Thesis - Envirochange

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Thesis - Envirochange
ISTITUTO AGRARIO
DI SAN MICHELE ALL’ADIGE
Tesina svolta dalla diplomanda Carmela Sicher dell’Istituto
Tecnico Agrario di San Michele a/A, in relazione alla tesi di fine
corso in Enologia.
Supervisione dell’insegnante Marco Dal Rì e della coresponsabile del Centro SafeCrop, Ilaria Pertot.
La diplomanda è stata ospitata presso i laboratori di difesa
dell’Istituto Agrario – Centro SafeCrop e coadiuvata nello
sviluppo del lavoro sperimentale di ricerca dal personale del
Centro SafeCrop.
Istituto Agrario di San Michele all’Adige
ISTITUTO TECNICO AGRARIO
Con ordinamento speciale per la viticoltura e l’enologia
Scuola Paritaria con del. G.P. 2171 del 31/08/2000
Prove di efficacia dell’acqua acida
elettrolizzata su Plasmopara viticola
(Berk. e Curt.) Berlese e De Toni
Anno scolastico 2004/2005
Classe VI S
Insegnante referente:
Dal Rì Marco
Diplomando:
Sicher Carmela
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INTRODUZIONE
La peronospora della vite è un patogeno fungino d’origine americana presente
in Europa da più di un secolo.
Plasmopara viticola (Berk. e Curt.) Berl. e De Toni (l’agente della peronospora) è
un parassitoide biotrofo obbligato, specifico, trofico, della classe degli Oomiceti e
rappresenta uno dei più temibili nemici della vite nella maggior parte delle regioni
europee.
Può infettarne tutti gli organi verdi: foglie, tralci giovani, infiorescenze e bacche. È
particolarmente dannosa nelle aree viticole caratterizzate da clima caldo-umido
soprattutto durante la stagione vegetativa della vite. Si rendono quindi necessari dai 12
ai 15 trattamenti chimici all’anno.
Il primo prodotto efficace usato per la difesa di tale patogeno, e tutt’ora
impiegato in viticoltura, è il rame che, nel tempo, è stato in parte sostituito da prodotti
di sintesi quali Mancozeb, Propineb, Zineb (appartenenti alla famiglia dei
ditiocarbammati), Cymoxanil (appartenente agli acetammidi), Fenilammidi, Fosetil
alluminio (appartenente al gruppo dei fosforganici), Rameici, Dimethomorf (derivato
dell’acido cinnamico), e prodotti analoghi e non naturali come le Strobiruline.
Com’è noto, però, i prodotti usati per la difesa non sono utilizzabili per più di un
certo numero di volte l’anno, e non è possibile superare determinate dosi, per questioni
di sensibilità della pianta nelle diverse fasi fenologiche e induzione di fenomeni di
resistenza ed eventi d’accumulo del principio attivo nell’ambiente (ad es. l’accumulo di
rame nei terreni trentini che è ormai ben superiore ai limiti, raggiunge valori dai 50 ai
200 ppm, mentre la soglia è di 100 ppm).
Per limitare questi problemi si è pensato di testare una particolare acqua,
mediante prove in laboratorio su foglie e frutti.
Nell’ambito delle attività di ricerca del gruppo “SafeCrop Centre” presso l’Istituto
Agrario di S. Michele a/A svoltesi nell’estate 2004 ed alle quali ho partecipato, si è
valutata l’efficacia di questa particolare soluzione, “acqua acida elettrolizzata”, su
patogeni vegetali.
L’acqua acida elettrolizzata (EAW = eletrolized acid water) è stata sviluppata in
Giappone ed è attualmente utilizzata soprattutto in campo medico per la disinfezione di
strumenti endoscopici.
L’EAW viene prodotta tramite elettrolisi di una soluzione di acqua e cloruro di potassio
(KCl). La soluzione che si ottiene ha così una forte attività ossidativa, con un potenziale
di ossidoriduzione maggiore ai 1000 mV e un pH più basso di 2,7 (Tsuji et al.). È attiva
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contro una molteplicità di funghi, batteri e virus, e potrebbe dunque rappresentare un
metodo di controllo di malattie fungine in agricoltura.
L’obiettivo di questa ricerca è stato quindi la valutazione dell’efficacia di EAW
nei
confronti
dei
sistemi
pianta/patogeno
“vite/Plasmopara
viticola”,
fragola/Sphaerotheca macularsi, lampone/Botritis cinerea e melo/Monilia fructigena.
Nei primi due sistemi EAW è stata applicata sulla foglia, mentre nei restanti due casi,
sul frutto in post raccolta.
In questa sede verranno trattate solamente le prove effettuate sull’agente della
peronospora.
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PLASMOPARA VITICOLA
(BERK. ET CURT.) BERL. E DE TONI
INFORMAZIONI STORICHE
La peronospora fu ritrovata in Europa per la prima volta nel 1878 nei
vigneti francesi e, nel 1879, fu segnalata anche in Italia. Negli anni successivi il
patogeno si diffuse in tutta Europa fino a raggiungere le zone viticole della Turchia,
della Russia, ed in seguito dell’Africa e dell’Asia Minore.
Nel 1880 Edmund Mach, direttore della
Scuola Agraria di S. Michele all’Adige, segnalò la
prima comparsa della peronospora nel Tirolo del Sud.
Il 1883 ed il 1884 furono i primi anni con gravi focolai
di questa malattia e da questo momento iniziò la
preziosa attività dell’Istituto Agrario di S. Michele
all’Adige, nella persona del dott. Mach, per la gestione
di questo fungo.
Mach aveva individuato che ad essere colpiti
con maggior virulenza, soprattutto nelle estati calde
ed umide, erano i vigneti situati nelle posizioni di
fondovalle.
Osservando,
Mach
vide
che
l’intensità era tale “…che le foglie delle viti si
disseccarono e caddero prima ancora che
l’uva
avesse
raggiunto
la
necessaria
maturazione. Oltre a ciò, in quelle posizioni
non poté maturare bene il legno, per cui
venne messa in forse la vendemmia dell’anno
venturo.
Questo
fungo
microscopico
è
divenuto una vera calamità” (Almanacco
Agrario 1885).
Le sperimentazioni messe in atto
per
combattere
la
malattia
partirono
dall’impiego dello zolfo, senza per altro
riuscire a distruggere il fungo. Il suo impiego
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si rivelò vantaggioso, ma non certamente risolutorio, optando poi per la distruzione
delle foglie infette da peronospora.
Risultati migliori si ottennero spargendo ripetutamente sulle viti infette della
polvere fina di calce viva a mezzo dell’ordinario “soffietto da solforazioni”.
Non si trattava di un rimedio definitivo, ma più semplicemente di un palliativo che
leniva, senza però sconfiggere, la peronospora. Ulteriori sperimentazioni con
l’utilizzo di irrorazioni a base di soluzioni di carbonato di sodio, alternate con
trattamenti di polvere di calce, non produssero risultati soddisfacenti.
La svolta nelle ricerche e i primi risultati nella viticoltura pratica si ebbero
dopo un viaggio di studio che Mach fece nel 1885 in Francia. Doveva studiare i
progressi raggiunti nella campagna antifillosserica, ma intendeva anche rendersi
personalmente
conto
delle iniziative intraprese contro il dilagare della
peronospora. In particolare poté verificare come, nella Gironda e in Borgogna, la
lotta contro la peronospora avesse ottenuto eccellenti risultati, grazie all’irrorazione
della viti con sali di rame.
Attraverso delle ricerche, eseguite in tempi stretti, si individuò l’efficacia dei
trattamenti con la cosiddetta “miscela o poltiglia bordolese”, composta da solfato di
rame e latte di calce (250 g/hl di rame metallico per 1hl di poltiglia che può essere
acida, se aggiunto a 350g/hl ci calce, neutra, se la dose di calce è 500g/hl, e alcalina
se la calce raggiunge 1kg/hl). Lo stesso risultato positivo fu ottenuto anche dalle
sperimentazioni effettuate nelle principali regioni viticole europee.
