Numero_3 marzo_2013 - Diocesi di Brindisi

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Numero_3 marzo_2013 - Diocesi di Brindisi
Redazione: piazza Duomo, 12 Brindisi
Anno XXXVI n° 3 E-mail:
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15 Marzo 2013
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Il Cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio è il nuovo Vescovo di Roma
Papa Francesco
Ampio Speciale alle pagine 11-14
15 marzo 2013
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Vita Diocesana
Il Messaggio dell’Arcivescovo per la Santa Pasqua
L
a celebrazione della Pasqua di quest’anno è arricchita dal grande dono che lo Spirito ha fatto alla Chiesa, il dono di Papa Francesco.
Prima della elezione del nuovo Pontefice, tutto il mondo si esercitava in umane previsioni, in conclusioni di
pensiero o nella lettura delle situazioni. Alla fine, però,
lo Spirito Santo ha rotto questi ragionamenti e queste
posizioni, tirando fuori una scelta che ha meravigliato
tutti.
La bellezza risiede nel fatto che solo da Dio nascono
le cose nuove, le uniche che possono portare la meraviglia e la gioia nel cuore dell’uomo.
I primi passi e i primi gesti compiuti da Papa Francesco
ci hanno fatto intravedere un’esistenza, all’interno della
Chiesa, che diventa più autentica nella sua semplicità.
La scelta stessa del nome di Francesco, porta dentro di
sé qualcosa che fa diventare il Vangelo più trasparente.
San Francesco è stato definito un Vangelo «sine glossa», cioè senza commento, un Vangelo completamente
limpido corrispondente alla sua vita, un Vangelo vivo.
Il Vangelo ha dentro la forza di dare all’uomo questa
originalità, questa gioia, questa bellezza, questa novità.
L’uomo spera in un futuro e in un domani migliore, ma
le sole speranze non portano da nessuna parte. Solo le
speranze legate a ciò che Dio compie nella vita dell’uomo e nella sua storia, danno un fondamento alle nostre
attese.
È proprio questa la bellezza dell’annuncio della Pasqua. Dio ha posto la cosa nuova, cioè ha posto Gesù
nella storia dell’umanità, la pietra viva, quella pietra
che è stata scartata dai pensatori, dagli organizzatori
del mondo. Il Signore l’ha scelta come base di un edificio nuovo che è la Chiesa, di un edificio che resterà per
sempre.
Noi dobbiamo tacere, diventare piccoli e umili per lasciare al Signore la libertà di farsi presente nella nostra
vita. Solo così avremo la gioia, la libertà di pensare tutte
le cose e permettere che il Signore venga a regnare nel
cuore di ciascuno di noi e nei nostri ambienti: nella famiglia, nella società, in ogni luogo in cui ci sia bisogno.
Anche la politica, che costituisce la testa in un organismo, ha bisogno di purificazione e di conversione, per
restituire fiducia all’uomo.
Solo il Signore Risorto può donarci la forza di un ribaltamento, solo Lui può portare la novità.
Esorto tutti coloro che vivono i drammi e le fatiche
quotidiane ad avere coraggio, a cercare la soluzione
dei loro problemi in Colui che Dio ha posto nella storia dell’uomo, Gesù Risorto, il quale ha assunto su di sé
l’umanità, la debolezza e il peccato per portarci ad uno
splendore, ad una luce, ad una libertà che solo Lui, con
la grazia dello Spirito, è capace di donarci.
La ricostruzione parte dalle piccole cose, cioè dal
nostro cuore, dal «sì» alle cose giuste, vere, buone,
dall’amore autentico presente nel cuore di ciascuno di
noi.
La vera speranza passa attraverso un cuore rigenerato. Dal coraggio di fidarci delle piccole cose nasce veramente la possibilità di un futuro in cui trovi spazio Dio.
Pasqua, nella vita di ciascuno di noi, significa ripartire
da questo incontro con l’opera di Dio. Il dono di Papa
Francesco ci pone in continuità con la Pasqua, una Parola per ciascuno, accolta in una fede che sia autentica,
vera, capace di fare spazio all’opera di Dio nella propria
vita.
Brindisi, 19 marzo 2013
Solennità di San Giuseppe
+ Domenico CALIANDRO
Arcivescovo
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Vita Diocesana
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beni culturali Numerosi visitatori nella sede recentemente allestita a S. Teresa
il 12 marzo L’Arcivescovo ha incontrato le Comunità del Cammino Neocatecumenale
Comprendere l’opera di Dio nella propria vita
Le Giornate nazionali dei Musei ecclesiastici
S
i é svolta in tutta Italia, sabato 2 e domenica 3 marzo
2013, la prima edizione delle Giornate nazionali dei
Musei ecclesiastici: due giornate di apertura libera e
gratuita, ideate dall’AMEI, Associazione Musei ecclesiastici
italiani, per dare evidenza alla peculiare categoria dei musei
ecclesiastici e promuoverne la conoscenza e la valorizzazione. Una grande novità nell’ambito della più generale iniziativa, denominata Anno 2013-Musei in Rete, pensata per unire tutte le istituzioni museali ecclesiastiche che, con il loro
impegno costante, contribuiscono a vivificare il territorio
italiano. Patrocinata dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana e dal
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’iniziativa è stata
presentata in conferenza stampa presso il Museo diocesano
di Milano, lo scorso 21 febbraio, dal Presidente nazionale
dell’AMEI, monsignor Giancarlo Santi, alla presenza di monsignor Stefano Russo, direttore UNBCE della Cei, e dell’arch.
Roberto Cecchi, sottosegretario al MiBAC.
A questo momento di grande condivisione ha partecipato
anche il Museo diocesano “Giovanni Tarantini” dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni e l’occasione di aderire all’apertura
straordinaria per le due giornate della manifestazione è stata
promossa dall’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici diocesano
e curata dall’associazione Ar.Tur., con il contributo di Eliconarte Servizi per l’Arte e la Cultura, Società di Storia Patria
per la Puglia, Gruppo Archeologico Brindisino.
Grande interesse e attenzione ha dimostrato la risposta dei
partecipanti – numerosissimi, infatti, sono stati i visitatori
singoli e quelli organizzati in gruppo, ma anche i nuclei familiari intervenuti al completo - accolti dalla qualificata competenza degli operatori culturali che hanno offerto il servizio
di guida durante le visite, nella sede recentemente allestita
presso la chiesa di Santa Teresa degli Scalzi, a Brindisi.
Anno 2013-Musei in Rete costituisce il primo progetto di
rete intorno a un tema individuato a livello nazionale e fina-
Giovani studenti in visita al Museo diocesano
lizzato a rendere visibile la rete di tutti i musei ecclesiastici,
che conta oltre mille realtà, dalla Sicilia alla Valle d’Aosta,
spesso ingiustamente escluse dagli itinerari turistici abituali
e che, invece, custodiscono un vero e proprio tesoro di arte e
cultura. Peculiarità di questi musei è il forte radicamento che
essi stabiliscono con la comunità di riferimento e il loro ruolo di ‘presidio’, se così si può dire, dell’identità di quella comunità stessa, religiosa ma anche culturale nella più ampia
accezione, di chi in quel territorio ci abita o di chi semplicemente vi transita. Oltrepassare la soglia di questi musei vuol
dire vincere un pregiudizio; lasciarsi sorprendere da ciò che
questi luoghi conservano ed espongono; ricomporre significativi frammenti della storia personale e collettiva, materiale
e immateriale, che il patrimonio di arte sacra racconta.
Le celebrazioni che ricorrono nel 2013, per l’anniversario
dell’Editto di Costantino, hanno suggerito l’idea di un percor-
so progettuale a scala nazionale, condiviso e ispirato al tema
costantiniano nel suo significato originario, alle sue conseguenze per la storia del Cristianesimo, anche in relazione
alla contemporaneità: Costantino 313 d.C.. Tra le iniziative
in corso, la mostra organizzata dal Museo Diocesano di Milano, allestita a Palazzo Reale: Costantino 313 d.C.- L’editto
di Milano e il tempo della tolleranza, un evento espositivo di
rilievo internazionale, che sta suscitando un forte interesse
da parte del pubblico, della critica e dei mass media.
Il museo “Giovanni Tarantini” dell’Arcidiocesi di BrindisiOstuni, a partire dal 4 maggio 2013, proporrà Costantino 313
d.C.- L’invenzione della Santa Croce e sviluppi iconografici,
una serie di iniziative, di cui è in corso la calendarizzazione, che ruotano attorno ad un articolato progetto educativo
incentrato sul tema della Croce e sul suo rinvenimento da
parte di Sant’Elena, finalizzate a valorizzare il patrimonio
storico-artistico diocesano come risorsa educativa, poiché
esiste un’eccellenza diffusa sul territorio, accanto all’eccellenza delle opere in mostra nelle diverse istituzioni museali, di cui l’iniziativa proposta da AMEI intende dar conto. Il
programma dettagliato prevede una serie di percorsi a tema,
con visite guidate a vari edifici di culto, conferenze e, dal 13
al 21 settembre 2013, una settimana di incontri di approfondimento.
Tutto ciò nell’ottica della specifica missione che il Museo
diocesano esprime verso le comunità locali, sollecitandone la rilettura del territorio e animandone il dialogo con la
società contemporanea nelle sue diverse espressioni individuali e istituzionali, a motivo di quella sua peculiare connotazione di luogo aperto alla relazione tra sensibilità, fedi
e culture diverse, che parla a ciascuno in forma adatta a lui e
trasforma il fruitore in ambasciatore della propria cultura.
Manuela Zammillo
scuola socio-politica Il prof. Danilo Urso tiene una relazione di estrema attualità
Alterazioni climatiche ed energia, rispettare le regole
L
o scorso 16 febbraio, presso l’auditorium “Mons. Elio
Antelmi” dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose
di Brindisi, si è tenuto un incontro sul tema “Alterazioni climatiche ed energia”. Il prof. Danilo Urso, docente
universitario e certificatore degli impianti energetici, ha
prospettato gli aspetti problematici e le responsabilità connesse alla vita e lo sviluppo del territorio brindisino.
Il nodo principale della questione ruota attorno ad alcuni
bisogni dell’uomo che per vari motivi, a Brindisi, si compromettono l’un l’altro: il bisogno di crescita e di sviluppo
con il bisogno di vivere in una città salubre ed ecosostenibile.
Il prof. Urso ha precisato che dal punto di vista dei principi non c’è da fare molto in quanto tutto è scritto nei documenti della dottrina sociale della Chiesa e dai vari protocolli internazionali (protocollo di Kyoto, Autorizzazione
Integrata Ambientale, etc.).
Sviluppo ed eco-sostenibilità risultano essere a Brindisi
ancora parole utopiche e inconciliabili.
Scendendo più in profondità ci accorgiamo che il problema sostanziale non sia tanto l’assenza di normativa quanto
il mancato rispetto di queste ultime.
A Brindisi, ha continuato il prof. Urso, non viene rispettato
il limite di emissione di CO2, ma addirittura superato a livello esponenziale i limiti imposti.
Lo sviluppo industriale, nel nostro territorio, ha subito
enormemente le conseguenze di scelte calate dall’alto per
le così dette “ragioni di stato”; tutto ciò non ha fatto altro
che fermare un possibile sviluppo della realtà territoriale in
quanto, venendo a mancare quell’auto-determinismo economico, pian piano la vocazione imprenditoriale è venuta
meno; la produzione energetica a Brindisi si può considerare un servizio e non un prodotto, servizio perché non ha
a che fare con la città, non c’è produzione locale e quindi
crescita economica per la città e non promuove ulteriore
sviluppo.
Bisogna essere vigili per non abboccare all’amo di chi propina la teoria del carbone pulito, va da sé che il carbone in
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quanto tale è sempre dannoso per la salute dell’uomo e
dell’ambiente. In questa direzione fu fatta la proposta del
famoso “ progetto pilota” con l’obiettivo di non immettere
più CO2 in atmosfera, ma anche questo progetto è risultato
uno specchietto per le allodole in quanto la cattura della
CO2 se non va in atmosfera andrà a finire nel sottosuolo e
inoltre è impensabile attuarlo nella nostra città in quanto
un simile progetto a pieno regime può catturare solo 80
mila tonnellate all’anno. La nostra centrale a Brindisi ne
produce oltre i 15 milioni di tonnellate annue. Per non parlare poi dell’ormai stagnante pensiero di collettivizzare i
costi, mentre gli utili vengono privatizzati.
Dove possiamo trovare la soluzione? Certamente la troviamo nella nostra affezione alla verità in quanto cattolici,
ma soprattutto con la corresponsabilità derivata dallo studio di quelle che sono le risorse economiche compatibili
con una sistema rispettoso dell’ambiente.
E come città, ha concluso il prof. Urso, dovremmo impegnarci per far sentire la nostra voce chiedendo, a chi produce energia nel nostro territorio, di reinvestire i capitali nella
città per poter quanto meno giungere ad un passo in più
verso una cittadinanza attiva, vigile e responsabile.
Il futuro non è il domani, è quell’oggi di cui dovevamo occuparci ieri.
Don Alessandro Donno
M
ons. Domenico Caliandro, lo scorso 12 marzo, ha
incontrato le Comunità Neocatecumenali della
Diocesi presso S. Maria del Casale. È stata celebrata una semplice ma intensa liturgia della Parola che ha visto
partecipi numerosi fratelli di Brindisi, Ostuni, San Pancrazio
e Veglie. All’Arcivescovo sono state presentate le comunità e
i carismi che sono germogliati in esse: presbiteri, suore e famiglie sparse nel mondo per la missio ad gentes.
Quanti frutti in questi anni, in cui la Diocesi, ha visto succedersi dei Pastori saggi che, illuminati dal Vaticano II, hanno
accolto con gioia e lungimiranza questo Cammino di iniziazione cristiana per adulti che riscopre e recupera la ricchezza del Battesimo.
Il Cammino Neocatecumenale nasce dall’esperienza di
Kiko Arguello a partire dal 1964 tra i più poveri, tra i baraccati di Palomeras Altas, alla periferia di Madrid e giunge
nelle nostre città nel 1974, dove viene annunciata una sintesi kerigmatico-catechetica, che dà luogo alla formazione di
piccole comunità cristiane, che cominciano a vivere – come
la Sacra Famiglia di Nazareth – in umiltà semplicità e lode,
dove “l’altro è Cristo”.
Mons. Caliandro, visibilmente contento, ha ascoltato con
attenzione le testimonianze dei fratelli che hanno raccontato
come stanno imparando a comprendere l’opera di Dio nella
loro vita, sperimentandone l’infinita misericordia. Tanti i giovani presenti. Alcuni di loro da diversi mesi hanno iniziato a
pregare con il rosario e lo fanno quotidianamente davanti al
Tabernacolo della loro parrocchia per sostenere con la preghiera i fratelli impegnati nel mondo per la missio ad gentes.
Nel cuore della liturgia l’Arcivescovo ha proclamato la prima lettura del giorno tratta dal capitolo 47 del Libro di Ezechiele e ha rivolto ai presenti una riflessione incentrata su
due parole: tempio e acqua. Ci ha invitati a leggere questo
brano della Parola di Dio alla luce del messaggio donatoci
da Gesù Cristo, vero tempio e luogo da dove sgorga l’acqua
della salvezza e della vita eterna. Guardando a Lui crocifisso
e scoprendo la miseria dei nostri limiti – che a volte ci fanno
volare basso – possiamo gustare la gioia della resurrezione
insieme con Lui dai nostri peccati.
Nicola Moro
L’Arcivescovo accolto dalle comunità © A.Leo
locorotondo L’Arcivescovo ha incontrato la comunità della cittadina barese
Una chiesa orante a misura di Cristo e a servizio dell’uomo
L
a terra, la povertà, il sacrificio: sono i tre concetti
la riflessione della necessità di una Chiesa
chiave che hanno colpito al cuore e preso alla pancia
orante fatta più a misura di Cristo e a servidei locorotondesi nel primo incontro pubblico tra il
zio dell’uomo, che non pura ritualità fine a se
nuovo Arcivescovo, Mons. Domenico Caliandro, e la costessa. E l’entusiasmo dei partecipanti non si
munità cristiana dell’unico Comune della Provincia di Bari
è fatto attendere al termine della celebrazioche ricade nella Diocesi di Brindisi - Ostuni.
ne.
Il legame con l’ulivo e con la pietra, elementi fondamenIl nuovo Arcivescovo ha colpito i fedeli per
tali del paesaggio locorotondese e cari al nuovo Pastore per
la limpidezza dei concetti espressi con la
la sua origine geografica di provenienza, vicina a questa
massima chiarezza, offrendo una pagina di
comunità, richiamati durante l’omelia della terza domecatechesi semplice e comprensibile a tutti,
nica di Quaresima, hanno contraddistinto e marcato l’inma allo stesso tempo motivo di riflessione
gresso del nuovo Vescovo nella Chiesa Madre San Giorgio
proclamando la necessità e l’urgenza della
Martire.
conversione a cui il Signore invita con passioIl richiamo all’autenticità e soprattutto all’essenzialità che
ne il suo popolo, i suoi figli, i suoi discepoli:
l’uomo ritrova in Cristo, dando senso e contenuto alla proquanto Dio ha compiuto in passato si rinnova
L’Arcivescovo saluta i fedeli presenti alla celebrazione
pria vita terrena, è stato il filo rosso che Mons. Domenico
“oggi” nella celebrazione.
ha voluto tracciare nella sua omelia, lo scorso 3 marzo. I
Il saluto ai fratelli ammalati al termine della
fedeli delle tre Parrocchie della Vicaria foranea di Locorotondo, San Giorgio, Santa Fami- Santa Messa, la serenità e soprattutto la giovialità e cordialità con cui si è presentato Mons.
glia e San Marco, guidati dai rispettivi Parroci, insieme alla partecipazione corale di tutti Domenico, stringendo le mani dei tantissimi presenti nella chiesa matrice di Locorotoni sacerdoti a servizio di questo lembo di terra, e di tutti i preti, giovani e anziani, originari do, ha fatto riscoprire un legame antico e sempre nuovo. Questa comunità, ai confini della
di questa città, hanno accolto Mons. Domenico in una occasione speciale in cui si è avuto Diocesi di Brindisi-Ostuni, ha respirato, in una preghiera partecipata, aria di adesione al
modo di ribadire quel tratto distintivo che dovrebbe caratterizzare qualsiasi comunità cri- progetto condiviso che è quello del Vangelo, e di appartenenza alla grande famiglia cristiastiana, e cioè l’unità.
na che è la Chiesa.
Alla celebrazione erano presenti numerosi fedeli e, tra gli altri, i rappresentanti dei diversi
Sui volti dei fedeli si leggeva la gioia di avere accolto in mezzo a noi un Padre, che ricorda
movimenti, dei gruppi parrocchiali e delle associazioni cittadine, oltre ai rappresentanti il profumo di casa e di famiglia.
istituzionali della pubblica amministrazione. La solenne semplicità della liturgia, l’omelia detta dall’altare, la comunione data in primis ai fratelli ammalati scendendo in mezzo
Dino L’Abate
a loro: piccoli gesti che hanno suscitato commozione, richiamando, in chi era presente,
MESAGNE Durante la novena in onore della Madonna del Carmine
Primo incontro con la “Civitas mariae”
U
na catechesi su Maria protagonista della storia della salvezza, proprio nel giorno in
cui la comunità cittadina si preparava
a celebrare la sua patrona, la Madonna del Carmine, per aver preservato
i cittadini dalla distruzione che un
tremendo terremoto avrebbe potuto
determinare. Per mons. Domenico
Caliandro, non c’era giorno migliore
per incontrare, per la prima volta dal
suo ingresso in diocesi, la comunità
di Mesagne, “Civitas mariae”. E lo ha
fatto il 19 febbraio con una solenne
celebrazione vespertina in chiesa madre, durante la quale ha subito ricordato il suo debito filiale nei confronti
di mons. Armando Franco, quindi ha
sottolineato, sulla scia degli orientamenti di quel presule, come il cammino all’unisono dei pastori, la comunione, sia condizione essenziale per
una vita feconda del popolo di Dio. E
sul concetto di comunione ha svolto
alcune riflessioni, riferendosi a Maria,
che ha creato quella «fratellanza necessaria», a cui fare sempre riferimento, mentre «il peccato è esattamente il
contrario: è allontanamento dal cuore,
dalla vita e dal Mistero di Dio».
Maria è madre della Chiesa – ha ripreso – ed ha riflettuto come lei sia il
«compimento dell’Antico testamento»
e l’apertura della nuova storia. «Quando lei recita il Magnificat – ha detto
– se osserviamo bene, ci sono tante
parti che altre donne della Scrittura hanno detto prima di lei, ma lei le
compie; è la sintesi: è la serva di Israele, la nuova Gerusalemme». Non solo:
«Lei compie le promesse e arriva ad
accogliere Gesù: lo accoglie nella fede,
nel suo corpo e sta accanto a Gesù per
tutta la vita. E quando ai piedi della
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Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni
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La celebrazione © Enzo Neve
Croce le si dice, mostrandole Giovanni: ‘Ecco tuo figlio’, diventa madre di
tutti noi, madre della Chiesa e di tutti
i credenti”. In questo modo, quindi, ha
spiegato cosa sia la fede: “Non è un‘io’,
ma un ‘noi’, uno stare accanto: io e
Gesù. Quindi quando il soggetto della
nostra vita diventa un noi, diciamo: è
un uomo di fede, perché avere fede significa fare come Maria, fare la volontà del Padre».
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Hanno collaborato: Daniela Negro, Antonella Di Coste
Questo numero è stato chiuso in redazione alle ore 12 del 19 marzo 2013
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Vita Diocesana
15 marzo 2013
vicaria di mesagne Primo incontro dei giovani della città con l’Arcivescovo Caliandro
La vita vissuta attraverso le grandi figure della Bibbia
L
a consulta di Pastorale Giovanile della Vicaria di Mesagne ha organizzato
un percorso di incontri per giovani e
giovani-adulti in preparazione alla Pasqua,
per vivere meglio uno dei tempi più “forti”
del cammino liturgico, la Quaresima.
Gli incontri sono previsti tutti i lunedì di
Quaresima a partire dal 25 febbraio. Tema
chiave di tutto il percorso è “La fede vissuta attraverso le grandi figure della Bibbia”.
Ogni incontro prevede un personaggio
della Bibbia da prendere in esame per “conoscerlo” meglio e riflettere sul significato
più profondo della Fede. Il primo incontro
del 25 febbraio ha trattato la figura di Abramo, figura di “fede e coraggio”.
In ogni incontro ci viene presentata la vita,
i momenti salienti dell’esistenza di un personaggio della Sacra Scrittura che nella sua
esperienza di Fede ha segnato un tratto importante nella storia del popolo di Dio. Lu-
nedì 25 è stata la volta del “padre della fede”,
Abramo. Grazie alle parole di don Marco
Candeloro, che ci ha spezzato la Parola, abbiamo compreso quanto sia stato affascinante e tremendo fidarsi di Dio da parte di
Abramo.
Ogni serata viene anche “intervistato un
testimone”. Testimone è colui che mostra la
propria fede attraverso le opere: nel primo
incontro infatti i numerosi giovani presenti
hanno avuto la possibilità di parlare in videoconferenza con Renato Maizza, Missio-
vicaria del salento I Giovani incontrano l’Arcivescovo
Incrociare lo sguardo di Cristo
I
l giorno 28 febbraio nella parrocchia Sant’Antonio Abate di Veglie l’arcivescovo Domenico Caliandro ha incontrato noi giovani. L’incontro era incentrato su tematiche giovanili e, in particolar modo, sul significato e i mezzi
con i quali raggiungere la felicità. Dopo la lettura del passo del Vangelo del
“Giovane ricco” e il successivo commento, Sua eccellenza ha lasciato spazio
a quanti volessero condividere i propri dubbi e riflessioni. Le domande erano
incentrate sulla felicità, sul rapporto tra i giovani e la situazione economica
attuale e sull’aspetto della vita interiore di ciascuno di noi. Ciò che ci ha colpito maggiormente è stato l’atteggiamento umile e informale assunto dall’arcivescovo nel porsi verso l’uditorio. Vogliamo ricordare in particolar modo il
significato che egli ha attribuito al termine felicità intesa come meta da raggiungere attraverso la riflessione interiore puramente soggettiva; essa costituisce il conseguimento della più appagante soddisfazione dell’io. La ricerca
della felicità comporta delle scelte che devono essere affrontate con coraggio
e non con temerarietà: il coraggio, inteso come la capacità di fare delle scelte
ponderate e riflettute nella vita, secondo Sua eccellenza, è in contrasto con
la temerarietà, degenerazione dell’istinto. Nel corso del dibattito è emerso,
inoltre, l’ormai comune tema del rapporto ragazzo-politica, nonché capacità dell’uomo di essere un buon cittadino del mondo, basandosi sui principi
morali della Parola di Dio. Buon cittadino, secondo le parole di Caliandro,
è colui che prende coscienza delle proprie possibilità e dei propri doveri,
ambientandoli nella Comunità Cristiana. Soddisfatti delle risposte ottenute,
l’auditorio ha ringraziato con un momento di gioia l’intervento di sua eccellenza. L’esperienza ha spinto i presenti alla ricerca della propria felicità interiore e a prendere atto del significato di comunità cristiana, seguendo l'esortazione rivoltaci a non abbassare lo sguardo come ha fatto il "Giovane ricco"
ma ad incrociare lo sguardo di Cristo fino a lasciarci raggiungere il cuore.
