Terrazzi e uomo - GEO
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Terrazzi e uomo - GEO
L’uomo nella geologia: i terrazzi Stefano Mariani [email protected] Carta geologica della vallate del Santerno a valle della Vena del Gesso realizzata da Scarabelli nel 1890. Ben evidenti sono i “Depositi Quaternari” indicati dal colore tendente all’arancione. In particolare, in alto a sinistra, Scarabelli racchiude in un ovale l’area attraversata dal rio Correcchio che è risultata particolarmente ricca di ritrovamenti litici preistorici (da Vai, 1995) Ubicazione: Come già notato in una prevedente scheda, lo studio dei terrazzi alluvionali non riguarda aree puntiformi, bensì territori piuttosto estesi. E questo è ancora più vero lasciando il tratto montano dei corsi d’acqua ed avvicinandosi al loro sbocco in pianura. Nella presente scheda si prendono in esame alcune località poste nelle prime colline imolesi e attraversate dal rio Correcchio. L’area è delimitata nella precedente carta geologica scarabelliana dall’ovale sulla sinistra. I terrazzi ai quali ci si riferisce sono tutti facilmente individuabili percorrendo via Belpoggio nel momento in cui ci si trovi a fiancheggiare ampie aree pianeggianti. Parole chiave: Geomorfologia, sedimentologia, terrazzi alluvionali, rapporto uomo-geologia, archeologia, preistoria. Motivi di interesse: Il “terrazzo alluvionale” come forma del paesaggio e dal punto di vista sedimentologico è stato analizzato nella scheda “I terrazzi alluvionali del Santerno”. In questo caso si vuole invece puntare l’attenzione sul particolare rapporto tra questo elemento del paesaggio e l’uomo. E’ evidente come oggi le “pianure sopraelevate” delle colline imolesi siano particolarmente apprezzate sia come aree abitative sia come terreni coltivabili, in particolare a vite. Un interesse che ha colpito gli uomini fin dal passato, dalla preistoria. Ed è bene notare come solo a partire dall’elemento “terrazzo” gli oggetti umani abbiano potuto iniziare ad entrare a fare parte di un livello geologico di tipo sedimentario come suoi “clasti”. Infatti, per pure questioni cronologiche, in tutte le formazioni precedenti (sabbie gialle, Argille Azzurre…) non è possibile trovare oggetti (come le pietre scheggiate) entro le rocce ma, al limite, sopra alle rocce; non è così per i terrazzi: il chopper o il raschiatoio possono entrare ad esempio a fare parte di un conglomerato basale di un terrazzo! Così Scarabelli (1890) descrive queste zone. “Le brecce delle due terrazze più antiche, sono alquanto più potenti di quelle della successiva ed anche qua e là ad elementi ciottolosi di maggiore volume, costituiti di rocce appenniniche: Calcari, Macigni, serpentine, Ftaniti, e con una potenza media di circa tre metri. Fra le alluvioni argillose sovrastanti alle brecce, sono più potenti quelle della seconda terrazza a sinistra del fiume, da Torrano e Belpoggio verso il Rio Sellustra, come pure le loro controparti di destra, dalla Croce in Campo e Zambina verso il Rio Sanguinario. Il loro spessore è circa di una decina di metri, e vale a formare belli altipiani coltivati dalle due parti del fiume.” E’ bene ricordare che, come nel caso dei fossili e dei minerali, anche la raccolta di reperti archeologici è vietata e deve in ogni caso rispettare la normativa vigente. 