La diffusione di questo prodotto nelle aree viticole del Trentino e del
Tirolo del Sud non fu immediata, in quanto i contadini ritenevano che il rame
irrorato, potesse essere causa di “inquinamento” dei foraggi destinati al bestiame,
del vino e delle grappe. Furono quindi effettuate delle analisi chimiche, dall’Istituto
Agrario di S. Michele a/A, che permisero inoltre di fare degli studi approfonditi
sulle conseguenze della lotta antiperonosporica, oltre che nel vigneto, anche in
cantina e nella stalla.
Il rame rimase il dominatore incontrastato dei mezzi di lotta contro la
peronospora della vite fino a dopo la 2a Guerra Mondiale. A partire dal 1950
cominciarono a comparire i primi fungicidi organici che vennero presentati come
“acuprici” perché non evidenziavano gli effetti di fitotossicità e di contenimento
della vigoria che i rameici spesso procuravano; primo tra tutti il famoso Aspor,
prodotto a base di Zineb (etilenbisditiocarbammato di zinco). Iniziò così l’era del
dominio incontrastato dei Ditiocarbammati.
Nella seconda metà degli anni ’70 comparvero le Fenilammidi: Metalaxil (Ridomil)
e altri prodotti sistemici che avrebbero dovuto garantire la protezione dall’interno
della pianta.
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All’inizio degli anni ’80 arrivò il Cymoxanil, prodotto con attività
“curativa”, dai primi anni ’90 sono iniziate le esperienze con Dimetomorph e dal
1998 con le Strobiruline. Tutti i prodotti, appena inseriti sul mercato, vengono
spesso proposti come risolutivi del problema; purtroppo il loro uso negli anni ci ha
fatto conoscere molti limiti sia di efficacia, sia di effetti collaterali, sia di resistenza.
L’acqua acida elettrolizzata è quindi una possibile alternativa ancora in
fase di sperimentazione.
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SISTEMATICA
P. viticola appartiene alla classe dei Dicomiceti, ordine degli Oomicetales,
famiglia delle Peronosporaceae, sottofamiglia delle Peronosporee.
Nella classificazione più recente, quella secondo Ainsworth, P. viticola
appartiene alla divisione Eumycota, classe Mastigomicotina, ordine Oomicetales,
famiglia delle Peronosporaceae, sottofamiglia delle Peronosporee.
Nella loro biologia, i Ficomiceti sono strettamente legati alla presenza di
acqua e per questa caratteristica, prendono il nome di funghi–alga. Ad essi
appartengono sia specie saprofite sia specie parassite.
Nei Ficomiceti meno evoluti, si hanno forme di moltiplicazione agamica e
di riproduzione gamica. Le forme più evolute si differenziano nella fase gamica,
nella quale si ha la differenziazione di ife specializzate, le quali maturano degli
zoosporangi che danno origine alle zoospore. La gamia avviene tra strutture
differenziate, l’anteridio e l’oogonio. L’anteridio lisa la parete dell’oogonio ed in
esso riversa il suo contenuto. Successivamente l’oogonio fecondato evolve ad
oospora, una struttura in grado di resistere alla siccità e al freddo invernale.
P. viticola è un parassita obbligato, cioè per poter svolgere il suo ciclo
biologico necessita di un ospite vivo (non è allevabile in vitro e organi di
peronospora su tessuto viticolo morto si hanno solamente per quanto riguarda la
forma svernante). E’ specifico, in quanto colpisce solo ed esclusivamente la vite.
Questo patogeno è causa di una malattia trofica perché si nutre dei succhi cellulari
mediante l’austorio.
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SINTOMI DELLA PERONOSPORA
La peronospora attacca tutte ed esclusivamente le parti verdi delle viti
europee (tutto il genere Vitis), che sono venute a contatto con la malattia; colpisce
solo gli organi verdi in quanto entra nei tessuti attraverso le aperture stomatiche
dei tessuti recettivi della vite.
Le viti americane evolvendo contemporaneamente alla peronospora,
hanno sviluppato dei caratteri di resistenza al patogeno.
SINTOMI SU FOGLIE
Le foglie sono i primi organi della pianta ad essere colpiti. Le lamine
fogliari diventano suscettibili all’attacco appena gli stomi, che per lo più si trovano
sulla pagina fogliare inferiore, diventano funzionali, ossia quando il diametro della
foglia è di qualche centimetro. In fase di crescita si ha il massimo della recettività si
ha quando le foglie sono molto giovani e quindi non hanno ancora gli stomi,
quando invecie le foglie sono vecchie ed hanno perso ormai la loro efficienza
fotosintetica la sesibilità al patogeno diminuisce sensibilmente.
Il primo sintomo visibile è la
tipica “macchia d’olio”. È propria delle
prime infezioni peronosporiche che si
verificano
con
umidità
elevata
e
temperatura media non troppo alta.
Questa sintomatologia si evidenzia,
nella pagina superiore della foglia con
chiazze
tondeggianti,
inizialmente
verde più chiaro, poi giallastre, sparse
sul lembo. Le zone colpite assumono aspetto
translucido. Tale manifestazione è dovuta
alla decolorazione di porzioni circolari di
foglie e si verifica come conseguenza della
penetrazione del patogeno nella foglia che,
in questa prima fase, si nutre di clorofilla.
In corrispondenza delle macchie, sulla
pagina inferiore ed in condizioni d’elevata
umidità,
compare
un
feltro
miceliare
biancastro (le fruttificazioni conidiche).
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Alla fine del suo ciclo la macchia necrotizza, partendo generalmente dal centro,
lascia sulla foglia dei disseccamenti localizzati. In casi particolari di attacchi
massicci si possono avere gravissime filloptosi anche totali.
Se l’infezione avviene in tarda estate, quindi sulle foglie vecchie, l’infezione
si propaga tra le nervature della foglia, manifestandosi con piccole macchie
clorotiche (poi necrotiche) poligonali di colore giallo-rosso con la comparsa di
muffa bianca sottoforma di piccoli ciuffi di micelio sulla pagina inferiore in
corrispondenza della mosaicatura (il micelio è più rado). In questo caso si parla di
“Peronospora a mosaico”.
SINTOMI SU GRAPPOLO
Gli attacchi al grappolo sono i più dannosi per la produzione finale e
possono verificarsi prima, durante e dopo la fioritura.
Le infiorescenze della vite sono particolarmente attaccabili perché
trattengono più a lungo l’acqua rispetto alle foglie. Per questo è possibile vedere un
forte attacco di peronospora sui grappolini in formazione, senza aver osservato
prima un’infezione fogliare. Si evidenzia con un’improvvisa deformazione della
parte terminale del grappolo che si incurva ad
uncino (tipico ripiegamento a “C” o a “S”) ed assume
una
colorazione
brunastra
(allessatura).
In
condizioni d’elevata umidità, tutto il grappolo si
ricopre della caratteristica muffa bianca.
In
pre-fioritura
il
micelio
della
peronospora può invadere anche vaste porzioni di
rachide causandone il disseccamento di porzioni più,
o meno vaste. Se l’attacco avviene in piena fioritura,
sull’infiorescenza
si
sviluppa
un’abbondante
fruttificazione conidica.
In post -allegagione il grappolo
può essere colpito dalla peronospora finché
gli stomi degli acini non sono atrofizzati
(acini delle dimensioni di un grano di pepe,
cioè con diametro di circa 2-3 mm);
l’attacco si manifesta sui piccoli acini con la
muffetta
biancastra
che
li
ricopre
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(“marciume bianco”), la ripiegatura del rachide
(a forma di “S”) e l’aspetto allessato.
Se l’infezione si manifesta tardivamente,
sui grappoli già ingrossati o invaiati, il patogeno
entra nella bacca solo attraverso il pedicello
causando una forte disidratazione, in seguito gli
acini imbruniscono assumendo una colorazione
caratterizzata da sfumature più o meno violacee
a seconda dello stadio di invaiatura, e poi
disseccano. Quando si manifesta questo tipo
d’infezione si parla di “Peronospora larvata”.