La comunità r/s del Veglie1 AGESCI
Testimonianza
I
l primo incontro tra
i giovani della vicaria del Salento ed il
loro nuovo vescovo si è
svolto giovedì 28 febbraio a Veglie, nella chiesa di
Sant’Antonio Abate. Un incontro semplice, simpatico e divertente. Dopo aver
riflettuto sul brano biblico
del “giovane ricco” (Mt 19,
16-29), si è instaurato un
dialogo tra il vescovo ed i
giovani. Protagonista della serata è stata la felicità.
I vari gruppi avevano già
riflettuto, nei loro incontri
parrocchiali, sul medesimo tema, ed erano scaturiti alcuni video ed alcune
canzoni, uniti a delle domande da porre a Mons.
Caliandro. «La strada per
raggiungere la felicità –
ha spiegato il vescovo – è
fare ciò che piace, senza
mai permettere a nessuno di dire ciò che si deve
fare e chi si deve diventare! Nessuno deve ostacolare la nostra libertà!
Ma esser liberi vuol dire
fare delle scelte, ed avere
il coraggio di scegliere. Il
coraggio dipende da noi
giovani: esso modella la
nostra vita e n’è la sintesi».
Dopo aver posto le domande, alcune delle quali
scaturite da un video e da
due canzoni (“che rumore
fa la felicità”; “ho messo
via”), Mons. Domenico
Caliandro, ha concluso
l’incontro, non prima di
aver recitato con i giovani
presenti l’Inno alla Vita
composto da Madre Teresa di Calcutta. Durante il
canto finale il Vescovo ha
distribuito a tutti i partecipanti delle spillette con il
logo dell’incontro.
Mariangela
Rossi Pede
nario della Consolata presso Buenos Aires.
Ma chi ha coinvolto tutti i giovani presenti
all’incontro del 25 febbraio è stato Mons.
Domenico Caliandro, nostro Arcivescovo,
che è stato letteralmente sommerso di domande cariche di mille dubbi da parte dei
numerosi giovani presenti.
Un dialogo molto diretto, del tipo domanda-risposta, che ha coinvolto l’intera assemblea per quasi un’ora. “Come si può vivere meglio la propria fede?” “Come si può
distinguere la voce di Dio?”, queste e tante
altre le domande rivolte all’Arcivescovo che
ha offerto, attraverso linguaggio che andava
dai vertici della filosofia e teologia sino agli
esempi pratici della vita di tutti i giorni, delle piste di riflessione da percorrere nella vita
di ciascuno.
Simone Solimeo
salesiani Festa regionale preadolescenti
Allegria+Bontà-Cattiveria=Santità
nche quest’anno il
A
Movimento Giovanile
Salesiano della Puglia si è
dato appuntamento per
la Festa dei preadolescenti. Quest’anno a fare da
“casa” all’evento è stata la
comunità di Brindisi.
Il 10 marzo scorso, infatti, centinaia di giovani
si sono lasciati guidare in
un percorso fatto di accoglienza, giochi, attività e
riflessioni ispirato al tema
“A+B-C= SANTITÀ, (Allegria + Bontà – Cattiveria =
Santità”). Alla festa hanno
partecipato i giovanissimi
di tutti gli oratori della Puglia dei Salesiani Don Bosco e delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, accompagnati
dai loro responsabili e animatori. L’incontro si è tenuto presso l’oratorio
salesiano di Brindisi dove, a partire dalle ore 9, c’è stata l’accoglienza
dei ragazzi provenienti dalle varie case pugliesi: musica di sottofondo,
colazione e divisione in squadre attraverso la consegna di una maglietta
colorata con impresso un logo, uno diverso dall’altro. Tra un ballo e un
altro, si è atteso l’arrivo di tutti i giovanissimi salesiani per iniziare poi,
immediatamente, le attività previste dal programma.
Dopo il benvenuto e la presentazione da parte degli animatori del
tema “A+B-C= SANTITÀ”, i ragazzi sono stati divisi in squadre a seconda
del logo e del colore della maglietta per poi dare il via al divertimento,
alla nascita di nuove amicizie, alla condivisione, al supporto l’uno con
l’altro e al “gioco” di squadra.
Si è passati ai giochi a stand dove si dove “guadagnare” un gettone da
inserire nella bottiglia di squadra che avrebbe poi determinato i vincitori.
Da un gioco all’altro, da uno stand all’altro i giovanissimi si sono alternati cercando di portare alla propria squadra più punti possibili guadagnando non solo quelli, ma anche in gioia, in sorrisi, in esperienza, in
crescita seppur stando lì solo per una giornata.
Giusto una pausa per gustare il pranzo al sacco, scattare qualche foto a
ricordo della giornata e delle nuove amicizie, e poi in campo per i balli
di gruppo.
Scatenati, animatori e ragazzi, hanno “digerito” le buone cose che avevano in zaino per poi rilassarsi un attimo e prepararsi alla celebrazione
eucaristica tutti assieme e colorando la chiesa con magliette e sorrisi.
Durante la Santa Messa presieduta dal direttore dell’oratorio di Brindisi, don Paolo Criseo, alcuni animatori del posto hanno portato in scena
attraverso il personaggio di don Bosco ed alcuni suoi ragazzi il tema
della giornata.
Non sono mancati gli interventi e i ringraziamenti delle sorelle Figlie di
Maria Ausiliatrice e dei sacerdoti per la giornata ricca e gioiosa donata ai
ragazzi provenienti da ogni parte della Puglia che oltre alla stanchezza,
sono tornati a casa con uno zaino colmo di ricordi, di una nuova esperienza e nuovi amici e di una strada per la Santità proprio come quella
percorsa dai loro giovani coetanei, San Domenico Savio, Michele Magone e Francesco Besucco, tre dei giovani di Don Bosco.
Antonella Di Coste
15 marzo 2013
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Parrocchie
guagnano I giovani si interrogano sul significato delle relazioni
brindisi Giovanissimi e fede
La parola “diretta” meglio di ogni telematica Il coraggio di testimoniare
L’
uomo cammina, muove i suoi passi
verso un nuovo orizzonte, spinto dalla ricerca del progresso e dell'autonomia. Si trova di fronte a straordinarie conquiste che entrano con forza nella sua vita:
internet e i social network. Cosa fare? Opporsi energicamente, o approvare in modo
servile?
È innegabile il grande impatto sulla società
odierna, sempre più avvolta nella "rete". Di
certo vengono ampliate le conoscenze e accorciate le distanze, ma a scapito della vita
sociale che si identifica con quella virtuale.
Ormai basta un semplice click per farsi “teletrasportare” dalla propria scrivania a un'altra
esistenza sicuramente più libera e spontanea.
È in questa nuova agorà creata dai social
network che l'uomo sociale può esprimere
opinioni, pensieri e preoccupazioni, sempre protetto da uno
schermo. Tuttavia i social network dovrebbero essere considerati per quello che sono: un ausilio nelle relazioni personali e non un mezzo che le sostituisce.
Anche la Chiesa si è espressa in questo senso, proprio come
suggerisce il Messaggio per la 47ª Giornata Mondiale delle
Comunicazioni: «come ogni altro frutto dell'ingegno umano,
le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere
poste al servizio del bene integrale della persona e dell'umanità intera».
Spesso, infatti, valori come l'amicizia perdono il loro significato intrinseco: ci si sente soli pur contando un gran numero di "amicizie" virtuali e si avverte un vuoto perché manca
il principale elemento per comunicare e instaurare una vera
relazione: la parola.
Alla luce di ciò, la parrocchia Santa Maria Assunta di Guagnano, ha lanciato una nuova "sfida" creando un gruppo di
giovani, luogo in cui potersi incontrare, confrontare, divertire con l'obiettivo di salvaguardare le relazioni dirette che
sembrano tanto logorate dalla telematica.
I giovanissimi con don Pierluigi Ruggiero
I giovani di Guagnano con il parroco don Salvatore Innocente
È importante evitare di isolarsi dalla società e limitare i
rapporti con essa, perché rimane fondamentale continuare a stabilire contatti umani: l'uomo è pur sempre un "animale sociale". Abbracciando quasi l'esperienza "dell'Allegra
Brigata", infatti, ognuno di noi approfondisce una tematica
e la presenta agli altri, sviluppando un dibattito e favorendo
lo scambio di opinioni che arricchisce se stessi e gli altri. Attualità, problematiche sociali, sport e interessi vari, solo per
citare alcuni dei molteplici temi trattati.
A proposito dei social network, dal dibattito sono emersi gli
aspetti positivi e quelli negativi. La realtà virtuale è una grande risorsa se saputa utilizzare in maniera opportuna, senza
ovviamente abusarne. Il rischio principale, infatti, è che questo mezzo diventi un fine e un idolo.
Perciò solo se sarà popolata dai nostri valori, diventerà
strumento di progresso e di emancipazione dell'umanità in
direzione del bene comune.
Veronica Leuci
O
ggi i giovani non riescono a relazionarsi con Dio
perché non trovano nulla che fondi quanto detto
nelle Sacre Scritture. La maggior parte dei ragazzi dice di non credere nel cristianesimo ma c’è una parte
di essi che, seppure in minoranza, crede nella Chiesa e
professa la fede cristiana.
Un esempio di ciò può essere l’esperienza di fede che
noi giovanissimi dell’Istituto Tecnico Industriale “Ettore
Majorana” di Brindisi abbiamo vissuto nella giornata di
sabato 3 marzo nella Cattedrale di Brindisi. Don Pierluigi, vice-parroco della Cattedrale, docente di religione
presso la nostra scuola, ha celebrato con e per gli studenti, i docenti e il personale scolastico.
Anche se non c’era un’ampia rappresentanza di noi studenti, siamo riusciti ad essere veri testimoni della fede
di Dio. Ma quanto coraggio ci vuole per andare a messa
quando nessuno dei nostri coetanei ci va? Quanto è difficile dedicare del tempo per gli altri mentre i nostri amici
si divertono?
Dobbiamo essere testimoni: esserlo significa annunciare con la parola e con la vita Gesù Cristo il suo messaggio.
Colui che annuncia Cristo deve andare contro corrente e
noi continueremo a professare la nostra fede senza mai
vergognarci di Lui!
Carlotta Tarlo e Ilaria Barbolla
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Associazioni & Movimenti
15 marzo 2013
15 marzo 2013
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Associazioni & Movimenti
agesci Thinking Day 2013: Guide e Scout in festa per il grande Raduno della Zona “Messapia”
Pregare vuol dire partecipare
“H
o sempre pregato per il Papa, ma in questi giorni prego ancor di più”. È questa, una delle dichiarazioni che si è potuto ascoltare nei giorni
che hanno fatto seguito all’annuncio delle dimissioni che
Benedetto XVI ha comunicato proprio nella Giornata Mondiale del Malato 2013 (11 febbraio).
Ogni giorno nelle dimore dei sofferenti, “piccoli santuari
oranti”, la “preghiera per il Pontefice” o “secondo le intenzioni del Papa” è parte integrante del rosario, che sostiene
ed arricchisce la orazione liturgica della comunità celebrante che, nella recita del canone, eleva al Signore il “ricordo per la Chiesa…in unione con il Papa”.
La preghiera, esperienza che manifesta una relazione filiale con il Signore, è la prassi cultuale che ogni sofferente
vive nella sua esistenza, facendola diventare il ritmo della
vita quotidiana (così come avviene nelle comunità religioni
e/o monastiche). È nella preghiera che il credente trova
la “sorgente” a cui attingere per dissetarsi e per rinfrescarsi anche, e soprattutto, nelle situazioni nelle quali
l’avanzamento dell’età, l’incidenza di una malattia, le
difficoltà riscontrare a causa della disabilità, lo strappo
provocato dal lutto, richiedono una “fonte” capace di
rinvigorire. Il corpo e lo spirito sono messi a dura prova.
È la preghiera “lo strumento d’azione più potente” che il
credente utilizza, anche, per intenerire ed intercedere la
misericordia divina, avendo dichiarato il desiderio di “fare
la Tua volontà, o Signore”.
È con la preghiera che il fedele partecipa (è partecipe, ovvero soggetto attivo) allo sviluppo della Storia della salvezza
collaborando e coadiuvando l’agire divino.
Eppure può sembrare che si attribuisca poca importanza
ed infruttuosa risposta alla preghiera. Cadiamo, anche noi,
nell’errore di pensare che il mondo si cambia con le azioni,
le rivoluzioni, con i progetti-piani (anche pastorali).
Forse, è anche per questo che non abbiamo sempre la
buona prassi di affidare alla preghiera la riuscita di un im-
azione cattolica Giovani e spiritualità
“Narrare il passato… radice del nostro futuro”
pegno pastorale, di un avvenimento ecclesiale, di una esperienza che vede coinvolto un componente la comunità parrocchiale (si privilegia la preghiera di intercessione più che
di affidamento).
Affidiamo n maniera consapevole e motivata, anche ai
sofferenti,l’impegno di sostenere il nuovo che ha bisogno
delle loro preghiera e dell’offerta delle loro sofferenze, invitandoli a divenire coadiutori, soggetti partecipi, in questo
momento importante nella vita della Chiesa universale.
azione cattolica Assemblea diocesana
Aprire il cuore a Dio Chiesa di tutti
Chiesa dei poveri
S
Q
uando il week end di spiritualità è iniziato, nel pomeriggio di sabato 2 marzo,
diverse erano le attese dei partecipanti, giovani e adulti di Azione Cattolica: chi era venuto al Santuario di
Jaddico per un momento di pausa
dai ritmi abituali, chi per cercare un
momento di pace, chi pronto a mettersi in ascolto della Parola di Dio. In
ogni caso tutti desiderosi di stare alla
presenza del maestro, di Gesù.
Poi sono venute le parole a dir poco
“inquietanti” di don Salvatore Tardio - assistente dei giovani di AC – il
quale ci ha introdotti nel clima degli
esercizi spirituali, spiegando come
l’esperienza di Dio non può fermarsi
all’epidermico senso di soddisfazione interiore, anzi è proprio il contrario. O un solo giorno o una settimana
di esercizi sono un momento di grazia nel quale Dio vuole rompere false certezze e mettere in discussione
scelte e modi di vivere, demolire una
nostra idea di Dio per purificare la
fede in Lui, anche quando ne sentiamo l’assenza.
Perchè alla fine di un cammino di
fede, e i santi ce lo insegnano, c’è
il fidarsi solamente di Dio. Non le
emozioni quindi, delle quali forse
andiamo continuamente in ricerca, ma un atto di fede, perchè Dio,
che pure abita in noi, solo alle volte
tocca la nostra psiche (emozioni) rarissimamente il corpo (le lacrime, le
stimmate, i volti trasfigurati...) ma è
sempre presente.
Dopo la consegna del silenzio, condizione indispensabile per l’incontro
con il completamente Altro, tre meditazioni sul libro della Genesi, chiave di lettura di tutta la Sacra Scrittura, hanno preceduto e guidato la
preghiera personale, la cui anima è
stare gratuitamente a “perdere tempo” con Dio. Il clima di raccoglimen-
to che la casa di spiritualità tenuta
dai padri carmelitani offre, ha favorito l’ascolto, tenuto lontano dai rumori della quotidianità e ha permesso il
raccoglimento e la preghiera.
Le pagine toccanti del capitolo 3 di
Genesi ci consegnano il peccato delle
origini, o meglio l’origine del peccato, l’inganno che il maligno ha situato nel cuore dell’uomo, mostrandoci
come quello che lì è un racconto, in
realtà è il dramma interiore che ogni
persona umana di ogni tempo vive:
la seduzione del male, il dialogo col
serpente, la lotta, la caduta.
Ma Dio ha voluto riparare a tali conseguenze del peccato instaurando
relazioni personali con l’umanità e
dando così inizio alla storia della salvezza. Il ciclo di Abramo (Gn 11-23)
è la risposta al peccato contro Dio. Il
ciclo di Giacobbe (Gn 28-36) racconta la riparazione al peccato contro la
fraternità, il ciclo di Giuseppe (Gn 37
e ss.) quella al peccato contro la terra. Dio sceglie di redimere l’uomo
con una relazione personale con Lui,
in un crescendo, sino alla donazione del suo unico Figlio, come meravigliosamente compendia la lettera
agli Ebrei (ad esempio Eb 11).
Nella preghiera abbiamo aperto il
nostro cuore a Dio, per sentire il disgusto del peccato; per confrontare
la nostra fede con la capacità di fidarci di Lui e delle cose impossibili;
per riconoscere la paternità di Dio
che è padre di tutti e dunque ci può
essere riconciliazione con i fratelli.
Resta a noi proseguire questi esercizi spirituali, per conservare come
Maria nel nostro cuore quel silenzio
che permette l’incontro personale
con il Signore e affidarci alla sua Parola.
Antonio D’Amone
i è svolta sabato 16 febbraio scorso, l’annuale assemblea diocesana di
Azione Cattolica, presso il teatro della parrocchia San Vito martire di
Brindisi.
La riflessione dell’associazione, nel cinquantesimo anniversario dell’inizio
del Concilio Vaticano II, ha avuto come tema “Chiesa di tutti, in particolare
chiesa dei poveri”. Dopo la preghiera che ci ha fatti entrare nella riflessione, l’assemblea ha avuto inizio con l’intervento del presidente diocesano,
Piero Conversano, che ha, quindi, introdotto il relatore della serata, mons.
Giuseppe Lorizio, professore ordinario di Teologia fondamentale presso la
Pontificia Università Lateranense.
La riflessione di mons. Lorizio si è inserita in un momento storico della
Chiesa inedito e particolare, a pochi giorni dall’annuncio delle dimissioni di
Benedetto XVI che non poteva non dare un taglio diverso alla serata. Parlare della Chiesa povera tra i poveri, quindi, non significa limitarsi alla sola
povertà materiale, ma riflettere su altre povertà, forse meno evidenti, ma
che ugualmente segnano la vita dell’uomo. Troppe volte, infatti, anche nelle polemiche che si rivolgono alla Chiesa, si punta l’attenzione sull’aspetto
economico, (vedi anche il cosiddetto scandalo dello IOR) ma della povertà
umana, della solitudine che attanaglia l’uomo di oggi e impoverisce il suo
spirito, forse ci si dovrebbe occupare molto di più.
Certo, il Concilio Vaticano II ha lanciato una riflessione profonda riguardo
all’essere della Chiesa nel mondo, e in un mondo caratterizzato da grande
complessità. Il racconto del cosiddetto patto delle Catacombe per una chiesa serva e povera ha segnato ancora più la riflessione dei presenti. Pensare
a questo gruppo di vescovi che, a pochi giorni dalla chiusura di un Concilio che oggi leggiamo come rivoluzionario, si recano nelle Catacombe di
Domitilla per firmare una dichiarazione ancora più rivoluzionaria in cui si
impegnano ad abbandonare orpelli e privilegi in nome della coerenza evangelica e della scelta preferenziale dei poveri, ha suscitato profondo silenzio
carico di riflessione nei presenti.
L’assemblea ha avuto anche i suoi risvolti per tutte le età; mentre, infatti,
gli adulti ascoltavano la relazione di mons. Lorizio, accierrini e giovanissimi
vivevano la loro assemblea parallela, riflettendo a loro misura sullo stesso
tema che hanno condiviso alla fine della serata con tutta l’assemblea. In particolare i giovanissimi, respirando il clima pre-elettorale quasi al suo apice,
hanno riflettuto su che cosa sia il servizio ai poveri e all’uomo attraverso
la politica, arrivando a stilare un vero e proprio programma elettorale con
quelle che sono le priorità per un Paese più giusto e attento alle esigenze
della gente. Gli accierrini poi, attraversando una grande porta che è Cristo,
ci hanno detto che per aprire quella porta hanno bisogno di tante chiavi,
che sono le famiglie, gli educatori, gli adulti che con il loro esempio e la loro
testimonianza li aiutano a conoscere sempre meglio il Signore Gesù.
Una serata davvero intensa abbiamo trascorso, e ritornando a casa la riflessione è continuata e continua ancora perché davvero l’associazione sappia incamminarsi in una Chiesa che fa la scelta preferenziale dei poveri ogni
giorno e con sempre maggiore convinzione, perché è la scelta che primo fra
tutti ha fatto il Signore.
Iolanda Milone
Testimonianza
S
iamo Marco e Arianna, giovane coppia di
Tuturano in procinto di
unirci in matrimonio il
prossimo settembre.
Il 10 febbraio scorso
abbiamo avuto la fortuna di partecipare alla
Festa della promessa,
culminata con l'incontro
tra i fidanzati e il Vescovo Mons. Caliandro.
Già al nostro arrivo si
sentiva il fermento di
tutte le giovani coppie,
curiose di vivere questa
giornata in comunità
per celebrare il giorno
di san Valentino lontano
dal consumismo, all’insegna della preghiera
e dell'amore reciproco.
Pregno di significati i
simboli
dell’incontro:
l'albero della croce di
Gesù, che sempre ci guida e ci ama, ispirato e
spinto dal vento dello
Spirito Santo, rappresentato dalle vele. È stato
significativo, all’ingresso, scrivere tutti i nostri
nomi sulla cartina come
segno della nostra partecipazione alla vita di
comunità sotto la guida
delle proprie parrocchie
per non perdere mai la
bussola del nostro amore. Altrettanto bello é
stato il dono-ricordo che
abbiamo ricevuto, l’interazione dei pensieri
attraverso i bigliettini e
il nodo fatto per unire
le due cordicine, a significato di due persone distinte che si uniscono nel
vincolo del matrimonio.
Ultimo momento, tanto divertente quanto di
condivisione tra le varie
coppie, è stato il rinfresco. Insomma, in maniera inaspettata abbiamo
avuto dimostrazione di
quanto sia bello stare
insieme nell’amore di
Cristo, grazie alla nostra
Chiesa che senza necessariamente proporci il
solito modo di pregare,
ci coinvolge con canti,
balli e testimonianze di
vita vissuta, vera e sincera.
Arianna Madeo
e Marco Capodieci
“I
l vento della SIS arriva in un sussurro, noi invadiam le strade con il colore azzurro…”. Questo ritornello ha
scandito lo svolgersi del grande Raduno degli Scout dell’AGESCI della Zona “Messapia”,
che si è svolto a Brindisi il 9 e 10 marzo scorsi, in occasione della “Giornata del pensiero”
in cui si festeggia il compleanno dei fondatori dello Scautismo, Robert Baden Powell e
di sua moglie, Olave St. Clair e si “pensa” agli
altri Scout sparsi nel mondo, in particolare a
chi è nelle difficoltà e nel bisogno. Per questo,
l’offerta raccolta quest’anno verrà devoluta
all’operazione nazionale “Un euro per una
sede” a favore dei Gruppi Scout dell’EmiliaRomagna a cui il terremoto dell’anno scorso
ha distrutto il luogo di incontro.
Lo slogan che ha orientato l’attività è stato:
“Narrare il passato… radice del nostro futuro”.
