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dal 1995
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rapporto mensile indipendente sulle comunicazioni promosso da Gianni Di Quattro
belvedere
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sì è vero, stiamo entrando in una fase nuova, Giampio Bracchi
non privatizziamo le idee! Franco Carlini
controluce, Franco Morganti
mercato
primopiano
proiezioni, Maurizio Decina
fine di un ciclo e rischio di un ritorno al passato, Sandro Frova
da New York, Sandro Malavasi
voglia di medialità, Rocco Sabelli
analisi
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i contenuti non creano il mercato, Giorgio Meletti
copyright, innovazione e diritti degli utenti, Bernardo Parrella
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economia
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dai mercati, Walter Galbiati
tecnologia
bollettino, Vittorio Trecordi
banda larga (e tasche strette), Antonella Pelaggi
piattaforme aperte per servizi a valore aggiunto, Paola Pernigotti
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giugno 2002 n. 6
Beltel
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sì è vero, stiamo entrando in una fase nuova
intervista a Giampio Bracchi
a cura di Grazia Longoni
Nell’ultimo numero di Beltel abbiamo pubblicato due “interviste parallele” a Maurizio Decina ed Elserino
Piol che definivano i contorni di una nuova fase delle Tlc di cui si percepisce in questo momento l’avvio.
Proseguiamo in questo numero intervistando Giampio Bracchi, vicerettore del Politecnico di Milano, al
quale abbiamo chiesto un parere sulle prospettive del settore da un’angolatura come la sua, più
vicina al campo dell’informatica.
Decina e Piol sono d’accordo nel vedere l’inizio di una fase nuova delle tlc, con un riallineamento degli
attori in campo e una rivalutazione dei “fondamentali” dopo gli eccessi degli anni scorsi.
Come vede lei il settore informatica-tlc?
«Come prima considerazione direi che nel medio termine lo sviluppo del settore continuerà con gli
stessi ritmi del passato, mantenendo cioè un tasso di crescita medio che è circa doppio rispetto a
quelli di altri settori. Questo significa che le oscillazioni in alto e in basso cui abbiamo assistito negli
ultimi due anni sono destinate a rientrare in un trend più omogeneo e che il fatturato complessivo del
settore Ict - per infrastrutture e servizi - avrà un incremento medio del 9-10 per cento all’anno, con
una forchetta che può variare tra il 7 e il 13 per cento».
E quest’anno?
«Adesso siamo in una fase negativa. E sappiamo perché. Molte aziende hanno anticipato i loro
investimenti in tecnologie per essere pronte al 2000. E il grande business immaginato su internet
non si è ancora dispiegato. Ci sono stati molti business virtuali che hanno drogato le aspettative
e il mercato dell’offerta. Ma questo fenomeno si è in buona parte già verificato. Molte dot.com
sono già scomparse».
Come possiamo dunque definire la situazione di oggi nell’Ict?
«E’ ormai chiaro che il settore Ict è ciclico come tutti gli altri. La fase attuale vede un rallentamento,
con segni di recessione e questo si riflette anche sugli investimenti delle imprese in tecnologia.
Siamo di fronte a un momento di bassa congiuntura. Ma è temporaneo, congiunturale appunto,
non strutturale».
Come se ne uscirà?
«L’offerta di server sul mercato dell’usato è destinata a esaurirsi presto. E anche i sovradimensionamenti
provocati dall’euforia degli anni scorsi saranno ricondotti alla normalità. Penso che nel giro di un anno
e mezzo gli investimenti riprenderanno. Nel medio termine il barometro volge al bello. La banda larga
va avanti e le infrastrutture per supportarla anche. In Italia c’è una promozione della banda larga,
anche a livello dell’e-government. E internet, una volta risolti alcuni problemi tecnici, può essere
davvero la struttura portante dell’intero sistema multimediale».
Quali sono i problemi tecnici che è prioritario risolvere su internet?
«Internet è una rete “best effort”, cioè non è in grado al momento di garantire all’utenza business le
prestazioni, per esempio il tempo di trasmissione dei pacchetti. Ma si stanno creando delle applicazioni
intelligenti che tendono a distinguere i diversi tipi di traffico, per esempio gestendo in modo efficiente
il voice over IP, cioè il traffico vocale su internet. Così si creeranno le premesse per rendere più
potente l’intera infrastruttura multimediale».
giugno 2002
Beltel
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Quali sono i bisogni delle imprese?
«Servono applicazioni di Customer Relationship Management per gestire meglio il front office aziendale
nei confronti dei clienti. E serve integrare le applicazioni di rete con quelle realizzate all’interno. La
business intelligence diventa una componente importante. Con il collegamento dell’hardware e dei
server attraverso linee ad alta velocità lo storage networking diventa possibile. Sia a livello di reti
locali che di reti metropolitane e geografiche. C’è dunque la concreta possibilità di far ripartire il
mercato degli Application Service provider (Asp)».
In quali tempi, se è ancora possibile azzardare una previsione dopo che negli scorsi anni tanti ottimismi
sono stati smentiti?
«In effetti due anni fa si è sbagliata la scala temporale e questo ha portato a drogare il mercato con
un eccesso di offerta che ha riguardato sia gli Asp sia le infrastrutture. Adesso bisogna dimostrare
che le nuove applicazioni garantiscono un servizio migliore, un utilizzo più facile, una gestione più
economica. Questo non è ancora avvenuto. E così si spiegano le attuali difficoltà dei fornitori di
applicazioni. Non significa che il settore delle applicazioni e dei servizi su rete non si sviluppi, ma il
valore di partenza è ancora molto basso e una crescita anche di per sé significativa non assicura
ancora il ritorno economico. Per esempio, i servizi di trading online offerti dalle banche sono raddoppiati
nell’ultimo anno, ma ancora non dànno ritorni. E c’è un eccesso di offerta che comporta di conseguenza
tariffe - in questo caso commissioni bancarie - in calo».
Che conseguenze ha questa situazione sugli operatori che offrono servizi e infrastrutture?
«Ci sarà sicuramente una concentrazione di operatori e chi non ha alle spalle un forte gruppo è
destinato a soccombere. Da tempo infatti il settore finanziario, già molto esposto verso le tlc, ha
smesso di finanziare progetti e servizi rivolti a una domanda ancora virtuale».
Nell’informatica, chi subirà gli effetti più pesanti?
«Non le società informatiche che offrono servizi tradizionali. La crisi si concentra da una parte sui
servizi più futuribili, ancora sostanzialmente senza mercato, ed è già in atto da tempo, per esempio
tra le dot.com. Dall’altra colpisce i grandi centri di servizio, come i web center, e chi realizzava le
infrastrutture. Se guardiamo alle società di cablaggio, la situazione è ancora più critica. Se non sono
ben capitalizzate e non hanno i mezzi per resistere fino al decollo della banda larga, se non hanno le
risorse finanziarie per completare i lavori iniziati, sono destinate a fondersi o a essere messe in
vendita. La domanda c’è, ma perché incroci la curva degli investimenti e porti al ritorno economico
servono, secondo me, ancora due o tre anni».
Come possiamo essere sicuri che questa volta i tempi della previsione saranno rispettati?
«Una garanzia assoluta non c’è. Ma mi sembra un’ipotesi ragionevole. Deriva dall’osservazione che la
crescita del settore è, sul medio periodo, costante e comunque molto superiore a quella di altri comparti
economici. Certo non vedremo una ripresa nel 2002 e probabilmente nemmeno nel 2003, ma poi arriverà».
Che cosa potrebbe accelerare i tempi della ripresa?
«Una discontinuità tecnologica, come è stata a suo tempo internet, un fenomeno che nessuno aveva
previsto. Ma al momento non c’è nulla di simile all’orizzonte».
Che cosa può fare il governo per accelerare la ripresa in Italia?
«Il governo, attraverso il Ministero per l’Innovazione, guidato da Lucio Stanca, sta cercando di usare
la domanda della pubblica amministrazione di servizi innovativi come elemento trainante del mercato.