Dopo l’invaiatura il grappolo non è più sensibile alla peronospora ma il rischio
rimane sulle femminelle. Interventi peronosporici di questo tipo hanno lo scopo di
ridurre l’inoculo per l’anno successivo.
SINTOMI SU GERMOGLI E TRALCI
I tralci sono gli organi della vite meno coinvolti dalla peronospora e
vengono interessati dall’infezione solo in fase giovanile, infatti la loro recettività
diminuisce con l’avanzare del processo di lignificazione.
L’attacco peronosporico su germogli erbacei si
manifesta con allessature, imbrunimenti e necrosi. Nel
giovane tralcio l’infezione causa dei portamenti contorti,
specialmente nelle parti distali del germoglio (ripiegamento
a pastorale).
In qualsiasi caso, alla fine del ciclo, in condizioni favorevoli
al patogeno, compare la muffa bianca (anche se poco
frequente). Nei tralci in fase di lignificazione, l’infezione è
meno evidente e si manifesta con lesioni dei tessuti corticali e piccoli cancri.
Nel complesso i danni di un attacco di Peronospora dipendono dalla fase
fenologica in cui si verificano le infezioni; le fasi fenologiche più delicate, e in cui
l’attacco provoca il maggior danno alla produzione, sono quelle che vanno
dall’inizio fioritura all’allegagione.
I danni causati da un attacco peronosporico sono: perdita quantitativa di
produzione, qualità scadente dei vini prodotti, generale deperimento della pianta e
maggiore suscettibilità ad altre fisiopatie, specialmente degli organi permanenti in
caso di defogliazioni precoci
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BIOLOGIA
P. viticola è un organismo appartenente alla classe degli Oomiceti. Questi
miceti hanno una spiccata propensione per l’acqua e tutte le condizioni di elevata
umidità.
È noto che la presenza di un velo liquido sulle foglie è la condizione per permettere
alle zoospore (i principali organi di trasmissione delle infezioni peronosporiche) di
muoversi e raggiungere le aperture stomatiche da cui innescare le infezioni.
Lo sviluppo delle infezioni di Peronospora è favorito da temperature miti
(ottimale è una temperatura di 21 – 24°C) e soprattutto da condizioni di elevata
umidità, necessaria per i processi di diffusione del parassita nel vigneto.
CICLO BIOLOGICO DEL PATOGENO ED EPIDEMIOLOGIA
La Peronospora supera l’inverno come spora sessuata, detta oospora,
nella vegetazione infetta dell’anno precedente (foglie), che rimane sul terreno sotto
le viti (svernamento).
Le oospore sono strutture
(con corredo cromosomico n + n) di
forma
tendenzialmente
sferica,
giallastre, con diametro di circa 2540 μm. Hanno la parete interna
spessa e ialina, la parete esterna
invece sottile, scura e a sua volta
avvolta dalla parete oogoniale. Le
oospore si formano in autunno, dentro il mesofillo delle foglie colpite, dalla
coniugazione dei gametangi maschili (anteridi), con quelli femminili (oogoni)
formatisi nel micelio (ifa) endofitico infettante.
In foglie non più fisiologicamente attive si possono formare le oospore già da
giugno – luglio. Il massimo di attività produttiva di spore sessuate si registra però
in settembre - ottobre. Su di una foglia possono esserci anche più di 300 oospore
per mm2.
L’oospora, quindi, rappresenta la forma di conservazione sessuata del fungo.
La spora sessuata germina in primavera e, a maturazione raggiunta, con le
condizioni ottimali avviene l’infezione primaria.
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Ciclo di Plasmopara viticola (Berk. et Curt.) Berl. e De Toni (The American
Phytopathological Society. 2002).
L’oospora che si trova nel tessuto della foglia è di forma sferica, di colore
ialino e misura 30 – 40
μm di diametro. Essa è
circondata
da
membrane
che
proteggono
due
la
dalle
avversità
invernali,
come freddo, bagnato e
siccità.
resistere
Per
alle
poter
dure
condizioni invernali la
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presenza della doppia membrana deve essere accompagnata da una struttura
citologica definitiva e stabile, quando raggiunge queste condizioni si dice che
l’oospora è matura.
Un’ oospora si definisce matura quando: la parete cellulare ispessisce fino al punto
di impedire l’entrata dell’acqua, il vacuolo è cresciuto occupando gran parte della
cellula, si è formato il nucleo ottenuto dalla cariogamia e i mitocondri sono
disattivati (perché disidratati). In questa situazione l’oospora entra in uno stato di
quiescenza.
L’oospora matura che ha superato l’inverno, in primavera germina dando
inizio alle infezioni primarie, alle quali seguono partendo dall’estate fino
all’autunno, le secondarie durante le quali si ha la formazione delle zoospore che
l’anno successivo daranno origine a nuove infezioni.
Alcune oospore sono in grado di germinare anche a distanza di due anni
dalla loro formazione, altre possono germinare precocemente e quindi nel mese di
luglio circa, dando inizio ad infezioni primarie a mezza estate. Le infezioni primarie
di queste ultime zoospore non sono mai di rilevante importanza in quanto non
sono in grado di dare origine ad infezioni secondarie dannose.
INFEZIONE PRIMARIA
Le infezioni hanno inizio quando si raggiungono, contemporaneamente,
determiniate condizioni micro-climatiche, conosciute come la regola dei “tre –
dieci”. La regola sta a significare che: 1) la temperatura media deve essere superiore
ai 10°C; 2) le precipitazioni degli ultimi due – tre giorni devono raggiungere
almeno i 10 mm; 3) i nuovi germogli devono essere di almeno 10 cm (quindi con
foglie dal diametro superiore ai 2 cm).
Le zoospore, dopo aver
raggiunto
la
maturazione e superato
l’inverno,
emettono
all’esterno un tubetto
di
germinazione.
Velocemente la parte
superiore di quest’ifa
s’ingrossa fino a formare il macrozoosporangio, al cui interno si
differenziano 32 – 64 zoospore.
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Il macrosporangio libera le zoospore che,
per mezzo di schizzi d’acqua, raggiungono
la pagina inferiore delle foglie. Qui
mediante i flagelli, e per differenza di
potenziale osmotico (gradiente di CO2), le
spore si muovono nell’acqua in direzione
degli stomi.
Minore è le distanza tra il terreno e la prima foglia, più facilmente può aver luogo
l’infezione primaria. La copertura d’erba in un vigneto può ostacolare l’uscita delle
zoospore e l’allontanamento dal terreno, sia il raggiungimento della foglia di vite.
Una volta arrivata sulla rima
stomatica la zoospora entra nello stoma e
qui si incista. Successivamente la questa
spora si fissa, perde i flagelli ed emette il
tubetto
germinativo
che
si
accresce
attraverso lo stoma.
Nelle cellule sottostanti inizia una
crescita intercellulare del fungo. Appena
il filamento del fungo, con l’aiuto degli specifici organi di suzione (gli austori), è in
grado di alimentarsi a spese delle cellule della foglia di vite, diventa indipendente
dalla presenza d’acqua e può così proseguire lo sviluppo senza ostacoli anche con
tempo asciutto.
L’infezione primaria si manifesta visivamente con la comparsa delle
“macchie d’olio” nei punti in cui c’è la presenza del fungo saprofita. Tali macchie
compaiono solo dopo che è trascorso il periodo di incubazione.
PERIODO DI INCUBAZIONE
Si definisce periodo di incubazione il lasso di tempo che intercorre tra
l’inizio dell’infezione, e precisamente la penetrazione del filamento del fungo nello
stoma della foglia, e la possibilità di vedere i primi sintomi dell’attacco.
Durante questo periodo che, a seconda delle temperature, dura da una a
due settimane, i filamenti del fungo si diffondono tra le cellule della foglia e
sottraggono (per osmosi) per mezzo degli austori, gli elementi nutritivi necessari.
La fascia di cellule privata della clorofilla diventa giallo – verde e
successivamente si evidenzia, sulla pagina superiore della foglia, la macchia d’olio.
Sulle foglie giovani la macchia d’olio compare prima e può ricoprire tutta la
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superficie della foglia. Sulle foglie più vecchie le macchie sono più piccole e limitate
dalle nervature (peronospora a mosaico).
