002).
Per ciò che riguarda gli investimenti da parte delle imprese in knowledge transformation ed exploitation il limitato investimento in ricerca da parte delle imprese
italiane è documentato da diverse indagini (Lucking, 2003; Crowley, 2004; Daveri,
2006). L’Italia spicca per la ridotta intensità dell’attività di Ricerca e Sviluppo, misurata sia come investimento in capitale umano sia come spese per l’R&S (European
Commission, 2004). Nel 2003, inoltre, la Commissione Europea ha rilevato che la
percentuale di manager italiani che dichiarava di innovare per incontrare le esigenze
del mercato era la più bassa tra i paesi analizzati, mentre quella che indicava come
driver dell’innovazione la necessità di migliorare l’efficienza di macchinari e impianti
era la più alta (Eos Galup, 2003). Infine, le imprese italiane, anche le giovani aziende
high-tech, mostrano una scarsa propensione alla brevettazione (Colombo, 2005).
La difficoltà o scarsa convenienza ad effettuare investimenti nelle diverse fasi
della value chain dell’innovazione per fattori interni o di contesto ha creato l’opportunità per la nascita di organizzazioni specializzate in fornitura di servizi di ricerca e
sviluppo e di trasferimento tecnologico.
1.3 I centri per il trasferimento tecnologico
1.3.1 Definizione dei CITT e funzioni a supporto della value chain
dell’innovazione
Recentemente diverse ricerche hanno iniziato a porre attenzione ad attori economici che a diverso titolo svolgono un ruolo di supporto all’innovazione e al trasferimento tecnologico, cercando di identificarne la natura, le principali funzioni svolte e
di classificare i servizi resi al sistema delle imprese.
Nel 2004 la Comunità Europea ha pubblicato uno studio dedicato all’analisi e
classificazione dei centri di trasferimento tecnologico. Si tratta della prima ricerca
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su questo tipo di organizzazioni realizzata dalla comunità europea con un’estensione
geografica che comprende tutti i paesi europei, e include nel data set una popolazione di 1596 enti, di cui 101 italiani.
Lo studio sostiene che le “Technology Transfer Institutions (TTIs), such as industrial liaison offices, technology transfer offices, contract research organisations and
other innovation support providers such as technology parks and incubators, play an
increasingly important role in the creation and reinforcement of the relationships
between industry and public research organisations (PROs).” (EU 2004: 7).
Come si nota la comunità europea individua le istituzioni per il trasferimento tecnologico (ITTs) o Centri per il Trasferimento Tecnologico (CITT) in base al ruolo attivamente svolto da tali istituzioni nel creare un ponte tra imprese e ricerca pubblica.
Mentre l’OECD (2002; 2003) aveva dato una definizione simile di Technology
Transfer Organisations (TTOs) ma più restrittiva considerando quelle organizzazioni o
parti di organizzazioni che “help the staff at public research organizations to identify
and manage the organization’s intellectual assets, including protecting intellectual
property and transferring or licensing rights to other parties to enhance prospects
for further development”, la comunità europea offre una definizione più ampia. Nel
classificare i Centri di trasferimento tecnologico, include oltre alle organizzazioni o
parti di esse che operano a supporto del trasferimento tecnologico dei centri pubblici
di ricerca (PROs), in particolare le università, anche i centri che svolgono un ruolo
di supporto alla creazione di imprese per lo sviluppo e la commercializzazione di invenzioni (spin-off) come i Parchi scientifici e tecnologici e gli incubatori. Inoltre considera anche una terza categoria di organizzazioni che definisce Contract Research
Organisations, che offrono al settore privato servizi legati alla ricerca, con specifica
funzione di trasferimento tecnologico. Come si comprende dalla classificazione, nella definizione di ITTs della Comunità europea rientrano organizzazioni legate ai centri
pubblici di ricerca (PROs), o in quanto dipartimenti di tali Centri o unità esterne degli
stessi oppure come intermediari pubblici o anche privati ma strettamente legati, per
il servizio, reso ai PROs. Pertanto le attività svolte sono identificate nelle seguenti
cinque tipologie: Patenting and patenting assistance, Licensing of IPR, Management
of contract research (not performing of), Spin-off assistance (e.g. business consulting), Spin-off financing (provision of seed capital).
La priorità per la comunità europea è dunque la fertilizzazione incrociata tra mondo
della ricerca e mondo dell’industria e la riduzione delle barriere al trasferimento di conoscenza tra i due sistemi, soprattutto con riguardo alle maggiori difficoltà che le PMI
incontrano nel rapportarsi al mondo della ricerca. I CITT o ITTs secondo la comunità europea possono ridurre alcune barriere a questo tipo di relazione, le quali risiedono nella carenza di informazioni sui progetti svolti e le conoscenze sviluppate dai PROs, negli
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elevati costi di transazione nella gestione di uno scambio con tali enti, nelle differenze
di cultura e obiettivi dei partner, nell’incertezza sui risultati di una collaborazione, nei
rischi di perdita di informazioni strategiche a beneficio dei concorrenti (EU, 2004).
Per quanto riguarda i dati sull’Italia, dalla ricerca europea emerge che il nostro
paese si colloca nel gruppo di nazioni a bassa “ITTs intensity” (rapporto tra numero
di ITTs e spesa in R&D dei centri pubblici di ricerca), e quindi vi sono potenzialità di
sviluppo di questo tipo di organizzazioni e dei loro servizi, collocandosi i CITT italiani
anche al di sotto della media europea per ciò che riguarda l’offerta di quattro tipi di
servizi su cinque. L’unico tipo di servizio in cui i nostri CITT risultano superiori alla
media europea è costituito dal supporto finanziario agli spin-off.
Dati italiani sui centri di trasferimento tecnologico sono stati raccolti dal RIDITT,
rete italiana per la diffusione dell’innovazione e il trasferimento tecnologico in collaborazione con l’Ipi-Istituto di promozione industriale. I due enti hanno condotto
un’indagine volta a identificare le strutture presenti nel territorio nazionale che
hanno il compito di facilitare e promuovere l’innovazione, mediante l’erogazione di
servizi per le imprese. La popolazione di CITT comprende 300 organizzazioni di cui 34
nel Veneto (9 analizzate nella survey).
La definizione del RIDITT di Centro per l’innovazione e il trasferimento tecnologico comprende sia le attività di innovazione tecnologica, intesa come “quelle attività che consentono di sviluppare nuovi prodotti, processi o metodologie in grado
di soddisfare determinati bisogni o risolvere problemi di natura tecnica” sia di trasferimento tecnologico, inteso come “processo attraverso il quale si ha un effettivo
“spostamento o trasferimento” di una data tecnologia dal soggetto che la detiene
(ad esempio, un centro di ricerca o un’Università) al soggetto che la riceve (normalmente un’impresa)” (RIDITT, 2005: 15).
I Centri per l’Innovazione ed il Trasferimento Tecnologico (CITT) sono stati definiti
come “quelle strutture di natura pubblica, privata o mista, che a fronte della domanda di
innovazione delle imprese, mettono a disposizione un set articolato di servizi, tecnologie
e conoscenze che costituisce l’offerta di innovazione disponibile” (RIDITT, 2005: 15).
Come si può notare l’accezione di CITT fornita dalla ricerca del RIDITT è più
ampia di quella data dalla Comunità europea, cosa che ha portato a mappare una
popolazione di 300 CITT contro i 101 della ricerca EU 2004.
Nella definizione italiana, in coerenza con altre ricerche (Howells, 2006), si integrano due ruoli ossia:
1. il trasferimento tecnologico: i CITT svolgono una funzione di intermediazione tra
sistemi diversi (come imprese e università) e tra partner diversi;
2. l’innovazione tecnologica: i CITT possono svolgere attività autonoma di ricerca
con finalità di supporto al partner impresa.
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I due ruoli svolti dai Centri di trasferimento tecnologico vanno a supporto delle
tre fasi della value chain dell’innovazione delle imprese receiver (Hansen e Birkinshaw, 2007; Roper et al., 2008). Per ciascuna fase della value chain, le imprese
possono trovare all’esterno un’organizzazione specializzata che svolge la corrispondente funzione:
1. funzione di knowledge sourcing: scanning del mercato, valutazione e selezione della conoscenza e dell’eventuale partner, governance e coordinamento per lo
scambio;
2. funzione di knowledge transformation: produzione e combinazione della conoscenza;
3. funzione di knowledge exploitation: commercializzazione dell’innovazione.
Nella prima fase di knowledge sourcing (o trasferimento tecnologico in senso
stretto) sono comprese le attività di intermediazione a supporto dello scambio di conoscenza tra due partner, il CITT svolge una funzione di broker tra due nodi altrimenti
non collegati, senza attivare un processo interno di innovazione. Nella seconda fase
di knowledge trasformation rientrano tutte le attività volte a fornire un supporto al
lancio e alla gestione di progetti di innovazione tecnologica interni alle imprese. Tali
attività possono derivare da progetti di innovazione sviluppati internamente da un
CITT (centro di ricerca o laboratorio) e realizzati a supporto dell’attività di R&D dell’impresa cliente. Infine nella terza fase le imprese possono ricorrere a competenze
specialistiche per l’immissione sul mercato di nuovi prodotti.
1.3.2 Natura delle conoscenze, funzioni e servizi di trasferimento tecnologico
La ricerca e produzione di nuove conoscenze come fattore di input per progetti
innovativi è alla base delle tre funzioni svolte dai CITT. Le dimensioni della conoscenza che gli studi più recenti sul trasferimento tecnologico e sull’innovazione, secondo
una prospettiva knowledge base, hanno evidenziato come particolarmente significative per la value chain dell’innovazione e quindi lo svolgimento di ciascuna funzione
da parte dei CITT sono le seguenti: il grado di novità della conoscenza, l’ampiezza
della stessa, la codificabilità e la distanza cognitiva.
1. Innovazioni esplorative e grado di novità delle conoscenze
Collocando le conoscenze, contenuto dello scambio tra due partner, tra i due poli
di un continuum rispetto al grado di novità e al loro carattere scientifico piuttosto che
tecnologico, si possono identificare ad un polo “raw ideas” e all’altro “market-ready
products” (Nambisan e Sawhney, 2007).
La produzione interna di conoscenze ad elevato grado di novità, ossia “raw ideas”
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o conoscenze a carattere scientifico e alla frontiera tecnologica, è un processo caratterizzato da elevati investimenti, tempi lunghi e alto grado di incertezza. Per questi
motivi la quota del fatturato derivante da prodotti che incorporano tali conoscenze e
perciò sono nuovi per il settore/mercato (secondo la definizione della comunità europea) è ancora bassa nelle imprese italiane (in media 5,9% nell’industria e 4,8% nei
servizi), seppure con differenze significative tra grandi imprese (quota del 14,4%),
quelle di medie dimensioni (11,3%) e le piccole (6,7%) (Istat, 2008).
La ricerca all’esterno di tali conoscenze può ridurre l’investimento richiesto,
trasferendo ad altra organizzazione il rischio dell’esito almeno delle prime fasi del
processo di ricerca di base, rimanendo gli oneri dell’implementazione della nuova
scoperta a carico dell’impresa che acquisisce. Pertanto il grado di rischio e il time to
market sono più elevati nel caso di acquisizione dall’esterno di idee che si trovano ad
uno stadio embrionale di sviluppo, rispetto a “market-ready products”. Conoscenze
ad elevato grado di novità d’altro lato hanno il vantaggio, per le imprese receiver,
di generare un’ampia gamma di alternative di innovazioni di prodotto. Fonti esterne
di tali conoscenze sono le piccole imprese altamente innovative, come spin off universitari o gazzelle dell’innovazione (Colombo, 2005), o i centri di ricerca pubblici e
privati o le università.
La ricerca e la valutazione di conoscenze di tipo scientifico e di base o di “raw
ideas” può essere agevolata in parte per quelle imprese che sanno sfruttare l’open
science e quindi accedono a pubblicazioni scientifiche, data base su brevetti o convegni. Ma anche per lo sfruttamento di tali canali sono necessarie risorse interne,
in primis ricercatori con elevato grado di scolarizzazione e abituati a interagire con il
mondo scientifico e accademico.
Considerando le tre funzioni dei CITT (knowledge sourcing, transformation ed
exploitation), questi possono supportare la ricerca e il trasferimento di conoscenze
ad elevato grado di novità in diverso modo.
Con riferimento alla funzione di sourcing, i liason office o uffici per il trasferimento tecnologico delle Università possono favorire la diffusione di conoscenze su
scoperte realizzate dai dipartimenti e su eventuali brevetti. Centri con ruolo di brokering possono aiutare le imprese nell’attività di scanning dell’ambiente scientifico
per l’individuazione e la valutazione di brevetti utili al receiver, per la selezione dei
partner alla frontiera tecnologica, o fornire assistenza legale per la definizione di
contratti di licensing o partnership che riguardino progetti altamente innovativi e
quindi caratterizzati da elevato grado di incertezza.
In secondo luogo, la funzione di knowledge transformation è realizzata da CITT
come i Centri di ricerca applicata o parchi scientifici i quali possono affiancare le
imprese su progetti innovativi. Infine Centri di TT con funzione di knowlegde exploi14
tation possono anche svolgere attività di assistenza alla brevettazione nel caso in
cui sia l’azienda il produttore di nuova conoscenza, e assistenza per il licensing out.
Infine parchi scientifici e incubatori possono svolgere funzioni di assistenza per lo
start-up di spin-off nati attorno a una idea innovativa.
2. Convergenza tecnologica e ampiezza della base di conoscenze
In relazione ai processi di fusione o convergenza tecnologica e alle strategie di
diversificazione tecnologica (Kodama, 1992; Choi e Valikangas, 2001; Whengel e
Shapira, 2004) una dimensione sempre più rilevante delle conoscenze necessarie
per l’innovazione è l’ampiezza delle stesse. L’ampiezza della base di conoscenze
necessarie per progetti di innovazione è data dal range di aree disciplinari in cui
l’azienda investe (Cowan, 2005; Zhang et al., 2007) e quindi il numero di diversi domini tecnologici che un progetto di sviluppo di nuovi prodotti implica. L’investimento
in nuove aree costituisce l’apertura di una finestra tecnologica le cui opportunità
non sono rinunciabili soprattutto da parte di imprese che rischiano la concorrenza di
nuovi entranti (Christensen, 1997).
Le conoscenze che appartengono a domini tecnologici molto diversi da quelli in
cui opera l’impresa non sono facilmente individuabili e valutabili.
Investire con la stessa intensità in una gamma di domini tecnologici ampia per
garantire lo sviluppo di conoscenze alla frontiera tecnologica risulta molto difficile
per un’impresa che ha già investimenti significativi in domini tecnologici consolidati.
Anzitutto per difficoltà cognitive, progetti di ricerca che ibridano tecnologie diverse richiedono di combinare approcci che “are unlikely to be naturally compatible”
(Wang e von Tulzelman, 2000: 806). In secondo luogo investire in ampiezza delle
conoscenze richiede elevati livelli di finanziamento per investimento (ad esempio
selezionare, formare, incentivare e coordinare progettisti o ricercatori con specializzazioni diverse) con corrispondenti elevati rischi.
Il ricorso a fonti esterne può aiutare ad affrontare alcuni problemi, ma esso stesso
non è esente da criticità. I partner possono non appartenere al settore dell’impresa e
possono essere distanti sia sotto il profilo cognitivo che geografico (Tallman e Phene,
2007), inoltre avviare forme di collaborazione con fonti esterne nei casi di diversificazione tecnologica può esporre l’impresa al rischio di appropriazione delle conoscenze
sul settore da parte di partner nuovi entranti, rischio più elevato soprattutto nei casi
di convergenza non solo tecnologica ma anche di mercato (Bröring e Leker, 2007).
Le funzioni che i CITT possono svolgere per imprese impegnate in progetti di convergenza tecnologica sono particolarmente rilevanti data la complessità dei progetti
che richiedono conoscenze lontane da quelle di settore e del dominio tecnologico di
competenza dell’impresa receiver.
15
Anzittutto la funzione di knowledge sourcing è significativa e diversa da quella realizzata dai centri che investigano la frontiera tecnologica (alla ricerca di conoscenza ad alto grado di novità). Quando i progetti di ibridazione necessitano di
nuove conoscenze, i CITT con ruolo di intermediazione o broker per essere efficaci
nell’attività di sourcing devono poter fare ricorso a un network ampio ed esteso
anche geograficamente di relazioni, che consente di trovare i partner più adatti per
l’impresa receiver.
CITT che realizzano attività di ricerca in nuovi domini tecnologici, svolgendo una
funzione di knowledge transformation ed exploitation, offrono servizi di technology
intelligence per l’individuazione di bisogni e applicazioni delle nuove conoscenze rispetto al settore dell’impresa partner e all’eventuale sviluppo di progetti congiunti.
L’ampiezza e il carattere non ridondante della rete di relazioni di un CITT è rilevante anche per la funzione di knowledge transformation. Infatti gli stessi CITT
possono svolgere un’attività combinatoria, ibridando tecnologie diverse e attingendo a conoscenze prodotte da attori diversi. È il caso di IDEO (Hagardoon e Sutton,
1997), società che grazie alla posizione in un network di imprese appartenenti a 40
settori, svolge un servizio di progettazione e design a favore di imprese combinando
soluzioni provenienti da contesti settoriali e tecnologici diversi.
3. Codificabilità delle conoscenze
Una parte della conoscenza oggetto di scambio tra partner è codificata, ossia
può essere trasferibile facilmente e relativamente a basso costo in contesti diversi
da quelli in cui è stata prodotta (know what) (Brusoni, Marsili e Salter, 2002), ad
esempio mediante paper, brevetti o forme di informatizzazione delle conoscenze su
progetti (sistemi di prototiping e software per l’archiviazione e il data mining sui progetti). La codificazione delle conoscenze può favorire la loro distribuzione nei sistemi
di innovazione (Cowan, David e Foray, 2000), ma il ricorso a fonti esterne codificate
sembra non essere omogeneo tra settori. Sono più propense ad utilizzare questa
conoscenza le imprese di settori science-based (Brusoni, Marsili e Salter, 2002). Più
in generale le fonti codificate risultano complementari ad altri tipi di fonti.
Il trasferimento tecnologico può incorporare anche conoscenze tacite (know how)
e context dependent (Polanyi, 1967) non contenute in testi o manuali o gestibili attraverso flussi comunicativi strutturati, ma assimilate attraverso il learning by doing
o learning by using (Rosenberg, 1982) e che, come tale, si collega alla comprensione
dei contesti di azione che difficilmente può essere posseduta da chi non condivide
la stessa esperienza. Il confine tra conoscenza tacita e codificata e la loro combinazione varia tra settori, tipi di attori economici (Grimaldi e Torrisi, 2001) ma anche in
funzione delle diverse fasi della ricerca e sviluppo.
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Le implicazioni per l’attività dei centri di trasferimento tecnologico di questa dimensione della conoscenza sono diverse. La differente natura codificata o tacita
incide sia sulla scelta del partner, che su quella dei meccanismi di trasferimento,
in quanto i meccanismi di comunicazione e coordinamento sono diversi in relazione
alla dimensione della conoscenza trasferita.
I CITT nello svolgere funzione di knowledge sourcing per lo scanning dell’ambiente e l’intermediazione tra soggetti che riguardi conoscenza codificata, sono chiamati
a investire sia in meccanismi formali e strumenti informatici, come anche a favorire
questo tipo di investimento da parte dei receiver, per agevolare la loro capacità di
ricerca e scambio di questo tipo di conoscenze.
La ricerca e lo scambio di conoscenza tacita è viceversa favorita da un sistema di
valori e linguaggi condivisi e richiede meccanismi diversi a supporto dello scambio
come i contatti interpersonali (Mariotti e Piscitello, 2006) o lo scambio di ricercatori,
ciò riporta all’importanza che possono avere la prossimità spaziale e la prossimità
cognitiva tra partner (Breschi et al., 2005). Quando il contenuto dello scambio ha
una componente tacita rilevante, non facilmente codificabile, come può avvenire
in settori a bassa intensità di R&D, questa viene trasferita a minor costo se la cooperazione avviene tra partner che sono inseriti in una rete di relazioni supportata
da rapporti interpersonali, che appartengono a un medesimo contesto locale, che
infine comunicano attraverso la condivisione di una medesima lingua, codici comuni,
convenzioni e norme. Economie di agglomerazione derivanti da local knowledge spill
over (Jaffe et al., 1993) e relazioni sociali (Breschi et al., 2005) favoriscono i partner
locali. La propensione a collaborare in ambito locale delle piccole e medie imprese,
può essere un vantaggio per CITT localizzati nell’ambito dello stesso sistema locale
di innovazione. Se lo sfruttamento dei vantaggi da prossimità spaziale agevola l’attività di trasferimento tecnologico, d’altro lato i CITT con funzione di broker devono
essere in grado di creare un ponte tra il contesto locale e potenziali partner dispersi
geograficamente. Il rischio di una forte coesione interna è dato dalla eccessiva omogeneità di conoscenze e informazioni che si viene a creare tra partner. Mentre il valore di una fonte esterna è dato anche dalle differenze della sua conoscenza rispetto
a quella del potenziale receiver e dalla sua complementarità. Ciò pone il problema
della individuazione da parte dei CTT di quale sia la giusta distanza cognitiva tra
base di conoscenze dei partner.
Nelle funzioni di knowledge transformation ed exploitation, i CITT possono svolgere diversi servizi. Anzitutto possono fornire servizi di supporto dello sviluppo di
capacità di codificazione del receiver, che favoriscono i processi di archiviazione e
riutilizzo della conoscenza di progetti realizzati internamente dall’impresa receiver.
Nelle attività di progettazione congiunta e supporto quindi di progetti del receiver,
17
la presenza di conoscenze tacite implica per il CITT investire nello sviluppo di conoscenze interne che favoriscano la condivisione degli stessi contesti di azione e
quindi la vicinanza cognitiva con l’impresa receiver. Ciò può essere motivo di specializzazione settoriale dei centri.
4. Distanza cognitiva
La ricerca di partner esterni è guidata dalla valutazione del grado di complementarità tra le conoscenze tecnologiche del receiver e di quelle del doner o partner
(Emden, Calantone e Droge, 2006). Un’eccessiva sovrapposizione tra le basi di conoscenze tecnologiche dei partner rende le stesse tra loro ridondanti e quindi a scarso
valore aggiunto per uno scambio ai fini dell’innovazione. È necessario quindi che le
conoscenze scambiate provengano da basi di conoscenze diverse e complementari.
Tale diversità rappresenta tuttavia anche un elemento di complessità del trasferimento e un suo potenziale deterrente. Anche la prossimità cognitiva, oltre a quella
spaziale, è un fattore che può favorire flussi di conoscenze tra partner (Breschi et al.,
2005). Se la distanza cognitiva tra partner risulta eccessiva questa può causare il
fallimento della collaborazione (Noteboom et al., 2007).
La distanza cognitiva è definibile come la differenza non solo tra conoscenze
tecnologiche ma anche quella tra sistemi di percezione, interpretazione e valutazione, ossia tra sistemi di “shared meanings” legati alla cultura organizzativa di
ciascuna specifica organizzazione che entra in uno scambio. Pur in presenza di complementarità di conoscenze dei due partner e di fiducia reciproca, che rappresentano due delle condizioni principali per la selezione di un partner (Emden, Calantone
e Droge, 2006; Noteboom et al., 2007; Li et al., 2008), il trasferimento tecnologico
potrebbe non avvenire in modo efficace se la distanza cognitiva tra i partner supera
una determinata soglia. La difficoltà di collaborazione da parte delle PMI con le
università si può attribuire anche alla distanza cognitiva tra le due organizzazioni.
Un’indagine sugli spill-over accademici dimostra come vi sia la propensione delle imprese a collaborare anche nel caso di ricerca di conoscenze scientifiche con
un elevato grado di codificazione con Università localizzate nella stessa regione
(Adams, 2005). Ciò può spiegarsi proprio in base al fatto che se esiste comunque
una distanza tra università e piccole imprese in termini di linguaggi, conoscenze
trattate, questa può essere più facilmente colmata tra attori che appartengono allo
stesso contesto sociale e culturale, in quanto questo riduce la distanza tra sistemi
di “shared meanings”.
Un’ultima considerazione in termini di implicazioni per i CITT riguarda l’opportunità che la distanza cognitiva tra Università e PMI offre in termini di knowledge
sourcing. I CITT essendo più vicini alle imprese, possono svolgere un ruolo di ponte
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tra i due sistemi della ricerca e della industria e ciò può avvenire secondo modalità
diverse: svolgendo un ruolo di canale informativo, o svolgendo un ruolo di coordinamento per progetti che coinvolgano i due partner o infine favorendo la mobilità del
mercato del lavoro.
Come si è visto, le dimensioni delle conoscenze per la value chain dell’innovazione hanno implicazioni anche diverse dal punto di vista delle funzioni che i CITT sono
chiamati a svolgere. Ciò comporta che l’offerta dei centri di trasferimento tecnologico
può coprire una vasta gamma di servizi per sostenere l’innovazione del sistema delle
imprese e la loro collaborazione con partner diversi, in particolare le Università.
In sintesi una review approfondita delle ricerche sugli intermediari del trasferimento tecnologico (Howells, 2006) ha fornito di recente classificazione condivisa e
ampia dei diversi servizi che queste organizzazioni svolgono a supporto delle imprese. I servizi di TT sono i seguenti:
1. Foresight and diagnostics: analisi e previsioni sull’evoluzione tecnologica e
supporto all’articolazione dei fabbisogni tecnologici dell’impresa;
2. Scanning and information processing: raccolta di informazioni (technology
intelligences) e identificazione dei potentiali partner; selezione dei partner;
3. Gatekeeping and brokering: supporto alla negoziazione e stesura del contratto, consulenza giuridica con expertise sugli Intellectual property right;
4. Knowledge processing and combination/recombination: combinazione
delle conoscenze di due o più partner, generazione in-house di conoscenza tecnologica o scientifica da combinare con quella dei partner;
5. Testing, validation and traning: attività di test diagnostica, analisi di laboratorio, prototipazione, scale-up, programmazione di produzione pilota, validazione,
training relativo a nuove tecnologie di prodotto o processo;
6. Accreditation: consulenza su standard, design e certificazione di qualità;
7. Validation and regulation: consulenza su forme di regolazione esterna o interna;
8. Protecting the results: consulenza su diritti di proprietà intellettuale o gestione
dei diritti di proprietà intellettuale per il cliente;
9. Commercialisation: attività di supporto alla commercializzazione dell’innovazione (marketing, ricerche di mercato, business plan; sales network; identificazione delle opportunità di mercato); assistenza alla ricerca e selezione delle fonti
di finanziamento;
10. Evaluation of outcomes: valutazione delle tecnologia e di nuovi prodotti una
volta commercializzati.
Riconducendo ciascun specifico servizio alle tre funzioni svolte da un CITT, il
primo tipo di servizio, come il secondo e il terzo rientrano nella prima funzione di
19
sourcing. Il quarto e il quinto sono a supporto della trasformazione di conoscenza,
mentre dal sesto al decimo si tratta di servizi di assistenza allo sfruttamento commerciale dell’innovazione.
1.4 Il ruolo dei centri di trasferimento tecnologico:
competitività del singolo CITT ed efficacia del sistema di TT
La crescente rilevanza del trasferimento tecnologico e la frammentarietà e novità degli studi su tali organizzazioni lascia aperte alcune domande significative per
l’organizzazione dei CITT e per i policy maker sull’efficienza ed efficacia delle tre
funzioni di sourcing, trasformazione della conoscenza e sfruttamento commerciale
dell’innovazione.
Gli interrogativi si articolano a due livelli di analisi ed intervento:
1. il livello del singolo CITT: a questo livello si pongono domande relative alla
competitività del CITT e delle risorse di cui dispongono;
2. il livello del sistema di TT dei centri: a questo livello si pongono domande relative al modello di business adottato dai centri, all’efficace divisione del lavoro
tra CITT e all’efficacia di tale sistema ai fini delle esigenze di un sistema locale
di innovazione.
I CITT restano ancora organizzazioni poco studiate, ancora oggi le ricerche sono
frammentate e limitate (Howells, 2006) e una mappa completa e coerente dei centri
di TT non è stata realizzata sia a livello nazionale che locale. Vi sono studi che hanno
analizzato in profondità singole tipologie di CITT, come i parchi scientifici e gli incubatori, minori dati si hanno su altri soggetti. Al primo livello di analisi si pone quindi
un primo interrogativo relativo alle caratteristiche dei CITT operanti in un determinato sistema locale di innovazione, dal punto di vista di come un CITT possa offrire
un servizio che sia in grado di attivare e incontrare la domanda delle imprese. Inoltre
pochi sono ancora i dati (e prevalentemente si tratta di studi di caso) sulle risorse
di cui i CITT dispongono per poter offrire un servizio competitivo a supporto del
sistema locale di innovazione. La difficoltà di raccolta di dati di questo tipo deriva
dalla natura delle risorse oltre a quelle finanziarie a cui i CITT attingono, che sono
intangibili e riguardano il capitale intellettuale dei CITT. Poche sono le ricerche finalizzate a rilevare quale sia il capitale umano di tali organizzazioni, se queste facciano
ricorso a personale ad alta qualificazione in grado di attivare i canali per veicolare
conoscenze ad alto grado di novità (Tether, 2002) o quanto siano attivi contatti con
personale esterno. L’analisi del capitale sociale è di particolare rilevanza considerando il ruolo di broker che i CITT possono svolgere. La rete di relazioni attivate da
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un CITT rappresenta infatti una risorsa importante per l’accesso e la combinazione
di conoscenze nuove o appartenenti a domini tecnologici diversi.
Con riferimento al secondo livello di analisi ossia quello di sistema, una prima
domanda volta ad indagare l’impatto del trasferimento tecnologico è relativa al tipo
di modello di business adottato dai centri volto a supportare la value chain dell’innovazione delle imprese della regione. Nonostante le difficoltà intrinsecamente
legate allo scambio della conoscenza come bene economico diverso da qualsiasi
tipo merce (David, 2003; Rullani, 2004), alcune ricerche dimostrano un’evoluzione
del mercato della conoscenza tecnologica (Arora et al., 2001; Nambisan e Sawhney 2007). Considerando le tre principali funzioni dei CITT, rispetto alla value chain
dell’innovazione, (knowledge sourcing, transformation e exploiting), una domanda
ancora aperta riguarda il grado di specializzazione dei CITT rispetto alle tre fasi/funzioni. Quale tipo di CITT e in quali tipi di contesti geografici e settoriali adotta un
modello di business specializzato, focalizzandosi su un’unica fase? Quali condizioni
favoriscono viceversa la scelta di un modello integrato che prevede lo sviluppo di
un’offerta volta a soddisfare esigenze di tutte le fasi, come ad esempio nel caso della Generics, intermediario che opera nella regione di Cambridge, che ha un modello
di business “3-function: contract R&D (laboratori), seed capital e incubator facility.
Considerando sempre il sistema come livello di analisi, una seconda domanda
riguarda la divisione del lavoro tra CITT. Ci si chiede se vi sia una efficace divisione del lavoro tra queste organizzazioni non solo in relazione alle fasi della value
chain, ma in particolare in rapporto alla specializzazione settoriale e ai processi di
innovazioni alla frontiera tecnologica di un dato settore, all’emergere di opportunità di fusione tra tecnologie diverse. Problemi possono sorgere per una eccessiva
sovrapposizione di CITT specializzati negli stessi settori e/o dalla carenza di CITT a
supporto di settori emergenti o di fenomeni di fertilizzazione incrociata.
Infine un’ultima domanda riguarda la struttura della rete dei CITT in uno specifico sistema locale di innovazione. La ricerche più recenti sui cluster tecnologici
e sistemi locali di innovazione hanno messo in evidenza l’esigenza di comprendere
con maggiore robustezza metodologica e grado di approfondimento il sistema delle
relazioni e interdipendenze che lega i diversi attori (Breschi e Malerba, 2005). Mentre vi sono ricerche che analizzano quali siano le diadi, ossia le relazioni a due tra
imprese e Centri con i quali le imprese collaborano e quali sono le motivazioni e i
fattori che agevolano o inibiscono l’attivarsi di tali relazioni, minori dati sono disponibili sulla rete di relazioni tra centri.
Una domanda significativa per i Centri e i policy maker riguarda allora la struttura
della rete di relazioni del sistema di trasferimento tecnologico. Una prima domanda
riguarda la connettività di una rete di CITT: una rete molto connessa (tutti i CITT in
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relazione tra loro) può favorire la condivisione di informazioni e conoscenze nell’ambito del network, ma può ridurre la propensione dei diversi nodi-CITT a cercare di
attivare nuove relazioni verso l’esterno.
Un’altra domanda significativa riguarda il grado di accentramento della rete. La
presenza di nodi centrali nella rete può favorire il coordinamento o segnalare la propensione verso forme di collaborazione con il nodo centrale da parte di più CITT. Ci si
può chiedere nel caso di nodi centrali della rete, quali siano tali nodi. Le ricerche sui
sistemi locali di innovazione indicano come efficaci quelle reti che hanno come nodi
centrali le Università o Parchi scientifici, ossia soggetti che investono fortemente in
attività di ricerca.
Infine un approfondimento può interessare il tipo di reti attivate tra centri, se si
tratta di reti di relazioni attivate semplicemente per scambio di informazioni, o anche
per lo sviluppo di progetti in comune, se tali reti si attivano anche per lo scambio di ricercatori, alimentando una mobilità del mercato del lavoro ad alta qualificazione che
è stata indicata come uno dei fattori che favoriscono la distribuzione di conoscenza in
un cluster e quindi anche la sua capacità innovativa (Breschi e Malerba, 2005).
A questi interrogativi ancora aperti sui CITT lo studio presentato in questo volume ha cercato di fornire alcune prime risposte utili per la comprensione del fenomeno del trasferimento tecnologico, ma anche per l’impostazione di politiche volte a
favorire e qualificare questo sistema.
1.5 Obiettivi della ricerca “Open innovation nel Veneto”
Il progetto di ricerca “Open Innovation nel Veneto”, i cui risultati sono oggetto di
questo volume, è stato finanziato dal Consiglio regionale per l’economia e il lavoro
della regione Veneto e realizzato del Dipartimento di economia e direzione aziendale
dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, e nasce da un’esigenza conoscitiva, condivisa
tra policy maker e università, mirante alla mappatura del sistema di centri di trasferimento tecnologico che svolgono un ruolo di supporto e intermediazione ai fini
dell’innovazione nella regione Veneto. La scelta del livello di analisi della regione è
dovuto alla rilevanza dei sistemi regionali di innovazione anche sotto il profilo del
trasferimento tecnologico. Tra le politiche di sviluppo industriale che hanno interessato l’Italia nel corso degli ultimi decenni, in relazione anche a interventi attuati a
livello internazionale ed europeo, rientra la creazione dei Centri per l’Innovazione
e il Trasferimento Tecnologico. Le iniziative sia in Europa che in Italia hanno visto
le Regioni, in ragione della loro crescente autonomia istituzionale e del loro ruolo come sistemi locali di innovazione (regional innovation systems), come soggetto
22
intermediario qualificato per l’elaborazione e l’implementazione di politiche per il
trasferimento tecnologico (Asheim e Gertler, 2005).
Il progetto è stato realizzato con due finalità che hanno rappresentato anche due
round della ricerca.
Il primo obiettivo è stato quello di realizzare una mappatura completa dei centri
di trasferimento tecnologico in Veneto, mediante la creazione di un data set con dati
anagrafici e istituzionali sui centri impegnati a diverso titolo in tale attività, rilevabili
mediante analisi desk e tramite breve intervista telefonica.
Il secondo obiettivo e secondo round anche in ordine cronologico è stato quello di
condurre un’analisi approfondita delle caratteristiche dei centri di TT e dell’attività
svolta mediante una survey che coinvolgesse la popolazione dei centri identificati
attraverso il processo di mappatura.
Sebbene fossero state condotte altre ricerche sia a livello nazionale che regionale sul sistema delle organizzazioni che svolgono funzioni di intermediazione e
trasferimento tecnologico, i dati presentavano alcuni limiti. Da un lato l’esigenza
conoscitiva a livello regionale, pur trovando una impostazione utile nelle ricerche
condotte su tutta la popolazione dei CITT italiani, si scontrava con la necessaria sintesi rispetto all’effettiva articolazione e caratterizzazione del sistema di TT a livello
di singola regione. Dall’altro, nei casi di ricerche significative per grado di approfondimento e chiave di lettura a livello regionale, il problema era dovuto alla inevitabile
obsolescenza dei dati rispetto ai più recenti cambiamenti intervenuti nel sistema di
trasferimento tecnologico veneto.
Per ciò che riguarda la mappatura dei centri, presentata nel capitolo 2, la costituzione di un data set completo sui centri di TT del Veneto ha permesso anzitutto una
valutazione dell’evoluzione del sistema e della sua distribuzione territoriale.
La mappatura, in secondo luogo, è stata finalizzata anche ad essere uno strumento conoscitivo per ulteriori ricerche e per politiche a livello regionale di incentivazione, qualificazione e specializzazione del sistema di innovazione nel suo complesso,
oltre a un possibile strumento di lavoro per gli stessi centri, i quali possono disporre
in questo modo di informazioni accurate su potenziali partner o concorrenti.
Come si è detto la mappatura, nell’ambito del presente progetto, ha costituito la
guida per un’analisi più approfondita della popolazione dei centri mediante survey.
La survey è stata anzitutto finalizzata a comprendere quale fosse la tipologia di
servizi erogati dai centri, individuando in particolare le modalità di erogazione e i
meccanismi utilizzati per gestire il trasferimento tecnologico. Contestualmente si
sono raccolti dati relativamente al patrimonio di risorse a cui i CITT possono attingere per realizzare i servizi offerti alle imprese. Come si è detto, in qualità di centri
di servizi ad alto grado di intensità di conoscenza (Knowledge Intensive Business
23
Services) (Howells, 2006), i CITT necessitano di un insieme di assets intangibili a
supporto della propria attività: capitale umano, organizzativo e sociale (Burt, 1992;
Napiet e Goshal, 1998).
Il capitale umano è stato analizzato considerando le competenze dei ricercatori
che fanno parte dell’organico del centro, che possono favorire la realizzazione di
attività di ricerca, l’attivazione di canali per lo scanning dell’ambiente e ridurre la
distanza cognitiva tra il centro e partner alla frontiera tecnologica.
Il capitale organizzativo è stato analizzato in quanto costituisce quell’insieme di
conoscenze codificate, archiviabili e condivisibili che consente di far leva sulla conoscenza accumulata, attivare processi di combinazione di conoscenze e soluzioni tecnologiche, e di favorire processi di condivisione e trasferimento inter-organizzativo.
Infine il capitale sociale, inteso come rete di collaborazioni che un centro ha attivato con diverse finalità, è stato rilevato in quanto consente a un centro di accedere
a risorse informative o di altro tipo non possedute al proprio interno, funzionali alla
realizzazione dei propri servizi.
Questo primo tipo di analisi che adotta il livello del singolo CITT al fine di comprenderne l’offerta e la dotazione di risorse è oggetto del capitolo 3.
Un secondo tipo di analisi condotta mediante i dati raccolti dalla survey è stata
finalizzata a rilevare elementi di valutazione del grado di efficacia del sistema di TT
del Veneto rispetto alla capacità di innovazione delle imprese della regione e alle
opportunità di intermediazione nei processi di trasferimento tecnologico inter-organizzativo. L’analisi, che viene presentata nel capitolo 4, è stata condotta a livello di
sistema di trasferimento tecnologico dei CITT secondo due prospettive: da un lato
considerando la value chain dell’innovazione e dall’altro l’impatto rispetto ai settori
industriali del Veneto.
Con la prima prospettiva allo studio del sistema di TT dei CITT si è voluto analizzare quali fossero i modelli di business adottati dai centri, analizzando la loro specializzazione o integrazione rispetto alle diverse fasi della catena del valore dell’innovazione delle imprese, che i CITT intendono sostenere con le proprie attività di servizio.
La valutazione dell’efficacia del TT sul sistema regionale ha portato allo studio
di alcune proprietà strutturali della rete dei CITT (analizzata mediante i dati raccolti
sul campione di CITT rispondenti) per comprendere la capacità di tale tipo di rete di
sostenere il sistema locale di innovazione. Per tale approfondimento si è fatto ricorso alla metodologia di ricerca della social network analysis, indicata da diversi studi
come uno strumento metodologico significativo per l’analisi dei cluster e sistemi
locali di innovazione (Breschi e Malerba, 2005).
Inoltre si è inteso studiare la capacità del sistema di CITT di sostenere l’innovazione a livello di settore. Anzitutto ci si è chiesti se ciascun settore significativo per
24
l’economia veneta trovi nel numero e tipo di centri e nei servizi da questi erogati,
un sufficiente supporto per realizzare progetti di R&D che siano alla frontiera della
traiettoria tecnologica settoriale. In secondo luogo ci si è chiesti quanto i CITT siano
in grado non solo di sostenere l’innovazione in settori maturi del made in Italy come
tessile-abbigliamento, calzature, legno-arredo, ma anche se vi siano CITT specializzati nell’erogare servizi a settori avanzati come l’elettronica o le telecomunicazioni.
Infine una parte dell’analisi si è concentrata sul fenomeno della convergenza tecnologica o ibridazione tecnologica di settori maturi da parte di nuove tecnologie come
le nanotecnologie che potrebbe avere una rilevanza significativa per lo sviluppo economico del Veneto.
1.6 Metodologia di ricerca
La mappatura dei CITT è frutto di una review delle ricerche realizzate in Italia e
nel Veneto dal 2000 al 2007 sul trasferimento tecnologico e una triangolazione dei
dati sulla base di un’indagine dei siti web di ciascun centro e di interviste dirette ai
responsabili dei centri. Per un’analisi dettagliata delle fonti consultate si rimanda
all’Appendice B.
L’analisi della letteratura è stata integrata e validata da informazioni ottenute
direttamente dagli attori territoriali contattati in momenti diversi della ricerca.
Sulla base di tali fonti la prima fase della ricerca si è completata con l’identificazione di 88 CITT e la costruzione di un database contenente per ciascun CITT i
principali dati anagrafici e istituzionali.
Nella seconda fase è stata realizzata una survey che ha coinvolto l’intera popolazione dei CITT mappati. A ciascun centro è stato inviato un questionario strutturato,
organizzato in tre sezioni, composto da 10 domande chiuse, 7 domande semiaperte e
due domande aperte (Appendice A). Ciascun CITT è stato anche contattato telefonicamente per chiarire obiettivi e metodologia della ricerca. I centri che hanno aderito
alla ricerca compilando il questionario sono in totale 39, il 44,3% della popolazione.
In momenti successivi sono stati attivati contatti ulteriori per chiarire eventuali domande in merito al questionario. Come si è detto tali contatti hanno consentito di
validare definitivamente anche il data base dei CITT veneti.
25
Capitolo 2
Mappatura dei Centri per l’Innovazione
e il Trasferimento Tecnologico nel Veneto
2.1 Definizione di CITT per tipologia
La mancanza di una mappatura aggiornata ed esaustiva dei Centri per l’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico (CITT) nella Regione Veneto ha rappresentato il
punto di partenza dell’indagine desk che ha portato all’identificazione di una popolazione di 88 CITT.
Oltre a rappresentare il passaggio preliminare per la conduzione della survey,
i cui risultati verranno presentati e discussi nei successivi capitoli, la costruzione
della mappatura si è posta tre principali obiettivi. In primo luogo ha permesso di dimensionare il fenomeno, quindi di individuare e quantificare la presenza delle organizzazioni preposte al trasferimento tecnologico nella regione. In secondo luogo, la
mappatura è stata finalizzata a rappresentare la varietà dei CITT e dei relativi servizi,
analizzandone la collocazione all’interno del sistema innovativo territoriale. Infine, a
fronte della diversità dei centri, un ultimo obiettivo della mappatura è stato quello
di proporre un’ipotesi di classificazione degli stessi sulla base della loro similarità in
termini di missione svolta nel sistema di innovazione.
In questo capitolo verranno descritti i profili degli 88 CITT che a vario titolo svolgono attività di promozione dell’innovazione e del trasferimento tecnologico nel territorio veneto, mentre per un elenco dettagliato delle fonti utilizzate nell’analisi desk
e per i criteri che hanno guidato l’inclusione o l’esclusione degli enti nella mappatura
si rimanda all’Appendice B.
Il primo passo verso la costruzione della mappatura è stato quello di definire il
concetto di CITT. In questo studio è stata adottata la definizione proposta dal RIDITT
nella quale i CITT sono “quelle strutture di natura pubblica, privata o mista, che a
fronte della domanda di innovazione delle imprese, mettono a disposizione un set
articolato di servizi, tecnologie e conoscenze che costituisce l’offerta di innovazione
disponibile” (RIDITT, 2005: 15). Vengono pertanto attribuite ai CITT sia le attività
di innovazione tecnologica, intesa come “quelle attività che consentono di sviluppare nuovi prodotti, processi o metodologie in grado di soddisfare determinati
bisogni o risolvere problemi di natura tecnica” sia il trasferimento tecnologico,
27
inteso come “processo attraverso il quale si ha un effettivo “spostamento o trasferimento” di una data tecnologia dal soggetto che la detiene (ad esempio, un centro di
ricerca o un’Università) al soggetto che la riceve (normalmente un’impresa) (RIDITT,
2005: 15). Questa definizione risulta abbastanza ampia da poter estendere l’analisi
a provider di conoscenza tecnologica e intermediari del TT trascurati da precedenti
ricerche che seppur offrono contributi di indubbio interesse risultano focalizzate solo
su alcuni attori quali i parchi scientifici, i business innovation centre, gli incubatori
e gli industrial liaison office (Löfsten e Lindelöf, 2002; Debackere e Veugelers, 2005;
Balconi e Passananti 2006; Compagno e Pittino, 2006).
L’ampliamento dell’analisi verso altre tipologie risulta motivato in primo luogo
dall’obiettivo di identificare tutti quegli attori che non solo operano per favorire lo
sviluppo di nuove imprese in particolare in settori ad alta intensità di tecnologia, ma
anche quelli in grado di offrire servizi qualificati ad un tessuto produttivo di imprese,
come quello veneto, che presentano limiti sia di natura dimensionale che di specializzazione settoriale nell’investire in ricerca interna. In secondo luogo, considerare gli
intermediari fino ad oggi poco studiati consente di tracciare un profilo più completo
dell’offerta dei servizi di TT che variano dalla ricerca tecnologica, alla progettazione
e alla prototipia, alla diagnosi tecnologica, al brokeraggio, all’incubazione, alle prove
e alle analisi di laboratorio (Coccia e Rolfo, 2002; Mallone et al., 2005).
La tabella 2.1 riporta la classificazione dei CITT utilizzata nello studio e proposta
sulla base la missione che accomuna gli enti appartenenti a ciascuna delle dieci
tipologie.
2.1.1 Stazioni sperimentali per l’industria
Le Stazioni sperimentali per l’industria sono strutture pubbliche che svolgono analisi e controlli di laboratorio, attività di ricerca e sviluppo, certificazione e normazione
tecnica, consulenza e formazione (RIDITT, 2005: 16). Istituita per legge ciascuna Stazione opera sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico in uno specifico
settore produttivo con raggio d’azione su tutto il territorio nazionale. Attualmente sono attive in Italia otto Stazioni sperimentali per l’industria: oli e grassi, combustibili,
conserve alimentari, carta, essenze e derivati agrumari, pelli, vetro e seta.