I fondi accantonati grazie alle aste Umts vengono messi a disposizione degli enti locali. E il primo
bando di gara si è già svolto alla fine di maggio. Stanca ha messo a disposizione 240 milioni di euro
per servizi innovativi alle imprese e ai cittadini. Per l’Italia è una novità».
Quali servizi si possono definire innovativi?
«Telelavoro, pagamenti on line, eliminazione dei certificati, connessione agli uffici dalla pubblica
amministrazione, telesorveglianza, telemedicina... gli esempi sono molti».
giugno 2002
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non privatizziamo le idee!
Franco Carlini
www.totem.to
Qual è il sogno dei fisici e degli scienziati? Una TOE (“Theory of everything”) una “teoria del tutto”. In
altre parole un sistema concettuale, meglio ancora se racchiuso in poche formule matematiche che
spieghi ogni cosa del mondo fisico e se possibile anche della vita. Il fisico matematico americano
Stephen Wolfram è convinto di averla trovata e il suo libro, comparso sugli scaffali in questi giorni,
dopo 10 anni di silenzio accademico, la spiega. Si intitola “A new kind of science”, un nuovo tipo di
scienza, ed è stato pubblicato dalla società di software che lo stesso Wolfram ha fondato e che lo ha
reso miliardario.
Che Wolfram sia un nuovo Einstein è discutibile, anche se la sua reputazione accademica è alta, ma
certamente deve essere un genio di Pubbliche Relazioni: prima ancora di arrivare sugli scaffali ha
ricevuto ampi servizi sul maggior settimanale economico, Business Week, sulla prestigiosa rivista
scientifica Nature e sul mensile Wired, in questo caso per la firma di Steve Levy, uno dei più accreditati cultori (e cantori) dell’alta tecnologia.
Wolfram è un fisico, che negli anni ’80 si buttò sul terreno allora assai in voga degli “automi cellulari”.
Questi sono dei modelli matematici in cui ogni sistema è costituito da una moltitudine di celle, ognuna
delle quale interagisce con le altre, ma solo localmente (con quelle a lei vicina), sulla base di poche
regole. Malgrado la semplicità concettuale di tali sistemi, essi mostrano comportamenti fantastici e
soprattutto imprevedibili perché, ripetendo i cicli di interazione più e più volte, emergono delle strutture spaziali e dei comportamenti complessi.
Come si può intuire si tratta di un ramo di quella disciplina che va sotto il nome, fin troppo generico,
di teorie del caos e della complessità. I fisici da tempo usano tali algoritmi, per cercare di spiegare
alcuni fenomeni globali (per esempio il comportamento di un solido) sulla base delle interazioni locali
dei loro componenti (per esempio le singole molecole di un reticolo cristallino).
Fin qui nulla di nuovo e un intero Dipartimento universitario, quello dell’università di Santa Fé, nel
New Mexico, si è da tempo specializzato in tali ricerche. Wolfram invece ha scelto la strada della
solitudine e si dice sicuro che alcune delle regole e sistemi da lui trovati abbiano un carattere universale e cioè che siano in grado di spiegare una moltitudine di fenomeni. Con il suo libro, provocatoriamente, invita gli altri scienziati a seguirlo.
Andrà ricordato che nel passato altri sistemi matematici come la Teoria della Catastrofi e i Frattali
sono improvvisamente esplosi come mode concettuali e sono provvisoriamente apparsi come strumenti multiuso, applicabili a ogni campo: dall’economia alla fisica, dalla selezione naturale alla biologia. Ma la loro potenza di è rivelata quasi sempre più descrittiva che predittiva, ovvero un modo di
raccontare e formalizzare fenomeni noti, più che di prevederne gli andamenti.
C’entra qualcosa tutto ciò con le tecnologie dell’informazione e della comunicazioni? Più di quanto si
immagini. Intanto perché negli anni scorsi Wolfram divenne famoso per avere litigato assai violentemente con i collegi matematici. La disputa verteva attorno al fatto che certe scoperte (chiamiamole
giugno 2002
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così) egli le riteneva esclusivamente sue e dunque portò in tribunale un collega più giovane che aveva
osato pubblicare qualcosa in proposito. Così facendo Wolfram anticipava quella che solo oggi sta
diventando una moda, una fissazione, e un deteriore costume: considerare le idee, persino quelle
scientifiche e matematiche, qualcosa di privatizzabile, anziché un bene comune. Nei prossimi mesi e
anni i conflitti attorno ai cosiddetti “diritti di proprietà intellettuale” incendieranno i mercati e contrapporranno autori, intermediari e pubblico. Nella versione particolarmente spinta e aggressiva di Wolfram,
persino gli algoritmi sono passibili di copyright e brevetto.
Ma le idee di Wolfram vanno segnalate se non altro perché corrispondono a una tendenza culturale
e anche tecnologica assai diffusa (in questo egli non ha scoperto nulla, ma semmai ha formalizzato
quanto è già ad ampia circolazione). L’idea è che per ottenere dei comportamenti globali interessanti,
sia meglio basarsi su una moltitudine di attori, agenti, processori, soggetti, ognuno dei quali sia per
sua natura abbastanza semplice, ma le cui interazioni generano un effetto superiore e ricco. Basta
guardarsi attorno (e anche un po’ addietro nel tempo) per rendersene conto: dal maninframe al mini
e poi ai personal computer – un processo di decentramento dell’intelligenza. Ma poi una nuova
chiamata a raccolta di quanto era stato decentrato, sia pure in forma nuova, di network. Tale processo è contemporaneamente tecnologico e sociale. Per realizzarlo in maniera sensata dal punto di vista
tecnico è stato necessario avere a disposizione sia hardware che regole (protocolli) tali che la complessità delle interazioni non divenisse un peso eccessivo per tutto il sistema. Perché sia positivo dal
punto di vista delle relazioni tra umani occorre che ci sia in contesto (in questo caso culturale) tale da
favorire gli scambi e da premiarli.
giugno 2002
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controluce
Franco Morganti
Il 21 maggio durante una Conversazione di Beltel ho sentito esprimersi un tecnologo, un esperto di
regolamentazione, un finanziere, opinionisti che spesso si manifestano anche su questa newsletter:
Maurizio Dècina, Raffaele Giarda, Elserino Piol.
In un certo senso concordavano tutti in un’interpretazione ottimistica della realtà attuale. Il tecnologo
perché funziona ancora la legge di Moore: non saranno forse i 18 mesi di raddoppio delle prestazioni
di quarant’anni fa, ma saranno 24 o 30 mesi. Comunque raddoppiano e questo dà un’enorme spinta
alla produttività. Sarà: ma intanto l’economia europea ristagna e quella italiana in particolare e in
quarant’anni di durata della legge di Moore, di crisi ne abbiamo viste parecchie, nessuna delle quali
determinata da un break-through tecnologico.
Veniamo alla regolamentazione: l’Unione europea si è pronunciata, ha approvato le nuove direttive e
le ha estese a tutte le comunicazioni elettroniche. In prima istanza mi pare di vedere più una minaccia che un’opportunità: una regolamentazione abbastanza pignola che ha fatto esperienza nelle
telecomunicazioni, estende la nozione di operatore dominante che può addirittura essere dominantecongiunto, anche all’audiovisuale, con tutto il suo fardello di obblighi di orientamento al costo, di
separazione contabile, ecc. Non mi pare ci sia da essere ottimisti.
