turca - Alimenti e Bevande

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EXPORT
ISTRUZIONI PER L’USO
UE e Turchia,
il quadro normativo
import-export
a cura di Francesco Montanari
Avvocato specializzato in Diritto alimentare europeo
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aese con ambizioni europeiste sin dal 1959,
anno in cui presentò la sua prima candidatura per entrare a far parte dell’allora Comunità
economica europea, la Turchia è formalmente
Paese candidato all’adesione all’odierna Unione
europea dal 1999.
Membro delle più importanti organizzazioni internazionali (ad esempio, ONU, OCSE, OMC e
Consiglio d’Europa), la Turchia ha dato vita, insieme alla UE, ad un’unione doganale nel 1995.
Quest'ultima, che si fonda su una zona di libero
scambio ed una tariffa doganale unica, si applica, tuttavia, solo ai prodotti industriali, inclusi gli
alimenti trasformati; ne sono pertanto esclusi i
prodotti agricoli primari.
Nel caso dei prodotti alimentari, l’accesso al
mercato turco, un mercato giovane con oltre 65
milioni di consumatori, è reso peraltro particolarmente difficile da un sistema di autorizzazioni all’importazione relativamente rigido e, nonostante il processo di ravvicinamento della legislazione turca al diritto UE attualmente in corso, numerose sono le barriere tecniche agli scambi ancora esistenti.
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Difficile l’accesso al mercato turco
per i prodotti alimentari UE.
Ancora molte le barriere tecniche
agli scambi, nonostante
il processo di ravvicinamento
della legislazione turca al diritto
comunitario
Food safety in Turchia:
il contesto giuridico di riferimento
Il processo di adesione della Turchia all’UE comporta l’allineamento della normativa nazionale
con quella europea nei settori oggetto dei negoziati, inclusa pertanto la sicurezza alimentare. La
Turchia ha dato il via a tale allineamento con
l’adozione, nel settembre 2010, della legge n.
5996 sui servizi veterinari, la salute delle piante
e la sicurezza di alimenti e mangimi. Questa normativa costituisce, attualmente, il testo fondamentale in materia di food safety, sul quale si
basano, peraltro, tutte le altre norme interne di
natura tecnica (ad esempio, etichettatura, additivi, contaminanti ecc.). La legge 5996/2010 riflette i principi generali contenuti nei regola-
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menti CE 178/2002 e 882/2004 (ad esempio,
analisi del rischio, principio di precauzione, responsabilità degli operatori per la sicurezza dei
prodotti che commercializzano, responsabilità
delle autorità pubbliche per i controlli ufficiali,
diritto per l’operatore sottoposto a controllo di
richiedere controanalisi ecc.).
In Turchia, mentre il Ministero per l’Agricoltura e
la Sicurezza alimentare svolge le funzioni di risk
management e risk communication, oltre ad essere responsabile per l’adozione della legislazione settoriale di riferimento, la valutazione scientifica dei rischi compete ad una commissione nazionale di esperti scientifici indipendenti. Sul piano sanzionatorio, poi, nel caso di violazione dei
requisiti di sicurezza alimentare, l’ordinamento
turco prevede l’applicazione tanto di sanzioni
amministrative alle persone giuridiche (tra i 36 e
i 72mila euro) quanto penali alle persone fisiche
(dai 3 a 12 anni di detenzione), la cui entità varia in funzione della gravità della violazione commessa.
Per quanto il sistema turco ambisca a riprodurre
quello europeo, occorre tuttavia sottolineare che
è ancora lontano dagli standard di efficacia e effettività che il secondo garantisce. In particolare,
il sistema turco appare particolarmente debole
sotto il profilo della valutazione scientifica in certe aree specifiche (ad esempio, OGM) e con riferimento alla consultazione delle parti interessate,
segnatamente per lo scarso coinvolgimento delle istanze dell’industria nella preparazione delle
proposte di legge e l’assenza di valutazioni d’impatto o studi a supporto delle stesse.
Aree legislative
non in linea con il diritto UE
Come anticipato, nonostante il processo di armonizzazione con il diritto alimentare UE attualmente in corso, vi sono alcune aree in cui la legislazione turca si discosta ancora dal quadro
europeo di riferimento.
Come rilevato dall’ultima relazione della Commissione europea dell’ottobre 2013 sui progressi dell’accesso della Turchia alla UE, la legislazione del Paese candidato non si è ancora uniformata alle norme europee in materia di enzimi e
novel food. Per quanto riguarda la normativa eu-
ropea concernente l’uso di additivi nella preparazione degli alimenti, nonostante l’ordinamento turco abbia recepito il regolamento CE
1334/2008, permangono differenze significative
con il regime europeo. In effetti, la normativa
turca applicabile richiede di menzionare obbligatoriamente in etichetta il prodotto da cui l’additivo è stato ricavato e, nel caso si tratti di un prodotto di origine animale, il nome dell’animale in
questione. Verosimilmente per ragioni religiose,
è poi proibito l’impiego di additivi ricavati da carni suine in alimenti, additivi, aromi e enzimi per
usi alimentari. In ultimo, la normativa turca proibisce l’uso di additivi in alcuni alimenti considerati, ai fini di legge, “tradizionali”, nonché in alcuni tipi di pane.