In Veneto opera la Stazione Sperimentale del Vetro in provincia di Venezia
(dal 1958 a Murano e dal 2000 anche presso il Parco Scientifico e Tecnologico di
Venezia-Marghera). Creato nel 1954 con legge n. 1032, l’ente promuove il progresso
tecnico e quindi l’innovazione di processo e di prodotto dell’industria vetraria nazionale attraverso la funzione di trasferimento dei risultati della ricerca, sviluppata
autonomamente e in collaborazione con altri centri e università italiani ed esteri,
all’applicazione industriale dei risultati raggiunti (www.spevetro.it).
28
La Stazione rientra tra gli istituti altamente qualificati definiti e previsti dalla
legge n. 46 del 1982 sulla Ricerca Applicata, dal 1993 è accreditata dal SINAL (Sistema Nazionale Accreditamento di Laboratori) ed è ente autorizzato ad operare come
Tabella 2.1 - Le tipologie di CITT incluse nello studio
Tipologia
Missione
1. Stazioni sperimentali
per l’industria
Svolgere analisi e controlli di laboratorio, attività di ricerca e sviluppo, certificazione e normazione tecnica,
consulenza e formazione in uno specifico settore produttivo con raggio d’azione su tutto il territorio nazionale.
2. Parchi scientifici e tecnologici
Incrementare la ricchezza della propria comunità, promuovendo la cultura all’innovazione, la competitività
delle imprese, la collaborazione tra il mondo della ricerca e quello imprenditoriale.
3. Uffici di Trasferimento Tecnologico
Valorizzare la ricerca accademica attraverso lo sfruttamento di brevetti, la cessione di licenze, il supporto alla
costituzione di imprese spin-off.
4. Incubatori d’impresa
Supportare la nascita e lo sviluppo nei primi anni di vita
di iniziative imprenditoriali.
5. Business Innovation Centre
Promuovere progetti di sviluppo per l’intero tessuto industriale locale facendosi collettore di professionalità,
competenze e risorse.
6. Aziende speciali e laboratori
delle CCIAA
Erogare servizi quali prove di laboratorio, attività di ricerca applicata, servizi per il trasferimento tecnologico
rivolte alle imprese iscritte alle CCIAA locali.
7. Agenzie per lo sviluppo
del territorio
Sviluppare l’economia di una determinata area geografica facendo leva sull’innovazione tecnologica.
8. Centri
a. tematici
b. multisettoriali
Integrare il sistema territoriale attraverso l’offerta di
servizi di ricerca e trasferimento tecnologico su uno o
più settori e aree tecnologiche.
9. Centri di ricerca pubblica
Realizzare ricerca di base e applicata su specifici campi
disciplinari.
10. Laboratori
a. di ricerca per usi applicativi
b. di analisi e prove industriali
Offrire servizi qualificati che vanno dalla ricerca per usi
applicativi all’erogazione di analisi e prove industriali
alle imprese clienti.
29
Laboratorio Notificato (n. 1694) presso la Commissione Europea per la certificazione
di prodotti in vetro per l’edilizia ai sensi della Direttiva 89/106 sulla marcatura CE.
2.1.2 Parchi scientifici e tecnologici
I Parchi scientifici e tecnologici (Pst) sono costituiti generalmente da Università,
associazioni imprenditoriali, amministrazioni pubbliche locali, imprese, banche per
favorire lo sviluppo economico del territorio in cui operano attraverso la collaborazione tra il mondo della ricerca e quello imprenditoriale (RIDITT, 2005: 16).
Nel contesto internazionale la diffusione e l’importanza assunta da questi attori
all’interno del sistema territoriale per l’innovazione e il trasferimento tecnologico
sono ampiamente documentate in letteratura (Löfsten e Lindelöf, 2002; Siegel et al.,
2003; Hansson et al., 2005). A livello nazionale una recente indagine realizzata da
Balconi e Passannanti (2006) propone una mappatura dei Pst operanti in Piemonte,
Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
Una definizione condivisa in letteratura (Link e Scott, 2003) identifica tre componenti fondamentali che qualificano l’attività di un Parco Scientifico e Tecnologico:
- uno sviluppo immobiliare,
- un programma organizzativo di attività di trasferimento tecnologico,
- una partnership tra istituzioni accademiche, governo (inteso ai vari livelli rispettivamente nazionale, regionale e locale) e settore privato.
I parchi sono quindi strutture dotate di una proprietà immobiliare costituita da
centri amministrativi e focalizzate sulla realizzazione di obiettivi che variano dall’attrazione di unità di ricerca e imprese high tech alla produzione e al trasferimento
della conoscenza attraverso propri spazi fisici e organizzazioni interne. Tale definizione tuttavia è riconducile alla concezione di Pst propria dei paesi anglosassoni in cui
l’elemento dello sviluppo immobiliare emerge come caratterizzante.
Tuttavia a livello nazionale l’associazione dei parchi scientifici e tecnologici italiani (Apsti) li qualifica come “organizzazioni che operano per accrescere la competitività del territorio di propria competenza attraverso l’attivazione e la gestione di
progetti di ricerca e sviluppo, di trasferimento di tecnologia, e di sviluppo di affari,
gestendo un sistema di relazioni tra imprese, università e centri di ricerca, amministrazioni pubbliche ed istituti di credito” (www.apsti.it). Si evidenzia come in questo
caso non vi sia alcun riferimento all’esistenza di strutture di coordinamento, amministrative e di gestione degli spazi fisici, piuttosto l’enfasi è posta sulle specifiche
attività di TT presidiate nonché sul ruolo di intermediazione che il Parco assume
all’interno del sistema innovativo territoriale. Dalla ricerca di Balconi e Passannanti
emerge come l’esperienza italiana presenti dei modelli di parchi che si possono distinguere sostanzialmente in due tipologie differenti:
30
-
-
I parchi fisici, strutture dotate di una componente immobiliare che indirizzano
la loro azione di diffusione dell’innovazione verso le piccole e medie imprese
esterne al parco attraendo quelle tecnologicamente più avanzate al suo interno.
In sostanza il parco come entità giuridica non si occupa in prima istanza di condurre direttamente l’attività innovativa, di ricerca e TT, ma le realizza attraverso
la concessione di spazi e l’erogazione di servizi comuni per le imprese in esso
insediate. L’obiettivo è quello di promuovere la collaborazione tra i vari soggetti
sia all’interno del parco, sia tra imprese insediate e quelle esterne, ma soprattutto tra mondo della ricerca e dell’industria ad ampio raggio.
I parchi virtuali, organizzazioni che non sono dotate di una struttura immobiliare.
L’obiettivo di tali parchi è quello di fornire servizi innovativi e ad alto contenuto tecnologico soprattutto alle imprese del proprio territorio. Tale tipologia si è
sviluppata soprattutto per la volontà di sostenere e rilanciare la competitività di
imprese appartenenti ai settori più tradizionali che hanno subito negli ultimi anni
rilevanti azioni delocalizzative. I parchi anziché essere delle strutture nate per
insediare al loro interno imprese fortemente innovative e laboratori, sono entità
virtuali appunto che elaborano una serie di programmi e iniziative attraverso la
concessione di servizi al tessuto industriale.
Considerata la distinzione tra parchi fisici e virtuali una definizione sufficientemente ampia in grado di rappresentare la varietà associata alla tipologia di Pst è
quella proposta dell’International Association of Science Parks (Iasp) approvata nel
2002 secondo la quale “un parco scientifico è un’organizzazione gestita da professionisti specializzati, che ha l’obiettivo fondamentale di incrementare la ricchezza
della propria comunità, promuovendo la cultura all’innovazione, la competitività
delle imprese e delle istituzioni basate sulla conoscenza associate ad esso. Per raggiungere tale fine, un parco scientifico stimola e gestisce il flusso di conoscenza e
tecnologia tra università, istituzioni di ricerca e sviluppo, imprese e mercati; facilita
la creazione e la crescita di aziende basate sull’innovazione attraverso l’incubazione
e processi spin-off; fornisce altri servizi a valore aggiunto insieme a spazi e strutture
di qualità” (Balconi e Passannanti, 2006:16).
In Veneto l’analisi desk ha portato all’individuazione di tre parchi scientifici e
tecnologici:
1. Il parco Vega (VEnice GAteway) si qualifica come parco fisico, occupando
uno spazio di 9,4 ettari per una superficie coperta di 63.000 m2. Il parco sorto
nel 1993 rappresenta la risposta alla necessità di bonifica e rilancio di un’area
industriale dimessa molto ampia legata alla chiusura degli stabilimenti chimici
e metalmeccanici del Polo di Mestre e Porto Marghera. Al riguardo il Parco rive31
ste una duplice missione. In primo luogo la riqualificazione urbana e ambientale
mediante la realizzazione di infrastrutture volte ad attrarre aziende ad elevato
contenuto tecnologico, fornendo una gamma di servizi in modo da facilitarne la
gestione e favorirne la crescita, e in secondo luogo la riqualificazione industriale
e il trasferimento tecnologico attivando una serie di iniziative che facilitino lo
scambio di conoscenze, in particolare scientifiche e tecnologiche, dalle Università e dalle grandi aziende al tessuto delle PMI del territorio veneziano e veneto.
Sotto il profilo della governance il parco è una società consortile a responsabilità
limitata senza fini di lucro costituita da 34 soci tra cui gli enti territoriali locali, le
due università veneziane (Ca’ Foscari e IUAV), le principali istituzioni pubbliche e
private locali, due istituti bancari e alcune imprese. Le principali aree di interesse
del parco sono la ricerca sui nuovi materiali e le tecniche di restauro dei beni
culturali, le tecnologie per l’informazione e la multidimensionalità, le tecnologie
per l’ambiente, le biotecnologie e i servizi di formazione (Balconi e Passannanti
2006:195). L’attività del Vega, come soggetto giuridico distinto rispetto alle imprese insediate, si sostanzia così in quella di coordinamento e gestione degli spazi
e, in particolare, nell’erogazione di servizi di vigilanza, centralino, manutenzione
impianti, call center, sala conferenza, riunioni e didattica. Gli altri servizi come il
business plan vengono erogati attraverso il collegamento con partner esterni. Il
parco Vega è stato incluso nella mappatura in qualità della sua funzione di coordinamento, tuttavia data la sua particolare natura di parco fisico è stato preso in
esame ciascuno degli enti che il parco ospita al suo interno al fine di considerare
la loro appartenenza ad altre tipologie di CITT (www.vegapark.ve.it).
2. Il parco Scientifico e Tecnologico Galileo di Padova nato nel 1997 si qualifica come parco quasi-virtuale, il cui obiettivo primario è quello di riconferire competitività ad un tessuto industriale importante negli anni Ottanta grazie a PMI
operanti nei settori della meccanica di precisione, tessile, calzaturiero e mobile,
ma la cui performance, negli ultimi decenni, ha subito una flessione. Per quanto
concerne la compagine proprietaria, il parco è una società consortile partecipata
dalle Camere di Commercio di Padova, Treviso, Vicenza e Belluno, dall’Università di Padova, dal Comune e dalla Provincia di Padova, dalla Fondazione Cassa
di Risparmio di Padova e Rovigo e da Veneto Innovazione. Galileo può essere
definito un parco quasi virtuale perché, pur non gestendo locali per accogliere
imprese e laboratori, ospita su uno spazio di 1.607 m2 le strutture della Scuola
Italiana Design e di Matech centro di eccellenza sui materiali. In precedenza
esisteva altresì l’attività di incubazione che è stata poi ceduta all’incubatore
universitario Start Cube, oggi soggetto giuridico indipendente rispetto al parco
(Balconi e Passannanti 2006:205). Le aree di intervento del parco sono quattro:
32
1) l’innovazione e il trasferimento tecnologico attraverso varie iniziative quali il
Club Innovazione (incontri sull’introduzione di nuove tecnologie e il trasferimento
dei risultati della ricerca applicata e tematiche di carattere organizzativo), il portale Ricercaimpresa, banca dati sulle attività di ricerca dell’Università di Padova
e altri centri, Auditech (servizio di trasferimento di tecnologia che supporta le
aziende dall’analisi dei fabbisogni di tecnologica, alla ricerca dei partner e delle
fonti di finanziamento), Innova per l’innovazione dei distretti industriali; 2) design
e nuovi materiali mediante le attività svolte dalla Scuola Italiana Design e da
Matech 3) prova e certificazione, il parco fornisce un servizio – Sistema Integrato
di Laboratori (SIL) – che consente di individuare le norme di riferimento, le prove
richieste e il laboratorio accreditato a cui rivolgersi; 4) nuova impresa, attività
legate all’incubatore universitario Start Cube (www.galileopark.it).
3. Star, il Parco Scientifico e Tecnologico di Verona, costituito nel 2001, si qualifica come parco virtuale, infatti nonostante si localizzi in un’area di 100 m2, il parco
sta attualmente attraversando una fase di evoluzione e modifica. Star presenta una
compagine sociale molta vasta composta da soci pubblici quali il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio di Verona, l’Università di Verona, Veneto Innovazione
e il Consorzio Zona Agricolo industriale e da una trentina di soci privati. I settori di
intervento del parco sono quello agroalimentare, informatico e della logistica (data
la favorevole posizione di crocevia delle vie di comunicazioni nazionali ed internazionali). Era prevista la creazione di una “cittadella della Tecnologia” volta ad ospitare i laboratori e spazi per l’incubazione, ma i ritardi hanno spostato l’effettiva realizzazione (Balconi e Passannanti 2006: 213). L’attività principale del parco è quella
progettuale, quindi di identificazione delle competenze e dei partner da coinvolgere
per lo sviluppo di un progetto innovativo in risposta ad un bisogno o una richiesta
da parte di una o più imprese. Altre aree di intervento riguardano l’individuazione di
bandi di finanziamento dei progetti di ricerca in collaborazione con enti universitari
o istituzionali e la ricerca in particolare presso il Centro di Eccellenza per la Ricerca
Agroalimentare che occupa 400 m2. Frequente è la collaborazione con l’università
di Verona, soprattutto nell’area di eccellenza per la ricerca agroalimentare, la quale
mette a disposizione i propri ricercatori mentre il parco consente l’utilizzo delle attrezzature e degli spazi per condurre la ricerca (www.parcoverona.it).
Dai profili dei tre parchi emerge come all’interno della regione questi attori presentino una diversa vocazione: più di coordinamento, incubazione e intermediazione
il Parco Vega, maggiormente di promozione dell’innovazione e ricerca su specifici
campi disciplinari il Parco Star. Il Parco Galileo presenta maggiori competenze in
ambito di iniziative di trasferimento tecnologico e di innovazione avvalendosi per
quest’ultimo aspetto delle strutture sorte al suo interno.
33
2.1.3 Uffici di trasferimento tecnologico
Gli ufficio di trasferimento tecnologico (o Industrial Liason Office) sono strutture
promosse dalle Università con lo scopo di valorizzare la ricerca accademica attraverso lo sfruttamento di brevetti, la cessione di licenze, il supporto alla costituzione di
imprese spin-off (RIDITT, 2005: 16).
In particolare gli Industrial Liaison Office (ILO) sono strutture universitarie istituite con l’obiettivo di: (DM 5 agosto 2004, n. 262; www.ricercaitaliana.it/ilo.htm):
- avviare sistematici rapporti con il tessuto economico e produttivo locale e in
particolare con le piccole e medie imprese, al fine della diffusione dei programmi
e dei risultati di ricerca delle Università;
- promuovere idonee forme di cooperazione con il tessuto imprenditoriale al fine
della risoluzione delle problematiche correlate anche al trasferimento tecnologico e al sostegno degli spin-off;
Gli ILO provvedono inoltre:
- al censimento delle infrastrutture di ricerca sperimentale e di calcolo esistenti
presso l’Università e all’individuazione, per ciascuna di esse, di possibili misure
e calcoli speciali di interesse delle imprese attuabili con tali infrastrutture;
- al censimento annuale di tutte le attività di ricerca in corso presso i vari Dipartimenti dell’Università e alla redazione, per ciascuna di esse, di idonee sintesi
informative;
- alla presentazione, tramite idonea diffusione, delle infrastrutture di ricerca e di
calcolo e di tutte le attività di ricerca con cadenza annuale.
Proprio grazie a questo legame diretto con le strutture accademiche gli ILO assumono il ruolo di intermediari qualificati tra università e impresa in grado di promuovere in modo mirato la commercializzazione della ricerca accademica prodotta nelle
diverse aree scientifico-disciplinari. La diffusione della conoscenza a fini commerciali avviene sia attraverso la codifica della stessa mediante brevettazione e gestione di
banche dati, che tramite iniziative volte a favorire la mobilità dei ricercatori e forme
di collaborazione in grado di trasferire anche la conoscenza di tipo tacito (Debackere
e Veugelers, 2005; Macho-Stadler et al., 2007; Yusuf, 2008).
Sul territorio nazionale sono presenti tredici uffici di trasferimento tecnologico
universitari: Bologna, Cagliari, Calabria, Catalpa, L’Aquila, Lecce, Modena, Padova,
Palermo, Roma Tre, Sassari, Teramo e Udine (www.ricercaitaliana.it/ilo.ht).
L’unico ILO veneto è l’Area di Trasferimento di Tecnologia dell’Università di
Padova istituito nel 2001 con lo scopo di promuovere la valorizzazione economica del know-how sviluppato all’interno dell’ateneo e il trasferimento di tecnologia
dall’Università al mondo delle imprese. Nello specifico l’ILO di Padova (www.unipd.
it/imprese):
34
-
gestisce la proprietà intellettuale dell’ateneo patavino, seguendo le procedure
per lo sviluppo, l’amministrazione e la protezione di brevetti basati su tecnologia
prodotta all’interno dell’Università;
- fornisce consulenza in campo economico-gestionale ai proponenti degli spin-off
e li aiuta nella redazione del business plan e nei contatti con i partner industriali
e finanziari;
- comunica alle imprese il patrimonio di ricerca applicata e le competenze dei vari
docenti e ricercatori attraverso il database UNI2B che contiene le competenze, i
progetti, i brevetti e i macchinari di quattro università (Padova, Pavia, Perugia e
Trieste);
- collabora con il servizio Formazione alla ricerca per promuovere la valorizzazione
del ruolo dei dottorandi di ricerca nell’industria del territorio, mediante accordi
di collaborazione con imprese che offrono borse di studio e si avvalgono della
collaborazione dei dottorandi su progetti di ricerca specifici;
- segue le procedure necessarie per la partecipazione dell’Università ad una associazione temporanea, un raggruppamento tra più imprese e/o enti che, non avendo singolarmente i requisiti per realizzare le attività di un progetto messe in gara
da un ente finanziatore, si riuniscono temporaneamente per cumulare i requisiti
posseduti singolarmente al fine di soddisfare le condizioni richieste dal bando;
- partecipa all’organizzazione del business plan competition Start Cup Veneto, un
concorso per la migliore idea imprenditoriale a contenuto tecnologico sviluppata
da studenti, laureati, dottori di ricerca, dipendenti, ricercatori e docenti universitari, promosso dall’Università di Padova e finanziato dalla Fondazione Cassa di
Risparmio di Padova e Rovigo;
- attraverso l’incubatore universitario di impresa Start Cube, partecipa al progetto
Europeo INCUBATE (Information and Communication Technologies Innovation simulated by Incubators) per favorire la partecipazione ai progetti europei da parte
delle PMI nel settore ICT.
Come si evince dal profilo sopra riportato, l’Area di Trasferimento di Tecnologia,
in qualità di ILO, realizza un’attività di divulgazione della conoscenza a fini commerciali presso il tessuto imprenditoriale sia codificandola in brevetti e database che
trasferendo il know how incorporato nel capitale umano mediante la mobilità dei
ricercatori e la costituzione di partenariati su specifici progetti di innovazione.
2.1.4 Incubatori d’impresa
L’US National Business Incubation Association (NBIA) definisce l’incubatore come “un processo dinamico di sviluppo di impresa. Gli incubatori alimentano le imprese aiutandole a sopravvivere e crescere nella fase in cui sono maggiormente vulne35
rabili, quella di start-up. Gli incubatori forniscono assistenza manageriale, accesso a
finanziamenti, consentono l’esposizione ad attività imprenditoriali critiche e l’utilizzo
di servizi di supporto tecnico. Essi offrono inoltre alle nuove attività imprenditoriali la
condivisione di servizi amministrativi, accesso a strumentazione, canoni e spazi fisici
flessibili tutto sotto lo stesso tetto” (www.nbia.org). Secondo l’associazione il principale obiettivo di questo CITT è di “generare imprese di successo che lasceranno
il programma di incubazione finanziariamente autonome, imprese in grado di creare
nuovi posti di lavoro, di rivitalizzare il tessuto produttivo, commercializzare nuova
tecnologia e rafforzare l’economia locale nonché nazionale” (www.nbia.org). Come
enfatizzato dal NBIA ma anche da recenti review della letteratura (Hackett e Dilts,
2004), l’attività degli incubatori di impresa è vista sempre più come un processo
rispetto alla classica concezione che li associava unicamente alla possibilità di usufruire di infrastrutture fisiche dedicate. Proprio adottando questa logica processuale,
i principali contributi in letteratura hanno identificano quattro elementi chiave che
definiscono un incubatore (Bergek e Norrman, 2008):
1. la condivisione di uno spazio immobiliare concesso in affitto a diverse condizioni
alle imprese incubate;
2. un insieme di servizi di supporto condivisi al fine di ridurre le spese che la singola
impresa dovrebbe sostenere;
3. l’attività di coaching/training volta a supportare la crescita professionale degli
imprenditori;
4. l’inserimento dell’impresa incubata in un network di attori che le consentano di
accedere a competenze e risorse necessarie al suo sviluppo (tecnologia, capitale
umano e finanziario). Gli incubatori operano quindi da intermediari tra le imprese
incubate e l’ambiente esterno.
Nel valutare l’efficacia della loro azione i più recenti studi considerano: le modalità e i criteri di selezione delle imprese da incubare, le infrastrutture messe a disposizione, i servizi di supporto imprenditoriale erogati, l’attività di intermediazione
svolta e le politiche di uscita delle imprese (Bergek e Norrman, 2008).
La definizione di Sviluppo Italia1 (a cui ad oggi fa capo una rete di 22 incubatori
attivi a livello nazionale – se si esclude Borgo Ruga di Feltre che ha cessato l’attività
nel 2007 e Ex Cnomv in cui Sviluppo Italia rientra solo come partner ma la cui gestione
è affidata al Comune di Venezia – www.netimprese.sviluppoitalia.it) lega maggiormente il ruolo dell’incubatore al TT definendolo come “uno strumento fondamentale
per il trasferimento tecnologico dalla ricerca alle attività produttive e per far decollare nuove imprese. L’offerta comprende spazi fisici e strutture logistiche condivise,
1
Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa.
36
nonché servizi di consulenza, formazione e finanza dedicata” (www.sviluppoitalia.it).
Da queste definizioni si evince la peculiarità degli incubatori nell’ambito del
processo di trasferimento tecnologico rispetto agli altri CITT: quello di supportare
la realizzazione di promettenti idee imprenditoriali fornendo risorse e competenze
necessarie all’avvio di nuove imprese e al loro sviluppo nei primi anni di vita, generalmente dai 3 ai 5 anni.
Un’indagine svolta dal Centre for Strategy & Evaluation Services (CSES) per conto
della Commissione Europea su un campione di 77 incubatori e 71 imprese incubate
traccia il profilo delle attività e dell’organizzazione di questi CITT a livello europeo. I
partner promotori sono di solito una pluralità di soggetti: in primo luogo le autorità
nazionali e le agenzia pubbliche, seguite dagli enti privati quali imprese, istituti di
credito e altre organizzazioni, in terzo luogo da università e altri istituzioni di R&S, ed
infine gli enti comunitari. Le spese necessarie sia per l’acquisto o la ristrutturazione
dell’immobile nonché per lo sviluppo dei servizi offerti alle imprese ospiti sono coperte per quasi il 46% da contributi nazionali e per il 22% da contributi comunitari. Il
restante 32% da istituti di credito o altri enti/associazioni privati. Per quanto riguarda
la specializzazione settoriale e tecnologica delle imprese start-up, gli imprenditori
“affittuari” degli spazi e dei servizi messi a disposizione dell’incubatore operano principalmente in aree ad alta intensità di tecnologia quali Information & Communication
Technologies (ICT), biotecnologie, elettronica e servizi del terziario avanzato come la
progettazione, la comunicazione e la consulenza (UE - DG Enterprise e CSES, 2002).
L’impatto positivo dell’attività di incubazione sotto il profilo di performance
aziendali e territoriali è supportato da recenti studi. La Commissione Europea rileva
il grado di successo delle iniziative imprenditori stimando che il 90% delle start-up
avviate sono ancora attive nel triennio successivo. Considerando gli effetti in termini
di occupazione, gli 850 incubatori europei creano circa 29.000 posti di lavoro all’anno e il costo pubblico di creare un nuovo posto di lavoro all’interno di un incubatore
è di 4.000 euro, relativamente più contenuto di quello richiesto da altri mezzi pubblici
(UE - DG Enterprise e CSES, 2002).
Colombo e Delmastro (2002) riferendosi al contesto italiano evidenziano come le
imprese incubate all’interno dei parchi scientifici e tecnologici e dei Business Innovation Centre si dimostrino più performanti di quelle non incubate, non solo in termini di tassi di crescita ma anche nell’adozione di tecnologie avanzate, nell’attitudine
a partecipare a programmi di ricerca internazionale in particolare con le università e
nell’accesso a fondi pubblici. Inoltre, gli imprenditori delle imprese incubate hanno
una dotazione di capitale umano (livello di educazione ed esperienza professionale)
superiore di quelli delle imprese non incubate, a testimonianza della capacità di
attrazione di questi CITT qualificati.
37
La categoria degli incubatori d’impresa presenta comunque una realtà piuttosto variegata, a cominciare dal tipo di governance, testimoniata dalla diversità dei
partner promotori e degli enti finanziatori. Il RIDITT (2005) nella sua mappatura ha
considerato unicamente gli incubatori universitari, tuttavia si possono individuare
altri modelli di governance che corrispondono a tre tipi di incubatori: gli incubatori no
profit, gli incubatori profit e gli incubatori universitari (Hackett e Dilts, 2004; Grimaldi
e Grandi, 2005).
Gli incubatori no profit, diffusi in Europa e in Italia, sono delle strutture, spesso di origine pubblica, che non si pongono l’obiettivo del profitto, bensì obiettivi
macroeconomici o sociali, ad esempio: riconversione produttiva, diffusione dell’innovazione, crescita dell’occupazione. Gli Incubatori profit invece sono delle strutture, quasi sempre di origine privata, che si pongono l’obiettivo di creare profitto,
normalmente intervenendo nel capitale di rischio delle nuove imprese. Si tratta di
un modello diffuso principalmente nei paesi anglosassoni. Infine gli Incubatori universitari nascono all’interno di strutture accademiche e ospitano spin-off di ricerca
provenienti da studenti, laureati, ricercatori e docenti.
L’attività di incubazione potrebbe essere svolta anche da altri centri inclusi nella
nostra mappatura, quali i Parchi scientifici e tecnologici fisici e i Business Innovation Centre. Tuttavia si è ritenuto opportuno distinguere tra i CITT definiti incubatori,
e che quindi hanno come missione esclusiva quella della nascita e il sostegno di
start-up o imprese spin-off, da quelli che all’interno della gamma dei servizi offerti
possono prevedere l’incubazione di imprese.
In Veneto sono stati mappati cinque incubatori d’impresa di cui uno universitario
(Start Cube) mentre gli altri quattro qualificabili come incubatori no profit, quindi strutture che non ospitano spin-off accademici ma iniziative imprenditoriali giudicate di
particolare interesse per lo sviluppo economico del territorio. Di seguito vengono riportate delle brevi descrizioni dell’organizzazione e dell’attività degli incubatori veneti.
1. Start Cube, in provincia di Padova, è un incubatore universitario nato nel 2004 e
interamente sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Nasce come prosecuzione del Premio Start Cup Veneto, iniziativa finalizzata alla
promozione di realtà aziendali innovative provenienti dall’ambiente universitario.
L’incubatore occupa una superficie di 750 metri quadrati e il personale che vi
opera stabilmente è composto da 3 addetti. Le imprese incubate sono in totale
21 (6 entrate nel 2004, 4 nel 2005, 5 nel 2006 e 6 nel 2007) di cui 10 già uscite (1
nel 2005, 2 nel 2006, 4 nel 2007 e 3 nel 2008). Le imprese operano in settori ad
alta intensità di conoscenza quali ICT, nanotenologie, biotecnologie e terziario
avanzato (www.startcube.it).
2. La Fornace di Asolo, in provincia di Treviso, è un incubatore dotato di una su38
perficie complessiva di 2.000 metri quadrati e la cui struttura è integrata al corpo
principale della ex-Fornace di Asolo, di valore archeologico-industriale. L’incubatore, avviato nel 2005 dal Consorzio Recupero Fornace di Asolo che si è occupato
degli aspetti legati al restauro dell’ex-Fornace e alla ristrutturazione dell’immobile in cui sono ospitate le imprese incubate, passa sotto la gestione della Fondazione La Fornace nel 2007 a cui partecipano 43 istituzioni, tra associazioni di
categoria, banche, università e scuole. La Fondazione provvede alla dotazione di
tutti i servizi necessari per supportare lo sviluppo delle imprese ospiti. Le spese
sostenute per il progetto sono state coperte per il 65% da fondi europei e dal
35% da alcuni degli enti promotori dell’iniziativa tra cui la Confartigianato Asolo.
Il personale che opera stabilmente presso l’incubatore è composto da due persone mentre le imprese incubate sono in totale 20 (le prime uscite si prevedono per
l’estate del 2008) in prevalenza operanti nel settore del design e della comunicazione o comunque nel terziario avanzato (www.fondazionefornace.org).
3. Ex Cnomv con sede nella zona della Giudecca nel comune di Venezia è attivo
dal 2004. Le PMI incubate sono in totale 24 specializzate nel terziario avanzato
nell’ambito della consulenza, della comunicazione, della progettazione e della
formazione;
4. Ca’ Emiliani a Marghera nel comune di Venezia opera dal 2005. Le imprese
ospitate sono 11. Principalmente si tratta di PMI che operano nel comparto dei
prodotti in legno, della stampa, delle costruzioni, della riparazioni degli autoveicoli, della fabbricazione di macchine elettriche e di apparecchiature elettriche,
elettroniche e ottiche;
5. Ex Herion con sede nell’isola della Giudecca nel comune di Venezia inaugurato
agli inizi del 2008 ospiterà 34 PMI operanti nei settori del terziario avanzato, che
potranno insediarsi ai primi di luglio 2008.
I locali sede dei tre incubatori veneziani sono stati interamente restaurati a cura
dell’Amministrazione Comunale di Venezia con il cofinanziamento della Regione del
Veneto, a valere sul DOCUP 2000-2006 Fondo Europeo Sviluppo Regionale, misura 2.1. nell’ambito della promozione di progetti e iniziative che contribuiscono alla
realizzazione di politiche sul territorio volte alla riqualificazione urbana e ad uno
sviluppo economico sociale equilibrato e sostenibile. Presso l’incubatore Ex Cnomv
le aziende insediate si sono riunite nel Consorzio Venice Cube (www.venicecube.
it), mentre per Ca’ Emiliani ed Ex Herion attualmente la gestione dell’incubatore è
direttamente in capo all’Amministrazione Comunale.
Come emerge dai brevi profili riportati, gli incubatori veneti sono connotati da
una forte specializzazione settoriale in particolare nel terziario avanzato o nel manifatturiero high-tech, quindi in aree di competenza diverse da quelle che caratte39
rizzano il tessuto produttivo locale (ad eccezione di Ca’ Emiliani che presenta una
maggiore diversificazione in settori low e medium-low tech). La specializzazione in
uno o pochi settori tra loro complementari rappresenta la scelta più diffusa anche
dalla maggioranza degli incubatori europei (Aerts et al., 2007). Tale focalizzazione
industriale sembra garantire una maggiore competitività rispetto alla diversificazione considerate le possibili sinergie di cui possono beneficiare le imprese incubate, come la condivisione di costose e sofisticate strumentazioni, l’erogazione di
servizi e il trasferimento di conoscenza sector-specific, l’apprendimento congiunto
mediante processi di networking sia formale che informale tra gli incubatees che
appartenendo allo stesso settore presentano simili obiettivi e problematiche. Infine,
la specializzazione accresce l’expertise dello staff e fa acquisire all’incubatore una
specifica identità rafforzandone la reputazione e l’immagine. Tuttavia una marcata
specializzazione settoriale potrebbe generare alcuni svantaggi quali: il possibile gap
tra domanda e offerta settoriale (Aert et al., 2007), la forte competitività tra gli incubatees che limita i vantaggi della collaborazione interna (McAdam e Marlow, 2007)
e la scarsa capacità di beneficiare della cross-fertilization tra ambiti disciplinari diversi imputabile all’elevata sovrapposizione della base di conoscenze tecnologiche
delle imprese (Schwartz e Hornych, 2008).
2.1.5 Business Innovation Centre
I Business Innovation Centre (BIC) sono nati da un programma specifico dell’Unione Europea nel 1984 con lo scopo di supportare la nascita di imprese innovative e
svolgono attività di supporto alle PMI offrendo servizi integrati di orientamento e sostegno che vanno dal business planning alla consulenza specializzata, al marketing
territoriale, fino all’incubazione di imprese start-up (RIDITT, 2005: 16).
Secondo la rete nazionale italiana tuttavia un BIC “non si configura esclusivamente come fornitore di servizi tradizionali di consulenza alla singola impresa, ma
soprattutto come collettore di professionalità, competenze e risorse (comunitarie,
nazionali e regionali) che, partendo dalla domanda espressa dal sistema delle imprese, promuove progetti di sviluppo per l’intero tessuto industriale locale. I BIC
tendono ad operare, quindi, più su progetti che riguardano il tessuto imprenditoriale
locale nel suo insieme, che la singola impresa” (www.bic-italia.net). Proprio questa
attività di networking e di project management di programmi di ricerca con partner
qualificati volta a coinvolgere e supportare le PMI nei loro processi di innovazione
caratterizza la mission di un BIC.
In Europa sono attivi 160 BIC afferenti alla rete dell’European BIC Network (EBN),
di cui 30 italiani, promossa dalla Direzione Generale delle Politiche Regionali e di
Coesione della Commissione Europea (DG-XVI). L’ultimo rapporto del 2005 pubblica40
to dalla rete italiana dei BIC mette in evidenza come i BIC italiani sono più strutturati
di quelli europei (25 dipendenti contro 7-9) e che tra gli indicatori di performance
i BIC nazionali superano nettamente la media europea per numero dei progetti di
creazione di impresa selezionati e business plan realizzati durante l’anno. Anche
il dato relativo alle iniziative di formazione svolte a favore di imprenditori o neoimprenditori posiziona l’Italia sopra la media europea (www.bic-italia.net).
Fa parte dell’European BIC Network un unico ente veneto: Le Monde con sede a
Padova. Un altro CITT, il Consorzio Venezia Ricerche, è indicato come partner della
rete EBN (www.bic-italia.net) ma non risulta più iscritto dal 2002.
Dal 1993 LE MONDE® è presente in oltre 100 stati tramite un network di partner
consolidati per promuovere la cooperazione internazionale nel mondo. LE MONDE ®
è inoltre membro associato accreditato BIC dal 2004 con l’obiettivo di sensibilizzare
e assistere le PMI in progetti di internazionalizzazione e d’innovazione tecnologica
di processo e di prodotto in partnership con i più importanti centri di ricerca internazionali. Le attività spaziano dalla creazione allo sviluppo di PMI innovative mediante
l’offerta di servizi specialistici di consulenza erogati sia al sistema imprenditoriale
che a quello istituzionale. Le aree di competenza sono il sostegno allo sviluppo locale e il sostegno allo sviluppo d’impresa. Nella prima area si includono quelle attività
che vanno dalla mediazione tra offerta e domanda di servizi alle PMI all’organizzazione di attività di formazione e seminari, dall’individuazione e promozione di opportunità di sviluppo d’impresa all’attuazione di piani integrati d’area, dalla ricerca di
finanziamenti pubblici alla gestione e coordinamento di progetti comunitari ed internazionali, dalla progettazione di sistemi integrati di qualità al marketing territoriale.
Nella seconda area invece, quella per lo sviluppo d’impresa, rientrano: le attività di
assistenza nell’elaborazione d’idee e progetti d’impresa, l’incubazione, la formazione, il coordinamento e gestione di attività e progetti di ricerca, la consulenza negli
ambiti del marketing, della qualità, della sicurezza e dell’ambiente, dell’internazionalizzazione e l’assistenza per l’accesso ai finanziamenti (www.lemonde.it).
Il Consorzio Venezia Ricerche con sede all’interno del Parco Scientifico Vega
in provincia di Venezia è stato fondato nel 1989 con l’obiettivo di creare un collegamento diretto fra università, enti e imprese del territorio veneziano nell’ambito
della ricerca applicata. Il Consorzio, grazie alla disponibilità delle risorse interne e
dei propri consorziati, può contare su una rete di laboratori e strutture di ricerca altamente qualificati, nei settori delle scienze ambientali, dei beni culturali, dei nuovi
materiali e delle tecnologie informatiche e nella gestione del territorio. Le attività
del Consorzio comprendono progetti pluriennali, realizzati con il supporto finanziario
del Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MIUR) o dei Programmi di Ricerca Europea e studi tecnico-scientifici di consulenza attivati su commessa (www.
41
veneziaricerche.it). È stato membro dell’EBN fino al 2002, tuttavia proprio per l’attività di promozione e gestione di progetti di ricerca tra più partner qualificati si ritiene
di mantenere il Consorzio all’interno della categoria dei BIC.
Può essere incluso in questa tipologia anche COSMI Innovazione con sede
in provincia di Padova, un CITT che per missione e caratteristiche dei servizi offerti
alle imprese è qualificabile come Business Innovation Centre. Il centro, istituito nel
1985, è l’azienda di Ricerca e Sviluppo del gruppo Cosmi network e ha come ambito
di azione il trasferimento di conoscenze competitive alle aziende pubbliche e private,
attraverso partnership con centri di competenza e di ricerca in ambito nazionale e
internazionale. Le società che ne fanno parte operano nei settori della consulenza aziendale, della formazione, dell’innovazione tecnologica e della comunicazione interattiva e multimediale. Le attività svolte sono riconducibili a tre divisioni:
consulenza, ricerca e trasferimento tecnologico e sviluppo. Nella prima divisione
rientra l’individuazione dei bisogni tecnologici, le consulenze brevettuali e i consortium agreement, i servizi di assistenza per i finanziamenti pubblici, la gestione
dei programmi comunitari, la progettazione/project management e il coordinamento di partnership nazionali e internazionali. Nella sezione Ricerca e Trasferimento
Tecnologico rientrano le collaborazioni con i centri di competenza nazionali e internazionali con riferimento all’innovazione di prodotto, sviluppo sostenibile, reti e
sistemi multimediali, ricerca su progetti finanziati nazionali e internazionali. Infine,
la divisione Sviluppo si occupa di audit, formazione, due diligence, metodologie per
il trasferimento tecnologico, innovation network tra imprese, centri di competenza
e ricercatori, azioni di stimolo alle PMI per favorire la partecipazione ai programmi
di ricerca dell’Unione Europea, gestione di progetti nazionali e internazionali di sistema, start up di imprese innovative, internazionalizzazione di impresa, workshop e
seminari tematici (www.cosmi-innovazione.net).
2.1.6 Aziende speciali e laboratori delle CCIAA
Le aziende speciali e i connessi laboratori sono strutture, afferenti al sistema
camerale, con specifiche funzioni di servizio, come ad esempio prove di laboratorio,
attività di ricerca applicata, servizi per il trasferimento tecnologico rivolte alle imprese iscritte alla Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura locale
(RIDITT, 2005: 16).
Nel territorio veneto sono state identificate quattro aziende speciali e/o laboratori delle CCIAA: Treviso Tecnologia, Polesine Innovazione, Verona Innovazione e il
Laboratorio Saggio Metalli Preziosi e Chimico Merceologico.
Treviso Tecnologia è l’Azienda Speciale per l’innovazione tecnologica creata
nel 1989 dalla Camera di Commercio di Treviso allo scopo di promuovere una cultura
42
di impresa orientata all’innovazione affiancando costantemente le piccole e medie
imprese attraverso: lo sviluppo di servizi e progetti ad elevato contenuto innovativo
e tecnologico, in connessione con il mondo scientifico e l’università; la realizzazione
di percorsi formativi mirati alla creazione di professionalità e competenze specialistiche e cosmopolite in un contesto di lifelong learning; la diffusione e l’assistenza
tecnica per la realizzazione di progetti mirati alla certificazione dei prodotti e dei
sistemi aziendali (www.tvtecnologia.it).
Polesine Innovazione è l’Azienda speciale della Camera di Commercio di Rovigo che opera dal 1986 a favore dello sviluppo delle imprese della provincia di Rovigo
con un’attività di servizi di terziario avanzato e di ricerca applicata. Gli ambiti in cui
l’azienda opera attraverso i vari servizi sono: formazione, gestione del centro universitario di Rovigo, innovazione tecnologica, ambiente e sicurezza, ricerche di mercato,
eurosportello (www.polesineinnovazione.it).
Verona Innovazione è dal 2002 l’azienda speciale della camera di commercio di
Verona. Tra i servizi erogati rientrano: l’informazione sulle problematiche emergenti
attraverso l’organizzazione di seminari, convegni, iniziative congressuali in genere;
la ricerca sui temi dell’economia aziendale, della nuova imprenditoria, della qualità,
dell’innovazione tecnologica, dell’ambiente; i servizi per l’incremento della produttività e della competitività in tutti i settori economici; la promozione dell’imprenditorialità attraverso attività di formazione e di aggiornamento degli imprenditori e dei
loro collaboratori; i servizi e gli interventi per lo sviluppo economico (promozione
dell’associazionismo, della cooperazione e della formazione di sistemi a rete, sostegno alla cooperazione e all’integrazione tra aree, sviluppo dell’imprenditorialità e
di nuove attività imprenditoriali; tutela dell’ambiente ecologico e socio-economico)
(www.veronainnovazione.it).
Laboratorio Saggio Metalli Preziosi della CCIAA di Vicenza effettua dal 1966
analisi chimiche, prove, tarature e certificazione nel settore orafo. Istituito su impulso delle associazioni di categoria del comparto orafo allo scopo di valorizzare la
qualità della produzione orafa vicentina, il laboratorio, su richiesta di operatori del
settore orafo-argentiero o di singoli consumatori, rilascia certificati di analisi giuridicamente validi presso Enti, Dogane, Istituzioni pubbliche e private. Dal mese di
dicembre 2001 il laboratorio ha ottenuto il Certificato di Accreditamento n. 0169, in
conformità alle prescrizioni della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025/2000 “Requisiti
generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura”.
2.1.7 Agenzie per lo sviluppo del territorio
Sono strutture prevalentemente di origine pubblica che perseguono lo sviluppo
economico di una determinata area geografica facendo leva sull’innovazione tecno43
logica. In questa tipologia rientrano ad esempio le Agenzie regionali per l’innovazione, i Consorzi Città Ricerche, le finanziarie per lo sviluppo locale (RIDITT, 2005: 17).
In Veneto è stata mappata un’unica azienda per lo sviluppo del territorio: Veneto
Innovazione.
Veneto Innovazione è dal 1991 l’agenzia regionale per l’innovazione della
Regione Veneto. Con sede presso il Parco Scientifico Vega in provincia di Venezia,
Veneto Innovazione è una società per azioni senza fini di lucro che cura sia il coordinamento delle iniziative nel campo della ricerca, dell’innovazione e dei servizi alle
imprese; sia l’aggregazione di piccole e medie imprese su progetti specifici di trasferimento di tecnologie, conoscenze e competenze. L’agenzia offre servizi che vanno
dal project management, al trasferimento tecnologico, ai servizi legati alle politiche
regionali, alla promozione delle collaborazioni tra il mondo della ricerca e il tessuto
imprenditoriale, all’innovazione di tipo organizzativo, ai servizi relativi ai distretti
produttivi e alla gestione dei progetti internazionali (www.venetoinnovazione.it).
Veneto Innovazione è inoltre partner di IRENE (Italian Relay Centre North East)
uno dei 71 Innovation Relay Centre (www.irc-irene.org) sostenuti dalla Commissione
Europea per favorire l’innovazione e il trasferimento tecnologico in particolare per
le Piccole Medie Imprese (PMI). L’IRC IRENE fornisce servizi di intermediazione e di
trasferimento tecnologico in risposta ai bisogni delle aziende e dei centri di ricerca:
audit tecnologico, identificazione e promozione dei profili tecnologici, incontro domanda-offerta di tecnologia e ricerca dei partner attraverso le apposite banche dati,
organizzazione di eventi di brokeraggio, assistenza alla negoziazione del contratto di
trasferimento tecnologico.
2.1.8 Centri tematici e multisettoriali
I centri tematici e multisettoriali si caratterizzano per erogare i propri servizi a un
sistema di imprese appartenenti a una o più filiere produttive, integrando il tessuto
produttivo con il sistema di innovazione territoriale.
I centri tematici sono strutture, frequentemente di origine privata, con una vocazione specifica su un determinato settore industriale o su una particolare area tecnologica, e sovente operanti all’interno di un distretto industriale (RIDITT, 2005: 17).
Nel territorio veneto sono stati identificati dieci centri tematici:
1. Arcadia Ricerche S.r.l. è una società privata insediata all’interno del Parco
Scientifico Vega in provincia di Venezia e membro del Consorzio Venezia Ricerche. Dal 1990 la società è specializzata in indagini scientifiche e diagnostiche
nell’ambito della conservazione del patrimonio culturale, fornisce consulenze e
supporto ad enti pubblici e privati soprattutto nelle seguenti aree: studi conoscitivi e diagnostici; monitoraggio delle condizioni di alterazione dei materiali e del44
le prestazioni dei prodotti; supporto alle aziende produttrici per la formulazione e
la valutazione di nuovi prodotti e tecnologie; collaborazione con enti e società di
servizi per la programmazione e gestione integrata della manutenzione nei centri
storici nell’edilizia in genere; sviluppo e messa a punto di metodologie innovative
per la diagnostica nel settore dei beni culturali (www.vegapark.ve.it/vega/acms/
vega/parco/aziende).