Infine la finanza: sgonfiata la bolla, i banchieri sono tornati a giudicare le imprese in base al loro
passato, anziché al loro futuro. Quindi tornano di moda i fondamentali. Francamente nella new
economy non vedo ancora un utile netto che sia uno. Si cominciano a vedere degli Ebitda, che
potremmo anche chiamare gli utili del futuro. Ma il futuro non è più di moda per i banchieri, i quali
aspettano semplicemente che le imprese che hanno investito troppo in licenze o in acquisizioni comincino a vedere il ritorno di questi investimenti. Campa cavallo.
giugno 2002
Beltel
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primopiano
la rivoluzione del “Pervasive and Ubiquitous Computing”
Maurizio Decina
Direttore Scientifico Cefriel, Politecnico di Milano
Gli esperti di tutto il mondo [Europa inclusa, questa volta(*): si veda il VI Programma Quadro di
Ricerca della Comunità Europea] sono convinti di essere di fronte ad una nuova tumultuosa onda di
innovazioni tecnologiche che prende il nome di Pervasive and Ubiquitous Computing [calcolo pervasivo
e ubiquo]. Si profila quindi l’avvento della cosiddetta “rivoluzione dell’ubiquità”.
Si tratta della prepotente diffusione delle cosiddette “information appliance” (utensili informatici),
microcalcolatori abilitati a Internet inseriti in tutti gli oggetti di uso quotidiano: veicoli, elettrodomestici, semafori e cartelloni stradali, ecc., e scambieranno informazioni attraverso la Rete. I calcolatori
abilitati a Internet diventeranno così piccoli ed economici da poter essere “immersi” [Embedded
Computing] ovunque, ad esempio nelle confezioni dei prodotti stessi per consentire il controllo automatico della produzione, della spedizione e dell’immagazzinamento. Le Internet appliance saranno
“immerse” anche nei tessuti dei vestiti [Wearable Computing], ad esempio, con compiti di sensori
dello stato di salute fisica delle persone che li indossano e di trasmissione di dati verso i centri di
controllo e in generale nell’ambiente che ci circonda [Ambient Intelligence].
Ci saranno molte più “macchine” che usano la Rete che esseri umani: nel 2010 sono previsti 3
miliardi di utenti Internet e centinaia di miliardi di Internet appliance.
Alla base di questa previsione c’è la cosiddetta “Legge di Moore” (formulata originariamente da
Gordon E. Moore, fondatore di Intel, nel 1965), che prevedeva il raddoppio della capacità di calcolo e
di memoria dei circuiti integrati ogni 18 mesi. La generalizzazione di questa legge oggi prevede il
raddoppio dei più importanti parametri della tecnologia dell’informazione (velocità, memoria, banda,
ecc.) ogni 2-3 anni.
Figura 1 - Sviluppo del calcolo automatico secondo la Legge di Moore: le prestazioni dei circuiti integrati
(Integrated circuits, IC) raddoppiano ogni 2/3 anni fino al 2025: quali tecnologie sfonderanno il Moore’s
Wall? (Fonte: Friedemann Mattern, 2001).
* L’Europa ha largamente sottovalutato a suo tempo l’importanza di Internet, lasciando agli Stati Uniti
l’egemonia delle tecnologie della Rete: basta ricordare che il Rapporto Bangemann del 1995 citava
Internet soltanto in una nota a piè di pagina.
( )
giugno 2002
Beltel
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La Figura 1 mostra il cosiddetto Moore’s Wall che si presenterà tra il 2010 e il 2025, come possibile limite
di crescita secondo l’omonima legge. La figura elenca una serie di tecnologie emergenti che permetteranno la continuazione della crescita esponenziale e lo “sfondamento” del muro!
La Figura 2 presenta forse la più straordinaria proiezione di sviluppo tecnologico mai formulata. E’
tratta dal libro di Ray Kurzweil, “The Age of Spiritual Machines” del 1999, e traccia il progresso del
cacolo automatico dal 1900 al 2100!
Kurzweil non ha dubbi sullo sfondamento del muro di Moore e anzi prevede la continuazione sostenuta dello sviluppo esponenziale per tutto il XXI secolo.
10 45
Calculations per Second
10 40
10 35
10 30
All Human Brains
10 25
10 20
One Human Brain
10 15
One Mouse Brain
10 10
One Insect Brain
10 5
10 0
10 -5
10 -10
1900 1920 1940 1960 1980
2000 2020 2040 2060 2080 2100
Time
Source: R. Kurzweil, 1999
Figura 2 – Capacità di calcolo delle macchine (elettromeccaniche, elettroniche, fotoniche, molecolari,
quantiche, biologiche, ...) espressa in numero di “calcoli al secondo”: dal 1900 al 2100 (fonte: Ray
Kurzweil, “The Age of Spiritual Machines”, 1999).
E’ molto ragionevole avere dei seri dubbi che la proiezione di Kurzweil sia corretta (in particolare,
come dominare la complessità di gestione di macchine così potenti?); tuttavia, non c’è alcun dubbio
che la legge generalizzata di Moore sia valida in questa decade. Nei prossimi anni, comunque, sono
le tecnologie del software [distributed computing and networking, intelligent and cognitive agents,
ecc..] che abiliteranno l’impetuosa diffusione delle Internet appliance.
Legge di Moore
giugno 2002
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primopiano
fine di un ciclo e rischio di un ritorno al passato
Sandro Frova
Università L. Bocconi, Milano
Nel corso degli ultimi mesi i commenti di operatori, analisti, osservatori esterni si sono focalizzati
principalmente sulle questioni della “bolla”, degli investimenti e delle previsioni relative allo sviluppo
delle tlc. Tale visione mi sembra parzialmente riduttiva: in realtà una delle letture che si possono dare
della situazione attuale è che ci troviamo in un vero e proprio punto di svolta, con rilevanti mutamenti
per quanto attiene alle principali forze che hanno spinto le tlc nel corso degli ultimi 7-8 anni.
Se tralasciamo per un attimo gli aspetti più direttamente legati alle problematiche di finanza aziendale
e dei mercati finanziari, possiamo dire che i pilastri che hanno retto lo sviluppo delle tlc nel periodo
vanno probabilmente cambiando:
• la liberalizzazione si è - pur con qualche intoppo - realizzata;
• le privatizzazioni degli ex incumbent pubblici si sono svolte in numerosi, anche se non in tutti,
paesi europei;
• la regolamentazione del settore si è affermata in tutta Europa, nel senso che in tutti i paesi
europei le Nras sono uscite dal periodo di “rodaggio”;
• si sono affermati alcuni modelli tecnologici: nel mobile ciò è evidentissimo con il Gsm; nel fisso si
va verso una coesistenza dell’uso “avanzato” del doppino da un lato, delle fibre dall’altro;
• la “sbornia” della concorrenza aperta a tutti i nuovi entranti è quasi passata: siamo ora nella fase
della conta dei morti e dei feriti, assolutamente prevedibile;
• la concorrenza si è comunque sviluppata, solamente con la non irrilevante considerazione che si
tratta di una concorrenza fra pochi, pochissimi operatori;
• i clienti hanno decretato il successo di iniziative “semplici” e friendly (si vedano gli Sms), mentre
hanno affossato quelle complicate e costose.
Rispetto a questo quadro, i fattori di cambiamento sono significativi:
• le nuove tecnologie lasciano non poche incertezze: sia nelle tlc mobili sia in quelle fisse sembra
essersi avverato una sorta di corto circuito informativo fra industria e operatori, come dimostrato
drammaticamente dallo spostamento in avanti dei progetti Umts; si noti che tali incertezze sono
spesso legate al fronte della domanda;
• stiamo entrando in una fase di incertezza regolatoria: si pensi alla framework directive, spesso
commentata su queste pagine, o al ritorno diffuso in alcuni ambienti politici e di business dell’idea
di un piano nazionale per la banda larga;
• i mercati finanziari, dopo le scottature del 2000/2001, guardano con grande prudenza a qualsiasi
iniziativa; è fuori di dubbio che gli analisti finanziari sempre più dovranno saper valutare la credibilità effettiva dei progetti e delle persone;
• le stesse strategie aziendali sono oggi meno chiaramente delineate: quali modelli di business per
quale domanda?
• infine, ma non certo meno importante, mi pare che fra i consumatori serpeggi un certo scetticismo sulle novità del futuro: in altri termini, killer application cercasi.