Già dal primo pomeriggio di sabato, le Comunità Rovers/Scolte (105 giovani tra i 16 e
i 20 anni con circa 30 Capi/o) si sono incontrate in Cattedrale presso la sede del locale
Gruppo scout “Brindisi 2”, per iniziare con
l’accoglienza e la preghiera animata da don
Mino Schena, Assistente Ecclesiastico di
Zona, le attività specifiche che hanno visto i
vari Clan/Fuoco svolgere un’importantissima attività, apparentemente bizzarra. Difatti
i Rovers e le Scolte hanno girato per determinati luoghi del centro cittadino, dispensando abbracci - gesto caduto ormai in disuso - tra le varie persone che passavano da
lì. I giovani Scout, inoltre, si sono soffermati
con queste persone, ponendo a loro alcune
domande proprio sull’importanza dei luoghi
in cui è stato compiuto questo gesto affettuoso. Rientrati in Cattedrale hanno animato
la serata, rappresentando, sul palco del cortile del Duomo, i
loro lavori: divertenti video, scenette, originali canzoni e altre tecniche espressive alternative che avevano in comune
un unico tema, la “memoria”. Numerosi sono stati i gruppi
che, ad esempio, hanno scelto come evento di riferimento la
rivoluzione del “68 , o la caduta del muro di Berlino, proprio
per ricordare determinati avvenimenti storici che hanno rappresentato la svolta di questa epoca e che magari molti dei
giovani scout presenti non hanno avuto modo di vivere in
quanto non erano ancora nati. La cena comunitaria, con la
riproposizione di piatti tipici della tradizione del proprio paese, è stato elemento di rivalutazione e di condivisione della
propria storia, e ha concluso la serata.
La mattina della domenica è iniziata alle ore 8:30 con l’arrivo, in piazzale Lenio Flacco, delle Unità di Lupetti/e e di
Esploratori/Guide, a completamento di tutti i Gruppi Scout.
Gli oltre 1000 partecipanti hanno celebrato l’Eucarestia con
l’altare posizionato tra le scalinate e il porto. Ad aiutare nel
servizio liturgico, un diacono permanente e 2 ministri straordinari dell’Eucarestia (2 dei quali già Capi scout) ed il coro
scout del “Brindisi 1”. Presenti anche vecchi Scout brindisini
che hanno avuto il piacere di partecipare all’evento e vedere
come le “nuove leve” stanno crescendo.
Il resto della mattinata è stato impegnato nelle attività divise per le tre Branche.
I Lupetti/e, occupando piazza Santa Teresa, hanno rievocato 13 invenzioni che hanno caratterizzato la storia dell’umanità dai primi strumenti per la caccia-pesca, alle invenzioni
tecnologiche del XIX secolo. Gli Esploratori e le Guide, rima-
© Federica Marseglia
© Federica Marseglia
sti sul piazzale Lenio Flacco, si sono sfidati, di Squadriglia, in
giochi da strada che erano in uso nel passato, rivisitandoli e
magari aggiornandoli negli strumenti adoperati. Nel primo
pomeriggio le Squadriglie vincitrici sono state premiate da
Aldo Indini, già Capo Scout del “Brindisi1” (ASCI) negli anni
‘50.
I Rovers e le Scolte hanno fatto ritorno in Cattedrale dove,
con l’occasione della quarta edizione del premio “Pio La
Torre”, divisi in gruppi di formazione, hanno elaborato delle idee per riqualificare il territorio brindisino sottratto alla
mafia. Questi “giovanissimi imprenditori”, mettendo in scena
proprie idee, quasi come fosse un spot pubblicitario, hanno
dimostrato di essere un vero e proprio serbatoio di idee concrete per un rilancio etico ed imprenditoriale. Ad esempio,
alcuni gruppi hanno proposto di realizzare una gelateria artigianale in cui vendere gelati contenenti prodotti naturali nati
nelle terre confiscate alla mafia. Altri gruppi, invece, hanno
voluto soffermarsi più sull’ambito turistico-gastronomico,
proponendo di costruire un ristorante su un suolo confiscato, dove poter mettere a disposizione dei neo-diplomati le
cucine, ma anche l’esperienza di chef importanti, favorendo
così anche l’occupazione giovanile. Terminata questa attività, i ragazzi del Clan/Fuoco hanno potuto assistere all’importante testimonianza della dott.ssa Anna Maria Casaburi,
magistrato presso il Tribunale per i minorenni di Lecce. Il
giudice ha testimoniato la difficile condizione dei giovani
reclusi nei centri di recupero, che già a questa età si trovano
ad essere privati della piena libertà. Particolarmente interessanti sono state le domande poste alla dottoressa Casaburi
da parte di alcuni scout, i quali si sono maggiormente soffer-
mati sul problema del reato di violenza sessuale, in quanto la
legislazione italiana non ha assunto una posizione del tutto
punitiva nei confronti degli stupratori, in particolare di quelli
minorenni.
Le attività delle Branche, comprendendo il pranzo a sacco,
si sono svolte sino alle 15, quando tutti si sono ritrovati nuovamente sul piazzale dove, con un po’ di animazione, è stato accolto il Vescovo Mons. Domenico Caliandro, che dopo
aver salutato, ha indicato delle parole chiave, quali il rispetto
delle regole, la disciplina, l’approccio positivo alla vita, come
presupposti che fanno dello scautismo un’esperienza importante per la crescita di ogni ragazzo/a. Citando la pronta disponibilità e intervento degli Scout, «sempre in prima linea,
quando si verificano situazioni difficili», ha invitato tutti i
presenti alla preghiera del “Padre nostro” e ha impartito la
benedizione.
Con lo scambio di un “nodo” tra tutti i partecipanti, i “gridi
di Gruppo”, i ringraziamenti a quanti hanno collaborato, sostenuto e aiutato nello svolgimento della manifestazione, ci
si è salutati e dati appuntamento alle prossime attività.
Oltre ai Gruppi della Zona AGESCI “Messapia” hanno
partecipato il Reparto dello “Squinzano1” e la Comunità
M.A.S.C.I. di Manduria.
L’evento ha dato il via ai festeggiamenti per i 90 anni di
scautismo in Brindisi, che proprio nel marzo del 1923, vedeva il Gruppo Scout “Brindisi1”, con sede in Cattedrale,
ufficialmente iscritto nei Registri dell’A.S.C.I. (Associazione
Scautistica Cattolica Italiana).
Donato Rosa e Angelo Russo
Consultorio diocesano Speranza
Via Pace brindisina 35/A - Brindisi
(nei pressi della Parrocchia dei Salesiani)
tel. 0831/563145
e-mail: [email protected]
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Associazioni & Movimenti
apostolato della preghiera Incontro formativo
La vita si è resa visibile
“L
a vita si è resa visibile” è stato il tema
dell’incontro formativo diocesano per gli
associati all’Apostolato della Preghiera,
svolto da padre Tommaso Guadagno, direttore nazionale dell’Adp, venerdì 15 febbraio u.s. nel teatro
della parrocchia San Vito martire.
L’incontro si è svolto alla presenza di sua eccellenza mons. Domenico Caliandro che, dopo un breve
momento di preghiera, ha salutato i presenti manifestando il suo interesse ed il suo affetto all’AdP con
parole significative di incoraggiamento e di speranza
sulla diffusione, anche tra i più giovani, di questa forma importantissima di presenza nella e per la Chiesa.
Padre Tommaso, presentando il suo ultimo libro sulla
preghiera con le icone, intitolato con il passo giovanneo suddetto, ha sottolineato il «fascino della bellezza spirituale» emanato dalle icone che possono divenire «uno strumento di esperienza spirituale forte ed
anche terapeutica in quanto testimoniano il legame
inscindibile tra bellezza, verità e bontà». Richiamando la frase di Dostoevskij “Il mondo lo salverà la bellezza”, ed il pensiero di alcuni papi come Paolo VI e
Benedetto XVI sulla stretta relazione tra verità e bellezza, tra arte e fede, ha rilevato come, nell’odierna
società basata sull’immagine dissacratoria del «bello
ed esaltante il volgare e l’orrido, sia urgente la rieducazione dello sguardo e l’ecologia dell’immagine».
Un obiettivo educativo fondamentale che si può realizzare con la preghiera e la conoscenza spirituale
anche mediante le icone ortodosse.
Così le icone, lungi dal divenire fonte di idolatria,
sono come “finestre aperte sul mondo spirituale”,
perchè hanno il potere di evocare, cioè di risvegliare
nella coscienza una visione spirituale che altrimenti
rimarrebbe nascosta.
Dopo un’interessante presentazione tecnica sulla storia e sulla canonicità delle icone ortodosse ha
soffermato lo sguardo e la riflessione su tre icone che
occupano un posto centrale nell’iconostasi (parete
rivestita da icone che separa l’altare dalla comunità
dei fedeli): il Volto Santo, Gesù misericordioso e l’Ultima Cena.
L’icona del Volto Santo, raffigurante il Signore Gesù
Cristo in un’apparizione ieratica, non fatta da mani
d’uomo secondo la tradizione bizantina, è l’icona
per eccellenza ed è da considerare come una rappresentazione sintetica dell’uomo interiore, l’essenza
più profonda di ogni essere umano che si apre alla
conoscenza di Dio e realizza così la speranza di una
15 marzo 2013
comunità gesù risorto Ad Ostuni
Chi perde la vita
per me la salverà
I
l versetto del Vangelo di Marco
“Chi perderà la propria vita per
causa mia e del Vangelo, la salverà” è stato il tema che ha condotto
la giornata del Ritiro Regionale della
Puglia per Animatori e Responsabili
della Comunità Gesù Risorto.
vita santa e pienamente conforme alla dignità di figli
di Dio.
L’icona di Gesù misericordioso o del Cristo Pantocrator esprime la volontà di pietà e d’amore di Dio
verso ogni essere umano, una volontà manifestata
dalla pienezza del soffio dello Spirito Santo che rende possibile il dono totale di sé fino a morire per la
redenzione dei fratelli.
L’icona dell’Ultima Cena, illustrando il tradimento
di Giuda e l’istituzione dell’Eucaristia o, secondo la
liturgia bizantina, la consegna dei tremendi Misteri,
è fonte di riflessione sull’immenso amore di Dio che
Lo spinge a donare il suo Figlio Gesù per la salvezza
di tutti gli uomini e suscita il desiderio, che si fa preghiera, di avere gli stessi sentimenti che furono nel
suo Cuore.
“In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri
pensieri. … E il Dio della pace sarà con voi!” Le parole di san Paolo, rivolte ai Filippesi, riassumono efficacemente l’argomento di questo incontro formativo, occasione unica per imparare a rieducarsi nella
custodia degli occhi. A tal proposito si ricorda il detto
popolare “gli occhi sono la finestra dell'anima”, cioè
il luogo attraverso il quale tutto si riversa nel cuore
e, poichè la vera preghiera è quella del cuore, non si
potrà mai viverla autenticamente se si è impediti da
rievocazioni suscitate da immagini riprovevoli.
Perciò in quest’Anno della Fede gli associati all’Apostolato della Preghiera sono chiamati in particolar
modo a “tenere fisso lo sguardo su Gesù, autore e
perfezionatore della fede (Eb 12, 1)”, e a vivere da figli
riconoscenti verso il Padre in una preghiera incessante di lode, ringraziamento e supplica per divenire
belli della bellezza di Dio ed essere così icona meravigliosa della Grazia salvifica e rigenerante di Dio,
Amore trinitario.
Maria Bafaro
Il 3 marzo scorso, circa centoventi
Animatori e Responsabili sono convenuti presso il Centro di spiritualità
“Madonna della Nova” a Ostuni, da
varie diocesi della Puglia, per pregare e riflettere sul tema della giornata.
In questa occasione sono stati messi in luce alcuni ministeri (o servizi)
che vengono svolti in Comunità, con
la finalità di trasmettere anche ad
altre Comunità della Puglia determinati carismi, come quello della “rappresentazione sacra” così fiorente
nelle Comunità di Castellana Grotte, Putignano e Santeramo in Colle.
L’accoglienza festosa dei fratelli, ha
introdotto la giornata che è proseguita con una potente preghiera di lode
a Dio con canti in lingue, profezie,
momenti di adorazione e di ascolto,
intercessione, e preghiere di guarigione. Al termine è stata posta una
Bibbia aperta ed i fratelli, poggiando
la mano su di essa, hanno rinnovato
il proprio “eccomi” al Signore Gesù.
Dopo la preghiera di lode, Gaetano
Larizza, come facente parte del Ministero Internazionale dei Canti della
Comunità, ha tenuto una relazione
su questo servizio così importante
per l’animazione della preghiera carismatica. Stella Montaruli, delegata
diocesana in Conversano-Monopoli,
ha continuato la riflessione nello
specifico sul Ministero dello “ Spettacolo o Rappresentazione Sacra”,
dono di grazia molto apprezzato per
la sua bellezza e spettacolarità nei
Ritiri Regionali e nei Convegni Internazionali, dove sono state messe in
scena rappresentazioni sacre molto
coinvolgenti e ben curate in tutte i
particolari.
Dopo la pausa pranzo, Gabriele Tauro, membro del CIS (Comitato Internazione di Servizio) ha tenuto un
insegnamento sull’animazione della
preghiera Carismatica e sull’Imposizione delle mani; seguito da molte
testimonianze e condivisioni varie
dei presenti.
La giornata si è conclusa con la Santa
Messa presieduta da Padre Clemente
Majuli, OMI.
Luigi Grassi
Speciale
15 marzo 2013
11
nuovo pontefice Il card. Jorge Mario Bergoglio è il 266° successore di Pietro
Papa Francesco preso “quasi alla fine del mondo”
I
l volto sereno e sorridente, il drappo rosso che abbraccia l’affaccio della Loggia,
la banda che suona l’inno nazionale e
lui che ascolta commosso in piedi. Otto anni
dopo il suo predecessore, il Papa emerito,
Papa Francesco - il 266° Romano Pontefice
della storia della Chiesa, primo Papa gesuita
della storia - alle 20.21 del 13 marzo si è affacciato per la prima volta dalla Loggia delle
Benedizioni per ricevere il saluto della folla,
un oceano festante in piazza S. Pietro che ha
atteso più di un’ora sotto la pioggia per vedere il nuovo Papa. “Fratelli e sorelle buonasera”, le sue prime, semplici, parole. L’attesa
fumata bianca era arrivata alle 19.06, dal comignolo della Cappella della Cappella Sistina. A dare il solenne annuncio al popolo, alle
20.12, è stato il cardinale protodiacono, cardinale Jean Louis Tauran. Queste le sue parole in latino: “Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam: Eminentissimum
ac Reverendissimum Dominum, Dominum
Georgium Marium Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio qui sibi nomen
imposuit Franciscum”. Il primo Papa fuori
dal continente europeo è stato eletto nel 75°
Conclave della storia della Chiesa, dai 115
cardinali elettori, al quinto scrutinio.
La fumata bianca © Sir
La gioia dei fedeli in piazza S. Pietro © Sir
Quasi alla fine del mondo. “Voi sapete che
il dovere del Conclave è di dare un vescovo
a Roma”, ha proseguito il nuovo Papa: “Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati
a prenderlo quasi alla fine del mondo”, ha
scherzato sulle sue origini argentine, “ma
siamo qui”. “Vi ringrazio dell’accoglienza”, ha
poi detto: “la comunità diocesana di Roma
ha il suo vescovo: grazie!”.
Il primo pensiero al Papa emerito. Il primo pensiero al suo predecessore: “Prima di
tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro
vescovo emerito, Benedetto XVI”, ha detto
Francesco: “preghiamo tutti insieme per lui,
perché il Signore lo benedica e la Madonna
lo custodisca”. Poi la recita del Padre Nostro, dell’Ave Maria e
del Gloria al Padre, insieme alla piazza. “E adesso incominciamo questo cammino: vescovo e popolo”, ha detto subito
dopo il Papa: “Questo cammino della Chiesa di Roma, che è
quella che presiede nella carità tutte le Chiese”. Il Papa ha definito già da oggi il suo pontificato “un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi”. “Preghiamo sempre per noi,
l’uno per l’altro”, il primo impegno chiesto e preso insieme
ai fedeli. Poi l’orizzonte si è allargato: “Preghiamo per tutto
il mondo, perché ci sia una grande fratellanza”. Poi il primo
augurio, sempre rivolto alla piazza: “Vi auguro che questo
cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi
Vaticano, 13 marzo. Papa Francesco si affaccia per la prima volta alla Loggia della Basilica Vaticana © Sir
aiuterà il mio cardinale vicario sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella”.
Prima vi chiedo un favore. Prima di impartire la benedizione “Urbi et Orbi”, il nuovo Papa ha fatto un gesto inedito e già
indicativo del modo in cui concepisce il servizio del ministero petrino: “Prima vi chiedo un favore”, ha detto rivolgendosi
direttamente alla folla che lo ha ascoltato in religioso silenzio: “Prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che
voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del
popolo, chiedendo la benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me”. E così, sulla
piazza è sceso un minuto di intenso silenzio, di vera preghie-
ra, seguita da un applauso.
La benedizione e gli applausi. Poi la benedizione “Urbi
et Orbi”, in latino. Una benedizione rivolta “a voi e a tutto il
mondo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà”, ha
proseguito poi il nuovo Papa in italiano, e dalla folla si è levato un altro applauso. “Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante
dell’accoglienza. Pregate per me e a presto”, il semplice saluto finale, che ha richiamato il primo con cui si era rivolto alla
folla dalla Loggia. Infine, una confidenza ai fedeli sul giorno
dopo: “Domani voglio andare a pregare la Madonna, perché
custodisca tutta Roma. Buonanotte e buon riposo”.
salice salentino Interessante tavola rotonda organizzata dalla Parrocchia Santa Maria Assunta
Ha senso credere oggi? Fede cercata e fede vissuta
U
n dialogo sereno e proficuo, una zona franca in cui,
pur nelle identità specifiche di ciascuno, avere la
possibilità di comunicare la gioia e la bellezza della propria fede o la fatica del credere, tra mille dubbi e interrogativi. Per riprendere le parole di Papa Benedetto XVI,
che ne è stato l’ideatore, un moderno “cortile dei gentili”.
Questi i presupposti posti a base dell’iniziativa organizzata
dalla Parrocchia Santa Maria Assunta di Salice Salentino.
La Tavola Rotonda “Ha senso credere, oggi? Confronto tra
fede cercata e fede vissuta” si è svolta il 15 febbraio u.s.,
presso il Centro Polifunzionale. Sono intervenuti, Bruno
Mitrugno, già Direttore diocesano della Caritas, da sempre impegnato nel servizio agli ultimi e l’Avv. Donato De
Mitri, già Sindaco di Salice. A moderare il dibattito, la Dott.
ssa Federica Ianne. L’incontro è stato aperto dall’ArcipreteParroco don Carmine Canoci, che, nel saluto, ha precisato
come la comunità parrocchiale non abbia voluto far cadere
nel silenzio la provvidenzialità di un Anno della Fede voluto dal papa emerito Benedetto XVI, programmando tutta
una serie di iniziative di vario genere, a cadenza mensile,
per promuovere, diffondere e testimoniare la realtà della
fede. Le stesse, a ben dire, non si presentano come occasioni estemporanee, ma rientrano a pieno titolo, nel piano pastorale parrocchiale che lo stesso don Carmine ha proposto
all’inizio dell’anno e che si pone come obiettivo prioritario
l’impegnativo, ma pur sempre affascinante progetto della
Nuova Evangelizzazione.
Nel corso della Tavola Rotonda, attraverso le domande rivolte agli intervenuti, ampio spazio è stato dato alla comu-
nicazione delle esperienze personali, dalle quali è emerso
chiaramente quanto credenti e non credenti si trovino più
vicini di quanto si potrebbe supporre. Il credente, fortemente animato dalla speranza, si affida totalmente a Dio,
perché nella persona di Gesù Cristo, ne avverte la vicinanza, fatta amore e misericordia. Anche il non credente, a fine
giornata, si ferma un attimo a fare il suo esame di coscienza,
a riflettere se le sue azioni e i suoi comportamenti sono risultati coerenti e rispondenti ai valori della solidarietà, della
giustizia, della fratellanza, che, pur essendo sperimentabili
nel vivere umano, sono valori prettamente cristiani.
Le due voci si sono, poi, confrontate sul ruolo della Chiesa del nostro tempo, sulle luci e sulle ombre del suo operare tra gli uomini, attraverso l’annuncio della Parola, i
Sacramenti e la carità. Ci si è interrogati, inoltre, sugli atteggiamenti e comportamenti che devono contraddistinguere il cristiano che sceglie di impegnarsi in politica. Sul
rapporto Chiesa-Mondo, in particolare, è stato chiesto ai
relatori di indicare quali potenzialità e risorse, ciascuno
per la sua parte, la Chiesa e il mondo, possono mettere a
frutto, per un dialogo più ravvicinato ed una reciproca accoglienza. Su questo versante, sono emerse posizioni differenti, logica conseguenza dei diversi punti di vista. Al bisogno di una Chiesa che, lontana da ogni forma di potere,
si mostri più autorevole su ogni ambito e non solo su questioni dottrinali, ha fatto eco la necessità di amare l’altro, in
quanto tale, di aprirsi al dialogo, rendendo buona testimonianza dell’essere credenti, appartenenti ad una Chiesa, le
cui scelte sono sempre in funzione del bene dell’uomo.
La Tavola Rotonda si è conclusa con l’invito da parte di
don Carmine a riprendere nella riflessione personale quanto ascoltato, per un esame di coscienza, per una verifica del
proprio operato, perché si attui quella conversione del cuore, che non è compiere miracoli, ma riuscire a creare quelle
condizioni giuste che portino, passo dopo passo, anche sofferto, a migliorare il cammino insieme.
Coralba Rosato
Le emozioni della gente
Prima della fumata. Il 13 marzo è il secondo giorno di Conclave. Dopo la fumata
nera del mattino, è tanta l’attenzione per
l’esito degli scrutini pomeridiani. Sono trascorsi alcuni minuti dalle 16 e la piazza inizia a colorarsi timidamente di ombrelli che
sfidano l’ostinazione della pioggia. La fumata prevista intorno alle 17 non c’è stata,
da questo momento gli occhi si moltiplicano, così come impermeabili e bandiere, e
lo sguardo sui maxi schermi si fa sempre
più insistente. Ci penserà il gabbiano adagiato sul comignolo più famoso del mondo
a strappare un sorriso, stemperando l’attesa.
Sono passate le 18, poi le 18.30, ancora
niente. Intanto, Piazza San Pietro è diventata il centro del mondo. Provo ad ascoltare gli umori della gente, di chi è venuto da
ogni parte della Terra ed è qui per caso o
per l’occasione. C’è chi spera nell’elezione
del nuovo Papa a breve, come il sindaco
di una piccola città che vorrebbe vedere
la fumata bianca prima della partenza del
suo treno, in serata. Altri, più prudenti, si
aspettano la grande notizia per l’indomani
o addirittura per venerdì. Di questi, alcuni,
come un seminarista, preferirebbero avere il nuovo pontefice il più tardi possibile
perché, in fondo, l’attesa è bella. Fa restare
tutti sospesi, con il volto verso il cielo nella
speranza di un segno.
Sembra che ciascuno identifichi il Papa
in colui che può dare una risposta alle
proprie esigenze, qualcuno in cui potersi
rispecchiare. Così, alla domanda sui possibili pronostici, alcune suore indiane affermano che confidano nell’azione dello Spirito Santo, va bene qualunque nome. Tanti
turisti vorrebbero andar via da Roma sapendo di aver partecipato a un evento storico, magari portando a casa il “trofeo” di
un Papa della loro stessa nazionalità. Una
coppia di americani staziona a San Pietro
dal giorno prima. Nulla di strano, se non
fosse che sono turisti non credenti, a Roma
solo per altri tre giorni e che, fino a quando
non vedranno il successore di Benedetto
XVI, sono pronti a trascorre ciò che resta
delle loro vacanze all’ombra del colonnato,
rinunciando ad andare in giro per la Città
Eterna. È curioso come questo
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I retroscena della elezione
I
l racconto dei cardinali elettori francesi
dei minuti e delle ore successive all’elezione. A cominciare dalla sorpresa per
la scelta del nome. Il Papa Francesco che
conserva la sua croce pettorale e va incontro al cardinale Dias, claudicante, per abbracciarlo.
I minuti immediatamente successivi
alla elezione, il rapporto cordiale, semplice e alla mano con i cardinali, i suoi interventi in aula. A raccontare ai giornalisti il
“dietro le quinte” del Conclave, sono stati
i cardinali elettori francesi che all’indomani della elezione hanno incontrato la
stampa, dando “a caldo” le loro impressioni e raccontando con semplicità e profondità l’esperienza unica, solenne, gioiosa dell’elezione di un Sommo Pontefice.
