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Università degli Studi di Siena
Concorso per l’ammissione al Corso di Dottorato di Ricerca
in Archeologia Medievale
Titolo del progetto:
Archeologia dei siti minerari: il castello di Cugnano e lo studio degli apparati
produttivi, la gestione del ciclo dei metalli monetabili e la rete insediativa del
distretto delle Colline Metallifere nel Medioevo.
Candidato: Jacopo Bruttini
Archeologia dei siti minerari: il castello di Cugnano e lo studio degli apparati
produttivi, la gestione del ciclo dei metalli monetabili e la rete insediativa del
distretto delle Colline Metallifere nel Medioevo.
1. Lo stato della questione: scavo di siti a vocazione mineraria………………………….3
1.1. Stato della ricerca: scavi di siti, ricognizioni territoriali e studi storici…...3
1.2. Studi archeometrici esistenti……………………………………………….…….4
2. Definizione del progetto e obiettivi della ricerca……………………………………..….4
2.1. Studio e ricostruzione della storia dell’insediamento di Cugnano………….5
2.2. Studio dei contesti produttivi di Cugnano…………………………………...…6
2.3. Analisi archeometriche sui contesti di Cugnano, Montieri e
Rocchette Pannocchieschi………………………………………………..…………...6
2.4. Obiettivi della ricerca………………………………………………….……….6
3. I siti oggetto di indagine…………………………………………………………………….8
3.1. Cugnano…………………………………………………………………………....8
3.2. Rocchette Pannocchieschi…………………………………………………….….9
3.3. Montieri……………………………………………………………...……………10
3.3.1. Montieri, “Le Fonderie”…………………………………………….11
3.3.2. Montieri, Canonica di San Niccolò…………………………...……12
3.4. Rocca San Silvestro………………………………………………………….13
3.5. Massa Marittima, Pian delle Gore (Marsiliana)………………………...14
4. Gli strumenti della ricerca……………………………………………………………..…..15
4.1. Studio della stratigrafia e la gestione informatica dei dati…………….…..15
4.2. Le analisi archeometriche………………………………………………………15
5. Tempi di svolgimento………………………………………………………………….……17
Bibliografia………………………………………………………………………………..……18
Figure…………………………………………………………………………………………....22
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1. Lo stato della questione: scavo di siti a vocazione mineraria.
1.1. Stato della ricerca: scavi di siti, ricognizioni territoriali e studi storici.
Il territorio delle Colline Metallifere è stato oggetto di studio da parte del Dipartimento
di Archeologia dell’Università di Siena fin dagli anni ’80 del secolo scorso,
nell’ambito di un vasto progetto di ricerca sulla formazione dell’insediamento nella
Toscana meridionale nel medioevo (FRANCOVICH 2002; FRANCOVICH 2004;
FRANCOVICH, GINATEMPO 2000; FRANCOVICH, HODGES 2003; VALENTI 2004). Lo
studio della vasta microregione compresa fra la Maremma laziale a sud e il massiccio
delle Colline Metallifere a nord, ha portato nel corso dei decenni ad avere un numero
elevato di campioni di territorio indagati, sia con indagini di superficie sia con indagini
stratigrafiche di siti campione. All’interno del più ampio progetto di ricerca riguardante
l’intera Toscana meridionale prese avvio uno studio mirato all’analisi del territorio
collinare a vocazione mineraria, denominato Colline Metallifere (vedi Fig.1), dapprima
con ricognizioni territoriali all’interno di alcuni comuni ed in seguito con l’avvio dello
scavo del castello di Rocca San Silvestro (FRANCOVICH 1991; RUBEGNI 1990-1991;
PESTELLI 1992-1993; DALLAI 1992-1993; CUCINI 1985; GUIDERI 1986-1987).
Allo stato attuale la ricerca archeologica sulle Colline Metallifere ha ricognito gran
parte del territorio compreso tra i comuni di Campiglia Marittima, Massa Marittima,
Montieri, Monterotondo M.mo e Roccastrada. Parallelamente alle ricognizioni
territoriali sono stati indagati con scavo archeologico 15 siti con fasi medievali,
interessati da continuità di vita o abbandonati alla fine del medioevo: castelli, come
Rocca San Silvestro, Campiglia Marittima, Suvereto, Rocchette Pannocchieschi,
Cugnano, Rocca degli Alberti, Castel di Pietra, Montemassi, e siti produttivi come le
Allumiere di Monteleo, la Canonica di San Niccolò e Le Fonderie a Montieri, Pian
delle Gore in località Marsiliana-Massa Marittima (FRANCOVICH 1991; BIANCHI 2004;
CUTERI 1990; BELLI, GRASSI c.s.; BELLI et alii 2005; BRUTTINI, GRASSI c.s.; BRUTTINI
2009 c.s., DALLAI FINESCHI 2006; ARANGUREN, BIANCHI, BRUTTINI 2008; GUIDERI
1995).
Allo studio delle fonti materiali si è unito un ampio numero di studi dedicati alle fonti
scritte medievali riguardanti il territorio e concernenti la formazione dei poteri nella
Toscana meridionale, lo sviluppo della signoria territoriale e dei poteri comunali.
Inoltre, gli studi documentari, affiancati alle ricerche archeologiche hanno puntato
l’attenzione sulle dinamiche di gestione dei metalli e sullo sfruttamento degli stessi in
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relazione allo sviluppo dei siti tra alto e bassomedioevo (FRANCOVICH, WICKHAM
1994; FRANCOVICH, FARINELLI 1994; FARINELLI 2007).
Lo stato molto avanzato della ricerca ci offre dunque la possibilità di avere numerosi
contesti-campione con i quali è possibile ricostruire i paesaggi insediativi e le
dinamiche economiche e sociali in modo diacronico. Il comprensorio delle Colline
Metallifere, infatti, è stato interessato, sin dall’epoca etrusca, da intense attività
minerarie che nel periodo medievale interessarono in particolar modo lo sfruttamento
dei giacimenti di solfuri misti di rame, piombo, argento e ferro. I metalli cavati nelle
numerose miniere aperte nei fianchi delle colline, ed in particolar modo i metalli
monetabili estratti, furono il motore della formazione della maglia insediativa, ne
causarono i cambiamenti che avvennero nel corso dei secoli e ne comportarono il
declino nel momento in cui terminò il loro sfruttamento, alla fine del medioevo.
Le peculiari caratteristiche dell’area geografica in questione fecero sì che la
formazione del paesaggio medievale fosse strettamente connesso alle modalità di
controllo e di gestione del ciclo produttivo del metallo e legato inizialmente ad
importanti famiglie signorili come gli Aldobrandeschi, i Pannocchieschi e i Della
Gherardesca e in seguito, nel corso dei secoli centrali del medioevo, alle autorità
comunali, come Siena, Massa M.ma, Volterra, Pisa e Firenze (FARINELLI, FRANCOVICH
1999; WICKHAM 2001).
1.2. Studi archeometrici esistenti.
L’analisi dei contesti produttivi non può prescindere da studi archeometrici applicati ai
manufatti ed in particolare agli scarti della produzione. La traccia più evidente di un
processo di estrazione e lavorazione del minerale è infatti lo scarto che tale processo
produce in tutte le fasi del processo.