Ecco allora che, nella turbolenza del cambiamento, si vanno delineando numerosi rischi (che è normalissimo), fra cui mi preme sottolinearne un paio non strettamente attinenti alla gestione caratteristica delle imprese:
1) poiché si tratterà, almeno per i servizi più diffusi e nel medio termine, di un business “di pochi”,
non è escluso che si torni a rapporti troppo stretti fra business e governo dell’economia, al limite
con forme di cattura;
2) oppure, che la politica decida di tenere i fili di un business che invece - per definizione - deve
essere libero di muoversi senza condizionamenti: vedo nella evoluzione delle vicende della banda
larga qualche sintomo in tal senso (e forse anche nel senso di cui al punto 1).
Insomma, il rischio di un ritorno al passato c’è: sarebbe un peccato, per le imprese, per i consumatori, per lo stesso concetto di mercato.
giugno 2002
Beltel
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attualità
da New York
Sandro Malavasi
Rischio insolvenza: per Precursor si salvano in 5 su 29
Insolvenza. Una delle parole chiave dell’anno nel settore delle telecomunicazioni americane. Gli analisti del Precursor Group di Washington ritengono che 24 delle 29 società quotate in borsa e attive nel
settore delle tlc rischiano la bancarotta o l’amministrazione controllata nei prossimi trimestri. Secondo questo scenario si salvano solo, nell’ordine di preferenza, Alltel, SBC Communication, Bellsouth,
Cisco e Verizon sulla base di una formula accettata e definita di Altman dal nome del suo inventore.
Nella zona a rischio di insolvenza, cioè di società ad alto rischio di bancarotta e “non in grado di
creare abbastanza valore da tirarsi fuori dalla spirale del debito” ci sono nomi illustri come JDS,
Nortel, Nextel, Corning, WorldCom, Qwest, Ciena, Sprint, Lucent, AT&T Wireless e persino la stessa
AT&T. Secondo Scott Cleland di Precursor nell’area dell’insolvenza le società non sono più in controllo
del proprio destino, quindi non possono allontanarsi facilmente da situazioni pericolose o impegnarsi
su nuove opportunità. Al tempo stesso le necessità finanziarie impongono spesso di cedere asset e
attività “col risultato di mangiarsi oggi i semi di granoturco per il prossimo anno”, cioè il potenziale di
crescita futuro. Infine le società in questa situazione non hanno il tempo dalla loro parte perché i
clienti migliori possono andarsene, e così anche i migliori dipendenti. L’impegno principale è tutto
nella sopravvivenza, e la gente non fa il proprio lavoro o non sostiene iniziative di crescita.
Sui network telefonici Fcc e Corte Suprema sono d’accordo
Verizon ha perso la causa, arrivata fino alla corte suprema americana, nella quale contestava alla Fcc
il diritto di imporre di aprire a prezzi contenuti il proprio network a case rivali. La vicenda chiude solo
in parte sei anni di discussioni a vari livelli della vita politica americana e in vari tribunali, perché ha
confermato il diritto della Fcc di scrivere le regole del settore, quindi della competizione nel mercato
da 110 miliardi di dollari della telefonia locale. Questo permetterà a gruppi come Mci lo sbarco sui
mercati locali a prezzi contenuti e la conferma di un programma di espansione in 32 stati con offerta
di servizi di telefonia locale. Verizon e le altre società del settore avevano sostenuto che i prezzi
imposti dalla Fcc e la possibilità di gruppi concorrenti di ottenere le linee a prezzi contenuti non
creano stimoli per costruire i propri network. La decisione, presa con 7 voti favorevoli e uno contrario, annulla la precedente decisione di una corte d’appello.
Cyclone, il cellulare usa e getta, ottiene l’approvazione della Fcc
La Fcc ha approvato il primo cellulare usa e getta per gli Usa.:Cyclone della New Horizons di Orlando
in Florida. Il telefono può ricevere ed effettuare chiamate ed è anche ricaricabile per uso prolungato.
Secondo la società che lo lancerà sul mercato nei mesi prossimi a un prezzo inferiori ai 40 dollari, il
cellulare è costruito con solo un terzo delle parti che compongono un normale cellulare ed è quindi
meno costoso. Addirittura un modello allo studio potrebbe essere riciclabile, e comunque la New
Horizons vuole evitare danni ambientali promettendo 5 dollari a chi rispedirà il telefono utilizzato alla
società che lo commercializza. L’apparecchio, che dovrebbe venir lanciato anche in Canada, verrà
prodotto in Estonia e Messico.
Verizon offre la tariffa unica per l’uso di computer e cellulari e palmari
Il primo gruppo Usa sul fronte del cellulare ha deciso di lanciare una serie di nuove tariffe mensili
(compresa una per l’uso illimitato a 99 dollari al mese) per chi controlla la posta elettronica e naviga
giugno 2002
Beltel
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sul web col cellulare, i palmari o da un laptop che usa trasmissione cellulare. Inizialmente la tariffa
viene offerta in 29 città americane e viene affiancata da un nuovo prezzo al minuto per trasmissioni
di dati e voce. La società aveva lanciato in gennaio un programma simile, Express Network, che però
era considerato eccessivamente caro perché imponeva un canone fisso di 30 dollari al mese a cui si
aggiungevano i minuti di uso al prezzo di una telefonata normale. Ora, invece, per anticipare il lancio di
un servizio simile da parte della rivale Sprint Pcs nei prossimi mesi, Verizon ha lanciato la sua iniziativa.
Il telefono nella quasi totalità della case americane
Secondo la Fcc nel 95% delle case americane c’è una linea telefonica, con un aumento dello 0,8%
rispetto all’anno precedente, anche se nelle famiglie a basso reddito (5000 dollari all’anno) la
penetrazione è solo del 79,1% mentre in quelle ad alto reddito sale al 98,9%. A livello statale si va dal
98,8% del New Hampshire al 90,9% dell’Arkansas. La sorpresa sta semmai nel fatto che la percentuale delle case che hanno solo un telefono cellulare e non una linea fissa è dell’1% nonostante tutte
le analisi sulla convenienza delle tariffe cellulari rispetto a quelle tradizionali.
Investimenti nelle tlc? Portogallo e Corea battono tutti
Secondo dati presentati da Merrill Lynch la spesa nelle telecomunicazioni come percentuale del prodotto interno lordo è molto cresciuta negli ultimi dieci anni passando da una media di 1,2% del Pil
mondiale nel ’91 a 3,4% lo scorso anno. Fra i paesi presi in esame il Portogallo è attualmente primo,
con investimenti pari al 5,2% del suo Pil, seguito dalla Corea con il 4,8% del Pil. Nel ’91 la classifica
era guidata invece dall’Autralia con investimenti pari al 2,9%, seguita da Hong Kong e Singapore
entrambe a 2,7% del Pil. L’Italia è passata da 1,6% a 3,3% in poco più di 10 anni, mentre gli Usa sono
passati da 2,3% a 2,8%.
Un no alle royalties sulla musica online dalla biblioteca del Congresso
James Billington, responsabile della libreria del Congresso a Washington, è soprattutto responsabile
dell’ufficio sul copyright e si oppone al progetto di far pagare alle radio che trasmettono su internet
una royalty per ogni canzone trasmessa. Billington motiverà la sua decisione il mese prossimo con un
documento, dopo che una lunga azione di arbitrato aveva proposto che le radio attive solo su internet
pagassero 14 centesimi per canzone per ascoltatore. La proposta prevedeva che le radio tradizionali
presenti anche su internet paghino metà della cifra, mentre le radio non commerciali possano pagare
cifre ancora inferiori. La proposta aveva generato polemiche, ma il no dell’ufficio sui brevetti del
Congresso rende assai improbabile il suo successo.