Alle macchie d’olio, sulla pagina inferiore, segue la formazione di una
“muffetta” bianca che permetterà al fungo di diffondersi.
Questo processo è definito sporulazione ed avviene solo in determinate
condizioni.
I presupposti importanti affinché avvenga la sporulazione sono: presenza di
macchie d’olio; bagnatura fogliare continua per almeno 4 ore; buio e la
temperatura media di almeno 11°C.
SPORULAZIONE
Per determinare il momento della sporulazione, si
deve
stimare
il
periodo
di
incubazione che è il periodo che
intercorre tra la penetrazione delle
zoospore e la comparsa dei primi
sintomi, quindi delle macchie d’olio
dalle quali, trovando le condizioni
ottimali, si ha la sporulazione. Per questo vengono
utilizzati dei calendari che permettono di stimare la
crescita del micelio tenendo sotto controllo determinati
parametri
quali
temperatura ed umidità.
La sporulazione avviene attraverso gli
stomi nel momento in cui il micelio forma rami
sporangiofori, all’estremità dei quali si trovano gli
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sporangi. Gli stomi si trovano quasi esclusivamente sulla pagina inferiore della
foglia e pertanto, in corrispondenza delle macchie d’olio compare la muffa bianca.
Quest’insieme di sporangi si forma anche sui fiori, sugli acini fino a
grandezza di grano di pepe, sui piccioli delle foglie, sui cirri ed anche sui giovani
germogli.
I presupposti indispensabili affinché la sporulazione possa avvenire e sono:
la presenza delle macchie d’olio;
durata della bagnatura fogliare (rugiada, umidità dell’aria maggiore
al 95% o pioggia) ininterrottamente per almeno quattro ore (tra le 22 della sera e le
4 del mattino);
buio, la sporulazione non avviene mai durante il giorno;
temperatura media di almeno 11° C.
l’interruzione di una sola di queste condizioni non permette alla
sporulazione di avvenire.
Macchie d’olio che non trovano condizioni favorevoli per lungo tempo (più di 10
giorni) per sviluppare la muffa, perdono lentamente la vitalità. In condizioni ideali,
invece, le macchie d’olio possono sporulare a lungo.
Il periodo durante il quale gli sporangi rimangono attivi e in grado di
provocare infezioni secondarie diminuisce con l’aumento della temperatura e con la
riduzione dell’umidità relativa dell’aria. Con tempera di 10° C e umidità relativa del
100 % gli sporangi sono in grado di germinare per più di 10 giorni, al contrario a
30° C di temperatura la capacità di germinare si esaurisce in 8 ore.
INFEZIONE SECONDARIA
La gravità dell’attacco di peronospora dipende
generalmente dalle infezioni secondarie, bastano infatti
poche macchie di primaria per scatenare, in annate
favorevoli e nelle zone più predisposte, gravissimi
attacchi con conseguenti ingenti danni alla produzione,
data la perdita dell’intero grappolo.
A
differenza
dell’infezione
primaria,
nell’infezione
secondaria gli sporangi si separano da soli dai rami sporangiofori e vengono
sparpagliati nelle immediate vicinanze dalle gocce di rugiada o trasportati a
distanze maggiori dal vento e dalla pioggia. La peronospora può propagarsi a
grandi distanze solo in condizioni atmosferiche favorevoli (lungo periodo di
pioggia, vento).
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Appena uno sporangio maturo, in presenza di acqua, cade sulla pagina
inferiore di una foglia di vite, emette le zoospore (che hanno dimensioni di 6 – 8
µm) che coi flagelli nuotano in direzione delle più vicine aperture stomatiche. Uno
sporangio contiene mediamente dalle 6 alle 8 zoospore.
Quanto avviene dopo l’incistamento della zoospora è simile a ciò che avviene per le
infezioni primarie. La zoospora s’incista, perde il flagello, emette un tubo di
geminazione e penetra.
Si può ritenere che l’infezione secondaria abbia avuto inizio dopo che c’è
stata la sporulazione, condizioni di umidità con bagnatura di almeno 4/5 ore, ed
una temperatura media di 11/12° C.
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SENSIBILITA’
P. viticola è un patogeno fungino, il cui sviluppo è strettamente legato alle condizioni
ambientali e dall’ospite su cui si trova a vivere.
Innanzitutto distinguiamo le vitis più sensibili al patogeno da quelle più resistenti,
premettendo che per tutte le varietà si assiste ad una sensibilità fenologica nelle fasi:
F - formazione grappoli;
H - inizio fioritura;
J - acino verde dalle dimensioni di un grano di pepe,
in cui l’acino è molto recettivo.
Tra le Vitis più resistenti troviamo: Vitis Riparia, Vitis Rupestris, Vitis cordifolia e tutti
gli ibridi ottenuti dalla loro unione, mentre sono sensibili le Vitis Labrusca e Vitis
Berlandieri.
Nel gruppo delle Vitis molto sensibili ci sono: la Vitis Californica e la Vitis Vinifera.
Facenti parte delle Vitis Vinifera troviamo delle varietà tra loro più o meno sensibili.
Cataloghiamo fra le molto sensibili la Schiava (in particolar modo per quanto riguarda
le foglie), il Melot (specialmente il grappolo) ed il Müller Thurgau; mentre sono meno
sensibili le varietà: Lagrein, Moscato, Teroldego, Riesling, e Gewürz Traminer.
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Tra le varità poco sensibili elenchiamo il Pinot Bianco, Pinot Grigio, Pinot Nero,
Chardonnay, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon.
La virulenza della peronospora è molto legata anche alle zone di produzione, ed
all’interno di queste, al microclima.
Possiamo convenzionalmente dividere tali zone in: asciutte, a minor rischio e umide, a
maggior rischio in quanto,le condizioni di bagnatura ed umidità sono una condizione
favorevole allo sviluppo del patogeno.
Il microclima ha un’importanza non trascurabile, in quanto al variare dello stesso si
possono originare situazioni diverse pur essendo nella stessa zona geografica.
Per questo motivo, per il controllo della P. viticola, si devono tenere sotto costante
controllo i valori di temperatura, umidità, pioggia, e il numero di ore di bagnatura
legato alla ventosità.
La distinzione tra le zone umide e quelle asciutte è fondamentale in quanto da questa
semplice informazione si possono prevedere il tipo ed il numero di sporulazioni
primarie, secondarie e la loro gravità, così da poter impostare una difesa tempestiva ed
efficace.
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STRATEGIE DI DIFESA
Dalla comparsa del patogeno P. viticola, il viticoltore ha messo in atto diverse
strategie di difesa, che si sono evolute nel tempo.
In Trentino, dalla comparsa della peronospora si sono succedute diverse strategie di
difesa:
1. Difesa cieca
2. Difesa guidata
3. Difesa tempestiva
4. Difesa preventiva mirata o mista.
DIFESA CIECA
La parola stessa “cieca” lascia intuire che l’attuazione di questo metodo di lotta non
si basava su i dati climatici o stadio di evoluzione della malattia.
I trattamenti si susseguivano ad intervalli più o meno regolari, calcolando il primo
prima della fioritura.
Tra il 1885 e il 1886 furono introdotti i primi criteri di difesa in grado di contenere in
parte il patogeno.
I mezzi di lotta proposti in questo periodo erano di tipo agronomico e chimico.
MEZZI DI LOTTA AGRONOMICI
Questa metodologia aveva come principale scopo l’ottenimento di piante con tralci ben
sviluppati e robusti. Si consigliavano quindi potature corte e la presenza di uno sperone
vicino al tralcio a frutto in modo da ottenere almeno due tralci ben maturi.
Per l’impianto di nuove viti, si suggeriva la messa a dimora di barbatelle forti che
sviluppassero quindi germogli resistenti alle critiche condizioni invernali.
Si raccomandava inoltre di raccogliere e bruciare tutte le foglie cadute in autunno e i
residui di potatura. La lavorazione del terreno sembrava dare dei risultati positivi alla
lotta contro il patogeno perché così facendo si interravano le foglie sfuggite alla
raccolta.