Le scorie sono infatti uno dei maggiori indicatori della presenza di un sito produttivo e
dallo studio delle loro componenti chimiche possiamo trarne preziose informazioni
(GUIDERI 1995). Uno studio comparato dei diversi scarti di lavorazione può infatti
fornire importanti indicazioni, in particolare sulle tecniche di lavorazione dei minerali
estratti e sulle capacità estrattive adottate.
Il gran numero di dati acquisiti nel corso delle decennali ricerche nell’ambito
dell’archeologia mineraria (FRANCOVICH 1993; FRANCOVICH 2000; FRANCOVICH,
GUIDERI 1998) permettono di tentare un quadro di sintesi sulle modalità di estrazione, di
lavorazione e di gestione dei metalli monetabili, base del potere economico di coloro
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che agirono nella regione per tutto il medioevo, fin dalle sue prime fasi. Uno studio di
dettaglio sul rapporto tra lo sviluppo dell’insediamento minerario e lo sfruttamento delle
risorse del sottosuolo è stato tentato nella ricerca di dottorato di Silvia Guideri (GUIDERI
1995), con particolare interesse al confronto tra la gestione delle risorse minerarie nella
fase signorile nei siti di Rocchette e San Silvestro e la gestione da parte del comune di
Massa nel sito della Marsiliana.
Questo lavoro ha prodotto una serie di analisi archeometriche applicate agli indicatori
materiali della produzione raccolti negli scavi di Rocca San Silvestro, Rocchette
Pannocchieschi, delle officine della Marsiliana e nel corso delle campagne di
ricognizione del massetano ed è la base della campionatura che verrà impostata in
questa ricerca (si veda BIANCHI, DALLAI, GUIDERI 2009 c.s.).
2. Definizione del progetto e obiettivi della ricerca.
Il presente progetto di ricerca si pone come obiettivo la ricostruzione del processo di
sfruttamento delle risorse monetabili, della rete insediativa medievale delle Colline
Metallifere e dei poteri che l’hanno prodotta. Lo studio verrà condotto attraverso
l’analisi dei siti interessati dalle attività metallurgiche, delle loro evidenze produttive e
delle analisi archeometriche degli scarti e dei prodotti finiti.
Il territorio delle Colline Metallifere, nel corso del medioevo ha avuto un’economia
basata prevalentemente sullo sfruttamento dei locali giacimenti a solfuri misti. In
questa ricerca saranno affrontate le tematiche relative alla produzione dei metalli di
rame, (piombo) e argento, i metalli cosiddetti “monetabili” (FRANCOVICH, ROMBAI
1990; FRANCOVICH, GUIDERI 1998).
In natura la differenza più significativa fra ferro e non ferrosi risiede nella maggiore
diffusione del primo rispetto ai secondi; i giacimenti di ferro sono infatti molto più
numerosi dei giacimenti di rame, piombo argentifero e argento. Questo aspetto, unito al
grado di conservazione e all’inalterabilità, ha conferito preziosità a metalli come l'oro e
l'argento. L'uso predominante del ferro nella vita quotidiana, infatti, ha trasformato tale
metallo in un bene di prima necessità, la cui produzione, a differenza di quelle dei
metalli monetabili, può sussistere autonomamente, anche al di fuori di sistemi
economici organizzati e la produzione destinata all’auto-consumo è stata sempre
rilevante.
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La maggiore rarità dei depositi di minerali di rame e di argento rispetto a quelli di
ferro, la maggiore abilità tecnica che generalmente la trasformazione di tali minerali in
metalli presupponeva, hanno fatto sì che argento e rame siano sempre stati considerati
dei metalli “nobili”, che, insieme all'oro, costituivano i principali componenti usati per
il conio delle monete. Per le ragioni sopra elencate questa risorsa ha avuto un valore
particolarmente strategico per i ceti dominanti.
E’ in questa ottica che si riescono a seguire i rapporti fra potere e risorse che hanno
caratterizzato la storia di questa produzione nel nostro territorio nel corso del
medioevo: la sostituzione dei gruppi egemoni locali al potere centrale, la nascita della
signoria territoriale e l’affermarsi del controllo comunale, sempre in funzione della
gestione delle fasi di produzione e commercializzazione dei metalli preziosi (BAILLYMAITRE 2002; TANGHERONI 1985; TYLECOTE 1983).
L’aspetto che può conferire originalità al del presente progetto di ricerca, che si pone
nel contesto degli studi già effettuati nel campo dell’archeologia della produzione, ed
in particolare nel già citato lavoro sui siti a vocazione mineraria delle Colline
Metallifere (GUIDERI 1995) risiede principalmente nell’ampiezza del campione
analizzato e nella pluralità delle fonti utilizzate.
Se infatti al momento delle precedenti ricerche oltre alle ricognizioni territoriali erano
state condotte campagne di scavo solamente su tre siti (Rocca San Silvestro, Marsiliana
e Rocchette Pannocchieschi), il presente lavoro può contare su un consistente
patrimonio di dati ampliato dalle ricerche condotte nell’ultimo decennio, ed in
particolare sugli scavi stratigrafici dei contesti produttivi. I soli dati provenienti dalle
ricognizioni territoriali, indispensabili per la ricostruzione dell’estensione del
fenomeno all’interno del territorio preso in esame, hanno problemi circa la datazione e
la durata delle attività produttive individuate; lo scavo stratigrafico di siti produttivi
offre invece, oltre alla possibilità di stabilire con maggior precisione l’epoca e la durata
della produzione, l’opportunità di indagare il contesto produttivo inserito
nell’insediamento che l’ha prodotto e di trarre importanti considerazioni circa le
implicazioni socio-politiche del fenomeno preso in esame.
Per cogliere gli aspetti principali dello sfruttamento delle risorse monetabili delle
Colline Metallifere, quali l’estensione del fenomeno, il volume della produzione,
l’organizzazione del lavoro, e la differenza nella gestione del processo dalla fase
altomedievale, alla fase signorile e in seguito a quella comunale, utilizzeremo
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molteplici fonti: le ricerche di archeologia del paesaggio, lo studio delle fonti scritte, lo
scavo stratigrafico e le analisi archeometriche sui manufatti.
La comparazione fra le diverse fonti fornirà nuovi spunti interpretativi: i dati
provenienti dalle ricognizioni territoriali ci daranno informazioni circa l’estensione del
fenomeno, le fonti storiche permetteranno di avere notizie sui poteri coinvolti nel
processo, lo scavo archeologico indagherà il contesto produttivo e le analisi
archeometriche ci informeranno sulla qualità e l’efficienza delle tecniche estrattive
adottate. L’insieme di tutti questi dati consentirà di definire meglio l’organizzazione
sociale ed economica del lavoro minerario e la sua evoluzione attraverso i secoli del
medioevo.
2.1. Studio e ricostruzione della storia dell’insediamento di Cugnano.
Il presente progetto di ricerca prevede inizialmente lo studio della diacronia insediativa
del castello minerario di Cugnano dalle sue origini nel corso dell’VIII secolo
all’abbandono avvenuto fra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo (BRUTTINI,
FICHERA, GRASSI 2009 c.s.).
Il castello di Cugnano si trova al centro del massiccio collinare denominato “Colline
Metallifere” nella parte meridionale della Toscana, in un territorio caratterizzato dalla
presenza di numerosi affioramenti minerari. La storia del sito è legata allo sfruttamento
dei filoni polimetallici presenti intorno al castello e in particolare alla coltivazione
medievale dei metalli monetabili quali il rame, il piombo e l’argento e rappresenta per
questo un caso ideale di studio da cui partire per lo sviluppo della seguente ricerca.