Esportare in Turchia
La normativa turca che disciplina le importazioni
si conforma grosso modo all’acquis comunitario
in questo settore. L’importazione di animali vivi e
prodotti di origine animale in Turchia richiede
pertanto la pre-notifica di tali prodotti ai Posti di
Controllo Frontalieri (PIF), istituiti a norma dell’art. 34 (9) della legge 5996/2010, mediante invio del Documento Comune di Entrata Veterinario (DCEV), nonché presentazione del certificato
veterinario attestante la loro conformità con gli
standard di salute animale previsti per legge.
Nel caso dei prodotti di origine vegetale, invece,
questi devono essere accompagnati da certificato fitosanitario, garantendo così l’assenza di organismi nocivi, e presentati ai punti designati per
i relativi controlli. La legislazione turca prevede,
infine, che i prodotti di origine animale come pure quelli di origine vegetale, debbano essere accompagnati da un certificato di conformità con
gli standard nazionali, il cui rilascio è di competenza del Ministero per l’Agricoltura e la Sicurezza alimentare.
Occorre poi aggiungere che l’ordinamento turco
può talora prevedere specifiche condizioni e restrizioni alle importazioni. È proprio in tale contesto che si inserisce il divieto assoluto di importazione di bovini e carni bovine dalla UE per rischio BSE, divieto che la Turchia ha introdotto
nel 1998 e che, nonostante le pressioni costanti
delle istanze europee, ancor oggi resta in vigore.
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Frutta e verdura costituiscono probabilmente il
settore di punta delle esportazioni turche. Alcune esportazioni di origine vegetale della Turchia
sono da qualche tempo soggette a misure sanitarie che ne limitano l’importazione e la commercializzazione nel territorio UE.
Il regolamento UE 884/2014, che ha recentemente abrogato il regolamento CE 1152/2009,
prevede requisiti speciali per l’importazione e
controlli rafforzati, causa rischio aflatossine,
nei confronti dei seguenti prodotti di origine
turca:
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• pistacchi, con o senza guscio, miscugli di
frutta che li contengono, pasta, farina, semolino e polveri di pistacchi (50% di controlli fisici alle frontiere UE sul totale delle partite in
arrivo);
• fichi secchi, miscugli di frutta che li contengono e pasta di fichi (20% di controlli fisici);
• nocciole, con o senza guscio, miscugli di frutta che le contengono, pasta ed olio di nocciole (controlli fisici occasionali).
Le partite devono essere accompagnate da certificati sanitari debitamente firmati e verificati da
rappresentanti autorizzati delle autorità competenti del Paese esportatore, nonché da analisi di
laboratorio svolte in conformità con la legislazione europea rilevante (regolamenti CE 401/2006
e 152/2009 concernenti campionamento ed
analisi delle micotossine, rispettivamente, in alimenti e mangimi).
La lista di importazioni di origine vegetale di cui
all’allegato I del regolamento CE 669/2009, come modificato di recente dal regolamento UE
1021/2014, esige poi un livello accresciuto di
controlli in frontiera sui seguenti prodotti in provenienza dalla Turchia:
• peperoni dolci per possibile presenza di residui di pesticidi (10% controlli fisici sul totale
delle partite in entrata);
• foglie di vite, anch’esse per rischio pesticidi
(10% controlli fisici);
• albicocche secche per possibile presenza di
solfiti (10% controlli fisici).
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Misure sanitarie UE
concernenti l’export turco
Pesticidi: RASFF e audit FVO
Il RASFF, il Sistema di allerta rapida per rischi alimentari gestito dalla Commissione europea, indica un numero particolarmente elevato di respingimenti in frontiera di prodotti turchi nel
corso degli ultimi anni. La stragrande maggioranza delle notifiche effettuate dagli Stati membri UE riguarda proprio i peperoni dolci che, sottoposti a controlli in frontiera sin dal 2010, sono
stati in media oggetto di 45 notifiche ogni anno,
segnalando peraltro numerose eccedenze della
Dose Acuta di Riferimento (DAR), con riferimento all’uso del fitofarmaco impiegato per proteggere le colture. Le notifiche nel 2014 sono al
momento oltre 40.
L’ultimo audit che il Food and Veterinary Office
(FVO) della Commissione europea ha svolto in
Turchia in materia di pesticidi (aprile 2013) attribuisce le ragioni dell’elevato numero di non conformità registrate ai molti agricoltori che si affidano all’uso di fitofarmaci illegali (ad esempio,
obsoleti o semplicemente vietati), nonché alla
mancanza di autocontrolli sistematici. Queste
circostanze, pertanto, vanificano in parte gli
sforzi che la Turchia ha compiuto per allinearsi
con la legislazione UE in materia di rilascio di autorizzazioni di fitofarmaci e limiti massimi per i
relativi residui.
A fronte del numero elevato di notifiche RASFF
per i peperoni ed altri prodotti, appare difficile
comprendere come mai la Commissione europea non abbia ancora adottato misure più severe per regolarne l’importazione, richiedendo, ad
esempio, la presentazione sistematica di un certificato sanitario e delle analisi effettuate da un
laboratorio accreditato nel Paese di origine.
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