Christopher e Mary Newman contro Motorola per il rischio di tumori con i cellulari
Il giudice Catherine Blake della corte federale del Maryland sta discutendo il caso più avanzato di
denuncia sugli effetti dei telefoni cellulari sui tumori cerebrali. Nelle prossime settimane il giudice
dovrebbe decidere se ammettere o meno la testimonianza di esperti suggeriti dai Newman. Secondo
l’analista di Merrill Lynch Linda Mutschler una decisione a favore dell’accusa darebbe al caso una
rilevanza nazionale, la prima sul tema, mentre in caso contrario i Newman avrebbero assai meno
possibilità di vittoria in tribunale. Al momento non esistono studi pubblicati che provino un legame
diretto fra l’uso dei cellulari e i tumori al cervello, come avviene invece nel caso delle denunce sul
tabacco da parte di fumatori, e uno studio pubblicato questo mese da diversi scienziati finlandesi
sulla rivista Epidemiology prova il contrario. Uno degli esperti che dovrebbe testimoniare per i Newman,
Lennard Hardell, pubblicherà invece una ricerca in materia nel numero di giugno dello European
Journal of Cancer Prevention.
Proroga per nove stazioni televisive sul fronte dell’alta definizione
Alla fine avranno ottenuto tre anni più delle altre stazioni. Per ora nove stazioni televisive di
grandi città americane hanno ottenuto una proroga di sei mesi prima di passare alla trasmis-
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Beltel
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sione di trasmissioni in digitale durante l’intera programmazione e non solo in alcuni orari.
La proroga è stata concessa perché le stazioni hanno dimostrato l’esistenza di problemi
tecnici indipendenti dalla loro volontà. La Fcc, che ha concesso la proroga, è invece pronta a
multare quelle stazioni fra le 1300 soggette all’obbligo che non è passata nei tempi previsti
al digitale e non ha scuse accettabili per il suo ritardo. Per ora sono state concesse 580
proroghe fino al prossimo 1 novembre e 300 casi sono ancora sotto esame. Il passaggio
definitivo alle trasmissioni televisive digitali resta fissato per il 2006.
Per i cellulari degli spacciatori Nextel si accorda con la polizia di Baltimora
Come catturare gli spacciatori di droga? Ascoltandone le conversazioni telefoniche, ovviamente. Salvo che Nextel ha più volte bloccato le comunicazioni degli spacciatori che facevano uso di cellulari
rubati e questo ha insospettito gli interessati. La polizia locale, frustrata per le azioni di Nextel, ha
chiesto l’intervento di un magistrato e studiato la possibilità di fare pagare al gruppo una penale fino
a quando non sarà raggiunto un accordo con la società telefonica. Il problema non è limitato a
Baltimora, anche a New York la polizia locale ha dovuto chiedere alle società del settore di non
bloccare le comunicazioni a presunti spacciatori in modo da poter permettere le intercettazioni e
quindi l’arresto degli stessi. Il problema è che tutta la fatturazione è ormai automatizzata, il servizio
viene sospeso ad ogni numero che risulta rubato o in forte arretrato con i pagamenti. Serve quindi un
intervento manuale per un problema che richiede la massima discrezione: gli interessati non devono
sapere che i loro telefoni sono controllati, ma all’interno della compagnia telefonica qualcuno deve
autorizzare il servizio anche in questo caso. La soluzione? I grossi gruppi Usa del cellulare hanno
creato dei piccoli gruppi interni che si occupano solo della gestione dei numeri controllati dall’autorità
giudiziaria. In caso d’arresto…fra le denunce ci sarà anche quella per gli arretrati col cellulare.
Calendario legislativo
Rudy Baca di Precurson Group ha preparato un calendario delle prossime scadenze sul fronte della
normativa e delle regulation nel settore delle tlc americane. Fra i punti salienti l’attesa fra la fine di
questo e il prossimo trimestre di un verdetto sulla norma che impone la manutenzione delle linee a
sistema analogico, e che dovrebbe venire annullata a vantaggio delle società che operano sul cellulare
e sono perennemente alla ricerca di nuove frequenze. Baca dà un 75% di probabilità che la norma
venga cancellata, mentre un 70% di probabilità è assegnato al possibile proseguimento delle udienze
per la denuncia di due utenti del cellulare nei confronti di Motorola.
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primopiano
l’utile e il dilettevole
*
conversazione con Rocco Sabelli**
a cura di Gianfranco Valleriani
Il mercato italiano della multimedialità deve essere sostenuto da nuovi comportamenti di consumo e da
un’offerta mirata e accessibile.
Medialità vecchie e nuove
Multimedialità è una parola che racchiude ansie, investimenti, progetti innovativi ideati e gestiti negli
ultimi anni. Cosa c’è dietro questa parola?
«Definizioni a parte, è opportuno fare riferimento direttamente al modello comportamentale delle
persone e alle necessità di comunicare in maniera più completa, a una o più vie, fruendo o scambiando informazioni e immagini in qualsiasi momento e in qualunque luogo.
Negli anni Novanta ci sono state due innovazioni significative: la mobilità personale e Internet; entrambe hanno aperto prospettive di multimedialità formidabili, ancora oggi poco o non completamente espresse. La medialità, non più solo quella tradizionale (stampa e televisione), ma quella telematica e digitale, tecnologicamente più avanzata, ha invece vissuto una veloce evoluzione dal punto di
vista tecnologico, ma non altrettanto sotto il profilo dei comportamenti.
La telefonia mobile ha infatti richiesto un cambiamento più limitato nelle abitudini del consumatore. è
bastato eliminare il limite alla comunicazione tradizionale, quello della stanzialità, per cogliere rapidamente una naturale propensione a nuove abitudini.
Internet presenta invece alcune barriere che, almeno per il momento, ne frenano le potenzialità
d’uso. Oltre a quelle ben note (scarsa propensione all’informatica, lingua etc...) anche il particolare
sistema televisivo italiano ha sempre rappresentato un ostacolo nell’affermarsi di modalità alternative di fruire contenuti telematici».
Un eccesso di offerta televisiva che blocca nuove domande?
«In un certo senso si. In paesi come USA e UK, importanti bisogni di medialità – soprattutto di
informazione e entartainment – vengono soddisfatti da operatori televisivi a pagamento. La televisione generalista, in queste nazioni, ha un’offerta di base mediamente povera e i bisogni di comunicazione vengono integrati con offerte a pagamento sulla base di servizi a pacchetto, a volte personalizzati
o personalizzabili con sistemi on demand.
Il sistema televisivo italiano, perno della medialità almeno quanto quello stampato, ha invece un’offerta straordinariamente elevata, a costi tutto sommato accessibili, con una natura “sociale” tipica
del mercato italiano, basato su politiche storicamente orientate a fornire servizi a bassa costi,
talvolta anche con logiche di mutualità e sussidio. Ovviamente, sul ritardo della crescita di modelli
alternativi hanno influito anche altri elementi, come la legislazione, l’inerzia verso le nuove tecnologie, la frustrazione conseguente ad importanti tentativi falliti (v. il piano Socrate di dieci anni fa) o che
hanno difficoltà ad affermarsi (le pay tv, il progetto di integrazione Seat- Tmc, etc...). Così, mentre in
altri paesi Internet e la multimedialità digitale hanno potuto capitalizzare una certa propensione del
consumatore verso i contenuti a pagamento, in Italia tutto questo non è ancora accaduto».
* Questa intervista è pubblicata sul n. 2 giugno agosto di FMM Filmaker’s Magazine.
** Rocco Sabelli, manager del mondo delle telecomunicazioni, ha lavorato in Tim e Telecom Italia, dopo
esperienze all’interno del Gruppo Eni.
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Killer application per larga banda e Umts
Anche per la larga banda e per le nuove tecnologie mobili il mercato sarà difficile?
«La banda larga sta già saggiando questo tipo di difficoltà; mentre per l’Umts è ancora legittimo
nutrire la speranza che, nell’arco di uno o due anni necessari per mettere a punto la tecnologia, il
mercato evolva, sotto la spinta degli operatori sempre più focalizzati ad affermare nuovi modelli di
consumo piuttosto che le sole tecnologie. Per l’Umts c’è poi una sorta di speranza deterministica:
infatti considerato l’incredibile volume di risorse già investite per le licenze e quelle necessarie per le
reti, la pressione convergente di tutti i soggetti (operatori, costruttori, venditori, media, enti regolatori,
governi, etc...) tesi ad avere un ritorno di tali investimenti potrebbe determinare una rottura delle barriere.