I risultati raggiunti fino ad oggi hanno permesso di comprendere lo sviluppo
urbanistico del castello ed il carattere funzionale delle aree indagate. In particolare lo
scavo ha permesso di ampliare la scansione cronologica attestata dalle fonti scritte,
ridefinendo le fasi fondamentali di Cugnano con la suddivisione in quattro periodi: uno
altomedievale, due relativi ai secoli centrali del medioevo e collegabili alla signoria
degli Aldobrandeschi ed uno collegato al dominio del comune di Siena.
La sequenza insediativa del sito sarà la base per poter studiare le molte evidenze legate
al processo di produzione dei metalli monetabili.
2.2. Studio dei contesti produttivi di Cugnano.
L’area industriale del castello, che coprì nel corso dei secoli fino ad un terzo della
superficie totale interna alle mura, ha conservato numerose strutture legate alle fasi di
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trasformazione del materiale cavato in miniera e alcuni edifici legati al processo
accanto ad aree di discarica dove venivano dislocate le scorie.
Lo studio degli spazi e delle strutture produttive sarà interpolato con i dati provenienti
dalle analisi archeometriche a cui saranno sottoposti sia le superfici delle aree
lavorative e delle strutture rinvenute sia i manufatti, scorie, pareti di forno e frammenti
di minerale, nel tentativo di approfondire le attività che si svolgevano nel sito, ed in
particolare il tipo di metallo lavorato, la fase del processo svolta, le tecniche di
lavorazione, il volume della produzione, ed in definitiva il ruolo svolto da Cugnano nel
lungo processo produttivo dei metalli monetabili, dalle fasi di estrazione del minerale
alla lavorazione del semilavorato in prodotti finiti.
2.3. Analisi archeometriche sui contesti di Cugnano, Montieri e Rocchette
Pannocchieschi.
Oltre allo studio archeometrico delle evidenze di Cugnano, verranno effettuate delle
campionature anche nei contesti produttivi rinvenuti in altri siti scavati nel
comprensorio, ed in particolare si utilizzeranno i depositi e i manufatti dello scavo
dell’edificio de “Le Fonderie” e della Canonica di San Niccolò, a Montieri.
I nuovi dati saranno inoltre confrontati con lo studio archeometrico effettuato sui
contesti dei castelli minerari di Rocchette Pannocchieschi, di Rocca San Silvestro e sul
sito produttivo delle officine della Marsiliana (GUIDERI 1995).
2.4. Obiettivi della ricerca.
Con lo studio del castello di Cugnano si tenterà di ricostruire i principali periodi di
sfruttamento delle risorse minerarie, indagandone le cause, i mutamenti nel tempo, le
loro implicazioni sulla formazione dell’insediamento e la presenza dei diversi poteri
che nel tempo gestirono l’articolato processo di produzione del metallo monetabile.
Il castello di Cugnano è stato scelto per alcune caratteristiche peculiari
dell’insediamento che lo rendono un campione significativo sul quale basare la
ricostruzione socio-economica dell’intero comprensorio.
In primo luogo la vocazione mineraria che è evidente in tutte le sue fasi principali, con
evidenti tracce di attività legate al processo produttivo come gli accumuli di scorie, le
strutture produttive e l’ampia area dedicata alle attività metallurgiche, elementi che si
ritrovano in tutti i periodi della vita dell’insediamento.
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In secondo luogo la sua diacronia insediativa ci permette di affrontare la fase dello
sfruttamento minerario medievale in tutta la sua parabola evolutiva, dall’VIII secolo,
momento in cui si ipotizza che inizi lo sfruttamento dei giacimenti, alla fine del
medioevo, periodo in cui mutano alcuni fattori economici e sociali che causarono un
progressivo abbandono dell’attività estrattiva.
E’ in questo arco di tempo che, in base ai documenti scritti e alle evidenze materiali, il
potere pubblico, detentore unico dei diritti di sfruttamento dei giacimenti, inizialmente
affida in gestione lo sfruttamento alla famiglia comitale degli Aldobrandeschi
(COLLAVINI 1998). I diritti di sfruttamento, con il tempo, passano anche a diversi altri
poteri signorili territoriali che nei secoli centrali del medioevo sembrano gli unici attori
presenti nella regione. In parallelo alle famiglie signorili è da definire il ruolo svolto
nella gestione del patrimonio minerario dal potere ecclesiastico, in particolare degli
episcopati di Lucca e Volterra, attestati sin dall’altomedioevo come possessori di
curtes e da parte di monasteri situati nell’area oggetto di studio (FRANCOVICH, BIANCHI
2006).
Con la crescita delle città e il loro espansionismo verso il distretto minerario si assiste
all’ultima fase delle attività minerarie: la fine del medioevo, infatti, porterà
cambiamenti tali che non renderanno più vantaggioso un simile sistema economico,
cambiamenti che saranno il fattore principale della scomparsa di molti siti minerari, fra
i quali Cugnano.
Una volta stabilita la scansione dei principali periodi storici ci serviremo del
patrimonio di dati acquisiti negli ultimi venti anni di ricerca, partendo da quelle già
portate a termine (GUIDERI 1995) ed integrando i risultati con le nuove acquisizioni,
per arrivare a descrivere il sistema di produzione dei metalli monetabili, processo
cruciale per l’economia medievale dell’intera regione.
La ricchezza dei dati e delle evidenze materiali ci permetterà infatti di indagare tutte le
principali fasi del ciclo produttivo; l’estrazione, con i siti estrattivi dell’area di
Cugnano e Rocchette Pannocchieschi, nel montierino, nel massetano e nel campigliese,
la trasformazione, con le strutture produttive di Cugnano, Rocchette, Montieri,
Marsiliana e Rocca San Silvestro, ed infine la lavorazione del prodotto finito con la
presenza nel territorio di due zecche, una a Montieri e l’altra a Massa Marittima,
importanti luoghi di finalizzazione del processo in un territorio che racchiude in sè
tutte le risorse e i luoghi necessari a completare la produzione di metalli monetabili.
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In sintesi il progetto verterà dunque sul tentativo di rispondere ad alcune domandechiave per la comprensione dei processi storici indagati: quando è iniziato lo
sfruttamento dei metalli monetabili nelle Colline Metallifere nel medioevo e quale
modello insediativo ha prodotto; quali erano e dove si svolgevano le diverse fasi del
processo produttivo; quale rapporto intercorreva fra la signoria territoriale e i castelli
minerari; che differenze esistevano fra le diverse gestioni attuate dai poteri promotori,
dapprima quello pubblico, poi quello signorile e vescovile e da ultimo quello
comunale; che differenze intercorrevano fra la gestione delle diverse signorie
(Aldobrandeschi, Pannocchiesche, Della Gherardesca) e le gestioni comunali (Volterra,
Massa M.ma e Siena), ed infine, quale era il volume della produzione, elemento
indispensabile per cogliere a pieno le ricadute socio-economiche del fenomeno.
La risposta a questi quesiti permetterà di giungere ad una sintesi territoriale sui modelli
di sfruttamento dei metalli monetabili nel comprensorio delle Colline Metallifere nel
medioevo.
