Ampiezza dell`offerta di servizi ed interventi sociali dei comuni
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Ampiezza dell`offerta di servizi ed interventi sociali dei comuni
Ampiezza dell’offerta di servizi ed interventi sociali dei comuni lombardi Guido Gay Éupolis Lombardia ABSTRACT: La spesa sociale è sostenuta in buona misura dai comuni, responsabili di una pluralità di servizi ed interventi di natura sociale. I comuni lombardi operano talora in autonomia, in altri casi si associano per garantire una migliore estensione e qualità dei servizi erogati a favore dei residenti. La principale fonte di informazione sulla spesa sociale è la rilevazione Istat "Indagine sugli interventi e servizi sociali dei Comuni singoli o associati". La rilevazione consente in particolare una ricostruzione della presenza/assenza di 228 servizi ed interventi classificati come "sociali" relativamente a 1706 unità territoriali complesse in Lombardia (comuni singoli o comuni in forma stabilmente aggregata). In questo contributo si cercherà di verificare, utilizzando i dati elementari della rilevazione 2010, se i meccanismi associativi tra i comuni lombardi garantiscano almeno approssimativamente una eguale ampiezza dell’offerta di servizi ed interventi sociali a prescindere dalla dimensione del comune Pagina 1 Introduzione La spesa sociale è sostenuta in buona misura dai comuni, responsabili di una pluralità di servizi ed interventi di natura sociale. I comuni lombardi operano talora in autonomia, in altri casi si associano per garantire una migliore estensione e qualità dei servizi erogati a favore dei residenti. La principale fonte di informazione sulla spesa sociale è la rilevazione Istat "Indagine sugli interventi e servizi sociali dei Comuni singoli o associati". La rilevazione consente in particolare una ricostruzione della presenza/assenza di 228 servizi ed interventi classificati come "sociali" relativamente a 1706 unità territoriali complesse in Lombardia (comuni singoli o comuni in forma stabilmente aggregata). In questo contributo si cercherà di verificare, utilizzando i dati elementari della rilevazione 2010, se i meccanismi associativi tra i comuni garantiscano almeno approssimativamente una eguale ampiezza dell’offerta di servizi ed interventi sociali a prescindere dalla dimensione del comune. Il contributo è strutturato nei seguenti paragrafi: nel primo vengono esaminate alcune questioni preliminari rispetto ai servizi sociali offerti dai comuni, nel secondo viene delineato sinteticamente il quadro dell’associazione tra comuni, nel terzo si esamina come vari l’ampiezza dell’offerta di servizi ed interventi sociali dei comuni lombardi in relazione alla loro dimensione. Offerta di servizi ed interventi sociali I servizi ed interventi sociali vengono erogati dai comuni prioritariamente ai propri residenti. Un approfondimento sistematico di questa tematica – a nostro avviso di rilevante interesse ai fini di una analisi approfondita dell’uguaglianza di accesso ai servizi sociali – esula dai limiti di questo contributo, ai nostri fini basti verificare qualitativamente l’effettiva presenza, nelle regole di accesso ai servizi sociali, di elementi di preferenza per i residenti. Un esempio tipico è quello dei servizi all’infanzia. Il comunicato n.2/2014 della Direzione Educazione e Istruzione. Settore servizi all’Infanzia del Comune di Milano con oggetto “Iscrizioni ai servizi all’infanzia e ai servizi integrativi. Anno Educativo 2014/2015” non lascia dubbi in proposito: “L’Amministrazione comunale, in quanto Ente autonomo che rappresenta la propria comunità curandone gli interessi, è impegnata a garantire il soddisfacimento delle richieste di Servizi che pervengono dai propri residenti. Su tali basi, in fase di iscrizione e di predisposizione delle graduatorie, non sarà possibile accogliere domande da parte di nuclei familiari