LOTTA CHIMICA CON IDRATO DI CALCE E CALCE POLVERIZZATA
Questo metodo, uno dei primi consigliati per combattere la peronospora, consisteva
nell’irrorare la vite con calce polverizzata o con soluzione d’idrato di calce. Nonostante
l’imbrattamento della pianta, il trattamento non le recava danno. L’inconveniente
20
maggiore, era però la spiccata disacidificazione dei mosti provenienti dalle uve trattate
e per questo i grappoli venivano lavati prima della vinificazione con acqua acidula.
IMPIEGO DELLA MISCELA CUPRO – CALCICA
Era considerato uno dei metodi più sicuri per combattere la peronospora. La miscela si
preparava in azienda miscelando 2 parti
di calce con 2 parti di vitriolo di rame in
100 parti d’acqua. Successivamente fu
appurato come la miscela all’1% bastasse
per ottenere dei buoni risultati.
LOTTA CON “L’ACQUA CELESTE”
Anche per questo prodotto, come per la
miscela cupro – calcica, si verificava la
liberazione di ossido idrato di rame.
Veniva preparata miscelando il solfato di
rame con l’ammoniaca e si diluiva il tutto
con acqua. Il prodotto che se ne otteneva
presentava, una buona omogeneità di
distribuzione,
resistenza
ed
al
una
sufficiente
dilavamento,
presentava
l’inconveniente
fitotossico,
e
inoltre,
di
con
però
essere
questa
soluzione, si riscontravano risultati meno validi rispetto alla poltiglia cupro – calcica.
DIFESA GUIDATA
Grazie alle nozioni acquisite relativamente alla biologia del fungo e alla difesa
dallo stesso, nel corso del XX secolo fu possibile attuare, dagli anni Cinquanta fino a
metà dagli anni Ottanta, una nuova linea d’intervento: la difesa guidata.
Il principale scopo di questa nuova strategia era la riduzione del numero di trattamenti,
e l’utilizzo di prodotti di copertura o preventivi per impedire le infezioni secondarie
combattendo già le primarie.
Per un lotta guidata efficace era necessario prevedere il periodo in cui avrebbe avuto
inizio l’infezione primaria, per questo si facevano trattamenti cautelativi durante le fasi
fenologiche F, H, J della scala secondo Baggiolini.
21
Si rendeva indispensabile comunque tenere conto delle piogge, ricordando che
si considerava pioggia infettante per le infezioni primarie, precipitazioni superiori ai 10
mm d’acqua. Per le infezioni secondarie, quindi mediamente dopo metà giugno, si
ritenevano sufficienti più di 5 mm di pioggia. Le fasi F, H, J sono momenti in cui la
recettività della pianta è massima ed un infezione comprometterebbe una forte perdita
di produzione.
La valutazione dell’inizio della difesa contro le infezioni primarie si faceva seguendo la
“regola dei tre dieci”. Successivamente si calcolava l’avanzamento dell’incubazione con i
calendari d’incubazione, che prevedevano il calcolo del periodo di incubazione
trascorso prendendo in considerazione due soli fattori: temperatura media e umidità
(considerata bassa se inferiore al 60%, alta se superiore).
Questo tipo di difesa avveniva coinvolgendo nella lotta al patogeno tutti i coltivatori di
una zona.
In Trentino, ad esempio, il centro di assistenza tecnica (nato nel 1978) comunicava ai
coltivatori l’obbligo di trattare entro due giorni dalla scoperta delle macchie d’olio,
quindi al raggiungimento del 70/80% del periodo d’incubazione. Lo scopo di questo
trattamento era di impedire la germinazione delle zoospore.
Molto importante, per questa tipologia di difesa, era il periodo di copertura dei
prodotti, che mediamente era di 6/7 giorni, in base alla resistenza al dilavamento, che
era di 30 – 40 mm d’acqua per i prodotti acuprici, e di 50 mm d’acqua per quelli
cuprici.
Se il giorno dopo il trattamento pioveva, andava stabilito se si trattava di pioggia
infettante o dilavante. Nel caso in cui la pioggia fosse stata infettante si ricalcolava il
22
periodo di incubazione trascorso; se invece fosse stata dilavante, oltre al nuovo calcolo
del periodo d’incubazione, si sarebbe dovuto fare un nuovo trattamento.
Non era impossibile, che in particolari annate, si avessero 4 o più infezioni
calcolate in uno stesso momento, per questo si doveva verificare se un trattamento era
in grado di coprire anche l’infezione successiva. Anche nel caso in cui non ci fossero
piogge infettanti, si preferiva agire con dei trattamenti cautelativi.
Rispetto alla “lotta cieca”, questo tipo di lotta consentì un enorme passo in avanti nella
campagna di difesa dalla P. Viticola perché diminuì il numero dei trattamenti, consentì
un controllo omogeneo su vaste superfici dando inoltre un impulso alla nascita
dell’assistenza tecnica.
Gli svantaggi di questo tipo di difesa erano dovuti al fatto che la regola dei “tre dieci” in
molti areali italiani sovrastimava le infezioni, e non considerava la durata della
bagnatura dopo la pioggia.
Un altro fattore agravante era che in questo periodo, si dava per scontato che la
sporulazione fosse immediata, perché non si era a conoscenza del periodo di latenza
(rendendo inutili certi trattamenti effettuati troppo presto) in più la difesa guidata non
poteva essere effettuato nel caso di frequenti piogge consecutive.
Questo tipo di difesa riscosse maggior successo a metà degli anni Ottanta, nelle zone a
bassa pressione infettiva, come in Trentino – Alto Adige e in Germania.
DIFESA TEMPESTIVA
Grazie ad una più approfondita conoscenza della biologia della Peronospora,
fu possibile sostituire la difesa guidata con quella tempestiva. Questa nuova difesa era
supportata dai nuovi prodotti antiperonosporici curativi delle infezioni secondarie
(come ad esempio il Cymoxanil che in questo tipo di difesa è utilizzato per contrastare
le infezioni secondarie).
Affinché si verifichi un’infezione secondaria sono necessari un grado di bagnatura
sufficiente (piogge), e che il numero di ore di bagnatura moltiplicate per la temperatura
durante il periodo stesso, sia superiore a 50 ([°t media x h bagnatura] > 50).
Non appena si verificano queste condizioni si deve trattare entro 48 – 72 ore con
prodotti curativi. Solitamente il prodotto curativo veniva accoppiato con uno di
copertura per garantire una miglior efficacia di difesa.
La tempestività d’intervento era possibile solo in presenza di un accurato controllo
delle prime manifestazioni di infezioni primarie. Si desume che era molto importante la
partecipazione attiva dei viticoltori nell’individuazione delle prime macchie d’olio;
infatti i trattamenti dovevano essere fatti su tutte le possibili infezioni secondarie.
I prodotti usati dovevano disporre di una buona capacità curativa come per esempio il
Cymoxanil e il Metalaxyl, che riuscivano a bloccare l’accrescimento del micelio e la
23
produzione di spore. Il Cymoxanil però, a causa del suo largo impiego, causò la nascita
di ceppi di peronospora resistenti. Per questo dal 1993 fu usato sempre meno in
viticoltura, e ad oggi è usato solo nei formulati misti.
Questa tecnica ha riscosso maggior successo nelle zone a bassa pressione infettiva (es.
zone collinari). La difesa tempestiva ha dunque permesso di ridurre il numero dei
trattamenti da cui sia l’ambiente, sia la salute dell’uomo ne ha tratto vantaggio.
DIFESA PREVENTIVA MIRATA O MISTA
Il raggiungimento di questa nuova strategia è stato possibile anche grazie alle
previsioni meteorologiche sempre più affidabili, vista l’importanza che hanno per i
tecnici e la divisione tra zone umide (a maggior rischio) e zone asciutte (a minor
rischio) che è un altro aspetto fondamentale per la difesa preventiva mirata.
Questo tipo di difesa prevede un trattamento preventivo con prodotti di copertura (es.
Ditiocarbammati, rame …) in caso di previsione di piogge infettanti.
