Una “cintura di sicurezza” per salvare lo sport

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Una “cintura di sicurezza” per salvare lo sport
Una “carta bianca” per denunciare i pericoli che corre lo sport
Una “cintura di sicurezza” per
salvare lo sport
di Philippe Housiaux*
a ancora un futuro lo sport agonistico così come lo intendiamo da più di un secolo? Non è la prima volta che ci si pone
questa domanda. Nel corso della sua storia, il movimento sportivo ha affrontato svariate crisi. Che sia stato preso in ostaggio da
regimi totalitari o funestato da tragedie come quella di Heysel, le
preoccupazioni per quanto lo riguarda non sono mancate. Le ha
sempre superate. Oggi però, gli incidenti, gli scandali e i drammi
si succedono a tal punto che è lecito interrogarsi …
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Interi settori dell’attività sportiva sono incancreniti dal doping e l’inganno sotto tutte le sue forme si espone in piena luce, o più precisamente sui nostri schermi televisivi. Ormai non è più un mistero per nessuno: il fine giustifica i mezzi!
Peggio, la violenza è vissuta quotidianamente negli stadi e soprattutto intorno agli stadi. All’occorrenza, i teppisti si trasformano in
killer. Invece di suscitare la festa, certe partite di calcio seminano
sconcerto. La vocazione prima dello sport, che era quella di creare la fratellanza tra gli uomini, ne è
pervertita da cima a fondo.
Che fare per raddrizzare il timone?
Esistono soluzioni miracolose che
possano restituire allo sport la sua
purezza o che permettano di cacciare dagli spalti gli imbecilli violenti? Non illudiamoci. L’angelismo
non ha più corso negli ambienti
sportivi. Gli imbroglioni, i truffatori, i
violenti ci sono sempre stati e ci
saranno sempre. Lo sport non è
altro che uno specchio della
società. Non è un buon motivo per
arrendersi, per abbandonare la
lotta, per incriminare la sola natura
umana e le sue debolezze.
Il movimento panathletico è nato
da questa volontà di difendere a
tutti i costi i principi intangibili dell’etica dello sport. Se non è possibile eliminare tutti i vizi che sporcano l’agonismo sportivo, si può almeno tentare di limitarne gli
effetti. L’obiettivo è quello di creare una sorta di cintura di sicurezza. Quest’immagine ci piace …
Ricordiamo lo scetticismo di alcuni quando la famosa cintura di
sicurezza è stata resa obbligatoria, lo scontento degli automobilisti dinanzi a questa nuova imposizione, la difficoltà di far applica-
re la legge. Vent’anni dopo, non si contano più le vite umane salvate dalle cinture di sicurezza, anche se centinaia di persone
muoiono ancora ogni anno sulle nostre strade. La cintura di sicurezza fa ormai parte delle abitudini alle quali ci pieghiamo quasi
senza accorgercene. Il mondo dello sport non potrebbe imporsi
una “cintura di sicurezza morale”?
Doping: per una tolleranza zero
Il doping è al centro dell’attualità sportiva in questi anni. E’ ancora
ragionevole pensare che si possa riportare una grande vittoria,
battere un record prestigioso, compiere una prestazione eclatante senza aver fatto uso di prodotti proibiti o senza ricorrere a cure
vietate? Qual’è oggi il valore del risultato di una prova popolare
come il Tour de France? Che cosa rappresentano ancora le sette
maglie gialle di Lance Armstrong?
Gli scandali del doping sono tra quelli che calpestano più gravemente la morale dello sport perché non coinvolgono soltanto
gli interessi finanziari dei competitori ma anche l’onore degli atleti
lesi. L’americana Marion Jones
ha dovuto restituire le trentatre
medaglie vinte con l’inganno nel
corso della sua carriera, ma che
cosa hanno pensato le atlete che
avrebbero meritato, legittimamente, di salire sul gradino più alto
del podio?
Nel problema del doping, non ci
può essere la minima tolleranza
per il semplice motivo che non c’è
scusa per l’inganno. Durante la
prima Conferenza mondiale sul
doping, a Copenhagen, nel 2003,
era stato adottato all’unanimità un
codice che prevedeva una pena
iniziale di due anni di sospensione
in caso di prima infrazione. La
maggior parte delle federazioni, e
non le più piccole, non ha mai applicato questo codice.
“Non si può privare uno sportivo del proprio lavoro per due anni
semplicemente perché ha commesso un errore una volta” ha
dichiarato Sepp Blatter, presidente della FIFA, che ha ottenuto
internamente al calcio punizioni clementi nei confronti dei colpevoli o che, più ipocritamente, ha facilitato l’assenza di test antidoping.
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In queste condizioni, non è possibile per l’Agenzia Mondiale
Antidoping restare credibile. La lotta contro il doping è oggi un
problema altrettanto politico quanto sportivo e questa constatazione vale sia sul piano nazionale sia sul piano internazionale.
Il Belgio non fa eccezione alla confusione generale in tema di
repressione. Nella comunità francese, sono le federazioni sportive che decidono delle sanzioni mentre nella regione fiamminga,
ne è incaricato un organo parastatale. Ci si può quindi immaginare quali reticenze, nel sud del paese, ci siano ad agire con
severità quando si conoscono la lentezza e le spese dei procedimenti giudiziali ai quali gli atleti, presi in fallo, ricorrono oggi.