residenti in altri Comuni”. Una semplice disamina delle effettive regole di accesso ai servizi comunali mostra una prevalente preferenza per i residenti, con alcuni casi intermedi, tra cui principalmente “le persone presenti abitualmente nel comune”. Nella misura in cui il criterio di residenzialità valga almeno approssimativamente, Pagina 2 l’ampiezza dell’offerta comunale di interventi e servizi locali può essere misurata tramite il numero di servizi ed interventi erogati, desumibile dalla citata indagine Istat sugli interventi e servizi sociali dei Comuni singoli o associati. L’ampiezza dell’offerta di servizi è una variabile inusuale nel campo dello studio della finanza locale, in cui più facilmente vengono analizzate variabili monetarie, spesso tratte dai certificati di conto consuntivi degli enti locali, che comunque pongono rilevanti problemi di misurazione (cfr. IReR, 1998) e riconciliazione con altre fonti statistiche (cfr. Francesca Carrera e Anna Teselli, 2007) . Nonostante ciò, è possibile individuare un limitato numero di studi che l’hanno assunta come dimensione di analisi. A partire da un pionieristico contributo di Henry J. Schmandt and G. Ross Stephens (1960), la tematica è stata inquadrata nell’ambito di una riflessione sulle indivisibilità dei servizi locali da Wallace E. Oates (1988). Il modello proposto con un semplice caso ipotetico dà adeguatamente conto della associazione tra presenza/assenza di un servizio comunale e dimensione in termini di popolazione: “Suppose that the annual cost of a municipal zoo is $1 million. Suppose further that the willingness to pay of each individual for “zoo services” is $1 per annum. If local fiscal choices are made efficiently, we would expect to find jurisdictions with populations in excess 1 million providing zoos, while jurisdictions with populations under 1 million would not deem it worthwhile to have a zoo. My example obviously involves enormous simplification: fixed zoo size, equal willingness to pay, the failure to consider costs of congestion, etc. But I makes the basic point. For many public goods (or “subfunctions”), there are important indivisibilities. The first “unit” of output for such goods may require a substantial expenditure such that it does not become desirable to provide the good until population reaches a certain critical size – the size for which the sum of the marginal rates of substitution equals (or exceeds) the cost of the first unit. We should thus expect … that more populous jurisdictions would provide a wider range of local public services”. Il contributo puramente teorico di Wallace E. Oates non ha però generato un adeguato approfondimento empirico per oltre due decenni. La questione è stata, a nostra conoscenza, per la prima volta riaffrontata in termini empirici da Quentin Frère, Hakim Hammadou, Sonia Paty (2011) nell’ambito del dibattito sull’associazionismo tra comuni. Analizzando un ampio campione di associazioni di comuni francesi, gli autori hanno potuto confermare una robusta relazione tra ampiezza dell’offerta di servizi e dimensione della popolazione residente. L’associazione tra comuni I meccanismi associativi previsti dal decreto legislativo D.lgs 267/2000 – convenzione, consorzio, unione di comuni – dovrebbero consentire ai comuni di piccole dimensioni di offrire dei servizi ad un costo comparabile con comuni di dimensioni maggiori, di norma caratterizzati da costi inferiori per l’effetto di economie di scala e di varietà (Angela Fraschini e Franco Osculati, 2005). Pagina 3 Per comprendere il possibile ruolo delle associazioni tra comuni, verifichiamo preliminarmente in tab. 1 il caso dei quattro comuni lombardi che nel 2010 risultavano non associati. Tab. 1 – Popolazione residente e numero servizi sociali offerti nel 2010, comuni singoli, Lombardia Codice comune Denominazione Popolazione C00013040 Campione d'Italia 2.138 