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3. I siti oggetto d’indagine
Nel corso della ricerca verranno dunque presi in esame i contesti produttivi e le
caratteristiche di Cugnano e di altri siti scavati nelle Colline Metallifere, con una
particolare attenzione agli insediamenti a vocazione produttiva.
Nelle schede che seguono forniamo le caratteristiche principali di ogni insediamento e
dei contesti produttivi che analizzeremo per fornire dei confronti con le strutture
ricostruite a Cugnano.
3.1. Cugnano
Lo scavo nel castello è stato condotto sul sito a partire dal 2003 da parte
dell’Università di Siena, in collaborazione con l’Universidad del Paìs Vasco, sotto la
direzione scientifica del prof. R. Francovich e del prof. J.A. Quiròs Castillo, e dal 2007
sotto la direzione scientifica della prof.ssa Giovanna Bianchi.
Nel corso delle sei campagne è stata indagata una superficie di 1140 mq equivalente al
21% della superficie totale (5421 mq.), comprendendo lo scavo di parti dell’area
sommitale (vedi Fig.2), dell’area del borgo e dell’ampia area industriale nella parte
settentrionale (BELLI et alii 2005; BRUTTINI 2007; BRUTTINI, GRASSI 2008; BRUTTINI,
FICHERA, GRASSI 2009 c.s.).
Il castello è noto dalle fonti a partire dall’XI secolo; infatti nel 1038 viene stipulato un
documento in cui vengono vendute a Tederico del fu Ildebrando alcune terre
dominicate e massaricie poste “in loco qui dicitur Cognano”. Dal XII secolo il sito è
presente nei documenti scritti, collegato ad alcuni soggetti della famiglia
Aldobrandeschi che ne rivendicarono i propri diritti (FARINELLI 2005) e ad esponenti di
una casata locale, i “da Cugnano” che esercitarono i diritti signorili sul castello nei
secoli XIII e XIV, prima sotto il dominato degli Aldobrandeschi e in seguito, a partire
dalla seconda metà del XIV secolo, sotto il comune di Siena e la famiglia dei Tolomei.
Lo scavo ha mostrato una cospicua realtà insediativa a partire almeno dall’VIII secolo,
momento in cui un insediamento era già esistente nella parte più elevata del rilievo
collinare. Tale realtà insediativa, costituita forse da strutture residenziali, abitazioni e
annessi funzionali, si trovava delimitata all’interno di un taglio del suolo vergine lungo
oltre 70 mt. e largo 1/2 mt. e dai salti di quota naturali del pendio. Fin da questo
periodo lo studio delle tracce materiali ha mostrato che era inequivocabile il legame fra
affioramenti minerari e insediamento. La coltivazione dei filoni polimetallici, cominciò
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dagli affioramenti più vicini al sito stesso, mostrando una vocazione economica che si
rafforzerà nei secoli successivi (BELLI et alii 2005, pagine conclusive e BIANCHI,
DALLAI, GUIDERI 2009 c.s.).
Dall’XI secolo l’abitato assunse una forma circolare, delimitato da una cinta in
muratura che racchiudeva al suo interno tutti i versanti della collina. Di questo periodo
sono state indagate alcune abitazioni appartenenti all’area residenziale con alcuni
annessi funzionali. Pur non avendo, allo stato attuale della ricerca, tracce evidenti dello
sfruttamento della risorsa mineraria, possiamo desumere che questa procedesse
all’esterno del sito con la coltivazione dei filoni che si trovavano immediatamente a
nord, est e sud del rilievo collinare. La costruzione della cinta muraria, inoltre, implicò
un investimento di risorse e una volontà di controllo e di difesa collegata molto
probabilmente al processo produttivo in atto nel sito: in questo intervento possiamo
infatti percepire una sorta di pianificazione dell’abitato con la necessità di racchiudere
all’interno della cinta una superficie ben più ampia di quella forse realmente occupata
in questa fase del villaggio.
Nel XII secolo Cugnano è definibile come un castello minerario sede di artigiani e di
minatori che partecipavano alle prime fasi del lungo processo produttivo di
sfruttamento della risorsa mineraria. La superficie interna del castello era divisa in tre
aree ben distinte, la parte signorile sommitale, comprendente all’interno di un circuito
murario una torre, altri edifici e, presumibilmente, l’edificio ecclesiastico attestato
nelle fonti a partire dal 1261, rappresentativi del potere signorile detenuto sul sito dagli
Aldobrandeschi, l’area produttiva e un’area abitativa, sicuramente presente anche se
non ancora individuata.
Di queste tre aree, quella produttiva è al momento la più indagata. Infatti, le numerose
strutture all’interno di un’area deputata alle lavorazioni e ben distinta dal resto
dell’insediamento, testimoniano la precisa finalità economica del castello.
La parte meridionale del sito non reca tracce di edifici di alcun tipo ed i depositi qui
scavati sono più tardi cronologicamente, relativi al XIV secolo; ugualmente nella parte
est del sito. L’ubicazione di una probabile area abitativa non è al momento ipotizzabile
con precisione.
E’ nel corso della prima metà del XIV secolo che le strutture del castello minerario
occuparono tutto lo spazio all’interno del circuito murario più ampio. L’area
industriale era suddivisa in aree lavorative, aree di stoccaggio del materiale e aree di
discarica. Vi era un controllo diretto della catena produttiva, come testimonia l’area
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signorile che domina tutto l’insediamento e l’accesso alla parte produttiva sottostante
tramite la porta secondaria del palazzo. Il borgo, che secondo una prima stima e un
confronto con i documenti, doveva ospitare nel momento della sua massima
espansione fino a 200/250 individui, era separato dal resto dell’insediamento e,
probabilmente, in comunicazione con l’area sommitale grazie alla presenza della
chiesa, attestata fino al 1443. Le evidenze produttive rinvenute nello scavo, miniere,
strutture e cumuli di scorie, permetteranno di studiare la produzione dei metalli
monetabili nella sua evoluzione dalla fase di gestione pubblica, alla fase comunale, in
questo caso senese, passando per il lungo periodo signorile che caratterizza i secoli
centrali della vita di Cugnano con la gestione Aldobrandesca e dei da Cugnano.
3.2. Rocchette Pannocchieschi
Il castello di Rocchette Pannocchieschi sorge tra Massa M.ma e Moterotondo M.mo, a
ridosso del versante sud del Poggio Trifonti, sulla sommità di una collinetta. Il castello
si trova all’interno di un territorio caratterizzato da mineralizzazioni di piombo e di
argento sfruttate sin dall’antichità e caratterizzanti il paesaggio circostante. L’area
esterna al castello è fortemente connotata dalla presenza di quattro doline,
probabilmente di origine naturale, ma utilizzate nel periodo medievale per l’estrazione
del minerale affiorante e del calcare cavernoso. Tale sfruttamento ha creato un
paesaggio particolare che caratterizza, rendendolo unico, tutto il manto boscoso che
circonda il sito.
I resti dell’insediamento medievale, impiantato per il controllo e la gestione di tali
risorse minerarie, consistono nel castello racchiuso dalla cinta muraria e in due aree
artigianali esterne alle mura. Il castello si estende nella zona sommitale racchiusa da
un’autonoma cinta muraria e sulle pendici della collina stessa, ove si sviluppa il borgo
per una superficie totale di circa 2500 mq.