2. Associazione ABO (Applicazione delle Biotecnologie in Oncologia) nata
nel 1997 presso l’Ospedale Civile di Venezia, in convenzione con l’AULSS 12
Veneziana/Centro Regionale Indicatori Biochimici di Tumore, è un ente di diritto
privato senza scopi di lucro dedicato alla ricerca medico-biologica e biotecnologica, alla promozione della formazione professionale, agli scambi scientifici
e culturali fra ricercatori, allo sviluppo di programmi didattici, di informazione
e di consulenza nel campo oncologico. Presso il parco scientifico e tecnologico
Vega, l’associazione dispone di un laboratorio per la progettazione, la produzione
e la validazione di biosensori opto- e chemo-elettronici dedicati al rilevamento
simultaneo di biomarkers associati a patologie tumorali. (www.vegapark.ve.it/
vega/acms/vega/parco/aziende);
3. CIVEN e NanoFab S.c.a.r.l. CIVEN è un’associazione fondata nel 2003 dall’Università degli Studi di Padova e dall’Università Ca’ Foscari di Venezia e dall’Università degli studi di Verona creata al fine di promuovere la ricerca e la formazione
nel settore delle nanotecnologie. Le attività dell’associazione sono completamente finanziate dalla Regione del Veneto. CIVEN opera in coordinamento con
Veneto Nanotech, il distretto tecnologico italiano delle nanotecnologie applicate
ai materiali. Civen in collaborazione con il parco scientifico e tecnologico Vega ha
costituito nel 2005 NanoFab S.c.a.r.l. il laboratorio per il trasferimento delle nanotecnologie alle imprese. Il laboratorio dispone di innovative tecnologie dedicate
allo sviluppo di trattamenti superficiali high tech (su tecnologie sottovuoto, in
condizioni atmosferiche e per via chimica), di sinterizzati metallici ad alta densità,
di avanzati sensori nanostrutturati e di dispositivi diagnostici basati su micro arrays. È inoltre in fase di allestimento un’area per lo sviluppo di sistemi polimerici
nanocompositi. La struttura dispone inoltre di apparecchiature di caratterizzazione e può contare su una estesa rete di collaborazioni universitarie di supporto
(www.vegapark.ve.it/vega/acms/vega/parco/aziende; www.nanofab.it);
4. Consorzio Centro Veneto Calzaturiero/Politecnico Calzaturiero S.c.a.r.l.
in provincia di Venezia è una società promossa nel 2001 dall’ACRIB, dall’ANCI,
da Veneto Innovazione, da Enti pubblici e privati del Veneto, per attuare iniziative di: formazione (che costituisce la mission principale), ricerca e trasferimento
tecnologico, sviluppo della qualità e della sicurezza negli ambienti di lavoro nel
45
settore della calzatura. Il Politecnico Calzaturiero opera in un’ottica integrata e
di partnership per costruire una rete a supporto delle aziende di tutta la filiera.
Nella specifica area dell’innovazione tecnologica, l’ente realizza studi di settore
in collaborazione con istituti universitari per la progettazione e lo sviluppo di
nuove tecnologie produttive; sperimenta le nuove tecnologie in collaborazione
con i produttori di macchine e di sistemi CAD-CAM; svolge un ruolo importante
nel settore dei sistemi CAD collaborando con i più importanti produttori europei
e contribuendo al miglioramento dei loro prodotti in funzione delle specifiche esigenze dei calzaturifici del Veneto; si occupa della diffusione delle nuove tecnologie dimostrando le potenzialità dei nuovi sistemi e promuovendo la diffusione
delle nuove macchine; collabora con i più importanti produttori di macchine per i
calzaturifici e con i Centri di Ricerca CNR-ITIA di Milano, Enea di Bologna per la
realizzazione di progetti per lo sviluppo di nuove tecnologie per il settore calzaturiero; ha sviluppato con il Consorzio Formifici Italiani in collaborazione con l’Enea
di Bologna uno studio finalizzato all’inserimento nelle linee produttive di sistemi
robotizzati; produce analisi tecnico-economiche sui costi-benefici legati all’introduzione dei nuovi sistemi CAD-CAM; sviluppa pacchetti software personalizzati
per la gestione dei dati e delle immagini di settore; ha realizzato la prima Banca
Dati Storico Stilistica per il settore calzaturiero. All’attività di ricerca e sviluppo
si affianca l’area “controllo qualità e controllo materiali” la quale eroga servizi
di laboratorio e controllo qualità dei materiali per le aziende regionali, sperimenta nuovi materiali e infine promuove progetti per l’applicazione delle normative
europee sulla certificazione dei sistemi di qualità aziendale (www.acrib.it; www.
politecnicocalzaturiero.it).
5. CREI Ven - Centro Ricerca Elettronica Industriale Veneto S.c.a.r.l. con sede a Padova, fondato nel 1995 come Consorzio di diritto privato senza fine di
lucro da un gruppo di primarie aziende venete (Consorziati Ordinari), CREI Ven
ha avuto, fin dalla nascita, il sostegno della Camera di Commercio di Padova e
si è giovato di un’attiva collaborazione con l’Università degli Studi di Padova.
Nel 1997, esaurita la fase di avviamento a gestione privata, la compagine sociale del Consorzio si è arricchita con l’ingresso di due Consorziati Istituzionali,
la CCIAA di Padova ed il Consorzio Padova Ricerche, assumendo la natura di
consorzio misto pubblico-privato. Dal 1999 ha poi ulteriormente esteso la compagine sociale, ampliando in questo modo il proprio ambito di attività, sia come
comparti tecnologici rappresentati che come bacino d’intervento, con la figura
del Consorziato Sostenitore. A fine del 2002 si è perfezionata la modifica societaria divenendo Società Consortile a responsabilità limitata, assumendo l’attuale denominazione. CREI Ven opera nel territorio europeo svolgendo attività di
46
ricerca scientifica, tecnologica, di sperimentazione tecnica e di aggiornamento
nei campi dell’elettronica industriale, dell’elettromeccanica e dell’automazione.
L’ente svolge la propria attività di ricerca e sviluppo tecnologico in sinergia con
l’università al servizio dell’industria europea. Su richiesta di aziende fornisce
anche soluzioni a specifici problemi tecnici. Inoltre dispone di un laboratorio
prove accreditato adibito a prove di conformità alle direttive europee, prove in
situ presso clienti, al rilascio di relazioni tecniche e attestazione di conformità, prove per marchi volontari, prove per il settore militare, metrologia legale,
alla misura dei campi elettrici e magnetici e alla caratterizzazione di apparati
elettrici con riferimento all’esposizione umana e alla consulenza normativa e
progettuale (www.creiven.it).
6. Istituto Veneto per i Beni Culturali con sede presso il Parco Scientifico Vega
nasce a Venezia nel 1995 come associazione che svolge attività di ricerca, formazione, documentazione, informazione nel campo della conservazione dei beni
artistici, storici, architettonici e archeologici (www.ivbc.it).
7. Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) nasce nel 1929 a
Padova dalla necessità di realizzare un ente di carattere scientifico e pratico, in grado di offrire un valido aiuto ad allevatori e veterinari che operano nella zootecnia.
Assieme agli altri nove Istituti Zooprofilattici Nazionali, l’IZSVe è un ente sanitario
di diritto pubblico che svolge attività di prevenzione, di controllo e di ricerca nell’ambito della sanità e del benessere animale, della sicurezza alimentare e della
tutela ambientale. L’istituto nel corso degli anni ha ampliato le attività di diagnosi
e di ricerca istituendo laboratori nelle province del triveneto. La maggioranza dei
laboratori, inclusi quelli di eccellenza che utilizzano un tipo di strumentazione sofisticata, sono localizzati in Veneto, tuttavia l’attività dell’Istituto si estende anche
in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige (www.izsvenezie.it).
8. RiTex S.c.a.r.l. - Centro Ricerche e Prove Tessili di Vicenza svolge ricerche,
formazione, prove e test nel settore tessile. La società si è costituita nel 1998
per iniziativa della Camera di Commercio di Vicenza, dell’Associazioni Industriali
della Provincia di Vicenza e di 25 imprese, tutte attive in Veneto nella filiera del
tessile-abbigliamento e in settori collegati. Sono inoltre soci di RiTex: Veneto Innovazione S.p.A, il Parco Scientifico e Tecnologico Galileo S.p.A. di Padova e altre
imprese venete. Si avvale anche della collaborazione degli istituti di formazione
tecnica e professionale presenti sul territorio regionale. In questo modo RiTex
contribuisce a sviluppare il dialogo tra imprese e ricerca universitaria, tra mondo
del lavoro e centri di formazione. La dotazione tecnologica e la struttura operativa del laboratorio di RiTex svolgono la loro attività su sette aree: 1. Servizio di
analisi e ricerca su materiale tessile (fibre, filati, tessuti e capi confezionati, non
47
tessuti); 2. Servizio di analisi e ricerca su prodotti chimici ausiliari e coloranti; 3.
Studio del colore e della riproduzione tintoriale; 4. Servizio di analisi su difetti; 5.
Servizio prove per lavanderie e pulintintorie industriali; 6. Servizio prove ecologiche (Ecolabel); 7. Servizio di formazione del personale (www.labRiTex.com).
9. Thetis S.p.A, con sede presso l’Arsenale di Venezia, dal 1997 è una società di
ingegneria, consulenza e servizi a valore aggiunto che opera come integratore di
sistema nello sviluppo di progetti, servizi, applicazioni tecnologiche innovative in
tre aree di business: ingegneria civile e del territorio, studi e analisi ambientali,
sistemi intelligenti di trasporto. L’iniziativa Thetis ha preso spunto nel 1989 da
una delle tesi di laurea curate dalla facoltà di architettura di Venezia, aventi per
oggetto alcune ipotesi di riuso dell’Arsenale. L’idea della tesi, che prospettava
di localizzare un Centro per le tecnologie marine nel grande complesso, è stata
raccolta dalla Tecnomare, una società internazionale di ingegneria marina con
sede a Venezia, e sviluppata in progetto di fattibilità. Il progetto ottiene il cofinanziamento da parte della DG XVI nell’ambito del FESR (Fondo Europeo per lo
Sviluppo Regionale) per il 40% della spesa. Così qualificato come uno dei 32 Progetti Pilota Urbani Europei, il progetto realizzativo acquisisce anche il contributo
finanziario della Regione Veneto e del Comune di Venezia, per un ulteriore 25%.
La copertura finanziaria del restante 35% della spesa prevista è stata assicurata
dalla Thetis, società costituita come ente attuatore del progetto e partecipata da
aziende industriali e dalle amministrazioni locali (www.thetis.it).
10. Veneto Agricoltura, Istituto per la Qualità e le Tecnologie Agroalimentari, ha
sede in provincia di Padova. Dal 1997 (L.R. 35/97 - art.2) è l’Azienda della Regione
Veneto che promuove e realizza interventi per l’ammodernamento delle strutture
agricole, per la protezione del suolo agroforestale e per la migliore utilizzazione
della superficie agraria, per lo sviluppo dell’acquacoltura e della pesca, con particolare riferimento alle attività di ricerca e sperimentazione nei settori agricolo,
forestale, agroalimentare e bioenergetico svolte da diversi centri sperimentali
(www.venetoagricoltura.org).
I centri multisettoriali sono invece strutture che hanno competenza su molteplici ambiti tecnologici e che erogano servizi diversificati verso imprese appartenenti a
più settori industriali (RIDITT, 2005: 17).
In Veneto sono stati mappati quattro centri multisettoriali:
1. Certottica, in provincia di Belluno, è dal 1992 l’Istituto Italiano di Certificazione
dei prodotti ottici, dei dispositivi ad uso professionale, dei caschi, degli elmetti,
della gioielleria e di altri dispositivi di protezione individuale. Il centro nasce per
assicurare alle industrie di riferimento un supporto in grado di esaminare pro48
dotti e processi produttivi in attuazione delle direttive europee e degli standard
internazionali rilasciando rapporti di prova idonei a certificarne la conformità. Gli
ambiti di intervento del centro vanno dalla certificazione, alla formazione, alla
normazione e alla ricerca e innovazione (www.certottica.it).
2. Fondazione Giacomo “Rumor” - Centro Produttività Veneto CPV opera dal
1952 in provincia di Vicenza. Costituitasi in forma associativa autonoma dal 1955
su iniziativa dell’avv. Giacomo Rumor, allora Presidente della Camera di Commercio di Vicenza, opera a favore delle imprese diffondendo le più aggiornate tecniche produttive e di organizzazione del lavoro. Trasformatosi in Fondazione nel
1994, il CPV comprende tra i fondatori e i sostenitori cinque camere di Commercio (Vicenza, Padova, Treviso, Venezia e Verona), l’Amministrazione Provinciale
di Vicenza, le principali Associazioni di Categoria, Enti Pubblici e privati. La Fondazione persegue i suoi obiettivi svolgendo attività di formazione, informazione
e assistenza all’innovazione tecnologica. Cuore pulsante del CPV sono i gruppi
di Studio, cui sono associati direttamente aziende e singole persone, che sviluppano approfondimenti su tematiche specifiche di settore o di funzione, quali ad
esempio la sicurezza e l’ambiente, l’automazione e l’informatica, il settore orafo,
la pubblica amministrazione, le tecnologie meccaniche, il settore ceramico, la
funzione di direzione generale, il marketing e la comunicazione, l’amministrazione aziendale e l’organizzazione della produzione (www.cpv.org).
3. Tecnologia e Design in provincia di Treviso è una società consortile a responsabilità limitata costituita nel 1998, i cui Soci sono la Camera di Commercio di
Treviso, Veneto Innovazione S.p.A, l’Unindustria Treviso, la Confartigianato e il
Comune di Montebelluna. La società opera per diversi settori offrendo formazione e servizi quali: design & engineering, rapid prototyping/tooling/manufacturing, vacuum casting e reverse engineering (www.tecnologiaedesign.it).
4. Venezia Tecnologie in provincia di Venezia è una società per azioni che opera
dal 1998 nella realizzazione di processi di produzione e nelle applicazioni di materiali metallici, plastici, semiconduttori e ceramici e, più recentemente, nelle
tecnologie alimentari. Le azioni della società sono suddivise parimenti tra tre
soci: ENI TECNOLOGIE S.p.A, corporate company del gruppo ENI, VEGA S.c.a.r.l.,
Parco scientifico tecnologico di Venezia e INPACT S.A produttore di semiconduttori. Venezia Tecnologie svolge le sue attività, prevalentemente di carattere
sperimentale, con strutture che si sviluppano su 3.300 m² di spazi attrezzati, così
ripartiti: 1.000 m² di laboratori di processo, analitici e di testing; 800 m² di spazi
attrezzati per ospitare grandi attrezzature, impianti pilota, produzioni prototipali,
officina; 800 m² di strutture di incontro: sala convegni (80 posti) e mensa, stanze
di riunione, uffici; 700 m² di spazi di servizio. Attualmente sono attivi presso
49
Venezia Tecnologie 40 dipendenti interni e vari esterni. Dei dipendenti interni
circa 14 hanno una consolidata esperienza come responsabili di progetti di R&S,
8 sono ricercatori, 14 tecnici di ricerca e 4 svolgono attività di supporto (www.
veneziatecnologie.it).
2.1.9 Centri di ricerca pubblica
I Centri di ricerca pubblica sono enti pubblici dediti allo svolgimento di attività di
ricerca base ed applicata su diverse discipline.
In Italia il principale ente di ricerca pubblico è il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Costituito il 18 novembre del 1923 e trasformato nel 1945 in organo
dello Stato, il CNR ha svolto prevalentemente attività di formazione, di promozione
e di coordinamento della ricerca in tutti i settori scientifici e tecnologici. Nel 2003, a
seguito del decreto legislativo 4 giugno 2003 n. 127, il CNR è divenuto ente pubblico
nazionale con il compito di svolgere, promuovere, diffondere, trasferire e valorizzare
attività di ricerca nei principali settori di sviluppo delle conoscenze e delle loro applicazioni per lo sviluppo scientifico, tecnologico, economico e sociale del Paese.
Le attività del Centro si articolano in 11 macro aree di ricerca scientifica e tecnologica: terra e ambiente, energia e trasporti, agroalimentare, medicina, scienze della
vita, progettazione molecolare, materiali e dispositivi, sistemi di produzione, ICT,
identità culturale, patrimonio culturale. La rete scientifica del CNR è composta dai
dipartimenti (uno per ciascuna delle 11 macro aree di ricerca scientifica e tecnologica) con compiti di programmazione coordinamento e controllo, dai 107 istituti diffusi
su tutto il territorio nazionale (suddivisi in sedi principali e articolazioni territoriali),
presso i quali si svolgono le attività di ricerca e, limitatamente a singoli progetti a
tempo definito, da unità di ricerca presso terzi.
Il CNR realizza iniziative che integrano la ricerca pubblica con quella privata,
promuovendo attività che prevedono la cooperazione con università e altri soggetti
sia pubblici che privati.
In Veneto sono stati mappati sei Istituti con sede principale nella regione qui di seguito elencati con la dichiarazione della missione (www.cnr.it/istituti). I primi quattro
hanno sede in provincia di Padova mentre gli ultimi due sono localizzati a Venezia:
1. Istituto di chimica inorganica e delle superfici: valorizzazione e trasferimento tecnologico e di formazione nei seguenti settori scientifici relativamente alle
seguenti tematiche: sintesi di precursori e materiali inorganici e trattamenti superficiali mediante tecniche innovative da fase vapore; progettazione e sintesi di sistemi inorganici molecolari e supramolecolari; studio ed applicazioni di
tecniche radioanalitiche in campo ambientale; metodologie e tecnologie per la
conoscenza, catalogazione e fruizione di beni culturali.
50
2. Istituto di ingegneria biomedica: sviluppo, valutazione e trasferimento di tecnologie innovative finalizzate alla conservazione dello stato di salute e al miglioramento della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, anche in relazione
all’organizzazione sanitaria e alla dimensione epidemiologica, in base alle peculiari competenze possedute in alcuni settori della biomedicina.
3. Istituto gas ionizzati: studi e ricerche di ingegneria e fisica sulla fusione termonucleare controllata sviluppando conoscenze sui plasmi ad alto beta in regime di
densità, corrente e fluttuazioni attualmente inesplorati e contribuire al progetto
ITER, anche realizzando dispositivi complessi per il riscaldamento addizionale del
plasma.
4. Istituto per l’energetica e le interfasi: ricerca su discipline chimiche, fisiche
ed ingegneristiche rivolte alla scienza e tecnologia dei materiali. In particolare
l’attività scientifica può contare su qualificate competenze nei seguenti settori:
materiali e processi per l’energetica; materiali e processi per l’elettrochimica,
materiali inorganici e metallici, superfici e interfasi, diagnostica.
5. Istituto di scienze marine: studio dei processi fisici, biofisici ed ecologici legati
alla circolazione oceanica che ha influenza sui cambiamenti climatici; studio dei
meccanismi che regolano i cicli bio-geochimici associati alla circolazione ed alla
biologia di mari ed oceani; indagini sull’origine dei mari italiani (nell’ambito della
geologia del Mediterraneo) e dei bacini oceanici, essendo questi studi fortemente connessi ai rischi sismici e vulcanici; formazione e alterazione dei margini
continentali, anche in relazione alle variazioni climatiche; studio della biologia
delle specie ittiche, dell’ecologia marina, delle interazioni tra ambiente e pesca,
e del miglioramento delle pratiche di maricoltura e acquacoltura.
6. Istituto per la dinamica dei processi ambientali: comprensione della evoluzione dell’ambiente, terrestre e marino, inteso come un sistema in equilibrio
dinamico determinato da processi fisici, chimici, geologici e biologici. I processi
affrontati riguardano una scala molto ampia che comprende quelli locali e quelli
che interessano l’intero Pianeta come i cambiamenti globali. Ciò richiede studi
condotti in varie zone del Pianeta diversamente caratterizzate sia da fenomeni
antropici che da fenomeni naturali. La missione è comprensiva delle attività di
alta consulenza scientifica verso imprese ed enti pubblici nei settori dell’utilizzo
di materiali e risorse naturali, della gestione e pianificazione territoriale, della
valutazione dei rischi naturali, della contaminazione chimica ambientale, dell’analisi di inquinanti presenti a livello di tracce e subtracce in matrici reali, della
salvaguardia del patrimonio culturale.
In Veneto oltre ai sei istituti sono presenti anche nove articolazioni territoriali,
tutti con sede a Padova:
51
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Istituto di chimica biomolecolare;
Istituto di geoscienze e georisorse;
Istituto di neuroscienze;
Istituto di biologia agro-ambientale e forestale;
Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica;
Istituto per le tecnologie della costruzione;
Istituto di scienze e tecnologie della cognizione;
Istituto di scienze e tecnologie molecolari;
Istituto per la tecnologia delle membrane;
Sono presenti infine anche due unità staccate sempre con sede a Padova:
1. Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima;
2. Istituto per la dinamica dei processi ambientali.
Si è ritenuto opportuno non includere gli undici enti nella mappatura per due
ordini di ragioni. In primo luogo, le articolazioni territoriali e le unità staccate dipendono dagli istituti centrali di afferenza e pertanto presentano una minore autonomia
sia in termini di indirizzo strategico che di risorse organizzative e finanziarie di cui
possono disporre per promuovere la ricerca e il trasferimento tecnologico a livello
locale. In secondo luogo, la loro vicinanza sia per tipo di attività svolta che fisica (spesso hanno sede presso i dipartimenti universitari) li accomuna alle strutture
accademiche – come i dipartimenti e i laboratori universitari – anch’esse escluse
dall’analisi. Le università infatti risultano maggiormente orientate alla ricerca di base e pertanto meno identificabili come intermediari nel processo di trasferimento
tecnologico ma piuttosto come provider di conoscenza tecnologica, fatta eccezione
per le attività di competenza degli uffici di trasferimento tecnologico svolte dalle
stesse. Sono da considerare inoltre le criticità legate alla raccolta dati presso gli enti
universitari sia di tipo operativo (è necessario considerare per ciascuna università
la rete di dipartimenti e di laboratori) che di privacy. Per questi diversi motivi è stato
ritenuto opportuno escludere i poli universitari dalla mappatura dei CITT richiedendo
tali attori un’indagine ad hoc.
2.1.10 Laboratori
I laboratori sono strutture pubbliche o private che svolgono attività che variano
dalle analisi e prove industriali per la qualificazione e certificazione dei prodotti alle
attività a maggiore contenuto innovativo quali la ricerca per usi applicativi. Rispetto
all’azione dei centri tematici e multisettoriali indirizzata verso iniziative che coinvolgono uno o più filiere produttive, l’attività dei laboratori risulta maggiormente connotata
da relazioni di tipo diadico con le imprese-receiver che richiedono specifici servizi.
52
La mappatura RIDITT (2005) include tra i CITT esclusivamente i laboratori afferenti
alle camere di commercio. Questi sostanzialmente si distinguono da altri laboratori
pubblici o privati per essere associati al sistema camerale e per erogare servizi rivolti
alle imprese ad esso collegate. A differenza della ricerca RIDITT, l’indagine di Veneto
Innovazione Progetto NEST 2000 ha considerato anche altri laboratori come strutture
potenzialmente rilevanti per il supporto all’innovazione. Tali strutture infatti erogano servizi quali analisi e prove industriali che richiedono diversi livelli di complessità
e dotazioni tecnologiche dedicate, ma svolgono anche attività di ricerca applicata e
quindi progetti caratterizzati da un certo grado originalità e finalizzati a generare nuova
conoscenza e applicarla a livello industriale. Lo stesso MIUR, Ministero dell’Università
e della Ricerca, gestisce dal 1982 l’Albo dei Laboratori di Ricerca registrando e aggiornando periodicamente le strutture di ricerca pubbliche e private “altamente qualificate”, operanti in Italia a vario livello nei settori della scienza e della tecnologia.
Si è pertanto ritenuto opportuno inserire tra le tipologie di CITT anche quei laboratori pubblici e privati con esclusiva vocazione al trasferimento tecnologico verso
soggetti terzi distinguendoli in due principali categorie:
- Laboratori di ricerca per usi applicativi e quindi con una vocazione alla ricerca
volta ad individuare soluzioni innovative ai problemi esposti dalle aziende-clienti.
- Laboratori di analisi e prove industriali che comprendono i centri che offrono servizi di taratura di strumenti di misura, analisi ad esempio chimiche, delle superfici, microbiologiche, prove sui materiali, test previsti per garantire che il prodotto
o il processo sia conforme alle normative di legge.
Non sono stati inclusi nella mappatura i laboratori interni ad imprese industriali
anche se usufruibili da aziende esterne. Questa decisione è motivata dal fatto che
essendo la vocazione di questi laboratori non orientata in via esclusiva al trasferimento tecnologico nei confronti del sistema produttivo territoriale, la quantità di
risorse destinate all’attività interna piuttosto che a quella esterna può variare sensibilmente nel corso del tempo, come è emerso da alcune interviste telefoniche. La
necessità di saturare l’investimento sostenuto per le attrezzature utilizzate in laboratorio può motivare la scelta delle imprese di offrire dietro corrispettivo servizi
tecnologici anche all’esterno. Tuttavia la coesistenza di questo duplice orientamento
non consente di definire con certezza quali laboratori interni prestano stabilmente un
servizio di TT ad aziende terze.
Sono stati esclusi inoltre anche i laboratori che erogano servizi per la collettività
come per esempio il servizio di gestione delle acque e dei rifiuti, laboratori di analisi,
prevenzione e controlli ambientali in quanto non rientranti nel concetto di TT, a differenza di quei laboratori che svolgono invece attività di ricerca nel campo disciplinare
della Terra e dell’Ambiente.
53
In Veneto sono stati identificati 10 laboratori che svolgono attività di ricerca applicata e 40 che erogano servizi di analisi e prove industriali. Di seguito viene riportato l’elenco dei nominativi dei laboratori inclusi nella mappatura.
a) Laboratori di ricerca per usi applicativi:
1. ASTER S.r.l.- con sede presso il parco scientifico e tecnologico Vega in provincia
di Venezia dal 1996, è una società di consulenza in materia economico-finanziaria
e di progettazione tecnica del terziario avanzato. Formata da un pool di professionisti esperti in vari settori, essa affianca pubbliche istituzioni e imprese nei
seguenti ambiti d’intervento: 1) Europrogettazione e project financing: assistenza
tecnico-amministrativa a imprese ed enti per la partecipazione a bandi comunitari, nazionali e regionali, assistenza per gare di servizi, forniture e opere; 2) Ricerca
tecnologico-scientifica: follow up di iniziative innovative nel settore ambientale,
energetico, logistico, tutoraggio per la partecipazione a programmi di finanziamento di R&S; 3) Consulenza economico-finanziaria: elaborazione di business
plan su iniziative economiche, verifica della sostenibilità dei piani di sviluppo e
del reperimento di fonti di finanziamento; 4) Progettazione tecnico-ingegneristica
attività tecniche di progettazione e sviluppo di progetti ingegneristici.
2. CHELAB S.r.l. con sede a Treviso è dal 1979 un laboratorio, privato ed indipendente, specializzato nei collaudi e controlli di prodotto e di processo. Chelab offre
servizi analitici e di assistenza tecnica nei settori ambientale, agroalimentare,
non food, industriale e farmaceutico.
3. ENCO S.r.l. Engineering Concrete, dal 1989 è una società localizzata in provincia
di Treviso che dispone di un laboratorio qualificato e attrezzato per eseguire le
prove sui materiali da costruzione destinati all’architettura, e all’ingegneria edile e civile. La Enco realizza inoltre attività di ricerca e pubblicazione scientifica
(www.encoS.r.l.it).
4. ENGIN SOFT con sede a Padova dal 1984 EnginSoft è una società con una forte
tradizione nei settori del CAE, della sperimentazione virtuale, della simulazione
di processo e, più in generale, dell’informatica scientifica orientata all’ottimizzazione dei processi progettuali e produttivi. La società eroga servizi di consulenza
e formazione ma è attiva anche nella ricerca finanziata e nel trasferimento di
tecnologia (www.enginsoft.it).
5. ENOCENTRO di VASSANELLI C. & C. S.r.l. con sede a Verona, dal 1991 eroga servizi di analisi e consulenza in ambito enologico e agroalimentare nonché attività
di ricerca e pubblicazione scientifica.
6. LUXOR Laboratory for Ultraviolet and X-Ray Optical Research con sede a Padova
e istituito nel 2002 come Laboratorio Regionale dell’Istituto Nazionale per la
54
Fisica della Materia (INFM), con la finalità di attuare sia ricerca di base che
applicata, con particolare attenzione al trasferimento tecnologico sul territorio. I
fondi di finanziamento del LUXOR provengono da enti di ricerca italiani, europei e
da contratti esterni con aziende. Il laboratorio è coinvolto in progetti sia di ricerca
di base sia applicativi nell’ambito dei sistemi ottici per applicazioni scientifiche
(strumentazione spaziale e fisica della materia) ed industriali, nel test e caratterizzazione di sistemi ottici e rivelatori, con particolare attenzione all’ultravioletto
da vuoto, nella deposizione e caratterizzazione di film sottili, nello sviluppo di laser tradizionali e a semi-conduttore per lavorazioni industriali, nell’applicazione
di tecniche per il monitoraggio a raggi X delle linee di produzione, nello sviluppo
di sistemi ottici per applicazioni metrologiche e per acquisizione di immagini
digitali, nella spettroscopia laser di gas (www.padova.infm.it/luxor).
7. LABORATORIO ENOCHIMICO POLO DI POLO MAURIZIO con sede a Treviso dal
1980 eroga servizi di analisi, certificazione e consulenza, nonché di ricerca tecnologica e di sviluppo nell’ambito della chimica nel settore enologico (www.
pololab.com)
8. R&C lab S.r.l. con sede a Vicenza nasce nel 1985 dalla collaborazione di laureati
di diverse discipline scientifiche (chimici, biologi, geologi, ingegneri) uniti nello
scopo di fornire un qualificato servizio analitico di supporto e controllo ad aziende e professionisti operanti nelle diverse realtà industriali. L’attività analitica del
laboratorio è suddivisa in reparti operanti nei seguenti campi: agroalimentare,
microbiologica, ambiente e igiene del lavoro, amianto e materiali fibrosi, studi e
analisi per i beni culturali (www.rclabS.r.l.it).
9. RI.CERT. S.p.A fondato nel 1998 a Vicenza il laboratorio è sorto grazie all’iniziativa di un gruppo di imprenditori locali e per volontà di associazioni di categoria (ANDIL, Associazione Industriali di Vicenza, Unindustria di Treviso) e di enti
pubblici (Camera di Commercio IAA di Vicenza, Provincia di Vicenza e Università
di Padova). Il centro svolge sia attività di prove industriali che di formazione e
ricerca nei seguenti campi: ceramica e terracotta, prodotti finiti per l’edilizia,
geotecnica (stradale, dei terreni e delle rocce), indagini geognostiche, controlli
di cantiere con laboratorio mobile.
10. XEPTAGEN S.p.A con sede presso il Parco Scientifico e Tecnologico Vega, dal
2001 sviluppa, produce e commercializza nuove tecnologie per la diagnosi precoce e terapia del cancro sfruttando le nanotecnologie e la Proteomica Combinatoriale® una tecnologia proprietaria che consente di accelerare il processo di
identificazione di nuovi marcatori molecolari in oncologia. Svolge attività di ricerca in collaborazione con enti di ricerca pubblica, università e con privati (www.
xeptagen.com).
55
b)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Laboratori di analisi e prove industriali
2 EFFE LAB - Vicenza
AGENZIA DELLE DOGANE - LABORATORIO CHIMICO - Venezia
AGENZIA DELLE DOGANE - LABORATORIO CHIMICO - Verona
ANALYTICAL S.r.l. - Vicenza
ASIT INSTRUMENTS S.r.l. - Venezia
BIOCHEMICAL SERVICE S.n.c. di Duregon Chatia & C. - Treviso
C.S.G. PALLADIO - Vicenza
C.T.R. S.r.l. unipersonale Centro Triveneto per la Ricerca e prove sui materiali Padova
9. CHEMI-LAB S.r.l. - Venezia
10. CHIMICA SERVIZI S.r.l. - Verona
11. CMC CENTRO MISURE COMPATIBILITÀ S.r.l. - Vicenza
12. DEDALO - Vicenza
13. DELTA OHM S.r.l.- Padova
14. E-LABO - Vicenza
15. EPTA NORD S.r.l. - Padova
16. EUROLAB - Vicenza
17. EUROTEST S.r.l. - Padova
18. FIRST GROUP S.n.c.- Venezia
19. IMQ PRIMACONTROL S.r.l. - Treviso
20. IST.I.B. - ISTITUTO ITALIANO DI BROMATOLOGIA S.r.l. - Venezia
21. LAB CONTROL S.r.l. - Rovigo
22. LABORATORIO ANALISI CHIMICHE DOTT. A. GIUSTO - SERVIZI AMBIENTE S.r.l. Treviso
23. LABORATORIO CHIMICO VENETO S.r.l. - Vicenza
24. LABORATORIO DI ENOLOGIA ENZO MICHELET S.r.l. - Treviso
25. LABORATORIO ENOCHIMICO EX ALLIEVI SCUOLA ENOLOGICA CONEGLIANO Società Cooperativa - Treviso
26. LABORATORIO ENOLOGICO CONS. VOL. TUT. VINI D.O.C. COLLI EUGANEI - Padova
27. LABORATORIO PROVE MATERIALI S. MARCO S.r.l. - Vicenza
28. LABORATORIO STEEL TRATTAMENTI TERMICI S.r.l.- Treviso
29. LABORATORIO UNIONE ITALIANA VINI - Verona
30. LAMBDA S.n.c. - Verona
31. PRO ARTE - Vicenza
32. RTM BREDA - Vicenza
33. SGS Italia S.p.A. U.O. Environmental Services di Villafranca Padovana - Padova
34. SOVECO S.r.l. - Vicenza
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35. SPINLAB 1 - Vicenza
36. STUDIO TECNICO MARIO CUZZOLIN S.r.l. - Treviso
37. TECHNOPROVE S.r.l. - Vicenza
38. TECNOCASEARIA - Vicenza
39. UNILAB Laboratori Industriali S.r.l. - Venezia
40. VALIDA S.r.l. GRUPPO BIOLAB - Venezia
2.2 Profilo della popolazione dei CITT
Il metodo di ricerca adottato ha fino a questo punto permesso di quantificare il fenomeno oggetto di studio e di rappresentarne la varietà, nonché di offrire un’ipotesi
di aggregazione dei CITT utilizzando come discriminante la missione da loro svolta
all’interno del sistema innovativo. L’obiettivo di questo paragrafo è quello di offrire
una rappresentazione aggregata degli 88 CITT che l’analisi di tipo desk e i contatti
diretti con gli attori regionali hanno permesso di individuare e che saranno inclusi
nell’indagine empirica presentata nei successivi capitoli. I profili dei centri illustrati
nei precedenti paragrafi vengono qui di seguito sintetizzati per categoria (tabella
2.2), anagrafica (tabella 2.3) e localizzazione geografica nelle sette province venete
(figura 2.1 e tabella 2.4).
La categoria di CITT più numerosa si riferisce ai laboratori di analisi e prove
industriali che rappresentano il 45,5% dei CITT identificati. I laboratori di ricerca
per usi applicativi e i centri tematici rappresentano l’11,4% dei centri mappati. A
questi seguono i centri di ricerca pubblica (6,8% della popolazione) e gli incubatori
d’impresa (5,7%).
La configurazione attuale del sistema per l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel Veneto può essere analizzata in chiave dinamica ripercorrendo l’evoluzione dei CITT nel corso degli ultimi decenni.
L’analisi della tipologia e del profilo anagrafico che segue mette in evidenza come il sistema dei CITT veneti sia relativamente variegato e giovane a testimonianza
del rilievo assunto dalle politiche di TT dagli anni ’90 ad oggi. La tabella 2.3 riporta
la frequenza assoluta dei centri per tipologia e periodo di costituzione.
La popolazione degli 88 CITT presenta un’età media di quasi 19 anni con un
valore mediano che si attesta a 13,5 anni. I centri più anziani presenti nel campione
sono quelli costituti a metà degli anni ’50: la Stazione Sperimentale del Vetro e la
Fondazione Giacomo Rumor, enti che si rivolgono a quei settori di più lunga tradizione veneta. Comunque all’interno della popolazione dei CITT i centri con la maggiore
anzianità sono un laboratorio di analisi e prove industriali e l’Istituto Zooprofilattico
57
Tabella 2.2 - Classificazione dei CITT per tipologia (n., % CITT)
Tipologia
n.
% sul totale centri mappati
laboratori di analisi e prove industriali
40
45,5%
laboratori di ricerca per usi applicativi
10
11,4%
centri tematici
10
11,4%
centri di ricerca pubblica
6
6,8%
incubatori d’impresa
5
5,7%
centri multisettoriali
4
4,5%
aziende speciali e laboratori delle cciaa
4
4,5%
parchi scientifici
3
3,4%
bic
3
3,4%
aziende di sviluppo territoriale
1
1,1%
stazioni sperimentali
1
1,1%
uffici di trasferimento tecnologico
1
1,1%
Totale centri mappati in Veneto
88
100%
Sperimentale delle Venezie sorto nel 1929, anch’esso contraddistinto da una spiccata specializzazione verso quei settori produttivi cardine dell’economia regionale
della prima metà del secolo scorso quali l’industria alimentare e l’allevamento.
Gli anni ‘60-‘70 si caratterizzano per una stasi di iniziative volte a sostenere l’innovazione e il trasferimento di conoscenze, infatti nell’arco di un ventennio vengono
istituiti solo otto centri tra cui alcuni laboratori e due centri di ricerca pubblica. È a
partire dagli anni ’80, con la diffusione dei laboratori nati per soddisfare la domanda
della singola impresa e lo sviluppo delle prime iniziative in logica di intermediazione
e di integrazione del tessuto produttivo oltre i confini settoriali (aziende speciali
delle CCIAA e i BIC), che ha inizio la costituzione di un sistema per l’innovazione e il
trasferimento tecnologico.
Sono gli anni ’90 che dimostrano il maggior dinamismo con la nascita del 36,4% dei
CITT della popolazione. Le iniziative promosse sono, da un lato, finalizzate ad alimentare il processo innovativo o su specifici settori oppure su filiere industriali con la costituzione della quasi totalità dei centri tematici e multisettoriali, e dall’altro sostenere
una logica di integrazione del sistema territoriale, attraverso l’istituzione dell’agenzia
di sviluppo territoriale e la nascita di due dei tre parchi scientifici e tecnologici.
58
Tabella 2.3 - Numero dei CITT della popolazione per tipologia e periodo di costituzione
Tipologia
n.
prima
degli
anni ‘50
anni
‘50
anni
‘60
anni
‘70
anni
‘80
anni
‘90
dal
2000
2
1
stazioni sperimentali
1
parchi scientifici
e tecnologici
3
uffici di trasferimento
tecnologico
1
1
incubatori di impresa
5
5
bic
3
aziende speciali
e laboratori delle CCIAA
4
aziende di sviluppo
territoriale
1
centri tematici
10
centri multisettoriali
4
centri di ricerca pubblica
6
laboratori di ricerca
per usi applicativi
10
laboratori di analisi
e prove industriali
40
1
3
Totale CITT
88
2
5
100%
2,3%
5,7%
%
1
2
1
1
2
1
1
1
7
1
2
3
2
1
3
1
4
3
2
4
11
14
7
3
5
19
32
22
3,4%
5,7%
21,6% 36,4% 25,0%
Un gruppo di CITT (25,0% della popolazione) è di costituzione più recente in
quanto sorti dopo il 2000. È in questo periodo che nascono i cinque incubatori d’impresa, l’ufficio di trasferimento tecnologico, i laboratori e i centri specializzate in
aree disciplinari e settoriali meno tradizionali quali il terziario avanzato, le nanotecnologie e le biotecnologie.
Considerando invece la distribuzione territoriale dei CITT e disaggregando i dati
per provincia si evince come la concentrazione maggiore si registri nelle province
di Venezia (28,4%) e Padova (22,7%). In termini di numerosità anche Vicenza ospita
il 22,7% dei centri, tuttavia con un minor grado di varietà di tipologie rispetto a
59
Figura 2.1 - Distribuzione territoriale dei CITT (% CITT)
8,0%
2,3% 1,1%
28,4%
14,8%
22,7%
Venezia
Padova
Vicenza
Treviso
Verona
Rovigo
Belluno
22,7%
Padova. La provincia di Vicenza infatti registra la più alta incidenza di laboratori per
analisi e prove industriali. Le province maggiormente scoperte dall’azione dei CITT
sono invece Rovigo e Belluno (figura 2.1).
La tabella 2.4 riporta la distribuzione dei CITT per provincia e per tipologia.
Sembra costituire una spiegazione della concentrazione maggiore nelle province di Padova e Venezia, la presenza di istituti accademici di più lunga tradizione
storica nel campo dell’insegnamento e della ricerca. Questo dato, che potrebbe essere interpretato come una incapacità del sistema di servire il tessuto industriale
Veneto (garantendo una elevata prossimità fisica tra CITT e imprese, ad esempio
restano scoperte le aree di Rovigo o Belluno), va invece interpretato positivamente
in quanto in linea con il trend internazionale che segnala una localizzazione dei CITT
nelle vicinanze dei centri di ricerca e istituzioni accademiche per favorire processi
di fertilizzazione incrociata. Si pensi ad esempi di successo come la Silicon Valley
in California e la Route 128 nel Massachusetts ampiamente documentati in letteratura (Saxenian, 1996). Anche i CITT veneti, come nel caso dei parchi scientifici e
tecnologici (Bigliardi et al., 2006), sembrano beneficiare della prossimità fisica con i
principali poli accademici. In primo luogo le università rappresentano i provider per
eccellenza della conoscenza astratta e alla frontiera tecnologica oggetto dell’attività
di trasferimento dei centri. La vicinanza geografica facilita quindi i contatti formali e
informali con le strutture accademiche per un continuo aggiornamento sui progressi
scientifici nei diversi campi disciplinari e per l’attivazione di relazioni con il tessuto
produttivo locale. Va infine riconosciuto ai poli universitari il ruolo di catalizzatori di
risorse finanziarie e di capitale umano qualificato a cui i CITT possono accedere per
realizzare progetti di ricerca connotati da un elevato grado di novità.
60
Tabella 2.4 - Distribuzione CITT per provincia e tipologia
Venezia
n.
Padova
n.
stazioni sperimentali
1
stazioni sperimentali
0
parchi scientifici e tecnologici
1
parchi scientifici e tecnologici
1
uffici di trasferimento tecnologico
0
uffici di trasferimento tecnologico
1
incubatori di impresa
3
incubatori di impresa
1
bic
1
bic
2
aziende speciali e laboratori delle CCIAA
0
aziende speciali e laboratori delle CCIAA
0
aziende di sviluppo territoriale
1
aziende di sviluppo territoriale
0
centri tematici
6
centri tematici
3
centri multisettoriali
1
centri multisettoriali
0
centri di ricerca pubblica
2
centri di ricerca pubblica
4
laboratori di ricerca per usi applicativi
2
laboratori di ricerca per usi applicativi
2
laboratori di analisi e prove industriali
7
laboratori di analisi e prove industriali
6
totale centri provincia Venezia
25
totale centri provincia Padova
20
Vicenza
n.
Treviso
n.
stazioni sperimentali
0
stazioni sperimentali
0
parchi scientifici e tecnologici
0
parchi scientifici e tecnologici
0
uffici di trasferimento tecnologico
0
uffici di trasferimento tecnologico
0
incubatori di impresa
0
incubatori di impresa
1
bic
0
bic
0
aziende speciali e laboratori delle CCIAA
1
aziende speciali e laboratori delle CCIAA
1
aziende di sviluppo territoriale
0
aziende di sviluppo territoriale
0
centri tematici
1
centri tematici
0
centri multisettoriali
1
centri multisettoriali
1
centri di ricerca pubblica
0
centri di ricerca pubblica
0
laboratori di ricerca per usi applicativi
2
laboratori di ricerca per usi applicativi
3
laboratori di analisi e prove industriali
15
laboratori di analisi e prove industriali
7
totale centri provincia Vicenza
20
totale centri provincia Treviso
13
61
Verona
n.
stazioni sperimentali
0
parchi scientifici e tecnologici
1
uffici di trasferimento tecnologico
0
incubatori di impresa
0
bic
0
aziende speciali e laboratori delle CCIAA
1
aziende di sviluppo territoriale
0
centri tematici
0
centri multisettoriali
0
centri di ricerca pubblica
0
laboratori di ricerca per usi applicativi
1
laboratori di analisi e prove industriali
4
totale centri provincia Verona
7
Rovigo
n.
Belluno
n.
stazioni sperimentali
0
stazioni sperimentali
0
parchi scientifici e tecnologici
0
parchi scientifici e tecnologici
0
uffici di trasferimento tecnologico
0
uffici di trasferimento tecnologico
0
incubatori di impresa
0
incubatori di impresa
0
bic
0
bic
0
aziende speciali e laboratori delle CCIAA
1
aziende speciali e laboratori delle CCIAA
0
aziende di sviluppo territoriale
0
aziende di sviluppo territoriale
0
centri tematici
0
centri tematici
0
centri multisettoriali
0
centri multisettoriali
1
centri di ricerca pubblica
0
centri di ricerca pubblica
0
laboratori di ricerca per usi applicativi
0
laboratori di ricerca per usi applicativi
0
laboratori di analisi e prove industriali
1
laboratori di analisi e prove industriali
0
totale centri provincia Rovigo
2
totale centri provincia Belluno
1
62
Capitolo 3
Profilo dei servizi e dotazione di risorse dei CITT
3.1 Introduzione
Questo capitolo si pone l’obiettivo di tracciare il profilo dei CITT veneti che hanno
partecipato alla survey attraverso un’analisi descrittiva dei principali aspetti caratterizzanti i centri e la loro attività2 nell’arco del triennio 2004-2006.
Il capitolo si articola in due parti. La prima analizzerà in dettaglio l’offerta di TT
definendo la copertura dei diversi servizi suddivisi in tre macro tipologie, nonché il
grado di continuità del servizio e l’orizzonte temporale di riferimento per l’erogazione
dei servizi e infine il grado di personalizzazione degli stessi. Adottando un’ottica prospettica si cercherà inoltre di rappresentare i cambiamenti posti in essere dai CITT
nel triennio di riferimento per l’indagine. La seconda parte (paragrafo 3.3) è invece
dedicata all’analisi delle risorse a cui i CITT fanno ricorso per svolgere le loro attività. Partendo dalla considerazione che il valore scaturisce da due tipologie di capitale
quello finanziario e quello intellettuale (Edvinsson e Malone, 1997), l’analisi prende
in esame le diverse componenti del capitale intellettuale o risorse intangibili quali
il capitale umano, il capitale sociale e quello organizzativo. Il capitale finanziario
verrà analizzato evidenziando aspetti di particolare interesse quali la capacità di
autofinanziamento attraverso l’erogazione dei servizi alle imprese-receiver nonché
la capacità di accesso a finanziamenti pubblici.
Viene di seguito illustrato il campione dei centri che hanno aderito alla ricerca
compilando il questionario riportato in appendice A.
I CITT veneti che compongono il campione sono in totale 39, il 44,3% degli 88
centri mappati. La tabella 3.1 riporta la composizione in termini assoluti e percentuali dei 39 CITT secondo la tipologia.
Un raffronto tra il campione e la popolazione mappata nel primo capitolo consente di esporre tre considerazioni. La prima riguarda il buon tasso di redemption pari
2
In questo capitolo si riporteranno i dati forniti dai CITT prevalentemente in modo aggregato o per
tipologia per tutela la privacy dei centri.
63
al 44,3%. Tale dato è positivo da due punti di vista. Da un lato indica un interesse
dei CITT a partecipare alla mappatura e ad avere informazioni di ritorno sul sistema
veneto di trasferimento tecnologico, sulla sua struttura ed evoluzione. D’altro lato,
ai fini della ricerca, un alto tasso di risposta consente di analizzare più in profondità
quasi la metà della popolazione mappata. In secondo luogo, data la necessità di
rappresentare la varietà dei CITT come si può notare dalla terza colonna della tabella
3.1, nel campione sono presenti tutte le tipologie discusse nel primo capitolo. Si può
affermare pertanto che il campione è in grado di fotografare l’intera varietà della
popolazione. Infine, la stratificazione del campione risulta vicina alla segmentazione
della popolazione per tipologia (quinta colonna tab. 3.1).
Tabella 3.1 - Il campione di CITT
Tipologia
Stazioni
sperimentali
n. CITT su % CITT su
campione campione
1
2,6%
N.