C00015146 Milano 1.307.495 C00016224 Valbrembo 3.661 C00016155 Paladina 3.955 Fonte: Elaborazioni Éupolis Lombardia su dati Istat Numero servizi sociali 36 78 35 26 Il numero dei servizi ed interventi sociali offerti dal comune di Milano ai propri cittadini è circa doppio rispetto a quello offerto dagli altri tre comuni, caratterizzati da una piccola dimensione in termini di popolazione residente. Al di là dell’articolazione interna delle varie forme associative, ci si può chiedere se in campo sociale queste siano state in grado di limitare, sino ad annullare, le disparità d’offerta tra comuni caratterizzati da dimensioni differenti. Nel prossimo paragrafo cercheremo di dare una risposta a questo interrogativo. Numero dei servizi erogati e dimensione del comune I servizi/interventi potenzialmente erogabili in ognuna delle unità territoriali sono 228, in 7 diverse aree di utenza, di seguito sinteticamente descritte (cfr. Istat, 2013a) : Area famiglia e minori: in quest’area rientrano gli interventi e i servizi di supporto alla crescita dei figli e alla tutela dei minori. I beneficiari degli interventi e dei servizi possono essere donne sole con figli, gestanti, giovani coppie, famiglie con figli, famiglie monoparentali. Area disabili: in quest’area rientrano gli interventi e i servizi a cui possono accedere utenti con problemi di disabilità fisica, psichica o sensoriale (comprese le persone affette da HIV o colpite da TBC). Le prestazioni rivolte agli anziani non autosufficienti rientrano invece nell’area “anziani”. Area dipendenze: in quest’area rientrano gli interventi e i servizi rivolti a persone dipendenti da alcool e droghe. Area anziani: in quest’area rientrano gli interventi e i servizi mirati a migliorare la qualità della vita delle persone anziane, nonché a favorire la loro mobilità, l’integrazione sociale e lo svolgimento delle funzioni primarie. Rientrano in Pagina 4 questa area i servizi e gli interventi a favore di anziani malati del morbo di Alzheimer. Area immigrati e nomadi: in quest’area rientrano gli interventi e i servizi finalizzati all’integrazione sociale, culturale ed economica degli stranieri immigrati in Italia. Per stranieri si intendono le persone che non hanno la cittadinanza italiana, comprese quelle in situazioni di particolare fragilità, quali profughi, rifugiati, richiedenti asilo, vittime di tratta. Area povertà, disagio adulti e senza dimora: in quest’area rientrano gli interventi e i servizi per ex detenuti, donne che subiscono maltrattamenti, persone senza dimora, indigenti, persone con problemi mentali (psichiatrici) e altre persone in difficoltà non comprese nelle altre aree. Area multiutenza: in quest’area rientrano i servizi sociali che si rivolgono a più tipologie di utenti, le attività generali svolte dai Comuni. Rimandando il lettore interessato alla documentazione di dettaglio citata (cfr. Istat, 2013a), in questa sede è interessante verificare i criteri di esclusione adottati nelle definizione del questionario della indagine sugli interventi ed i servizi sociali dei Comuni singoli e associati. In particolare: 1. 2. 3. 4. Sono escluse dalla rilevazione le spese sostenute per l’istruzione e il diritto allo studio (i libri di testo, le borse di studio e i finanziamenti alle scuole di ogni ordine e grado), salvo alcuni casi specifici. Sono esclusi gli interventi di solidarietà internazionale, gli interventi attuati in occasione di calamità naturali, gli interventi per abbattere le barriere architettoniche. Dal punto di vista del finanziamento … sono esclusi i servizi di titolarità statale, per i quali i Comuni subentrano solo a livello dell’organizzazione dell’intervento e di individuazione degli aventi diritto (es. assegno per le famiglie con almeno tre figli, assegno di maternità, bonus per il secondo figlio, reddito minimo di inserimento, assegni ai grandi invalidi). Sono infine