Il momento in cui Papa Francesco ha accettato la nomina. È il cardinale di Lione
Philippe Barbarin a dare ai giornalisti
particolari inediti di quanto è successo
nei minuti immediatamente successivi
all’elezione del cardinale Bergoglio a sommo Pontefice. Quando il Cardinale Decano, a nome di tutto il Collegio degli elettori, ha chiesto al cardinale Giorgio Mario
Bergoglio se accettava la sua elezione, il
cardinale argentino ha risposto sì ma ha
anche aggiunto “sono un peccatore” e si
è lasciato andare «come ad un gesto disarmante». Poi, quando gli hanno chiesto
come voleva essere chiamato, lui ha risposto “Franciscus” ed ha aggiunto, “a causa
di San Francesco” e il collegio cardinalizio ha accolto quel nome «con una certa
sorpresa». A quel punto poi il cerimoniere
mons. Marini gli ha offerto la Croce pettorale dorata, ma il Papa ha detto che preferiva mantenere la propria. Prima poi di
salutare ad uno ad uno i cardinali, papa
Francesco - accorgendosi delle difficoltà
motorie del cardinale Ivan Dias - è andato
verso di lui per abbracciarlo. Poi è tornato,
e ha salutato i cardinali scegliendo però di
non sedersi al trono papale ma di rimanere in piedi. Poi a cena - ricorda il cardinale
André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi - nella casa Santa Marta, rivolgendosi
scherzosamente ai cardinali, ha detto:
“Spero che siate perdonati”.
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12
Speciale
15 marzo 2013
Speciale
15 marzo 2013
13
nuovo pontefice I primi giorni del nuovo Papa tra celebrazione con i cardinali e incontro con i giornalisti, preghiera dell’Angelus e solenne celebrazione di inizio pontificato
Una Chiesa sposa di Cristo, in cammino alla sua presenza e carica della sua Croce
La prima omelia di Papa Francesco:
«Camminare, edificare, confessare»
“C
amminare, edificare, confessare”:
attorno a questi tre verbi si è articolata la prima omelia di papa
Francesco, nella Cappella Sistina, davanti ai
115 cardinali che lo hanno eletto. Circa sette
minuti in tutto, un condensato spirituale che
ha preso spunto dalle letture della Messa, e
in particolare riferendosi al Vangelo di Matteo con il dialogo tra Gesù e Pietro (Matteo 1,
13-19). “In queste letture – ha esordito il nuovo Papa, che ha parlato interamente a braccio – c’è qualcosa di comune: è il movimento,
è il cammino, il movimento nella confessione”. Poi ha declinato il significato dei tre verbi: camminare, edificare, confessare. “Camminare alla luce del Signore”, ha spiegato, è
la prima cosa che Dio ha detto ad Abramo:
“cammina nella mia presenza, e sii irreprensibile”. “Camminare”, ha ripetuto il Papa: “la
nostra vita è un cammino, e se ci fermiamo qualcosa non va”.
“Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del
Signore”, l’esortazione del Santo Padre: “cerchiamo di vivere
con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo nella
sua promessa”.
Chiesa, non ong. “Edificare la Chiesa”, il secondo impegno
mutuato dal Papa dalle letture della Messa, nelle quali “si
parla di pietre, ma pietre vive, pietre pronte per lo Spirito
Santo”. Di qui l’invito a “edificare la Chiesa, la sposa di Cristo, su quella pietra angolare che è lo stesso Signore”. Terzo
verbo, infine, “confessare”. “Noi possiamo camminare quello
che vogliamo, edificare tante cose, ma se non confessiamo
Gesù Cristo qualcosa non va, diventiamo una ong pietosa,
ma non la Chiesa sposa di Cristo”, il forte ammonimento del
Papa. “Quando non si cammina, ci si ferma”, ha proseguito:
”Quando non si edifica nelle pietre, succede come ai bam-
U
P
bini sulla spiaggia, quando fanno dei palazzi sulla sabbia, senza consistenza”. Poi il
Papa ha citato Leon Bloy, per affermare che
“quando non si confessa Gesù Cristo, avviene che chi non prega il Signore prega il diavolo. Quando non si confessa Gesù Cristo,
si confessa la mondanità e il diavolo”. “Camminare, edificare, costruire, confessare”, la
progressione dei verbi usata dal Papa. “Non
è così facile – ha ammesso – perché per camminare, per costruire, per confessare, alle
volte ci sono scosse, ci sono movimenti che
non sono proprio movimenti del cammino,
sono movimenti che ci tirano indietro”.
Senza la Croce siamo “mondani”. Il Vangelo di Matteo, ha fatto notare il Papa, prosegue “con una situazione speciale”, perché “lo
stesso Pietro, che ha confessato Gesù Cristo”
– “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” –
sembra dirgli “io ti seguo, ma non oggi, con altre possibilità,
senza la Croce”. “Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce, e quando confessiamo con
Cristo senza la Croce – l’ammonimento centrale della prima
omelia di papa Francesco – non siamo discepoli del Signore,
siamo mondani. Siamo vescovi, siamo preti, siamo cardinali,
ma non siamo discepoli cristiani”. “Vorrei che tutti noi, dopo
questi giorni e queste grazie – l’auspicio del nuovo Papa nella sua omelia interamente a braccio – abbiamo il coraggio
di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore, di edificare la Chiesa con il sangue del Signore versato
sulla Croce, e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso”.
“E così la Chiesa va avanti”, ha concluso il Papa, invocando
l’intercessione di Maria, “nostra madre”, affinché “ci conceda
di camminare, edificare, confessare Gesù Cristo Crocifisso”.
Il primo angelus: «Mai stancarsi
di chiedere perdono»
n applauso fragoroso e prolungato ha accolto, domenica 17 marzo, l’affacciarsi di Papa Francesco per il
suo primo Angelus. Alla folla che ha riempito piazza
San Pietro, via della Conciliazione e le strade attigue, il Pontefice, con il volto sorridente, ha rivolto il suo saluto: “Fratelli
e sorelle, buongiorno! Dopo il primo incontro di mercoledì
scorso, oggi posso rivolgere di nuovo il mio saluto a tutti! E
sono felice di farlo di domenica, nel giorno del Signore! Questo è bello è importante per noi cristiani: incontrarci di domenica, salutarci, parlarci come ora qui, nella piazza”. Una
piazza, ha sottolineato il Santo Padre, che, “grazie ai media,
ha le dimensioni del mondo”.
La pazienza di Dio. In questa quinta domenica di Quaresima, ha ricordato il Santo Padre, “il Vangelo ci presenta l’episodio della donna adultera, che Gesù salva dalla condanna
a morte. Colpisce l’atteggiamento di Gesù: non sentiamo
parole di disprezzo, non sentiamo parole di condanna, ma
soltanto parole di amore, di misericordia che invitano alla
conversione”. “Neanche io ti condanno: va’ e d’ora in poi
non peccare più!”, dice Gesù. “Eh, fratelli e sorelle – ha sottolineato Francesco -, il volto di Dio è quello di un padre
misericordioso, che sempre ha pazienza! Avete pensato voi
alla pazienza di Dio, la pazienza che Lui ha con ciascuno di
noi? Eh, quella è la sua misericordia. Sempre ha pazienza: ha
pazienza con noi, ci comprende, ci attende, non si stanca di
perdonarci se sappiamo tornare a Lui con il cuore contrito.
‘Grande è la misericordia del Signore’, dice il Salmo”.
Il Padre misericordioso. A proposito della misericordia
il Papa ha voluto condividere con i fedeli una lettura che
ha fatto. “In questi giorni, ho potuto leggere un libro di un
cardinale, il cardinale Kasper, un teologo in gamba, eh? Un
buon teologo, sulla misericordia. E mi ha fatto tanto bene,
quel libro, ma non crediate che faccia pubblicità ai libri dei
miei cardinali, eh? Non è così!”, ha detto spiritosamente. Ma,
ha proseguito, questa lettura “mi ha fatto tanto bene, tanto
bene. Il cardinale Kasper diceva che sentire misericordia,
questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sen-
il motto e lo stemma
tire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo
meno freddo e più giusto”. Per il Pontefice, “abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre
misericordioso che ha tanta pazienza. Ricordiamo il profeta
Isaia, che afferma che anche se i nostri peccati fossero rossi
scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come la neve”. È
“bello” per il Santo Padre questo aspetto della “misericordia”.
Non stanchiamoci di chiedere perdono. Francesco ha,
quindi, raccontato un episodio della sua vita: “Ricordo appena vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires” l’immagine della “Madonna di Fatima. E si è fatta una grande
messa per gli ammalati. E io sono andato a confessare a quella messa. E alla fine, quasi della messa, mi alzavo, perché dovevo fare una cresima. È venuta da me una donna anziana,
umile, molto umile, untraottantenne. Io l’ho guardata e le ho
detto: ‘Nonna – perché da noi si dice così nonna agli anziani:
nonna, lei vuole confessarsi?’. ‘Sì’, mi ha detto. ‘Ma se lei non
ha peccato’. Lei mi ha detto: ‘Tutti abbiamo peccati’. ‘Ma forse il Signore non li perdona’. ‘Il Signore perdona tutto’, mi ha
detto: sicura. ‘Ma come lo sa, lei, signora?’. ‘Se il Signore non
perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe’”. A quel punto,
il Papa ha ammesso: “Io ho sentito una voglia di domandarle: ‘Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?’, perché
quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapienza interiore verso la misericordia di Dio. Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci, mai!”. Ma, allora,
“qual è il problema?”. “Eh, il problema è che noi ci stanchiamo di chiedere perdono – ha sottolineato il Pontefice -! Lui,
mai si stanca di perdonare, ma noi, a volte, ci stanchiamo di
chiedere perdono”. Di qui l’invito: “Non ci stanchiamo mai,
non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre
perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi”. Poi
ancora un’esortazione: “E anche noi impariamo ad essere
misericordiosi con tutti. Invochiamo l’intercessione della
Madonna che ha avuto nelle sue braccia la misericordia di
Dio fatta uomo”.
Vaticano, 19 marzo. Messa di inizio Pontificato di Papa Francesco © AFP/Sir
inizio pontificato La figura di San Giuseppe al centro dell’omelia del Papa
«Custodi di noi stessi, degli altri, del creato»
È
durata circa 2 ore la Messa di inaugurazione del pontificato di
Papa Francesco alla quale hanno partecipato 200mila persone radunate fin dalle prime ore dell’alba in piazza san Pietro.
Significative e profonde le parole pronunciate dal Pontefice nel corso della sua omelia.
Dopo aver ricordato il suo predecessore, del quale ricorre l’onomastico, Papa Bergoglio ha incentrato la sua riflessione sulla figura
di Giuseppe il «custode di Maria e di Gesù» il quale ha esercitato la
custodia «con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante e una fedeltà totale». La custodia di Giuseppe – ha
detto ancora il Papa «si estende poi alla Chiesa».
Giuseppe è “Custode”, ha spiegato il Papa, «perché sa ascoltare
Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere
le decisioni più sagge». In lui, secondo Papa Francesco, «vediamo
come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana;
Cristo!». «Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri,
per custodire il creato!», l’invito del Santo Padre ai fedeli.
«Siate i custodi dei doni di Dio», ha esortato il Papa nell’omelia,
dopo aver spiegato che «la vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato. È il
custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore,
specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili
e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno
dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente,
poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli
diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie,
che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel
bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti». «E quando l’uomo viene meno a
questa responsabilità, quando noci prendiamo cura del creato e dei
fratelli - ha ammonito il Papa - allora trova spazio la distruzione e il
cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli
Erode che tramano disegni di morte, e distruggono e deturpano il
volto dell’uomo e della donna».
«Vorrei chiedere, per
favore, a tutti coloro
che occupano ruoli
di responsabilità in
ambito economico,
politico o sociale, a
tutti gli uomini e le
donne di buona volontà: siamo custodi
della creazione, del
disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente. Non lasciamo
che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di
questo nostro mondo!». È il forte appello al centro dell’omelia del
Papa, che ha suscitato l’applauso immediato della piazza. «Ma per
custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi!», ha proseguito il Papa: «Ricordiamo che l’odio, l’invidia la superbia sporcano la
vita!». Custodire vuol dire, allora, «vigilare sui nostri sentimenti, sul
nostro cuore, perché è da lì che escono intenzioni buone e cattive:
quelle che costruiscono e quelle che distruggono». E soprattutto
«Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!».
«Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel
servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare
al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come
lui aprire le braccia per custodire tutto il popolo di Dio e accogliere
con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli».
Poi la definizione del ministero petrino: «Custodire Gesù con Maria, custodire l’intera creazione, custodire ogni persona, specie la
più povera, custodire noi stessi: ecco un servizio che il vescovo di
Roma è chiamato a compiere, ma a cui tutti siamo chiamati per far
risplendere la stella della speranza”. Custodiamo con amore ciò che
Dio ci ha donato», l’invito finale del Papa.
Una volta rientrato in basilica, il Papa ha ricevuto il saluto delle
delegazioni dei capi di Stato presenti alla celebrazione.
apa Francesco
ha deciso di
confermare il motto,
“Miserando
atque eligendo” e,
nei tratti essenziali,
anche lo stemma
che aveva come
arcivescovo, caratterizzato da una lineare semplicità.
Lo stemma. Lo
scudo blu dello
stemma papale è
sormontato dai simboli della dignità pontificia (mitra
collocata tra chiavi decussate d’oro e d’argento, rilegate da un cordone rosso), uguali a quelli voluti dal predecessore Benedetto XVI. In alto, campeggia l’emblema
dell’ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di
Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante caricato dalle
lettere, in rosso, Ihs, monogramma di Cristo. La lettera
“H” è sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi in
nero. In basso, si trovano la stella e il fiore di nardo. La
stella, secondo l’antica tradizione araldica, simboleggia
la Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa; mentre
il fiore di nardo indica san Giuseppe, patrono della Chiesa universale. Nella tradizione iconografica ispanica, infatti, san Giuseppe è raffigurato con un ramo di nardo in
mano. Ponendo nel suo scudo tali immagini, il Papa ha
inteso esprimere la propria particolare devozione verso
la Vergine Santissima e san Giuseppe.
Il motto. Il motto di Papa Francesco, “Miserando atque
eligendo”, è tratto dalle omelie di San Beda il Venerabile, sacerdote (Om. 21; Ccl 122, 149-151), il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di san
Matteo, scrive: “Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me” (Vide
Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi). Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina ed è riprodotta
nella Liturgia delle Ore della festa di san Matteo. Essa
riveste un significato particolare nella vita e nell’itinerario spirituale del Papa. Infatti, nella festa di san Matteo
dell’anno 1953, il giovane Jorge Bergoglio sperimentò,
all’età di 17 anni, in un modo del tutto particolare, la
presenza amorosa di Dio nella sua vita. In seguito ad
una confessione, si sentì toccare il cuore ed avvertì la
discesa della misericordia di Dio, che con sguardo di
tenero amore, lo chiamava alla vita religiosa, sull’esempio di Sant’Ignazio di Loyola. Una volta eletto vescovo,
Bergoglio, in ricordo di tale avvenimento che segnò
gli inizi della sua totale consacrazione a Dio nella Sua
Chiesa, decise di scegliere, come motto e programma di
vita, l’espressione di San Beda “Miserando atque eligendo”, che ha inteso riprodurre anche nel proprio stemma
pontificio.
All’insegna della semplicità anche l’Anello del pescatore: non sarà d’oro, ma di argento dorato.
Il pallio è lo stesso indossato dal suo predecessore Benedetto XVI.
BREGANTINI AL PAPA: VADA IN SIRIA
«S
arebbe bello, il
mio è un auspicio,
che come primo segno,
Papa Francesco, che
ha scelto questo nome
in onore del santo della pace oltre che della
cura del creato e della
povertà, facesse qualcosa per la Siria, che ha
tanto bisogno, magari
compiendo una visita
nel Paese». Lo afferma
mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso, anche lui in piazza San Pietro per la messa di inizio pontificato di Papa Bergoglio, di cui sottolinea «il messaggio
di povertà» ma invita anche a non contrapporre la sua
figura a quella di Benedetto XVI, anzi a leggere i due
Papi «nella continuità».
Il primato
della carità
C’
è già bisogno di mettere ordine nei pensieri comunicati da papa Francesco, colui che i cardinali hanno
preso “quasi alla fine del mondo”. Già quelle parole
alla piazza, pronunciate subito dopo l’elezione, sono di forte
impatto: c’è il primato della preghiera; c’è il legame forte, intenso, necessario tra il pastore ed il popolo di Dio che gli viene affidato, richiamo fortissimo al Concilio Ecumenico Vaticano II
del quale celebriamo il 50° dell’apertura proprio nell’anno della Fede. C’è il “primato della carità”, che si declina nell’amore e
nel servizio quali punti nodali della propria missione.
In un messaggio di saluto c’era già tutto: l’affermazione
della Chiesa, popolo di Dio, “non una Ong pietosa”, ma
sposa di Cristo, esempio visibile della fede nel Risorto e grazie a lui, “mai senza Croce”, consapevole della Verità, con
una missione universale che il papa ha sintetizzato efficacemente nell’indirizzo rivolto ai “fratelli cardinali”: “Non
cediamo al pessimismo, portiamo Gesù Cristo all’uomo e
tutti gli uomini alla gioia cristiana”.
Quel primato di carità nel servizio è stato subito riconosciuto, anche da chi non è cattolico e – si oserebbe dire –
anche da chi non crede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, nato
da Maria, morto in croce e risorto. Le presenze in piazza
San Pietro nel giorno della messa d’inizio del ministero petrino dicono appunto l’essere tutti figli di Dio, padre
amoroso, che non esclude e non dimentica nessuno, anzi
proprio perché guarda soprattutto agli “ultimi” giudica
appunto in virtù di questo metro: misericordia e attenzione a chi è povero, indifeso, dimenticato.
Sulla misericordia, del resto, papa Bergoglio si è soffermato nel suo primo Angelus, ribadendo la differenza tra
un Padre che non smette di perdonare e di rialzare chi è
caduto e l’uomo, che si stanca di chiedere misericordia e
perdono, chiudendo così, egli stesso, il canale di comunicazione più vivo e fecondo.
L’attenzione agli ultimi, invece, oltre le parole di ogni intervento pubblico, sono i gesti concreti ad evidenziarla. Attenzione ai poveri ed al creato, che nasce dal considerare il
valore della singola persona, sono nelle parole dell’omelia
della messa di inizio del ministero petrino; sono nel gesto
di fermare il proprio cammino in piazza San Pietro per
chinarsi su un infermo; sono nell’invitare i propri fedeli di
Buenos Aires a non venire a Roma, ma di devolvere quelle
somme, magari faticosamente risparmiate, a chi non ha
di che sfamarsi; sono nello sconvolgere ogni ordine di orari
e di protocollo cercando il contatto con ciascuno perchè, in
quanto uomo, reca il volto di Dio.
Il Poverello di Assisi lo riconobbe nel lebbroso e nel lupo,
nel volto di ciascun uomo e cercò il contatto con tutti… “Il
Poverello è l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato”, ha detto il pontefice ai
giornalisti sabato scorso e ad ogni incontro – quasi eco
giovannea – ha sempre deciso di parlare agli uomini di
buona volontà, che tanto richiamano, tra l’altro, i pastori
nella notte di Betlem, che andarono senza indugio, senza
calcolo, rispondendo ad un semplice invito e trovarono
Dio, un povero tra i poveri.
“Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”, ha
detto sabato scorso papa Francesco. Ed ha spiegato che
essa “pur essendo certamente anche un’istituzione umana,
storica, con tutto quello che comporta, non ha una natura
politica, ma essenzialmente spirituale: è il popolo di Dio,
il santo popolo di Dio, che cammina verso l’incontro con
Gesù Cristo”. È dunque “Cristo il Pastore della Chiesa, ma
la sua presenza nella storia passa attraverso la libertà degli uomini – ha aggiunto -: tra di essi uno viene scelto per
servire come suo vicario, successore dell’apostolo Pietro,
ma Cristo è il centro, non il successore di Pietro”. Costui è
però colui che visibilmente risponde alla domanda: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?». Una risposta che riassume una vita tutta intera.
Angelo Sconosciuto
Speciale
14
Il commento di
Mons. Caliandro
«Q
uella di oggi (13 marzo, ndr) è una giornata di grande gioia per tutta la Chiesa. Dopo
aver assistito all’avvenimento storico delle
dimissioni di un Papa, ieri sera abbiamo vissuto con trepidazione la elezione del nuovo Pontefice.
Di Papa Francesco mi ha colpito lo stile con il quale si è
presentato al popolo, sia a quanti erano radunati in piazza San Pietro, sia all’umanità intera collegata attraverso i
mezzi di comunicazione.
Dai pochi gesti compiuti e dalle prime parole pronunciate dal nuovo Pontefice, è emerso l’amore e l’affetto per
il suo popolo.
Considero un gesto sublime l’atto di inchinarsi per ricevere la benedizione del popolo. Ancor più sorprendente
è stata la reazione della piazza che ha risposto all’invito
del Papa con un silenzio eloquente. Si è trattato, insomma, di una bella sintonia tra il Pontefice e il suo popolo,
proprio all’inizio di un nuovo cammino.
La semplicità di Papa Francesco, emersa dai suoi primi
gesti, ma anche dalla scelta del nome legato al santo di
Assisi, ci ricorda che l’umanità è una grande famiglia in
cui siamo tutti fratelli amati da Dio e nella quale viene
riscoperta la solidarietà e valorizzata la dignità di ogni
uomo.
Francesco è un Papa che porta con sé il profumo del
Vangelo, ma anche il profumo della sua gente dalla quale non vuole estraniarsi, ma che invece vuole continuare
a servire, condividendone il cammino, soprattutto con i
piccoli e i poveri, così come ha dimostrato nel suo ministero di Arcivescovo di Buenos Aires.
L’elezione di Papa Francesco è un dono grande dello Spirito Santo e dimostra che, al di là di umane previsioni,
il Signore continua a donare alla Chiesa la persona giusta per affrontare le grandi sfide che ogni epoca storica
pone davanti.
Mentre accogliamo con gioia ed esultanza la lieta notizia, invito i fedeli e l’intera comunità diocesana a pregare per la Chiesa e per il nuovo Papa».
+ Domenico CALIANDRO
Arcivescovo
15 marzo 2013
La ricompensa del nuovo Papa ai giornalisti
S
eguire il Conclave e l’elezione del nuovo pontefice da corrispondente significa aver avuto il privilegio di essere in
prima linea a testimoniare passaggio e inizio di un’epoca. Ho avuto la possibilità di far parte, anch’io, di quell’esercito
di giornalisti venuti da ogni angolo della Terra per raccontare
cosa stava accadendo e chi, da lì a poco, avrebbe cambiato la
storia.
La stampa è entrata nel centro del mondo per trasmetterlo,
con l’ausilio delle nuove tecnologie, alla parte di mondo che
non poteva essere fisicamente in Piazza San Pietro. Abbiamo
avuto una copertura mediatica globale, resa possibile dal lavoro di migliaia di professionisti. In primo luogo i giornalisti
che, armati di block notes, registratori e microfoni, hanno lavorato senza sosta, al pari dei tecnici audiovisivi e dei fotografi. Ho ancora impressa nella mente l’immagine di operatori
che, con pazienza e dedizione, portano a spalla ingombranti
telecamere da proteggere con impermeabili di fortuna, anche
a costo di restare loro, sotto l’acqua.
Tutto questo non è solo lavoro, è una missione. È un peccato
come l’opinione pubblica, a volte con fondati motivi, sia, però,
troppo spesso prevenuta nei confronti di una professione che,
in nome dell’informazione, rinuncia quotidianamente a una
quotidianità di routine. Eppure, anche questo è il bello di chi
ha scelto di informare il mondo per regalargli i propri occhi,
raccontarlo con il proprio volto, la voce, con le dita sulla tastiera di un computer ancora acceso a tarda notte.
La sera, dopo l’elezione, sono tornata in una delle quattro
postazioni riservate alla stampa, il Media Center allestito a
ridosso dell’Aula Paolo VI. Volevo sapere se ci sarebbe stata
una conferenza stampa. Eravamo ancora tutti lì, noncuranti dell’orario, ma felici di avere La Notizia. Sono questi i momenti che ripagano della pioggia, della stanchezza, dei pranzi
saltati e delle cene a mezzanotte.
Se tali sono gli inconvenienti della professione, ci sono situazioni in cui certi pegni da pagare vengono abbondantemente
ripagati quando chi ha il compito di facilitare il nostro lavoro
svolge un servizio eccellente. Sto parlando della Sala Stampa
della Santa Sede, la cui organizzazione è stata impeccabile e
ci ha realmente messo nelle condizioni di lavorare al meglio.