La strada appare obbligata. Attorno a queste partite si gioca la capacità di evoluzione dei mercati e
business ormai maturi e l’affermazione di un modo diverso di consumare contenuti di ogni tipo».
Il comportamento degli individui
Come si attiva una nuova domanda di consumo?
«Nella mia gerarchia logica, fra gli elementi problematici c’è il progressivo mutamento dei comportamenti degli individui e delle famiglie, da una parte, e delle imprese, intese come comunità professionali e di servizio, dall’altra.
L’individuo deve avere a disposizione i mezzi sia per utilizzare il tempo libero sia per soddisfare i
propri bisogni di “funzionamento”, cioè quella burocrazia personale, spesso pesante, che ruota attorno alla gestione di casa, ufficio, automobile, figli, scuola, etc. E sotto questo profilo, il ritardo nell’adozione di diversi comportamenti per la fruizione di contenuti di entertainment e di e-government, su
mezzi alternativi o su più mezzi contemporaneamente, non è prioritariamente da addebitare alla
carenza di offerta. L’esplosione di Internet ha infatti portato, con grandi sacrifici e con perdite per
molti, ad una spaventosa e quasi soffocante disponibilità di contenuti, rispetto ai quali il consumatore
richiede casomai semplicità, “pacchettizzazione”, “castomizzazione”, palinsesti. Ed è su questo fronte
che devono agire gli operatori di banda larga nella logica di dare informazione e servizi video al
momento giusto, quando il consumatore vuole e può utilizzarli. Non c’è dubbio che vi siano problemi
da affrontare, sia sul fronte delle tecnologie abilitanti che sulla struttura dell’offerta, mirando a due
elementi chiave, quasi banali: il tempo libero e la disponibilità a pagare, elementi che difficilmente
coesistono nello stesso target. Le categorie più evolute, sia culturalmente che come capacità di
reddito, soffrono della carenza di tempo; chi ha invece il tempo libero spesso non è disposto a
destinare parte del proprio bilancio familiare a un bisogno che gli appare ancora non impellente.
Bisogna riuscire a rompere questo diaframma.
Ecco perché sarà vincente la capacità di creare profili di consumo personalizzati, definiti, per cluster.
Poiché nessuno ha in tasca, e forse neppure esiste, la killer application, per penetrare il mercato bisogna
quindi “clusterizzare”, definendo target di mercato chiaramente differenziati. Solo successivamente si potrà
puntare ad ampliare le dimensioni di tali target e conseguire le economie di scala indispensabili a compensare gli iniziali sforzi di investimento tecnologico e di costi commerciali per l’acquisizione dei clienti».
La tecnologia in chiave di servizio
La tecnologia che ruolo gioca in tutto questo?
«La tecnologia naturalmente è importante, ma senza pensare alle esasperazioni sui livelli di performance. Conterà infatti di più mettere a punto processi di provisioning e di caring efficienti ed economici.
In una situazione in cui si cerca di anticipare un cambiamento di stile e di comportamento del cliente
- soggetto precario dal punto di vista della volontà di evolvere - bisogna togliere dal campo qualsiasi
ostacolo. Non devono esserci problemi di provisioning, d’integrazione delle “reti domestiche”, di funzionamento, di continuità, di assistenza. Se gestire una casella e-mail è ancora un’attività complessa,
è difficile immaginare un’evoluzione verso funzioni più evolute. La disillusione nella fase perinatale è
drammatica e può ritardare di anni lo sviluppo di nuovi consumi».
I comportamenti delle comunità professionali
Anche sul versante delle aziende sono necessari nuovi comportamenti…
«Il mondo professionale e dei servizio riguarda essenzialmente due categorie: la pubblica amministrazione e le imprese.
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Considero la pubblica amministrazione il motore più potente in assoluto. Lo Stato ha fatto trasparire
una grande voglia di costruire un paese moderno attorno alla P.A. Ci sono stati e si prospettano
progetti, iniziative, attività legislative che hanno confermato e che vanno confermando questa volontà, e la loro attuazione sarà fondamentale. Non solo perché quando si muove la P.A. tutte le aree di
attività del paese vengono coinvolte one shoot, ma soprattutto perché è decisiva per sviluppare i
nuovi comportamenti dei cittadini che abbiamo sopra descritto. Prima di utilizzare le nuove tecnologie
per l’intrattenimento, per esempio per far sentire indispensabile a tutti i cittadini l’utilizzo del computer, è necessaria la remotizzazione dei servizi di prima necessità per le famiglie, così come i primi
esempi dimostrano: pagare il bollo auto, le tasse, effettuare movimenti postali, ricevere e inviare
certificati, consultare le cartelle cliniche, etc. È un ruolo quindi decisivo quello che la macchina statale
deve assolvere, non solo attraverso le vie tradizionali (sgravi fiscali, incentivazione finanziaria, etc...)
ma soprattutto innovando se stessa, i propri processi, i propri obiettivi.
Quello delle imprese è, invece, un mondo più frammentato e articolato. Alcune migliaia di imprese,
quelle più grandi che costituiscono una parte sostanziale del Pil italiano, rappresentano un ambito
maturo e sofisticato, con una grande voglia di competitività, che hanno una consuetudine di utilizzo
dei sistemi di comunicazione, sebbene di forma più tradizionale. Molti hanno già concretamente
adottato la medialità digitale come propria leva gestionale. Altre 40-50 mila imprese medie si sono
solo affacciate sul mondo della e-trasformation, mentre il resto, costituito da circa 400-500 mila
imprese medio, medio-piccole e individuali, che pure rappresentano parte importante del nostro
sistema industriale ed economico, è generalmente ancora fuori dai nuovi processi.
I bisogni emergenti di maggiore rilievo sono quelli connessi a ristrutturazioni interne e al conseguente rinnovo del sistema informatico aziendale. Internet, gli Application Service Provider, i Service
Provider, gli operatori di telecomunicazione integrata, i Data Center si stanno proponendo per sollevare le aziende dai problemi di investimenti su hardware, software, risorse professionali e di gestione. Con la remotizzazione, infatti, l’azienda è affrancata dal focalizzare le proprie risorse su un
bisogno strumentale non core. Attraverso lo share delle infrastrutture si condivide con altri, in un’economia di scala, sia l’investimento fisso su applicativi e macchine, sia i costi di trasmissione, innescando meccanismi di pay per use evitando canoni e costi fissi.
Da questo bisogno primario è poi più agevole e probabile evolvere verso Extranet, ossia reti aperte ai propri
fornitori (e-procurement), alle reti di vendita, verso gli altri interlocutori abituali (agenti, clienti importanti,
fornitori, partners) permettendo a tutte le comunità che si trovano attorno alle imprese di essere online.
Naturalmente, per la completa affermazione di tali modelli è necessario che gli operatori di ICT
mettano a punto processi efficaci di system integration, ma è soprattutto necessario disporre di
manager che abbiano voglia di disfarsi di sistemi legacy, e spesso anche di uomini e culture contrarie
al cambiamento».
Profittabilità dei new business
Ma questi modelli di business che profittabilità avranno?
«Nel mercato individuale i primi soldi credo arriveranno dall’accesso. Il break-through di questo
mercato è convincere gli italiani che, invece di una spina telefonica, se si utilizza un leg più evoluto si
avranno servizi migliori. Ma per questo bisogna essere disposti a pagare un costo, un contributo di
accesso evoluto quale segnale della volontà a far entrare nelle proprie case un modello nuovo di servizio.
Credo sia altresì importante che le imprese operanti nella comunicazione e nei media siano consapevoli di margini economici inferiori a quelli tradizionali che sfiorano il 50% dei ricavi, almeno fino a
quando, come già detto, la dimensione del mercato non sarà tale da poter conseguire le necessarie
economie di scala.