L’insediamento medievale è stato oggetto di numerose campagne di scavo, effettuate
negli anni 1992-2003 sotto la direzione dell’Insegnamento di Archeologia Medievale
dell’Università di Siena e in collaborazione con la Comunità Montana delle Colline
Metallifere (BELLI, GRASSI c.s.).
Tra gli scopi principali delle indagini vi era la possibilità di indagare i processi di
estrazione e di lavorazione del minerale in età preindustriale e pertanto lo scavo ha
riguardato l’interno del castello e soprattutto alcuni settori esterni che sembravano
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deputati alle attività metallurgiche da un’analisi di superficie, data la presenza di
numerosie scorie di lavorazione. Il progredire dello scavo ha permesso inoltre di
rivolgere la strategia del cantiere anche all’analisi delle fasi più antiche
dell’insediamento, attraverso lo scavo della zona sommitale del sito, che ha consentito
di raccogliere ulteriori dati sulla cronologia iniziale dell’abitato e di verificare
lavorazioni metallurgiche all’interno dell’area fortificata.
La ricchezza di evidenze materiali anteriori all’affermarsi del potere signorile
sull’insediamento e alla definizione del castello ha di fatto confermato il forte impulso
che la presenza di metalli monetabili ebbe sulla nascita dell’insediamento. A Rocchette
si intuisce l’esistenza di una volontà organizzativa e gestionale delle risorse del
sottosuolo già tra VIII e IX secolo, ancora più evidente a partire dal X secolo quando
fu costruita una cinta muraria che circondava tutta la parte sommitale (BELLI, DE
LUCA, GRASSI 2003).
L’indagine delle fasi bassomedievali ha invece rivelato un insediamento molto simile
nelle dinamiche insediative ai castelli minerari della costa toscana, permettendo di
visualizzare una prima fase signorile, nella quale il castello è gestito dai conti
Pannocchieschi (XI-XIII secolo) ed infine una fase finale collegata al dominio della
città di Massa Marittima (XIV secolo). E’ in questa fase che si tentò anche un
ripopolamento forzato del sito, costruendo una nuova area industriale esterna alle mura
e finalizzata al rilancio dell’attività mineraria già in forte declino.
I contesti produttivi del sito offriranno dati per lo studio della produzione dei metalli
monetabili nella fase signorile, grazie alla struttura produttiva scavata all’interno del
sito e nella fase comunale massetana con lo studio delle due aree industriali poste
immediatamente all’esterno della cinta muraria.
3.3. Montieri
La più antica attestazione di Montieri nei documenti rimane a tutt’oggi incerta dato che
gli storici ancora si interrogano sulla veridicità di documenti risalenti alla fine del IX e
agli inizi del X secolo, alcuni dei quali andati perduti ed è solo del 1133 la prima
menzione attendibile di un castrum de Monterio. Nonostante ciò possiamo notare come
tutti i documenti più antichi, ritenuti falsi o meno, riguardino il possesso delle miniere
poste sul poggio di Montieri, fatto che lega la nascita del sito allo sfruttamento del
giacimento minerario (TRAVAINI 2001, TRAVAINI c.s., VOLPE 1924).
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Furono probabilmente le condizioni particolarmente favorevoli dell’area montierina,
tra cui la ricchezza dei giacimenti, la disponibilità del legname e la sua collocazione
geografica, che comportarono l’installazione all’interno delle mura del castello di un
edificio dove veniva concluso il ciclo dei metalli monetabili: l’esistenza di una zecca,
attestata dai documenti a partire dal 1216 fece sì che il piccolo borgo avesse contatti
con molte realtà e lo inserì, molto probabilmente, in circuiti commerciali che gli altri
castelli non conobbero, se non marginalmente, fatto che comportò una crescita della
popolazione sia quantitativa che qualitativa, con la presenza di mercanti, banchieri,
manodopera specializzata, esponenti di diverse città come Volterra, ma anche Siena e
Firenze.
In definitiva la presenza di quest’importante edificio che rappresentava l’ultima tappa
del lungo ciclo produttivo dei metalli monetabili, fece sì che la popolazione crescesse
in numero, che si radicasse nel territorio e che si formasse una ricca comunità, tanto
che Montieri fu fra le prime popolazioni rurali che si dotarono di Statuti, come
riportato dai diversi Brevi, datati a partire dal 1215.
La produzione dei metalli monetabili, infatti, fu il motore principale delle attività di
Montieri per tutto il corso del medioevo, uno dei motivi che ne causò la nascita e uno
dei motivi che ne giustificò la sopravvivenza. Queste attività coinvolsero tutto il
poggio di Montieri e la popolazione che qui risiedeva. L’estrazione avveniva
all’interno delle numerose miniere scavate sul fianco della collina, il minerale subiva
una serie di processi di riduzione nei forni fusori costruiti in prossimità dei fossi che
dalla vetta scendevano a valle. In seguito il metallo estratto, in prevalenza argento, ma
anche rame, altrettanto importante per il conio, esito finale del processo, era portato
all’interno del borgo mentre gli scarti o scorie, più comunemente chiamate “loppe”
venivano accumulate immediatamente a valle del borgo. I pani di metallo sia d’argento
che di rame erano infine portati nell’edificio della zecca, all’interno del quale, al
termine di un lungo ciclo di lavorazione, uscivano sotto forma di monete, pronte per
essere immesse nel circuito economico.
Queste attività, protratte per secoli ed intorno alle quali si sviluppò un’organizzazione
proto-industriale, resero Montieri uno dei borghi medievali più importanti dell’intero
comprensorio minerario, al centro di molteplici interessi, non che uno dei fulcri
dell’economia monetaria regionale.
Lo studio del sito di Montieri e delle molte evidenze produttive che conserva al suo
interno permetterà di affrontare la questione della gestione delle miniere da parte del
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potere pubblico, del passaggio dei diritti di sfruttamento alle famiglie signorili (in
quest’area sono documentati possessi aldobrandeschi, pannocchieschi e gherardeschi,
senza trascurare la presenza predominante dell’episcopio volterrano, poteri signorili ed
ecclesiastici che saranno sostituiti dalle autorità comunali sia di Siena che di Volterra
ma che vedono presente e attivo anche il comune di Firenze. L’eccezionale contesto
montierino permetterà quindi di mettere a fuoco in uno stesso sito molte delle
tematiche oggetto di studio.
3.3.1 Montieri, “Le Fonderie”
Nei mesi di maggio 2007 e gennaio 2008 si è svolto lo scavo archeologico di tre lotti
dell’edificio denominato “Le Fonderie” in via delle Fonderie a Montieri (GR).
L’indagine archeologica è stata condotta sotto la direzione scientifica della
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana che si è avvalsa della
collaborazione del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università
degli Studi di Siena. L’area oggetto di indagine corrisponde a due lotti abitativi, andati
distrutti in seguito ad un esplosione negli anni ’80, posti all’estremità nord dell’edificio
e ad un fondo attualmente usato come cantina, posto all’estremità opposta dell’edificio
medievale de “Le Fonderie”. Tale edificio riveste un’importanza storica, di cui è
un’eco il nome stesso, per il suo legame con lo sfruttamento delle risorse minerarie e la
sua ubicazione nel castello di Montieri. L’edificio de “Le Fonderie” è posto nella parte
sud est del borgo di Montieri, e costituisce il fronte est dell’omonima strada; misura
33,00 mt. di lunghezza e 7,00 mt. di larghezza ed è costituito da un corpo di fabbrica
unico, che si sviluppava su almeno due piani, ed aveva il piano terra, in una delle sue
fasi più antiche, costituito da un sistema di ambienti aperti verso l’esterno,
parzialmente conservati. Gli ambienti erano delimitati da pilastri in pietra a pianta
quadrata che, insieme ad un allineamento centrale di pilastri, contribuivano a formare
10 ambienti voltati alcuni dei quali con archi in laterizi decorati, che occupava
interamente lo spazio del piano terreno. Lo studio della sequenza dei tre lotti
dell’edificio de “Le Fonderie” ha restituito una stratigrafia sostanzialmente ascrivibile
a tre periodi, quello bassomedievale, dalla fine del XII alla fine del XIV secolo, quello
rinascimentale e moderno dal XV alla fine del XVIII secolo e quello contemporaneo,
XIX e XX secolo (ARANGUREN, BIANCHI, BRUTTINI 2008).