2 L’ampissimo terrazzo fluviale denominato da Scarabelli “Piazza Genova”, delimitato da Via Belpoggio a destra e in fondo. Come elemento di scala si prendano gli alberi ad alto fusto che ne seguono il confine sulla sinistra. Il geosito: Il primo lavoro scientifico pubblicato in Italia (1850), riguardante la preistoria e l’archeologia, si deve a Scarabelli, il quale, dopo quattro decenni e molti studi, commenta così quell’evento: “Casualmente fra i primi in Italia, quarant’anni or sono, arrischiai due parole sulle armi di pietra raccolte nell’Imolese, precursore così inconscio e fortunato delle tante scoperte di questo genere fatte poi in Italia. E lo stesso mio paese natìo concorse talmente esso pure nel fornire pietre lavorate, da vantarne ora buon numero nel Museo Civico d’Imola.” (Scarabelli, 1890) Nello stesso articolo, indica che il luogo dei massimi ritrovamenti “si concentra in quella porzione di territorio avente in mezzo il rio Correcchio.” In dettaglio, l’Autore riporta “come tutto il letto del Correcchio, dalla Fratona discendendo al ponte della strada per Belpoggio, si possa ora considerare il vero centro di ritrovamento delle nostre pietre lavorate, e però, dopo grandi piogge e piene del rio, si è quasi sicuri di farne una buona raccolta.” Oltre ai reperti fluitati, l’Autore ne testimonia la raccolta in sito, sempre nel bacino del Correcchio, inclusi e quasi cementati all’interno dello strato di breccia della “seconda terrazza” quaternaria. I depositi alluvionali terrazzati che fiancheggiano tale corso d’acqua sono un buon esempio di sito “composto”; presenta, infatti, aspetti diversi, anche se tutti ricollegabili alla geologia s.l.: è un sito geomorfologico (il terrazzamento), sedimentologico (i depositi alluvionali), archeologico (le industrie litiche preistoriche), antropologico (i motivi dell’antica frequentazione: acqua e materie prime). Ciò è dimostrato dall’approccio di Scarabelli (scienziato a tutto campo, contemporaneamente geologo, archeologo, antropologo, naturalista…) allo studio del luogo. Interessanti tre sue deduzioni, riguardanti aspetti diversi: - Geologia: “Su questi [depositi alluvionali argillosi] poi specialmente nella Piazza di Genova e nei campi della Fratona e del Monticino, si notano alla superficie piccoli cumuli lenticolari di ferro idrato pisolitico, indizio di antiche paludi fiancheggianti il corso del fiume.” - Archeologia: “In quanto alle brecce quaternarie alla sinistra del fiume, non è soltanto loro caratteristica il contenere pietre scheggiate; se ne trovano pure nelle alluvioni sovrapposte a quelle brecce , non mancando in esse neanche i grossi nuclei e blocchi di quarzite, atti a provare la fabbricazione in luogo delle pietre in discorso.” - Antropologia: [L’ubicazione del sito dimostra] “come l’uomo di quei tempi soggiornasse da noi o si aggirasse di preferenza nelle vicinanze del fiume: forse non tanto per procacciarsi dell’acqua, quanto per darvi la caccia ai molti animali che vi dovevano concorrere per abbeverarsi.” La ricca collezione di Scarabelli è stata revisionata da Proli nel 1995. Egli, dopo aver diviso i reperti litici in fluitati e non fluitati ed averli analizzati, afferma che “le due componenti hanno la stessa facies, che è quella delle industrie a tecnica levallois con sporadici bifacciali, omogeneamente diffusa nell’area padana nella fase finale del Paleolitico inferiore.” Un esempio delle industrie litiche che si possono osservare nelle aree in oggetto e presso il Museo Scarabelli di Imola. Bibliografia: - Mariani S. (2003) - Un itinerario geologico nella Valle del Santerno (Romagna) sulle tracce di Scarabelli. In: S. Piacente e G. Poli (a cura di), La Memoria della Terra, la Terra della Memoria. Modena. - Pacciarelli M. (1996) (a cura di) - La collezione Scarabelli. 2. Preistoria. Casalecchio di Reno (Bo). - Proli F. (1995) - I reperti del paleolitico inferiore nella collezione Scarabelli del museo di Imola. In: M. Pacciarelli (a cura di), La collezione Scarabelli. 2. Preistoria, Casalecchio di Reno (Bo). - Scarabelli G. (1890) - Sulle pietre lavorate a grandi schegge del Quaternario presso Imola. Boll. Paletnol. It., 16. - Vai G.B. (1995) - L’opera e le pubblicazioni geologiche di Scarabelli. In: M. Pacciarelli e G.B. Vai (a cura di), La collezione Scarabelli. 1. Geologia, Casalecchio di Reno (Bo).