Uno staff efficiente, bollettini e comunicati puntualmente ordinati sul desk, connessione wireless, televisori sintonizzati sugli eventi da seguire, zona dedicata alle emittenti radiofoniche
e televisive, una bacheca aggiornata con orari e appuntamenti.
Per circa due ore, quasi ogni giorno, il Direttore della Sala
Stampa, Padre Federico Lombardi, ha informato e risposto
Le emozioni della gente
segue da pagina 11
evento catalizzi anche l’attenzione di persone che non si professano cattoliche. Anzi, più
che curioso, è forse un bell’auspicio di conversione in questo Anno della fede.
Fumata bianca. La pioggia non accenna a diminuire. C’è tanta umidità, eppure basta
girarsi un attimo a guardare la folla, per sentirsi ripagati delle ore di attesa. San Pietro è
diventata un patchwork di emozioni pronte ad esplodere ed il calore umano sprigionato
da questo tappeto di colori è più forte di qualunque avversità meteorologica. Poi, all’improvviso, poco dopo le 19, il fumo bianco. Passa una frazione di secondo per prendere
coscienza, essere sicuri di ciò che trasmettono gli schermi. Subito dopo, la piazza esulta
in tutte le lingue del mondo. È sempre questione di secondi, ed ecco la gente, ancora un
po’ incredula, correre disordinata verso il centro, in direzione della Loggia della Basilica.
Chi sarà e cosa ci si aspetta dal neoeletto? Se prima le persone azzardavano qualche ipotesi, in questi lunghi minuti in molti confessano di non aver idea di chi, da lì a poco, si
sarebbe affacciato. Un uomo spera in un Papa sudamericano, per ridare attenzione ai
Paesi più poveri, una ragazza appena uscita dal lavoro tifa invece per il cardinale filippino, perché è il più giovane. L’importante, dice un’americana, è che riporti le masse in
Chiesa, riavvicini quanti si sono disaffezionati e quanti, invece, non hanno mai creduto.
Un gruppo di canadesi sostiene il proprio connazionale, ma ammette, poi, che chiunque
sarà il benvenuto perché ciò che conta è avere un Papa, non importa la provenienza.
Non credo nel caso, quindi mi piace sottolineare che dalla fumata bianca in poi, la pioggia ha iniziato a diminuire, fino a cessare quasi del tutto. Dalla postazione riservata alla
stampa, intorno all’obelisco, si ha una visuale magnifica della piazza, illuminata dalle
luci di migliaia di cellulari e fotocamere, telecamere e tablet, come tanti occhi elettronici
che, puntati verso la Loggia, rendono San Pietro una piazza stellare.
Habemus Papam! Se prima si respirava un clima di entusiastica sospensione, l’annuncio e l’affacciarsi di Papa Francesco liberano la gioia di un popolo che non aspettava altro che accogliere con tangibile affetto il suo nuovo pontefice. Già la scelta di chiamarsi
Francesco suscita in molti identificazione. Trasuda, da questo nome, il ritorno alle origini, all’umiltà, alla povertà che, come mi suggerisce una signora boliviana, non è solo
povertà economica, ma anche spirituale. I sudamericani acclamano il primo Papa della
loro terra, le altre nazionalità si mescolano per fare festa e suonare l’unica armonia che
annulla ogni dissonanza: l’essere tutti figli di Dio.
Bellissimi gli applausi, i sorrisi, i cori. Forse ancora più belli, quegli attimi di silenzio richiesti dal Papa perché la gente preghi Dio di benedirlo. Un gesto inconsueto, il primo di
una serie alla quale speriamo di non abituarci mai.
Laura Guadalupi
nostra inviata a Roma
il 13 marzo Convegno delle Commissioni per la Pastorale della Famiglia e per la Catechesi
Analisi e prospettive del pre e post-battesimo
16 marzo, prima udienza di Papa Francesco con i giornalisti
a tutte le domande dei giornalisti, dalle più impegnative alle
più insignificanti, sempre con grande intelligenza, con sorridente disponibilità. Ottime, inoltre, le traduzioni di P. Thomas
Rosica per inglese e francese e di P. Josè Maria Gil Tamayo per
lo spagnolo.
A sorprendere ancora di più sono il clima sereno, l’ordine che
hanno regnato in una circostanza per sua natura poco ordinaria.
La ricompensa più grande è arrivata, comunque, direttamente dal Santo Padre, durante l’udienza dedicata ai rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale, lo scorso sabato
16 marzo. Abbiamo sentito l’affetto, la riconoscenza di Papa
Francesco per il nostro lavoro, soprattutto quando, a braccio
e sorridendo, ha detto: “Avete lavorato, eh! Avete lavorato!”. In
quel momento tutti abbiamo riso, grati e complici di un Papa
che parla della nostra come di una professione che, al pari di
tante altre, “necessita di studio, di sensibilità, di esperienza”,
ma che “comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza”. Riempie il cuore
sentire il suo apprezzamento, mentre il profondo rispetto che
nutre per la coscienza di ciascuno si manifesta in una benedizione silenziosa.
Per nulla silenzioso è, invece, l’applauso che lo saluta, vedendolo andare via. Per nulla silenziosi sono i sorrisi e le strette di
mano fra quanti, con un badge al collo, si riconoscono come
fratelli della stessa scelta di vita, diversa per latitudini e longitudini, credo e tradizioni, lingua e cultura. Identica, però,
nella missione.
Laura Guadalupi
nostra inviata a Roma
I retroscena della elezione
segue da pagina 11
La scelta e le votazioni. «Colui che è stato scelto - commenta il cardinale Jean Pierre
Ricard, arcivescovo di Bordeaux - non era certamente nella lista dei favoriti sui media, non era certamente tra i papabili, ma è colui che i cardinali hanno scelto a causa
della sua personalità. Si è rivelato chiaro che il cardinale Bergoglio era l’uomo giusto,
che aveva le qualità giuste per governare la Chiesa, per essere il nuovo Papa». Quando lo avete capito? «L’abbiamo capito - risponde il cardinale André Vingt-Trois - molto
semplicemente quando abbiamo cominciato a vedere che il numero dei voti che otteneva stavano aumentando. E quando il consenso ha cominciato a cristallizzarsi sulla
sua persona, è stato chiaro che era lui l’eletto». Il cardinale Barbarin nega che in questi giorni di conclave ci siano stati tra i cardinali elettori pressioni o movimenti per l’elezione di un candidato piuttosto che un altro. «Non ho consultato nessuno - ha detto per fare la mia scelta. Sono stati giorni di forte preghiera, vissuti nella consapevolezza
dell’abisso che esisteva tra la povertà della mia scelta e la grandezza dell’avvenimento».
L’età e la personalità. Evidentemente alla fine, l’età non ha contato, sebbene le cause delle dimissioni del precedente papa siano state decise per la fatica e l’età avanzata e che tutto faceva presupporre un Papa più giovane. E invece è stato scelto il cardinale Bergoglio perché - ha detto il cardinale Ricard
- «la sua personalità è stata determinante. D’altronde papa Giovanni XXIII, pur essendo stato eletto Papa anziano, è stato un Pontefice decisivo per la storia della Chiesa».
Riforma della curia romana. È il cardinale Ricard a dire come nel corso delle Congregazioni generali, dai cardinali è stata espresso più volte il desiderio di una riforma della
curia romana, chiedendosi anche espressamente, se tutti gli organismi presenti in curia servano effettivamente alla Chiesa e all’evangelizzazione. Sicuramente - ha quindi
aggiunto - il Papa valuterà la necessità di una maggiore collegialità attraverso «una presenza più vicina con i responsabili dei dicasteri»; un maggior «lavoro insieme tra le congregazioni e i Pontifici Consigli soprattutto quando trattato gli stessi temi»; una «maggiore trasparenza». «Dal nuovo Pontefice si attende - ha aggiunto il cardinale di Bordeaux
- una riforma della curia così come d’altra parte sta avvenendo nelle amministrazioni
delle diocesi». Ma «non sarà una riforma brutale», ha subito aggiunto il cardinale di Parigi, Vingt-Trois. Sarà condotta con «la dolcezza, la pazienza, la costanza della carità».
La macchina del Papa è rimasta vuota. Ultimo particolare inedito lo ha raccontato ai
giornalisti il cardinale Ricard. Finita la cerimonia di saluto alla piazza, il Papa e i cardinali
si sono avviati all’uscita, usufruendo dell’ascensore. Il Papa è entrato per primo e i cardinali non osavano entrare. E invece lui ha fatto segno a tutti di entrare e sono scesi con
l’ascensore stretti, stretti. Arrivati alle macchine, Papa Francesco ha scelto di entrare nel
pulmino dei cardinali e la “macchina del Papa” è rimasta vuota. Che cosa gli avete detto
nel salutarlo? Tutti e tre i cardinali gli hanno assicurato «grande gioia» e che avrebbero
«continuato con tutti i cattolici di Francia a pregare per lui». E papa Francesco, rivolgendosi al cardinale Ricard ha detto: “Ne ho bisogno”.
M
ercoledì 13 marzo presso il Santuario di Santa
Maria Madre della Chiesa di Jaddico, si è svolto
un convegno regionale organizzato dalle Commissioni per la Pastorale della Famiglia e per la Catechesi.
Scopo dell’incontro è stato quello di riflettere sulla realtà
pastorale battesimale, approfondendo il tema: “analisi e
prospettive del pre e post-battesimo”.
Per la Commissione regionale di Pastorale Familiare, l’esigenza di organizzare questo momento di riflessione è nata
dal fatto che gli uffici nazionali della Catechesi e della Famiglia, a fine giugno, si incontreranno per riflettere su come la
famiglia e la parrocchia, insieme, possono educare alla fede
e accompagnare le tappe della iniziazione cristiana.
È la prima volta che due Commissioni regionali si incontrano. All’appuntamento erano presenti, oltre ai direttori e
ai responsabili delle due commissioni delle varie Diocesi
di Puglia, due Vescovi, Mons. Donato Negro, Arcivescovo
di Otranto e delegato per la Famiglia e Mons. Vito Angiuli,
Vescovo di Ugento S.Maria di Leuca, delegato regionale per
la Catechesi.
L’incontro si è svolto nella semplicità e familiarità di una
Chiesa che si interroga e vuole programmare mettendo insieme i carismi e le esperienze di ciascuno.
La prassi di chiedere il battesimo per i figli nei primi mesi
dalla nascita, costituisce una preziosa opportunità pastorale per la ri-evangelizzazione dei genitori, superando la falsa
alternativa tra evangelizzazione e sacramentalizzazione. I
due termini, infatti, non si contrappongono, ma si implicano a vicenda in quanto rappresentano due aspetti di un
unico processo di introduzione, educazione e maturazione
della/alla fede.
Dal confronto è risultato evidente come in alcune diocesi
si abbia già un’attenzione pastorale ai genitori che chiedono il Battesimo dei loro figli, meno verso i genitori che hanno i figli da 0 -6 anni. Gli aspetti fondamentali della pastorale pre e post-battesimale devono essere il reinserimento
dei genitori nella comunità cristiana, considerando la famiglia come grembo materno che genera la vita, si prende
cura dei figli, si adopera per farli crescere sul piano fisico,
intellettuale, affettivo e spirituale. I genitori sono chiamati a
questa responsabilità educativa grazie ai “tria numera” del
loro Battesimo e alla Grazia del sacramento del matrimo-
esperienze Il weekend di Incontro Matrimoniale
nio.
Ecco alcuni punti emersi, da cui ripartire: corresponsabilità tra presbiteri e laici; ripartire dal dono della fede; ripartire dall’Eucaristia; vivere l’essere cristiano con gli altri e per
gli altri.
L’incontro ha inteso creare uno stile di fare pastorale che
sicuramente sta portando nella direzione giusta anche se
la strada è ancora lunga. È difficile tenere insieme teoria e
prassi, ma si sta tentando di farlo insieme, vale a dire i due
sacramenti preposti a portare avanti la Chiesa: Ordine e
Matrimonio, questo stare insieme è un” insieme sacramentale”.
La proposta post-battesimale, richiede una coraggiosa
programmazione, ed è importante che venga offerta una
pista di lavoro per mettere in atto un itinerario comune.
In generale, la catechesi battesimale è il preludio di tutto
il cammino della iniziazione cristiana ed è una specifica
scelta di evangelizzazione degli adulti, che è il vero cambiamento che la Chiesa deve attuare.
Anna Maria e Arturo Destino
paternità Intervista allo psichiatra Andreoli
Giorni indimenticabili Padre, “erogatore” di amore
I
ncontro Matrimoniale, un’associazione
della Chiesa presente, in modo significativo, anche nella nostra diocesi ha come
obiettivo riscoprire i sacramenti del Matrimonio e dell’Ordine attraverso un richiamo ed un sostegno a viverli con uno stile di
relazione fatta di vera apertura e maggiore
responsabilità. Agli inizi l’Associazione si
preoccupava solo delle coppie. Attualmente
invece vi sono percorsi, che iniziano sempre
con un fine settimana, rivolti ai fidanzati, alle
famiglie e da ultimo quello per i giovani. Al
primo fine settimana Choice, che significa
scelta hanno partecipato 17 giovani e due sacerdoti.
Il “WE Choice” costituisce un valore aggiunto per Incontro Matrimoniale poiché, se
il suo carisma è aiutare coppie e consacrati a
scoprire la bellezza della relazione, quel carisma va attuato anche accostando i giovani
per far sì che diventino persone capaci di
fare scelte mature e responsabili e di intessere relazioni profonde e durature.
Di seguito, riportiamo alcune testimonianze dei giovani che hanno partecipato al primo fine settimana Choice.
Per Elisa si è trattato «di una esperienza
che mi ha aperto a me stessa, e ora che ho gli
strumenti per intraprendere questo cammino di scoperta, so di potermi aprire con più
facilità e senza timore all’altro».
Michele «sentiva proprio il bisogno di una
esperienza di questo tipo: «Per 44 ore ho
staccato la spina e pensato solo a me e alla
mia vita trascorsa, riflettendo sugli sbagli fatti nel passato e godendo delle giuste azioni».
Francesco non nasconde i timori e le titubanze iniziali, che alla fine si sono trasformate in un “turbinio di sensazioni ed emozioni
che hanno pervaso corpo, anima, mente e
soprattutto il cuore».
Stessi dubbi e diffidenze per Lucia che
però alla fine racconta come il fine settimana le abbia «permesso di incontrare e godere dell’amicizia di persone speciali, perché
come me desiderose di condividere in profondità, di andare oltre le superficialità del
mondo odierno».
Simona ha accettato di partecipare al fine
settimana “Choice” per evadere dalla solita routine, salvo scoprire poi che «Choice è
un’esperienza che ti tocca, ti cambia, ti risana! Credo che tutti i giovani dovrebbero fare
questo “incontro d’amore!”» .
Significativa anche la testimonianza di don
Marco che non sapeva neppure della esistenza di Choice «un’esperienza di tre giorni,
che si vorrebbe non finissero mai!». Giorni
in cui è possibile «vedere e gustare la bellezza che impregna tutte le nostre vite, anche
quando non ce ne accorgiamo o proviamo
delusione, malessere e scoraggiamento…Ho
incontrato persone che quando parlano, più
che muovere le labbra muovono il cuore…
ed è più che dire o informare: è condividere e
comunicare… e ne avevo tanto bisogno…Ho
sentito Dio vicinissimo, presente, forte, coinvolgente … e ne avevo ancor più bisogno…
Quando si vuol consegnare una parte di sé,
della propria vita, hai accanto chi ti accoglie
e ti ascolta senza giudicarti e senza avere risposte preconfezionate alle tue domande…
ho sentito che l’altro è uno come me, in cammino … e questa compagnia è tanto consolante e rassicurante, tenera e incoraggiante.
Il team è composto da persone disposte a regalare fiducia, a osare la speranza, a sognare
realtà che superano la realtà, coi piedi ben
saldi per terra e lo sguardo all’orizzonte, per
incamminarsi insieme… Un prete scopre di
imparare tanto dai giovani e i giovani scoprono tanto grazie a “un prete”… Ho incontrato
nuovi amici e amiche a cui mi sento legato
da ciò che abbiamo vissuto e condiviso; da
un’esperienza unica, speciale e irripetibile;
dal nostro stare insieme così particolare e
straordinariamente ordinario…L’esperienza
mi ha fatto percepire che ciò che credo e cerco di vivere è vero…Con pochi gesti semplici
e con incontri segnati da rispetto, premura,
sincerità, profondità… si sente il cuore rinascere…Quando ti va di ridere lo fai e quando
ti va di piangere altrettanto… e che sei lì non
per caso ma per ritornare a “ridere e piangere” con autenticità nella vita…»
Sono stati giorni indimenticabili «perché
le ferite si aprono alla guarigione, le offese al
perdono, la gioia alla felicità…
I prossimi appuntamenti di Incontro Matrimoniale, che si svolgeranno presso Casa del
Sole a Laureto di Fasano sono: il WE Choice del 5/7 Aprile 2013; il WE Sposi del 19/21
Aprile 2013; il WE Fidanzati del 10/12 Maggio 2013.
Per informazioni: www.incontromatrimoniale.org o telefonare a Franca e Rino Francioso (0831 966578).
Teresa e Pippo Vincenti
N
ella catechesi dell’udienza generale del 30 gennaio Benedetto XVI
aveva trattato il tema della “paternità” di Dio. Maria Michela Nicolais, per il
Sir, ha approfondito gli aspetti più umani
con lo psichiatra Vittorino Andreoli.
Si può definire la nostra una “società
senza padri”?
«Limitandomi alla realtà italiana, che è
quella di cui mi occupo, posso dire che la
crisi della figura del padre risale ormai ad
alcuni decenni, ma si è fortemente acuita
negli ultimissimi anni, tanto da indurci a
parlare di padre assente: un padre, cioè,
che esiste, ma dal punto di vista educativo, affettivo, è come se non ci fosse. Certo
si tratta di un’affermazione generale, che
vede alcune differenze, però è fuor di dubbio che il padre, oggi, è un padre che non
c’è, o che comunque sembra aver assunto
soltanto un ruolo di erogatore di beni, di
colui che fornisce ‘ben-essere’ inteso solo
in senso materiale. Si tratta di una visione patologica, non solo limitata, perché la
funzione del padre è una funzione affettiva: il padre deve erogare prima di tutto
amore, perché l’amore è un legame affettivo che dà sicurezza, e la sicurezza non deriva solo dal denaro».
Impegni di lavoro sempre più pressanti,
preoccupazioni economiche, “invasione” dei mass media nelle case: questi i
fattori che per Benedetto XVI impediscono un “sereno e costruttivo” rapporto tra padri e figli. In che modo l’agenda
quotidiana condiziona tale rapporto?
«Il Papa fa un’analisi dell’ambito familiare,
e mette l’accento sulla crisi della paternità
perché ritiene che il fenomeno si stia aggravando. Nel momento in cui, infatti, c’è
una crisi economica, il padre non riesce
più a fornire in termini di beni tutto ciò
che erogava prima, e così si sente in qualche modo ‘meno padre’. È vero, inoltre, che
i padri per lavoro sono spesso fuori casa,
ma perché in casa si sentono in imbarazzo:
le riunioni alle sette di sera sono salvifiche,
perché lì trovano amici importanti, mentre andare a casa fa più problema perché
ci si sente dei falliti. Una volta a casa, poi,
magari è lui che accende la tv, che diventa una barriera, una difesa dall’attivazione
degli affetti, che altrimenti sarebbero manchevoli. È la famiglia, così, che non funziona, e ciò è dovuto al fatto che non la si ritiene il luogo della circolarità degli affetti.
Come scrive il Papa nella ‘Deus caritas est’,
l’amore è darsi, non dare oggetti, ma dare
se stessi. Un padre, a volte, preferisce dare
dieci euro piuttosto che un bacio».
Oggi emerge sempre più il tema della
conflittualità dei ruoli, materno e paterno, nelle famiglie disgregate o in difficoltà.
«A mio avviso, anche la crisi generale della
famiglia è una crisi che si fonda sulla non
affettività. Se nella coppia manca l’affetto, se c’è conflitto, sospetto, stanchezza, è
molto difficile fare sia il padre sia la madre,
perché gli affetti si sostengono vicendevolmente: il padre non può fare anche la
madre, e la madre non può fare anche il
padre. Se però tra i due c’è la rottura, non
c’è la cooperazione nell’affettività. Il problema, in altre parole, riguarda l’insieme,
la sinfonia».
A farne le spese sono prima di tutto i
bambini, contesi o addirittura “strappati” con la forza di fronte alla propria
scuola, come è accaduto di recente a
Padova...
«Quando guarda il padre e la madre, il figlio non riesce a vedere l’uno distaccato
dall’altra: se gli adulti ammettono la separazione, i figli non l’ammetterebbero mai.
Se un adolescente separa il padre dalla
madre, quando non ottiene una cosa da
uno va dall’altra, strumentalizzando così il
conflitto. È una questione di credibilità degli affetti: come fa un figlio a sentire che un
papà gli vuole bene, quando si accorge che
il padre non vuole bene a sua madre, alla
quale invece lui vuole bene?”»
Cosa direbbe a un giovane che non ha
un buon rapporto con suo padre?
«Spesso i giovani giudicano i padri e le madri. A un giovane direi: “Ma ti sei mai posto la domanda del perché tuo padre, così
come lo vedi, non ti soddisfi? Stasera, magari, quando rientra a casa, chiedigli semplicemente come sta”».
16
50° Concilio e Anno della Fede
15 marzo 2013
viaggio tra i documenti conciliari Il decreto “Optatam Totius”
I presbiteri? Pastori capaci di dialogo con il mondo
I
l volto nuovo che il Concilio voleva dare alla Chiesa non poteva non tener conto del ministero presbiterale e del rinnovamento della formazione nei
seminari: il decreto “Optatam Totius” fu approvato il 28 ottobre 1965 con una votazione quasi plebiscitaria, cioè con
2.318 “placet”, 3 “non placet” e nessun astenuto. Il documento consta di sette parti e 22 numeri: il proemio, il regolamento da farsi in ogni nazione (I), la necessità di favorire le vocazioni sacerdotali (II), l’ordinamento dei seminari
maggiori (III), la necessità di maggior impegno nella formazione spirituale (IV), la revisione degli studi ecclesiastici
(V), le norme per la formazione pastorale (VI), il perfezionamento della formazione dopo gli studi.
Anzitutto si vuole una formazione contestualizzata
e incarnata nelle varie Regioni. Si superava un’idea formativa “rigida”, regolata dalla Congregazione dei Seminari a
volte nei dettagli, e si lasciava alle Conferenze episcopali la
stesura di un “regolamento di formazione sacerdotale”. Oltre al pieno coinvolgimento dei vescovi (si ricordi che una
delle “cinque piaghe della Chiesa” secondo Rosmini era la
mancata formazione del clero da parte dei vescovi), si guardava al ministero del prete come “generato” nella sua Chiesa locale, per far sì che si avessero autentici pastori che conoscessero le esigenze del loro gregge. Le varie componenti
del popolo di Dio, dai laici nelle loro famiglie (chiamate il
“primo seminario”) e nel campo educativo, ai sacerdoti, ai
vescovi, sono tutte coinvolte nel “favorire le vocazioni” (n.2).
Nel periodo conciliare si avvertiva già una crisi numerica nei seminari minori, accompagnata da un certo scetticismo circa l’utilità di questa istituzione formativa
che accoglieva i ragazzi già nella pre-adolescenza. È per
questo che il Concilio dedica solo un numero nell’«Optatam Totius» al tema dei seminari minori (3), nel quale insite su uno stile educativo attento alla crescita integrale del
ragazzo. Il seminarista sarà sempre meno frequentemente
un giovane con un’esperienza seminariale nella preadolescenza, e piuttosto proveniente dalle comunità parrocchiali. Naturalmente il luogo di formazione è il seminario maggiore, del quale il Concilio ridefinisce le finalità. Il modello
presbiterale che si propone è quello di un uomo fornito di
“quelle virtù umane che sono tenute in gran considerazione tra gli uomini” (n.11), anzitutto ministro della Parola e,
quindi, ministro del culto e dei sacramenti, pastore autentico (n.4). Si insiste sugli aspetti spirituali della formazione,
tesi a formare un pastore dotato di un forte senso ecclesiale
(n.9). Una ventata di novità viene data alla ricomprensione
della legge “santa e salda” del celibato nella tradizione latina, ripresentandola nelle sue motivazioni più autentiche:
la finalità per il Regno, l’adesione a Dio con cuore indiviso,
la prefigurazione della resurrezione futura e, infine, l’aiuto
NOVITà Il volume curato da mons. Cozzoli
Pensare, professare, vivere la fede
“P
ensare professare vivere la fede”.