Sarà pertanto importante, almeno nella fasi iniziali, capitalizzare al meglio le reti già esistenti,
sfruttando la marginalità degli investimenti fatti, con soluzioni che forniscano un primo stadio di
accesso e sistemi di trasmissione capaci di sostenere un’offerta multimediale sempre più evoluta,
a prezzi e costi contenuti».
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nuove imprese italiane dell’ict: quale modello di successo?
Massimo Colombo e Alice Zonza
Ciret-Politecnico di Milano
E’ opinione ormai diffusa tra economisti, managers e policy makers che, nei settori connessi alle
tecnologie dell’informazione e comunicazione, un elevato tasso di natalità imprenditoriale costituisca
un elemento fondamentale per la competitività del sistema industriale e innovativo di un paese avanzato. Innanzitutto le nuove imprese sono un veicolo efficiente per l’industrializzazione di tecnologie
innovative, il che assicura un elevato tasso di introduzione di nuovi prodotti e nuovi servizi sul mercato. Inoltre la minaccia competitiva dei nuovi entranti stimola i comportamenti innovativi delle grandi
imprese incumbents. Tale ragionamento vale a maggior ragione per l’Italia. Da un lato, infatti, il
nostro paese sconta un grave ritardo nell’Ict. Dall’altro le nuove imprese hanno dato prova in passato
di grande dinamismo, seppur in genere in settori a media e bassa tecnologia.
Tuttavia, il rallentamento dell’economia mondiale, e italiana in particolare, a partire dal secondo
semestre 2001 ha creato condizioni difficili per le nuove imprese dell’Ict. Una quota significativa delle
imprese nate alla fine degli anni 90 a seguito del boom di Internet è stata costretta a gettare la
spugna (cfr. Beltel, aprile 2002). Ma quale è oggi la capacità competitiva delle giovani imprese italiane dell’Ict? Il I° rapporto RITA in corso di pubblicazione presso il Ciret-Politecnico di Milano fornisce
una prima risposta a tale interrogativo.
Innanzitutto, per quanto concerne l’andamento congiunturale, il quadro fornito dal rapporto evidenzia
considerevoli differenze settoriali nei tassi di crescita del fatturato tra il 2000 e il 2001. In particolare, nei
settori Internet-based, se le imprese di E-commerce sopravvissute allo shake out mostrano comunque
gravi sofferenze, con un decremento medio del fatturato del 7%, lo stesso non può dirsi degli Isp e delle
aziende di servizi Internet, per i quali si registrano aumenti medi pari rispettivamente al 18 e 44%.
Il rapporto RITA fornisce inoltre interessanti indicazioni circa i fattori di successo delle nuove imprese
dell’Ict. Tre sono gli ingredienti fondamentali che contraddistinguono le giovani imprese ad alta crescita – le “gazzelle”. In primo luogo, nei primi anni di vita le competenze distintive di tali imprese
coincidono essenzialmente con le conoscenze, il know how e la professionalità dei fondatori. Di
conseguenza, le gazzelle tendono a essere fondate da individui con un elevato capitale umano, in
termini di background accademico ed esperienze professionali. In particolare, l’abbinamento di un
percorso formativo tecnico-scientifico di alto profilo con una significativa esperienza professionale in
funzioni tecniche (R&S, progettazione, engineering) maturata in aziende operanti in comparti affini a
quello in cui opera la nuova impresa ne aumenta significativamente le probabilità di successo. In
secondo luogo, le giovani imprese soffrono di considerevoli vincoli connessi alle imperfezioni dei
mercati finanziari. Infatti, molte imprese nascono attraverso l’esclusivo ricorso al capitale personale
dei soci fondatori. In tali condizioni, la capacità di ottenere un finanziamento di private equity da un
venture capitalist, da un altro intermediario finanziario o da una società industriale contribuisce in
maniera sostanziale a sostenere una rapida crescita del business. Un discorso in parte simile vale per
il finanziamento pubblico. In terzo luogo, le nuove imprese, mentre fanno leva su vantaggi competitivi
tecnologici, spesso non dispongono delle necessarie risorse complementari in ambito commerciale
(brand, canali di vendita, customer care). Anche in questo caso, la capacità di ottenere accesso a tali
risorse attraverso alleanze commerciali con altre aziende è un importante fattore di successo.
Tali osservazioni sono sintetizzate nella seguente figura che riporta i risultati di una simulazione
effettuata utilizzando i dati forniti dal database RITA. Essa fa riferimento alle imprese Internet-based.
Viene considerata un’azienda fondata da individui al primo impiego (benchmark: basso capitale umano). La dimensione media stimata al quinto anno di vita di tale azienda è di 6,8 addetti. Nella figura,
tale dimensione viene comparata con quella, largamente superiore:
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a) di un’azienda fondata da individui con elevato capitale umano (13,8 addetti),
b) di un’azienda con basso capitale umano, ma che ha ottenuto un finanziamento di private equity
(10 addetti), ha beneficiato di un finanziamento pubblico (8,2) o ha realizzato una o più alleanze
commerciali con altre imprese (8,1).
Le nuove imprese italiane dell’ICT: le caratteristiche delle “gazzelle”
(numero medio stimato di addetti al quinto anno di vita per un’azienda Internet)
acc comm=1
8,1
8,2
fin pubb=1
10
pe=1
13,8
6,8
alto CU
basso CU
(benchmark)
0
5
10
15
Legenda
Benchmark: azienda Internet fondata da individui al primo impiego (basso capitale umano, CU).
Alto CU: azienda Internet fondata da individui con elevato capitale umano (in termini di formazione e
esperienze professionali)
PE=1: azienda Internet con basso capitale umano, che ha ottenuto un finanziamento di private equity.
FIN PUBB=1: azienda Internet con basso capitale umano, che ha ottenuto un finanziamento pubblico.
ACC COMM=1: azienda Internet con basso capitale umano, che ha realizzato un’alleanza commerciale con un’altra impresa.
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i contenuti non creano il mercato
Giorgio Meletti
Il collasso finanziario del calcio, da più parti annunciato come esito inevitabile delle follie gestionali
degli ultimi anni, è destinato a diventare un caso di studio. Abituati come siamo a prendere in prestito
dal pallone il fiorito linguaggio che descrive le partite del capitalismo (a cominciare dal gioco d’attacco o di difesa che volta a volta viene scelto dai top manager), adesso dovremo imparare a citare
anche i fatti, gli esempi storici che ci vengono dalle società per azioni che gestiscono lo spettacolo, e
dal loro indotto. Basti, per cominciare, sottolineare come il calcio sia diventato, negli anni delle grandi
illusioni, il “contenuto” per eccellenza.
Mettiamo in fila alcuni dati sommari. In generale le grandi società di calcio italiane hanno raddoppiato
il loro fatturato nel giro di due anni. Gli incassi al botteghino non sono cresciuti, anzi, tendono al calo.
I soldi sono venuti dalle pay-tv. Un fiume di denaro che però non basta. Secondo la Lega Calcio,
nell’ultimo campionato c’erano in seria A oltre duecento calciatori pagati oltre un milione di euro lordi
all’anno, cioè più dell’amministratore delegato dell’Enel, tanto per fare un esempio. Ma il problema
non è di giustizia retributiva. E’ che alle società di serie A il fatturato è appena sufficiente per pagare
gli stipendi a calciatori e tecnici e l’ammortamento dei loro contratti, che sono parte significativa del
patrimonio aziendale. Anche in serie B, complessivamente, il costo del lavoro è superiore al fatturato.
Questo profondo rosso viene provvisoriamente occultato attraverso l’ormai noto meccanismo delle
plusvalenze da calcio-mercato: due società si scambiano l’attaccante Tizio e il difensore Caio alla pari,
ma stabiliscono che valgono dieci milioni di euro ciascuno. Se Tizio era stato comprato per due milioni
di euro ecco servita una plusvalenza di otto milioni di euro da scrivere nell’attivo del conto economico.