% CITT
Nominativo del CITT
popolazione su popolazione
1
1,1%
- Stazione Sperimentale
del Vetro
Parchi scientifici
e tecnologici
2
5,1%
3
3,4%
- Parco Scientifico e
Tecnologico Galileo di
Padova
- Parco Scientifico e
Tecnologico Star di Verona
Uffici di
trasferimento
tecnologico
1
2,6%
1
1,1%
- Area Trasferimento di
Tecnologia
Incubatori
d’impresa
1
2,6%
5
5,7%
- Start Cube
Bic
1
2,6%
3
3,4%
- Cosmi Innovazione
Aziende speciali
e laboratori
delle cciaa
3
7,7%
4
4,5%
- Laboratorio Saggio
Metalli Preziosi
- Polesine Innovazione
- Treviso Tecnologia
Aziende di sviluppo
territoriale
1
2,6%
1
1,1%
- Veneto Innovazione
11,4%
- Arcadia Ricerche S.r.l.
- Civen/Nanofab S.c.a.r.l.
- Politecnico calzaturiero
S.c.a.r.l.
- RiTex S.c.a.r.l.
- Veneto Agricoltura
Centri tematici
64
5
12,8%
10
Tipologia
Centri
multisettoriali
Centri di ricerca
pubblica
Laboratori
di ricerca per
usi applicativi
n. CITT su % CITT su
campione campione
3
3
4
7,7%
7,7%
10,3%
N.
% CITT
Nominativo del CITT
popolazione su popolazione
4
6
10
4,5%
- Certottica
- Fondazione Giacomo
Rumor - Centro
Produttività Veneto
- Tecnologia e Design
6,8%
- Istituto di chimica
inorganica delle superfici
- Istituto di ingegneria
biomedica
- Istituto per l’energetica e
le interfasi
11,4%
- Enocentro Vassanelli
C. & C. S.r.l.
- Laboratorio Enochimico
Polo
- Ri.Cert. S.p.A.
- Xeptagen S.p.A
- Asit Instruments S.r.l.
- Biochemical Service S.n.c.
- CMC Centro Misure
Compatibilità S.r.l.
- C.T.R. S.r.l. unipersonale
Centro Triveneto per
la ricerca e prove sui
materiali
- Epta Nord S.r.l.
- Eurotest Laboratori S.r.l.
- First Group S.n.c.
- IMQ Prima Control S.r.l.
- Istituto Italiano di
Bromatologia S.r.l.
- Laboratorio di enologia
Enzo Michelet S.r.l.
- Laboratorio enochimico
ex allievi scuola di
Conegliano soc coop
- Laboratorio Steel
Trattamenti Termici S.r.l.
- Soveco S.r.l.
- Spinlab 1
Laboratori
di analisi e prove
industriali
14
35,9%
40
45,5%
Totale centri
rispondenti
39
100%
88
44,3%
65
3.2 Profilo del servizio di trasferimento tecnologico offerto
3.2.1 Tipologia di servizio e grado di continuità
In questo paragrafo verranno analizzate nel dettaglio le diverse tipologie di servizi
per l’innovazione e il trasferimento tecnologico che rientrano nell’attività di un CITT.
Per tale analisi ci si è avvalsi della classificazione proposta dall’analisi RIDITT (2005)
che suddivide i servizi nel seguente modo:
- Servizi di assistenza tecnico-specialistica. Tra questi rientrano:
• attività di ricerca e sviluppo tecnologico;
• assistenza specialistica;
• progettazione e sviluppo;
• diagnosi tecnologica;
• brokeraggio;
• assistenza finanziaria;
• incubazione;
• prove e test di laboratorio.
- Servizi informativi tra quelli proposti dal RIDITT sono stati selezionati i più significativi:
• su studi e ricerche;
• su normative e disposizioni legislative;
• su fiere ed eventi;
• sulla gamma dei servizi offerti (catalogo propri servizi);
• su brevetti;
• su best practices.
- Servizi di formazione, distinti in:
• formazione interna;
• formazione presso le imprese;
• formazione a distanza.
I servizi di assistenza tecnico-specialistica sono da considerarsi attività di innovazione e di trasferimento tecnologico in senso stretto. L’inclusione delle altre due
tipologie (servizi informativi e formativi) è da ritenersi attività di innovazione e di
trasferimento tecnologico in senso allargato.
Andando a definire in modo preciso le attività rientranti nella prima tipologia
(attività di innovazione e di trasferimento tecnologico in senso stretto), le attività di
ricerca e sviluppo tecnologico comprendono le attività di studio, analisi e implementazione di progetti a base tecnologica con forte componente innovativa.
L’assistenza specialistica riguarda l’erogazione di attività di analisi e consu66
lenza su specifiche del cliente come studi di fattibilità, certificazione, tutela proprietà intellettuale e brevettazione.
Fanno riferimento ai servizi di progettazione e sviluppo la progettazione assistita da calcolatore (CAD) e la re-ingegnerizzazione dei processi produttivi e gestionali.
I servizi di diagnosi tecnologica riguardano l’analisi del contesto tecnologico di
riferimento e delle tecnologie emergenti, l’analisi dei fabbisogni del receiver, l’audit
tecnologico e le attività di benchmarking tecnologico.
Il brokeraggio è l’attività di ricerca di competenze o partner specifici per progetti d’innovazione, anche quelli promossi dagli enti pubblici o dall’unione europea.
L’assistenza finanziaria fa riferimento ai servizi di consulenza finanziaria generica
riguardante ad esempio l’analisi economico-finanziaria e il reperimento delle fonti di finanziamento adeguate per il progetto che l’impresa vuole condurre, la predisposizione
di domande di finanziamento e la gestione delle relazioni con soggetti finanziatori.
L’attività di incubazione riguarda l’insieme delle attività volte al supporto di
nuove imprese innovative nei primi anni di vita. Solitamente i servizi spaziano dalla
concessione di locali, connessioni ad internet, centralino, a servizi di consulenza
manageriale, finanziaria e giuridica.
I servizi di prove e test di laboratorio afferiscono all’esecuzione di test di verifica su nuovi prodotti o materiali, analisi di routine previste per garantire che il
prodotto o il processo sia conforme alle normative di legge.
Rispetto ai risultati dell’indagine RIDITT (2005) sul campione di 109 centri nazionali, i CITT veneti sembrano maggiormente specializzati nel TT in senso stretto.
Infatti se consideriamo in aggregato il mix delle tre tipologie incluse nell’offerta
dei CITT, fatto cento il numero dei servizi complessivamente dichiarati, in media il
68,4% dei servizi offerti riguarda l’assistenza tecnica-specialistica (contro il 54%
del RIDITT), il 14,2% la formazione (contro il 16%) mentre il restante 17,4% i servizi
informativi (contro il 30%). Inoltre, per il 33,3% dei centri l’offerta è costituita esclusivamente da servizi di assistenza tecnica.
Se consideriamo il grado di copertura in termini di numero complessivo di servizi
offerti, in media i centri offrono 5 servizi, un valore inferiore di quello rilevato dall’indagine condotta a livello nazionale che ne rilevava 9 per ciascun centro. Nel dettaglio emerge che il 43,6% dei centri risulta specializzato al massimo in tre servizi
contro il 10% della ricerca RIDITT, mentre il 30,1% offre tra i 4 e i 5 servizi, il 20,5%
tra i 6 e i 10 e solo due CITT presentano una copertura dell’offerta composta da più
di dieci servizi. Se si considerano solo i servizi di assistenza tecnico-specialistica o
di TT in senso stretto la percentuale di centri che erogano un solo servizio è pari a un
quarto del campione mentre il 30,1% ne offre al massimo due. Come si discuterà in
seguito, tra i cambiamenti attuati dai CITT nel triennio di riferimento per l’indagine
67
quello più frequentemente dichiarato è proprio l’ampliamento della gamma dell’offerta. Da questi riscontri emerge che un gruppo di CITT dimostra una tendenza verso
un aumento delle competenze e dei processi messi a disposizione delle imprese a
supporto della loro attività di ricerca e sviluppo.
L’analisi del grado di copertura o specializzazione dell’offerta mette in evidenza
un problema che i centri stanno affrontando o che dovranno affrontare e che è costituto dalla definizione dell’insieme dei servizi più efficaci ed efficienti da offrire. Se
da un lato una maggiore focalizzazione genera economie di scala e l’acquisizione di
un know-how qualificato, dall’altro un ampliamento dell’offerta potrebbe favorire il
soddisfacimento di una domanda differenziata e non ancora espressa compiutamente, nonché consentire ai centri di beneficiare delle complementarità che derivano
dall’offerta congiunta di più servizi.
Procedendo con la disaggregazione dei servizi per ciascuna delle tre tipologie, le
figure 3.1, 3.2 e 3.3 riportano la percentuale di CITT che hanno inserito nella propria
offerta ciascuno dei servizi elencati ad inizio di questo paragrafo.
Dall’analisi emerge come tra i servizi informativi, il servizio di studi e ricerche
sia quello più presente nell’offerta dei CITT (33,3%), segue il servizio informativo su
normative e disposizioni legislative e su fiere ed eventi (17,9%). Per quanto riguarda
la formazione, i centri erogano in prevalenza l’attività in sede, in alternativa i corsi
sono somministrati presso le aziende clienti (33,3%).
Figura 3.1 - Percentuale di CITT che erogano i servizi inclusi nella tipologia “assistenza
tecnica-specialistica” (% CITT, n= 39)
servizi di assistenza tecnica
Incubazione
Assistenza Finanziaria
Brokeraggio
Diagnosi Tecnologica
Progettazione e Sviluppo
Assistenza specialistica
R&S tecnologico
Prove e Test di Laboratorio
2,6%
7,7%
15,4%
25,6%
30,8%
53,8%
53,8%
71,8%
0%
68
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Tra i servizi di assistenza tecnica, quindi di TT in senso stretto, quasi il 71,8%
dei CITT realizza test e prove di laboratorio. Questo dato va temperato considerando
che il 35,9% dei centri del campione appartengono alla categoria laboratori di analisi e prove industriali. Seguono i servizi di ricerca e sviluppo e i servizi di assistenza
specialistica, offerti a catalogo da circa il 54% dei CITT. L’attività di incubazione è
prevista solo da un CITT, mentre il servizio di assistenza finanziaria è offerto dal
Figura 3.2 - Percentuale di CITT che erogano i servizi inclusi nella tipologia “informativi” (% CITT, n = 39)
servizi informativi
10,3%
12,8%
12,8%
15,4%
17,9%
17,9%
Finanziamenti
Brevetti
Best Practice
Catalogo propri servizi
Fiere ed Eventi
Normative e Disposizioni legislative
Studi e Ricerche
33,3%
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
Figura 3.3 - Percentuale di CITT che erogano i servizi inclusi nella tipologia “formativi”
(% CITT, n = 39)
servizi formativi
Formazione a distanza
15,4%
Formazione presso le imprese
33,3%
Formazione interna
33,3%
0%
5%
10% 15% 20% 25% 30% 35%
69
7,7% del campione. Anche l’attività di brokeraggio che rappresenta uno dei servizi
caratterizzanti il trasferimento tecnologico è praticata solo da sei centri.
Questi risultati vanno in parte nella direzione opposta rispetto a quelli evidenziati
dalla ricerca RIDITT (2005), la quale indicava tra i servizi di TT in senso stretto più
offerti proprio il brokeraggio (76% dei rispondenti), l’R&S tecnologico (71%) e l’assistenza finanziaria (61%) seguita a breve distanza dal servizio di diagnosi tecnologica
(60%). Questo risultato può essere in parte spiegato dalla diversa composizione del
campione che nel nostro caso include anche i laboratori di analisi e prove industriali
non mappati dal RIDITT. Infatti, se nella nostra analisi il servizio di prove e test
di laboratorio è offerto dal 71,8% dei centri, nel campione RIDITT la percentuale
scende al 51%. Tuttavia, considerato che il campione veneto fotografa con buona
significatività le diverse tipologie di CITT operanti sul territorio, si può sostenere
che ci sono attività, come quella di brokeraggio, diagnosi tecnologica e assistenza
finanziaria, effettivamente meno presidiate dai centri regionali. Questo aspetto verrà
approfondito nel dettaglio nel capitolo 4 quando si andrà a valutare l’efficacia del
TT nel sostenere la value chain dell’innovazione delle imprese. Per quanto riguarda
invece il servizio di incubazione, il dato va letto considerando che il campione veneto
include solo il 20% degli incubatori d’impresa attivi in regione.
Concludendo l’analisi descrittiva sulla gamma dei servizi di TT, la tabella 3.2
riporta i sei servizi più offerti dai CITT rispondenti, tra questi primeggiano il servizio
di Prove e Test di laboratorio, l’R&S tecnologico e l’assistenza specialistica.
L’informazione relativa alla varietà di servizi inclusi a catalogo consente di fotografare il grado di copertura delle attività per l’innovazione e il trasferimento tecTabella 3.2 - I sei servizi più offerti dai CITT del campione (n., % CITT)
70
n. CITT che hanno
incluso nella propria
offerta i servizi
% sul totale dei
centri rispondenti
(n=39)
Prove e Test di laboratorio
28
71,8%
2
R&S tecnologico
21
53,8%
3
Assistenza specialistica
21
53,8%
4
Formazione Interna
13
33,3%
5
Formazione presso le aziende
13
33,3%
6
Informazione su studi e ricerche
13
33,3%
N.
I 6 servizi più offerti
1
nologico potenzialmente accessibili alle imprese. Un approfondimento di analisi è
stato finalizzato a comprendere quali dei servizi offerti a catalogo dai centri trovi
un’effettiva erogazione nel corso del tempo.
Tabella 3.3 - Offerta potenziale, effettiva e continuativa (numero di CITT)
n. CITT che
includono
il servizio
nell’offerta
n. CITT
che hanno
erogato effettivamente
il servizio nel
triennio
n. di CITT
che hanno
erogato il servizio in modo
continuativo
nel corso del
triennio
Prove e Test di Laboratorio
27 (1)
27
25
-7,4
R&S tecnologico
19 (2)
15
14
-26,3
Assistenza specialistica
20 (1)
16
16
-20,0
Progettazione e Sviluppo
11 (1)
8
7
-36,4
Diagnosi Tecnologica
9 (1)
6
5
-44,4
Brokeraggio
6
4
3
-50,0
Assistenza Finanziaria
3
1
0
-100,0
Incubazione
1
1
1
0,0
13
10
9
-30,8
Tipologia servizi
Offerta
potenziale e
continuativa
(variazione %)
Servizi di Assistenza Tecnica
Servizi Informativi
Studi e Ricerche
Normative e Disposizioni legislative
6 (1)
2
2
-66,7
Fiere ed Eventi
6 (1)
5
3
-50,0
Best Practice
5
4
4
-20,0
Finanziamenti
4
2
1
-75,0
Brevetti
5
0
0
-100,0
Catalogo propri servizi
6
1
1
-83,3
13
11
8
-38,5
6
5
3
-50,0
11
10
-16,7
Servizi Formativi
Formazione interna
Formazione a distanza
Formazione presso le imprese
12 (1)
71
Si è pertanto analizzato il differenziale tra offerta potenziale ed effettiva, per
comprendere quali siano i servizi che non vengono realizzati per mancanza di domanda o per ancora limitata presenza di alcune competenze e risorse dei CITT.
Dalla domanda 9 del questionario, che chiedeva ai centri di indicare per ciascun
anno del triennio 2004-2006 il numero di clienti e il fatturato conseguito per ogni
servizio rientrante a catalogo, è stato possibile ottenere il dato sull’offerta effettiva
(ossia i servizi erogati almeno una volta nel triennio) nonché quella continuativa (servizi erogati con continuità nel triennio) e di rapportare quest’ultima a quella potenziale. Sulla base dei servizi raggruppati nelle tre tipologie introdotte nel capitolo 3, la
tabella 3.3 riporta rispettivamente:
- la numerosità di CITT che identificano il servizio come rientrante nell’offerta potenziale (seconda colonna). Tra parentesi è indicato il numero di centri che pur
avendo dichiarato di offrire il servizio non hanno riportato il dato relativo all’erogazione (terza e quarta colonna) e pertanto sono stati esclusi dall’analisi;
- la numerosità di CITT che hanno erogato il servizio almeno una volta nel corso del
triennio (terza colonna);
- la numerosità di CITT che invece lo hanno erogato in modo continuativo nel triennio (quarta colonna).
- il differenziale in termini percentuali tra offerta potenziale e continuativa (ultima
colonna).
Osservando le variazioni percentuali, il gap più rilevante all’interno della tipologia di servizi di assistenza tecnico-specialistica interessa l’assistenza finanziaria, il
brokeraggio e la diagnosi tecnologica. Questi servizi oltre ad essere quelli meno presenti nell’offerta potenziale dei centri sono quindi anche quelli meno richiesti dalle
imprese. L’unico servizio di TT in senso stretto che sembra presentare una minore
discontinuità è costituito dalle prove e test di laboratorio, connotato quindi da una
minore variabilità della domanda da parte dei clienti. Per quanto riguarda i servizi
informativi il differenziale più elevato si riscontra nei finanziamenti, nel catalogo
propri servizi e nei brevetti.
I risultati sembrano indicare una difficoltà da parte dei centri non solo di coprire
quelle funzioni più tipicamente legate al trasferimento tecnologico (informativa sui
brevetti e sulle fonti di finanziamento, attività di diagnosi, scanning e ricerca dei
partner tecnologici), ma anche quella di far comprendere la criticità di questi servizi
alle imprese e di stimolarne la domanda.
La figura 3.4 offre una rappresentazione grafica tra il gap tra l’offerta potenziale
e quella continuativa in valori percentuali sui CITT rispondenti.
72
Figura 3.4 - Confronto tra offerta potenziale e offerta continuativa (% CITT)
100,0%
offerta potenziale
offerta continuativa
Formazione presso le imprese
Formazione a distanza
Formazione interna
Catalogo propri servizi
Brevetti
Finanziamenti
Best Practice
Fiere ed Eventi
Normative
Studi e Ricerche
Incubazione
Assistenza Finanziaria
Brokeraggio
Diagnosi Tecnologica
Progettazione e Sviluppo
Assistenza specialistica
R&S tecnologico
Prove e Test di laboratorio
0%
3.2.2 Modalità di erogazione del servizio
In questo paragrafo l’oggetto di studio si sposta dal tipo di servizio offerto alle
modalità di erogazione dello stesso. In particolare le domande che guidano l’analisi
sono le seguenti:
1. Quali sono gli orizzonti temporali sui quali operano i CITT? Vi è coerenza tra orizzonte temporale e tipo di servizio offerto?
2. Qual è il grado di personalizzazione con cui i centri rispondono alle richieste delle
imprese-clienti?
3. Con quali indicatori le imprese valutano le prestazioni dei CITT?
4. Quali sono i meccanismi di coordinamento che i centri utilizzano per gestire la
relazione con i receiver?
Partendo dalla prima domanda, è stato considerato l’orizzonte temporale di erogazione del servizio dei CITT. Infatti ci si può attendere che vi sia coerenza tra oriz73
Figura 3.5 - Orizzonte temporale dei servizi erogati (% CITT, n=38)
26,3%
26,3%
10,5%
15,8%
21,1%
centri che lavorano con ottica a breve termine
centri che lavorano con ottica a breve-medio termine
centri che lavarono con ottica a medio termine
centri che lavorano con ottica a medio-lungo termine
centri che lavorano nel lungo termine
zonte temporale del servizio offerto e quello delle attività di ricerca e sviluppo. Si è
pertanto chiesto ai centri di indicare la distribuzione in termini percentuali dei propri
servizi su tre orizzonti temporali che esprimono la durata del periodo di erogazione del servizio alle imprese-clienti: servizi erogati nel breve, nel medio e nel lungo
termine. Sono stati ottenuti i valori classificati negli orizzonti temporali riportati in
figura 3.5. Nel momento in cui il centro (al quale era richiesto di dare un peso percentuale al tipo di orizzonte temporale adottato) non assegnava un peso pari o superiore
al 70% ad un preciso orizzonte temporale (1. breve 2. medio 3. lungo termine), la
risposta veniva attribuita ad una categoria intermedia (4. medio-breve o 5. mediolungo). Solo per un centro non è stato possibile rilevare il dato.
Dall’analisi emerge come il sistema di servizi si articoli su orizzonti temporali diversificati con una leggera dominanza dei servizi con orientamento a lungo e mediolungo termine (42,1% dei centri) contro il breve e medio-breve termine (36,8%). In
particolare tra gli undici centri che operano in prevalenza con ottica a lungo termine
ritroviamo i tre centri di ricerca pubblica, un parco scientifico, due centri tematici, due
aziende speciali della CCIAA ma anche quattro laboratori. L’ottica di breve è in prevalenza propria dei laboratori di analisi e prove industriali i quali rispondono alle richieste dei receiver con servizi anche sofisticati, ma con un grado di complessità inferiore
alle attività di ricerca e sviluppo di nuova conoscenza che richiedono un orizzonte
74
temporale più lungo. Comunque anche l’ufficio di trasferimento tecnologico dichiara
di operare in prevalenza a breve termine considerata la sua attività di supporto alla
brevettazione, quindi di assistenza specialistica, e di diagnosi tecnologica. Sempre in
un orizzonte temporale di breve erogano i propri servizi la Stazione Sperimentale e un
centro tematico maggiormente focalizzato su servizi di tipo diagnostico.
Un’altra caratteristica considerata riguarda il grado di personalizzazione del servizio offerto. Questa dimensione ci consente di comprendere se i servizi erogati rientrano tra le attività di routine o se invece richiedono un adattamento alle esigenze
del cliente. I centri hanno stimato in termini percentuali sul totale dei servizi erogati
il peso di quelli standard, di quelli standard ma che possono comprendere anche degli elementi di personalizzazione ed infine quelli totalmente definiti sulla base delle
specifiche del clienti e quindi con un elevato grado di personalizzazione.
Nel complesso la maggioranza, il 74,4% del campione, presenta un portafoglio
di servizi differenziato, combinando servizi totalmente standardizzati, servizi standard con elementi di personalizzazione e servizi erogati sulla base delle specifiche
esigenze del cliente (figura 3.6). In altri termini i CITT oggetto di indagine dimostrano
una flessibilità di risposta in termini di servizio in funzione delle esigenze del sistema
delle imprese.
Se tuttavia disaggreghiamo ulteriormente i dati è possibile individuare degli
ambiti di specializzazione. Come nell’analisi relativa all’orizzonte temporale di erogazione nel momento in cui il centro non assegnava un peso pari o superiore al
70% ad uno dei tre livelli di personalizzazione, la risposta veniva attribuito alle altre
due categorie intermedie: 1) servizio totalmente standardizzato+standardizzato con
Figura 3.6 - Percentuale di CITT in base al grado di personalizzazione del servizio
(% CITT; n=39)
25,6%
74,4%
centri che erogano solo una tipologia di servizi
centri che erogano due o tre tipologie di servizi
75
Figura 3.7 - Grado di personalizzazione dei servizi (n, % CITT, n=37)
29,7%
27,0%
10,8%
5,4%
27,0%
standardizzato
standardizzato con elementi di personalizzazione
sia standardizzato che standardizzato con elementi di personalizzazione
sia standardizzato con elementi di personalizzazione che su specifiche
su specifiche
elementi di personalizzazione; 2) servizio standardizzato con elementi di personaliz
zazione+servizio su specifiche. Per due centri non è stato possibile definire la predominanza di uno dei livelli di personalizzazione, pertanto l’analisi si è concentrata
su 37 centri. Dalla figura 3.7 si può distinguere chiaramente un gruppo di CITT (24,
il 64,9%) che presenta un livello di standardizzazione del servizio elevato (standardizzato, standardizzato con elementi di personalizzazione, sia standardizzato che
standardizzato con elementi di personalizzazione). La standardizzazione consente di
beneficiare di economie di scala e di garantire al cliente una prestazione stabile ed
affidabile del servizio nel corso del tempo.
Tuttavia la standardizzazione non sembra un obiettivo dei centri con un orientamento più verso la ricerca e lo sviluppo tecnologico. A tal riguardo emerge come nel
gruppo di 11 CITT (il 29,7%) che dichiarano di erogare un servizio sulla base delle
specifiche del cliente, nove includano nella propria offerta l’R&S tecnologico.
Un approfondimento sulle caratteristiche del servizio offerto riguarda da un lato
i criteri con cui i centri sono valutati dalle imprese che supportano lungo il processo
innovativo (tabella 3.4) e dall’altro le modalità di coordinamento utilizzate per gestire la relazione (figura 3.8).
Per quanto riguarda le modalità utilizzate dal receiver per valutare il servizio acquisito, l’indicatore più rilevante per valutare la capacità innovativa e la crea76
tività del fornitore ossia il grado di innovatività del servizio è risultato quello meno
utilizzato (quasi il 29% dei CITT). Gli indicatori più frequentemente utilizzati sono la
qualità e l’affidabilità del servizio, indicati dal 92,1%% dei CITT intervistati, il tempo
di risposta ed erogazione del servizio con l’84,2% delle frequenze, l’adeguatezza dei
costi in relazione alla capacità di spesa del receiver (68,4% dei CITT). La valutazione
sulla base della qualità e l’affidabilità del servizio nonché sulle tempistiche di risposta è spiegabile dalla percentuale elevata di centri che erogano servizi standardizzati come discusso in precedenza.
Un ultimo aspetto analizzato riguarda i meccanismi impiegati dal centro per gestire il flusso di informazioni con i receiver.
Nell’erogazione del servizio il trasferimento tecnologico può basarsi su modalità
di supporto alle comunicazioni tra le parti fra loro molto diverse, che si sostanziano in
sistemi basati sulle persone (riunioni o incontri diretti informali) oppure meccanismi
basati su ICT o documenti (data base elettronici, videoconferenza o groupware). Dalla figura 3.8 emerge come i 39 CITT intervistati facciano ricorso ad ambedue i tipi di
meccanismi, a segnalare una complementarità tra essi. Infatti quasi il 67% dei CITT
ricorre a riunioni periodiche formalizzate, seguite dall’utilizzo di database elettronici
(61,5% dei CITT). I database cartacei vengono utilizzati dal 41% dei CITT, mentre
tutte le altre forme, come condivisione mediante groupware e videoconferenza, sono utilizzate in misura inferiore. La categoria “altro” include i contatti telefonici,
gli incontri informali e la pubblicazione dei risultati della ricerca scientifica. I CITT
affiancano quindi agli strumenti di rete meccanismi di coordinamento che attivano
contatti diretti, come le riunioni formali, a significare non solo come le due modalità
Tabella 3.4 - Indicatori di valutazione (n., % CITT)
Indicatore di valutazione
n. CITT
% su tot CITT (n=38)
Qualità e affidabilità del servizio
35
92,1%
Tempo di risposta ed erogazione del servizio
32
84,2%
Costi adeguati alle capacità di spesa o investimento
dell’azienda cliente
26
68,4%
Personalizzazione/customizzazione del servizio rispetto
alle specifiche definite dal cliente
16
42,1%
Grado di innovatività del servizio
11
28,9%
1
2,6%
Altro (produzione scientifica)
77
Figura 3.8 - Meccanismi di trasferimento delle informazioni e comunicazioni (% CITT; n=39)
70%
66,7%
61,5%
60%
50%
41,0%
40%
30%
20%
15,4%
10,3%
5,1%
10%
0%
Riunioni
periodiche
formalizzate
Database
elettronici
Database
cartacei
Condivisione
mediante
groupware
Videoconferenza
Altro
(ICT e mutuo aggiunstamento) possano essere complementari, ma anche quale sia il
valore del mutuo aggiustamento in questo tipo di relazioni. Ciò è legato a due motivi,
il primo è dato dall’esigenza di stringere un rapporto di collaborazione e di fiducia
con il partner per ridurre i costi delle transazioni ed evitare comportamenti opportunistici, il secondo è legato all’oggetto del trasferimento che non è composto solo
di conoscenza codificata ma anche tacita, più facilmente condivisibile mediante socializzazione (Nonaka e Takeuchi, 1995). Processi di mutuo aggiustamento mediante
contatti diretti favoriscono l’apprendimento organizzativo delle imprese receiver.
Ci si aspetterebbe una corrispondenza tra centri che erogano un servizio con
elevata personalizzazione e quelli che hanno indicato tra i meccanismi di coordinamento il ricorso a riunioni. Gli incontri face-to-face si dimostrano maggiormente efficaci nella gestione di servizi complessi e customizzati, come quelli di R&S
tecnologico, e il cui contenuto è soggetto a variazioni nel corso dei diversi stadi di
sviluppo. Incrociando i dati degli 11 centri che lavorano su specifiche del cliente e
quelli relativi alle modalità di coordinamento risulta infatti che 8 centri ricorrono alle
riunioni formalizzate.
3.2.3 Evoluzione del servizio di trasferimento tecnologico
A fianco dell’analisi di tipo statico delle principali caratteristiche dei servizi di TT
erogati dai CITT del campione, si è voluto comprendere se vi siano dei cambiamenti
78
in atto nel sistema e di quale tipo. È stato pertanto chiesto quale sia stato il cambiamento che ha interessato il CITT nel corso del triennio 2004-2006. I risultati sono
esposti nella tabella seguente.
In coerenza con quanto emerso in sede di indagine sul profilo di servizio, che
indicava un orientamento dei CITT verso una limitata specializzazione, risulta che il
cambiamento più frequente sia stato quello relativo all’ampliamento della gamma
dei servizi offerti (59% del campione), inoltre un altro tipo di cambiamento indicato
da quasi la metà del campione riguarda l’ampliamento della gamma delle tecnologie
per cui il CITT si caratterizza (48,7%).
Un terzo tipo di cambiamento messo in atto dai CITT riguarda l’attività di informazione e comunicazione esterna (46,2%), a testimoniare l’esigenza dei CITT di far conoscere maggiormente il proprio servizio e di attivare nuove relazioni con le imprese.
Il fatto che il sistema sia in evoluzione è confermato dal basso numero di CITT (3
pari al 7,7% del campione) che non ha effettuato alcun cambiamento nell’orizzonte
temporale indagato.
È interessante a tal punto valutare se i CITT hanno posto in atto più cambiamenti
contestualmente. Nella figura 3.9, l’asse delle ascisse rappresenta ciascun cambiamento, ciascuna colonna indica i differenti cambiamenti contestuali. Dalla figura
si nota come esista una contestualità tra cambiamenti. In particolare nel momento
in cui il CITT amplia la gamma dei servizi investe anche in comunicazione. L’ampliamento della gamma dei settori si associa in misura lievemente maggiore con
l’ampliamento della gamma dei servizi. L’ampliamento della gamma delle tecnologie
Tabella 3.5 - Tipologia di cambiamento realizzato nel triennio 2004-2006 (n., % CITT)
n. CITT
% sul totale CITT
rispondenti (n=39)
Ampliamento gamma dei servizi offerti
23
59,0%
Ampliamento gamma delle tecnologie in cui il centro
si caratterizza
19
48,7%
Attività di informazione e comunicazione esterna
18
46,2%
Partecipazione a reti di enti/imprese
17
43,6%
Ampliamento gamma dei settori a cui il centro si indirizza
15
38,5%
Altro
4
10,3%
Nessun cambiamento
3
7,7%
Cambiamento
79
Figura 3.9 - Relazione tra i cambiamenti (n. CITT)
n CITT che hanno indicato il cambiamento
3
10
1
1
1
8
10
10
9
10
10
15
10
10
12
12
11
ampliamento
gamma servizi
offerti
ampliamento
gamma settori
a cui il centro si
indirizza
ampliamento
gamma delle
tecnologie in cui
il centro si caratt.
10
2
10
2
1
10
1
1
9
9
3
15
11
attività di
informazione e
comunicazione
esterna
altro
partecipazione
a reti di
enti/imprese
altro
gamma tecnologie
partecipaz a reti
gamma settori
attività di info e comunicazione esterna
gamma servizi
per contro non sembra associarsi in misura rilevante con alcuno dei cambiamenti
suggeriti. Questo significa che l’adozione o sviluppo di nuove tecnologie spesso si
traduce contemporaneamente nell’entrata in nuovi settori, nell’ampliamento della
gamma dei servizi offerti, nella partecipazione a reti di enti o imprese e nello svolgimento di attività di comunicazione esterna.
3.3 La dotazione di risorse dei CITT:
analisi del capitale intellettuale e finanziario
Dopo aver analizzato sotto diversi aspetti l’offerta dei CITT questa terza parte
conclude il capitolo 3 concentrando l’attenzione sulle risorse a disposizione dei centri per svolgere la loro attività distinguendo tra risorse intangibili e finanziarie.
La capacità di generare valore, come affermano Itami e Roehl (1987), non dipende esclusivamente dalla materialità delle risorse impiegate nei processi aziendali
ma, in modo sempre maggiore, anche dalle capacità di acquisire, creare, accumulare
e utilizzare risorse intangibili basate sulla conoscenza. Questo vale a maggior ragione per i CITT la cui l’attività è essenzialmente di tipo “knowledge intensive”.
80
In letteratura vengono identificati tre principali risorse intangibili o dimensioni
del capitale intellettuale che contribuiscono al processo di creazione del valore: il
capitale umano, sociale/relazionale e organizzativo/strutturale (Nahapiet e Goshal,
1999; Lipparini, 2002).
Con riferimento ai centri verrà analizzato:
- il capitale umano, costituito dall’insieme di conoscenze, capacità e competenze
in possesso del personale tecnico del centro. Si presenteranno le caratteristiche
dell’organico sotto il profilo della composizione e quindi del peso assunto dai
collaboratori interni ed esterni sul totale degli addetti e del titolo di studio;
- il capitale organizzativo che comprende forme codificate di conoscenza, nella
fattispecie si prenderanno in esame gli strumenti ICT in grado di convertire il
know-how di tipo tacito in conoscenza codificata e pertanto trasferibile e facilmente recuperabile in qualsiasi momento;
- il capitale sociale, definibile come insieme di risorse a cui un centro può attingere grazie alla rete di relazioni (Burt, 1992) e che pertanto viene misurato dal
numero e tipo di relazioni attivate da un centro.
Dopo aver discusso le tre dimensioni del capitale intellettuale, il focus si sposterà sul capitale finanziario e quindi sulle diverse fonti di finanziamento a cui principalmente i centri fanno ricorso, approfondendo aspetti quali la loro capacità di
autofinanziamento e di accesso a contributi pubblici.
3.3.1 L’investimento in capitale umano
In organizzazioni che operano in termini di gestione della conoscenza come i
CITT la risorse primaria è costituita dal capitale umano. In primo luogo, un capitale
umano qualificato favorisce un orientamento cognitivo aperto allo scambio con la
comunità professionale e quindi rappresenta una precondizione per il trasferimento
di conoscenze tra gli attori del sistema. Inoltre, quando il processo di trasferimento
di conoscenza richiede capacità di analisi delle soluzioni tecnologiche esistenti ma
anche di traduzione del linguaggio scientifico in linguaggio più applicativo e di tipo
aziendale, quando quindi le informazioni da far circolare sono particolarmente nuove
e astratte, l’investimento in capitale umano qualificato dei CITT può diminuire la
distanza cognitiva tra partner (Noteboom et al., 2007). Tale distanza come discusso
nel capitolo 1 dipende dalla differenza non solo di conoscenze tecnologiche ma anche da quella tra sistemi condivisi di percezione, interpretazione e valutazione, tra
sistemi di “shared meanings” legati alla cultura di ciascuna specifica organizzazione,
e rende più difficili i processi di comunicazione e scambio soprattutto tra i provider di
conoscenza di base, quali le università, e le imprese che invece utilizzano conoscenze più applicative. Infine, l’investimento in capitale umano da parte dei CITT oltre
81
agli aspetti legati alla facilità di attivazione di una rete di relazioni e alla riduzione
della distanza cognitiva, risulta determinante nelle attività di generazione di nuova
conoscenza e quindi di gestione di progetti alla frontiera tecnologica.
Al 2006 gli addetti complessivamente impiegati nei 39 CITT (44,3% della popolazione) sono 641 di cui 489 interni e 192 esterni. Con addetti interni ci si riferisce a
coloro che hanno un contratto di lavoro dipendente a tempo determinato o indeterminato con il CITT, per contro gli addetti esterni con contratti atipici sono coloro che
Tabella 3.6 - Addetti interni ed esterni per il triennio 2004-2006
Addetti per anno
Addetti interni 2004
Media
Dev. Std Mediana
Minimo
Massimo
12,3
12,0
8,0
1
45
laureati
6,2
7,4
3,0
0
30
diplomati
5,7
5,4
5,0
0
24
titolo inferiore al diploma
0,3
1,4
0,0
0
8
Addetti esterni con contratti atipici
4,3
8,4
1,0
0
33
Totale 2004 (n=37)
16,6
15,1
10,0
2
53
Addetti interni 2005
12,5
11,7
8,5
2
47
laureati
6,6
7,1
8,0
0
29
diplomati
5,5
5,3
4,5
0
24
titolo inferiore al diploma
0,3
1,4
0,0
0
8
Addetti esterni con contratti atipici
4,3
8,4
1,0
0
33
Totale 2005 (n=38)
16,9
14,6
11,0
3
52
Addetti interni 2006
12,5
11,7
8,0
0
46
laureati
6,6
6,9
4,0
0
29
diplomati
5,8
5,9
4,0
0
26
titolo inferiore al diploma
0,3
1,4
0,0
0
8
Addetti esterni con contratti atipici
4,9
9,1
1,00
0
36
17,5
14,8
12,00
3
51
Totale 2006 (n=39)
82
hanno contratti di collaborazione per progetti o contratti di somministrazione lavoro.
La tabella 3.6 riporta le statistiche descrittive relative agli addetti interni ed
esterni, fornendo per gli addetti interni anche il dato sulla scolarità per valutare il
livello di qualificazione dell’organico dei CITT. Per il 2004 si dispone dei dati di 37
centri in quanto due sono stati costituiti rispettivamente nel 2005 e nel 2006.
Considerando i valori medi riportati in tabella 3.6, nel triennio 2004-2006 l’organico
medio dei centri è di 17 addetti, in media 12,5 interni (con un centro che presenta un
valore massimo di 46) e in media 4,9 collaboratori esterni (con un centro che dichiara
36 addetti). La varianza dei dati è comunque abbastanza elevata, se si considera il
valore mediano il numero di addetti interni scende a 8 mentre di quelli esterni a 1.
In particolare il dato sugli addetti esterni presenta una forte asimmetria positiva,
infatti la prima classe (da 0 a 4 addetti) è quella maggiormente rappresentata con 29
CITT (figura 3.10) di cui 18 dichiarano di non far ricorso a personale assunto con contratti atipici. I tre centri collocati sulla coda destra della distribuzione, e quindi con
il valore assoluto più alto di addetti esterni, sono un Parco Scientifico e Tecnologico,
il BIC e un centro tematico.
Figura 3.10 - Distribuzione del numero di addetti esterni al 2006 per classi
30
25
numero CITT
20
15
10
5
Mean = 4,92
Std. Dev. = 9,088
N = 39
0
0
10
20
30
40
n. addetti ESTERNI per classi
83
Tabella 3.7 - Peso percentuale degli addetti esterni sul totale addetti dei centri al 2006
(distribuzione per classi)
Addetti esterni al 2006 (distribuzione per classi)
n. CITT
% CITT
0%
18
46,2%
1-25%
10
25,6%
26-50%
6
15,4%
51-75%
2
5,1%
76-100%
3
7,7%
Se si considera invece in termini percentuali il peso dei collaboratori esterni
sul totale degli addetti (tabella 3.7), sale a cinque il totale dei CITT con un organico
composto per più della metà da personale assunto con contratti atipici: oltre ai tre
enti sopra indicati si aggiungono un laboratorio di analisi e prove industriali e un
centro tematico.
Il ricorso a una rete esterna di collaboratori più o meno estesa può essere
interpretato come un meccanismo attivato dai CITT per accedere a conoscenza
di tipo tacito trasferibile attraverso la mobilità di persone che sono in possesso
di competenze complementari e specifiche rispetto a quelle possedute internamente. Da un lato la mobilità dei collaboratori favorisce e supporta spillover tecnologici, nonché un orientamento cognitivo aperto allo scambio con la comunità
professionale, specialmente se il personale esterno è particolarmente qualificato
come nel caso dei ricercatori universitari. Dall’altro un capitale umano in prevalenza costituto da personale assunto con contratti atipici non garantisce uno stabile
sviluppo delle conoscenze interne del centro. Comunque osservando i dati riportati
in tabella 3.7, solo un gruppo di 11 CITT (il 28,2% del campione) dimostra una spiccata predisposizione verso il ricorso a collaboratori esterni che costituiscono più
di un quarto dell’organico complessivo. Questo risultato, se letto congiuntamente
a quello che verrà presentato nel quarto capitolo nella parte dedicata al sistema
di collaborazioni attivate dai CITT per scambio di ricercatori, mette in evidenza
l’ancor debole capacità di mobilitare capitale umano qualificato in particolare dal
sistema universitario.
È interessante valutare infine la distribuzione media per titolo di studio degli
addetti interni. Nel triennio considerato si ha un’equa distribuzione tra laureati e
diplomati; un peso decisamente inferiore assumono gli addetti il cui titolo è inferiore
al diploma. Dalla tabella 3.6 emerge come all’incirca il 50% degli addetti interni sia
84
Figura 3.11 - Percentuale di CITT per classe % di laureati sul totale addetti interni al 2006
12,8%
15,4%
0-25
26-50
51-75
76-100
30,8%
41,0%
costituito da laureati. Essendo l’attività di innovazione e di trasferimento tecnologico
di tipo “knowledge intensive” ci si aspetterebbe una percentuale anche maggiore di
addetti in possesso di laurea. Disaggregando i dati per classe, la figura 3.11 riporta
la percentuale di CITT per laureati sul totale di addetti interni al 2006. Risulta che
solo 5 CITT su 39 hanno una percentuale di laureati al di sopra del 75% del totale
addetti interni, mentre 12 si collocano tra il 51% e il 75%. I restanti 21 si distribuiscono nel seguente modo: 16 CITT dal 26% al 50% mentre 6 CITT al di sotto del
26%. È da considerare che dei 22 CITT con una percentuale di laureati dallo 0% al
50% sono presenti 11 dei 14 laboratori che svolgono attività di analisi e prove industriali, quindi un’attività di trasferimento di conoscenza affidata a personale tecnico
specializzato, non necessariamente laureato. La tabella 3.8 riporta i 5 CITT in cui è
stata dichiarata la più alta percentuale di laureati.
Tabella 3.8 - CITT che hanno dichiarato la % più alta di laureati sul totale degli addetti
al 2006
Tipologia
Laboratorio di ricerca per usi applicativi
% laureati su totale addetti al 2006
100,0%
BIC
90,9%
Laboratorio di analisi e prove industriali
83,3%
Azienda di sviluppo territoriale
80,0%
Azienda speciale della CCIAA
80,0%
85
3.3.2 Il capitale organizzativo: l’uso delle tecnologie ICT
per la produzione del servizio
Tra le risorse che in un CITT possono agevolare l’attività di innovazione e di
trasferimento tecnologico si possono considerare le tecnologie informatiche (ICT)
o come alcuni recenti studi definiscono “Innovation Technology” (Dodgson et al.,
2005), cioè quelle tecnologie che supportano il processo di innovazione nelle diverse fasi che vanno dalla ricerca delle informazioni potenzialmente rilevanti, alla
sperimentazione e progettazione di nuove soluzioni. Si pensi all’impiego di internet
oppure di apposite banche dati nelle attività di searching e screening di informazioni, di software per la simulazione e la modellizzazione, ma anche per archiviazione
e recupero delle informazioni come il Product Data Management o altri software di
project management. Tali strumenti, oltre a facilitare e velocizzare i processi di raccolta e di generazione di nuova conoscenza, alimentano la capacità di gestione della
conoscenza sia interna che esterna attraverso la traduzione della stessa in capitale
organizzativo del centro, a disposizione quindi in forma codificata, direttamente recuperabile in qualsiasi momento.
È stata pertanto valutata la dotazione di tecnologie per la comunicazione e l’informazione (ICT) utilizzate dai CITT a supporto dell’attività operativa (tabella 3.9).
Dall’analisi dei dati emerge l’utilizzo diffuso della rete Internet per l’attività di
ricerca, informazione e/o comunicazione, questa tecnologia è infatti adottata dal
92,1% dei CITT. Seguono con maggior distanza gli specifici database elettronici per
Tabella 3.9 - Tecnologie ICT utilizzate dai CITT (n., % CITT)
ICT
n. CITT
% su n=38
Internet per attività di ricerca, informazione e/o comunicazione
35
92,1%
Specifici database elettronici (es. brevetti, tecnologie di settore...)
19
50,0%
Altri software specifici di modellazione e simulazione numerica
11
28,9%
Software per la gestione dei progetti
11
28,9%
Software per la gestione della strumentazione di laboratorio
9
21,1%
CAD3D
8
21,1%
CAD2D
6
15,8%
Pacchetti formativi on line
4
10,5%
Altro
2
5,3%
86
tecnologie di settore (50,0%), gli altri software di modellazione numerica e i software
per la gestione dei progetti (28,9%). Si consideri che il 35,9% del campione è costituito da laboratori di analisi e prove industriali i quali utilizzano una strumentazione
ad hoc per attività di taratura e prove industriali. Tuttavia risulta come solo poco più
di un quarto dei CITT utilizzi appositi software per la gestione dei progetti che potrebbero rappresentare non solo un utile supporto al miglioramento dell’efficienza nella
gestione del progetto ma anche un meccanismo di apprendimento in quanto in grado
di alimentare nel tempo forme di knowledge o memory repositories, quindi archivi di
best practices già sperimentate e validate in alcune circostanze passate.
3.3.3 Il capitale sociale dei CITT
L’attivazione e la gestione di collaborazioni con soggetti terzi assumono una
particolare rilevanza nel processo di trasferimento tecnologico, in quanto potenzialmente consentono ai CITT di accedere a risorse informative o cognitive utili per la
produzione del proprio servizio.
Le domande a cui si è teso rispondere analizzando il capitale sociale dei CITT
sono le seguenti:
1. I CITT del campione collaborano con altri partner al di là della relazione con il
cliente-impresa e in che misura?
2. Quali sono le forme di collaborazione che i CITT sono in grado di mettere in atto?
Alla prima domanda si è dato risposta chiedendo ai centri di segnalare i nominativi degli enti con cui hanno avviato una relazione e per ciascuna relazione-partner
è stato richiesto di indicare la/e forma/e di collaborazione che la singola relazione
supporta scegliendo tra le quattro riportate di seguito:
- collaborazioni per scambio informazioni (trasferimento di comunicazioni, notizie,
aggiornamenti);
- collaborazioni per scambio di ricercatori (passaggio, temporaneo o permanente
dei ricercatori);
- collaborazioni per realizzazione di progetti in comune (forme di cooperazione finalizzate a generare nuova conoscenza di cui entrambe le parti possono beneficiare).
- collaborazioni per sviluppo di brevetti in comune.
In questo modo è stato possibile calcolare due dati: 1. il totale delle relazioni
attivate dai CITT (una relazione corrisponde ad un partner) a prescindere del loro
contenuto e 2. il tipo di collaborazione. Quindi ad esempio se un centro ha indicato
di aver attivato una relazione con un unico partner sia per scambiare informazioni
che per realizzare progetti in comune sono stati attribuiti a quel centro complessivamente una relazione/partner e due collaborazioni.
Nella prima colonna della tabella 3.10 è riportato l’ammontare complessivo delle
87
collaborazioni attivate dai 39 CITT del campione che corrispondono a 390. Il numero
totale di partner è pari a 76 con un numero medio di partner per centro uguale a 7,
comunque il campione presenta una certa varianza, con un centro che ha segnalato
il valore massimo di 27 partner.