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Le prime tracce che si rinvengono nell’area sono relative all’impianto del cantiere per
la costruzione dell’edificio delle Fonderie con la messa in opera delle fondazioni di tre
pilastri e la costruzione delle murature che delimitavano originariamente l’edificio.
In base alle tecniche murarie impiegate potremmo in via preliminare collocare la
costruzione del primo edificio intorno all’inizio del XIII secolo. Le attività che vi si
svolsero all’interno in questa prima fase furono diversificate. Nella parte nord
dell’edificio si impiantò direttamente sul banco roccioso una “canaletta” di 2,00 mt.
circa di lunghezza intervallata da alcune “vaschette” a cui venne affiancata una fossa
circolare. Sono connesse con queste evidenze le numerose buche di palo rinvenute sul
piano roccioso dell’ambiente. Questi strati sembrano legati ad un utilizzo produttivo
dell’area, con la presenza nella zona di punti di fuoco di cui rimangono labili tracce sul
piano di calpestio. In una seconda fase di utilizzo dell’area, la fossa circolare venne
obliterata e sostituita da una struttura analoga interpretata come un piccolo forno in
muratura, probabilmente in pietre e laterizi, che presentava la camera di combustione
scavata nel terreno, e la camera di cottura con una volta in laterizi e un piano forato in
muratura che divideva le due camere.
Allo stesso periodo risalgono le attività individuate nella parte sud dell’edificio. In
questo ambiente venne costruito un pozzo di forma quadrata che accedeva direttamente
alla falda acquifera proveniente dal poggio soprastante l’abitato. Alla presenza di
questa fonte di approvvigionamento di acqua si associa l’impianto di una forgia,
all’interno della quale si sono conservati strati appartenenti a diverse fasi d’uso,
numerose scorie prodotte nel corso dell’uso della struttura e oggetti di ferro non finiti
di lavorare. Il ritrovamento di alcune scorie sul fondo del pozzo suggerisce che le due
strutture abbiano lavorato contemporaneamente.
Le evidenze di entrambi i saggi di scavo riconducono ad un utilizzo produttivo
dell’area. L’importante edificio collocato ai margini dello spazio urbano, nelle
vicinanze di una delle porte di accesso al borgo, immediatamente sotto all’edificio del
cassero che si trova 100 mt. a monte, aveva al suo piano terra almeno 8 ambienti
scanditi dai pilastri esterni, con la presenza di una forgia, un pozzo da cui veniva attinta
l’acqua, indispensabile per qualsiasi lavoro metallurgico, e uno o più ambienti destinati
probabilmente alla fusione del metallo stesso. Lo studio delle strutture e le analisi sulle
scorie rinvenute in entrambe le aree di scavo permetteranno di essere più chiari circa i
metalli impiegati nel processo e di caratterizzare meglio la funzione dell’edificio
nell’economia dell’intero insediamento e del distretto delle Colline Metallifere.
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Il periodo rinascimentale porta all’abbandono delle attività metallurgiche all’interno
dell’edificio con una progressiva ripartizione degli ambienti e la trasformazione
progressiva dei lotti in abitazioni o fondi usati ancora oggi.
3.3.2. Montieri, Canonica di San Niccolò
In località La Canonica, oggi un'area fortemente boschiva, si trova un terrazzo naturale
costituito da due pianori e delimitato ad est da un fosso ed a sud dalla strada, sul quale
si riconoscono i ruderi della struttura ecclesiastica di San Niccolò, posta lungo la
viabilità antica che da Montieri permetteva di raggiungere Gerfalco.
Tale complesso sarà oggetto di indagine archeologica da parte dell’Università nel corso
dell’autunno 2009 ed è stato al momento già completamente ricognito per la stesura di
una planimentria totale dei resti emergenti.
La notizia più antica che conosciamo sulla Canonica di San Niccolò è conservata
nell’Archivio di Stato di Siena, nel Caleffo Vecchio, e risale al 1137; all’interno di una
contesa tra il vescovado di Siena e quello di Volterra possessore del castello di
Montieri, si menziona una vendita di beni dal Vescovo di Volterra a quello di Siena e
tra questi beni non è inserita la Canonica di S. Niccolò, che rimase a Volterra, mentre
passarono a Siena tutte le argentiere presenti nelle vicinanze della Canonica stessa.
Questo documento testimonia dunque un probabile ruolo svolto dalla Canonica stessa
nell'estrazione e nella gestione della lavorazione dell'argento, al pari della nobiltà
locale che controllava i processi di produzione.
Alcune indagini topografiche svolte dall'Università di Siena nel comune di Montieri
all'inizio degli anni Novanta, durante un lavoro di laurea coordinato da Riccardo
Francovich, hanno infatti evidenziato, nel sito in questione, la presenza di Galena,
Blenda e Calcopirite nonché di scorie collegate ai processi metallurgici (RUBEGNI
1990-1991) .
La ripulitura ed il rilievo svolti hanno permesso di rendere visibili in superficie le
evidenze presenti che occupano una superficie di circa 2500 mq:
- sul primo terrazzamento i resti murari attribuibili ad una chiesa realizzata in piccole
bozze di calcare della quale si riconoscono la navata principale e almeno due absidi.
Una terza struttura con andamento semicircolare ed un angolo di un edificio sono
inoltre visibili ad ovest della chiesa, e risulta difficile al momento ipotizzarne la
planimetria. Sempre ad ovest della struttura ecclesiastica si dispongono invece alcuni
edifici la cui pianta è interamente visibile, tra i quali un grande ambiente rettangolare
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est-ovest (23,5 x 8 m.) collegato ad uno più piccolo (7 x 6 m.) che occupa tutta la parte
centrale del pianoro ed un secondo ambiente rettangolare, diversamente orientato, che
chiude l’area pianeggiante (18 x 17 m.).
- sul secondo terrazzamento ingenti crolli di materiale lapideo, forse relativi alle
strutture descritte sopra o ad altri edifici non visibili al momento.
Nei dintorni del sito, compreso dunque tra il fosso e la viabilità, sono inoltre emersi
alcuni spargimenti di scorie ed un imbocco di miniera, oggi obliterato dalle macerie,
che consolidano l’ipotesi di uno stretto rapporto tra l’edificio monastico e la
produzione del metallo monetabile.
3.4. Rocca San Silvestro
Il progetto di ricerca sul castello di Rocca San Silvestro è stato il principale intervento
collegato allo studio delle dinamiche insediative e produttive delle Colline Metallifere.