Questo il titolo del volume curato da monsignor Mauro Cozzoli,
docente in teologia morale. Il libro percorre le tre direttrici della fede sul solco della
esortazione apostolica “Porta Fidei”, con la
quale Benedetto XVI ha indetto l’Anno della fede.
La “Porta Fidei” è «qualcosa di profondamente personale», come l’ha chiamata
monsignor Enrico dal Covolo, rettore della
Lateranense, che nella presentazione avvenuta presso la Pontificia Università, ha
definito la lettera una sorta di «autobiografia spirituale del Papa e guida autorevolissima».
Pensare la fede. Monsignor Gerhard Ludwig
Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina
della fede, è intervenuto
all’incontro sulla direttrice “pensare la fede”. «Fede
e ragione - ha esordito
monsignor Müller - non
si escludono reciprocamente, ma sono due poli
di una medesima realtà
che rendono capace l’uomo d’indagare e di riconoscere l’ambiente come
creazione, e l’uomo come creatura capace
di riconoscere se stesso e la propria esistenza». «La fede - ha spiegato il prefetto
- non è un’immaginazione soggettiva, un
sentimento o elemento psicologico, ma è
oggettiva componente della realtà vitale
umana»: e in quanto «essere intellettuale
l’uomo è concepito in modo tale che egli
non nasconde Dio alla ragione». Ma, ha
precisato monsignor Müller, «per pensare
la fede il mondo ha bisogno di una ragione
che non sia muta di fronte al divino»: per
questo «il logos divino che in Cristo ha assunto forma umana è la ragione che giunge
per la fede», ha chiarito ricordando la frase
di Benedetto XVI «non agire con il logos è
contrario alla natura di Dio», pronunciata
nel 2006 a Ratisbona. “Dio che è logos assicura all’uomo la sensatezza del mondo e
dell’esistere”.
Sigillo dell’identità cristiana. Il cardinale
Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi, chiamato a pronunciarsi sul tema “professare la fede”, ha
evidenziato come l’etimologia del verbo
professare, dal greco “omologheo” indichi «la concordanza in una dichiarazione
comune», ma anche «dichiarazione aperta e sincera». Professare la fede è «il sigillo dell’identità cristiana», è «omologhia»,
«confermare la propria identità insieme
ad altri». «La fede - ha continuato il cardinale Amato - ha sempre bisogno di essere
espressa e motivata, anche oggi, soprattutto davanti alle incomprensioni». E citando
Giustino, Tertulliano, Clemente Alessandrino e altri, il cardinale ha voluto mettere l’accento sui martiri del nostro tempo,
ricordando come «i cristiani che professano la fede non sono affatto contrari allo
Stato».
Rapporto
personale
con Gesù. «La fede non è
un’idea, un concetto, un
ragionamento, ma un incontro che si alimenta in
quell’ossigeno
naturale
che chiamiamo preghiera
in cui Dio ci parla». Così
il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per
la diocesi di Roma, è intervenuto sulla questione
“vivere la fede”, che significa «stabilire un rapporto
personale con Gesù che dà
fisionomia alla nostra vita». «La fede come
concetto non esiste - ha ribadito il cardinale - non vediamo la fede ma persone
credenti». «L’uomo credente - ha dunque
spiegato il cardinale - è colui che è capace
di consegnarsi al Signore: credere vuol dire
coinvolgersi, rispondere a una iniziativa di
Dio: la fede vissuta plasma la vita, organizza i pensieri, i sentimenti, tutta la persona
attorno alla persona di Cristo, principio
finalistico del nostro vivere». Il cammino
della fede è, secondo il cardinale Vallini,
«un percorso che va dalla logica della pura
ragione a quella della risurrezione»: “porta” di questo passaggio “è la croce”. Ma,
ha precisato, «vivere la fede non è un fatto individuale, personale ma ecclesiale»,
perché «chi crede non sta di fronte ma è
dentro, è aggregato». Il cardinale Vallini
ha quindi ricordato il «nuovo stile» proposto da Gesù, quello ribadito nel Vangelo di
Matteo: «Vivere la fede - ha detto - significa
vivere nella carità, ascoltare gli ultimi, sentire che ci appartengono».
Marta Fallani
che può dare per l’esercizio del proprio ministero (n.10).
Il prete, che si prepara a essere un evangelizzatore, deve poter accedere a studi filosofici e teologici rinnovati nei loro programmi e nella loro metodologia. Alla revisione degli studi ecclesiastici sono
dedicati i nn.13-18. L’”Optatam Totius” insiste soprattutto sulla ricchezza della Rivelazione, alla quale deve
attingere ogni disciplina teologica: sia la dogmatica
(“prima vengano proposti gli stessi temi biblici”), sia la
morale (“maggiormente fondata sulla Scrittura”), in modo
tale che la Parola “sia l’anima di tutta la teologia” (n.16).
La finalità a cui tende tutta la formazione è quella di dare alla Chiesa un pastore capace di dialogo
con il mondo: l’educazione al dialogo e al senso ecclesiale e missionario non sono un semplice complemento
della formazione, ma lo spirito che la pervade tutta intera
(nn. 19-20). Infine si insiste su quella che noi oggi chiamiamo formazione permanente, di cui si sente già l’esigenza. Il Concilio della “Gaudium et Spes”, della “Lumen
Gentium”, della “Ad Gentes”, è il Concilio della “Optatam
Totius” e della “Presbyterorum Ordinis”, in un gioco di
vasi comunicanti in cui è impossibile essere Chiesa rinnovata dallo Spirito senza la collaborazione di tutti.
Mons. Luigi Renna
15
15 marzo
marzo 2013
2013
17
50° Concilio
Vita Diocesana
e Anno della Fede
viaggio tra i documenti conciliari Il decreto “Christus Dominus”
La missione pastorale dei vescovi
I
l decreto sulla missione pastorale dei vescovi nella
Chiesa, dal titolo latino “Christus Dominus”, fu votato
nel Concilio Vaticano II a pochi giorni dalla sua conclusione - precisamente il 28 ottobre 1965 - praticamente
all’unanimità, poiché ottenne 2.319 voti a favore, appena 2 contrari e 1 nullo, e fu quindi ratificato e promulgato
da Paolo VI. È chiamato “decreto” poiché si presenta con
un marcato carattere pastorale: si richiama alla dottrina
sull’episcopato già presentata dalla costituzione dogmatica
sulla Chiesa (“Lumen Gentium”) e offre le linee guida per
lo svolgimento della missione dei vescovi.
Il decreto è diviso in tre capitoli. Nel primo tratta della
posizione dei vescovi nei confronti della Chiesa universale (il collegio episcopale, il sinodo dei vescovi, la sollecitudine per la Chiesa universale) e nei confronti della
Santa Sede (il potere dei vescovi nelle loro diocesi, la curia romana). Nel secondo capitolo si parla dei vescovi e le
Chiese particolari, con la presentazione dei tre ministeri:
insegnare, santificare, governare da pastori d’anime. In
una seconda parte di questo capitolo centrale si affronta la questione della revisione dei confini delle diocesi.
In una terza parte si tratta dei cooperatori del vescovo:
vescovi coadiutori e ausiliari, curia e consigli diocesani,
clero diocesano. Infine, nella quarta parte si parla dei religiosi. Nel capitolo terzo si presentano orientamenti e indicazioni riguardo ai sinodi e concili particolari, alle conferenze episcopali, alle province e regioni ecclesiastiche.
Nel decreto merita di essere evidenziata la visione sacramentale dell’episcopato. Il n. 4 afferma: “I vescovi,
in virtù della loro sacramentale consacrazione e in gerarchica comunione con il capo e con i membri del collegio,
sono costituiti membri del corpo episcopale”. Si ripropone la dottrina già esposta nella “Lumen Gentium”: “Fra i
vari ministeri che fin dai primi tempi si esercitano nella
Chiesa, secondo la testimonianza della tradizione tiene
il primo posto l’ufficio di quelli che, costituiti nell’episcopato, per successione che decorre ininterrotta dall’origine, possiedono il tralcio del seme apostolico” (n. 20).
Veniva così chiusa una questione che datava da tempi remoti. San Girolamo, per esempio, nel quarto secolo, sosteneva che dal punto di vista del sacramento, del carisma ministeriale, non esiste una differenza tra il vescovo e i preti.
Egli non nega la legittimità del ministero del vescovo, ma sostiene che si tratta puramente di una distribuzione funzionale di compiti, necessaria di fatto per l’unità della Chiesa.
Le questioni intorno all’episcopato lungo i secoli derivano soprattutto dal progressivo accentuarsi delle sue funzioni giurisdizionali a scapito del ministero della parola
e dei compiti sacerdotali e pastorali. E proprio nel campo
giurisdizionale, per il progressivo movimento di centralizzazione papale, la figura del vescovo non trova un posto preciso: per molti, se il papa ha un’autorità su tutta
la Chiesa universale, i vescovi non possono averla sulle
Chiese particolari, se non derivata dal papa stesso. Ogni
concezione che vedesse nell’episcopato un’istituzione
divina, un sacramento voluto da Cristo, sembrava porsi inevitabilmente in conflitto con il primato romano.
Quando il Concilio Vaticano I definì in maniera solen-
ne il primato del papa, molti pensarono che la questione
dell’episcopato fosse chiusa per sempre e addirittura fosse
finita per la Chiesa l’epoca dei concili. Di fatto sul piano dottrinale la questione rimase aperta e finalmente con il Concilio Vaticano II si è pervenuti a sostenere che l’episcopato è
un vero e proprio sacramento istituito da Gesù Cristo. Pertanto, per il Concilio i vescovi “reggono le Chiese particolari loro affidate come vicari e delegati di Cristo” e “non devono esser considerati vicari dei romani pontefici” (LG 27).
Il recupero del valore sacramentale dell’episcopato si accompagna da vicino con il recupero del significato della Chiesa particolare. Questa non può essere ridotta a una suddivisione burocratica di quella
universale, né a una semplice entità amministrativa.
Riscoprendo il ruolo della collegialità dei vescovi, la Chiesa
locale, l’importanza dei laici e degli organismi di partecipazione, come i consigli presbiterali e pastorali, il Concilio ha
sostituito alla logica della rappresentanza la spiritualità di
comunione e la logica della partecipazione diretta, tipiche
della Chiesa dei primi secoli. Con la varietà dei carismi e dei
ministeri che lo Spirito Santo suscita direttamente e liberamente nel vissuto quotidiano e concreto della Chiesa, nasce
una ricchezza che ricade a vantaggio di tutta la Chiesa stessa. Certo, alla gerarchia spetta il compito di discernere e autenticare i carismi, non però quello di crearli. Infatti i pastori hanno il carisma della sintesi, non la sintesi dei carismi.
Mons. Francesco Lambiasi
ANNIVERSARI Per il 50° delle Edizioni Dehoniane
Bibbia per la Formazione cristiana
N
on è solo una singolare coincidenza. Possiamo considerare un
segno della Provvidenza per la
comunità cristiana la circostanza che, in
concomitanza con la celebrazioni per il
50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II, dal settembre 2012 fino al
prossimo settembre, le Edizioni Dehoniane Bologna festeggino e ricordino i propri
50 anni, essendo molto forte il nesso, che
lega quell’evento di Chiesa alle fortune di
una casa editrice cattolica. «Il primo programma editoriale delle Dehoniane veniva
pubblicato nel settembre 1962», scrivono
padre Alfio Filippi, direttore emerito Edb
e padre Pier Luigi Cabri,
direttore editoriale della
stessa casa editrice. Ed insieme aggiungono: «Per
una felice coincidenza, nel
mese successivo (ottobre
1962) si apriva il concilio
Vaticano II, che per la vita
e per il catalogo Edb è stato un punto di riferimento
determinante». E come
celebra l’evento una casa
editrice? In questo clima
di anniversari, lo fa con
la nuova edizione della
“Bibbia per la Formazione
cristiana”. «Un’opera molto apprezzata in
prima edizione e subito esaurita», dicono
i due padri, che aggiungono: «L’impegno
per la diffusione e l’approfondimento della Bibbia è stato fin dagli inizi uno dei tratti caratterizzanti delle Edb. Questa nuova
edizione – concludono – è un ulteriore
passo per un ascolto sempre più quotidiano della Parola di Dio».
Se, come usa dire, “anche l’occhio vuole la sua parte”, ebbene, il lettore è subito
accontentato perché già nei risguardi può
ammirare la riproduzione delle tavole a
olio realizzate da Giuseppe Cordiano, ma
è altro ciò che maggiormente interessa.
«Nel 1993, quando uscì la Bibbia per la
Formazione cristiana – scrive p. Cabri nella Presentazione -, le Edizioni Dehoniane
di Bologna riscontrarono da subito per
quell’opera apprezzamento e accoglienza.
La formula editoriale che proponeva un
unico volume (…), la chiarezza del commento al testo biblico, l’individuazione dei
destinatari (famiglie, catechisti, operatori
pastorali, giovani) contribuirono a dare
valore e preziosità a un libro che rimase
disponibile soltanto per breve tempo. In
pochi mesi esaurì la tiratura e da allora,
nonostante le sollecitazioni che provenivano da più parti, non fu più ristampato».
Insomma, tra la prima edizione del 1993 e
la ristampa del 1994, si consumò un evento. Chi giunse in ritardo dovette consultarla nelle biblioteche o recuperare l’edizione
originale in tre volumi, la Biblia para la
Iniciación Cristiana, edita dalla Commissione episcopale spagnola per l’insegnamento e la catechesi, su incarico ed approvazione della Conferenza episcopale
spagnola. Ed ora, visto che nel 2008 è stata
pubblicata l’editio princeps
della nuova traduzione
della Conferenza episcopale italiana, quale migliore
occasione per promuovere
questa edizione che, rispetto alla precedente, reca
gli opportuni adattamenti e
i necessari aggiornamenti
a testo-commento e, appunto, una singolare ed
entusiasmante iconografia? P. Cabri non ha dubbi.
È «uno libro rivolto a tutti. Uno strumento per la
lettura e la scoperta della
Bibbia – aggiunge -, per la riflessione e lo
studio, per l’approfondimento e la preghiera». Da queste pagine traspare «un mondo
ricco di umanità e di storia, fatto di parola ed eventi, di domande e di risposte, che
porta al riconoscimento di se stessi dentro
una grande storia che coinvolge e interessa
l’intera umanità». E citando l’esegeta JeanLouis Ska, il quale sostiene che la Bibbia è
“come la strada verso casa”, questa edizione è davvero una guida autorevole. Prima
del testo, infatti, si propone al lettore non
solo la nota dei vescovo spagnoli, ma anche una bella riflessione di mons. Lorenzo Chiarinelli, vescovo emerito di Viterbo
(«Dio parla agli uomini come amici») e opportuni paragrafi orientativi che, unificati
nel capitolo «Una Bibbia per la formazione
cristiana», sono una bussola pratica per
ciascun lettore, il quale troverà davvero
una via agevole per incamminarsi. Il resto
lo farà la sua curiosità intellettuale, la sua
fede e (ci sia consentito) il vento del Concilio che non ha mai smesso di soffiare.
(a. scon.)
la nostra fede/2 La seconda espressione del Simbolo
“Credo in Dio creatore del cielo e della terra”
D
urante l’Udienza Generale del 6
febbraio scorso, il Papa emerito Benedetto XVI aveva continuato la catechesi sul simbolo della fede cristiana, soffermandosi sulla frase “Creatore del cielo e
della terra”, spiegandola alla luce del primo
capitolo della Genesi.
“È Dio l’origine di tutte le cose e nella bellezza della creazione si dispiega la sua onnipotenza di Padre che ama. (...) In quanto
origine della vita (...) si prende cura di ciò
che ha creato con un amore e una fedeltà
che non vengono mai meno, dicono ripetutamente i salmi. Così, la creazione diventa
luogo in cui conoscere e riconoscere l’onnipotenza del Signore e la sua bontà, e diventa
appello alla fede di noi credenti perché proclamiamo Dio come Creatore. (...) È nel libro
della Sacra Scrittura che l’intelligenza umana
può trovare, alla luce della fede, la chiave di
interpretazione per comprendere il mondo.
In particolare, occupa un posto speciale il
primo capitolo della Genesi, con la solenne
presentazione dell’opera creatrice divina che
si dispiega lungo sette giorni (...).Per sei volte, ad esempio, viene ripetuta la frase: ‘Dio
vide che era cosa buona’ (...) Tutto ciò che
Dio crea è bello e buono, intriso di sapienza e di amore; l’azione creatrice di Dio porta
ordine, immette armonia, dona bellezza. Nel
racconto della Genesi poi emerge che il Signore crea con la sua parola: per dieci volte
si legge nel testo l’espressione ‘Dio disse’. (...)
La vita sorge, il mondo esiste, perché tutto
obbedisce alla Parola divina”.
“Ma la nostra domanda oggi è: nell’epoca
della scienza e della tecnica, ha ancora senso
parlare di creazione? - si è chiesto Benedetto
XVI, spiegando che: “La Bibbia non vuole
essere un manuale di scienze naturali; vuole
invece far comprendere la verità autentica e
profonda delle cose. La verità fondamentale
che i racconti della Genesi ci svelano è che
il mondo non è un insieme di forze tra loro
contrastanti, ma ha la sua origine e la sua
stabilità nel ‘Logos’, nella Ragione eterna di
Dio, che continua a sorreggere l’universo.
C’è un disegno sul mondo che nasce da questa Ragione, dallo Spirito creatore”.
“Vertice dell’intera creazione sono “l’uomo
e la donna, l’essere umano, l’unico ‘capace di
conoscere e di amare il suo Creatore’. I racconti della creazione nel Libro della Genesi ci
introducono anche in questo
misterioso ambito, aiutandoci a conoscere il progetto
di Dio sull’uomo. Anzitutto
affermano che Dio formò
l’uomo con la polvere della
terra. Questo significa che
non siamo Dio, non ci siamo
fatti da soli, siamo terra; ma
significa anche che veniamo
dalla terra buona, per opera
del Creatore buono. (...) A
questo si aggiunge un’altra
realtà fondamentale: tutti gli
esseri umani sono polvere, al
di là delle distinzioni operate
dalla cultura e dalla storia, al
di là di ogni differenza sociale siamo un’unica umanità
plasmata con l’unica terra di Dio. Vi è poi un
secondo elemento: l’essere umano ha origine perché Dio soffia l’alito di vita nel corpo
modellato dalla terra. L’essere umano è fatto
a immagine e somiglianza di Dio. Tutti allora
portiamo in noi l’alito vitale di Dio e ogni vita
umana (...) sta sotto la particolare protezione di Dio. Questa è la ragione più profonda
dell’inviolabilità della dignità umana contro
ogni tentazione di valutare la persona secondo criteri utilitaristici e di potere”.
“Nei primi capitoli del Libro della Genesi
troviamo due immagini significative: il giardino con l’albero della conoscenza del bene
e del male e il serpente. Il giardino ci dice
che la realtà in cui Dio ha posto l’essere umano non è una foresta selvaggia, ma luogo che
protegge, nutre e sostiene; e l’uomo deve riconoscere il mondo non come proprietà da
saccheggiare e da sfruttare, ma come dono
del Creatore, (...) dono da coltivare e custodire, da far crescere e sviluppare nel rispetto,
nell’armonia, seguendone i ritmi e la logica,
secondo il disegno di Dio. Poi, il serpente è
una figura che deriva dai culti orientali della
fecondità, che affascinavano Israele e costituivano una costante tentazione di abbandonare la misteriosa alleanza con Dio. (...) In
questo modo il serpente suscita il sospetto
che l’alleanza con Dio sia come una catena
che lega, che priva della libertà e delle cose
più belle e preziose della vita. La tentazione
diventa quella di costruirsi da soli il mondo
in cui vivere, di non accettare i limiti dell’es-
sere creatura, i limiti del bene e del male,
della moralità; la dipendenza dall’amore creatore di Dio è vista come un peso di cui liberarsi. Questo è sempre il nocciolo della tentazione. Ma quando si falsa il rapporto con
Dio, con una menzogna, mettendosi al suo
posto, tutti gli altri rapporti vengono alterati.
Allora l’altro diventa un rivale, una minaccia:
Adamo, dopo aver ceduto alla tentazione,
accusa immediatamente Eva; (...) il mondo
non è più il giardino in cui vivere con armonia, ma un luogo da sfruttare e nel quale si
celano insidie; l’invidia e l’odio verso l’altro
entrano nel cuore dell’uomo”.
“Dei racconti della creazione, vorrei evidenziare un ultimo insegnamento: il peccato genera peccato e tutti i peccati della storia sono legati tra di loro. Questo aspetto ci
spinge a parlare di quello che è chiamato il
‘peccato originale’. Qual è il significato di
questa realtà, difficile da comprendere? (...)
Anzitutto dobbiamo considerare che nessun
uomo è chiuso in se stesso (...); noi riceviamo
la vita dall’altro e non solo al momento della
nascita, ma ogni giorno. L’essere umano è relazione: io sono me stesso solo nel tu e attraverso il tu, nella relazione dell’amore con il
Tu di Dio e il tu degli altri. Ebbene, il peccato
è turbare o distruggere la relazione con Dio,
questa la sua essenza: distruggere la relazione con Dio, la relazione fondamentale, mettersi al posto di Dio. (...) Turbata la relazione
fondamentale, sono compromessi o distrutti
anche gli altri poli della relazione, il peccato
rovina le relazioni, così rovina tutto, perché
noi siamo relazione. Ora, se la struttura relazionale dell’umanità è turbata fin dall’inizio,
ogni uomo entra in un mondo segnato da
questo turbamento delle relazioni, entra in
un mondo turbato dal peccato, da cui viene
segnato personalmente; il peccato iniziale
intacca e ferisce la natura umana. E l’uomo
da solo, uno solo non può uscire da questa
situazione, non può redimersi da solo; solamente il Creatore stesso può ripristinare le
giuste relazioni. (...) Questo avviene in Gesù
Cristo, che compie esattamente il percorso inverso di quello di Adamo (...): mentre
Adamo non riconosce il suo essere creatura
e vuole porsi al posto di Dio, Gesù, il Figlio
di Dio, è in una relazione filiale perfetta con
il Padre, si abbassa, diventa il servo, percorre
la via dell’amore umiliandosi fino alla morte
di croce, per rimettere in ordine le relazioni
con Dio. La Croce di Cristo diventa così il
nuovo albero della vita”.
“Vivere di fede - ha concluso Benedetto XVI
- vuol dire riconoscere la grandezza di Dio e
accettare la nostra piccolezza, la nostra condizione di creature lasciando che il Signore
la ricolmi del suo amore e così cresca la nostra vera grandezza. Il male, con il suo carico
di dolore e di sofferenza, è un mistero che
viene illuminato dalla luce della fede, che
ci dà la certezza di poterne essere liberati: la
certezza che è bene essere un uomo”.
18
Attualità & Territorio
in Breve
marò italiani
I due fucilieri di
Marina, Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone,
di stanza presso il Reggimento San Marco di
Brindisi, accusati
di aver ucciso due
pescatori indiani
scambiati per pirati non faranno
ritorno in India.
Lo ha annunciato nei giorni scorsi il governo italiano.
“L’Italia - sostiene, infatti, la Farnesina ha sempre ritenuto che la condotta delle Autorità indiane violasse gli obblighi
di diritto internazionale gravanti sull’India in virtù del diritto consuetudinario
e pattizio”. Di “situazione inaccettabile”
ha parlato il premier indiano Manmohan Singh commentando la vicenda su
richiesta di alcuni parlamentari indiani
del gruppo “Left” (sinistra). A loro il premier ha detto che chiederà al ministro
degli Esteri, Salman Khurshid, di sollevare la questione con l’Italia.
asia bibi
Asia Bibi, cristiana pakistana di
45 anni, madre
di cinque figli (di
cui uno disabile),
accusata di blasfemia, è la prima
donna ad essere condannata a
morte per aver offeso il profeta Maometto durante
una lite tra contadine. 1.359 giorni, 32.616 ore in una cella, senza finestre, del carcere pakistano
di Sheikhupura, nella provincia del Punjab, una delle terre più fertili del pianeta. Per sostenere la liberazione di Asia
Bibi, il quotidiano “Avvenire” ha lanciato
una petizione che ha superato le 30mila
sottoscrizioni. Impacchettate in due scatoloni, le firme sono state consegnate
il 6 marzo alla signora Tehmina Janjua,
ambasciatore della Repubblica Islamica
del Pakistan in Italia.