Il tipo di collaborazione maggiormente attivato con i partner è lo scambio di inforTabella 3.10 - Numero di collaborazioni e relazioni/attori attivate dai CITT (n=39)
Collaborazioni
Relazioni/Attori
n. CITT
Totali
390
76
35
Scambio informazioni
233
72
32
Scambio ricercatori
26
17
9
Progetti in comune
128
41
29
Brevetti in comune
3
3
3
Tabella 3.11 - Numero medio di collaborazioni e numero medio di partner per tipologia
n. CITT
rispondenti
n. medio
collaborazioni
n. medio
partner
stazioni sperimentali
1
14,0
14,0
parchi scientifici e tecnologici
2
11,5
9,0
uffici di trasferimento tecnologico
1
13,0
11,0
incubatori d’impresa
1
7,0
5,0
bic
1
9,0
7,0
aziende speciali e laboratori delle CCIAA
3
18,0
12,0
aziende di sviluppo territoriale
1
39,0
27,0
centri tematici
5
18,6
10,8
centri multisettoriali
3
14,7
10,3
laboratori di analisi e prove industriali
14
2,9
2,2
laboratori di ricerca per usi applicativi
4
6,5
4,8
centri di ricerca pubblica
3
9,0
5,3
Tipologia
88
mazioni, in totale 233, contro la forma di collaborazione più complessa come la realizzazione di progetti in comune che scendono a 128, attivate da 29 CITT con un numero
selezionato di 41 partner. Seguono le collaborazioni per lo scambio di ricercatori (dichiarate da 9 CITT) e per lo sviluppo di brevetti in comune (dichiarate da solo 3 CITT).
Classificando i CITT per tipologia emerge che l’agenzia di sviluppo regionale è
la più dinamica attivando in media 39 collaborazioni, con un numero di partner pari
a 27. Fanno seguito i centri tematici e le aziende speciali e i laboratori delle CCIAA.
I CITT con una bassa propensione a collaborare sono i laboratori di analisi e prove
industriali con un numero complessivo medio di collaborazioni pari a 2,9 e partner di
2,2. Questo dato si può spiegare se si considera che questi centri erogano il servizio
di tipo tecnico a singole imprese che ne fanno richiesta e pertanto avvertono di meno
la necessità di relazionarsi con altri soggetti del sistema. Analizzando invece il dato
dei laboratori che svolgono attività di ricerca per usi applicativi il numero medio di
collaborazioni sale a 6,5, con in media 4,8 partner (tabella 3.11).
3.3.4 I capitali finanziari
Dopo aver descritto la dotazione delle risorse intangibili nella forma del capitale
umano, organizzativo e sociale, questo paragrafo analizzerà i capitali finanziari di cui
i centri possono disporre, distinguendo il conferimento iniziale analizzato sulla base
della forma giuridica, dalle fonti di finanziamento a cui hanno accesso i CITT.
Tabella 3.12 - Forma giuridica (n., %CITT)
Forma giuridica
n. CITT
%
Società di capitali
20
51,3%
Società di persone
1
2,6%
Società consortili
4
10,3%
Società cooperativa
2
5,1%
Impresa individuale
1
2,6%
Fondazione o Associazione
3
7,7%
Ente pubblico
5
12,8%
Azienda speciale delle CCIAA
2
5,1%
Altro
1
2,6%
Totale
39
100%
89
Figura 3.12 - Forma giuridica (% CITT)
5,1%
2,6%
12,8%
51,3%
Società di capitali
Società di persone
Società consortili
7,7%
Società cooperativa
Impresa individuale
Fondazione o Associazione
2,6%
5,1%
Ente pubblico
Azienda speciale delle CCIAA
10,3%
Altro
2,6%
Dalla tabella 3.12 e dalla figura 3.12 si evince come la forma giuridica prevalente adottata sia quella di società di capitali alla quale fanno ricorso la quasi totalità
dei laboratori identificati, l’agenzia di sviluppo territoriale e un parco scientifico. La
società di persone e l’impresa individuale si riferiscono ai laboratori di più piccola
dimensione che svolgono attività di analisi e prove industriali. Le società consortili, le cooperative e le fondazioni o associazioni riguardano i CITT che hanno una
compagine sociale mista in cui partecipano tipicamente le camere di commercio
provinciali, le associazioni di categoria, le istituzioni universitarie, gli istituti bancari
e le amministrazioni locali, provinciali o regionali.
All’interno della categoria “ente pubblico” ritroviamo i tre centri di ricerca pubblica, un centro tematico e la Stazione Sperimentale. La categoria “altro” comprende
l’Ufficio di TT dell’Università di Padova che si qualifica come un ufficio dell’ateneo.
Ai centri inoltre è stato chiesto di indicare le modalità di finanziamento a cui
hanno fatto ricorso nel triennio 2004-2006 e di stimare per ciascuna il peso percentuale sul totale delle fonti reperite. Nel dettaglio le fonti di finanziamento su cui i
CITT sono stati invitati a valutare la rilevanza sono classificabili in sei categorie:
- proventi da erogazione di servizi alle imprese clienti;
- contributi pubblici suddivisi in:
• regionali,
• nazionali,
• europei;
- privati (finanziamenti da parte di istituti di credito, business angels, venture capitalists, associazioni di categoria);
- altro (fonti come ad esempio i contributi delle CCIAA e i fondi universitari).
90
Tabella 3.13 - Pluralità delle fonti di finanziamento (n., % CITT)
Fonti di finanziamento
n. CITT
% rispetto totale centri rispondenti
28
17
71,8%
43,6%
3 modalità di finanziamento
6
15,4%
4 modalità di finanziamento
2
5,1%
5 modalità di finanziamento
2
5,1%
6 modalità di finanziamento
1
2,6%
39
100%
meno di 3 fonti di finanziamento
di cui solo 1 fonte di finanziamento
Totale
La tabella 3.13 rappresenta il numero di fonti di finanziamento dichiarati dai CITT.
Emerge come quasi il 72% dei CITT faccia ricorso solo a una o due modalità di finanziamento, mentre il 15,4% ricorre a tre fonti di finanziamento. Coloro che attingono
a 4 e 5 fonti di finanziamento rappresentano il 5,1% rispettivamente del campione e
solo un centro ricorre a tutte e 6 le fonti indicate.
La figura 3.13 illustra la percentuale di CITT che hanno dichiarato di usufruire
delle diverse modalità di finanziamento. Tutti i centri del campione autofinanziano la
propria attività attraverso l’erogazione di servizi/vendita dei prodotti ai clienti. Questo dato congiuntamente alla dichiarazione della missione richiesta a ciascun centro,
secondo la quale vi è un orientamento al servizio verso singole imprese o filiere proFigura 3.13 - Percentuale di CITT per modalità di finanziamento
15,4%
altro
12,8%
privato
17,9%
contributi fondi europei
25,6%
contributi fondi nazionali
35,9%
contributi fondi regionali
100,0%
proventi da erogazione servizi
0%
20%
40%
60%
80%
100%
120%
91
Tabella 3.14 - Fonti di finanziamento: suddivisione per classe (n., % CITT)
Classi fonti di finanziamento
Fonti di finanziamento
0
1-25
26-50
51-75
76-100
Totale/%
proventi da erogazione servizi
0
3
8
5
23
39
0%
7,7%
20,5%
12,8%
59,0%
100%
25
9
3
2
0
39
64,1%
23,1%
7,7%
5,1%
0%
100%
29
5
3
2
0
39
74,4%
12,8%
7,7%
5,1%
0%
100%
32
6
1
0
0
39
82,1%
15,4%
2,6%
0%
0%
100%
34
3
1
1
0
39
87,2%
7,7%
2,6%
2,6%
0%
100%
33
5
0
0
1
39
84,6%
12,8%
0%
0%
2,6%
100%
contributi fondi regionali
contributi fondi nazionali
contributi fondi europei
privato
altro
duttive, ci porta ad affermare che tutti i CITT del campione operano come provider di
conoscenza tecnologica (compresi i tre centri pubblici di ricerca) per receiver-imprese
principalmente private ma anche appartenenti alla pubblica amministrazione.
Nel dettaglio, la tabella 3.14 riporta in corrispondenza di ciascuna modalità le
percentuali di finanziamento per classe.
I proventi da erogazione di servizi sono stati dichiarati tra le modalità di finanziamento da tutti i centri.
Si può osservare come il 59% dei CITT (cioè 23 su 39) utilizzi questa fonte per
una quota che va dal 76% al 100%. Invece il 20,5% dei CITT (8 centri su 39) afferma
che i proventi derivanti all’erogazione di servizi si collocano nella fascia dal 26 al
50% sul totale delle fonti di finanziamento. Questo risultato, che pone in luce una
forte dipendenza dal fatturato derivante dalla vendita dei prodotti/servizi alle imprese-clienti, va letto congiuntamente al dato sull’entità assunta da tali proventi che
complessivamente nel 2006 hanno raggiunto un totale di 42.668.312 euro (n=38).
La tabella 3.15 riporta il fatturato medio del triennio 2004-2006 espresso in classi. La classe che presenta la maggiore concentrazione di CITT è la prima con una
92
predominanza della piccola dimensione, il 27% dei centri rispondenti dichiara infatti
di non superare in media i 200.000 euro di fatturato. Comunque il 62,1% dei CITT non
supera in media 1.000.0000 euro mentre il 32,0% si colloca sulla media dimensione,
nella classe tra 1.000.000 e 3.000.000 euro (figura 3.14). Questi risultati sono pressoché in linea con quelli ottenuti a livello nazionale nella ricerca condotta dal RIDITT
(2005): al 2003 il fatturato di circa l’80% dei centri nazionali non supera i 3,5 milioni
di euro e nel 43% dei casi i ricavi risultano inferiori ai 500.000 euro. La distribuzione
del fatturato non dipende dalla tipologia del centro considerato.
L’elevata incidenza dei proventi sul totale delle fonti associata alla scarsa entità
degli stessi porta a riflettere sulle ricadute in termini di servizio offerto alle impresereceiver, probabilmente più orientato verso attività con un orizzonte temporale di
breve termine che garantiscono un immediato ritorno, ma connotate da un grado
di novità tecnologica inferiore rispetto a progetti di più lunga durata, aventi come
finalità la generazione di nuova conoscenza tecnologica, ma che, d’altraparte, richiedono investimenti più elevati e a maggior grado di rischio.
Considerando il peso percentuale delle altre modalità di finanziamento riportate
in tabella 2.14, coloro che attingono a fondi nazionali (10 CITT su 39) ricevono contributi per una quota in prevalenza compresa tra l’1 e il 25% rispetto al totale delle
Tabella 3.15 - Incidenza dei CITT per classi di fatturato medio del triennio 2004-2006
(n., % CITT)
Classe
Distribuizione fatturato
medio per classi
n. CITT
% CITT sul totale
dei centri rispondenti (n=38)
1
1-200.000
10
27,0%
2
200.001-400.000
3
8,1%
3
400.001-600.000
3
8,1%
4
600.001-800.000
3
8,1%
5
800.001-1.000.000
4
10,8%
6
1.000.001-1.500.000
6
15,8%
7
1.500.001-2.000.000
3
8,1%
8
2.000.001-3.000.000
3
8,1%
9
oltre i 3.000.000
3
8,1%
Totale
38
100%
93
Figura 3.14 - Distribuzione % CITT per classi di fatturato
7,9%
1-200.000
7,9%
26,3%
200.001-400.000
400.001-600.000
7,9%
600.001-800.000
800.001-1.000.000
7,9%
15,8%
1.000.001-1.500.000
1.500.001-2.000.000
7,9%
10,5%
7,9%
2.000.001-3.000.000
oltre i 3.000.000
fonti, analogamente i CITT che attingono a fondi regionali (14 CITT su 39) e quelli
che usufruiscono di contributi europei (7 CITT su 39).
La fonte “privato”, che si ricorda include i finanziamenti da soggetti quali ad
esempio istituti di credito, business angels, venture capitalists, associazioni di categoria, è un canale a cui accedono solo 5 CITT e i finanziamenti si riferiscono per il
60% ad una quota compresa tra l’1 e il 25% sul totale delle fonti.
Infine, per quanto riguarda la categoria “altro” la maggioranza dei destinatari di
tali fonti (5 centri su 6) dichiara di fruirne per una quota che si inserisce nella classe
più bassa, quella cioè dall’1 al 25%.
La figura 3.15 fornisce la rappresentazione della distribuzione di tali fonti per le
quattro classi considerate.
Con particolare riferimento ai fondi pubblici, dall’analisi risulta che 18 CITT
su 39 (46%) hanno indicato tra le fonti di finanziamento l’accesso a fondi regionali,
nazionali ed europei. In particolare, emerge un gruppo di 9 CITT che ha avuto accesso a più tipologie di contributi pubblici. In dettaglio, un’azienda speciale della
CCIAA, un laboratorio di ricerca per usi applicativi e la Stazione Sperimentale hanno
indicato sia fondi regionali, che nazionali e europei, mentre l’ufficio di trasferimento tecnologico, un parco scientifico e tecnologico, un centro tematico, l’agenzia di
sviluppo territoriale, un BIC e un centro di ricerca pubblica hanno avuto accesso a 2
tipologie. Il ricorso contestuale a più tipologie di fondi pubblici sembra indicare che
l’accesso a questi finanziamenti richiede l’investimento da un lato in capacità di tipo
progettuale che genera in questo modo economie di apprendimento e dall’altro in
94
una dotazione strutturale che rispetti i requisiti minimi richiesti a livello istituzionale
per accedere ai bandi.
Un approfondimento sui CITT che hanno dichiarato di usufruire di fondi regionali mette in evidenza come la percentuale dei contributi sul fatturato del centro non
superi nella maggioranza dei casi il 25% (figura 3.16).
Confrontando i risultati del nostro campione con quello dell’indagine RIDITT
(2005) si evince la minore capacità di attrarre finanziamenti pubblici da parte dei
CITT veneti. Infatti, nel campione RIDITT in media il 46% delle risorse deriva dalla
vendita di servizi alle imprese mentre il 49% dei ricavi origina da fondi pubblici,
contro il 74% derivante da proventi derivanti dalla vendita dei servizi e il 19% da
finanziamenti pubblici dei centri veneti.
Come messo in evidenza nei paragrafi precedenti, oltre a presentare una debole
capacità di attrarre capitali pubblici per il finanziamento delle proprie attività, i CITT
sembrano non aver sviluppato adeguate competenze in merito neppure per supportare i propri clienti nelle fasi di accesso alle fonti finanziarie per le attività innovative. Dall’analisi del portafoglio servizi emerge infatti che solo 4 centri su 39 offrono
informazioni sulle possibili fonti a cui le aziende possono accedere per finanziare
l’attività innovativa mentre solo 3 centri seguono i clienti nelle fasi successive di
consulenza finanziaria.
La debole capacità di public fund raising porta a riflettere sulle implicazioni in
Figura 3.15 - Incidenza tipologia fonti di finanziamento per classi (% CITT)
6%
100%
4%
10%
90%
16%
6%
80%
10%
19%
20%
19%
20%
70%
60%
19%
50%
40%
96%
29%
30%
20%
10%
0%
50%
50%
26-50
51-75
16%
10%
1-25
altro
privato
contributi fondi europei
76-100
contributi fondi europei
contributi fondi nazionali
proventi da erogazione servizi
95
Figura 3.16 - Peso percentuale dei contributi fondi regionali sulle modalità di finanziamento (% CITT)
7,7%
5,1% 0,0%
0
23,1%
1-25
26-50
51-75
76-100
64,1%
termini di qualità e tipo di servizio che i CITT sono in grado di offrire alle impreseclienti, con particolare riguardo per quei centri che come vocazione sono orientati
verso attività di ricerca e sviluppo tecnologico. In primo luogo, l’accesso a finanziamenti pubblici in misura maggiore di quella attuale garantirebbe ai centri che
svolgono attività di ricerca la possibilità di operare in progetti di più ampio respiro
e a maggior contenuto di radicalità contribuendo a rafforzare non solo le capacità
innovative del receiver ma anche l’expertise progettuale del centro stesso. Infatti,
questo tipo di fonte favorisce attività di ricerca di base in grado di ridurre la distanza
cognitiva tra gli stessi CITT e altri provider di conoscenza di base e più astratta come
le università. In questo modo, i CITT hanno la possibilità di accrescere la propria
reputazione all’interno del sistema di TT e di proporsi come interlocutori qualificati
nei processi di trasferimento tecnologico che implicano lo sviluppo e la condivisione
di nuova conoscenza. In secondo luogo, se l’accesso a finanziamenti pubblici risulta
subordinata alla costituzione di un partenariato, il CITT ha la possibilità di inserirsi
all’interno di un network di attori nazionali e internazionali qualificati incrementando la sua dotazione di capitale sociale spendibile anche in futuri progetti, nonché
rivestire una funzione di intermediazione tra il tessuto imprenditoriale e i partner
accademici coinvolti (Johnson, 2008).
3.4 Conclusioni
I principali elementi caratterizzanti il campione vengono di seguito discussi per tracciare una prima riflessione sugli aspetti di competitività dell’offerta dei CITT veneti.
Il capitolo è stato articolato in due parti principali: l’analisi dei servizi di TT rien96
tranti nell’offerta dei CITT e la valutazione delle risorse a disposizione degli stessi
per alimentare la loro attività.
Per quanto riguarda l’analisi dei servizi offerti, l’indagine rileva che il 43,6%
dei centri risulta specializzato in un numero ridotto di servizi principalmente appartenenti alla tipologia di servizi di assistenza tecnico-specialistica o di TT in senso
stretto, come le prove e i test di laboratorio e l’R&S tecnologico. Tuttavia emerge
anche un gruppo di centri con una tendenza generale all’ampliamento della gamma
dell’offerta. Questo aspetto mette in evidenza un problema che i CITT si trovano a
dover affrontare costituito dalla definizione del portafoglio di servizi più efficaci ed
efficienti da includere a catalogo, in modo da bilanciare, da un lato, i vantaggi della
specializzazione in termini di economie di scala e acquisizione di un know-how qualificato e, dall’altro, i benefici della differenziazione quali la capacità di soddisfare
una domanda variegata e non ancora espressa compiutamente dalle imprese nonché
usufruire delle complementarità derivanti dall’erogazione congiunta di più servizi.
Il servizio più diffuso tra i centri del campione è rappresentato dai test e dalle
prove di laboratorio, quindi attività a forte connotazione tecnica ma con un basso
contenuto innovativo. Tuttavia più della metà dei CITT include nel proprio catalogo
il servizio di R&S tecnologico a testimonianza dell’orientamento dei centri verso attività di generazione di conoscenza sia essa di tipo incrementale che radicale. Scarsamente presidiati risultano invece altri servizi propedeutici all’attività di R&S quali
la diagnosi tecnologica, fondamentale nella definizione dei fabbisogni tecnologici
delle PMI, e il brokeraggio per attivare collaborazioni e scambi di tecnologia mirati
alle specifiche esigenze dei clienti.
Considerando l’analisi del potenziale gap tra servizi dichiarati e quelli effettivamente erogati nel triennio, i risultati hanno messo in evidenza che l’offerta potenziale
si discosta da quella effettiva. Il gap emerso è rilevante per i servizi di brokeraggio,
diagnosi tecnologica e assistenza specialistica. Tale risultato segnala le difficoltà di
funzionamento di un mercato delle conoscenze, che derivano a loro volta dalla difficoltà di definire l’oggetto della transazione da parte dell’offerta e d’altro lato, probabilmente, dalla incapacità delle imprese di esprimere una domanda di TT (problemi
legati alla limitata attività di R&D e alla ridotta absorptive capacity dei receiver).
L’analisi si è successivamente concentrata su elementi di caratterizzazione dei
servizi relativi all’orizzonte temporale e il grado di standardizzazione.
Con riferimento all’orizzonte temporale l’ottica di breve periodo è in prevalenza
propria dei laboratori di analisi e prove industriali, i quali rispondono alle richieste
dei receiver con servizi anche sofisticati ma con un grado di complessità inferiore
alle attività di ricerca e sviluppo di nuova conoscenza, che richiedono un orizzonte
temporale più lungo. Il livello di standardizzazione del servizio seppur associato a
97
margini di personalizzazione resta comunque elevato tra i CITT del campione. La
standardizzazione consente di beneficiare di economie di scala e di garantire una
prestazione stabile e affidabile del servizio nel corso del tempo. Questi risultano infatti i criteri di valutazione dell’attività del centro che i rispondenti hanno dichiarato
essere quelli più considerati da parte dei receiver, ancora poco sensibili nel cogliere
e misurare la capacità innovativa del centro.
A conferma dell’esigenza dei centri di far conoscere maggiormente il proprio servizio e di qualificarsi all’interno del sistema di TT, tra i cambiamenti realizzati dai CITT
nel triennio 2004-2006 si è rilevato quello di informazione e comunicazione esterna.
La seconda parte del capitolo sposta l’attenzione verso la dotazione di risorse a
disposizione dei CITT per svolgere la propria attività.
Un primo aspetto dell’analisi ha riguardato la dotazione di capitale umano su cui
ciascun centro fa leva. I CITT mantengono una struttura flessibile che si avvale in
media di 17 addetti, ma se si considera il valore mediano la dimensione scende a 12.
Tra questi è compreso anche il personale esterno assunto con contratti atipici, che
assume peso rilevante sull’organico complessivo per il 28,2% del campione, contro
il 46,2% che si avvale unicamente di personale interno.
Per ciò che riguarda la presenza di laureati questi costituiscono la metà del personale interno, ma con una spiccata differenziazione tra centri. Ancora una volta
questo sembra spaccare il campione in due parti: una più orientata a servizi di natura tecnica che non richiedono necessariamente personale laureato o il ricorso a
collaboratori esterni con conoscenze complementari e particolarmente innovative,
dall’altro un gruppo di centri che investe in capitale umano qualificato e che dimostra una buona capacità di mobilitare risorse esterne al fine di acquisire conoscenza
nuova e non ridondante.
L’analisi del capitale sociale e quindi delle relazioni attivate dai centri con partner
esterni e del tipo di collaborazioni che queste supportano ha messo in evidenza una
buona rete di relazioni, le quali tuttavia veicolano principalmente scambio di informazioni tra partner. Meno della metà delle relazioni trovano un contenuto più complesso
costituito dalla collaborazione per progetti comuni, che consente ai CITT di accedere
a risorse cognitive a maggiore valore aggiunto e complementari alle proprie.
Un’analisi mirata ha rilevato poi le risorse finalizzate ad alimentare il capitale
organizzativo del centro, nella fattispecie sono stati individuati gli strumenti ICT in
grado di convertire il know-how di tipo tacito sia interno che esterno in conoscenza
codificata e pertanto trasferibile e facilmente recuperabile. A fronte del diffuso utilizzo della rete Internet per l’attività di ricerca, informazione e/o comunicazione e di
specifici database elettronici, emerge come solo poco più di un quarto dei CITT utilizzi appositi software per la gestione dei progetti. Se come evidenziato nella prima
98
parte del capitolo, più della metà dei centri offre un servizio di R&S tecnologico, ciò
significa che buona parte dei centri con un orientamento verso le attività a maggiore contenuto innovativo presenta scarsa confidenza con strumenti utili non solo a
migliorare l’efficienza nella gestione del progetto, ma anche ad attivare processi di
apprendimento. Dedicati strumenti di project management possono infatti supportare il centro nel conservare e, all’evenienza, riutilizzare casi affrontati o soluzioni
già sperimentate e convalidate in passato, costituendo una sorta di archivio di best
practices o di repositories della conoscenza organizzativa.
L’analisi delle risorse finanziarie a disposizione dei centri rileva infine alcuni elementi di criticità rinvenibili in primo luogo nella forte dipendenza dal fatturato derivante dalla vendita dei prodotti/servizi alle imprese-clienti, che implica uno spiccato
orientamento verso progetti a medio-breve orizzonte temporale e quindi di innovazione più incrementale, ma soprattutto dall’entità assunta da tali proventi. Infatti, i
CITT veneti sono strutture che si distribuiscono su due classi di fatturato: la piccola
dimensione fino a 200.000 euro che riguarda il 27% del campione e la media dimensioni che comprende enti con fatturato da 1.000.000 a 3.000.000 che rappresentano
il 32% del campione.
Relativamente alla capacità di fund raising, limitato è il ricorso a fondi pubblici,
sia in termini di numero di centri che vi accede, sia in termini di peso percentuale
che tali fondi hanno sul totale delle fonti di finanziamento. I fondi pubblici a cui i CITT
fanno ricorso in modo più diffuso sono quelli regionali, mentre pochi centri accedono
a quelli europei. Si nota inoltre che il ricorso a questo tipo di fondi sia contestuale
ad altre fonti, in altri termini chi accede ai fondi europei ha anche accesso a quelli
nazionali e regionali. Ciò sembra dimostrare come il ricorso a tali fondi richieda
un’expertise in progettualità tecnologica che genera economie di apprendimento.
L’elevata dipendenza dal fatturato associata alla scarsa capacità di accesso a
finanziamenti pubblici, che indica come la maggior parte dei centri si avvalga prevalentemente di risorse derivanti dall’erogazione del servizio, suona come un campanello d’allarme. Le risorse di cui possono disporre alcune strutture per svolgere la
propria attività possono essere relativamente ridotte e ciò può impedire a una parte
dei CITT, quelli più orientati alle attività a carattere maggiormente innovativo, di
raggiungere una massa critica necessaria per finanziare progetti di ricerca o sviluppo
tecnologico. La propensione al ricorso al finanziamento pubblico va incentivata nei
CITT, anche se in misura selettiva, in quanto questo tipo di fonte favorisce attività di
ricerca di base in grado di ridurre la distanza cognitiva tra gli stessi CITT e altri provider di conoscenza di base come le università, e quindi proporsi come interlocutori
qualificati nei processi di trasferimento tecnologico che implicano lo sviluppo e la
condivisione di nuova conoscenza.
99
Capitolo 4
Analisi dell’efficacia del sistema
di trasferimento tecnologico
4.1 Introduzione
Nel terzo capitolo sono stati descritti i servizi per l’innovazione e il trasferimento
tecnologico che i CITT includono nella loro offerta e le risorse che costituiscono
la dotazione di ciascun centro, considerando sia il capitale intellettuale che quello
finanziario.
In questo capitolo il focus dell’analisi si sposta dalla descrizione del profilo di
attività e risorse dei CITT al grado di efficacia che tale sistema può avere in termini
di supporto ai processi di innovazione. Come si è visto nel capitolo 1, diverse sono
le prospettive che sono state adottate per spiegare il fenomeno del trasferimento
tecnologico e il suo potenziale impatto sulla capacità di innovazione delle imprese
singole e del sistema industriale. In questo capitolo alla luce di questi studi si
analizzerà il sistema di trasferimento tecnologico dei CITT veneti considerando
due livelli di efficacia:
1. impatto del trasferimento tecnologico sulla catena del valore dell’innovazione: analisi dell’efficacia del singolo centro nel supportare le capacità dell’impresa e la catena del valore dell’innovazione;
2. impatto del trasferimento tecnologico sul sistema regionale di innovazione in ottica di:
a) analisi dell’efficacia della rete di centri nel supportare la capacità di innovazione del sistema locale;
b) analisi dell’efficacia del sistema di centri sulla base della specializzazione
settoriale e dei domini tecnologici presidiati.
Al primo livello si indaga l’efficacia di ciascun singolo CITT nell’alimentare la
capacità di innovazione tecnologica intesa come una delle capacità dinamiche
chiave delle imprese. Si considerano i modelli di business adottati dai centri, analizzando la loro specializzazione o integrazione rispetto alle fasi della catena del valore
dell’innovazione che i CITT presidiano con i propri servizi.
Al secondo livello si intende anzitutto approfondire l’analisi del capitale sociale
dei CITT (vedi capitolo 3). Il punto di vista è tuttavia diverso in quanto nel terzo
101
capitolo il livello di analisi è stato quello del singolo CITT e si è studiato il numero
e tipo di collaborazioni che mediamente un CITT è in grado di attivare per accedere
a informazioni e risorse cognitive. In questo capitolo (paragrafo 4.3) si intende analizzare l’intero network dei CITT. In particolare nel paragrafo 4.3.4 vengono studiati
alcuni significativi elementi strutturali della rete dei centri utilizzando la metodologia
di ricerca della social network analysis.
Infine si intende indagare la capacità del sistema di CITT di supportare innovazione a livello di settore, considerando tre problematiche. Anzitutto ci si chiede
quanto il sistema di trasferimento tecnologico del Veneto sia in grado di supportare i settori che caratterizzano il tessuto industriale della Regione e quindi se ciascun settore portante per l’economia veneta trovi ausilio in un sistema di centri che
supportino progetti di innovazione avanzati. In secondo luogo ci si chiede quanto i
CITT siano in grado non solo di sostenere l’innovazione nei settori tipici dell’economia veneta, ma anche di favorire la nascita e l’evoluzione di settori avanzati quali
quello dell’elettronica o delle telecomunicazioni. Infine una parte dell’analisi si è
concentrata su un fenomeno in veloce crescita e che sta assumendo una rilevanza
fondamentale per lo sviluppo economico del Veneto che è quello della convergenza
o ibridazione tecnologica. Ci si è chiesti se alcuni CITT siano in grado di favorire
l’evoluzione tecnologica di settori maturi grazie all’innesto di tecnologie avanzate
come le nanotecnologie.
4.2 L’impatto dei CITT sulla catena del valore dell’innovazione
Una chiave interpretativa per valutare l’efficacia del TT può essere ricercata all’interno del filone di studi sulle dynamic capabilities. I centri supportano le imprese
nella realizzazione di un processo di ricerca, trasformazione e sfruttamento commerciale di conoscenza. Tali attività di ricombinazione e riconfigurazione di conoscenza, identificate da più studi come capacità dinamiche dell’organizzazione (Zollo
e Winter, 2002; Wang e Ahamed, 2007), stanno alla base del vantaggio competitivo
delle imprese.
Nell’erogazione di servizi al trasferimento tecnologico i CITT supportano le imprese nella realizzazione delle diverse fasi del processo di innovazione. Soprattutto
nei casi di affiancamento del CITT nei confronti del receiver e forme di coproduzione
di conoscenza, i CITT favoriscono anche i processi di apprendimento che stanno alla
base delle dynamic capabilities ossia i processi di accumulazione, articolazione e
codificazione di conoscenza (Zollo e Winter, 2002). Volendo individuare quali processi di apprendimento possono essere supportati dai CITT, la presenza di attività di
102
incubazione nel territorio alimenta, almeno nella fase di start up di giovani imprese
ad alta tecnologia, non solo la capacità di innovare ma processi di accumulazione
di conoscenze anche di tipo manageriale. La presenza elevata di CITT veneti con
orientamento ai servizi di assistenza tecnologica può favorire nelle imprese processi
di accumulazione e articolazione della conoscenza. Infine l’orientamento alla formazione di alcuni centri è un supporto anche a processi di codificazione.
L’attività indiretta di attivazione di processi di apprendimento costituisce un risultato complementare dell’attività dei CITT orientata ad alimentare il processo di
innovazione nelle diverse fasi.
Nell’individuare elementi di valutazione dell’efficacia dei servizi effettivamente
offerti dai CITT, si è analizzato quanto questi possano sostenere direttamente il processo innovativo delle imprese in tutte le fasi dell’Innovation Value Chain (Hansen e
Birkinshaw, 2007; Roper et al., 2008):
1. la ricognizione e l’acquisizione di conoscenza (knowledge sourcing activity),
2. la trasformazione della conoscenza in ouput innovativo (knowledge transformation),
3. lo sfruttamento a fini commerciali dell’innovazione (knowledge exploitation).
Per comprendere in che modo i CITT possano supportare una delle tre fasi, i
servizi di TT in senso stretto sono stati riclassificati in base alle tre fasi della value
chain dell’innovazione (Roper et al., 2008):
- fase 1 di knowledge sourcing: sono le attività che si collocano a monte del
processo e che comprendono le funzioni di ricerca di nuove conoscenze sul mercato. Howells (2006) identifica alcune attività di intermediazione che svolgono
una finalità di knowledge sourcing, ossia previsioni e diagnostica, scanning dell’ambiente e raccolta ed elaborazione di informazioni, gatekeeping e brokering.
In questa fase si possono collocare i servizi svolti dai centri veneti definiti nel
precedente capitolo come servizi di diagnosi tecnologica e di brokeraggio;
- fase 2 di knowledge transformation: si tratta di quelle funzioni volte a generare nuova conoscenza, come attività di gestione e combinazione della conoscenza
attraverso progetti di ricerca e sviluppo, attività di test e training (Howells, 2006).
Alle attività di questo tipo sono associabili i servizi dei CITT veneti di R&S tecnologico, Progettazione & Sviluppo e Prove e Test di laboratorio;
- fase 3 di knowledge exploitation: in questa fase vengono svolte le funzioni
collocate a valle della value chain, ossia di validazione, certificazione, protezione
e commercializzazione dell’innovazione (Howells, 2006). A queste si riconducono
i servizi dei CITT veneti di assistenza specialistica e assistenza finanziaria e all’incubazione.
103
La tabella 4.1 riporta i servizi dei CITT riclassificati per fasi e indica quali fasi
del processo siano presidiate in misura maggiore o minore dai centri e con che grado di continuità. Nella seconda e terza colonna vengono riportati rispettivamente il
numero e la percentuale di CITT che hanno dichiarato di aver erogato almeno una
volta nel triennio 2004-2006 i servizi e quindi di possedere le competenze e le risorse
necessarie per svolgere la corrispondente funzione.
Emerge una copertura piuttosto differenziata delle tre fasi. A fronte di un buon
presidio di quella centrale – Knowledge transformation – e in parte di quella a valle
– Knowledge exploitation – si riscontra una scarsa copertura della fase a monte
della value chain dell’innovazione da parte dei CITT.
Nello specifico risultano debolmente presidiate le funzioni di diagnosi tecnologica in cui rientra sia l’analisi del contesto tecnologico di riferimento e delle nuove
tecnologie emergenti e l’analisi dei fabbisogni tecnologici del receiver nonché lo
scanning tecnologico che comprende il searching mirato e lo screening delle infor-
Tabella 4.1 - Associazione dei servizi di assistenza tecnico-specialistica alle tre fasi
della value chain dell’innovazione
Servizi di assistenza
tecnico-specialistica
numero di CITT che
presidiano ciascun servizio
percentuale di CITT che
presidiano ciascun servizio
Fase 1: Knowledge Sourcing Activity
(Foresight and diagnostics; Scanning and information processing; Gatekeeping and brokering)
Diagnosi Tecnologica
6
(15,8%; n=38)
Brokeraggio
4
(10,3%; n=39)
Fase 2: Knowledge Transformation
(Knowledge processing and combination/recombination; Testing, validation and training)
Ricerca e Sviluppo Tecnologico
15
(40,5%; n=37)
Progettazione e Sviluppo
8
(21%; n=38)
Prove e Test di Laboratorio
27
(71%; n=38)
Fase 3: Knowledge Exploitation
(Accreditation; Protecting the results; Commercialisation)
104
Assistenza Specialistica
16
(42,1%; n=38)
Assistenza Finanziaria
& Incubazione
2
(5,1%; n=39)
mazioni utili ad alimentare i processi di innovazione. Pochi CITT inoltre svolgono una
funzione di broker e quindi di collegamento tra partner con competenze complementari da coinvolgere in specifici progetti di innovazione.
Infine, anche la funzione di commercializzazione dell’innovazione (a cui sono state associate le attività di avvio e sostegno di nuove imprese e le attività di consulenza finanziaria nonché di gestione della relazione con i soggetti finanziatori) risulta
marginalmente assunta dai CITT del campione.
Partendo da questo schema interpretativo ci si è posti una ulteriore domanda
relativamente alla capacità del sistema di CITT di sostenere l’intera value chain
dell’innovazione di un’impresa.
Si è pertanto analizzato il modo in cui i CITT presidiano le tre fasi della value
chain considerato il numero di servizi realizzato da ciascuno di essi.
La tabella 4.2 consente di evidenziare anche graficamente le modalità di integrazione dei centri lungo la catena del valore. In corrispondenza della numerosità dei
servizi offerti, quindi per un grado di integrazione sempre più elevato, viene riportato
il numero di centri che si collocano nelle diverse fasi del processo per servizio effettivamente reso alle imprese a supporto della value chain.
I centri specializzati, quelli con presidio su uno o due servizi (12+14 CITT), costituiscono il 68,4% del campione. Nel momento in cui i CITT si specializzano in pochi
servizi si collocano nella fase centrale della value chain, cioè quella di Knowledge
Tabella 4.2 - Grado di integrazione lungo le diverse fasi della value chain dell’innovazione (numero di CITT; n=38)
Numero di servizi
Fasi della value chain
1
2
3
4-7
Fase 1: Knowledge sourcing activity
Fase 2: Knowledge transformation
0
11
6
Fase 1+2
Fase 3: Knowledge exploitation
1
18
2
2
1
1
Fase 1+3
2
Fase 2+3
6
Fase 1+2+3
Totale centri
Totale
12
14
2
6
12
1
2
3
10
2
38
105
transformation, o al massimo integrano la fase centrale con quelle più a valle di
Knowledge exploration. Nel momento in cui l’offerta si amplia maggiormente dai 4
ai 7 servizi offerti, solo 2 CITT completano l’integrazione anche a monte con la fase
di Knowledge sourcing. Nessun centro invece risulta specializzato esclusivamente
nella fase a monte e solo un centro in quelle a valle.
4.3 La rete di collaborazione dei CITT
4.3.1 Introduzione
Nell’ambito del sistema regionale di innovazione l’efficacia del TT non dipende
solo dalla capacità di coprire in modo adeguato le diverse fasi della value chain
dell’innovazione delle imprese, ma si estrinseca in base al livello di collaborazione
della rete di nodi che compongono il sistema.
I processi di collaborazione favoriscono anzitutto lo scambio di informazioni e
conoscenze accumulate da ciascun nodo grazie alla sua esperienza di TT e quindi
fenomeni di apprendimento congiunto.
In secondo luogo, la collaborazione può favorire l’integrazione tra servizi, sia in
fase di comunicazione sia in fase di produzione ed erogazione e di conseguenza una
loro maggiore efficacia, nei casi in cui vi sia complementarità tra questi.
In terzo luogo, fenomeni di collaborazione tra CITT hanno un impatto positivo
sull’efficienza complessiva del sistema favorendo lo sfruttamento di economie di
scala e specializzazione, riducendo il rischio di duplicazione di risorse e favorendo
pertanto una migliore allocazione delle stesse.
Tuttavia l’attivazione e la gestione di collaborazioni tra più organizzazioni non è un
processo semplice, anzi a fronte dei vantaggi sopra evidenziati sono da considerare
anche tutti quei costi e i rischi che i partner si trovano a dover sostenere nel momento
in cui entrano in relazione con altri attori. Si pensi ai costi per la scelta del partner e a
quelli di coordinamento legati all’investimento in meccanismi volti a gestire l’interdipendenza tra gli attori (Thompson, 1967), che essendo già elevata nei processi interni
di innovazione, è ancora più problematica qualora questi siano gestiti mediante forme
di collaborazione o alleanza tra organizzazioni diverse (Gulati e Singh, 1998). Un altro
elemento che va considerato è costituto dall’incertezza sia di tipo ambientale (volatilità), sia di tipo comportamentale (ambiguità) che va ad incidere sulla scelta relativa al
tipo di contratto o modello di governance più efficace per le parti (Carson et al., 2006).
Un maggior stato di incertezza alimenta poi maggiori possibilità di comportamenti
di tipo opportunistico da parte dei partner. Se infatti le collaborazioni attivano da un
lato processi di apprendimento congiunto dall’altro espongono la singola organizza106
zione al rischio di appropriazione delle conoscenze critiche da parte di terzi. Inoltre la
complessità della suddivisione dei compiti tra gli attori e della dipendenza tra le loro
azioni risulta maggiore a causa del grado di novità delle conoscenze tecnologiche trasferite o sviluppate congiuntamente (Carlile, 2004). Si consideri infine le risorse che i
partner sono chiamati a mobilitare per ridurre la distanza cognitiva (Noteboom et al.,
2007) che rende più difficili i processi di comunicazione e scambio.
Comunque i vantaggi come pure i costi associati all’attività collaborativa, come
vedremo nel paragrafo successivo, assumono peso diverso a seconda che si tratti di
collaborazioni semplici, caratterizzate da minore incertezza e interdipendenza tra le
parti, piuttosto che collaborazioni con un grado maggiore di complessità.
In questo paragrafo verrà valutata l’efficacia del sistema di trasferimento tecnologico sulla base della capacità dei CITT di attivare una rete di collaborazioni
(Comacchio e Bonesso, 2008). Dopo aver riscontrato nel capitolo 3, nell’ambito dell’analisi del capitale sociale dei CITT, la capacità dei centri di gestire collaborazioni con attori diversi dalle imprese-receiver, e quantificato l’ammontare di relazioni
attivate nonché la diversa propensione a collaborare sulla base della tipologia di
appartenenza dei centri, in questo paragrafo verrà approfondita l’analisi della rete di
collaborazioni focalizzandoci su alcuni aspetti strutturali della stessa quali il grado
di apertura della rete, il grado di complessità e infine il grado di intermediazione
rispetto alle università.
In particolare, l’analisi ha come obiettivo quello di dare risposta alle domande di
seguito riportate:
1. Qual è il grado di complessità e di valore aggiunto delle forme di collaborazione
dei CITT?
2. Qual è il grado di apertura della rete di collaborazioni dei CITT veneti, oltre i
confini regionali?
3. Qual è il grado di intermediazione con le università, considerato il ruolo di intermediazione tra il sistema imprenditoriale e quello accademico che i centri
possono svolgere?
4.3.2 Il grado di apertura della rete e complessità delle forme di collaborazione
Nell’analisi del grado di apertura della rete un primo passo è stato quello di
procedere alla disaggregazione delle 390 collaborazioni complessive per tipo di contenuto come già definito nel capitolo 3 nel paragrafo dedicato all’analisi del capitale sociale dei centri: scambio informazioni (233 collaborazioni attivate da 32 CITT),
scambio di ricercatori (26 collaborazioni attivate da 9 CITT), sviluppo di progetti in
comune (128 collaborazioni attivate da 29 CITT) e sviluppo di brevetti in comune (3
collaborazioni attivate da 3 CITT). Nelle tabelle e nei grafici che seguono sono ripor107
tati in valori assoluti e percentuali la numerosità delle diverse forme di collaborazioni a seconda che siano con enti veneti oppure con partner al di fuori della regione.
Relativamente alla distribuzione delle collaborazioni con enti veneti (in totale
342), emerge come lo scambio di informazioni costituisca la forma di collaborazione
più diffusa. Il secondo tipo di collaborazione maggiormente praticata tra i CITT è la
realizzazione dei progetti in comune. Questi due tipi di relazione rappresentano il
93,6% del totale. Pressoché in linea con quest’ultimo dato quello relativo alle collaborazioni avviate con enti localizzati fuori dal Veneto. Anche in questo caso lo scambio di informazioni e lo sviluppo di progetti in comune costituiscono la maggioranza
delle relazioni (85,4%). Tuttavia il numero di collaborazioni attivate con attori esterni
alla regione risulta significativamente inferiore rispetto a quelle con enti veneti, in
Tabella 4.3 e Figura 4.1 - Numero e percentuale di collaborazioni con enti veneti per
forma di collaborazione
Tipologia
n.
Relazioni/attori
CITT
Scambio informazioni
203
45
30
Scambio ricercatori
21
12
8
Progetti in comune
117
32
28
Brevetti in comune
1
1
1
Totale collaborazioni
342
0,3%
34,2%
59,4%
6,1%
scambio informazioni
progetti in comune
108
scambio ricercatori
brevetti in comune
quanto rappresentano solo 12,3% del totale. Se si considera inoltre il numero di CITT
coinvolti nella rete extra regionale risulta che solo 11 su 39 dichiarano di collaborare
con un ente localizzato al di fuori dei confini regionali.
Un secondo elemento di analisi della rete è dato dal grado di complessità delle
collaborazioni. I contributi presenti in letteratura consentono di distinguere tra due
forme principali di collaborazione che presentano una diversa finalità e un grado di
complessità diverso.
Una prima forma è quella delle collaborazioni per scambio di informazioni (information sharing), ossia di ricerca, accesso e trasferimento di informazioni utili all’innovazione (McEvily e Marcus, 2005). Questa forma di collaborazione comporta un
investimento in canali di comunicazione e in capacità di scouting dell’ambiente per
Tabella 4.4 e Figura 4.2 - Numero e percentuale di collaborazioni con enti localizzati
al di fuori del Veneto per forma di collaborazione
Tipologia
n.
Relazioni/attori
CITT
Scambio informazioni
30
27
9
Scambio ricercatori
5
5
1
Progetti in comune
9
5
11
Brevetti in comune
2
2
2
Totale collaborazioni fuori Veneto
48
4,2%
22,9%
62,5%
10,4%
scambio informazioni
progetti in comune
scambio ricercatori
brevetti in comune
109
l’individuazione delle fonti più interessanti e attendibili. Nel caso di bridging tra nodi
la cui distanza cognitiva sia rilevante, la collaborazione per information sharing potrebbe richiedere anche attività di traduzione, ossia di decodifica delle informazioni.
Una seconda e diversa forma di collaborazione è costituita dall’attività di problem solving congiunto con alcuni attori (McEvily e Marcus, 2005). Questa seconda
funzione richiede una maggiore interazione tra gli attori, in quanto le conoscenze
vengono trasformate (Carlile, 2004) e di conseguenza è necessario gestire una maggiore interdipendenza e incertezza della relazione.
Sulla base della distinzione tra collaborazioni per information sharing e joint
problem solving, sono state attribuite alla prima le collaborazioni per scambio di
informazioni e di ricercatori mentre alla seconda lo sviluppo di progetti e brevetti in
comune. Classificando secondo questa distinzione le 390 collaborazioni dichiarate
dai CITT risulta che il 66,4% appartengo alla tipologia di collaborazioni per information sharing e quindi con un grado di complessità inferiore in termine di incertezza e
gestione dell’interdipendenza, mentre un terzo delle collaborazioni sono finalizzate
al joint problem solving e quindi volte alla produzione di nuova conoscenza.
La numerosità inferiore ma non per questo meno significativa delle collaborazioni per sviluppo congiunto di conoscenza rispetto all’information sharing è il risultato
di quel processo di valutazione tra costi e benefici discusso ad inizio del paragrafo.
La realizzazione di progetti innovativi come pure la condivisione della proprietà intellettuale sui risultati del processo innovativo richiedono una scelta ponderata del
partner con cui instaurare la relazione, sulla base di criteri che vanno a definire il
grado di fiducia riposta nella controparte quali la predicibilità dei comportamenti
attesi, l’affidabilità e quindi il livello di competenza posseduto dal partner, ed infine l’equità dello stesso che è chiamato ad operare nell’interesse della relazione
(Perrone et al., 2003).
4.3.3 Il grado di intermediazione: il tipo di partner
e il ruolo di boundary spanning con le università
Un aspetto preso in esame nell’analisi dell’efficacia del TT a livello di rete è dato
dall’individuazione del tipo di partner con cui i centri del campione dichiarano di collaborare. A tal riguardo una distinzione va fatta tra collaborazioni attivate con altri
CITT e quelle con enti universitari. Infatti, il tipo di conoscenza che i centri si prefiggono di scambiare o produrre tramite la collaborazione risulta diversa a seconda che
i partner appartengano al mondo accademico, quindi siano fornitori di conoscenza
di base e quindi più astratta, piuttosto che agli stessi CITT con i quali la distanza
cognitiva risulta inferiore.