Lo scavo del castello di Rocca San Silvestro (1984-1994), è stato oggetto di numerose
pubblicazioni sotto forma di rapporto preliminare, di resoconto esaustivo, di
presentazioni divulgative e di approfondimenti tematici su singoli aspetti. In particolare
i dati di scavo hanno fornito informazioni di grande spessore sui processi minerari e
metallurgici di età medievale (GUIDERI 1995).
Il castello di Rocca San Silvestro si trova nel cuore dei monti del Campigliese, alle
pendici del Monte Calvi (646 m), ed è inserito tra i rilievi di Monte Rombolo (391 m.)
a sud-ovest, la valle del Manienti ad ovest e Poggio all'Aione (459 m.) ad est. Questi
rilievi sono caratterizzati da ricche macchie di vegetazione che si alternano a rocce
calcaree bianche e grigie; lungo questi affioramenti di roccia si sono depositate, a
contatto diretto con il calcare, le mineralizzazioni di Skarn, comprendenti piombo,
argento, rame, ferro, zinco.
L'esistenza di risorse minerarie così abbondanti ha condizionato in modo
inequivocabile la disposizione e lo sviluppo degli insediamenti in tutti i periodi, da
quello etrusco all'età contemporanea. Rocca San Silvestro nasce ex-novo, in un sito
precedentemente non abitato, nel cuore di un'importante area mineraria sfruttata sin
dall’antichità (FRANCOVICH 1991). I Conti della Gherardesca risultano proprietari di
Rocca San Silvestro fino agli inizi del XII secolo quando si avvicendano sul controllo
del sito alcuni loro visdomini che assumeranno il nome di Della Rocca. Dopo il cambio
di signoria, il castello conobbe un lungo periodo di prosperità fino alla metà del XIII
secolo. Dalla seconda metà del XIII infatti il controllo dei signori sul castello si allentò,
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a causa di interessi delle stesse famiglie verso zone minerarie diverse dalla Maremma,
come quelle in Sardegna (FRANCOVICH 1991). Le indagini archeologiche hanno
mostrato che l’abbandono del sito fu lento e graduale, determinato con molta
probabilità dall’inadeguatezza dell’organizzazione produttiva signorile di fronte a
nuovi modelli di gestione delle risorse promossi dai Comuni cittadini (FRANCOVICH,
WICKHAM 1994). Favorì inoltre l’abbandono dei sistemi utilizzati per tutto il medioevo
il contemporaneo diffondersi dell'uso dell'energia idraulica per alcune fasi del ciclo
produttivo (FRANCOVICH 1991).
Lo studio del castello è stato favorito indubbiamente dall'eccezionale stato di
conservazione del sito, negli elevati, nei corredi domestici, nelle testimonianze delle
strutture produttive ritrovate pressoché intatte sotto i crolli dei muri. Infatti, dal punto
di vista archeologico, le modalità della crisi e dell'abbandono del castello, molto lente e
prolungate nel tempo, hanno determinato una sorta di "cristallizzazione" dei resti
materiali dell'ultima fase di vita.
Gli ultimi anni hanno permesso, con assidui studi sulla cultura materiale, di definire
sintesi globali sul sito di Rocca San Silvestro. La creazione di una griglia cronologica
volta a predisporre una messa in fase ed una periodizzazione di tutte le aree del
castello, corrispondente a precisi cambiamenti nell'assetto urbanistico di tutto il sito, è
scaturita dall’insieme dei lavori sulle stratigrafie orizzontali, su quelle verticali, nonchè
dall’impegno profuso da parte di vari ricercatori nello studio dei reperti. Tra questi, di
interesse per la nostra ricerca saranno gli studi sugli indicatori di produzione del
metallo e le analisi archeometriche svolte sulle scorie recuperate nell’area artigianale
scavata nel sito (GUIDERI 1995).
3.5. Massa Marittima. Pian delle Gore (Marsiliana)
Durante le ricognizioni di superficie svolte da Guideri (GUIDERI 1995) fu individuata,
proprio ai margini della pianura della Marsiliana, sottostante la città di Massa
Marittima, un'area di particolare interesse, che restituì una serie di emergenze riferibili
ad attività metallurgica, note anche dallo Statuto Massetano. Si trattava di numerosi
cumuli di scorie della lavorazione del rame e del piombo argentifero, di tre strutture
fusorie per la lavorazione dei locali solfuri misti e di un impianto idraulico individuato
nel bosco a breve distanza dalle scorie. E’ stato sottoposto a scavo un cumulo di scorie
al fine di campionarle e di fare la stima dei metri cubi presenti, in modo da ipotizzare
la quantità di metallo prodotto basandosi sulle percentuali di elementi residui in
20
rapporto ai minerali di partenza. Lo studio della stratigrafia scavata, assieme alle scorie
di produzione, permise di conclcudere che le strutture produttive da cui proveniva la
discarica dovevano essere collegate alla riduzione del rame. La datazione di tale
attività, effettuata in base ai reperti recuperati nelle discariche, è tra XIII e XIV secolo,
nell’ambito della fase di gestione comunale delle risorse minerarie del massetano.
Vicino alla discarica inoltre si trovavano tre fornaci interpretate come strutture per
l’arrostimento del minerale di rame o della metallina, una delle quali è stata indagata
archeologicamente e un impianto idraulico collegato alle attività metallurgiche di
epoca medievale. Le ruote idrauliche,attive fino al XV secolo, mettevano in funzione i
mantici e/o i magli di un’officina che doveva essere collocata nelle immediate
vicinanze ed a cui sarebbero collegate anche tutte le altre evidenze (cumuli di scorie e
strutture per l’arrostimenti del rame).
Dunque, l’utilizzo dei dati ricavati dallo studio di queste evidenze produttive
all’interno della presente ricerca ha lo scopo di ampliare le conoscenze che si
ricaveranno dai contesti trecenteschi di Cugnano sul modello di gestione “comunale”
massetana delle risorse metallurgiche locali.
4. Gli strumenti della ricerca
4.1. Studio della stratigrafia e la gestione informatica dei dati.
Lo scavo del castello di Cugnano è giunto nel 2009 alla sua sesta campagna ed ha
interessato, al momento, 15 aree. Per poter ricostruire la storia del sito di Cugnano sarà
necessario portare a sintesi i numerosi dati raccolti con l’indagine archeologica
partendo dalla messa in fase delle unità stratigrafiche indagate. La ricostruzione della
sequenza stratigrafica renderà necessario uno studio preliminare di tutte le unità
stratigrafiche individuate nel corso delle campagne di scavo e il loro raggruppamento
in attività, suddivise successivamente in fasi e periodi.
L’inserimento delle fasi individuate in una griglia cronologica assoluta, verrà ottenuto
tramite l’utilizzo di due fonti diverse di datazione: lo studio dei reperti ceramici e la
datazione radiocarbonica di alcuni campioni di carbone. La possibilità di avere una
serie di analisi radiocarboniche di campioni prelevati da diversi contesti, permetterà in
molti casi di avere un arco cronologico definito all’interno del quale inserire gli scarti
di produzione recuperati.
21
Le campagne di scavo condotte sul sito di Cugnano hanno prodotto una tale mole di
dati da rendere necessario l’utilizzo delle moderne tecnologie informatiche per poter
gestire correttamente le informazioni ricavate dallo scavo stratigrafico del deposito.