«Già da due anni e mezzo abbiamo scelto di porre un ‘bollo’ nella pagina degli
editoriali e sul sito internet con lo slogan
‘Salviamo Asia’, per ricordare a tutti una
vicenda che stenta a trovare la luce dei
riflettori» - ha spiegato in una recente
intervista il direttore di Avvenire Marco
Tarquinio.
MLAC
Il Movimento Lavoratori di Azione
Cattolica della Puglia ha festeggiato
il santo patrono
dei lavoratori, San
Giuseppe. L’iniziativa regionale, dal
titolo “L’Italia dei
capolavori” si è
svolta,
domenica 17 marzo, nel
nostro territorio
diocesano, precisamente presso la Cooperativa Cantina Due Palme di Cellino
San Marco.
La manifestazione ha avuto inzio con
una visita guidata delle cantine. Subito
dopo ha preso avvio un convegno pubblico sul tema “L’impresa agricola, capolavoro della nostra terra”, al quale sono
intervenuti: Eugenio Cascione, direttore
Confcooperative Brindisi, Angelo Maci,
Presidente Cantine Due Palme, Don Lucio Ciardo, Coordinatore Progetto Policoro Puglia e Giuseppe Caggiula, Segretario Mlac della diocesi di Nardò-Gallipoli.
Al termine i partecipanti hanno potuto
prendere parte ad una degustazione di
prodotti tipici locali.
15 marzo 2013
15 marzo 2013
nota politica Come si muoverà un Parlmento senza maggioranza
GIOVANI E web Le domande di senso che pongono i social network
Q
I
Sanare l’anomalia italiana con sano realismo
uando un mondo nuovo si affaccia,
viene anticipato dai segni che vanno
interpretati. Accade nei grandi passaggi della storia, ma anche in quella cronaca minima che è la politica italiana. Spesso
ridotta a chiacchiericcio di comari o a cortile di casa per élites stanche e rassegnate, la
politica va comunque presa sul serio perché
da essa spesso dipende la vita di tanti. Basti
un esempio: la montagna di debito pubblico
che ci soffoca e pesa come un macigno sulle
spalle di tutti i cittadini italiani sta lì a dimostrare che le scelte di pochi possono segnare
il destino di un intero popolo. Dunque, tutto
ciò che accade nelle aule parlamentari ci riguarda. Così come ci tocca anche quello che
della politica non vediamo, eppure intuiamo
che accada in qualche stanza della Repubblica.
Il mondo nuovo è quello di un Parlamento
privo di maggioranza, incapace di esprimere
un governo stabile. Il mondo nuovo è quello
che per eleggere i propri massimi organi di
funzionamento democratico, le presidenze,
deve sperare nel soccorso di quanti, disobbedendo alle indicazioni dettate via internet
dal proprio capopartito, danno una mano per
garantire la funzionalità minima delle istituzioni democratiche. Il mondo nuovo è quello che si allontana sempre più dalla normale dialettica europea tra forze di ispirazione
popolare o socialdemocratica e si avventura
nel deserto del populismo. Il mondo nuovo
è quello in cui le culture politiche appaiono
sempre più sfilacciate e sfibrate, quasi che
la caduta di tutti i muri e di tutte le ideologie
abbia lasciato i potenziali governanti privi di
ogni riferimento ideale. Il mondo nuovo è
quello in cui una volgare imprecazione, una
volta categoricamente proibita in famiglia,
è spacciata alla maniera di una droga sociale e addirittura pretende di farsi programma
politico. Il mondo nuovo è quello in cui i capipartito non sono più soggetti alle dure pratiche democratiche, ma vestono i panni padronali o dei guru. Bene, con questo mondo
nuovo, nel quale tre cittadini su dieci non si
presentano neppure alle urne, bisogna fare
i conti armandosi dell’unica arma in nostro
possesso: il realismo.
Una categoria dell’agire umano, il realismo, che in troppe occasioni viene stravolta non solo dalle circostanze esterne della
storia, ma spesso incrocia l’irresponsabilità
degli uomini e la loro incapacità di individuare i contorni del bene comune. Se infatti ci si muovesse sulla strada del realismo, si
potrebbero anche superare le angustie del
tatticismo per scegliere la strada della cooperazione responsabile. Se risultasse impossibile costruire un governo legittimato da
una chiara maggioranza parlamentare, non
sarebbe comunque necessario garantire la
costituzione di un governo di corresponsabilità nazionale in grado di traghettarci verso
un nuovo appuntamento elettorale? E quali
caratteristiche dovrebbe avere questo governo per tranquillizzare i mercati finanziari,
rasserenare le cancellerie europee, contenere da subito la spesa pubblica e dare un minimo di ossigeno alle famiglie e ai lavoratori?
Per non parlare dell’urgenza di varare una
legge elettorale in grado di dare al Paese una
maggioranza certa dopo il voto.
Si potrebbe obiettare che il mondo nuovo
che abbiamo tratteggiato ha prodotto comunque l’elezione dei presidenti di Camera
e Senato. E magari qualcuno ipotizza che per
questa strada si possa far nascere un governo… Basta osservare che in Europa solo l’Italia si trova in questa impasse e che evocare il
caso belga (535 giorni senza governo e senza danni per la nazione) è semplicemente
improponibile per un Paese latino come il
nostro. Piuttosto, questo mondo nuovo, così
come si presenta, è una vera anomalia che
sembra fare dell’Italia una democrazia parlamentare balbettante e sotto ricatto. Una
democrazia debole e dunque esposta a pericoli di vario genere, a cominciare dal default
finanziario, senza voler evocare scenari ben
più drammatici.
Accade solo in Italia, dunque è un’anomalia da sanare al più presto.
Domenico Delle Foglie
new york Discutibile iniziativa del sindaco
società Sentenza della Consulta
Teenager incinte nel mirino
La domenica cancellata
I
li orari e i giorni di apertura (o chiusura) degli esercizi commerciali sono un tema che non
cessa di interessare e anche dividere l’opinione
pubblica, il mondo politico nonché la stessa Chiesa, soprattutto per gli aspetti legati al riposo festivo, alla celebrazione cristiana della domenica, alla vita comunitaria,
alla dimensione dei legami familiari. Recentemente la
Corte Costituzionale italiana si è pronunciata sulla materia, prendendo in considerazione numerosi ricorsi presentati da diverse Regioni italiane, in forma e con modalità e contenuti diversi, ma tutti accomunati dall’intento
di salvaguardare, in qualche modo, la domenica come
giorno festivo e di riposo oltre che di armonia familiare e sociale. La Corte Costituzionale ha di fatto rigettato
tutti i ricorsi regionali variamente motivati a difesa dei
piccoli esercizi (Piemonte), del riposo settimanale (Friuli
e Toscana), del rispetto delle peculiarità socio-culturali
(Lombardia) e altre. La Consulta ha così sancito, a quanto sembra una volta per tutte, la prevalenza del principio
di “tutela della concorrenza” e del valore superiore della
liberalizzazione, “rimuovendo vincoli e limiti alle modalità di esercizio delle attività economiche”. Tutto ciò - sostiene la Corte - va “a beneficio dei consumatori” creando “un mercato più dinamico e più aperto all’ingresso di
nuovi operatori”.
mmaginate di trovare una grande città
italiana, magari del
nostro Meridione, tappezzata di manifesti 6
metri per tre in cui un
bimbo pacioso e ricciuto, versando lacrimoni
sulle gote brunite, rimproveri dolente la madre
che lo ha messo al mondo: lo sai che essendo
il figlio di una mamma
adolescente ho il doppio delle probabilità di
non andare all’università? In alternativa: una
bimba dalla pelle scura
guarda pensosa al cielo,
brontolando saccente:
onestamente mamma… è probabile che lui ti molli, e allora che ne
sarà di me?
Ebbene, ne dà notizia il New York
Times, ed è esattamente quello
che sta accadendo nella Grande
Mela, dove l’attivissimo sindaco
Bloomberg prima ha cercato di ridurre le gravidanze delle teenager
accollando l’educazione sessuale
alle scuole pubbliche e “responsabilizzando” gli infermieri delle
scuole superiori affinché fornissero strumenti per il controllo delle
nascite, tra cui la pillola del giorno
dopo. Non soddisfatto dei risultati,
e con un occhio al bilancio municipale (follow the money…), ha
pensato che il modo migliore per
scoraggiare le adolescenti fosse
quello di farle sentire in colpa per
aver tenuto il proprio bambino. Un
colpo di genio che manda serenamente all’aria ogni tipologia di
cultura dell’accoglienza, nella città
che si fa vanto di essere la più liberal, la più aperta ai gay, alle minoranze, ai diritti di tutti.
G
Veicoli per stimolare il protagonismo dei giovani
l web e i suoi social network (facebook, tweeter,
youtube e via scorrendo)
possono stimolare un protagonismo tra i giovani?
Essere connessi in rete è
una condizione normale soprattutto per le nuove generazioni: ormai smartphone
e tablet permettono di rimanere dentro un sistema di comunicazione costante, dove
si possono condividere sensazioni, emozioni e immagini, dove si possono ricercare
e raccogliere informazioni,
come chiedere opinioni ad amici.
Nella navigazione web incontriamo diverse
esperienze interessanti, non solo in campo
sociale o politico, ma anche ecclesiale. I giovani lanciano proposte per nuove modalità
di pastorale. Alcuni organizzano e invitano i
loro coetanei attraverso facebook a una serata-pub, nel contesto di una missione popolare parrocchiale. Altri hanno reso possibili le
trasmissioni via web di una radio che sfrutta
i locali dell’oratorio. Altri ancora promuovono gli esercizi spirituali in città per vivere la
Quaresima utilizzando i social network.
Queste tre iniziative sono solo alcuni dei
possibili esempi, che mostrano come il web
sia un terreno abitato: non è circoscritto ai
IL LATO POSITIVO
Regia: David O. Russel
Nel cinema americano classico
uno dei generi più importanti
era la commedia. Già nell’epoca del muto la commedia, sotto
forma delle comiche, svolgeva
un ruolo fondamentale nella nascente industria cinematografica
americana: portare al cinema gli
spettatori, farli divertire e, dunque, aumentare il successo del
neonato mezzo cinematografico.
Ma è con l’arrivo
del sonoro che
la commedia diventa veramente un grande
genere di riferimento. Perché
uno dei tratti
fondamentali di
ogni commedia
è l’importanza
del dialogo, della sceneggiatura, nella quale
si racconta la
schermaglia fra
i sessi che è tipica del genere.
Il cuore di ogni commedia, infatti, è la storia d’amore fra due
protagonisti, spesso in contrasto
all’inizio, ma che nel finale arrivano al più classico degli happy
end. Questo schema viene riproposto anche oggi ne “Il lato positivo”, il film di David O. Russel,
tratto da un romanzo di successo, che ha fatto vincere alla sua
protagonista, Jennifer Lawrence,
il suo primo Premio Oscar. Una
pellicola che adatta ai tempi
contemporanei quel grande modello di riferimento.
Pat esce dall’ospedale psichiatrico dopo otto mesi di trattamento con una sola idea in testa:
rimettersi in forma e riconquistare la moglie Nikki. Un divieto
di avvicinamento lo costringe,
però, nel frattempo, in casa con
la madre e il padre. Questi ha
perso il lavoro e si è dato alle
scommesse, e gli impone degli
19
Cultura & Comunicazione
media ufficiali, non si limita a trattare di questioni politiche, sociali o ambientali; nel web
si affacciano le persone, in particolare i giovani, che lo abitano con naturalezza senza
troppe elucubrazioni mentali. Spesso la presenza sui social network e su Internet è vista
come sintomo di alienazione. Una sensazione che forse trova conferma in alcuni casi.
Però se andiamo in profondità scopriamo
che i social network possono incentivare i
giovani al protagonismo. Le tre iniziative di
pastorale indicano, ad esempio, uno stretto
rapporto tra luogo “virtuale” e luogo “materiale”. Se una piattaforma mediatica è un
punto di contatto, di approfondimento, un
ambiente tradizionale diventa un punto d’in-
incontri settimanali con il dottor
Patel. A questo punto, la già precaria autodisciplina di Pat viene
sconvolta dall’incontro con Tiffany, giovane vedova con una
recente storia di dipendenza da
sesso e psicofarmaci. In cambio
della sua intercessione presso
Nikki, Tiffany vuole infatti che
Pat le faccia da partner per un
bizzarro concorso di danza.
Dapprima riluttante, alla fine
Pat accetterà e insieme a Tiffany
troverà una strada per uscire
dalla sua crisi. E
soprattutto troverà l’amore.
Lo schema della
pellicola è, dunque, classico, ma
contemporaneo
è il modo di raccontarlo e an che
la descrizione dei
suoi protagonisti.
Prima di tutto,
infatti, il film è
sì una commedia
ma parla di problemi seri (come
la depressione e i deficit mentali)
e quindi commistiona tratti lievi
a tratti drammatici, commedia
e dramma. Inoltre i personaggi
principali sono chiari esempi dei
giovani di oggi, sempre più confusi, fragili, insicuri, nel mondo
postmoderno dominato dalla
desocializzazione, dalla solitudine, dalla mancanza di ogni
appiglio. Il merito della pellicola
è quello di sapersi muovere con
leggerezza tra temi pesanti, senza mai però renderli superficiali.
E soprattutto finalmente si rivede una commedia americana
senza volgarità, che è, purtroppo, diventato un tratto tipico
delle proposte americane degli
ultimi anni. In un finale positivo
ma non favolistico, la pellicola ci
suggerisce che l’amore e la famiglia sono i valori da cui ripartire,
le basi per superare le difficoltà,
in cui ci troviamo immersi.
contro fisico.
Il termine tecnico si chiama meetup: è usato quando
alcuni partecipanti a un dibattito o a un forum su web
decidono poi d’incontrarsi
faccia a faccia per continuare
le discussioni, prendere delle decisioni, o quanto meno
conoscersi.
Un altro indicatore delle
possibilità di promuovere partecipazione a partire
dal web è il flash mob, che
viene invece utilizzato per
manifestare un’opinione o
sensibilizzare gli altri cittadini rispetto a un
particolare problema. Si utilizza Internet per
propagare un tam tam, ma anche per spiegare come prepararsi all’appuntamento, magari
attraverso un video esplicativo dei passi per
illustrare una danza, come è accaduto per la
manifestazione contro la violenza delle donne, che ha coinvolto milioni di persone nel
mondo.
Il web, allora, può essere un veicolo per stimolare i giovani al protagonismo. Bisogna,
però, porre attenzione a non trasformare un
luogo di comunicazione nell’unico strumento di comunicazione.
Andrea Casavecchia
Anna Karenina
Regia: Joe Wright
Anna Karenina è uno dei personaggi tragici più complessi e
profondi che la letteratura russa
ci abbia lasciato. Il libro di Tolstoj, infatti, è al tempo stesso un
affresco esatto dei propri tempi,
soprattutto della Russia aristocratica, e la storia di una donna che ha il coraggio di seguire
l’amore, anche a costo di sacrificare ogni cosa (pure suo figlio). Il
romanzo, infatti,
ambientato nelle più alte classi
sociali russe, approfondisce i temi
dell’ipocrisia, della gelosia, della
fede, della fedeltà, della famiglia,
del matrimonio,
della società, del
progresso,
del
desiderio e della
passione, nonché
il conflitto tra lo
stile di vita agrario e quello urbano.
Oggi ci viene offerta una nuova
versione cinematografia del libro di Tolstoj a opera del regista
inglese Joe Wright, in cui a incarnare il volto sofferente della
protagonista c’è la giovane diva
inglese Keira Knightley. La storia
è nota. Anna è la perla dell’alta
società di San Pietroburgo finché non lascia suo marito per
l’affascinante conte Vronskij, ufficiale dell’esercito. Innamorandosi l’uno dell’altra, oltrepassano il limite dei banali adulteri,
passatempi comuni dell’epoca.
Anche quando Vronskij inizia a
diventare sempre più distante,
Anna non riesce a tornare da un
marito che detesta e che non le
permette di vedere il figlio. Incapace di accettare di essere stata
lasciata da Vronskij e di ritornare
a una vita che odia, si uccide.
Premio Campione
al Direttore Sir
«I
l mestiere
del giornalista cattolico è
particolarmente
impegnativo perché ogni
giorno
siamo
chiamati a vivere una doppia
fedeltà. Innanzitutto una fedeltà costituzionale e repubblicana, in quanto nell’esercizio della
cittadinanza responsabile essa si riverbera necessariamente nelle scelte e nelle
prassi di una professione pubblica qual è
il giornalismo. Poi una fedeltà alla Chiesa, che si concretizza nella dimensione
comunitaria e di comunione. Una doppia fedeltà che mette a dura prova la coscienza del giornalista cattolico chiamato a operare nello spazio pubblico». Lo
ha detto il 3 marzo a Bari il direttore del
Sir, Domenico Delle Foglie, ricevendo il
premio “Michele Campione” alla carriera
promosso dal Consiglio dell’Ordine dei
giornalisti della Puglia in collaborazione con Regione Puglia, Provincia di Bari,
Comune di Bari, Università degli studi di
Bari, Ufficio comunicazioni sociali della
diocesi di Bari-Bitonto e d’intesa con la
famiglia Campione.
Il film, come il romanzo, contiene anche la storia d’amore di
Konstantin Levin e Kitty, solida
e onesta, che si pone continuamente in contrasto con quella di
Anna e Vronskij, che è macchiata
dall’incertezz a della situazione,
che crea scompiglio, ritorsioni
e sospetti. Il regista sceglie una
via di messa in scena particolare
per questa sua trasposizione cinematografica: fa recitare i suoi
attori su un palco cinematografico e dietro le quinte di esso,
alternando a sequenze di questo
tipo sequenze, invece, tradizionali,
per evidenziare
la teatralità della
storia raccontata e forse anche
la situazione di
estremo disagio in
cui si viveva nella
Russia dell’epoca,
sempre costretti
su un “palcoscenico” in cui non è
permesso nessun
errore.
La regia è certamente affascinante, con alcune
scene molto suggestive (come
quella del primo ballo fra Anna
e Vronskij), ma la scelta di questa teatralità depotenzia un po’
la forza emotiva della storia raccontata, lasciando lo spettatore
freddo e distante rispetto alle
vicende messe in scena. Inoltre
il regista esclude totalmente dal
film ogni tipo di riflessione religiosa e spirituale che, invece,
era uno dei tempi portanti del
libro di Tolstoj. Così facendo ci
offre un’Anna Karenina rivisitata
in maniera moderna (anche per
la scelta della protagonista, così
giovane per un ruolo così complesso) ma senza la profondità
che il romanzo portava con sé.
Un’Anna bellissima esteriormente, dunque, quanto vuota interiormente.
Paola Dalla Torre
20
Sport
15 marzo 2013
coni Giovanni Malagò è il nuovo presidente nazionale
Lo sport italiano e una svolta in senso etico
L
o sport italiano ha un nuovo presidente che resterà
in carica fino al 2016. L'uomo designato è, a sorpresa, Giovanni Malagò, che ha battuto sul filo di lana il
favorito Raffaele Pagnozzi, colui che rappresentava la continuità della gestione Petrucci. Anche queste elezioni hanno dimostrato che il nostro sport resta diviso: Malagò l'ha
spuntata per 5 voti, 40 a 35, e ora dovrà compiere uno sforzo
importante per ricompattare quelle federazioni che non lo
volevano alla presidenza. Ma al di là degli scenari geopolitici, resta sullo sfondo l'immagine di un settore nevralgico del
Paese praticamente abbandonato a se stesso: già il presidente uscente Petrucci si era lamentato del fatto che in nessuno
dei programmi della miriade di liste che si sono presentate
a queste elezioni politiche ci fosse un capitolo incentrato sul
futuro delle discipline agonistiche in Italia.
Ambizioso, determinato, decisionista, il nuovo presidente
ha un buon curriculum sportivo alle spalle, molto trasversale: romanista da sempre, è stato campione d'Italia di calcio a
Un CSI di Frontiera
L
a nostra è sempre stata una associazione di frontiera. Le comodità, le
certezze, la routine non fanno per noi.
Siamo inguaribili amanti delle esperienze di frontiera.
Siamo un'associazione per gente che
ama "l’infinito", per gente che ha imparato a sognare, per gente che si impegna
per rendere possibile l’impossibile. Portare lo sport "dappertutto" è sempre stata una nostra vocazione. In queste ore
sono ad Haiti , dove un anno fa abbiamo
aperto l’ultima sede internazionale del
CSI. In questi giorni si sta svolgendo il
primo corso allenatori (50 partecipanti)
del CSI haitiano.
Un anno fa aprire il CSI ad Haiti sembrava follia. Oggi è realtà. Tutto questo
è stato possibile grazie all’impegno e all’
entusiasmo di tutta la nostra associazione.
Un entusiasmo o che contagia. L’ ultimo
ad essersi ammalato di "follia attraverso
lo sport" è stato Andrea Zorzi che ci ha
messo un attimo a riempire lo zaino ed
a partire con me.
L’esperienza di Haiti sta dentro un ragionamento più grande.
È quell’ idea di andare in frontiera, di
essere associazione "missionaria", che ci
ha portato ad essere presenti in Camerun, in Albania, nella Repubblica Centrafricana, in Congo...ed in tanti altri paesi
del mondo.
A chi ci chiede il perché di tutto questo
rispondiamo con semplicità: "perché
i bambini sono bambini in ogni paese
del mondo. Perché tutti i bambini hanno diritto di essere felici correndo dietro
ad un pallone. Perché lo sport nei paesi
in via di sviluppo è un’ arma educativa
straordinaria. Infine perché vogliamo
che la gente del CSI sia gente con gli occhi aperti e spalancati sul mondo".
Non siamo solo appassionati ai grandi
viaggi. Nella complessa società di oggi
esistono frontiere anche nel nostro quartiere o dietro casa nostra.
É questa considerazione che ci ha portato ad occuparci dello sport in carcere, ad
esserci nelle periferie, a fondare la Nazionale amputati di calcio, a fare tornei
nei centri di accoglienza, ad aprire società sportive in Aspromonte e tanto altro
ancora...
È questa considerazione che porta ogni
nostra società sportiva ad accogliere
tutti, ma proprio tutti, a partire da quel
"ragazzo" scartato da tante altre realtà e
che nessuno vorrebbe avere tra i piedi.
Insomma il tutti gli ambiti "difficili" in
cui portare lo sport diventa scomodo e
faticoso il CSI c’é!
Il popolo del CSI è fatto così. É un popolo
che ha una passione educativa che non
conosce confini. É un popolo del quale
siamo immensamente orgogliosi.
Massimo Achini
5 sempre nella capitale, ma è in grado di cavarsela bene anche a tennis, sci, atletica, nuoto e canottaggio. Proprio queste due discipline hanno forse pesato nella scelta di Malagò,
che infatti è stato presidente del Comitato organizzatore dei
mondiali di nuoto di Roma 2009 ed è attualmente presidente
del Circolo Canottieri Aniene, il più prestigioso della Capitale, che sotto la sua guida ha fatto incetta di atleti di vertice: la
sua campagna acquisti ha portato infatti sulle rive del Tevere
campionesse come Federica Pellegrini, Josefa Idem e Alessandra Sensini.
A Malagò spetterà l'arduo compito di provare a dare una
svolta in senso etico a un movimento assediato, in troppe discipline, da scandali assortiti. La tenuta sportiva, lo dimostrano i recenti Giochi londinesi, c'è ancora, ma forse non basta
più. C'è bisogno di maggiore trasparenza con gli sponsor, di
una lotta ancora più spietata al doping, di u n'intransigenza
assoluta rispetto a episodi di violenza che troppo spesso spadroneggiano nel calcio e non solo. Qualche settimana fa, il
sport educational
F
ar nascere nei più piccoli
la voglia di avvicinarsi allo
sport per vivere un sano divertimento: a questo deve aver
pensato il Comitato Provinciale di
Brindisi del Centro Sportivo Italiano, appoggiando l’iniziativa ideata dal CSI Puglia per il progetto
“Sport Educational”.
Partire da un nucleo ben ristretto
di soggetti in tenera età per andare a trasmettere una nuova cultura
sportiva, attraverso i piccoli sportivi, anche negli adulti: risponde
perfettamente a queste caratteristiche la classe, un gruppo misurato di individui che con il loro innato entusiasmo possano riuscire
a coinvolgere, nelle loro attività,
dapprima le loro famiglie, e poi le
scuole e il territorio.