Sono mantenuti i trattamenti cautelativi nelle fasi fenologiche F, H, J in cui la
recettività della pianta è massima.
È compito del tecnico responsabile tener conto del periodo di copertura del prodotto e
della sua resistenza al dilavamento. In questo modo, se la pioggia dovesse essere
dilavante, è possibile intervenire successivamente con un prodotto curativo.
Data la forte sensibilità della vite nel periodo della fioritura risulta fondamentale
l’utilizzo di prodotti sistemici o citotropici, i quali sono caratterizzati da un periodo di
copertura di circa 10 giorni.
6 SCHEMA SEMPLIFICATO DI DIFESA DALLA PERONOSPORA 6
La difesa dalla peronospora può essere condotta nel seguente modo:
1. In prefioritura con prodotti di copertura quali Ditiocarbammati, Folpet,
Rame, considerandone un periodo di copertura pari a 6/7 giorni, e persistenza
al dilavamento di 30/40 mm di pioggia.
2. Durante il periodo della fioritura utilizzando prodotti sistemici come
Benalaxyl, Metalaxyl, o locosistemici come Dimetomorph. Entrambe le
categorie accompagnate da prodotti di copertura. Si consideri un periodo di
copertura di 10 giorni.
3. In corrispondenza dell’allegagione può essere una buona soluzione l’uso
delle Strobiruline.
4. Dalla prechiusura all’invaiatura si possono utilizzare prodotti miscelati
con rame come Iprovalicarb e Dimetomorph.
24
5. Dopo la chiusura del grappolo si può utilizzare rame a basse dosi perché
dopo l’invaiatura il grappolo non è più infettabile. Nelle ultime fasi, infatti, il
trattamento può essere effettuato solo sulle foglie escludendo i grappoli.
Nelle zone più ventilate ed asciutte i primi trattamenti si possono evitare, mentre sono
indispensabili i trattamenti cautelativi in prossimità della fioritura, in quanto abbiamo
detto essere la fase più delicata nei confronti dell’attacco fungino di peronospora.
25
PRINCIPALI PRODOTTI ANTIPERONOSPORICI
PRINCIPI ATTIVI
RAME
È un prodotto inorganico con azione fungicida; viene utilizzato preventivamente. Il
principio attivo che agisce contro il fungo è lo ione Cu2+. Ha azione multisito, non da
origine a fenomeni di resistenza, denatura alcune proteine a livello di membrana
citoplasmatica, blocca diversi sistemi enzimatici anche a livello di respirazione,
modifica gli equilibri di ossido – riduzione, ecc.
Il rame, inoltre, ha diverse caratteristiche positive e anche negative:
-
Aumenta lo spessore della cuticola;
-
Favorisce la lignificazione dei tralci;
-
Favorisce la cicatrizzazione;
-
Ritarda la filloptosi;
-
I riflessi enologici sono pressoché nulli;
-
Non danneggia i fitoseidi;
-
Può essere fitotossico su varietà sensibili;
-
Può indurre la colatura se usato impropriamente;
-
Può causare rugginosità.
Il principale problema causato dall’utilizzo del rame è l’aumento del suo tenore nel
terreno. Essendo un metallo pesante è poco mobile, e il suo accumulo tende ad essere
nei primi 30 cm. Un tenore troppo alto diminuisce la fertilità del suolo danneggiando la
microflora e la microfauna. Proprio per questo si cerca di diminuirne l’apporto
riducendone le dosi, facendo trattamenti mirati della vegetazione, ricercando
coadiuvanti che ne aumentino l’efficacia o nuovi formulati.
I prodotti in commercio sono:
-
Poltiglia bordolese (solfato di rame + calcio)
-
Ossicloruro tetraramico
-
Ossicloruro triramico
-
Idrossido di rame
-
Solfato tribasico di rame.
26
MANCOZEB, METIRAM, PROPINEB
Sono ditiocarbammati alchilen – derivati. Hanno una buona efficacia, ed azione
multisito. Agiscono su diversi sistemi enzimatici a livello di respirazione. Nella loro fase
degradativi possono dare origine all’etilentiurea (ETU), la quale è cancerogena dannosa
per la tiroide. Inoltre sono dannosi per i fitoseidi diminuendo le fertilità delle femmine.
I ditiocarbammati sono vietati dal protocollo viticolo dopo l’allegagione.
Rientrano spesso nei formulati misti.
FOLPET
È un tioftalimmide. Agisce sui processi di decarbossilazione ed interferisce
indirettamente sulla respirazione (blocco del ciclo di Krebs). Ha un influenza negativa
sulla fermentazione alcolica, poiché inibisce i lieviti. Inoltre, è tossico verso l’uomo: ha
problemi di cancerogenicità e teratogenicità
Folpet è vietato dopo l’allegagione, ha un’azione collaterale sulla botrite.
Rientra in formulati misti.
METALAXIL, BENALAXYL
Appartengono alla famiglia dei fenilammidi. Sono dotati di sistemia acropeta,
proteggono maggiormente le parti nuove della vegetazione. Il grappolo viene protetto
solo quando è ancora verde. Sono stati i primi veri antiperonosporici sistemici (anni
’80).
Vanno ad interferire sulla trascrizione del DNA, agendo sul RNA. Poiché sono molto
specifici c’è il rischio di resistenza da parte della peronospora, quindi esiste un limite
d’impiego imposto dalla ditta produttrice.
Non hanno problemi tossicologici o ecologici. Hanno attività curativa (4/5 giorni), ma
vengono usati in maniera preventiva, considerando come periodo di copertura 10
giorni. Rispetto al Metalaxyl, il Benalaxyl è un po’ meno idrosolubile, quindi garantisce
maggiormente la protezione delle parti vecchie (perché è quindi meno mobile).
PHOSETIL – AL
Appartiene alla famiglia dei fosfiti metallici. È dotato di doppia sistemia ed è specifico
nei confronti delle Peronosporacee. Il Phosetil – Al ha due tipi di meccanismi: uno
indiretto stimolando le fitoalessine, l’altro diretto grazie alla tossicità dell’acido
fosforoso nei confronti del fungo. L’azione non è rapida, quindi non può essere usato
come curativo. Ha inoltre azione collaterale verso l’escoriosi. Può presentare
fitotossicità nei confronti di alcune varietà. Non da problemi dal punto di vista
tossicologico.
27
DIMETOMORPH
Fa parte della famiglia delle morfoline. È un derivato dell’acido cinnamico. Agisce
bloccando la crescita del micelio con azione di distruzione della parete cellulare. È un
prodotto parzialmente sistemico che può essere usato sia come curativo (2/3 giorni)
che come preventivo (10 giorni). Un’altra caratteristica del prodotto è di essere
antisporulante, riduce la produzione di muffa quindi l’inoculo.
IPROVALICARB
Appartiene alla famiglia dei carbammati – amminoacidi – ammidi. Il meccanismo
d’azione non è del tutto noto, sembra che blocchi la sintesi degli amminoacidi. È un
prodotto a sistemia acropeta, penetra velocemente nel tessuto vegetale. Ha una certa
azione curativa (2 giorni), ma è consigliato come preventivo (10 giorni). Esistono
diversi formulati misti di questo prodotto con Mancozeb, Rame, Folpet, Phosetil – Al.
Si consiglia l’uso per un massimo di 3 - 4 trattamenti.
PRODOTTI CON MECANISMO METI
I seguenti prodotti agiscono sulla respirazione a livello di mitocondri, sul citocromo B.
Nei confronti di questo tipo di meccanismo si è manifestata resistenza da parte della
peronospora, quindi questi prodotti vengono consigliati con molta cautela.
I principi attivi con questo meccanismo sono: AZOXISTROBIN (famiglia delle
strobiruline),
OXADIXIL,
FAMOXATE
(famiglia
degli
ossazolidinedioni),
FENAMIDONE (famiglia degli imidazolinoni).