Dal punto di vista dell’efficacia nel supportare il sistema di innovazione, la scelta di
110
partner universitari risulta particolarmente significativa, per molteplici aspetti (Comacchio e Bonesso, 2008). Le relazioni con le Università sono particolarmente significative
in quanto consentono ai centri di accedere a conoscenza con un elevato grado di novità e di astrazione, potenzialmente complementari a quelle più applicative e tacite dei
receiver-impresa. Data la diversa natura delle conoscenze a cui hanno accesso e devono trasferire e al fatto che essi stessi sono a loro volta produttori di conoscenze, i CITT
si trovano in diversi casi a svolgere un ruolo non solo di trasferimento di informazioni
o conoscenze tra università e imprese, ma anche di traduzione o trasformazione delle
stesse (Carlile, 2004). Pertanto il CITT che collabora con le Università potenzialmente
assume un importante ruolo di gatekeeping o boundary spanning (Aldrich e Herker,
1977; Tushman e Scanlan, 1981; Carlile, 2004), ossia di gestione della conoscenza
tecnologica facendo da ponte al confine tra due sistemi che non entrano facilmente in
contatto tra loro come quello accademico e quello imprenditoriale.
L’attività di boundary spanning con le università svolta dai CITT assume un particolare rilievo non solo dal punto di vista del singolo centro ma anche da quello
dell’efficacia del sistema regionale per l’innovazione (Comacchio e Bonesso, 2008). In
primo luogo, in accordo con gli studi che considerano rilevante la comunicazione tra
sistema universitario, delle imprese e quello pubblico-istituzionale (tripla elica: University-industry-government relations) (Leydesdorff, 2000; Dosi et al., 2006), la rete
potrebbe beneficiare dell’attività di quei CITT che sono in grado di svolgere un ruolo
di scouting e di traduzione del linguaggio della scienza a favore delle PMI. In questo
ruolo di boundary spanning i CITT possono creare le condizioni per una maggiore prossimità cognitiva tra i due sistemi o facilitare l’attivazione di relazioni interpersonali tra
imprese e università, due fattori che sembrano agevolare successive forme di collaborazione face-to-face tra università e imprese (Balconi e Laboranti, 2006). Inoltre recenti ricerche segnalano come la probabilità che le imprese hanno di collaborare con
le università è correlata all’attività di searching e screening dell’ambiente (Fontana et
al., 2006). Il CITT boundary spanning può fornire un supporto a questa capacità.
In secondo luogo, i CITT, data la loro operatività prevalente in una specifica area
regionale, possono attivare due meccanismi che favoriscono e supportano gli spillover tecnologici ossia la rete di relazioni sociali e la mobilità dei ricercatori (Breschi,
Lissoni e Montobbio, 2005). Infine i CITT creando un ponte tra due attori che spesso
non sono in grado di avviare una relazione diretta: le imprese (in particolare le PMI)
e le università, svolgono un ruolo di brokerage, ossia di bridging di structural holes
ossia attivano una relazione tra due attori altrimenti non in contatto tra loro, e quindi
ha un ruolo rilevante perché consente ai due nodi partner di ottenere informazioni
e conoscenze non accessibili direttamente e soprattutto non ridondanti rispetto a
quelle possedute (Burt, 2005; Zaheer e Bell, 2005; Fleming e Wuaguesapck, 2007).
111
Tabella 4.5 - Primi cinque CITT con cui i centri del campione collaborano (numero di
collaborazioni per forma)
Tipo di collaborazione
Veneto
Innovazione
Parco
Scientifico e
Tecnologico
Galileo
VEGA Parco
Scientifico e
Tecnologico
Fondazione
Giacomo
Rumor
Treviso
Tecnologia
Azienda
speciale CCIAA
scambio informazioni
15
14
15
10
9
scambio ricercatori
0
2
1
0
1
progetti in comune
9
6
5
7
5
brevetti in comune
0
0
0
0
0
24
22
21
17
15
totale
Tabella 4.6 - Prime quattro università con cui i centri del campione collaborano (numero di collaborazioni per forma)
Tipo di collaborazione
Università
degli Studi
di Padova
Università
degli Studi
di Verona
Università
Ca’ Foscari
Università
IUAV
di Venezia
scambio informazioni
20
5
8
8
scambio ricercatori
8
2
1
1
progetti in comune
19
9
5
5
brevetti in comune
1
0
0
0
47
16
14
14
totale
Considerando il dato sul numero di collaborazioni disaggregato per forma, le
tabelle 4.5 e 4.6 riportano rispettivamente i primi cinque CITT con cui i centri del
campione preferiscono collaborare. Dall’analisi emerge che l’ente con cui centri dichiarano il maggior numero di collaborazioni è l’Università di Padova, seguita dall’agenzia per lo sviluppo del territorio, Veneto Innovazione, e i due parchi scientifici
e tecnologici di Padova e di Venezia, che sembrano assumere un ruolo di coordinamento all’interno del sistema di trasferimento tecnologico regionale.
L’Università Ca’ Foscari e l’Università IUAV di Venezia si trovano rispettivamente
in terza e quarta posizione tra gli atenei con cui i CITT instaurano maggiori collaborazioni. La netta predominanza di collaborazioni con l’ateneo patavino (significativo è
112
anche il dato sullo scambio di ricercatori) può trovare spiegazione nella specializzazione dell’Università in aree disciplinari particolarmente sensibili alle tematiche del
trasferimento tecnologico quali le scienze naturali e ingegneristiche.
Il dato relativo all’università rispecchia quello della media nazionale dell’indagine RIDITT, dove anche in quel caso le istituzioni accademiche primeggiano tra i
soggetti interlocutori dei CITT.
Come illustrato nel precedente paragrafo l’attività di collaborazione può presentare diverse finalità contraddistinte da complessità differenti: dallo scambio di
informazioni (information sharing) allo sviluppo congiunto di progetti (joint problem
solving). Pertanto nel caso specifico dei CITT, il boundary spanning con l’università
può “limitarsi” a un’attività di scambio di informazioni, come viceversa può prevedere anche una gestione congiunta di progetti innovativi.
La tabella 4.7 riporta in corrispondenza di una numerosità crescente di università, il numero di CITT che collaborano per information sharing (scambio di informazioni e ricercatori) oppure per joint problem solving (sviluppo di progetti e brevetti
in comune). Dall’analisi emerge che più della metà dei CITT collabora con almeno
una università (quasi esclusivamente regionali), ma l’aspetto di maggiore interesse
è che i centri si relazionano con gli enti accademici in misura lievemente maggiore
per attività di joint problem solving (61,5% dei CITT) rispetto all’attività di information sharing (56,4% dei CITT). Il CITT che ha dichiarato il numero maggiore di
collaborazioni per information sharing (11 università partner) è un centro tematico
mentre il CITT con il maggior numero di collaborazioni per joint problem solving
Tabella 4.7 - Numero e percentuale di CITT che dichiarano di collaborare con le
università
Information sharing
Joint problem solving
Numero di Università
n
%
n
%
0
17
43,6
15
38,5
1
8
20,5
12
30,8
2
9
23,1
7
17,9
3
2
5,1
4
10,3
4
2
5,1
1
2,6
>4
1
2,6
0
0,0
39
100
39
100
113
risulta un’azienda speciale della CCIAA (4 università partner) seguita da due centri
tematici, la Stazione Sperimentale, e un laboratorio di ricerca per usi applicativi (3
università partner).
4.3.4 La struttura della rete dei CITT:
un approfondimento mediante social network analysis
Dopo aver analizzato elementi del network di collaborazioni dei CITT sulla base
del grado di apertura, del contenuto della relazione (tipo di collaborazione) e del tipo
di partner, con particolare riferimento al mondo accademico, in questo paragrafo si
intende sviluppare l’analisi con un approfondimento su due aspetti strutturali della
rete: densità e centralità, mediante la metodologia della social network analysis3
(Wasserman e Faust, 1994). Tale metodologia consente di rispondere in modo approfondito alle domande relative alla capacità dei CITT di creare un network fortemente
o debolmente connesso di relazioni e sul grado in cui alcuni attori possono svolgere
un ruolo più centrale e di intermediazione.
Mediante la metodologia della SNA dati i requisiti relativi alla costruzione del
data set si è potuto approfondire l’analisi della sola rete dei 39 CITT rispondenti4,
3
Per facilitare la lettura e la comprensione del paragrafo di seguito viene fornito il lessico essenziale
della metodologia della social network analysis.
- Nodo: singolo attore o nel nostro caso il singolo CITT.
- Arco: indica il legame relazionale tra due nodi o attori. Se l’arco risulta orientato viene rappresentato
graficamente con una freccia che lega un nodo ad un altro nodo. Se il legame è corrisposto allora
l’arco non presenta verso.
- Grafo: insieme di nodi e archi che rappresentano graficamente la rete di relazioni tra gli attori.
4
Una volta raccolti i dati per ciascun attore coinvolto nell’indagine (i 39 CITT) è necessario codificarli in
modo da poter rappresentare e analizzare le connessioni esistenti nella rete. A tal fine viene costruita
una matrice quadrata di adiacenza in cui gli attori (i 39 CITT) sono riportati due volte: una volta nelle
righe e una volta nelle colonne in modo da ottenere una tabella NxN. Per convenzione nelle righe sono
riportati gli attori “emittenti” cioè quelli che dichiarano la relazione e alle colonne gli attori “riceventi”
o destinatari. Le entrate o celle di incrocio della matrice registrano quali nodi sono adiacenti o in relazione tra loro: se tra il nodo ni e il nodo nj esiste un arco/relazione, allora nella matrice ci sarà un 1 nella
cella (i,j), viceversa avremo nella stessa cella uno 0 (assenza di relazione). La matrice è definita simmetrica se ogni nodo nomina a sua volta i nodi che lo hanno nominato. Per quanto riguarda i CITT è stata
generata una matrice simmetrica in quanto la domanda posta nel questionario mirava a individuare la
presenza di collaborazioni tra i centri e non il verso o il flusso degli scambi di risorse da un CITT all’altro.
Inoltre la connotazione stessa di “collaborazione” seppur di varia natura (per scambio di informazioni,
ricercatori, progetti e brevetti in comune) implica un investimento congiunto delle parti coinvolte.
Per costruire la matrice quadrata di adiacenza è necessario comunque che tutti i gli attori forniscano il
dato relativo alle relazioni intrattenute con altri attori. Nel nostro specifico caso essendo 39 i centri che
hanno aderito all’indagine risulta possibile costruire la mappa delle relazioni esistenti tra il singolo cen114
non potendo inserire quei centri che sono stati indicati dai rispondenti come partner,
ma che non si è potuto intervistare e quindi non hanno dato a loro volta indicazioni
sulla relazione con i CITT.
Una volta generata una matrice di adiacenza con i dati relazionali dei 39 CITT del
campione, è stato possibile procedere con le elaborazioni per quali ci si è avvalsi del
software UCINET 6, versione 6.96 (Borgatti et al., 2002).
Una prima domanda a cui la metodologia della SNA può dar risposta è qual è la
capacità dei centri del campione di creare una rete di relazioni tra di loro o in altri
termini quanto è fitta la rete dei CITT. A questa domanda è possibile rispondere
mediante l’analisi del grado di connessione dei centri attraverso l’indice di densità
(Wasserman e Faust, 1994).
La densità di una rete esprime il livello generale di connettività tra i nodi che ne
fanno parte. Vi sarà maggiore densità quanto più numerose sono i nodi direttamente
collegati. La formula per misurare la densità di una matrice simmetrica (la direzione
della relazione tra i nodi prevede il suo reciproco) è data dal rapporto tra le relazioni
esistenti al tempo t e le relazioni potenziali al tempo t:
D = lt / [nt x (nt - 1) / 2]
cioè
D = 2lt / [nt x (nt - 1)]
lt = numero di relazioni presenti al tempo t, nt = numero di nodi presenti al tempo t.
L’indice di densità di una rete può variare tra 0 e 1 (0 = rete vuota, assenza di
legami tra i nodi; 1 = rete piena, tutti i nodi sono tra loro connessi).
La densità della rete del campione non è elevata ed equivale a 0,1147, significa
che solo il 11,47% delle relazioni possibili è attivato dai 39 CITT. Come si può vedere anche dalla rappresentazione grafica (figura 4.3), si tratta di un network ove vi
sono tredici nodi isolati e quindi non connessi al resto della rete, in secondo luogo
esistono dei nodi periferici che hanno uno o due contatti solamente con il resto della
rete. Infine, si notano dei nodi centrali che sono maggiormente connessi a tutti gli
tro con i restanti 38. Vengono quindi esclusi quegli attori nominati dai centri e analizzati nei precedenti
paragrafi ma che non hanno compilato il questionario. Per completezza lo studio della struttura della
rete di TT andrebbe esteso all’intera popolazione tuttavia seppur in presenza del limite numerico del
campione che porta a restringere l’analisi alle relazioni tra i soli 39 centri, gli approfondimenti contenuti
in questo paragrafo consentono di mettere in luce alcuni tratti che caratterizzano una parte comunque
rilevante della rete dei CITT veneti.
115
Figura 4.3 - Grafo del network del campione dei CITT veneti (n=39)
altri (nodi colorati in verde). Il grafo è stato ottenuto mediante l’utilizzo del software
Netdraw (Borgatti, 2002).
Dalla rappresentazione grafica della rete emergono alcuni partner preferiti con
cui i CITT collaborano maggiormente. Questi attori si trovano nella posizione di accedere a un numero elevato di soggetti e pertanto di mobiliare risorse e conoscenze
e veicolarle all’interno della rete. Per individuare e quantificare la rilevanza di questi
attori si ricorre all’indice di centralità.
La centralità di un attore all’interno del network è la sua localizzazione rispetto
ai flussi di risorse e di informazioni e ai processi. La centralità dell’attore determina
potere, prestigio, status, capacità di influenza e di controllo.
Una prima misura di centralità è il Degree centrality calcolata in termini di rapporto tra il numero di relazioni incidenti sul nodo e il numero massimo possibile di
relazioni (nt - 1). L’indice di centralità di un singolo nodo può variare tra 0 e 1 (0 = il
nodo non è in relazione con nessun altro nodo; 1 = il nodo è in relazione con tutti gli
altri nodi della rete).
La tabella che segue riporta i valori dell’indice per primi 10 nodi che hanno ri116
portato il grado di centralità più alto tra i 39 CITT sia in valore assoluto (numero
di relazioni incidenti su un nodo) che in valore normalizzato (% delle relazioni sul
totale delle relazioni possibili). La misura di centralità in valore assoluto viene di
solito normalizzata per consentire di paragonare i singoli valori con quelli di altre
reti con diversa dimensione. L’indice è stato calcolato in primo luogo considerando la
rete complessiva delle relazioni senza discriminare il contenuto. L’attore più centrale
nella rete dei CITT del campione è l’agenzia per lo sviluppo del territorio, Veneto Innovazione, che intrattiene relazioni con il 50% dei nodi. Seguono il Parco Scientifico
e Tecnologico Galileo e l’azienda speciale della CCIAA Treviso Tecnologia.
Tuttavia applicando la metodologia della social network analysis al campione
dei 39 CITT rispondenti, è possibile analizzare le caratteristiche strutturali della rete
di collaborazioni a seconda della diversa natura delle stesse come illustrato nei paragrafi precedenti. Sono state pertanto generate due matrici quadrate di adiacenza
39x39 contenenti i dati relazionali relativi alle collaborazioni che sono state classificate in due tipologie:
- rete per information sharing che comprende lo scambio di informazioni e lo
scambio di ricercatori (in totale 166 collaborazioni);
- rete per joint problem solving che include le partnership per lo sviluppo di progetti in comune (in totale 70 collaborazioni). In questa tipologia non è stato possibile
Tabella 4.8 - Indice di centralità (in valore assoluto e normalizzato) dei primi 10 nodi
più centrali del network (n=39)
Centri rispondenti
Degree
NrmDegree
Veneto Innovazione
19
50,0
Parco Scientifico Galileo
16
42,1
Treviso Tecnologia
14
36,8
Fondazione Giacomo Rumor
11
28,9
Politecnico Calzaturiero
10
26,3
Certottica
9
23,7
Laboratorio Saggio Metalli Preziosi
9
23,7
Stazione Sperimentale del Vetro
7
18,4
Cosmi Innovazione
7
18,4
Parco Scientifico di Verona
7
18,4
117
inserire le relazioni per lo sviluppo congiunto di brevetti in quanto non è presente
nessuna collaborazione di questo tipo.
Di seguito si riportano le tabelle con gli indici di centralità corrispondenti alle
due reti analizzate.
L’analisi delle reti per tipo di contenuto conferma il ruolo centrale assunto da
Veneto Innovazione sia per relazioni finalizzate all’information sharing che per il joint
problem solving. Tuttavia le due reti presentano un grado di coesione molto diverso:
il network per information sharing ha una densità pari allo 0,11 contro lo 0,05 di
quello per attività di joint problem solving. Il grafo illustrato in figura 4.4 evidenzia
infatti come la rete per lo sviluppo di progetti in comune sia meno fitta e caratterizzata da nodi isolati e periferici o comunque da sottogruppi di attori.
Un ulteriore approfondimento che ci consente la social network analysis è quello di individuare se ci sono nodi che fanno da ponte tra altri attori che altrimenti
non verrebbero in contatto tra di loro. Questo risulta possibile calcolando l’indice di
betweenness centrality.
La betweenness centrality misura quanto un nodo I sia il punto più diretto di
passaggio tra due nodi J e K. Quanto più un attore risiede tra coppie di altri attori
in posizione intermedia, tanto più egli è centrale o in altri termini maggiore è il suo
potere di mediazione poiché può svolgere il ruolo di broker e quindi è in grado di
coprire uno structural hole, ossia attivare una relazione tra due attori che altrimenti
Tabella 4.9 - Indice di centralità (in valore assoluto e normalizzato) dei primi 9 nodi
più centrali del network per information sharing
Centri rispondenti
Degree
NrmDegree
Veneto Innovazione
19
50,0
Parco Scientifico Galileo
16
42,1
Treviso Tecnologia
14
36,8
Fondazione Giacomo Rumor
11
28,9
Politecnico Calzaturiero
10
26,3
Certottica
9
23,7
Laboratorio Saggio Metalli Preziosi
9
23,7
Stazione Sperimentale del Vetro
8
21,1
Parco Scientifico di Verona
7
18,4
118
Tabella 4.10 - Indice di centralità (in valore assoluto e normalizzato) dei primi 9 nodi
più centrali del network per joint problem solving
Centri rispondenti
Degree
NrmDegree
Veneto Innovazione
11
28,9
Treviso Tecnologia
8
21,1
Fondazione Giacomo Rumor
7
18,4
Parco Scientifico Galileo
7
18,4
Politecnico Calzaturiero
6
15,8
Certottica
4
10,5
Polesine Innovazione
3
7,9
Istituto dell’Energetica e delle Interfasi
3
7,9
Stazione Sperimentale del Vetro
3
7,9
Figura 4.4 - Grafo del network per joint problem solving dei CITT veneti (n=39)
119
non sarebbero in contatto tra loro (Burt, 2005). All’interno di strutture relazionali
complesse, composte da molti attori e molte relazioni, la misura della betweenness
centrality è di tipo probabilistico. La formula della betweenness centrality è:
Cb(ni) = ∑ gjk (ni)/∑ gjk
Distanza geodetica: è il più breve percorso in grado di collegare due attori/nodi.
gjk = il numero di geodetiche che legano i nodi J e K; gjk (ni) = il numero di geodetiche che legano i nodi J e K, e che passano attraverso l’attore I. Il calcolo dell’indice
normalizzato è il seguente:
Cb’(ni) = Cb(ni)/[(n -1) (n -2)]/2]
Si riporta nella tabella 4.11 i valori di betweenness centrality dei primi 10 nodi
più centrali tra i 39 CITT del campione.
Il broker all’interno della rete e quindi il nodo con una maggiore betweenness
centrality è Veneto Innovazione che intermedia il 15,3% di tutte le diadi o coppie
potenziali. Il nodo immediatamente successivo è il Parco Scientifico Galileo con una
betweeness normalizzata pari al 9,2%. Gli altri attori seguono a distanza maggiore.
Tabella 4.11 - Betweenness centrality (valore assoluto e normalizzato) dei primi 10
nodi più centrali del network (n=39)
Centri rispondenti
Betweenness
nBetweenness
Veneto Innovazione
107,4
15,3
Parco Scientifico Galileo
65,0
9,2
Treviso Tecnologia
25,6
3,6
Veneto Agricoltura
24,0
3,4
Fondazione Giacomo Rumor
15,7
2,2
Laboratorio Saggio Metalli Preziosi
11,8
1,7
Stazione Sperimentale del Vetro
11,5
1,6
Politecnico Calzaturiero
10,6
1,5
Certottica
7,0
1,0
Cosmi Innovazione
4,1
0,6
120
Tale risultato sta ad indicare che la rete di CITT è composta per buona parte da
relazioni dirette verso i due attori più centrali che grazie a questa posizione operano
da intermediari creando un ponte tra nodi non direttamente in contatto o addirittura
isolati dal resto della rete. Se infatti rappresentiamo le relazioni tra i CITT escludendo Veneto Innovazione e il Parco Scientifico Galileo (figura 4.5) si può notare come la
rete si presenti meno “fitta” e con un numero maggiore di nodi isolati e periferici.
Questo paragrafo dedicato all’approfondimento della rete dei 39 CITT mediante la
metodologia della social network analysis si conclude riportando di seguito i rispettivi
ego network ossia l’insieme di relazioni che incidono sui due nodi più centrali come
emerso dall’analisi condotta attraverso il calcolo dei diversi indici presentati: Veneto
Innovazione e il Parco Scientifico Galileo (figura 4.6 e 4.7). Come riportato sopra, questi due nodi fungono da partner privilegiati dei CITT sia nella ricerca di informazioni
che nello sviluppo congiunto di progetti. Oltre ad essere gli attori con cui i centri maggiormente collaborano, essi si qualificano anche come nodi “intermediari” considerata la loro capacità di connettere altri centri che non hanno tra loro relazioni dirette.
Figura 4.5 - Grafo del network del campione dei CITT veneti esclusi Veneto Innovazione e il Parco Scientifico Galileo (n=39)
121
Figura 4.6 - Egonet di Veneto Innovazione
Figura 4.7 - Egonet del Parco Scientifico Galileo
122
4.4 L’efficacia del trasferimento tecnologico a livello settoriale
4.4.1 Introduzione
Un ultimo livello di analisi adottato per trarre elementi di valutazione sul grado
di efficacia del trasferimento tecnologico dei CITT veneti è costituito dal contesto
produttivo e dal ruolo che può avere il TT ai fini dello sviluppo tecnologico dei diversi
settori che compongono l’economia veneta. L’analisi si è basata su tre fattori di
approfondimento.
Un primo fattore di approfondimento riguarda la traiettoria tecnologica dei settori portanti dell’economia veneta in termini di numero di addetti e di imprese. Ci si è
chiesti in che misura il sistema TT sia in grado di supportare l’evoluzione tecnologica
di tali settori, misurando la specializzazione settoriale del sistema di TT regionale e
il suo grado di coerenza con i settori più rilevanti del Veneto.
Un secondo fattore di approfondimento riguarda la rilevanza dei settori dal punto
di vista tecnologico e quindi ci si è chiesti se il sistema di TT sia in grado di supportare la nascita e lo sviluppo di settori high tech.
Infine una riflessione ha riguardato i più recenti fenomeni di ibridazione tecnologica che consentono uno sviluppo industriale anche di settori maturi. Si è pertanto
analizzata la potenziale capacità dei CITT di alimentare processi di fusione tra domini tecnologici avanzati e settori maturi come quelli dell’economia veneta.
4.4.2 Coerenza tra specializzazione settoriale del sistema
di trasferimento tecnologico e struttura industriale del Veneto
Un primo elemento di analisi è costituito dalla comparazione tra i settori serviti
dai centri e i settori che costituiscono la struttura portante dell’economia veneta.
Sulla base di dati Istat si evince che i primi quattro settori per numero di imprese
e di addetti sono: metallurgia, industrie tessili e dell’abbigliamento, fabbricazione di
macchine e apparecchi meccanici, fabbricazione di mobili (tabella 4.12).
Per analizzare la coerenza del sistema di TT rispetto al sistema industriale veneto
si sono estrapolati i dati sulla specializzazione settoriale dei CITT. Ciascun centro
rispondente infatti ha dichiarato quali sono i settori in cui in modo prevalente svolge
la sua attività di supporto all’innovazione.
Una valutazione quantitativa del grado di coerenza dei CITT rispetto al sistema
industriale veneto non risulta tuttavia sufficiente per sostenere che il sistema di TT
può efficacemente svolgere una funzione di accompagnamento delle imprese verso
traiettorie di innovazione radicale o alla frontiera tecnologica del settore. La capacità dei centri di sostenere le imprese verso l’esplorazione di soluzioni breakthrough
per il settore può essere alimentata dall’investimento in attività o servizi di R&S tec123
Tabella 4.12 - Numero e percentuale di imprese e di addetti nella regione Veneto per
settore manifatturiero al 2001
Codici Ateco02
Numero imprese
%
Numero addetti
%
Totale industria manifatturiera
61.704
DJ - 27, 28: Metallurgia e lavorazione dei prodotti in
metallo
11.322
18,3%
109.278
16,9%
DB - 17, 18: Industrie tessili e dell’abbigliamento
8.375
13,6%
95.971
14,8%
DK - 29: Fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici
5.539
9,0%
87.845
13,6%
DN - 36, 37: Fabbricazione di mobili, altre industrie manifatturiere, recupero e preparazione per il riciclaggio
8.703
14,1%
67.731
10,5%
DL - 30, 31, 32, 33: Fabbricazione di macchine per ufficio, di elaboratori e sistemi informatici; Fabbricazione
di macchine e apparecchi elettrici; Fabbricazione di
apparecchi radiotelevisivi e di apparecchi per le comunicazioni; Fabbricazione di apparecchi medicali, di
precisione, di strumenti ottici e orologi
6.012
9,7%
61.584
9,5%
DA - 15, 16: Industrie alimentari, delle bevande e del
tabacco
4.763
7,7%
44.419
6,9%
DC - 19: Industrie conciarie
3.007
4,9%
38.393
5,9%
DI - 26: Fabbricazione di prodotti della lavorazione di
materiali non metalliferi
3.111
5,0%
32.510
5,0%
DE - 21, 22: Industrie della carta, dell’editoria e stampa
2.732
4,4%
28.129
4,3%
DD - 20: Industrie del legno
5.299
8,6%
26.635
4,1%
DH - 25: Fabbricazione di articoli in gomma e materie
plastiche
1.582
2,6%
26.202
4,0%
DG - 24: Fabbricazione di prodotti chimici
544
0,9%
14.689
2,3%
DM - 34, 35: Fabbricazione di mezzi di trasporto
697
1,1%
13.803
2,1%
18
0,0%
410
0,1%
DF - 23: Fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio,
trattamento dei combustibili materiali
Fonte: ns elaborazione su dati Regione Veneto, Direzione Sistar su dati Istat
124
647.599
nologico e progettazione. Per approfondire l’analisi si è pertanto individuato anche il
numero di centri che dichiara di erogare servizi di R&S tecnologico e progettazione.
Incrociando il dato relativo ai settori portanti del Veneto e i settori di specializzazione dei CITT emerge che sono serviti dai CITT tutti i settori più rilevanti del Veneto
(tabella 4.13).
Relativamente meno coperto dal servizio di TT sulla base dell’indicatore utilizzato (numero dei CITT con specializzazione coerente) sono il settore del legno (5 CITT),
quello della produzione di mobili (7 CITT), mentre per il comparto della concia/calzaturiero operano complessivamente 9 CITT. Emerge invece come il settore più servito
risulta quello della fabbricazione delle macchine elettriche, elettroniche e ottiche (17
CITT) e con 15 centri anche quello della plastica e della gomma.
Per quanto riguarda i servizi di R&S tecnologico o di progettazione, dal confronto
tra la quarta e la quinta colonna della tabella 4.13 risulta una buona capacità dei centri
di accompagnare i receiver verso soluzioni tecnologiche ad alto contenuto di novità.
Anche il grado di specializzazione in uno o due settori può rappresentare un indicatore della capacità dei CITT di promuovere competenze innovative in determinati
settori produttivi. Infatti, una maggiore specializzazione consente al centro di disporre di risorse tecniche e umane dedicate nonché un’expertise maturata nel tempo che
ne accresce la reputazione e quindi lo qualifica all’interno del sistema.
La tabella 4.14 mette in evidenza come i centri siano in prevalenza specializzati
in pochi settori mentre solo due CITT (l’agenzia di sviluppo territoriale e un centro
multisettoriale) presentano un alto grado di diversificazione (da 16 a 20 settori). Se
si prende in esame l’ultima colonna della tabella 4.13 i CITT maggiormente specializzati (fino a 2 settori) che rappresentano il 35,9% del campione non risultano tuttavia
orientati verso i settori più tradizionali del Made in Italy, i quali sono serviti invece
da CITT maggiormente diversificati.
4.4.3 L’attività di TT verso i settori a medio-alta intensità di conoscenza
Un secondo aspetto preso in esame nella valutazione dell’efficacia del sistema
di TT regionale oltre alla capacità dei CITT di sostenere i settori più maturi e tradizionali verso traiettorie di innovazione non solo di tipo incrementale, è costituito dalla
capacità del sistema di TT di alimentare il processo di innovazione in settori definiti
a medio-alta e alta intensità di conoscenza tecnologica.
Avvalendosi della classificazione OECD (2003) delle attività manifatturiere per
tipo di tecnologia che distingue i settori sulla base dell’intensità della spesa in R&S,
i dati dell’ultimo censimento Istat riportati sopra in tabella 4.12 sono stati aggregati
in quattro categorie: settori a bassa, medio-bassa tecnologia, medio-alta e alta intensità di tecnologia. Come si evince dalla tabella 4.15, la struttura manifatturiera
125
Tabella 4.13 - I settori industriali più serviti dai CITT (n. di CITT che dichiarano di operare per il settore)
Codici Ateco02
Numero
addetti
Totale industria manifatturiera
647.599
DJ - 27,28: Metallurgia e lavorazione dei prodotti in metallo
%
n. CITT
n. CITT
R&S
n. CITT
specializzati
109.278
16,9%
16
12
2
DB - 17,18: Industrie tessili e dell’abbigliamento
95.971
14,8%
12
10
1
DK - 29: Fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici
87.845
13,6%
15
9
0
DN - 36,37: Fabbricazione di mobili
67.731
10,5%
7
6
0
DL - 30-33: Fabbricazione di macchine per ufficio, ecc.
61.584
9,5%
17
11
2
DA - 15,16: Industrie alimentari
44.419
6,9%
14
9
4
DC - 19: Industrie conciarie
38.393
5,9%
9
8
1
DI - 26: Fabbricazione di prodotti da materiali non metalliferi
32.510
5,0%
5
5
2
DE - 21, 22: Industrie della carta, dell’editoria e stampa
28.129
4,3%
3
2
0
DD - 20: Industrie del legno
26.635
4,1%
5
4
0
DH - 25: Industrie della gomma e materie plastiche
26.202
4,0%
15
10
0
DG - 24: Fabbricazione di prodotti chimici
14.689
2,3%
9
6
0
DM - 34,35: Fabbricazione di mezzi di trasporto
13.803
2,1%
5
4
0
410
0,1%
1
0
0
DF - 23: Raffinerie di petrolio, ecc.
Altre attività produttive
1.093.849
G - 50-52: Commercio all’ingrosso, al dettaglio; riparazioni
306.458
28,0%
7
2
1
K - 70-74: Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, ecc.
175.398
16,0%
3
1
1
F - 45: Construzioni
149.843
13,7%
8
3
1
N - 85: Sanità
115.844
10,6%
4
4
2
H - 55: Alberghi e ristoranti
87.347
8,0%
6
5
0
I - 60-64: Trasporti, magazzinaggio e comunicazioni
69.494
6,4%
9
7
0
O - 90-93: Altri servizi pubblici, personali e sociali
58.597
5,4%
0
0
0
J - 65-67: Attività finanziarie
48.371
4,4%
0
0
0
L - 75: Amministrazione pubblica
38.294
3,5%
10
9
1
M - 80: Istruzione
7
7
0
10
5
4
21.283
1,9%
A - Agricoltura, caccia e silvicoltura
8.991
0,8%
B - Pesca
6.346
0,6%
E - 40,41: Prod. e distrib. di energia elettrica, gas e acqua
5.281
0,5%
7
5
0
CB -13,14: Estrazione minerali non energetici
2.302
0,2%
1
0
0
Fonte: ns elaborazione su dati Regione Veneto, Direzione Sistar su dati Istat
126
Tabella 4.14 - Grado di diversificazione settoriale dei CITT (numero e percentuale di
centri che servono ciascuna classe)
Numero di settori
n. CITT
% (n=39)
Da 1 a 2
14
35,9%
Da 3 a 5
13
33,3%
Da 6 a 10
6
15,4%
Da 11 a 15
4
10,3%
Da 16 a 20
2
5,1%
39
100%
Totale
veneta è spiccatamente costituita da imprese operanti in settori classificati a bassa
o medio-bassa tecnologia.
Adottando la stessa logica di classificazione per i settori che sono stati dichiarati
dal campione dei CITT come loro clienti, la tabella 4.16 riporta nella seconda e terza
colonna rispettivamente il numero e la percentuale di centri per ciascuna categoria
tecnologia servita.
Sotto il profilo metodologico è opportuno osservare che il questionario utilizzato nella survey chiedeva di indicare in quali settori le imprese clienti operano tra
quelli previsti dalla classifica ATECO a due cifre, ne consegue che alcuni sottocodici
necessari per consentire la distinzione tra la classe a medio-alta e quella ad alta
tecnologia non sono stati rilevati. Pertanto viene fornito il dato aggregato per le due
classi. Si noti inoltre che un singolo CITT può operare per più settori manifatturieri
all’interno di una stessa classe tecnologica quindi in tabella per completezza è stato
riportato il numero di centri per singola industria servita ma il dato per classe corrisponde al numero di CITT che operano in almeno uno dei settori elencati.
Un primo risultato dell’analisi indica che i CITT coprono in misura pressoché
uniforme tutte le classi tecnologiche. Infatti come si evince dalla tabella 4.16 20
CITT servono settori low tech, mentre sia i settori a medio-bassa tecnologica che i
settori a medio-alta tecnologia sono serviti da 22 CITT. Per quanto riguarda le classi
tecnologiche a più alta intensità di conoscenza quelle in cui è più diffusa l’attività
dei centri sono le industrie di produzione di macchine e apparecchi meccanici ed
elettronici di precisione.
Un ulteriore approfondimento dell’analisi riportato in tabella 4.16 riguarda la
comparazione puntuale tra il peso in termini percentuali delle imprese e degli addetti
127
Tabella 4.15 - Percentuale di imprese e di addetti in Veneto sul totale dell’industria
manifatturiera. Classificazione delle attività manifatturiere per tipo di tecnologia
(criteri OECD)
% Imprese
61.704
% Addetti
647.599
53,29
46,52
7,72
6,86
Industrie tessili, dell’abbigliamento, e conciarie (17-18-19)
18,45
20,75
Industria del legno, della carta, dell’editoria e stampa (20-21-22)
13,02
8,46
Fabbricazione di mobili, altre industrie manifatturiere,
recupero e preparazione per il riciclaggio (36-37)
14,10
10,46
Settori a medio-bassa tecnologia
26,36
26,21
Industria cantieristica (35.1)
0,38
0,21
Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (25)
2,56
4,05
Fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio, trattamento di combustibili
nucleari (23)
0,03
0,06
Fabbricazione di prodotti della lavorazione di materiali non metalliferi (26)
5,04
5,02
Metallurgia (27-28)
18,35
16,87
Settori a medio-alta tecnologia
14,23
20,59
Fabbricazione di macchine ed apparecchi elettrici (31)
3,69
3,99
Fabbricazione di autoveicoli e loro motori (34)
0,26
0,90
Fabbricazione di motocicli (35.4)
0,45
0,65
Fabbricazione di prodotti chimici (24, eccetto 24.4)
0,83
1,37
Fabbricazione di locomotive e altri mezzi di trasporto (35.2-35.5)
0,03
0,10
Fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici (29)
8,98
13,56
Totale Industria Manifatturiera
Settori a bassa tecnologia
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco (15-16 ATECO)
Settori ad alta tecnologia
6,12
6,67
Costruzione di aeromobili e veicoli spaziali (35.3)
0,01
0,26
Fabbricazione di prodotti farmaceutici (24.4)
0,05
0,90
Fabbricazione di macchine per ufficio, di elaboratori e sistemi informatici (30)
0,22
0,15
Fabbricazione di apparecchi radiotelevisivi e per la comunicazione (32)
1,20
0,95
Fabbricazione di apparecchi medicali, di precisione, di strumenti ottici
e di orologi (33)
4,63
4,41
Fonte: ns elaborazione su dati Regione Veneto, Direzione Sistar su dati Istat
128
che rientrano in ciascuna classe tecnologica (dati riportati nelle ultime due colonne e
ripresi dalla tabella 4.15) e il numero di CITT che servono ciascuna classe. Dal confronto risulta come l’azione dei centri (in termini di numerosità) non sia ponderata dal
peso che ciascuna classe riveste all’interno dell’economia regionale. La numerosità
Tabella 4.16 - Numero e percentuale di CITT suddivisi per classe tecnologica
Settori manifatturieri per classe tecnologica
n CITT
Settori a bassa tecnologia
20
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco
14
Industrie tessili e dell’abbigliamento
12
Industrie conciarie e fabbricazione di prodotti
in cuoio, pelle e simili
9
Industria del legno
5
Fabbricazione di mobili
3
Industria della carta, dell’editoria e stampa
7
Settori a medio-bassa tecnologia
Raffinerie
Industrie per la fabbricazione di articoli
in gomma e materie plastiche
Industrie per la fabbricazione di prodotti
della lavorazione di minerali non metalliferi
22
% CITT % Imprese % Addetti
51,3
53,29
46,52
56,4
26,36
26,21
56,4
20,35
27,26
1
15
5
Industrie per la fabbricazione di prodotti
di metallo
16
Settori a medio-alta e alta tecnologia
22
Industrie per la fabbricazione di macchine
e apparecchi meccanici
15
Industrie per la fabbricazione delle macchine
elettriche, elettroniche ed ottiche
17
Industrie per la fabbricazione di mezzi di trasporto
5
Industrie per la fabbricazione di prodotti chimici
e di fibre sintetiche e artificiali
9
129
pressoché uniforme dei CITT nelle tre classi sta a significare un investimento volto
a promuovere non solo i settori tradizionali e a bassa o medio-bassa tecnologica ma
anche quei comparti manifatturieri a maggiore intensità di conoscenza.
La classifica dell’OECD prende in esame solo l’industria manifatturiera, tuttavia
includendo anche tra i settori a medio-alta tecnologia anche i servizi science-based
o del terziario avanzato (Marsili e Verspagen, 2002) come il settore delle telecomunicazioni quest’ultimo risulta servito da 7 centri in Veneto.
Questo dato va letto positivamente e conferma la coerenza tra l’orientamento
settoriale dei CITT e le azioni di politica industriale promosse a livello istituzionale
mediante i distretti produttivi (www.distrettidelveneto.it).
4.4.4 Specializzazione dei CITT e opportunità di fusione
o ibridazione tecnologica
L’analisi settoriale o per traiettoria tecnologia risulta indubbiamente rilevante
per valutare la capacità dei CITT di supportare l’innovazione e il trasferimento tecnologico del sistema produttivo veneto. Tuttavia accompagnare i receiver verso percorsi di esplorazione alla frontiera tecnologica o di breakthrough non costituisce l’unica
strategia di innovazione sui cui i centri possono intervenire.
Una seconda strategia di innovazione, particolarmente interessante per i settori
maturi i quali più difficilmente riescono ad innovare alla frontiera, è costituta dalla
fusione tra domini tecnologici diversi che rende sempre meno definiti i confini settoriali tradizionali (Kodama, 1992). Una strategia di fusione consente ad un settore di
beneficiare delle soluzioni innovative derivanti dall’ibridazione tra domini tecnologici
differenti, si pensi ad esempio al prodotto meccatronico esito della combinazione di
tecnologie meccaniche, elettroniche e informatiche (Kodama, 1992). Quindi invece
di individuare soluzioni radicali adottando un approccio che va ad “approfondire”
la base di conoscenze tecnologiche del receiver sulla tecnologia che caratterizza il
settore di appartenenza, la strategia di fusione richiede da parte dei CITT di accompagnare le imprese verso percorsi di sperimentazione tra domini tecnologici tra loro
diversi favorendo un arricchimento in “ampiezza” della loro base di conoscenze.
Per comprendere in che modo i CITT del campione stanno favorendo questo processo di ibridazione, sono state identificate in primo luogo le discipline tecnologiche
in cui CITT risultano specializzati e che maggiormente sono coinvolte nella strategia
di fusione tecnologica (tabella 4.17). Si consideri che un CITT può dichiarare una
competenza su più discipline tecnologiche.
Un primo aspetto messo in luce dall’analisi è la forte specializzazione del campione: il 51,3% dei CITT (20 su 39) opera in 1 o 2 discipline, mentre 6 CITT presentano una ampia base di competenze in più di 5 domini. Le tecnologie dei materiali
130
Tabella 4.17 - Numero e percentuale di CITT per disciplina tecnologica
Disciplina tecnologica
Numero centri
% sul totale n=39
Tecnologie dei materiali
21
53,8
Tecnologie chimiche
15
38,5
Tecnologie ambientali
11
28,2
Tecnologie informatiche
11
28,2
Micro-nano tecnologie
10
25,7
Tecnologie per disegno industriale
9
23,1
Tecnologie energetiche
8
20,5
Tecnologie elettriche/elettroniche
8
20,5
Biotecnologie
8
20,5
Tecnologie meccaniche
8
20,5
Tecnologie per il controllo dei processi
7
17,9
Microelettronica e Sensoristica intelligente
6
15,4
Optoelettronica (laser)
6
15,4
Altro (tecnologie microbiologiche)
3
7,7
rappresentano la specializzazione prevalente (53,8% del campione) seguite dalle
tecnologie chimiche (41% del campione). Si evidenzia comunque un nucleo di CITT
che detengono competenze in ambiti disciplinari quali le micro-nanotecnologie, le
biotecnologie, l’optoelettronica e la microelettronica. Nello specifico le nanotecnologie sono sempre più impiegate in combinazione con altre discipline quali la chimica, la fisica, la biologia e le scienze dei materiali (Islam e Miyazaki, 2008), in
settori che vanno dalla meccanica, alla chimica industriale, al tessile/pelletteria. Si
consideri inoltre che la Regione Veneto sta investendo nel distretto tecnologico delle
Nanotecnologie (www.ricercaitaliana.it/distretti.htm).
In ottica di strategia di fusione sono stati considerati i domini tecnologici interessati da processi di convergenza o ibridazione quali le micro-natotecnologie, le
biotecnologie, le tecnologie dei materiali e quelle chimiche. Si è estrapolato il dato
relativo ai CITT che hanno dichiarato di investire in questi quattro domini e lo si è incrociato con i settori produttivi per cui lavora il CITT. La tabella 4.18 riporta il numero
131
di CITT che sono specializzati in ciascuna disciplina tecnologica considerata (materiali, chimiche, micro-nano, biotecnologie) e la percentuale degli stessi centri per
specializzazione settoriale. Premesso che un centro può operare per più settori, tra
i primi quattro settori serviti dai CITT specializzati nelle micro-nano tecnologie sono
presenti le industrie per la fabbricazione della gomma e della materie plastiche e
Tabella 4.18 - Convergenza tecnologica tra discipline tecnologiche e settori industriali (% CITT)
Disciplina
tecnologica
n. CITT
Primi quattro settori serviti dai centri a specializzazione
tecnologica avanzata
21
- Industrie per la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche:
13 CITT
- Industrie per la fabbricazione di prodotti di metallo: 12 CITT
- Industrie per la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici:
11 CITT
- Industrie per la fabbricazione delle macchine elettriche, elettroniche
ed ottiche: 11 CITT
- Industrie tessili e dell’abbigliamento: 10 CITT
16
- Industrie per la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche:
7 CITT
- Industrie per la fabbricazione di prodotti di metallo: 7 CITT
- Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco: 6 CITT
- Industrie per la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici:
6 CITT
Micro-nano
tecnologie
10
- Industrie per la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche:
7 CITT
- Industrie per la fabbricazione delle macchine elettriche, elettroniche
ed ottiche: 7 CITT
- Industrie per la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici:
6 CITT
- Industrie tessili e dell’abbigliamento: 5 CITT
- Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari:
5 CITT
- Industrie per la fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e
artificiali: 5 CITT
- Industrie per la fabbricazione di prodotti di metallo: 5 CITT
Biotecnologie
8
- Industrie per la fabbricazione delle macchine elettriche, elettroniche
ed ottiche: 4 CITT
- Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco: 3 CITT
Tecnologie
dei materiali
Tecnologie
chimiche
132
quelle per la produzione di macchine elettroniche (rispettivamente servite da 7 CITT)
e l’industria per la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici (servita da 6
centri). Inoltre 5 dei 10 CITT specializzati in micro-nano tecnologie operano in settori
più tradizionali come il tessile, l’abbigliamento e la calzatura. Si pensi ad esempio
alle applicazioni delle nanotecnologie nei cosiddetti tessili di tipo “tecnico”. Anche
le tecnologie dei materiali entrano nei processi d’innovazione dell’industria tessile
e abbigliamento come pure in quella dei prodotti in plastica e gomma, meccanici e
nella produzione di macchine e apparecchi meccanici, elettronici. Un altro settore
potenzialmente influenzato da questi processi di ibridazione è quello alimentare in
particolare con le biotecnologie e le tecnologie chimiche.
4.5 Conclusioni
L’obiettivo del presente capitolo è stato quello di portare alla luce elementi di valutazione sul grado di efficacia del sistema di trasferimento tecnologico del Veneto.
L’analisi si è articolata su due livelli di efficacia:
1. impatto del trasferimento tecnologico sulla catena del valore dell’innovazione: analisi dell’efficacia del singolo centro nel supportare le capacità dell’impresa di gestire tutte le fasi della catena del valore dell’innovazione;
2. impatto del trasferimento tecnologico sul sistema regionale di innovazione:
a) analisi dell’efficacia della rete di collaborazioni tra centri e con partner che
non siano i receiver;
b) analisi dell’efficacia del sistema di centri sulla base della specializzazione
settoriale e dei domini tecnologici presidiati.
Per ciò che riguarda il primo livello di analisi si sono considerati i modelli di business adottati dai centri in relazione alle diverse fasi che compongono la value chain
dell’innovazione. A fronte di un buon presidio di quella centrale (produzione di conoscenza) e in parte di quella a valle (validazione, protezione e commercializzazione
dell’innovazione) si riscontra una scarsa copertura della fase a monte del processo
di innovazione e trasferimento tecnologico dei CITT, quella di analisi e brokeraggio
tecnologico che viene svolta solo da pochi CITT che presentano un elevato grado di
integrazione.
Con riferimento al secondo livello di analisi adottato, si sono analizzati diversi elementi strutturali che caratterizzano il sistema di trasferimento tecnologico in quanto
network. Si è anzitutto analizzato il grado di apertura del network oltre i confini della
regione, per comprendere se e in che misura i CITT fossero in grado di attivare anche
133
relazioni con l’esterno, che possono costituire un canale per veicolare conoscenze e
informazioni nuove e non ridondanti rispetto a quello che circolano nella rete locale.