esclusi gli interventi e i servizi sociali che hanno attinenza con le politiche giovanili, del lavoro e culturali, da rilevare solo se riconducibili a voci specifiche del questionario e se hanno finalità di protezione sociale, ovvero di tutela dei cittadini che rientrano nelle aree di utenza del questionario. Le esclusioni delineano pertanto una definizione di “spesa sociale” complessa dal punto di vista delle voci ricomprese/escluse, con un collegamento non immediatamente evidente ad una funzione complessiva di sostegno dei bilanci Pagina 5 delle famiglie. Ad esempio, le “borse di studio” per la frequenza delle scuole di ogni ordine e grado non entrano nella definizione di spesa sociale, pur rappresentando una voce significativa di sostegno per gli studenti “meritevoli” anche se privi di mezzi. Utilizzando i dati elementari della edizione 2010 della rilevazione Istat "Indagine sugli interventi e servizi sociali dei Comuni singoli o associati" è stato predisposto un archivio statistico in cui ad ogni comune è stato associato il numero dei servizi ed interventi sociali effettivamente offerti – sia direttamente che tramite le relazioni associative in essere – e alcune caratteristiche strutturali della popolazione residente in quel comune. Nel 2010 un comune in Lombardia dichiarava di offrire un solo servizio o intervento sociale, uno ben 138 (rispetto ad un massimo teorico di 228 servizi o interventi sociali), il valore mediano riscontrato nell’indagine Istat è pari a 41 (media 42), il 25% dei comuni offriva non più di 32 servizi e una eguale percentuale più di 51. Come si può verificare nella figura 1, la distribuzione di frequenza non è simmetrica, con una lunga coda a destra. Fig. 1 – Distribuzione di frequenza del numero di servizi ed interventi sociali offerti, Lombardia, 2010 200 count 150 100 50 0 0 50 100 150 numero Fonte: elaborazioni Éupolis Lombardia su dati Istat Pagina 6 La tabella 2 sintetizza il lavoro di analisi effettuato: al crescere della dimensione del comune cresce il numero dei servizi ed interventi sociali offerti, anche quando si sia tenuto conto dell’operare di meccanismi associativi che per loro natura dovrebbero compensare gli svantaggi strutturali dei comuni di ridotta taglia rispetto a quelli più grandi. Tab. 2 – Numero mediano servizi ed interventi sociali offerti per classe dimensionale comune, Lombardia, 2010 1-1000 32 1001-1500 36 1501-2500 37 2501-3500 40 3501-5000 44 5001-7500 48 7501-10000 51 10001 e più 57 Fonte: Elaborazioni Éupolis Lombardia su dati Istat Il numero mediano di servizi ed interventi sociali offerti passa da 32 nei comuni sino ai mille abitanti ai 48 nella fascia 5000 - 7500, per poi crescere ulteriormente sino al valore di 57 nei comuni con più di diecimila abitanti. Le conclusioni, da un punto di vista qualitativo, non cambiano quando si regredisca il numero dei servizi su una variabile di scala e altre variabili di contesto a livello comunale (cfr. tab. 3). La specificazione logaritmica adottata considera come variabile di scala il numero dei contribuenti ai fini del “reddito imponibile ai fini delle addizionali IRPEF” di fonte MEF (cfr. http://www1.finanze.gov.it/pagina_dichiarazioni/dichiarazioni.html). Le informazioni rilasciate nel 2010 sono decisamente meno ampie di quelle pubblicate nell’ambito dell’iniziativa di open data del Ministero a partire dal 2012, e comprendono solo il numero dei contribuenti e l’ammontare del reddito imponibile per tutti i comuni italiani. Si tratta di informazioni tratte dalle dichiarazioni dei redditi, in cui indubbiamente pesa l’evasione fiscale, particolarmente per quanto riguarda l’ammontare (cfr. Paolo Acciari e Sauro Mocetti, 2013). L’impatto sul numero dei contribuenti dovrebbe essere minore, interessando solo i cosiddetti “evasori totali” e, nei comuni frontalieri, possibilmente chi lavora all’estero; si ha una conferma di