Quindi, due pesi due misure …
Se caldeggiamo la tolleranza zero per quanto riguarda il problema del doping, contrariamente ad alcune personalità del mondo
sportivo come Eddy Merckx, Robert Vandewalle e Wilfried Meert,
è perché questo flagello minaccia principalmente le giovani
generazioni. Che risposta dare ai genitori che portano i loro figli
nei campi di gara e manifestassero preoccupazione per la loro
salute se l’inganno farmacologico fosse legalmente accettato?
Il Panathlon Wallonie-Bruxelles insorge, senza la minima ambiguità, contro il ricorso a qualsiasi sostanza dopante. Si tratta di
un punto che considera non negoziabile per qualsiasi sportivo,
giovane o meno giovane, dilettante o professionista, praticante,
istruttore o dirigente. Come rilevava a giusto titolo Jean-Marie
Leblanc, ex direttore del Tour de France: non esiste peggior
insulto al principio delle pari opportunità.
Corruzione, inganno:
la credibilità dello sport messa in dubbio
Lo sport è portatore di valori. A questo titolo deve essere preservato dal doping, ma anche dalla corruzione, dall’inganno, dal razzismo e dalla violenza. Per lottare contro questi pericoli, il
Panathlon Wallonie-Bruxelles si è dotato di una cellula di “vigilanza” che ha per missione di imporre la famosa “cintura di sicurezza” negli ambienti sportivi della nostra comunità, in particolare alle giovani generazioni.
La corruzione non ha molti effetti nocivi sulla salute degli atleti,
ciò nondimeno scuote le basi del movimento sportivo, minacciando la sua credibilità. Alcuni mesi fa, il calcio belga è stato
scosso dalla vicenda delle partite truccate da un truffatore cinese. Le carriere di alcuni giocatori e di un allenatore sono state
troncate. Lo sport non sfugge a una logica mercantile in cui non
c’è più posto per la morale.
Ovviamente, tutto lo sport è minacciato dalla perversione del
denaro. Di recente, due tennisti belgi, Dick Norman e Gilles
Elseneer, hanno ammesso nella stampa di essere stati avvicinati per perdere incontri. Hanno rifiutato somme da capogiro, un
milione di vecchi franchi belgi per uno, 100.000 euro per l’altro.
La risposta del giocatore bruxellese è stata: “Non avrei più potuto guardarmi allo specchio!”
solito è molto indulgente nei confronti del mondo degli affari, ha
ritenuto opportuno esprimere la sua tristezza. Perché dopo le
confessioni di Marion Jones, l’opinione americana aveva appena
assistito, un po’ frastornata, a una valanga di vicende di natura
criminale, aggressioni, frodi finanziarie, gare truccate, abusi di
potere, nelle quali erano coinvolti atleti o dirigenti dei grandi sport
professionistici. Nel mese di luglio, partite truccate per via di arbitri comprati, in NBA, la lega professionale di pallacanestro, erano
balzate agli onori della cronaca.
Il razzismo genera
la violenza e a volte perfino il crimine
In Europa, ricordiamo ancora gli insulti razzisti che erano diventati ordinaria amministrazione negli stadi nei confronti di giocatori di colore. E’ stato necessario interrompere diverse partite e
l’UEFA ha condotto una campagna energica per sradicare questi comportamenti indegni di sportivi, anche se semplici spettatori.
Eppure, alcune settimane fa, durante una partita di Coppa del
Belgio, a Genk, l’arbitro è stato costretto a interrompere la partita per diversi minuti per aspettare che terminassero i pesanti
insulti ai giocatori ospiti dell’Olympic di Charleroi la cui unica
colpa era di appartenere a un club della Wallonia. Anche gli spalti degli stadi di calcio sono oggi inquinati dalle nostre discordie
comunitarie. Aspettiamo, non senza una certa curiosità, la reazione dell’Unione belga …
Nel 2005, la Città di Bruxelles ha creato un premio destinato a
ricompensare i tifosi europei che avessero tentato di restituire al
calcio il suo aspetto festivo e conviviale, il Brussels International
Supporters Award. Non a caso le prime due edizioni hanno premiato gruppi che hanno per obiettivo precisamente di lottare contro il razzismo e l’intolleranza, cioè gli spagnoli della Peña
Multicolor e gli irlandesi del nord dell’Amalgation of Northern
Ireland Supporters Clubs.
Tuttavia la partita non è mai vinta. I gravi incidenti degli ultimi
mesi dimostrano che si tratta di una lotta senza fine, in cui le
forze oscure del fanatismo e della violenza si rinnovano
costantemente. Perché tutte le infrazioni, gravi o meno gravi,
ai principi dell’etica sportiva finiscono col generare disordine.
Ogni settimana i media ci riferiscono gli incidenti che hanno
segnato, a volte anche funestato, manifestazioni sportive. E’
ora, pensiamo, di mettere un freno a quest’escalation e di
allacciare le cinture di sicurezza.
Il Panathlon Wallonie-Bruxelles è convinto che si tratti prima di
tutto di un problema di formazione degli sportivi. Fin dalla sua creazione, si è interessato a questa problematica e ha dato vita a due
azioni per i giovani: un’operazione “Giocare senza imbrogliare
significa vincere” nelle elementari/medie e un concorso di espressione grafica a favore della morale sportiva nelle superiori.
Allacciate le cinture! E’ una raccomandazione che fanno oggi tutti
i genitori ai propri figli prima di mettere la macchina in moto.
Forse sarebbe opportuno estenderla al mondo dello sport.
Questo fenomeno, purtroppo, è generale. E’ diventato così diffuso negli Stati Uniti che lo stesso presidente Bush, che pure di
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* Presidente del Panathlon Wallonie-Bruxelles