In secondo luogo si è analizzato il grado di complessità del network, considerando
due tipi di collaborazioni quelle più semplici di information sharing e quelle più complesse di joint problem solving, il cui costo e valore aggiunto è ovviamente differente.
Una terza analisi è stata realizzata relativamente al grado di intermediazione con
le università, considerato il ruolo di ponte che possono avere i CITT tra il sistema
imprenditoriale e quello accademico. Le relazioni con i poli accademici sono particolarmente significative in quanto consentono ai centri di accedere a conoscenza con
un elevato grado di novità e di astrazione, potenzialmente complementari a quelle più
applicative e tacite dei receiver-impresa. I CITT assumono in questo modo un ruolo
di boundary spanning ossia di gestione della conoscenza tecnologica mettendo in
comunicazione due sistemi che difficilmente entrano in contatto tra loro.
Ci si è chiesti pertanto se esistono rapporti di collaborazione tra CITT e altri attori
diversi dal receiver-impresa, quale sia la dimensione del fenomeno e la complessità
delle forme di collaborazione attivate, nonché quali siano i partner preferiti dai CITT
e se tra questi rientrino le università. Infine si sono analizzate ulteriori proprietà
strutturali della rete come la connessione della stessa e il grado di centralità, mediante social network analysis.
I risultati sul grado di apertura e complessità della rete di collaborazioni dei CITT
indicano come il sistema di TT veneto si caratterizzi per un significativo numero di
collaborazioni, ma al tempo stesso come queste coinvolgano in minima parte enti
localizzati al di fuori della regione. Sulla base poi della distinzione delle collaborazioni per grado di complessità, si è rilevata una buona predisposizione dei centri
verso collaborazioni finalizzate al joint problem solving (un terzo del totale) e quindi
alla generazione di nuova conoscenza. Considerando i partner con cui i CITT attivano
il maggior numero di collaborazioni, un dato significativo emerso dalla ricerca è la
capacità di integrazione con il mondo accademico, infatti le università (in particolare
l’ateneo di Padova) rappresentano l’interlocutore privilegiato dai CITT del campione. La capacità di bridging tra sistema industriale e sistema universitario sembra
un tratto emergente del network dei CITT. Dall’analisi emerge che più della metà
dei CITT collabora con almeno una università (quasi esclusivamente regionali). Ma
l’aspetto di maggiore interesse è che i centri si relazionato con gli enti accademici
in misura lievemente maggiore per attività di joint problem solving (61,5% dei CITT)
rispetto all’attività di information sharing (56,4% dei CITT).
Gli altri centri con cui i CITT attivano un elevato numero di collaborazioni per
scambio di informazioni sono l’agenzia di sviluppo territoriale e i due parchi scientifici e tecnologici di Padova e di Venezia. Limitato invece è lo scambio di ricercatori,
134
mentre una maggiore mobilità di risorse umane qualificate nell’ambito del sistema, a
partire dalle università ma anche nella direzione delle imprese, sarebbe auspicabile.
L’approfondimento condotto mediante social network analysis ha messo in luce
che la connessione della rete è relativamente bassa, con la presenza di molti nodi che
non sono collegati o sono periferici. D’altro lato si tratta di una rete con quattro nodi
aventi un’elevata centralità. In particolare Veneto Innovazione, l’agenzia di sviluppo
territoriale, anche grazie alla sua posizione istituzionale svolge un ruolo centrale tra
diversi nodi della rete. Il secondo attore in posizione di centralità è il Parco Scientifico e Tecnologico Galileo di Padova. Questa posizione trova spiegazione nel ruolo di
coordinamento assunto dal parco, che si fa promotore di iniziative di innovazione e
di trasferimento tecnologico presso il tessuto produttivo locale. Gli altri due CITT che
rivestono un ruolo centrale nella rete dei CITT sono la Fondazione Giacomo Rumor Centro produttività Veneto e l’azienda speciale della CCIAA Treviso Tecnologia.
Questi risultati indicano che i CITT del campione operano in collaborazione ma in
forma non del tutto sviluppata. Infatti, come già discusso nel capitolo 3, un problema
che i risultati sulla specializzazione dei CITT sembrano segnalare è la loro propensione
verso un ampliamento della gamma di servizi, ma stante la dimensione non elevata di
tali strutture, vi è il rischio che in alcuni casi non si raggiunga la massa critica. Un’alternativa potrebbe essere una maggiore specializzazione di ciascun nodo della rete,
contestualmente supportata da una attività di coordinamento inter-organizzativa.
L’efficacia del servizio di TT nei confronti del sistema economico regionale è
stata valutata, a livello aggregato, in funzione della specializzazione settoriale dei
CITT. Conseguentemente si è rilevato in primo luogo quale fosse il grado di coerenza tra questa e la struttura industriale del sistema economico del Veneto, e quindi
se i settori più tradizionali del Made in Italy fossero supportati dal punto di vista
tecnologico. In secondo luogo si è cercato di capire se nel territorio ci sono centri
che alimentano il processo di innovazione in settori meno tradizionali, classificati a
medio-alta e alta intensità di conoscenza tecnologica.
Considerando i settori manifatturieri più diffusamente serviti dai CITT questi rappresentano anche quelli che in regione hanno tendenzialmente un maggiore impatto
in termini di numero di imprese o di addetti. Si evidenziano inoltre alcuni settori
meno tradizionali quali l’industria della fabbricazione delle macchine elettriche, elettroniche ed ottiche e quella della gomma e delle materie plastiche che risultano tra
quelli in cui la presenza dei CITT è prevalente. Anche i settori del terziario avanzato
come le telecomunicazioni stanno lentamente assumendo importanza quali receiver
di riferimento dell’azione dei CITT. Ciò sembra in linea con le iniziative di politica
industriale avviate negli ultimi anni e rivolte a sostenere quei distretti produttivi
connotati da maggiore intensità di conoscenza.
135
A tal proposito l’analisi condotta sui settori suddivisi per classe tecnologica secondo i criteri OECD (2003) mette proprio in evidenza come i CITT si rivolgono in
misura pressoché uniforme ai settori di tutte le classi tecnologiche, sia quelle connotate da una bassa o medio-bassa intensità di conoscenza che quelle a più elevato
contento di tecnologia.
Un ultimo elemento di valutazione a livello di sistema è stato quello di considerare i processi di ibridazione o di convergenza tecnologica. L’area di competenze su
cui il sistema di TT veneto sta investendo maggiormente risulta essere quella delle
tecnologie dei materiali, che trovano applicazione in diversi settori quali la fabbricazione di prodotti di gomma, plastica e di metallo, di macchine elettroniche e meccaniche, ma anche il tessile-abbigliamento. I domini tecnologici su cui i CITT sono specializzati sono le tecnologie chimiche, ambientali, informatiche e le nanotecnologie.
In particolare i centri che investono in nanotecnologie servono non solo l’industria
chimica e farmaceutica oppure quella dei prodotti elettronici ma anche settori classificata bassa e medio-bassa intensità di conoscenza, come il tessile-abbigliamento,
l’industria conciaria e delle calzature e quella della gomma e della plastica.
I risultati ottenuti a livello di sistema dimostrano una elevata copertura da parte
dei CITT di alcuni dei settori tradizionali del contesto veneto, ma anche un orientamento verso quelle attività produttive a più alta intensità di conoscenza.
136
Conclusioni
1. La mappatura del sistema di trasferimento tecnologico:
le funzioni di un data base sui CITT veneti
Come si è ricordato nel primo capitolo il fenomeno del TT è ancora nuovo e in
evoluzione, scarsi sono i dati europei, soprattutto con riferimento a specifiche regioni, e, sebbene molto utili, non sono sempre approfonditi o aggiornati quelli a livello
nazionale o locale. Pertanto il primo obiettivo della ricerca è stato fornire uno strumento informativo ampio e qualificato sui CITT Veneti per coloro che sono chiamati
a gestire le singole organizzazioni o il sistema di TT.
Il progetto Open innovation ha consentito di creare una mappa del sistema di TT
regionale, ossia una base dati aggiornata sulla rete di organizzazioni che per il tipo
di servizi offerti rientrano nella definizione di Centri di trasferimento tecnologico
(CITT), quindi organizzazioni che, come richiamato nel par. 1.3.1, svolgono attività
sia di trasferimento tecnologico che di ricerca e sviluppo a supporto della catena del
valore dell’innovazione delle imprese della regione.
Lo scopo di una base dati completa e aggiornata dell’offerta di TT nel Veneto è
consentire ai singoli centri di posizionarsi rispetto al sistema, individuando eventuali
concorrenti, nicchie di servizi non coperti, potenziali partner. Dal punto di vista dei
policy maker la mappatura favorisce le decisioni in merito allo sviluppo del sistema,
consente di verificare il livello di dispersione o concentrazione dell’offerta nel complesso e per ciascuna singola tipologia di CITT, può aiutare a individuare i potenziali
destinatari di interventi di finanziamento, ad indirizzare in modo mirato e selettivo gli
stessi, evitando duplicazioni di erogazioni.
In termini di input informativi la mappatura del sistema di trasferimento tecnologico ha fornito tre risultati.
Anzitutto ha permesso di quantificare la presenza di organizzazioni definibili come CITT e di rilevarne l’elevata numerosità complessiva che arriva a 88 centri. In secondo luogo ha portato anche a una classificazione qualitativa, che (sulla base della
classificazione già impostata dal RIDITT e in parte rivista) ha permesso di identificare
nell’ambito della popolazione regionale la presenza di tutte le tipologie di enti, in
137
precedenza censite a livello nazionale. Dalla mappatura risultano operanti nel territorio tutti i dieci tipi di enti che rientrano nella definizione di CITT. Si tratta pertanto
di un sistema articolato, con una presenza numericamente rilevante di laboratori che
svolgono assistenza alle imprese per attività di analisi e prove industriali, ma risulta
qualitativamente significativa anche quella di enti orientati alla ricerca considerando
la presenza di dieci laboratori di ricerca privati, sei centri di ricerca pubblici, dieci
centri tematici specializzati in specifiche aree tecnologiche e tre parchi scientifici.
Un terzo risultato deriva dalla inclusione della data di fondazione di ciascun centro tra i dati rilevati nella mappatura. Tale informazione permette di stratificare il
sistema in relazione a differenti fasi dello sviluppo industriale della regione, nelle
quali sono emerse tipologie diverse di CITT.
Il sistema di TT trova le proprie radici negli anni di sviluppo del sistema industriale veneto. Sebbene si registri tra i CITT mappati la presenza dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie sorto nel 1929, un primo gruppo di enti dell’attuale
sistema (in totale dieci) nasce nel ventennio tra gli anni ‘50 e gli anni ‘70 (la data
di fondazione della Stazione Sperimentale del Vetro e della Fondazione Giacomo
Rumor risale a metà degli anni ’50).
Solo negli anni Ottanta tuttavia si registra una netta crescita numerica e qualitativa di enti la cui mission è più esplicitamente orientata all’innovazione e il trasferimento tecnologico a favore delle singole imprese e allo sviluppo e integrazione del tessuto
produttivo anche oltre i confini settoriali (aziende speciali delle CCIAA e i BIC).
La nascita del 36,4% dei CITT della popolazione risale agli anni ’90. Dopo il
Novanta il sistema registra un crescente dinamismo con iniziative finalizzate ad alimentare il processo innovativo su specifici settori o filiere industriali e a sostenere
l’integrazione del sistema territoriale di innovazione (nasce la quasi totalità dei centri tematici e multisettoriali, sorgono inoltre l’agenzia di sviluppo territoriale e due
dei tre parchi scientifici e tecnologici).
Infine a partire dal 2000 vengono fondati i CITT “di ultima generazione” (25,0%
della popolazione), si tratta dei cinque incubatori d’impresa, dell’ufficio di trasferimento tecnologico, dei laboratori e i centri specializzati in aree disciplinari e settoriali quali il terziario avanzato, le nano-tecnologie e le biotecnologie.
L’evoluzione del sistema di TT del Veneto, in linea anche con l’evoluzione di altri
sistemi locali di innovazione, è caratterizzata da anche un’altra forma di aggregazione. Oltre a quella temporale, con la nascita per fasi, di gruppi diversi di CITT, si
registra una forma di aggregazione territoriale. L’evoluzione del sistema ha portato
a una progressiva concentrazione spaziale dei CITT nelle due province venete caratterizzate dalla presenza degli atenei storici del Veneto, ossia Venezia (28,4%) e Padova (22,7%). In termini di numerosità anche Vicenza ospita il 22,7% dei centri (alta
138
incidenza di laboratori per analisi e prove industriali), tuttavia con un minor grado di
varietà di tipologie rispetto a Padova.
2. Le risorse per investire in TT: il capitale finanziario
Come si è visto il sistema dei CITT veneti si presenta variegato nella tipologia di
centri operanti in regione e articolato in termini di numerosità e presenza territoriale.
Nell’ambito di tale differenziazione che spesso rende difficile una valutazione comparata tra enti, la survey è stata finalizzata a individuare alcuni elementi di indagine
trasversali che possano favorire un’analisi anche comparata ai fini di una migliore
gestione dei Centri.
Gli elementi di indagine comuni riguardano la dotazione di risorse e la modalità
di attuazione del servizio da parte dei centri.
L’analisi delle risorse finanziarie a disposizione dei centri rileva anzitutto una
forte presenza, tra le fonti di finanziamento, di entrate derivanti dalla vendita dei
prodotti/servizi alle imprese-clienti. Se da un lato questo dato segnala la capacità
delle imprese di operare in un mercato complesso come quello delle conoscenze
tecnologiche e di intercettare almeno in parte la domanda delle imprese di servizi
per l’innovazione, d’altro lato potrebbe indicare un elemento di fragilità di certe organizzazioni.
La dipendenza dal fatturato come unica fonte di finanziamento potrebbe infatti
implicare per alcuni enti (orientati a progetti, complessi, ad alto grado di rischio, con
un orizzonte temporale di medio lungo termine) il doversi orientare su progetti con
un orizzonte temporale a medio-breve termine e quindi su progetti di innovazione più
incrementale.
Un secondo elemento di riflessione deriva dall’analisi dell’entità delle risorse
finanziarie. Infatti, i CITT veneti sono strutture che si distribuiscono su due classi di
fatturato: la piccola dimensione fino a 200.000 euro che riguarda il 27% del campione e la media dimensioni che comprende enti con fatturato da 1.000.000 a 3.000.000
che rappresentano il 32% del campione. Le risorse di cui possono disporre alcune
strutture per svolgere la propria attività possono essere relativamente ridotte e ciò
può impedire a una parte dei CITT, quelli più orientati alle attività a carattere maggiormente innovativo, di raggiungere una massa critica necessaria per finanziare
progetti di ricerca o sviluppo tecnologico.
Relativamente alla capacità di fund raising nei confronti di istituzioni pubbliche,
limitato è il ricorso a fondi di questo tipo, sia in termini di numero di centri che vi
accede, sia in termini di peso percentuale che tali fondi hanno sul totale delle fonti
139
di finanziamento. I fondi pubblici a cui i CITT fanno ricorso in modo più diffuso sono
quelli regionali, mentre pochi centri accedono a quelli europei. Si nota inoltre che il
ricorso a questo tipo di fondi sia contestuale ad altre fonti, in altri termini chi accede
ai fondi europei ha anche accesso a quelli nazionali e regionali. Ciò sembra dimostrare come il ricorso a fondi pubblici richieda competenze progettuali e amministrative
specifiche, che richiedono un investimento in formazione e personale qualificato. La
soglia minima di investimento che da un lato costituisce una barriera per centri di
piccole dimensioni, d’altro lato favorisce chi decide di sviluppare tali competenze,
le quali una volta apprese generano economie di raggio d’azione, potendo essere
utilizzate su linee di finanziamento pubblico diverse.
3. La dotazione di risorse intangibili: capitale umano
e capitale organizzativo per trasferire la conoscenza
L’attività di gestione e trasferimento delle conoscenze per l’innovazione, che caratterizza i CITT, richiede un significativo investimento non solo di risorse finanziarie ma
anche di risorse intangibili, ossia capitale intellettuale. La ricerca ha considerato le tre
componenti del capitale intellettuale dei CITT: capitale umano, organizzativo e sociale.
La produzione e il trasferimento di conoscenza ad elevato grado di novità da
parte dei CITT, sia nella realizzazione di progetti altamente innovativi, sia nel caso di
attivazione di servizi di intermediazione soprattutto tra imprese e università richiede
ai CITT un investimento significativo in capitale umano.
I CITT mantengono una struttura snella sotto il profilo della numerosità dell’organico pari in media a 17 addetti, con un valore mediano di 12. Per alcuni servizi
soprattutto di intermediazione tale organico potrebbe non essere sotto-dimensionato, ma ciò che rileva ai fini della competitività di queste organizzazioni è il livello di
qualificazione delle risorse umane dipendenti da un centro. Come si è ricordato nel
primo capitolo, personale laureato aiuta ad attivare canali di ricerca di informazioni
e conoscenza a carattere scientifico inoltre avvicina sul piano cognitivo i CITT alle
università. Ovviamente nel caso di CITT che svolgono attività di ricerca interna, tale
livello di qualificazione risulta ancor più significativo.
La ricerca indica che i laureati rappresentano la metà del personale interno, ma
con una spiccata differenziazione tra centri, segnalando alcuni casi di carenza di
capitale umano tra i CITT. In parte la scarsa presenza di ricercatori interni è spiegabile sulla base della scelta consapevole di alcuni centri, i quali per gestire i propri
progetti fanno ricorso a una rete di ricercatori esterni mediante contratti flessibili.
La capacità di attivare una rete di collaborazioni esterne assume rilievo non solo dal
140
punto di vista del singolo CITT, considerando che questa può aiutare a potenziare in
modo flessibile e specializzato le proprie risorse su progetti ad hoc, ma anche dal
punto di vista del sistema. Attivando tali collaborazioni infatti i CITT possono favorire la mobilità di ricercatori all’interno del sistema locale di innovazione, ad esempio
tra università e imprese clienti dei centri e in questo senso favorire la diffusione di
conoscenze a livello locale e l’importazione di nuove conoscenze qualificate qualora
le relazioni con ricercatori esterni coinvolga persone provenienti da enti e università
operanti oltre i confini regionali o nazionali.
Questo dato sulla tipologia di collaborazioni e di profili di ricercatori dei centri assume un grande rilievo ad ambedue i livelli di analisi, singolo centro e intero sistema,
e andrebbe approfondito per comprendere in chiave longitudinale come i centri investono in capitale umano nel tempo, se le collaborazioni temporanee restano tali per
un periodo prolungato, e se vi è il rischio del perdurare di forme contrattuali “precarie”
che coinvolgono professionalità elevate. Per approfondire questo tipo di analisi sul
ruolo dei CITT nell’alimentare un mercato del lavoro di figure professionali altamente
qualificate e orientate alla ricerca sarebbe utile un’indagine a carattere longitudinale
che riprendesse periodicamente (ad esempio ogni due anni) i dati dell’attuale ricerca.
Se l’imprescindibile investimento in capitale umano qualificato risulta relativamente diffuso tra i CITT del Veneto, altrettanto non si può affermare considerando il
capitale organizzativo. In tale tipo di risorsa si includono quelle soluzioni organizzative e tecnologiche, come sistemi sofisticati di data mining o software per la gestione
dei progetti, che favoriscono l’archiviazione, raccolta e distribuzione di conoscenza
codificata e che quindi rendono più facile e meno costosa anche la condivisione e il
trasferimento di conoscenze tra organizzazioni diverse. I CITT che svolgono attività di
R&S tecnologico potrebbero beneficiare di tali soluzioni, ma anche CITT che offrono
servizi di intermediazione potrebbero migliorare la propria capacità di assistenza nei
confronti dei clienti grazie a tali tecnologie. La survey segnala un uso ancora limitato
di tali strumenti, diffusi in appena un quarto degli intervistati, a fronte del diffuso
utilizzo della rete Internet per l’attività di ricerca, informazione e/o comunicazione e
di specifici database elettronici.
4. Divisione del lavoro nell’ambito del sistema dei CITT
Data l’alta numerosità e differenziazione dei centri emersa dalla ricerca, un interrogativo riguarda l’efficacia della divisione del lavoro all’interno del sistema del TT.
Una divisione efficace del lavoro consente di allocare le risorse tra Centri in modo
coerente con le esigenze delle imprese e con le caratteristiche della value chain
141
dell’innovazione. Il rischio insito a un processo evolutivo a più stadi con una moltiplicazione di centri sta infatti nella duplicazione di risorse o nella presenza di aree di
domanda da parte delle imprese non coperte in modo adeguato.
L’interrogativo sulla divisione del lavoro a livello di sistema ha pertanto significative implicazioni sia dal punto di vista della competitività delle singole organizzazioni
in quanto aiuta a comprendere quali siano le funzioni ancora non sufficientemente
coperte dall’offerta di trasferimento tecnologico del Veneto, sia in termini di policy
in quanto aiuta a indirizzare gli incentivi verso quei servizi e quei centri orientati a
coprire carenze di offerta significative per l’innovazione.
Per rispondere a questo interrogativo e trarne implicazioni gestionali, si sono
considerati tre aspetti di una efficace divisione del lavoro tra centri. Un primo riguarda l’efficacia della divisione del lavoro rispetto alle tre funzioni principali svolte dai
CITT (speculari alle tre fasi della catena del valore dell’innovazione delle imprese):
1. funzione di ricerca e valutazione di nuove conoscenze esterne;
2. funzione di produzione o trasformazione della conoscenza;
3. funzione di sfruttamento commerciale dell’innovazione.
Un secondo livello riguarda la divisione del lavoro rispetto alla specializzazione settoriale del sistema industriale del Veneto. Infine è stata analizzata l’efficacia della divisione del lavoro tra CITT rispetto al livello di intensità tecnologica dei diversi settori.
Con riferimento alla divisione del lavoro rispetto alle fasi/funzioni della value
chain dell’innovazione, dall’indagine emerge che la funzione centrale, ossia la produzione di nuova conoscenza è coperta dall’offerta dei CITT, anzi i dati indicano una
concentrazione di servizi soprattutto su questa funzione. I dati segnalano inoltre una
copertura anche della funzione più a valle della catena del valore che comprende servizi di validazione, protezione e commercializzazione dell’innovazione, sebbene tale
tipo di servizi venga offerto in misura inferiore rispetto a quelli della fase centrale.
Scarsa invece è ancora la copertura della funzione a monte del processo di innovazione e trasferimento tecnologico, quella di analisi e brokeraggio tecnologico che viene
svolta solo da pochi CITT. I Centri che coprono tale funzione sono anche quelli che
hanno adottato un modello di business integrato, ossia quelle organizzazioni che offrono servizi relativi a tutte le fasi della value chain dell’innovazione, quindi limitata
è la presenza di centri specializzati sulla singola funzione di sourcing tecnologico.
Un secondo livello, rispetto al quale si è analizzata l’efficacia della divisione del
lavoro tra CITT, riguarda la specializzazione settoriale. Questo tipo di dato consente
di trarre due implicazioni: i. la prima sulla capacità del sistema di fornire un supporto
coerente con la struttura industriale del sistema economico del Veneto, ii. la seconda sul grado di sovrapposizione dei servizi di trasferimento tecnologico rispetto ai
142
settori e quindi sul rischio di un’eccessiva concentrazione di centri solo su alcuni
settori industriali.
I settori manifatturieri che in regione hanno tendenzialmente un maggiore impatto in termini di numero di imprese e di addetti, quali il settore metalmeccanico,
tessile-abbigliamento e alimentare, sono quelli indicati come clienti da un elevato
numero di CITT. Si evidenzia inoltre una presenza di CITT specializzati anche in alcuni
settori meno tradizionali quali l’industria della fabbricazione delle macchine elettriche, elettroniche ed ottiche e quella della gomma e delle materie plastiche o i settori
del terziario avanzato come le telecomunicazioni.
Se questo dato indica come i settori più maturi e del made in Italy, con eccezione
del legno arredo, trovino numerosi servizi da parte di CITT specializzati, ci si può
chiedere se questa alta copertura dei settori più tipici dell’economia veneta non
rischi di creare delle sovrapposizioni tra servizi di TT erogati dai centri.
Viceversa un risultato positivo in termini di efficacia della divisione del lavoro tra
CITT, sembra emergere con riferimento al grado di copertura di settori classificati
a medio-alta e alta intensità di conoscenza tecnologica. L’analisi condotta mette in
evidenza come a questo livello la divisione del lavoro sia sufficientemente efficace
poichè la specializzazione dei CITT rispetto ai settori suddivisi per classe tecnologica
(secondo i criteri OECD 2003) risulta uniforme, garantendo l’accesso a servizi di TT
anche a settori meno presenti con numero di addetti o imprese, ma avanzati sul piano
dell’investimento in innovazione tecnologica. I dati indicano linee di approfondimento
dell’indagine in futuro. In particolare può essere utile approfondire l’analisi del grado
di coerenza tra offerta di servizi di TT e le effettive esigenze della domanda, sia a
livello complessivo di settore che a livello di richieste della singola impresa receiver.
5. Potenzialità future per progetti di fusione o ibridazione tecnologica
Un elemento di valutazione ulteriore sulla divisione del lavoro a livello di sistema
riguarda le opportunità che derivano dai processi di ibridazione tra domini tecnologici diversi e/o di convergenza tra domini tecnologici avanzati e settori maturi del
tessuto industriale veneto.
La survey ha voluto individuare, sempre in termini di divisione del lavoro, se
esistono a livello di sistema centri potenzialmente in grado di avviare progetti di
ibridazione di settori più maturi con conoscenze tecnologiche avanzate. Si è pertanto
incrociato il dato sulle aree di dominio tecnologico, su cui i centri hanno dichiarato
di investire, con la loro specializzazione settoriale, per verificare se Centri che stanno investendo in ricerca in aree tecnologiche avanzate hanno indicato come propri
143
clienti imprese di settori maturi e potenzialmente interessati a progetti di ricerca e
sviluppo di questo tipo.
L’area di competenze su cui il sistema di TT veneto sta investendo maggiormente risulta essere quella delle tecnologie dei materiali, che trovano applicazione in
diversi settori quali la fabbricazione di prodotti di gomma, plastica e di metallo,
di macchine elettroniche e meccaniche, ma anche il tessile-abbigliamento. Gli altri ambiti disciplinari sui cui i CITT sono specializzati sono le tecnologie chimiche,
ambientali, informatiche e le nanotecnologie. In particolare i centri che investono in
nanotecnologie servono non solo l’industria chimica e farmaceutica oppure quella
dei prodotti elettronici ma anche settori classificati a bassa e medio-bassa intensità
di conoscenza come il tessile-abbigliamento, l’industria conciaria e delle calzature
e quella della gomma e della plastica. I dati indicano quindi come vi sia spazio per
processi di innovazione di fusione e come questo, anche dai riscontri che emergono
a livello internazionale, sia un terreno di interessanti opportunità su cui investire,
che merita un focus ad hoc da parte di ricerche future.
6. Progettualità a livello locale e centralità della rete
La numerosità e la divisione del lavoro dei CITT porta a un successivo interrogativo che riguarda il grado di collaborazione tra i singoli centri. Ci si può chiedere se la
presenza di CITT di tipologie diverse possa essere sfruttata dai centri grazie all’attivazione di una rete di collaborazioni. Inoltre un aspetto rilevante di tale progettualità
riguarda il coinvolgimento di centri di ricerca, in particolare delle università, nell’ambito dei progetti innovativi realizzati da più partner. I CITT assumono in questo modo
un ruolo di mediazione o boundary spanning, mettendo in comunicazione due sistemi
che difficilmente entrano in contatto tra loro.
Una prima risposta a questo interrogativo viene dai risultati dell’analisi del grado
di complessità del network dei CITT, considerando due tipi di collaborazioni quelle
più semplici di scambio di informazioni (information sharing) e quelle più complesse
ossia finalizzate alla realizzazione di progetti in comune (joint problem solving).
I centri veneti del campione dimostrano un buon orientamento verso collaborazioni finalizzate alla realizzazione di progetti in comune (un terzo del totale) e quindi
alla generazione di nuova conoscenza. Considerando i partner con cui i CITT attivano
il maggior numero di collaborazioni, un dato significativo emerso dalla ricerca è la
capacità di integrazione con il mondo accademico, infatti le università e in particolare l’ateneo di Padova rappresenta l’interlocutore privilegiato dai CITT del campione.
La capacità di bridging tra sistema industriale e sistema universitario sembra un
144
tratto emergente del network dei CITT. Dalla survey risulta che più della metà dei
CITT collabora con almeno una università, anche se quasi esclusivamente regionali.
Inoltre è interessante notare che i centri si relazionano con gli enti accademici in
misura lievemente maggiore per attività di gestione di progetti in comuni (61,5% dei
CITT) rispetto all’attività di scambio di informazioni (56,4% dei CITT).
Gli altri attori di riferimento del sistema di TT regionale, e quindi i centri con cui i
CITT attivano un elevato numero di collaborazioni per scambio di informazioni, sono
l’agenzia di sviluppo territoriale e i due parchi scientifici e tecnologici di Padova e di
Venezia. Limitato invece è lo scambio di ricercatori, mentre una maggiore mobilità
di risorse umane qualificate nell’ambito del sistema, a partire dalle università ma
anche nella direzione delle imprese, sarebbe auspicabile.
La rete dei CITT si caratterizza per la presenza di quattro nodi aventi un’elevata
centralità e quindi un alto numero di relazioni con gli altri. In particolare Veneto
Innovazione, l’agenzia di sviluppo territoriale, anche grazie alla sua posizione istituzionale svolge un ruolo di ponte tra i diversi nodi della rete. Il secondo attore in
posizione di centralità, come nodo “intermediario” che connette altri centri che non
hanno tra loro relazioni dirette, è il Parco Scientifico e Tecnologico Galileo di Padova.
Questa posizione trova spiegazione nel ruolo di coordinamento assunto dal parco
che si fa promotore di iniziative di innovazione e di trasferimento tecnologico presso
il tessuto produttivo locale le quali richiedono l’attivazione e l’accesso a conoscenze
e risorse qualificate possedute dai diversi nodi del network. Gli altri due CITT che rivestono un ruolo centrale nel flusso di informazioni e generazione di conoscenza nel
sistema territoriale sono la Fondazione Giacomo Rumor - Centro produttività Veneto
e l’azienda speciale della CCIAA Treviso Tecnologia.
Questi risultati indicano che i CITT del campione operano in collaborazione ma in
forma non del tutto sviluppata. Pertanto la collaborazione richiede di essere estesa,
qualificando rispetto ai progetti da attuare le forme di collaborazione tra nodi.
In particolare la ricerca pone in luce come la rete tra CITT abbia una forma “a
stella” con molti nodi non connessi tra loro, ma collegati a un unico nodo centrale.
Tale tipo di struttura può risultare efficiente in chiave di snellezza delle relazioni
necessarie per il trasferimento di informazioni, essendo il nodo centrale quello deputato a selezionare e inviare le informazioni più rilevanti ai nodi “periferici”. D’altro
lato può dare luogo a due tipi di problematiche. Anzitutto vi può essere il rischio
di sovraccarico del nodo centrale nel momenti in cui i nodi periferici aumentino di
numero. Inoltre vi può essere il rischio per taluni progetti che il nodo centrale non
disponga delle competenze specifiche necessarie. Infine una forma alternativa di organizzazione della rete è la costituzione ad hoc di relazioni più dirette tra un team di
nodi-centri con conoscenze complementari per la realizzazione di progetti avanzati.
145
La ricerca quindi mette in evidenza la rilevanza della struttura della rete di relazioni
tra CITT e il tema della qualificazione dei nodi centrali di tale rete.
7. Open innovation e confini del mercato delle conoscenze
Un problema significativo in un contesto di open innovation è rappresentato da
quanto i CITT siano in grado di fare da ponte verso mercati esterni di conoscenze
scientifiche e tecnologiche.
La scarsa presenza di CITT rivolti a fornire un servizio alle imprese utile per la
ricerca di nuove fonti di conoscenze esterne, e soprattutto la quasi totale assenza
di CITT specializzati solo in questa funzione, indica come il sistema sia ancora poco
orientato a sostenere un processo di open innovation da parte delle imprese che
interessi soggetti diversi da quelli del sistema locale di innovazione. Inoltre se si
analizzano le collaborazioni attivate con altri centri per scambio informale di informazioni, queste restano ampiamente confinante a livello locale. I dati emersi dall’uso della social network analysis della rete dei CITT segnalano inoltre che la rete
locale, almeno tra CITT intervistati, risulta poco connessa.
La scarsa presenza di CITT orientati ad attività di sourcing di conoscenze potrebbe
segnalare una limitata domanda di tali servizi da parte delle imprese le quali, come
peraltro rilevano molte indagini, essendo di piccola o media dimensione e operando
prevalentemente in settori maturi, non hanno probabilmente ancora sviluppato un
grado di apertura verso fonti esterne di innovazione (che non siano clienti o fornitori)
sufficiente per richiedere servizi dedicati. Inoltre il radicamento locale delle imprese
agevola fenomeni di spill-over ossia di flussi informali di conoscenze e informazioni,
attraverso canali personali, riducendo la richiesta di servizi il cui costo può essere
significativo e gli esiti altamente incerti.
Volendo trarre delle implicazioni in una prospettiva di medio termine, andrebbero considerate le spinte competitive richiamate nel primo capitolo, che portano
le imprese anche dei settori maturi, a migliorare il proprio differenziale competitivo investendo maggiormente in innovazione. Inoltre il sistema industriale veneto si
trova già ad uno stadio non iniziale del processo di internazionalizzazione sul piano
delle attività produttive e commerciali e, per migliorare la capacità innovativa, nel
prossimo futuro potrebbe internazionalizzare anche l’attività di R&D in cerca di adeguati partner stranieri. L’attuale divisione del lavoro nell’ambito del sistema dei CITT
sembra in parte sottovalutare la domanda di conoscenze su fonti e partner esterni
che ne potrebbe derivare.
146
8. Opportunità di ricerca futura e sue implicazioni
La ricerca Open innovation nel Veneto, come ricordato nel primo capitolo, nasce
da una comune esigenza conoscitiva del Consiglio regionale dell’economia e lavoro
del Veneto e dell’Università Ca’ Foscari.
La crescente rilevanza del trasferimento tecnologico a supporto dell’innovazione
delle imprese venete e la sua rapida evoluzione richiedono un sistema di informazioni aggiornato e strutturato, una mappa e uno scenario utili per quantificare la
presenza di centri di trasferimento tecnologico in questa regione, valutare la loro
articolazione e i tratti distintivi e per offrire di conseguenza elementi informativi per
l’impostazione di politiche mirate di incentivazione e supporto.
I destinatari del lavoro, i possibili fruitori delle informazioni raccolte interessati
a trarre implicazioni organizzative e gestionali dai risultati della ricerca, operano a
due livelli.
Un primo livello è quello del singolo centro di trasferimento tecnologico. Per coloro che hanno responsabilità gestionali dei Centri lo scenario tracciato dalla ricerca
può essere un riferimento per posizionare la propria organizzazione rispetto all’offerta di TT del Veneto. Inoltre le informazioni sul tipo di centri operanti in Veneto e
sulle funzioni da questi svolte possono costituire un input per decidere, in un’ottica
comparata, quali funzioni offrire e come impostare il proprio modello di business se
secondo una strategia di supporto alla value chain dell’innovazione mediante la specializzazione su una singola funzione o l’integrazione di più funzioni. La ricerca fornisce informazioni per poter valutare il portafoglio di servizi (sia in termini di attività
che di settori e tecnologie di riferimento), e la dotazione di risorse necessaria, per
considerare interventi di investimento e di sviluppo di competenze e infine valutare
strategie di collaborazione con altri CITT.
Il secondo livello a cui si indirizzano i risultati della ricerca è quello istituzionale e degli enti territoriali. Per coloro che hanno responsabilità decisionali a questo
livello, come ricordato, i dati raccolti potrebbero costituire un primo input informativo per avviare un’attività di monitoraggio e supporto del sistema di innovazione e
trasferimento tecnologico regionale, per monitorare il mercato del lavoro e i flussi di
mobilità interni e dall’esterno di figure altamente qualificate per l’innovazione, e per
politiche di segmentazione degli interventi economici a favore dell’innovazione e di
processi avanzati di trasferimento.
Le informazioni rilevate dalla mappatura e dalla survey possono portare nel tempo a tre approfondimenti:
1. attivazione di un osservatorio che periodicamente (ad esempio ogni due anni)
proceda ad un aggiornamento e approfondimento della mappatura dei CITT, data
147
la loro costante evoluzione, e che possa avviare un’attività di benchmarking con
altre regioni a livello internazionale.
2. impostazione e perfezionamento di un sistema mirato di indicatori utile sia ai CITT
che alle istituzioni per monitorare l’operatività/ performance del TT e l’efficacia
degli interventi istituzionali a finanziamento e supporto all’innovazione e del TT.
3. individuazione di problemi/opportunità relativi allo sviluppo del sistema di TT, ad
esempio la gestione di figure professionali altamente qualificate o per forum tematici di approfondimento anche online che alimentino il dibattito avviato dal CREL
sull’innovazione e che possano essere motivo di sviluppo di una comunità di CITT.
148
Appendice A
Questionario - Analisi sui centri di innovazione
e trasferimento tecnologico
Modalità di compilazione del questionario
Si prega di compilare il seguente questionario con i dati specifici del centro. Le
chiediamo di spedire il questionario compilato ai seguenti indirizzi e-mail:
Nell’arco di pochi giorni dalla ricezione del presente questionario verrà contattato telefonicamente da un membro del gruppo di ricerca che La assisterà nella
compilazione.
I dati raccolti verranno trattati esclusivamente per fini statistici e saranno diffusi
in forma aggregata.
Cognome e nome del compilatore
Posizione
Recapito telefonico
Indirizzo e-mail
Sezione I - Informazioni generali
Denominazione Centro (o Azienda)
Sede legale
Tel.
Fax
E-mail
Anno fondazione
149
1. Mission del centro (o azienda):
2. Indicare tra le tipologie riportate di seguito quella di appartenenza del suo centro di innovazione e di trasferimento tecnologico (o azienda)
Ufficio di trasferimento tecnologico
■
Incubatore d’impresa
■
Stazione sperimentale
■
Business Innovation Centre (BIC)
■
Azienda speciale o laboratorio tecnico della CCIAA
■
Centro multisettoriale
■
Centro tematico
■
Azienda di sviluppo territoriale
■
Parco scientifico e tecnologico
■
Centro di ricerca pubblico
■
Altri laboratori
■
Altro (specificare)
■
Legenda
Ufficio di trasferimento tecnologico: struttura promossa dall’università con lo scopo di valorizzare la ricerca
accademica attraverso lo sfruttamento di brevetti, la cessione di licenze e il sostegno di aspiranti imprenditori, con
l’intento di agevolare la nascita di nuove imprese.
Incubatore d’impresa: struttura che fornisce una serie di servizi per supportare la nascita di imprese start-up.
L’incubatore oltre allo spazio fisico agevola le iniziative imprenditoriali mediante assistenza manageriali, accesso a
finanziamenti, servizi amministrativi.
Stazione sperimentale: struttura pubblica che svolge analisi e controlli di laboratorio, attività di R&S, certificazione e normazione tecnica, consulenza e formazione.
150
Business Innovation BIC: struttura finalizzata a favorire lo sviluppo delle PMI, in settori innovativi, che offrono servizi integrati di orientamento e sostegno che vanno dal business planning alla consulenza specializzata, al marketing
territoriale, fino all’incubazione di imprese start-up.
Azienda speciale e laboratorio tecnico della CCIAA: struttura afferente al sistema camerale, con specifiche
funzioni di servizio (prove di laboratorio, ricerca applicata, trasferimento tecnologico), rivolta alle imprese iscritte
alla Camera di Commercio locale.
Centro multisettoriale: struttura dotata di competenze, know how e conoscenze su molteplici ambiti tecnologici e
che eroga servizi diversificati verso imprese appartenenti a più settori industriali.
Centro tematico: struttura, frequentemente di origine privata, con una vocazione specifica su un determinato settore industriale o su una particolare area tecnologica sovente operante all’interno di un distretto industriale.
Azienda di sviluppo territoriale: struttura, prevalentemente di origine pubblica, che persegue lo sviluppo economico di una determinata area geografica facendo leva sull’innovazione tecnologica (es. agenzie regionali per
l’innovazione, consorzi città ricerche, finanziarie per lo sviluppo locale).
Parco scientifico e tecnologico: struttura costituite generalmente da Università, associazioni imprenditoriali,
amministrazione pubbliche locali, banche, per favorire lo sviluppo economico del territorio in cui opera attraverso
la collaborazione tra il mondo della ricerca e il mondo dell’imprenditoria. Spesso ospita incubatori specializzati
nell’assistenza alle imprese in fase di start-up.
Centro di ricerca pubblica: struttura pubblica che svolge principalmente attività di formazione e di ricerca di base.
Fonte: Riditt 2005; Crui, 2005
3. Indicare con una X la/e tipologia/e di governance del centro
Società di capitali
Consorzio
Fondazione o Associazione
Altro (specificare)
■
■
■
■
4. Indicare come si ripartiscono mediamente le modalità di finanziamento del centro.
(Selezioni la/le modalità di finanziamento e indichi la percentuale sul totale dei fondi
utilizzati negli ultimi tre anni)
% rispetto ai fondi utilizzati
nel triennio (2004-2006)
Modalità di finanziamento
Proventi da erogazione di servizi/prodotti
■
Contributi da fondi nazionali
■
Contributi da fondi regionali
■
Contributi da fondi dell’UE
■
Privato (banche, investitori privati...)
■
Altro
■
100%
151
5. Indicare il volume di attività del centro nel triennio 2004-2006 (fatturato derivante dalla
erogazione dei servizi)
2004
2005
2006
6. Indicare per ciascun anno il numero di addetti interni ed esterni assunti con contratti
atipici. Per gli addetti interni indicare anche il livello di scolarizzazione
2004
2005
2006
A) N. totale addetti impiegati
Laureati
Diplomati
Titolo di studio inferiore al diploma
di scuola media superiore
B) N. personale esterno con contratti atipici
Totale (A+B)
7. Con quali altri enti collaborate? Indicate con una X l’ambito o gli ambiti di collaborazione
Scambio
Scambio
Progetti
Brevetti
informazioni ricercatori in comune in comune
Istituto di chimica inorganica e delle superfici
Istituto di ingegneria biomedica
Istituto gas ionizzati
Istituto per l’energetica e le interfasi
Thetis S.p.A.
Università Cà Foscari
Università degli Studi di Padova
Università degli Studi di Verona
152
Scambio
Scambio
Progetti
Brevetti
informazioni ricercatori in comune in comune
Università IUAV di Venezia
Certottica
Consorzio Centro Veneto
Calzaturiero\Politecnico Calzaturiero scarl
Start Cube - Incubatore Universitario
Consorzio Venezia Ricerche
COSMI Innovazione
Fondazione Giacomo “Rumor” Centro Produttività veneto
Laboratorio Saggio Metalli Preziosi
Parco Scientifico di Verona
Parco Scientifico e Tecnologico Galileo
VEGA - Parco Scientifico Tecnologico
Veneto Innovazione - Innovation
Relay Centre
Polesine Innovazione
RiTex - Centro Ricerche Prove Tessili
Stazione Sperimentale del Vetro
Tecnologia e Design
Treviso Tecnologia - Azienda speciale CCIAA
Venezia Tecnologie S.p.A.
Altri centri
(specificare nome e localizzazione
geografica)
153
Sezione II - I servizi offerti
8. Indicare i servizi che rientrano nell’offerta del centro (o azienda)
Brokeraggio
■
Ricerca e Sviluppo Tecnologico
■
Assistenza Finanziaria
■
Diagnosi Tecnologica
■
Assistenza Specialistica
■
Prove e Test di Laboratorio
■
Incubazione
■
Progettazione e Sviluppo
■
Formazione Interna
■
Formazione a distanza
■
Formazione presso le imprese
■
Informazioni su Finanziamenti
■
Informazioni su Fiere ed Eventi
■
Informazioni su Brevetti
■
Informazioni Catalogo propri servizi
■
Informazioni Best Practice
■
Informazioni Studi e Ricerche
■
Informazioni su Normative e Disposizioni Legislative
■
Altro (specificare)
■
Legenda
Brokeraggio: attività di ricerca di competenze o partner per specifici progetti di innovazione.
Ricerca e Sviluppo Tecnologico: attività di studio, analisi e implementazione di progetti a base tecnologica con
forte componente innovativa.
Assistenza Finanziaria: attività di analisi e individuazione dello strumento più adeguato di finanziamento (contributi pubblici e/o finanziamenti privati), consulenza finanziaria, gestione della relazione con soggetti finanziatori.
Diagnosi Tecnologica: analisi del contesto tecnologico di riferimento e delle nuove tecnologie emergenti, analisi
dei fabbisogni per l’attività di innovazione, audit tecnologico, attività di benchmarking tecnologico.
Assistenza Specialistica: attività di analisi e consulenza su specifiche del cliente come studi di fattibilità, certificazione, tutela proprietà intellettuale, brevettazione.
154
Prove e Test di Laboratorio: analisi e prove per le quale si richiede l’ausilio di un centro con attrezzature specializzate.
Incubazione: attività di sostegno e avvio di nuove imprese.
Progettazione e Sviluppo: progettazione assistita da calcolatore (Cad), reingegnerizzazione dei processi produttivi
e gestionali.
Formazione: servizi di ideazione, organizzazione ed erogazione di corsi di formazione che riguardino la diffusione di
conoscenze sul tema dell’innovazione e del trasferimento tecnologico.