questa ipotesi dall’elevata correlazione tra la popolazione residente al primo gennaio 2010 ed il numero dei contribuenti (coefficiente di correlazione pari a 0,99). A parità del numero di contribuenti, l’aumento della popolazione residente implica una diminuzione della varietà dell’offerta dei servizi ed interventi sociali del comune, per l’effetto dell’aumento dei costi variabili dei servizi stessi. Le altre variabili considerate – quota della popolazione da 0 a 3 anni, da 4 a 6 anni, più di 80 anni; ammontare del reddito imponibile – non sono risultate significative, confermando (cfr. Quentin Frère, Hakim Hammadou, Sonia Paty, 2011) quanto emerso nel citato studio sui comuni francesi. Sono invece importanti le dummy provinciali, una proxi relativamente imprecisa di effetti di autocorrelazione spaziale (Michael Ward and Kristian Skrede Gleditsch, 2008), per cui comuni territorialmente vicini tendono ad essere simili dal punto di vista dell’ampiezza dell’offerta di servizi ed interventi pubblici. Pagina 7 Tab. 3 – Variabile dipendente: logaritmo numero servizi ed interventi sociali offerti; stime OLS, comuni lombardi, 2010 (Intercept) log(contribuenti) Estimate Std. Error t value Pr(>|t|) 2.64492 0.08095 32.675 < 2e-16 *** 0.84333 0.07030 11.996 < 2e-16 *** -0.68344 0.07192 -9.502 < 2e-16 *** codprov013 0.33478 0.03377 9.913 < 2e-16 *** codprov014 0.47009 0.04149 11.329 < 2e-16 *** codprov015 0.15776 0.03672 4.297 1.84e-05 *** codprov016 0.39076 0.03094 12.628 < 2e-16 *** codprov017 0.36348 0.03179 11.435 < 2e-16 *** codprov018 0.15476 0.03411 4.537 6.14e-06 *** codprov019 0.39673 0.03725 10.650 < 2e-16 *** codprov020 0.34710 0.04284 8.102 1.10e-15 *** codprov097 0.01858 0.03998 0.465 0.642 codprov098 -0.20462 0.04520 -4.527 6.44e-06 *** codprov108 0.25605 0.04747 5.394 7.96e-08 *** log(pop1gennaio2010) Note: Signif. codes: 0 ‘***’ 0.001 ‘**’ 0.01 ‘*’ 0.05 ‘.’ 0.1 ‘ ’ 1; Multiple R-squared: 0.4833 Conclusioni Da un punto di vista generale, le informazioni analizzate si pongono in linea di continuità con la riflessione sulle indivisibilità dei servizi locali proposta da Wallace E. Oates (1988) e con i successivi lavori empirici di verifica di una associazione positiva tra il numero dei servizi offerti e dimensione del comune (Quentin Frère, Hakim Hammadou, Sonia Paty, 2011). In particolare, l’analisi effettuata ha potuto mostrare che i meccanismi associativi previsti dal decreto legislativo D.lgs 267/2000 – convenzione, consorzio, unione di comuni – non consentono pienamente ai comuni di piccole dimensioni di colmare il gap strutturale in termini di ampiezza dell’offerta comunale di interventi e servizi locali in ambito sociale. Dai contributi che esaminano, tramite studi di caso, gli elementi qualitativi delle relazioni di cooperazione tra comuni possono provenire utili suggerimenti interpretativi circa le probabili cause del limitato successo delle innovazioni previste nel D.lgs 267/2000. In particolare, a nostro parere è particolarmente rilevante lo studio di Gianfranco Baldini, Silvia Bolgherini, Cristina Dallara e Lorenzo Mosca (2009) su alcuni comuni dell’Emilia-Romagna che pone l’accento sulla maggiore complessità del processo decisionale pubblico con un aumento dei costi di transazione che può vanificare in tutto o in parte i benefici derivanti dalla cooperazione intercomunale: A livello generale, si possono sottolineare, infatti, i pro e i contro che il processo di cooperazione può Pagina 8 comportare. Sul primo versante, tra i benefici, si colloca certamente la versatilità che la cooperazione garantisce di fronte alle crescenti richieste di servizi per la cittadinanza e delle richieste di competenze. Inoltre, una volta che la cooperazione è instaurata in certe aree di policy, si può facilmente prevedere un effetto di spillover, letteralmente una «tracimazione», cioè un’estensione ai settori, non direttamente