28
TABELLA RIASSUNTIVA DELLA DIFESA ANTIPERONOSPORICA
(IASMA Notizie n.3 anno II)
29
ESPERIENZA PRATICA
OBIETTIVO
L’acqua acida elettrolizzata (EAW = eletrolized acid water) è stata sviluppata
in Giappone e viene attualmente utilizzata, anche in Italia, soprattutto in campo medico
per la disinfezione di strumenti endoscopici. EAW è in grado di sconfiggere diversi
funghi, batteri e virus, e per questo si è pensato ad una possibile applicazione per il
controllo di malattie fungine in agricoltura.
Le prove in seguito descritte hanno lo scopo di valutare la potenzialità
dell’utilizzo di EAW nella difesa della vite contro la peronospora causata da P. viticola.
Con questa tecnica si vorrebbe ottenere un nuovo strumento che permetta di
sconfiggere il fungo che dal 1878 attacca le viti europee.
PROVA SPERIMENTALE
In Italia gli ambienti più soggetti agli attacchi peronosporici sono quelli situati
nelle aree di pianura delle regioni settentrionali, specialmente in prossimità di corsi
d’acqua o acqua stagnante, scarsamente ventilati, dove le precipitazioni sono
abbondanti e frequenti, cioè dove le condizioni ambientali sono più favorevoli al ciclo
biologico del patogeno. Sono meno favorevoli a P. viticola le aree collinari del Nord e la
maggior parte delle regioni del centro-sud. Sarebbe possibile ridurre l’incidenza della
malattia scegliendo opportunamente la zona di coltivazione. Sappiamo però che ciò non
è quasi mai possibile nella realtà, dove le zone di coltivazione della vite sono ormai
definite e consolidate.
Le forme d’allevamento, l’esposizione dei filari e la densità d’impianto che
permettono un maggior arieggiamento, una migliore esposizione dei grappoli all’aria ed
alla luce sono le basi per poter gestire efficacemente la difesa fitosanitaria del vigneto.
Pertanto sono da consigliarsi le pratiche di potatura “a verde” e la sfogliatura. Una
concimazione azotata eccessiva è un’altra delle variabili agronomiche che favoriscono
l’insorgere della malattia. Queste pratiche da sole però non risolvono il problema dei
danni causati dalla malattia.
La vite quindi deve essere protetta nei confronti di questo patogeno con
trattamenti fungicidi basati su principi attivi chimici di sintesi. Purtroppo questi
prodotti presentano effetti collaterali come la tossicità nei confronti dell’ambiente e
dell’uomo. L’individuazione di alternative a basso impatto potrebbe essere di notevole
beneficio.
30
L’obiettivo era quello di valutare l’efficacia di EAW da sola ed in combinazione
con un bagnate ed del bagnate stesso, nei confronti di infezioni artificiali di P. viticola,
su foglie di vite in condizioni controllate, per verificarne il suo potenziale utilizzo come
agente antiperonosporico.
Tutte le prove pratiche sono state effettuate nei laboratori del Centro di
Ricerca SafeCrop presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.
MATERIALI E METODI
L’acqua acida elettrolizzata (CBC Europe, Milano) utilizzata aveva pH = 2,50 e
potenziale di ossidoriduzione di 1154 mV. Una parte di quest’acqua ottenuta
dall’elettrolizzatore, è stata addizionata con il bagnante KF643 (Shin-etzu, Giappone)
usato per la prova. La concentrazione del bagnante era pari al 0,1%. I valori di questa
componente erano di 6,04 per il pH, e 345 mV per quanto riguarda il potenziale di
ossidoriduzione. La terza soluzione, quella ottenuta dall’unione delle due, quindi
l’acqua più il bagnante, presentava pH = 2,60 e potenziale di ossidoriduzione di 1135
mV.
Il materiale vegetale usato nelle tesi era costituito da giovani foglie di vite della varietà
Pinot grigio, provenienti da barbatelle allevate in serra.
31
I trattamenti sperimentali con l’inoculo fungino, sono stati effettuati con l’ausilio di un
aeropenna in grado di fornire uno spruzzo costante e uniforme di goccioline dal
diametro ridotto.
Le foglie infette sono state prelevate nel vigneto
biologico, dell’Istituto Agrario di S. Michele a/A, di
Navicello (Rovereto). Il fatto che questo materiale
provenga da un vigneto biologico ci garantisce che i
ceppi di peronospora utilizzati non siano resistenti nei
confronti di alcuni fitofarmaci.
La soluzione usata per l’inoculo aveva una
concentrazione
sporangi/ml.
in
Tale
sporangi
pari
a
soluzione
è
stata
1,1
x
105
preparata
utilizzando foglie di vite con forti sporulazioni di
peronospora.
Per ottenere la sospensione dell’inoculo gli
sporangi sono stati prelevati tramite un pennello,
immergendo le foglie in acqua distillata fredda.
Nella sperimentazione sono state effettuate
tre tesi, ciascuna ripetuta su tre foglie; le quali
venivano trattate con: EAW, EAW + bagnante e
bagnante diluito in acqua distillata. Questa operazione è stata ripetuta in quattro tempi
diversi: un’ora prima, contemporaneamente, un’ora dopo e ventiquattro ore dopo
l’inoculo.
È stata trattata la pagina inferiore delle tre foglie, cercando, nei limiti del possibile di
imitare le condizioni naturali di sviluppo della peronospora.
Le foglie trattate venivano messe in “camere umide”: in ambiente buio, in termostato
ad una temperatura costante di 20°C ed in saturazione di umidità. Venivano lasciate in
queste condizioni per una settimana, quindi fino alla fine del periodo d’incubazione.
Allo scadere di questo periodo, allo stereomicroscopio, si osservava la presenza di
sporulazione sulla pagina inferiore della foglia.
32
RISULTATI E DISCUSSIONE
La valutazione consisteva nella determinazione della presenza o meno di
sporangi sulla lamina fogliare.
Il controllo veniva effettuato valutando lo sviluppo dei rametti sporangiofori
osservando, per ogni foglia, cinque aree di un centimetro quadrato ciascuna.
La sporulazione veniva espressa come percentuale di foglia ricoperta dalla muffa.
I dati raccolti durante le osservazioni sono stati raccolti in tabelle.
PROVA PERONOSPORA
Descrizione
% foglia infetta
N° rametti conidiofori
1
2
3
4
5
18
32
53
55
Testimone
10
37
Testimone
12
12
14
43
3
10
Testimone
20
5
23
32
12
43
Testimone
5
2
33
2
4
3
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua ionizzata
1
10
4
0
0
0
acqua ionizzata
5
31
6
14
11
6
acqua ionizzata
2
13
10
6
5
0
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
acqua+bagnante
4
7
22
28
27
10
acqua+bagnante
0
0
0
0
0
0
bagnante
2
5
11
5
7
7
bagnante
3
6
10
5
11
18
bagnante
5
23
43
31
58
43
1h prima
t=0
1h dopo
24h dopo
32
T r at t ament o con acqua i oni z z at a
Tr a t t a me nt o c on ba gna nt e
20
18
20
16
18
16
14
% f ogl i a
i nf e t t a
12
% f ogl i a
i nf et t a
10
8
6
r i pet i zi one 3
0
-1
10
8
6
4
2
0
4
2
14
12
r i pet i zi one 1
0
1
r i peti zi one 3
-1
24
t e mp o
r i peti zi one 1
0
1
24
t empo
T r at t ament o con acqua i oni z z at a+bagnant e
20
15
% f ogl i a
i nf e t t a
10
5
r i pet i zi one 3
0
-1
r i pet i zi one 1
0
1
24
t e mp o
Dall’infezione, effettuata il 15/07/2004, al momento del controllo, effettuato il
23/07/2004, sono trascorsi otto giorni, il tempo sufficiente affinché avvenga una
sporulazione nelle condizioni ideali (umidità costante, buio, temperatura di 20°C).
Il testimone non trattato presentava sporulazione con molti rametti sporangiofori.
Al tempo “-1 h” cioè un’ora prima dell’inoculo, il trattamento con l’acqua acida, il
bagnante e l’acqua acida più il bagnante hanno dato buoni risultati, infatti sulle foglie
non c’è stata sporulazione.