Fonte: Riditt 2005
9. Indicare i servizi effettivamente erogati nell’arco del triennio quantificando il peso di ciascuno in termini di % del fatturato e/o di n. clienti serviti
2004
%
fatturato
N. utenti
(singoli
individui o
enti serviti)
2005
%
fatturato
N. utenti
(singoli
individui o
enti serviti)
2006
%
fatturato
N. utenti
(singoli
individui o
enti serviti)
Brokeraggio
Ricerca e Sviluppo Tecnologico
Assistenza Finanziaria
Diagnosi Tecnologica
Assistenza specialistica
Prove e Test di Laboratorio
Incubazione
Progettazione e Sviluppo
Formaz Interna
Formaz a distanza
Formaz presso le imprese
Info Finanziamenti
Info Fiere ed Eventi
Info Brevetti
Info Catalogo propri servizi
Info Best Practice
Info Studi e Ricerche
Info Normative
e Disposizioni Legislative
Altro (specificare)
100%
100%
100%
155
10. Con riferimento ai settori industriali indicati nella tabella seguente (codice ATECO 2002),
indicare quelli in cui operano i clienti/imprese serviti dal vostro centro
D Industria manifatturiera
DA
DB
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco
Industrie tessili e dell’abbigliamento
■
■
DC
Industrie conciarie, fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari
■
DD
Industria del legno e dei prodotti in legno
■
DE
Industria cartaria e della stampa e editoria
■
DF
Raffinerie
■
DG
Industrie per la fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali
■
DH
Industrie per la fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche
■
DI
Industrie per la fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
■
DJ
Industrie per la fabbricazione di prodotti di metallo
■
DK
Industrie per la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici
■
DL
Industrie per la fabbricazione delle macchine elettriche, elettroniche ed ottiche
■
DM
Industrie per la fabbricazione di mezzi di trasporto
■
DN
Industrie per la fabbricazione di mobili
Altre industrie manifatturiere (specificare)
■
■
Altri settori
A-B
C
Agricoltura e allevamento (anche ittico)
Industria estrattiva
■
■
E
Industria energia, acqua, gas
■
F
Costruzioni
■
G
Commercio all’ingrosso e al dettaglio
■
H
Alberghi e ristoranti
■
I
Trasporti
■
I
Telecomunicazioni
■
J
■
■
L
Attività finanziarie
Attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, altre attività professionali
e imprenditoriali
Amministrazione pubblica
M
Istruzione
■
N
Sanità e assistenza sociale
Altro (specificare)
■
■
K
156
■
11. Indicare la/e specializzazione/i tecnologica/che per la quale il centro si caratterizza
Biotecnologie
■
Tecnologie energetiche
■
Tecnologie ambientali
■
Tecnologie chimiche
■
Tecnologie dei materiali
■
Micro-nano tecnologie
■
Tecnologie informatiche
■
Tecnologie meccaniche
■
Tecnologie elettriche/elettroniche
■
Microelettronica e Sensoristica intelligente
■
Optoelettronica (laser)
■
Tecnologie per il controllo dei processi
■
Tecnologie per disegno industriale
■
Altro (specificare)
■
Sezione III - Modalità di erogazione e valutazione del servizio
12. Indicare la durata del servizio offerto alle aziende clienti (stima della % sul volume totale
di attività del centro/azienda)
Durata del servizio/prestazione/progetto con le aziende clienti
%
A breve termine
A medio termine
A lungo termine
100%
157
13. Indicare il grado di personalizzazione del servizio offerto (stima della % sul totale volume
di attività)
Grado di standardizzazione del servizio
%
Servizio standardizzato
Servizio standardizzato con elementi di personalizzazione
Servizio pensato sulle specifiche esigenze del cliente
100%
14. Indicare quali dei seguenti indicatori vengono utilizzati dalle imprese per valutare i vostri principali servizi
Indicatori
Utilizzo di indicatori
per valutare
la prestazione
Qualità e affidabilità del servizio
■
Tempo di risposta ed erogazione del servizio
■
Costi adeguati alle capacità di spesa o investimento dell’azienda cliente
■
Personalizzazione/customizzazione del servizio rispetto alle specifiche
definite dal cliente
■
Grado di innovatività del servizio
■
15. Indicare come avviene la gestione e il trasferimento delle informazioni con gli utenti
Riunioni periodiche formalizzate
■
Database cartacei
■
Database elettronici
■
Condivisione dei dati mediante groupware
■
Videoconferenza
■
Altro (specificare)
■
158
16. Indicare quali tecnologie informatiche vengono abitualmente utilizzate dal centro (o
azienda) a supporto delle attività di servizio erogate
Internet per attività di ricerca
■
Specifici database elettronici (es. brevetti, tecnologie di settore...)
■
CAD2D
■
CAD3D
■
Altri software specifici di modellazione e simulazione numerica
■
Pacchetti formativi on line
■
Software per la gestione dei progetti
■
Altro (specificare)
■
17. Nel corso dell’ultimo triennio (2004-2006), il centro (o azienda) ha depositato domande
per la registrazione di brevetti?
■ Sì
■ No
Se SÌ, indicare per ciascuna tipologia il numero di brevetti depositati dal centro (o azienda)
nel corso dell’ultimo triennio (2004-2006)
Brevetti per invenzione industriale
Brevetti per modelli di utilità
Brevetti per disegni e modelli
Brevetti per marchi
Il centro (o azienda) ha incassato delle royalties per la cessione in licenza dei brevetti? Se
SÌ indicare l’ammontare in euro per ciascun anno
2004
2005
2006
159
18. Indicare i cambiamenti rilevanti che hanno interessato il centro (o azienda) nell’ultimo
triennio (2004-2006)
Cambiamenti
■
Ampliamento della gamma dei servizi offerti
■
Ampliamento della gamma dei settori a cui il centro si indirizza
■
Ampliamento della gamma delle tecnologie in cui il centro si caratterizza
■
Attività di informazione e comunicazione esterna
■
Partecipazione a reti di enti/imprese
■
Altro (specificare)
■
19. Specifichi per ciascun anno il progetto realizzato considerato più significativo dal punto
di vista tecnologico e/o in termini di peso percentuale sul fatturato
Anno
2004
2005
2006
160
Obiettivo
(e.g. Tecnologie
sviluppate) e settore
di destinazione
Partner
del progetto
(elencarli)
Durata
del progetto
e modalità di
finanziamento
Principali
risultati
Appendice B
Mappatura dei CITT per fonte
Di seguito verranno indicati, per ciascuna delle fonti utilizzate nell’analisi
desk, i nominativi degli 88 CITT mappati in Veneto. Per ciascuna fonte saranno
esplicitati i criteri che hanno portato all’inclusione o all’esclusione degli enti dalla
definizione di CITT.
1. La ricerca RIDITT (2005)
Il RIDITT, Rete Italiana per la Diffusione dell’Innovazione e il Trasferimento Tecnologico, in collaborazione con l’Istituto di Promozione Industriale (IPI), ha condotto
un’indagine volta a identificare le strutture presenti nel territorio nazionale che hanno il compito di facilitare e promuove l’innovazione, mediante l’erogazione di servizi
per le imprese.
Il rapporto “Indagine sui centri per l’innovazione e il trasferimento tecnologico in
Italia, Novembre 2005” è scaricabile dal sito internet del RIDITT (www.riditt.it).
L’indagine è stata condotta dal RIDITT secondo due modalità: un’analisi desk,
che ha permesso di identificare 300 operatori di TT in Italia, e una field svolta mediante l’invio di un questionario ai CITT mappati (Mallone et al., 2005).
Le fonti utilizzate per l’identificazione di 300 CITT in Italia sono state le seguenti:
- l’indagine condotta dalla società di Ricerche “Nonisma” 1988;
- il censimento del Ceris (Istituto di Ricerca sull’Impresa e sullo Sviluppo appartenente al Cnr) 1996;
- la ricerca dell’Agitec 2000;
- i successivi aggiornamenti elaborati da Pietrobelli e Rabellotti della ricerca Agitec
2002.
Un primo gruppo di 168 strutture è stato individuato basandosi sulla denominazione e sulla mission dichiarata: è il caso delle Stazioni sperimentali per l’industria,
dei Parchi scientifici e tecnologici, dei Business Innovation Centre, dei Technology
Transfer Office o Industrial Liaison Office e degli incubatori universitari, delle Aziende speciali e dei laboratori delle Camere di commercio. Le altre 132 strutture sono
161
state individuate attraverso un’analisi desk, volta ad approfondire le effettive attività di innovazione e trasferimento tecnologico a supporto delle imprese, svolte da
un campione più largo di centri servizio alle imprese. I 132 centri risultanti sono stati
raggruppati nelle seguenti tre classi: Agenzie per lo sviluppo del territorio, Centri
tematici e Centri multisettoriali.
Sono stati esclusi dalla definizione di Centri per l’Innovazione ed il Trasferimento
Tecnologico (CITT):
- le università e i centri di ricerca, considerati separatamente nel sistema della
ricerca,
- le istituzioni e gli enti di natura amministrativa e politica (policy maker),
- le istituzioni finanziarie (il sistema bancario, venture capitalists, business angels),
- le imprese produttive e le loro associazioni di rappresentanza.
In Veneto il RIDITT ha individuato 25 CITT di cui ha raccolto 9 questionari (centri
in grassetto) localizzati: 7 a Padova, 6 a Venezia, 5 a Vicenza, 4 a Treviso, 1 a Verona,
1 a Belluno, 1 a Rovigo.
1. Start Cube - Incubatore Universitario di Padova - PD
2. Agripolis - PD
3. CERT - Centro di Certificazione e Test di Treviso Tecnologia - TV
4. Certottica - BL
5. Consorzio Centro Veneto Calzaturiero\Politecnico Calzaturiero S.c.a.r.l. - VE
6. Consorzio Orafi Vicentini - VI
7. Consorzio Venezia Ricerche - VE
8. COSMI Innovazione - PD
9. Fondazione Giacomo “Rumor” - Centro Produttività Veneto - VI
10. Laboratorio chimico e merceologico di Oderzo - TV
11. Laboratorio Saggio Metalli Preziosi - VI
12. Parco Scientifico di Verona Star - VR
13. Parco Scientifico e Tecnologico Galileo - PD
14. Polesine Innovazione - RO
15. RiTex S.c.a.r.l. - Centro Ricerche Prove Tessili - VI
16. Scuola Italiana Design - PD
17. Stazione Sperimentale del Vetro - VE
18. Tecnologia e Design - TV
19. Tecnopadova - PD
20. Trastec (ex Padova Ricerche) - PD
21. Treviso Tecnologia - Azienda speciale CCIAA - TV
22. VEGA - Parco Scientifico Tecnologico - VE
162
23. Veneto Innovazione - Innovation Relay Centres - VE
24. Venezia Tecnologie S.p.A. - VE
25. Vicenza Qualità - VI
All’interno del sistema della ricerca, il RIDITT individua invece 9 enti tra Università e Centri di Ricerca localizzati: 5 a Padova, 3 a Venezia e 1 a Verona.
1. Istituto di chimica inorganica e delle superfici - PD
2. Istituto di ingegneria biomedica - PD
3. Istituto gas ionizzati - PD
4. Istituto per l’energetica e le interfasi - PD
5. Thetis S.p.A. - VE
6. Università Cà Foscari di Venezia - VE
7. Università degli Studi di Padova - PD
8. Università degli Studi di Verona - VR
9. Università IUAV di Venezia - VE
Rispetto ai 25 CITT nella regione Veneto identificati dal RIDITT, la nostra mappattura ha portato a definire 18 CITT (di cui 14 hanno risposto al questionario) e ad
escludere 7 centri. È stato inoltre aggiunto un ulteriore centro che il RIDITT inserisce
tra i centri di ricerca.
Una precisazione va fatta per il parco scientifico Vega, il quale è stato considerato come parco e inserito nella mappatura, ma nel limite della sua funzione di
coordinamento e gestione degli spazi e servizi comuni per le imprese insediate. Il
successivo paragrafo illustrerà come sono stati individuati i CITT che vi operano.
163
CITT Veneti mappati su fonte Riditt
CITT mappati
dalla fonte RIDITT
CITT inclusi
nella mappatura
CITT esclusi
dalla mappatura
1
AGRIPOLIS
Incluso all’interno della categoria centri interpartimentali dell’università di Padova
2
CERT Centro di Certificazione e Test
Considerato come unico centro insieme a Treviso Tecnologia a seguito delle indicazioni della stessa
3
CERTOTTICA
✓
Cent
CONSORZIO VENETO
CALZATURIERO\POLITECNICO
CALZATURIERO S.c.a.r.l.
✓
Cent
4
5
Consorzio Orafi Vicentini - CORART
6
CONSORZIO VENEZIA RICERCHE
✓
Bic
7
COSMI Innovazione
✓
Bic
8
FONDAZIONE GIACOMO “RUMOR”
- CENTRO PRODUTTIVITÀ VENETO
✓
Cent
9
LABORATORIO CHIMICO
E MERCEOLOGICO DI ODERZO
10
LABORATORIO SAGGIO METALLI
PREZIOSI
✓
Labo
11
PARCO SCIENTIFICO DI VERONA
STAR
✓
Parco
e Tec
12
PARCO SCIENTIFICO
E TECNOLOGICO GALILEO
✓
Parco
e Tec
13
POLESINE INNOVAZIONE
✓
Azien
14
RiTex S.c.a.r.l.
✓
15
Autoesclusa in quanto svolge attività che non rientrano nel TT
Considerato come unico centro insieme a Treviso Tecnologia su
indicazione della stessa
Cent
Considerato come unico centro insieme al Parco Scientifico e Tecnologico di Galileo, sulla base della valutazione dello stesso parco
SCUOLA ITALIANA DESIGN
16
START CUBE
✓
Incub
17
STAZIONE SPERIMENTALE
DEL VETRO
✓
Stazi
18
TECNOLOGIA E DESIGN
✓
Cent
19
THETIS S.p.A. (inserito dal
RIDITT tra i centri di ricerca)
✓
Cent
20
TECNOPADOVA
Autoesclusa in quanto svolge attività che non rientrano nel TT
21
TRASTEC (ex Padova Ricerche)
In fase di liquidazione al momento dell’indagine
22
TREVISO TECNOLOGIA
✓
23
VEGA
✓
24
VENETO INNOVAZIONE
✓
Azien
Territ
25
VENEZIA TECNOLOGIE S.p.A.
✓
Cent
26
VICENZA QUALITÀ
164
Cent
Azien
Non utilizzabile in quanto alcuni dati fanno riferimento all’attività
degli enti insediati
Autoesclusa in quanto svolge attività che non rientrano nel TT
Parco
e Tec
Tipologia
Questionario
l’uni-
a se-
Centro di coordinamento interdipartimentale
PD
Laboratorio analisi chimiche, merceologiche e metrologiche
TV
✓
Formazione, certificazione, normazione, ricerca e innovazione nel settore
occhialeria, gioielli e produzioni plastiche
BL
Centro Tematico
✓
Formazione, ricerca e trasferimento tecnologico, sviluppo della qualità e
della sicurezza negli ambienti di lavoro per il settore calzaturiero.
VE
Associazione per la promozione e la tutela dei prodotti orafi
VI
Struttura di collegamento fra università, enti e imprese del territorio veneziano nell’ambito della ricerca applicata
VE
✓
Consulenza, ricerca e sviluppo, trasferimento tecnologico
PD
✓
Diffondere le più aggiornate tecniche produttive e di organizzazione del lavoro nelle imprese del territorio
VI
Analisi chimiche e merceologiche, prove, tarature e certificazione
TV
Bic
Bic
Centro Multisettoriale
ia su
Laboratorio della CCIAA
✓
Analisi chimiche, prove, tarature e certificazione settore orafo
VI
Parco Scientifico
e Tecnologico
✓
Ricerca e consulenza progettuale con partner universitari e imprese in particolare in ambito agroalimentare
VR
Parco Scientifico
e Tecnologico
✓
Innovazione e il trasferimento tecnologico, design e nuovi materiali, prove
di laboratorio
PD
Azienda Speciale CCIAA
✓
Formazione, assistenza alle imprese e ricerca
RO
Centro Tematico
✓
Ricerche, prove e test, formazione settore tessile
VI
Formazione
PD
Tecparco
Incubatore d’impresa
✓
Sostegno allo sviluppo di nuove imprese
PD
Stazione Sperimentale
✓
Assistenza tecnico specialistica, ricerca e informazione nel settore del vetro
VE
Centro Multisettoriale
✓
Assistenza tecnico-specialisitica, prototipazione rapida e formazione
TV
Ricerca, prove e test settore dell’ingegneria civile
VE
Informazione, formazione e orientamento
PD
Centro Multisettoriale
Formazione, informazione e orientamento, normazione
PD
Azienda Speciale CCIAA
Formazione, trasferimento tecnologico, test e prove, consulenza e assistenza
specialistica
TV
Parco Scientifico
e Tecnologico
Riqualificazione urbana e ambientale, trasferimento tecnologico
VE
Azienda di Sviluppo
Territoriale
Coordinamento delle iniziative nel campo della ricerca, dell’innovazione e
dei servizi alle imprese.
VE
Assistenza tecnico specialistica, consulenza, studi ed indagini sperimentali
VE
Informazione e orientamento, promozione fieristica ed eventi internazionali
VI
Centro Tematico
T
T
Provincia
Centro Multisettoriale
T
tività
Attività
Centro Multisettoriale
✓
✓
165
Sono stati presi in considerazione inoltre anche i Centri di ricerca inclusi dal
RIDITT nel sistema della ricerca assieme alle Università, in aggiunta ai 25 centri che
tale ricerca ha identificato separatamente. Ai quattro istituti del CNR con sede in
provincia di Padova mappati dal RIDITT sono stati inclusi altri due Istituti con sede a
Venezia i cui nominativi sono stati ottenuti consultando il sito www.cnr.it.
Centri di ricerca pubblica del CNR
CITT_CNR
Questionario
Provincia
27
Istituto di Chimica Inorganica e delle Superfici
✓
PD
28
Isituto di Ingegneria Biomedica
✓
PD
29
Istituto Gas Ionizzati
30
Istituto per l’Energetica e le Interfasi
31
Istituto di Scienze Marine
VE
32
Istiuto per la Dinamica dei Processi Ambientali
VE
PD
✓
PD
In totale, rispetto ai 30 centri complessivamente individuati dal RIDITT, la presente ricerca ha mappato 22 enti, tra cui 18 CITT e 6 Centri di ricerca pubblica. I
questionari complessivamente raccolti sono stati 17.
2. Ricerca sui parchi scientifici e tecnologici nel Nord Italia Balconi e Passannanti (2006)
L’indagine di Balconi e Passannanti (2006) presenta una mappatura dei parchi
scientifici e tecnologici e i BIC operanti in Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia. Per quanto riguarda il Veneto, gli autori identificano tre realtà regionali:
1. Parco Scientifico e Tecnologico Galileo di Padova con annesse le strutture di
Scuola Italiana di Design e Matech. Nella mappatura il parco è stato considerato
come ente singolo che comprende, oltre alle attività afferenti al parco, anche
Matech e la Scuola Italiana Design (considerati invece indipendenti dal Riditt).
Per quanto riguarda l’Incubatore Start Cube, è stato ritenuto opportuno classificarlo come CITT indipendente, seguendo l’impostazione del RIDITT.
166
2. Star - Parco Scientifico e Tecnologico di Verona. In accordo anche con la fonte
RIDITT, il Parco Scientifico di Verona è stato incluso nella mappatura.
3. il Parco Vega (Venice Gateway) di Venezia. Data la particolare configurazione del
parco che secondo la definizione data dagli autori si configura come parco fisico,
è stato deciso di includerlo nella mappatura in qualità di ente coordinatore delle
attività e gestore delle strutture messe a disposizione alle imprese insediate. Di
seguito vengono invece elencati gli enti che il parco ospita al suo interno e che
più specificatamente vanno inclusi in altre categorie.
L’elenco di 105 enti è stato ottenuto consultando la pagina web del Parco (www.
vegapark.ve.it). L’analisi desk ha portato all’individuazione di 9 CITT, di questi 4 hanno completato il questionario di rilevazione.
CITT insediati nel Parco Vega
CITT_Parco Vega
-
Tipologia
Questionario
Attività
Provincia
✓
Indagini scientifiche e diagnostiche
settore beni culturali
VE
Ricerca medico-biologica e biotecnologica
VE
Laboratorio taratura strumenti
VE
Consulenza in materia economicofinanziaria e di progettazione tecnica del terziario avanzato
VE
Ricerca di base ed applicata nelle
nanotecnologie, formazione
VE
1
ARCADIA RICERCHE S.r.l.
Centro tematico
2
ASSOCIAZIONE ABO
per l’Applicazione delle
Biotecnologie in Oncologia
Centro tematico
3
ASIT INSTRUMENTS S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
4
ASTER S.r.l.
Laboratorio di ricerca
per usi applicativi
5
CIVEN e NanoFab S.c.a.r.l.
Centro tematico
6
ISTITUTO VENETO
PER I BENI CULTURALI
Centro tematico
Formazione, ricerca, diagnosi e
analisi settore beni culturali
VE
7
UNILAB Laboratori
Industriali S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi metrologica, misurazione
geometrica di precisione, consulenza e formazione
VE
8
VALIDA S.r.l.
GRUPPO BIOLAB
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche sui settori chimico
farmaceutico, agroalimentare, beni
di largo consumo e certificazione
VE
9
XEPTAGEN S.p.A.
Laboratorio di ricerca
per usi applicativi
Ricerca in ambito oncologico mediante l’applicazione delle nanotecnologie
VE
✓
✓
✓
I rimanenti 96 enti sono stati esclusi per i seguenti motivi:
sono enti già compresi nella mappatura RIDITT (Stazione Sperimentale del Vetro,
Veneto Innovazione, Consorzio Venezia Ricerche, una divisione di Thetis S.p.A.);
167
-
laboratori o consorzi universitari e quindi esclusi dalla presente analisi;
sono aziende private di produzione oppure laboratori interni di aziende di produzione;
sono laboratori di enti o aziende di gestione e smaltimento rifiuti, laboratori di
analisi, prevenzione e controlli ambientali.
3. L’indagine di Veneto Innovazione Progetto NEST 2000
Il NEST, Network Scientifico Tecnologico, nasce da un progetto sviluppato nel
1992 avente l’obiettivo di creare un parco di tipo “multipolare” costituito per promuovere la ricerca applicata e l’innovazione di prodotto e processo all’interno del
sistema produttivo veneto. La volontà di creare un parco multipolare rifletterebbe la
realtà insediativa e produttiva tipica del territorio veneto che si è sviluppata secondo
un modello definito come “policentrismo a rete” (NEST 2000). In particolare le dimensioni rilevanti dell’infrastruttura tecnologica prevista dal progetto sono costituite da:
- poli - strutture insediative organizzate sul territorio che raccolgono un insieme di
punti e realizzano così dei veri e propri Parchi scientifici e tecnologici. I poli sono
caratterizzati dalla presenza delle sedi principali universitarie del Veneto e da
grandi aree industriali, nonché dalla prossimità ai principali centri urbani della regione. I poli corrispondono quindi ai tre parchi scientifici e tecnologico di Padova,
Venezia e Verona, i quali avrebbero il ruolo guida della rete conducendo attività
di ricerca ad ampio raggio in collaborazione con gli atenei, come trasferimento
tecnologico, promozione progetti innovativi, informazione tecnico-scientifica.
- nodi - costituiscono il materiale collegamento di più punti, dislocati in un’area
territorialmente omogenea, e concretizzabile in un insediamento adibito a Centro
Servizi per l’Impresa che raccoglie una o più attività di formazione, informazione,
consulenza e servizi.
- punti - rappresentati da qualsiasi iniziativa nuova o esistente che aderisca agli
obiettivi e indirizzi del progetto. Esempi di punti della rete sono i centri di formazione, gli sportelli “qualità” e gli Eurosportelli, i Consorzi Università-impresa, i
laboratori e gli organismi consortili tra imprese, gli sportelli informativi, tutte le
nuove iniziative nate secondo lo schema proposto dalla UE.
Il coordinamento del parco multipolare spetta all’agenzia di sviluppo territoriale,
Veneto Innovazione S.p.A. (NEST 2000: 3).
L’indagine condotta da Veneto Innovazione per identificare i bisogni d’innovazione dell’impresa ha permesso di identificare iniziative nel campo dell’innovazione
tecnologica, della certificazione, della formazione e della ricerca al servizio delle
imprese regionali.
168
-
L’analisi ha considerato due grandi categorie organizzative qui di seguito elencate:
Centri, Consorzi, società consortili, società di servizi a prevalente partecipazione
pubblica e organizzazioni imprenditoriali;
Laboratori, società di servizi, di studio e progettazione a carattere privato.
Per quanto riguarda il primo gruppo l’identificazione è stata possibile per mezzo
dell’invio di un questionario a circa 90 centri. La mappatura degli enti suddivisi per
provincia è indicata di seguito.
- Belluno: Certottica, Centro Sperimentale Neve e Valanghe, EUROBIC Dolomiti,
Museo dell’Occhiale, Ufficio Telerilevamento, CCIAA, Associazioni degli artigiani
e industriali.
- Rovigo: Eurobic Adige-Po, CENSER, Cons. Sviluppo Ec. e Soc. Polesine, COVNII
(Navigazione Interegionale), Polesine innovazione, CCIAA di Rovigo, Associazioni
degli artigiani e industriali.
- Padova: ARPAV, Consorzio Padova Ricerche, Consorzio ZIP, CREIVEN, CSIM, PADOVA PROMOQUALITÀ, Tecnopadova, Zaico, CCIAA DI PADOVA, CERVED, Telerete Nordest, Veneto Agricoltura (ex ESAV), Istituto Zooprofilattico, Infocamere,
Associazioni degli artigiani e industriali.
- Treviso: CERT, Museo dello Scarpone, Osservatorio Malattie delle Piante, Tecnologia e Design, TREVISO TECNOLOGIA, CCIAA di Treviso, Associazioni degli
artigiani e industriali, INFORMEST.
- Venezia: Consorzio La Chimica per l’Ambiente, Consorzio Venezia Ricerche, Veneto Innovazione, AFCA, Centro Veneto Calzaturiero, UNESCO, ENEA Venezia,
CENTRO ESTERO VENETO, Promomarghera S.p.A., STAZIONE SPER. VETRO, Thetis S.p.A., VENETO SVILUPPO S.p.A., Veneto Agricoltura (ex Azienda Regionale
Foreste), CCIAA DI VENEZIA, UNIONCAMERE DEL VENETO, CRACA Coop.r.l.,
SIAV, Associazioni e Federazioni degli artigiani e industriali.
- Verona: CUEIM, CONSORZIO ZAI, Istituto Salesiano San Zeno, CCIAA DI VERONA, Associazioni degli artigiani e industriali,
- Vicenza: CUOA, FGR CENTRO PRODUTTIVITÀ V.TO, Veneto Agricoltura (ex Istituto di Biotecnologie Agroalimentari di Thiene), Vicenza Qualità, API VICENZA,
CCIAA DI VICENZA, Associazioni degli artigiani e industriali.
Per quanto riguarda il secondo gruppo (i laboratori) l’indagine è stata condotta
dal CIR Centro Informazioni Ricerche nel 1992 in merito allo studio sulle “Opportunità di Ricerca ed Innovazione”. Lo studio ha identificato circa 216 organismi, privati e
pubblici, che operano come laboratori e strutture di assistenza tecnica alle imprese
nell’area triveneta (NEST 2000). Nel 1998 è stato condotto un aggiornamento che
169
ha portato all’identificazione di 280 laboratori e strutture di supporto alle imprese,
di cui 224 in Veneto.
A differenza della mappatura del RIDITT quella del NEST include altre categorie.
L’obiettivo dell’analisi NEST si discosta infatti rispetto a quella del RIDITT per la
volontà di identificare tutti gli attori che appartengono al sistema innovativo regionale, includendo così anche le associazioni di categoria, le camere di commercio
e le associazioni artigiane. Il RIDITT invece adotta un concetto più ristretto di innovazione legandolo ai fenomeni di sviluppo e trasferimento tecnologico. Tuttavia
una categoria inclusa nel NEST che rientra nella definizione di CITT è quella dei
laboratori pubblici o privati potenzialmente rilevanti per il supporto all’innovazione e
il trasferimento tecnologico che erogano servizi che possono comprendere le analisi
e prove di laboratorio e la ricerca per usi applicativi.
Ai fini dell’inclusione dei laboratorio all’interno della mappatura si è proceduto
ad un ulteriore affinamento dei criteri identificativi. Mentre infatti il NEST considera
tutte le strutture pubbliche e private che erogano a vario titolo servizi di analisi, test
e ricerca, nel presente studio si è provveduto a scorporare:
- i laboratori che erogano servizi per la collettività come per esempio le aziende
di gestione e smaltimento rifiuti, laboratori di analisi, prevenzione e controlli
ambientali;
- i laboratori interni di aziende industriali che oltre all’uso interno erogano servizi
anche a terzi. Essendo la vocazione di questi laboratori non orientata in via esclusiva al trasferimento tecnologico nei confronti del sistema produttivo territoriale,
la quantità di risorse destinate all’attività interna piuttosto che a quella esterna
può variare sensibilmente nel corso del tempo.
Per una ricognizione dei laboratori regionali sono stati consultati gli elenchi messi a disposizione dagli enti incaricati all’accreditamento (SINAL, SIT, MIUR), la rete
di laboratori afferente al Parco Scientifico Tecnologico Galileo (SIL) e la Rete dei
laboratori di ricerca, analisi e prove della provincia di Vicenza (Vicenza LabsNet). Di
seguito viene riporta ciascuna fonte con l’indicazione dei laboratori rientranti nella
definizione di CITT.
4. SINAL
Il SINAL (Sistema Nazionale Accreditamento Laboratori) è sorto 1988 per volontà
dell’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) e del CEI (Comitato Elettrotecnico
Italiano) e sotto il patrocinio del Ministero dell’Industria del Commercio e dell’Artigianato (oggi Ministero delle Attività Produttive), del CNR (Consiglio Nazionale delle Ri170
cerche), dell’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), delle Camere di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato. È un’organizzazione senza scopo
di lucro orientata ad accertare i laboratori per qualsiasi tipo di prova sui cui risultati i
terzi possono confidare in merito all’affidabilità del giudizio e alla conformità dei test
e prove alle normative legislative. L’organismo di Accreditamento è l’organo operativo
che “essendo indipendente e rappresentativo di tutte le parti interessate, garantisce
gli utenti, attraverso verifiche tecniche periodiche, sulla competenza ed imparzialità
dei Laboratori nella effettuazione delle prove Accreditate” (www.sinal.it).
I laboratori certificati dal SINAL in Veneto sono 98. Dall’analisi desk sono stati
mappati 37 CITT di cui 16 hanno partecipato all’indagine. È stato tuttavia escluso un
questionario, quello dell’Istituto Zooprofilattico per due motivi. In primo luogo l’ente
ha compilato il questionario in forma aggregata considerando tutte le sue sedi anche
quelle in Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. In secondo luogo i dati dell’ente
risultavano significativamente lontani dalla media del campione generando delle
distorsioni nella lettera dei risultati.
CITT Veneti mappati su fonte SINAL
CITT_SINAL
Tipologia
1
AGENZIA DELLE DOGANE Laboratorio chimico di Verona
2
Questionario
Attività
Provincia
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche e certificazione
VR
AGENZIA DELLE DOGANE Laboratorio chimico di Venezia
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche e certificazione
VE
3
ANALYTICAL S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche e chimicofisiche ambiente e settore
industriale
VI
4
BIOCHEMICAL SERVICE S.n.c.
di Duregon Chatia & C.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Analisi chimiche e microbiologiche alimenti, no food e settore industriale in genere
TV
5
C.T.R. S.r.l. unipersonale
Centro Triveneto per la ricerca
e prove sui materiali
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Analisi, prove e ricerche su
materiali
PD
6
CHELAB S.r.l.
LABORATORIO di ricerca per usi applicativi
Analisi ambientale, alimentare, settore no food e certificazione
TV
7
CHEMI-LAB S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche e microbiologiche settore industriale in
genere
VE
8
CHIMICA SERVIZI S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche
VR
9
CMC CENTRO MISURE
COMPATIBILITÀ S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi e test metrologici
VI
✓
171
CITT_SINAL
Attività
Provincia
CENTRO TEMATICO
Analisi e ricerche nelle tecnologie elettroniche
PD
CSG PALLADIO
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi, prove e ricerche su
materiali
VI
12
ENOCENTRO di VASSANELLI
C.&C. S.r.l.
LABORATORIO di ricerca per usi applicativi
✓
Analisi e test chimici e chimico-enologici, ricerca applicata
VR
13
EPTA NORD S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Analisi e test chimici, microbiologici e biochimiche ambientali, alimentari e no food
PD
14
EUROTEST S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Analisi e prove qualità prodotti, certificazione
PD
15
IMQ PRIMACONTROL S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Prove e test gas, elettricità,
combustibili solidi e certificazione
TV
16
IST.I.B. - ISTITUTO ITALIANO
DI BROMATOLOGIA S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Analisi & test chimici, microbiologici, agroalimentari, audit e formazione
VE
17
ISTITUTO ZOOPROFILATTICO
SPERIMENTALE DELLE
VENEZIE
CENTRO TEMATICO
✓
Analisi e diagnosi agroalimentare e su prodotti di origine
animale, sorveglianza epidermologica, controllo qualità alimenti, ricerca e formazione
PD
18
LAB-CONTROL S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Consulenza, formazione, analisi ambientale e alimentare,
sicurezza dei luoghi di lavoro
RO
19
LABORATORIO ANALISI CHIMICHE DOTT. ADRIANO GIUSTO SERVIZI AMBIENTE S.R.L
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Prove e test acqua, alimenti,
rifiuti e settore industriale in
genere
TV
20
LABORATORIO CHIMICO
VENETO S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi e test chimici, microbiologici, rilevazione rumori,
vibrazioni, impatto acustico
VI
21
LABORATORIO ENOCHIMICO
EX ALLIEVI SCUOLA ENOLOGICA CONEGLIANO - Società
Cooperativa
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Analisi e test chimici e chimico-enologici, attività di ricerca
e sviluppo tecnologico
TV
22
LABORATORIO ENOCHIMICO
POLO DI POLO MAURIZIO
LABORATORIO di ricerca per usi applicativi
✓
Analisi e test chimici e chimico-enologici, ricerca applicata
TV
23
LABORATORIO DI ENOLOGIA
ENZO MICHELET S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Analisi e test chimici e chimico-enologici
TV
24
LABORATORIO ENOLOGICO
CONS. VOL. TUT. VINI D.O.C.
COLLI EUGANEI
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi e test chimici e chimico-enologici
PD
25
LABORATORIO PROVE
MATERIALI S. MARCO S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi e prove sui materiali
VI
26
LABORATORIO STEEL
TRATTAMENTI TERMICI S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Prove e test sui materiali
TV
27
LABORATORIO UNIONE
ITALIANA VINI - VERONA
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi e test chimici e chimico-enologici
VR
10
CREIVEN Centro Ricerca
Elettronica Industriale Veneto
11
172
Tipologia
Questionario
✓
CITT_SINAL
-
-
Tipologia
Questionario
Attività
Provincia
VR
28
LAMBDA S.n.c. di Danese
Marcello & Di Bari Paolo
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Formazione, analisi rumori, analisi microbiologiche, sicurezza
software e luoghi di lavoro
29
R & C SCIENTIFICA S.p.A.
LABORATORIO di ricerca per usi applicativi
Analisi e taratura strumenti
VI
30
RI.CERT. S.p.A.
LABORATORIO di ricerca per usi applicativi
Analisi & test sui materiali e
geotermica, certificazione
VI
31
RTM BREDA
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Collaudo materiali, diagnosi
del difetto, consulenza e taratura strumenti
VI
32
SGS Italia S.p.A. U.O.
Environmental Services
di Villafranca Padovana
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Prove e test, certificazione,
ispezione e formazione
PD
33
SOVECO S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi e test chimici, merceologiche, microbiologiche acque, rifiuti e alimenti, consulenza e normativa ambientale
VI
34
STUDIO TECNICO
MARIO CUZZOLIN S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Prove meccaniche, sui materiali, chimiche e metallografiche
TV
35
TECNOCASEARIA
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche e microbiologiche
VI
36
VENETO AGRICOLTURA
CENTRO TEMATICO
Analisi ricerca e sperimentazione sul settore agroalimentare
PD
37
VERONA INNOVAZIONE
AZIENDA SPECIALE
CCIAA
Analisi chimiche e microbiologiche ambientali e formazione
VR
✓
✓
✓
I restanti 61 laboratori non sono stati inseriti perché sono:
enti già compresi nella mappatura (Stazione Sperimentale del Vetro, Treviso Tecnologia, Laboratorio Saggio Metalli Preziosi, Thetis S.p.A., RiTex S.c.a.r.l., Valida
S.r.l. Gruppo Biolab);
laboratori o consorzi universitari e quindi esclusi dalla presente analisi;
laboratori di enti o aziende di gestione e smaltimento rifiuti, laboratori di analisi,
prevenzione e controlli ambientali;
laboratori interni di aziende di produzione.
5. SIT
Il SIT (Servizio di Taratura in Italia) è collocato nel Servizio accreditamento laboratori, dell’INRIM, Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, ed è un organo dotato di
autonomia organizzativa e funzionale. La sua funzione è quella di effettuare analisi e
controlli volti ad accreditare, mantenere, estendere, ridurre, rinnovare, sospendere o
revocare l’accreditamento. Il SIT consente di attestare la competenza del Laborato173
rio nell’erogazione di tarature che assicurano nel tempo i criteri di riferibilità previsti
a livello nazionale e internazionale e riconoscere al laboratorio la facoltà di emettere
certificati di taratura SIT per gli strumenti, i campi, le incertezze e le condizioni di
misura specificate da apposite tabelle di accreditamento.
Il sistema SIT individua per il territorio veneto 8 laboratori di cui:
- tre già mappati (Asit Instruments S.r.l., CERT di Treviso Tecnologia, SGS Italia
S.p.A. U.O. Environmental Services di Villafranca Padovana);
- quattro esclusi dalla definizione di CITT perché laboratori interni di aziende di
produzione oppure laboratori di enti o aziende di gestione e smaltimento rifiuti,
laboratori di analisi, prevenzione e controlli ambientali.
L’unico laboratorio che va ad integrare la mappatura è il seguente:
CITT_SIT
1
DELTA OHM S.r.l.
Tipologia
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Questionario
Attività
Provincia
Prove di calibrazione
e taratura strumenti
PD
6. SIL
Il SIL (Sistema Integrato Laboratori) è una rete di laboratori a cui il parco scientifico
Galileo si appoggia per la “diffusione delle conoscenze nel campo delle prove, delle
tarature e delle certificazioni”. I laboratori sono tutti soggetti giuridicamente indipendenti e l’obiettivo è quello di costituire un “polo di riferimento per le attività connesse
alle prove di laboratorio e alla taratura di apparecchi di misura per uso industriale e
scientifico, come presupposto al miglioramento della qualità nei prodotti e nei servizi”
(www.sistemalaboratori.it). Molti di questi operano come soggetti accreditati SINAL
e SIT e all’interno della rete rientrano tutti i laboratori dei dipartimenti dell’Università
di Padova. La condivisione di strumenti all’avanguardia e il patrimonio di conoscenze
e di competenze maturate nel campo costituisce il presupposto fondamentale per il
quale il Parco ha deciso di promuovere tale iniziativa entrata a regime nel 2004, per
offrire un’attività di consulenza tecnico scientifica specializzata a tutti coloro che si indirizzano al parco per servizi di prove e test di laboratorio e taratura strumenti. Gli ambiti di intervento sono molteplici: Acustica, Alta e Bassa Tensione, Analisi ambientale,
Automazione industriale, Calorimetria, Chimica Analitica, Classificazione dei Terreni,
Compatibilità Elettromagnetica, Edilizia e componenti per l’edilizia, Igiene nei luoghi
di lavoro, Industria Meccanica e Metallurgia, Industria Tessile, Metrologia (Taratura
di Strumenti), Materiali Stradali, Stress prodotto, Sicurezza Elettrica e Trasporti.
174
Dal sito del SIL sono stati identificati altri 2 CITT da includere nella mappatura su
un totale di 23 laboratori. Uno di questi centri ha partecipato all’indagine.
CITT Veneti mappati su fonte SIL
CITT_SIL
Tipologia
Questionario
Attività
Provincia
1
FIRST GROUP S.n.c.
LABORATORIO di analisi e prove industriali
✓
Servizi di prototipazione, progettazione e certificazione
VE
2
LUXOR Laboratory for
Ultraviolet and X-Ray
Optical Research
LABORATORIO di ricerca per usi applicativi
Diagnosi Fisica
e Astrofisica
PD
I restanti 21 laboratori non sono stati inseriti perché:
già inclusi nelle fonti esaminate (Asit Instruments S.r.l., CERT di Treviso Tecnologia, Creiven, CSG Palladio, C.T.R. S.r.l. unipersonale, Eurotest S.r.l, DELTA OHM
S.r.l., RI.CERT, RiTex, UNILAB Laboratori Industriali S.r.l.);
laboratori di enti o aziende di gestione e smaltimento rifiuti, laboratori di analisi,
prevenzione e controlli ambientali;
sono laboratori dei dipartimenti delle università di Padova, esclusi dalla presente
indagine.
-
-
7. L’Albo dei Laboratori di Ricerca accreditati dal MIUR
Il Ministero dell’Università e della Ricerca gestisce dal 1982 l’Albo dei Laboratori
di Ricerca, strutture di ricerca pubbliche e private “altamente qualificate” operanti a
vario livello nei settori della scienza e della tecnologia.
In Veneto sono presenti 119 laboratori accreditati (www.miur.it). Nella nostra
mappatura sono stati inseriti i seguenti enti:
CITT Veneti mappati su fonte MIUR
CITT_MIUR
Tipologia
1
ENCO S.r.l. Engineering Concrete
LABORATORIO per usi applicativi
Questionario
Provincia
TV
2
ENGIN SOFT
LABORATORIO per usi applicativi
PD
3
TECHNOPROVE S.r.l.
LABORATORIO di analisi e prove
industriali
VI
175
I restanti laboratori non sono stati inclusi in quanto:
16 già definiti da altre fonti (Analytical S.r.l., CSG Palladio, C.T.R. S.r.l., Certottica,
Chelab S.r.l., CMC Centro Misure Compatibilità, Istituto di chimica inorganica e
delle superfici, Istituto gas ionizzati, CREIVEN, Lab Control S.r.l., Istituto Sperimentale per la viticoltura afferente a Veneto Agricoltura, Polesine Innovazione,
R&C Scientifica S.p.A., RTM Breda, Stazione Sperimentale del Vetro, Venezia
Tecnologie S.p.A.);
71 sono laboratori interni di aziende industriali;
3 sono laboratori di enti o aziende di gestione e smaltimento rifiuti, laboratori di
analisi, prevenzione e controlli ambientali;
10 sono laboratori universitari non analizzati in questa ricerca;
14 sono centri o istituti del CNR la cui inclusione è già stata valutata in sede di
analisi degli istituti veneti pubblicati nel sito www.cnr.it.
2 hanno cessato l’attività.
-
-
8. Vicenza LabsNet
Sono riportati i 6 enti inclusi nella mappatura e afferenti alla rete dei 40 laboratori di ricerca, analisi e prove della provincia di Vicenza consultabile dal sito www.
vicenzalabsnet.it.
CITT_SIT
Tipologia
1
2 EFFE LAB
2
Attività
Provincia
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi sui fenomeni di fatica
dei materiali
VI
DEDALO
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche, fisiche, microbiologiche, chimica clinica e
tossicologia
VI
3
E-LABO
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimico batteriologiche
VI
4
EUROLAB
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi chimiche e microbiologiche specializzato nel settore
galvanico e dei metalli preziosi
VI
5
PRO ARTE
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Analisi su opere e manufatti di
interesse storico e artistico
VI
6
SPINLAB 1
LABORATORIO di analisi e prove industriali
Formazione, analisi e indagini
sui materiali
VI
176
Questionario
✓
I restanti 34 sono stati esclusi in quanto:
13 già definiti da altre fonti (CSG Palladio, CMC Centro Misure Compatibilità,
Istituto per l’energetica e le interfasi, Laboratorio prove materiali San Marco,
Laboratorio Saggio Metalli Preziosi, R&S Scientifica, RI.CERT., RiTex, RTM Breda,
Soveco, Technoprove, Tecnocasearia, Veneto Agricoltura);
4 sono laboratori interni di aziende industriali;
11 sono laboratori di enti o aziende di gestione e smaltimento rifiuti, laboratori di
analisi, prevenzione e controlli ambientali;
6 sono laboratori universitari non analizzati in questa ricerca.
-
-
9. Il Sole-24Ore Nord-Est 2007
Di seguito viene riportato l’elenco degli incubatori presenti in regione Veneto
censiti dal Sole-24Ore Nord-Est (articolo pubblicato il 14/03/2007):
1. Borgo Ruga Feltre (BL)
2. Ca’ Emiliani (VE)
3. Fornace Asolo (TV)
4. Start Cube (PD)
5. Parco Vega (VE)
6. Ex Cnomv - Consorzio Venice Cube (VE)
7. Veneto Nanotech (PD)
Dei 7 incubatori sono stati inclusi nella nostra mappatura 3 CITT:
CITT Veneti mappati su fonte Sole 24 ore
CITT
-
Tipologia
Questionario
Provincia
1
CÀ EMILIANI
INCUBATORE
VE
2
EX CNOMV - VENICE CUBE
INCUBATORE
VE
3
FORNACE DI ASOLO
INCUBATORE
TV
I restanti 4 incubatori non sono stati inseriti in quanto:
Start Cube è già stato inserito come incubatore nella mappatura RIDITT;
Borgo Ruga è in fase di chiusura;
Vega è già stato inserito nella mappatura sulla base di altre fonti. In qualità
di parco “fisico” mette a disposizione la sua struttura ad imprese che facciano richiesta di insediamento, tuttavia la sua missione di riqualificazione urbana
177
e industriale nonché il suo ruolo di coordinatore di iniziative di trasferimento
tecnologico spiegano l’inclusione di Vega all’interno della categoria dei Parchi
Scientifici e Tecnologici;
- VenetoNanotech è il centro promotore e coordinatore di iniziative volte a favorire
start-up di imprese nel settore delle nanotecnologie tramite ad esempio il lancio
di competizioni finalizzate all’accesso di finanziamenti. Non svolge tuttavia attività propriamente di incubazione e quindi di gestione di spazi fisici e di erogazione
dei servizi a supporto delle nuove imprese, pertanto non è stato inserito in questa
categoria.
Ai tre incubatori sopra riportati ne va aggiunto un quarto, ex Heron, incubatore
avviato nel 2008 la cui gestione è affidata al comune di Venezia.
10. Industrial Liaison Office
Il nominativo dell’unico ILO presente in Veneto, Area di Trasferimento di Tecnologia dell’università di Padova, è stato ottenuto consultando la lista degli Industrial
Liaison Office pubblicata sul sito www.ricercaitaliana.it/ilo.htm.
1
CITT_ILO
Tipologia
Questionario
Attività
Provincia
AREA TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIA
Ufficio di Trasferimento Tecnologico
✓
Promozione del know how
universitario e trasferimento tecnologico alle imprese
PD
11. Elenco dei BIC italiani aderenti all’European Business Network (EBN)
I nominativi di due BIC associati all’EBN sono pubblicati sul sito http://www.
bic-italia.net: il Consorzio Venezia Ricerche già incluso nella mappatura RIDITT e Le
Monde con sede a Padova.
CITT_SIT
1
178
LE MONDE
Tipologia
BIC
Questionario
Attività
Provincia
Sostegno allo sviluppo locale e
d’impresa
PD
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Gli autori
Sara Bonesso è assegnista di ricerca e docente a contratto presso la Facoltà di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Economia Aziendale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Le aree di ricerca sono organizzazione e gestione delle risorse umane
per l’innovazione. Ha recentemente pubblicato: Comacchio A., Gerli F., Scapolan A., Bonesso S. (2008),
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Golzio L.E. Roma: Carocci Editore, pp. 77-99; Comacchio A., Scapolan A., Bonesso S. (2007), Innovation,
complementarities and performance in micro/small enterprises, in “International Journal of Entrepreneurship and Innovation Management”, 7 (1), pp. 5-28.
Anna Comacchio è Professore ordinario di Organizzazione aziendale presso l’Università Ca’ Foscari di
Venezia. È membro del Collegio docenti del Dottorato in Direzione Aziendale-SSE e coordinatore del Master in Economia e gestione del turismo dell’Università Ca’ Foscari. Le aree di ricerca sono organizzazione
e gestione delle persone per l’innovazione e l’internazionalizzazione. Ha recentemente pubblicato: Comacchio A., Scapolan A., Bonesso S. (2007), Innovation, complementarities and performance in micro/small
enterprises, in “International Journal of Entrepreneurship and Innovation Management”, 7 (1), pp. 5-28;
Comacchio A. et al. (2008), Human resource outsourcing in Italy, in Martin G., Reddington, A., Alexander,
H. (eds.), Technology, Outsourcing and Transforming HR, pp. 57-85, Oxford: Butterworth-Heinemann.
Finito di stampare
nel mese di
OTTOBRE 2008