Lo sport vissuto, quindi, come
strumento di promozione di sane
abitudini di vita nei più piccoli,
con una duplice valenza: mentre
gli attori del progetto giocano, essi
sviluppano nuove capacità motorie, andando ad integrare nel
gruppo attivo anche quei bambini
e quei ragazzi che vivono momenti di disagio sociale o che hanno
problemi di disabilità e si sentono
esclusi dalle attività sportive.
Cellula base su cui porre in essere
il progetto è la classe di una scuola primaria, un vero e proprio microcosmo in cui si attivano sin da
subito diverse dinamiche nei rapporti tra bambini, ma non solo: è
all’interno del nucleo classe che si
sviluppa un lavoro di sensibilizzazione che vede protagonisti i piccoli alunni, per poi toccare le loro
famiglie, la scuola e l’intero territorio, innescando un vero e proprio
circolo virtuoso.
Il progetto, iniziato con l’avvio
dell’anno scolastico, ha visto dapprima l’iscrizione delle classi al
candidato Malagò, a proposito di certi gesti di tesserati del
calcio nei confronti del pubblico (vedi quello di Delio Rossi
e altri) aveva parlato provocatoriamente di escludere per un
turno il calcio dal Coni. Ma la sua battaglia dovrebbe portare
anche a sbloccare l'impasse legata agli stadi di proprietà, che
a parte la Juventus, zavorrano ormai tutto il movimento calcistico e non permettono ai nostri club di restare competitivi
al pari delle altri grande società europee.
Personaggio influente della Roma bene (intende rilanciare
l'idea dell'Olimpiade capitolina), Malagò conosce alla perfezione gli ambienti politici e imprenditoriali che contano:
passa per un innovatore visionario, capace di grandi intuizioni e magari in grado di coinvolgere attorno allo sport sponsor
o mecenati impensabili prima della sua elezione. Lo sport si
attende molto da lui, specie quello di base: molte strutture
sono desuete, e ci vuole qualcuno che sappia trasmettere forti motivazioni non solo agli atleti, giovani o in erba che siano,
ma anche e soprattutto a istruttori, allenatori, preparatori, il
cui silenzioso lavoro resta decisivo per l'Italia sportiva del futuro.
Leo Gabbi
il dirigente sportivo
U
progetto: successivamente sono
stati avviati i primi allenamenti
e laboratori, che hanno portato i
piccoli sportivi a frequentare corsi
di calcio a 5, pallavolo, pallacanestro, tennis tavolo e atletica.
Dopo l’organizzazione dei tornei
delle discipline attivate nel periodo del progetto, si passerà ad organizzare il premio Fair Play e Best
Sport Reporter, a livello regionale:
un momento che i ragazzi avranno
a loro disposizione per mobilitare
l’attenzione del mondo degli adulti, promuovendo la cultura dello
sport come divertimento e indicatore di stili di vita sani.
24 sono i partner che hanno aderito nel territorio pugliese al progetto “Sport Educational” tra Comitati
Territoriali del CSI, istituti scolastici, comuni e società sportive. Solo
in Puglia, si prevede che il numero
dei bambini e dei ragazzi coinvolti
nella sfida progettuale si attesti intorno alle 1000 unità, il che rende
“Sport Educational” una grande
opportunità per dare vita ad una
nuova cultura sportiva, che abbracci la società civile su più livelli
e che, oltre a sviluppare nei giovanissimi sportivi la voglia di stare
insieme, possa aiutarli a imparare
a mettersi in relazione con il mondo che li circonda.
Agnese Poci
na figura importante da curare continuamente:
il dirigente sportivo
Nel corso della mia ancor breve esperienza
all’interno della grande famiglia del CSI, mi sono sempre chiesto se esistesse una “ricetta” in grado di ispirare
un buon dirigente sportivo. La figura del dirigente sportivo è una figura fondamentale, presente in ogni contesto
sportivo, non solo di una singola società ma anche all’interno di organizzazioni più strutturate, come può essere
quella di un comitato provinciale. Al dirigente sportivo
CSI è demandato il compito di promuovere con senso di
responsabilità una pratica sportiva significativa ed educativa per i propri atleti, scegliendo i collaboratori e gli
allenatori giusti, garantendo un clima di partecipazione
e condivisione, di serenità e di amicizia. Il dirigente CSI
agisce. Ama i verbi. Soprattutto all’infinito perché dicono di qualcosa che inizia e non finisce.
Tra i verbi che un buon dirigente dovrebbe “coniugare
all’infinito” ci dovrebbero essere:
Accogliere: le persone che, per qualsiasi motivo, si rivolgono a lui. Accogliere significa far sentire alle persone
che per lui sono importanti;
Incontrare: per accogliere si devono “incontrare” le
persone, anzi per meglio dire, occorre “andare incontro”
alle persone per aumentare il numero di coloro che possono vivere esperienze sportive significative;
Testimoniare: il dirigente dimostra attraverso l’esperienza quotidiana che, attraverso la sua attività, egli incarna valori e la sua azione diviene così testimonianza
viva:
Comunicare: la testimonianza è la prima effettiva forma di comunicazione che rende evidente i valori a cui si
fa riferimento;
Motivare: incontrare, accogliere, testimoniare aiutano
a “dare motivazione” alle persone. Se si è motivati e se la
motivazione cresce sempre più nel tempo, allora la scelta non è l’emozione di un momento, ma diviene consapevolezza, azione, vita;
Educare: per educare è necessario rispettare le persone. Educare non significa, infatti, “insegnare” né tantomeno “addestrare”. Educare significa, invece, attivare nei
confronti della persona che hai davanti quei processi
che aiutano a liberare le proprie potenzialità, le proprie
capacità, la propria libertà.
In poche parole per accogliere e incontrare è necessario essere persone.
Per testimoniare e motivare è necessario vivere una
fede.
Cosimo Destino
basket Le ragazze della Futura conquistano l’A2
Un sogno diventato realtà
a pallacanestro brindisina scala i ver- anni, dall’altra una palestra
L
tici e ritira il pass per la A2. La squadra di ragazze giovani e decise
femminile “Futura Basket Brindisi”, infatti, a rientrare nella élite del badomenica 10 marzo ha conquistato, in anticipo, una storica promozione nella categoria
superiore.
Il meritato traguardo è arrivato grazie alla
voglia, al lavoro, al gruppo e alla tenacia che
hanno incorniciato una stagione memorabile. Da una parte la società, impegnata a un
progetto che guardava al limitare dei due
sket nazionale.
Una tappa storica, una vetta storica, già, perché nessuno mai in città era arrivato così in alto ed
ora la Futura corona il suo percorso ventennale, fatto di pagine dense di emozioni, con
una stagione quasi perfetta.
La cornice è di quelle che si farà ricordare.
Brindisi si riscopre più ricca sportivamente,
tra le città, poche (Milano, Siena, Cremona,
Venezia e Bologna), che possono vantare insieme la A1 maschile e la A2 femminile.
22
di Luciano Lotti
“V
ita affettiva di Padre Pio.
Mondo interiore e cure
d’anime nei diari delle figlie spirituali” di p. Luciano Lotti (pp. 72,
euro 5,50) è uno dei volumetti
che inaugura la collana “Sguardi”
delle Edizioni Dehoniane, affidati, con saggi brevi,
“ad autori di grande
competenza, chiamati ad occuparsi
di temi d interesse
culturale, che spesso
intersecano le questioni di attualità”.
E questo sembra
proprio il caso delle
pagine, che ci occupano, già pubblicate
nel volume di scritti
per l’VIII centenario
dell’Ordine di Santa
Chiara, curato da Paolo Martineli (EDB,
Bologna, 2012, pp.
651-685). “Le tantissime agiografie di
Padre Pio mettono
in risalto la riservatezza con cui egli si
rapportò con il mondo femminile sin
dalla sua adolescenza”, esordisce
p. Lotti che, docente di Teologia,
oltre ad essere direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose
di San Severo è direttore della rivista “Studi su Padre Pio” e noto
per aver dato alle stampe “L’epistolario di Padre Pio. Una lettura
mistagogica” (2006).
In quattro capitoli, p. Lotti affronta il tema della castità che
ha creato ostacoli e rallentamenti al processo di beatificazione di
padre Pio, “che non dissimula affetto e predilezione nei confronti
delle figlie spirituali”. Si tratta di
donne legate a lui da profonda
devozione – si desume da queste
pagine -, una sorta di “monastero
invisibile”, non “esente da personalismi, gelosie e invidie”. Denso
il terzo capitolo su “il mondo affettivo”, ma è da tutto il libro che
l’autore fa emergere come, proprio dalla lettura dei loro diari,
“caratterizzati da una notevole
esuberanza linguistica”, si stagli
quasi plasticamente innanzi al
lettore “il mondo interiore di un
uomo di fede e di grande umanità, tormentato da dubbio di non
essere in grado di compiere in
modo adeguato la direzione delle
anime”.
Da queste pagine emerge “un ritratto lontano dall’austera icona
del frate, segnata da una severa
ascesi, dai vortici di estasi prolungate e da altri numerosi fenomeni
mistici”, ma è bello qui riportare
le stesse parole dell’autore, molto più efficaci: “Per Padre Pio il
sacro non sarà mai tale se non si
misurerà con l’umano, ecco perché ha la capacità di passare dal
Tabor al Getzemani e viceversa,
accompagnando le persone a
scoprire un mistero che per tanti
versi restare tale fino alla morte.
Sia per il direttore che per le figlie spirituali, molti aspetti della
loro esistenza saranno avvolti dal
deserto, ma proprio questo essere insieme verso una meta resa
concreta dal continuo contatto
con il soprannaturale li aiuterà a
trasfigurare l’umano all’interno
dell’opera di Dio”.
(a. scon.)
D
Sant’Agostino
La Pasqua
di Remo Piccolomini (cur.)
i recente l’opinione pubblica è
stata informata di una singolar
circostanza: il santo vescovo di Ippona, “guida spirituale della filosofia che ha fondato l’idea di Europa”,
è davvero una stella di prima grandezza nel mondo dell’editoria se è
vero che “nel mondo escono ogni
anno
circa
400 titoli suoi
o su di lui”.
In
questo
contesto, grazie a Remo
Piccolomini,
agostiniano, direttore
della “Nuova
Biblioteca
Agostiniana”,
la comunità
pensante tutta intera (non
solo dunque
quella
cristiana) riceve
un altro bel
dono, inserito
da Città Nuova nella collana “Piccola
Biblioteca Agostiniana” che, fondata da Agostino Trapè e diretta proprio da questo religioso, propone le
traduzioni italiane “di alcune opere
di sant’Agostino o pagine antologiche agostiniane particolarmente attuali, in riferimento ai temi e
interessi emergenti nella Chiesa e
nella cultura contemporanea”. Ecco
dunque “La Pasqua” (pp. 224, Euro
18,50), libro nel quale non solo si
propongono le parole di Agostino,
che svolgendo la sua missione di
pastore di anime per trentanove
anni, ha lasciato una trentina di discorsi solo per questa ricorrenza annuale, fulcro e culmine della fede e
dell’esperienza cristiana, avendo
egli predicato puntualmente in
questa solennità, ma anche un’ampio studio introduttivo, capace di
orientare chiunque.
“Sono scritti che mettono in luce
Agostino come consumato catechista – è stato autorevolmente sostenuto -, dove la competenza dottrinale e il raro tratto psicologico si
sposano con un linguaggio adatto
all’uditorio. La sua predicazione è
prettamente teologica, impegnata a far capire al popolo il mistero
cristiano, servendosi di immagini,
esempi che i fedeli possono capire. Al tempo stesso Agostino non si
accontenta delle belle parole – si
conclude sul punto -, ma scende
nel concreto della vita. La teologia
è per lui scienza legata alla storia
dell’uomo, deve parlare all’uomo,
convivere con lui”.
Del resto padre Piccolomini osserva: “La conclusione di questi discorsi è riassunta da Agostino nell’esortazione appassionata e piena di
tenerezza: Siete diventati figli di
Dio, viviamo tutti in santità e giustizia come in pieno giorno, il giorno
che il Signore ci ha dato. Con questa
luce, sceglietevi chi volete imitare”.
Tutto questo perché? “Ci sono personaggi nella storia che hanno la
capacità di essre sempre contemporanei, a dire di Julien Green – sostiene p. Piccolomini -, romanziere
contemporaneo, “Egli, Agostino, è
sempre in anticipo sui tempi in cui
si legge”, nonostante siano trascorsi
secoli di storia. Agostino è uno dei
rari penstori che ha questa prerogativa”. Come non concordare?
(a. scon.)
15 marzo 2013
IL LIBRO
Vita affettiva
di Padre Pio
IL LIBRO
il libro
Libri
Costruire la casa
sulla roccia
di Karol Wojtyla
U
n’ulteriore conferma alla convinzione che il magistero pontificio
del Beato Giovanni Paolo II è nato
non da elaborazioni dottrinarie di
un algido laboratorio, ma dall’esperienza vissuta e condivisa prima
come sacerdote, quindi come arcivescovo di Cracovia, viene da queste pagine
ancora
fresche di
stampa
e prima
custodite
n ell ’A rchivio del
Centro di
Documentazione e
Studio del
Pontificato di Giovanni Paolo II, stese
com’erano
in lingua
polacca,
quindi diventate
«Costruire
la casa sulla roccia. Esercizi spirituali
per fidanzati del vescovo Karol Wojtyla» (pp. 821, euro 7), pubblicate da
“Punto famiglia” in collaborazione
con il sopra citato Centro di Documentazione.
Inseriti nella bella collana dei «Percorsi liturgici», l’edizione italiana
gode di una prefazione di mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, e di un
saggio introduttivo magistralmente
curato da Przemyslav Kwiatkowski,
docente presso l’Istituto Giovanni
Paolo II e mostra la genesi dell’ampio magistero del Beato pontefice
sul matrimonio e la famiglia attraverso le riflessioni, che egli offriva
ai fidanzati di Cracovia in occasione
di un corso di preparazione al matrimonio.
Si tratta, dunque, di scritti mai pubblicati in Italia, che «manifestano
lo straordinario interesse del Papa
polacco per l’amore coniugale e la
famiglia», hanno scritto ed è stato
spiegato «come la visione della famiglia, che papa Wojtyla aveva portato con sé a Roma dalla Polonia,
non appare nata da ragionamenti
che aveva elaborato a tavolino ma
da esperienze che visse e condivise dapprima come sacerdote e poi
come vescovo di Cracovia».
Nel volumetto troviamo tre conferenze pronunciate dal vescovo Karol Wojtyla, dal 19 al 21 dicembre
1960, nella collegiata universitaria
di Sant’Anna a Cracovia, durante un
corso per i fidanzati. Ai giovani che
si preparavano al matrimonio diceva: «Attenti a ciò che fate! Tutto ciò
non resta solo al livello dell’uomo,
non è una questione solo umana. Se
è un sacramento, è una cosa divina.
Dio qui è chiamato a testimone, e
non si può chiamare Dio a testimone invano». E giustamente viene fatto osservare come «l’accento sull’importanza della scelta è dato anche
dalla definizione del patto nuziale
come voto».
Scrive mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per
la famiglia, nella prefazione: «Il
giovane presule non parla di promessa matrimoniale ma di voto
matrimoniale pronunciato davanti
a Dio. Forse, anche su questo nuovo
linguaggio che è più teologico che
giuridico-linguistico, occorrerebbe
riflettere, soprattutto oggi, data la
crisi della coppia che ci travolge».
15 marzo 2013
Le Rubriche
SETTEMBRE 1943: BRINDISI CAPITALE COL RE
E IL GOVERNO DEI SOTTOSEGRETARI
I
l mese di settembre del 1943
fu cruciale per l‘Italia e la città
di Brindisi che si trovò al centro dell’attenzione nazionale. Nella
notizia diffusa la sera dell’8 settembre, Radio Londra confermò che
l’Italia aveva firmato l’armistizio
con gli angloamericani. Il Capo del
Governo Pietro Badoglio annunziò: “Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare
l’impari lotta contro la schiacciante potenza avversaria, nell’intento
di risparmiare ulteriori e più gravi
sciagure alla nazione, ha chiesto
l’armistizio”. Il caos fu immediato:
Badoglio non si era preoccupato
di dare preventive istruzioni alle
forze armate italiane, che, prive
di ordini, si lasciarono sopraffare
e disarmare dai tedeschi che invece avevano ricevuto il comando
preciso di invadere l’Italia. Il re ed
il capo del Governo, nel timore di
cadere nelle mani nemiche, pensarono di partire la sera del 9 settembre per raggiungere una località non occupata dalle truppe tedesche. La
prima tappa fu Pescara dove s’imbarcarono su una unità navale italiana ed il pomeriggio del giorno successivo il comandante
della piazza militare marittima di Brindisi,
l’ammiraglio Luigi Rubartelli, ricevette via
radio un chiaro messaggio: “invito Bottiglione ad andare incontro alla Baionetta, vi
troverà un fraterno amico.” In realtà si temeva che le due unità navali, l’incrociatore
Scipione l’Africano e la corvetta Baionetta,
pur battendo bandiera italiana, fossero in
mano tedesca e volessero tentare la conquista della piazzaforte navale brindisina.
Il telegramma lo rassicurò, poiché capì che
ad inviarglielo era stato il compagno di
studi dell’Accademia Navale, ammiraglio
Raffaele De Courten, divenuto ministro
e Capo di Stato Maggiore della Marina,
il quale, il giorno prima, gli aveva inviato
via radio l’ordine di partenza per Pescara
della corvetta “Scimitarra” soprannome
conosciuto solo dai due ex compagni. Non
appena l’ammiraglio Rubartelli salì sulla
nave vide il re Vittorio Emanuele III, la regina Elena, il principe ereditario Umberto,
il maresciallo Pietro Badoglio, il ministro
della Real Casa Pietro Acquarone e l’ammiraglio De Courten. Dopo i primi attimi
di confusione si cominciò ad organizzare
gli alloggi idonei ad ospitare la famiglia
reale. Il re, la regina e l’aiutante di campo
Puntoni salirono sul motoscafo dell’ammiraglio Rubartelli, che li condusse al castello Svevo dove aveva sede il comando della
Marina e dove si fece appena in tempo a
schierare un picchetto di marinai per rendere gli onori ai sovrani. La regina ed il re
occuparono il primo piano della palazzina,
23
25 MARZO 1993: “INDE A PONTIFICATUS” AMPLIA
IL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA
A
mentre il principe Umberto e la famiglia
Rubartelli si sistemarono al piano terra. Il
maresciallo Badoglio, il generale Sandalli e
il duca Acquarone furono sistemati provvisoriamente nella casermetta dei sommergibilisti e poi spostati a villa Oliva, mentre
Ambrosio, capo di Stato Maggiore, fissò la
propria residenza a villa Fischetti. Erano
mesi terribili, confusi e straordinari. Ebbe
così comunque inizio, pur anche tra mille difficoltà e mancanze, il Regno del Sud.
Agli interni fu nominato Vito Reale, alle Finanze Guido Jung, alla Giustizia Giuseppe
De Santis, alla Guerra il generale Taddeo
Orlando, alla Pubblica Istruzione Giovanni Cuomo, all’Industria e Commercio Epicarpo Corbino, alle Poste Mario Fano, alle
Ferrovie e Trasporti Giovanni Di Raimondo, all’Agricoltura Tommaso Siciliani, ai
Lavori Pubblici Raffaele De Caro, alla Marina Mercantile l’ammiraglio Pietro Barone
ed infine agli Esteri Renato Prunas. La prima riunione del Governo si tenne nei locali della Prefettura il 24 novembre 1943. In
questo modo la monarchia cercò di legittimare il suo operato, anche se la sovranità
si estendeva su un terreno molto limitato e
per giunta sottoposta nell’esercizio dei suoi
poteri alla supervisione della missione militare alleata. Nel difficile e burrascoso periodo dei centocinquanta giorni Brindisi fu
teatro di operazioni diplomatiche e della
stentata formazione di una nuova classe
dirigente, rappresentante dei rinati partiti
politici, ma ancora una volta tutto passò
su Brindisi e sulla sua capacità di saper
sfruttare le occasioni per definire il proprio
ruolo e la propria identità.
Katiuscia Di Rocco
veva già provveduto alla riforma della Curia Romana
con la Costituzione Apostolica “Pastor Bonus”, ma bisognava
che l’azione pastorale fosse ancora più incisiva. Ecco perché il 25
marzo di 20 anni addietro, il Beato
Giovanni Paolo II promulgò la sua
lettera apostolica in forma di motu
proprio, con la quale il Pontificio
Consiglio della Cultura ed il Pontificio Consiglio per il dialogo con
i non credenti furono uniti in un
solo Consiglio. In quattro articoli
ordinava il nuovo organismo, ma
sono le premesse che descrivono
appieno la ratio di questa importante decisione.
Il Papa sente di attuare le “ricche
e stimolanti indicazioni offerte dal
Concilio Vaticano II quando si preoccupa “di sviluppare il dialogo
della Chiesa col mondo contemporaneo. In particolare, ho cercato –
aggiunge - di promuovere l’incontro con i non credenti sul terreno
privilegiato della cultura, fondamentale dimensione dello spirito che mette gli uomini in rapporto fra loro e li unisce
in ciò che essi hanno di più proprio, la comune umanità”. Nasce del resto da questa
preoccupazione, nel 1982, il “Pontificio
Consiglio della Cultura con l’intento di rafforzare la presenza pastorale della Chiesa
in questo specifico ambito vitale, nel quale
è in gioco il destino del mondo in questo
scorcio di millennio”. A tale necessità, tuttavia, sommava anche quella di promuovere – lo scrisse nell’autografo al card. Casaroli del 20 maggio di quello stesso anno
– “il dialogo con le religioni non cristiane
e con individui e gruppi che non si richiamano ad alcuna religione, nella ricerca
congiunta di una comunicazione culturale
con tutti gli uomini di buona volontà”. Non
solo, avendo notato il papa che il Pontificio
Consiglio della Cultura lavorava a stretto
contatto con la Pontificia Commissione per
la Conservazione del Patrimonio Artistico
e Storico della Chiesa (28 giugno 1988) ed
avvertendo “l’opportunità di rendere più
adeguata la presenza qualificata della Santa Sede nel campo della cultura, mediante un rinnovamento e collegamento delle
Pontificie Accademie”, decise, “di riunire,
in deroga alle disposizioni della Costituzione Pastor Bonus, il Pontificio Consiglio
della Cultura ed il Pontificio Consiglio per
il Dialogo con i non credenti e di fonderli
in un unico Organismo, che avrà il nome
di Pontificio Consiglio della Cultura, con il
quale d’ora innanzi la Pontificia Commissione per la Conservazione del Patrimonio
Artistico e Storico manterrà contatti periodici”.
Il nuovo organismo fu strutturato in due
sezioni: “Fede e Cultura” e “Dialogo con le
Culture”. “La sezione Fede e Cultura continuerà l’attività che ha svolto fino al presente il Pontificio Consiglio della Cultura”, sancì il Pontefice, mentre “La sezione
Dialogo con le Culture continuerà l’attività
finora svolta dal Pontificio Consiglio per il
Dialogo con i non credenti”. Sono i quattro
articoli che le precedono, tuttavia, a dare
l’esatta dimensione di questo percorso di
convergenza. “Il Consiglio promuove l’incontro tra il messaggio salvifico del Vangelo e le culture del nostro tempo, spesso
segnate dalla non credenza e dall’indifferenza religiosa, affinché esse si aprano
sempre più alla Fede cristiana, creatrice
di cultura e fonte ispiratrice di scienze,
lettere ed arti”, stabilì il pontefice e precisò: “Il Consiglio manifesta la sollecitudine pastorale della Chiesa di fronte ai gravi
fenomeni di frattura tra Vangelo e culture”.
E ancora: “Promuove quindi lo studio del
problema della non credenza e dell’indifferenza religiosa presente in varie forme
nei diversi ambienti culturali, indagandone le cause e le conseguenze per quanto
riguarda la Fede cristiana, con l’intento di
fornire sussidi adeguati all’azione pastorale della Chiesa per l’evangelizzazione delle
culture e l’inculturazione del Vangelo”.
Il percorso di convergenza si è poi compiuto con il papa emerito Benedetto XVI,
quando, con il motu proprio “Pulchritudinis fidei” del 30 luglio 2012 ha unificato
sotto il Dicastero della Cultura l’azione che
era propria della Pontifica Commissione
per i beni culturali della Chiesa.
(a.scon.)
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