Lo stesso risultato è stato ottenuto dagli stessi trattamenti effettuati al momento
d’inoculo (tempo “0”) e un’ora dopo (tempo “1 h”).
Si è visto, invece, che trattando con le tre diverse soluzioni 24 ore dopo l’inoculo (tempo
“24 h”), si è verificata la produzione dei rametti sporangiofori. La gravità della malattia
in questo caso risulta essere inferiore di 4,4 volte, rispetto al testimone,.
Raggruppando i dati medi in un grafico è possibile vedere chiaramente quanto appena
detto.
33
testimone
-1h
EAW
Bagnate
EAW+B
EAW
Bagnate
EAW+B
1h
EAW
Bagnate
EAW+B
24h
EAW
Bagnate
EAW+B
11,75
0
0
0
0
0
0
0
0
0
2,7
1,3
3,3
testimone
14
-1h EAW
-1h Bagnate
10
-1h EAW+B
8
0h EAW
6
0h Bagnate
testimone
-1h
0h
1h
EAW+B
Bagnate
EAW
EAW+B
Bagnate
EAW
EAW+B
1h Bagnate
Bagnate
0
EAW
1h EAW
EAW+B
0h EAW+B
2
Bagnate
4
EAW
% foglia infetta
12
24h
1h EAW+B
24h EAW
24h Bagnate
24h EAW+B
L‘efficacia del trattamento effettuato un giorno dopo l’inoculo ci fa vedere
come, che EAW non è in grado di controllare completamente la malattia, ma ne viene
ridotta solo in parte la gravità.
Rispetto al testimone non trattato EAW determina una riduzione dell’80 % della
produzione di sporangiofori da parte del fungo.
Anche il bagnante, utilizzato solo, dimostra di avere efficacia antisporulante, infatti
rispetto al testimone non trattato la sporulazione è minore del 85 %.
Il trattamento effettuato con l’unione delle due soluzioni, ha permesso anch’esso
una diminuzione della sporulazione del 77 % rispetto al testimone. Il fatto che
l’inibizione alla sporulazione sia inferiore rispetto agli altri due trattamenti ci permette
di dire che la combinazione dell’acqua acida elettrolizzata e del bagnante non mostra
effetto sinergico nei confronti dell’efficacia contro la malattia.
34
CONCLUSIONI
L’acqua elettrolizzata, spruzzata sulle foglie prima che le zoopspore penetrino
nel tessuto fogliare, è in grado di inibire l’avvio dell’infezione. È possibile ipotizzare che,
grazie all’azione dovuta alla sua composizione, l’acqua acida elettrolizzata determini la
disorganizzazione della membrana cellulare della zoospora, causandone così la morte.
SPORANGIO IN EAW – tempo “0”
SPORANGIO IN EAW – tempo “+6h”
SPORANGIO IN EAW – tempo “+12h”
Infatti nei confronti di P. viticola, EAW applicata un’ora prima, durante e
un’ora dopo l’infezione artificiale, ha garantito il controllo totale della malattia.
35
EAW applicata 24 ore dopo l’infezione, ha ridotto la gravità della malattia di
4,4 volte rispetto al testimone non trattato. Ciò ci permette di ipotizzare che una certa
penetrazione nella camera sottostomatica possa avvenire e che l’azione di EAW possa
esplicarsi anche immediatamente prima dell’avvio della colonizzazione del tessuto
dell’ospite da parte del patogeno a partire dalla camera sottostomatica.
Si nota che anche il bagnante, usato da solo, ha una certa azione inibente sulla
sporulazione. Questo è dovuto al fatto che il prodotto è tossico per il fungo di P. viticola.
Nonostante l’efficacia esplicata singolarmente dai due prodotti, dall’unione tra EAW e
KF643 non si riscontra sinergismo.
Agendo sulla zoospora, e non penetrando all’interno del tessuto, si capisce
perché l’efficacia di questi prodotti diminuisca effettuando il trattamento a distanza di
più ore dall’inizio dell’infezione.
Il momento dell’applicazione rispetto all’inoculo è dunque determinante per garantire
l’efficacia di EAW.
Si sa però che nella realtà è impossibile riuscire ad effettuare i trattamenti nel
momento dell’infezione, si parla infatti di un margine di tempo di ore e non di giorni.
L’attuazione risulterebbe nella pratica agricola ancora più difficile se l’infezione
avvenisse ad esempio durante la notte.
EAW potrebbe rappresentare un potenziale metodo di lotta alla peronospora se
distribuita con l’ausilio di impianti di irrigazione sopra chioma, azionati al verificarsi
delle condizioni che portano all’infezione.
La potenziale efficacia di questa tecnica, totalmente innocua per l’ambiente e
per l’uomo, in quanto non lascia residui tossici, applicata con gli opportuni accorgimenti
agronomici, potrebbe rivelarsi come ottima alternativa alla molteplicità di trattamenti,
che al giorno d’oggi, sono necessari per contenere la peronospora.
Questo metodo diminuendo il numero totale dei trattamenti, garantirebbe
anche altri benefici secondari, come la diminuzione della possibilità di verificarsi
fenomeni di resistenza del patogeno ai pesticidi chimici di sintesi e l’assenza di residui
di fitofarmaci nel vino.
36
BIBLIOGRAFIA
Š Luisa Mattedi e Mauro Varner (2000) - Natura e agricoltura. Produzione integrata
attraverso la conoscenza delle principali malattie fungine del melo e della vite.
Š AA.VV., 1999 – Avversità della vite. ERSA Friuli - Venezia Giulia: 38 – 39.
Š TSUIJ S., KAWANO S., OSHITA M. et alI., 1999 – Endoscope Disinfectio Using
Acidic
Eletrlytic Water. Endoscopi 1999, 31: 528.
Š Mario Ferrari, Elena Marcon, Andrea Menta – Fitopatologia, entomologia agraria e
biologia applicata.
Š Mario Fregoni – Viticoltura di qualità.
Š I. Pertot, D. Gobbin, S. Dagostin, A. Ferrari, C. Gessler – La peronospora della vite.
Š Carmela Sicher – Appunti di Difesa della Vite - lezioni tenute dal Prof. Dal Rì Marco
Entomologo dell’Istituto Agrario San Michele all’Adige.
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RINGRAZIAMENTI
Ringrazio tutte le persone che mi hanno aiutata nella stesura e nella raccolta dei dati per
la realizzazione della presente Tesina di fine corso.
In modo particolare ringrazio
Prof. Dal Rì Marco professore di Difesa della Vite nel mio corso di studi, il quale si è
reso disponibile nell’aiutarmi;
Dott.ssa Pertot Ilaria ricercatrice presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige e
coordinatrice dell’unità di ricerca “valutazione del rischio” del Centro SafeCrop, per
la disponibilità dimostratami e il prezioso aiuto concessomi lavorando nel suo
gruppo di ricerca.
Dott.ssa Covi Johanna ricercatrice presso l’Unità di ricerca “valutazione del rischio”
del Centro SafeCrop presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, dalla quale,
durante il periodo di affiancamento, ho potuto apprendere importanti nozioni
pratico-teoriche.
Tutti i componenti del Centro SafeCrop presso l’Istituto Agrario di San Michele
all’Adige, per il loro aiuto e supporto.
Rag. Sicher Maria per il supporto informatico.
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INDICE
Pag.
INTRODUZIONE ........................................................................................................................................... 1
P. VITICOLA – INFORMAZIONI STORICHE ...................................................................... 3
SISTEMATICA ....................................................................................................................... 6
SINTOMI DELLA PERONOSPORA ...................................................................................... 7
BIOLOGIA ............................................................................................................................ 10
SENSIBILITA’ .......................................................................................................................17
STRATEGIE DI DIFESA ...................................................................................................... 19
PRINCIPALI PRODOTTI ANTIPERONOSPORICI ............................................................ 25
ESPERIENZA PRATICA ......................................................................................................29
CONCLUSIONI ....................................................................................................................35
BIBLIOGRAFIA.................................................................................................................... 37
RINGRAZIAMENTI .............................................................................................................38
39