La ricerca sulle Colline Metallifere condotta da vari gruppi di studio ha reso necessaria
nel campo dell’informatica l’impostazione di una base GIS molto dettagliata nella
quale fare confluire tutti i dati raccolti fino ad ora sul territorio, sia per quanto riguarda
le campagne di ricognizione sia per gli scavi di siti. L’utilizzo di questa base e
l’implementazione della stessa con i nuovi dati acquisiti nel corso della nostra ricerca
permetteranno di fare ulteriori analisi spaziali sulle tracce di attività mineraria, nel
tentativo di ricostruire dove e secondo quali criteri di scelta dei siti avvenissero le
diverse tappe del processo produttivo legato alla monetazione.
La piattaforma GIS esistente, creata all’interno dell’Area di Archeologia Medievale
dell’Università degli studi di Siena (FRONZA, VALENTI 1997; FRANCOVICH, VALENTI
2001; NARDINI, VALENTI 2004), consentirà di mettere in relazione fra di loro i dati
delle diverse unità stratigrafiche e ottenere numerose piante di fase, utili sia nello
studio della stratigrafia, sia nell’elaborazione dei quadri di sintesi della rete insediativa.
Il livello successivo sarà quello di mettere in relazione il sito con il resto delle evidenze
del territorio, miniere, castelli limitrofi, vie di comunicazioni ed aree boschive per
inserirlo nel contesto territoriale delle Colline Metallifere.
4.2. Le analisi archeometriche.
I contesti archeometallurgici individuati nei siti oggetto di indagine saranno campionati
per essere sottoposti ad indagini archeometriche. Nell’effettuare delle analisi è
indispensabile scegliere in modo accurato i criteri di campionatura.
Questa fase è estremamente importante, dato che sui campioni verranno fatte poi tutte
le indagini di laboratorio; pertanto questi campioni, con tutte le loro varianti, dovranno
ben rappresentare l’insieme.
Le scorie saranno soggette dapprima ad un esame autoptico e in seguito alle analisi di
laboratorio per determinare la composizione delle fasi (minerali presenti all'interno di
una scoria) e quella chimica (i componenti delle fasi in percentuali di elementi).
La determinazione delle fasi verrà fatta con microscopia ottica (MO) ed elettronica
(SEM), con la diffrattometria a raggi X (XRD) e l'analisi chimica con la fluorescenza a
raggi X (XRF). Le analisi verranno scelte di volta in volta insieme all’equipe del prof.
22
Tanelli (Università di Firenze) con il quale si collaborerà nell’ambito di un protocollo
di intesa già in atto con l’Università di Siena.
La determinazione della composizione delle fasi delle scorie (principalmente silicati
misti ad altri componenti come gli ossidi, i residui del minerale di partenza e del
fondente utilizzato e i metalli non liberati) sono riconoscibili in parte attraverso la
semplice analisi al microscopio di sezioni lucide o sottili, o più dettagliatamente con la
diffrattometria e possono informare sul processo metallurgico. Questa fase del lavoro
potrà essere svolta all’interno del Laboratorio di Scienze Applicate all’Archeologia
dell’Università
di
Siena
(http://archeologiamedievale.unisi.it/NEWpages/lsaa/archeometrico.html).
L’analisi chimica serve invece ad individuare i singoli elementi presenti e le precise
percentuali di questi all'interno del campione. Questi dati consentiranno prima di tutto
dei confronti circostanziati fra i vari tipi di scorie, basati sulle diverse percentuali di
elementi; si potranno così vedere le percentuali di rame, piombo, argento residue e
quindi valutare ancora una volta, ma con maggiore precisione, l'efficienza del
processo. Si potranno vedere le percentuali di silice, per capire se e quanto sia ben
formata la scoria. Si potranno infine anche cogliere eventuali evoluzioni del processo,
sulla base di variazioni dei tenori metallici, qualora i campioni siano inseriti in un
contesto stratigrafico.
E' possibile infine studiare le relazioni fra la composizione chimica e la formazione dei
composti, durante e dopo la solidificazione della scoria, attraverso delle
rappresentazioni grafiche, definite diagrammi di fase. Attraverso tali diagrammi, che
rappresentano dei sistemi in equilibrio fra i maggiori componenti delle scorie, è
possibile risalire alla temperatura dell'ambiente in cui quel campione si è formato; la
temperatura costituisce un indicatore estremamente importante, sia per distinguere i
diversi passaggi all'interno di un processo di trasformazione (arrostimento, riduzione,
manifattura dell'oggetto), sia per capire il livello tecnologico raggiunto dall'intero
processo metallurgico (BACHMANN 1993).
Inoltre potranno essere effettuate analisi chimiche (XRF) con attrezzatura portatile dei
piani di calpestio e delle superfici di lavorazione e di estrazione al fine di determinare
l’uso degli spazi nelle aree produttive scavate a Cugnano. Tale attività rientreranno
nell’ambito del progetto di collaborazione fra il Dipartimento di Archeologia e il
Dipartimento di Chimica dell’Università di Siena).
23
Tutte le informazioni ed i dati raccolti con le diverse analisi dovranno sempre essere
combinati fra di loro ed uniti ai dati provenienti dallo scavo dei contesti per arrivare
così ad una corretta valutazione e alla ricostruzione dei processi metallurgici che hanno
interessato il comprensorio delle Colline Metallifere nel medioevo.
24
5. Tempi di svolgimento.
La ricerca nel triennio si svolgerà nel seguente modo: nel corso della prima annualità
verrà portato a compimento il lavoro di ricostruzione della sequenza insediativa del
castello di Cugnano. Questo lavoro che prevede il raggruppamento delle unità
stratigrafiche in attività, fasi e periodi, verrà portato avanti grazie all’uso della
piattaforma GIS che verrà in un primo momento integrata con le ultime acquisizioni e
in un secondo momento interrogata con apposite domande per creare delle viste di
periodo e di fase utili alla ricostruzione della storia dell’insediamento.
Nel secondo anno della ricerca sarà effettuata la selezione dei campioni per poi
procedere alla scelta delle diverse analisi di laboratorio e ad una interpretazione dei
dati alla luce delle evidenze studiate.
Il terzo anno infine servirà ad arrivare ad una sintesi dei dati acquisiti con
l’approfondito confronto con gli altri siti minerari e all’individuazione dei diversi
modelli di sfruttamento delle risorse monetabili (signorile e comunale) e alle eventuali
differenziazioni all’interno dello stesso modello (ad esempio le possibili differenze fra
il sistema senese e quello massetano) per rispondere così alle domande formulate
inizialmente e raggiungere gli obiettivi prefissati.
In ultima analisi volevo sottolineare la ricaduta dei risultati del progetto, nell’ambito
del Parco Nazionale Tecnologico Archeologico delle Colline Metallifere Grossetane,
all’interno del quale sono posti tutti i siti oggetto di indagine e le cui tematiche di
approfondimento riflettono quelle del presente progetto (FRANCOVICH 1994).
La produzione di percorsi tematici, pannelli, prodotti multimediali e sistemi
informativi territoriali (GIS) permetterà alla ricerca archeologica di trovare una
ricaduta presso il pubblico più vasto e di trasferire, in forme e modi accessibili a tutti,
le conoscenze acquisite in un progetto di ricerca di alto livello scientifico, secondo quei
propositi che hanno animato, fin dalle prime ricerche, il lavoro di Riccardo Francovich.
25
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