interessati dalla cooperazione, ma in cui l’intercomunalità può dispiegare i propri effetti. Ovviamente in queste cooperazioni ci sono anche costi. Non si può dimenticare che la stessa efficienza del progetto rimane un obiettivo che, al di là delle intenzioni, dovrebbe essere sempre e adeguatamente certificato. Inoltre, l’aumento tendenziale degli attori coinvolti spesso si traduce in un processo decisionale più complesso e dispendioso. Ulteriori sviluppi a questa linea di riflessione – quando fossero resi disponibili i risultati della rilevazione Istat 2012 sulla spesa sociale dei comuni – potrebbero derivare dalla ampia base dati sui redditi comunali messa a punto dal MEF e riferita appunto all’anno fiscale 2012, da una più ampia considerazione delle famiglie anche in base ai risultati del Censimento della Popolazione 2011 nonché dall’ inclusione di elementi di finanza locale nel modello di regressione. Da un punto di vista tecnico, da una più approfondita considerazione del processo di generazione delle informazioni, in particolare da un (più) appropriato trattamento dell’autocorrelazione spaziale tra comuni (Roger Bivand, 2010; Michael Ward and Kristian Skrede Gleditsch, 2008). Bibliografia Paolo Acciari e Sauro Mocetti (2013), Una mappa della disuguaglianza del reddito in Italia, Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), Numero 208 Gianfranco Baldini, Silvia Bolgherini, Cristina Dallara e Lorenzo Mosca (2009),Unioni di comuni. Le sfide dell’intercomunalità in Emilia-Romagna, Misure / Materiali di ricerca dell’Istituto Cattaneo – n. 31 Roger Bivand (2010), Comparing estimation methods for spatial econometrics techniques using R, Norwegian School of Economics and Business Administration, Discussion paper n. 26 Francesca Carrera e Anna Teselli (2007), La politica dei dati in ambito socioassistenziale. Un focus sulla spesa dei Comuni,La Rivista delle Politiche Sociali, n.1 Massimiliano Ferraresi, Leonzio Rizzo, Chiara Vertuani (2011), Dimensione e interdipendenza territoriale nelle spese comunali per infrastrutture: analisi teorica e verifica empirica, Siep – Società italiana di economia pubblica, Working paper n. 653 Angela Fraschini e Franco Osculati (2005), La teoria economica dell’associazionismo tra enti locali, Siep – Società italiana di economia pubblica, Pagina 9 Working paper n. 462 Quentin Frère, Hakim Hammadou, Sonia Paty (2011), The range of local public services and population size: Is there a “zoo effect” in French jurisdictions?, Recherches économiques de Louvain,Vol. 77, 2011/2-3 Elena Granaglia (2008), Equità orizzontale in un contesto di federalismo sanitario: implicazioni dalla prospettiva della giustizia distributiva, Politiche Sanitarie, Vol. 9, N. 1, Gennaio-Marzo 2008 IReR (1998), Le finanze dei comuni lombardi: calibrazione e ulteriori stime di un modello regionale per i trasferimenti. Volume II, a cura di Maria Flavia Ambrosanio, Massimo Bordignon, Alberto Ceriani e Umberto Galmarini. Istat (2013), Gli interventi e i servizi sociali dei comuni singoli e associati. Anno 2010, Statistiche Report Istat (2013a), Indagine sugli interventi e i servizi sociali dei Comuni singoli o associati. Guida alla compilazione del questionario Wallace E. Oates (1988), On the measurement of congestion in the provision of local public goods, Journal of urban economics, Vol. 24, pp. 85 -94 Wallace E. Oates (2006), The many faces of the Tiebout Model, in William A. Fischel, ed., The Tiebout Model ad Fifty, Cambridge, MA: Lincoln Institute of Land Policy, pp. 21-45 Henry J. Schmandt and G. Ross Stephens (1960), Measuring municipal output, National Tax Journal, Vol. 13, No. 4 (December 1960), pp. 369-375 Tiebout, C.M. (1956). A Pure Theory of Local Expenditures. Journal of Political Economy 64, 416-424 Michael Ward and Kristian Skrede Gleditsch (2008), Spatial Regression Models. Thousand Oaks, CA: Sage. Pagina 10