L’impazzimento dei prezzi dei calciatori è solo apparente, in realtà soldi veri ne circolano pochissimo,
ma quello che conta è il moto perpetuo della generazione di plusvalenze che coprono i buchi dei bilanci.
Che cosa c’entra tutto questo con le sorti della società dell’informazione? C’entra moltissimo. Perché
è proprio a causa del legame con il business dell’intrattenimento digitale che le società calcistiche si
sono infilate in un tunnel senza uscita. Trattandosi di un settore miliardario, l’aria di crisi è drammatica
ma propone anche esiti francamente comici. L’amministratore delegato della Juventus, Antonio Giraudo,
che adesso deve rendere conto anche alla Borsa, parla del necessario taglio del costo del lavoro con lo
stesso tono accigliato di un capo del personale di Mirafiori. Tanto che arriva a protestare per l’incidenza
del fisco che pesa sulle squadre italiane “per un 15 per cento in più rispetto alla media europea”.
Se si trattasse solo di descrivere le peripezie industrial-finanziarie di una banda di idioti, questa non
sarebbe la sede. Il punto è invece capire come si sono cacciati in questo guaio. Tutto è cominciato
con la pay-tv. Al grido “vince chi ha i contenuti” si è stabilito che in Italia il contenuto vincente è il
calcio; che l’italiano avrebbe pagato qualsiasi cifra per vedere le partite; che offrendo un pacchetto
ricco di pallone gli abbonamenti sarebbero esplosi; e che quindi era strategico acquistare i diritti.
Strategico, quindi a qualsiasi prezzo. Le pay-tv hanno strapagato i contratti pluriennali andando
consapevolmente in rosso come investimento di decollo, puntando sulla marea di abbonamenti che in
pochi anni avrebbe ripagato l’azzardo. Le società di calcio nel frattempo hanno pensato che era solo
l’inizio, e ubriacandosi con il modello Manchester (il mitico merchandising…) hanno addirittura
“cartolarizzato” i contratti televisivi pluriennali per incassare subito i liquidi.
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Dunque, che cosa non ha funzionato, in Italia come in Gran Bretagna (fallimento Itv) o in Germania
(bancarotta Kirch)? Innanzitutto è evidente una sopravvalutazione della fame di contenuti, quali che
siano, da parte di un mercato erroneamente immaginato in rapida e progressiva espansione. Tanto
più nel caso della televisione, risulta arduo immaginare che all’allargamento notevole dell’offerta,
attraverso i mille canali satellitari, corrisponda automaticamente un incremento del tempo di esposizione catodica nella vita di ciascun individuo. E’ vero che una offerta più ricca e articolata può modificare il profilo di consumo televisivo. Ma qui entrano i problemi di posizionamento e prezzo. Il boom
dei telefonini dovrebbe insegnare: un servizio partito con prezzi molto alti, e destinato a una fascia
alta, inizialmente esclusiva, del mercato, si è progressivamente diffuso grazie a un significativo, e
graduale, ridimensionamento delle tariffe e del costo dei terminali. La pay-tv è partita proponendosi
subito al mercato di massa, e scontando un’ampia diffusione nei suoi piani di business: ma quante
famiglie possono serenamente spendere 40-50 euro al mese per incrementare il proprio consumo di
televisione, cioè di una merce tradizionalmente percepita come gratuita? Poche, in Italia come nel
resto d’Europa. E infatti i dati confermano: tra il 1996 e il 2001 in Europa gli abbonati alle televisioni
a pagamento sono cresciuti del 10 per cento circa, con un aumento degli introiti delle piattaforme del
17 per cento. Le attese erano evidentemente superiori. In compenso prospera la pirateria. Grosso
modo in Italia si stima che ci siano tante tessere “gratuite” quante a pagamento sommando gli
abbonati di Stream e Telepiù. Il problema non è solo italiano, come dimostra la recente controversia
giudiziaria internazionale tra Canal Plus e Murdoch. Ma numerosi precedenti (software, musica etc.)
dimostrano che la pirateria è, in una certa misura, il risultato automatico di un errore di pricing.
Insomma, la pay-tv non vale tanto quanto si pensava. Per un motivo molto semplice: una grande
quantità di contenuti, non meglio specificati, non creano automaticamente il loro mercato. In altre
parole non esiste una domanda latente di contenuti tout court. Esiste forse una domanda latente di
contenuti nuovi nel linguaggio e nella forma di fruizione. Quelli che però non esistono ancora. Quelli
su cui nessuno ha mai investito dopo che i cervelloni dei mass media hanno deciso che alla gente
interessa solo il sesso e il pallone. Complimenti per la trasmissione.
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analisi
copyright, innovazione e diritti degli utenti
Bernardo Parrella
[email protected]
E’ guerra dichiarata tra Hollywood e Silicon Valley. Per cosa? Per stabilire le modalità più efficaci a
tutela della proprietà intellettuale nell’universo dei byte. La prima, l’industria, sostiene che l’hightech tende a promuovere la pirateria, che ogni innovazione tecnologica deve tutelare e non infrangere
le protezioni sul copyright. La seconda, più semplicemente, ribatte che si tratta di pura follia e che
nessuno può dettare unilateralmente regole e funzioni per i dispositivi digitali del futuro. Questo
almeno il quadro a tinte fosche che viene dipinto da media ed esperti dell’attuale scenario statunitense.
Basta girovagare sul web, oppure sfogliare qualche rivista per convincersene. Tra queste spicca il
numero di maggio di Business 2.0, con una cover-story centrata sulle posizioni di Andy Grove, boss di
Intel. Primo piano di quest’ultimo, coronato da una domanda per lo più retorica: “Quest’uomo è forse
un pirata? E tu?” All’interno, i dirigenti high-tech difendono il diritto all’innovazione, con posizioni
riassumibili in una citazione dello stesso Grove: “La storia dimostra che nessuno è mai riuscito a
bloccare la tecnologia. Il passaggio verso i media digitali avverrà con o senza il sostegno di Hollywood.”
Sul fronte opposto, non mancano le repliche altrettanto secche, a partire da quelle di Michael Eisner,
Ceo di Disney e capo riconosciuto della cordata dell’intrattenimento che include nomi quali Viacom,
Vivendi e News Corp. E’ lui a sottolineare le “pericolose ironie dell’epoca digitale” nonché
“l’incommensurabile minaccia della pirateria digitale.” Analoga la presentazione di un recente articolo
apparso su Fortune (anche online): “Spetta forse all’industria informatica tutelare Hollywood dai furti
digitali? Già sguainate le pistole.” Il lungo pezzo illustra in dettaglio i termini della contrapposizione,
non mancando di citare, tra gli altri, ancora Eisner: “Non c’è nulla di minaccioso, nocivo o negativo
nella tecnologia di per sé; qui si tratta semplicemente di comportamenti consentiti o meno, di giusto
e sbagliato, e non riesco a comprendere l’enorme ondata retorica che la questione va sollevando da
parte della cosiddetta area tecnologica. Qualcosa che avrebbe suscitato l’interesse di Shakespeare.”
Ben oltre i toni folcloristici, lo scontro è serrato. Per alcuni versi, però, non si tratta altro che di una
storia già vista in passato. Non è certo la prima volta che si tenta di criminalizzare le nuove tecnologie,
accusandole apertamente di favorire e istigare le violazioni sul copyright. Per restare in tempi recenti,
nei primi anni 80 toccò ai videoregistratori, i cui produttori subirono diverse denuncie legali. Alla fine
la Corte Suprema decretò che la “registrazione di video e programmi tv livello casalingo costituisce
uso legittimo dell’apparecchio,” pur ovviamente riconoscendone le potenzialità per impieghi illegali.
Situazione ancora più classica, le fotocopie dei libri per utilizzi personali o limitati. Tutte innovazioni
che, inizialmente percepite come spauracchio per la proprietà intellettuale e come minaccia ai guadagni
degli addetti ai lavori, man mano hanno invece riempito alla grande i forzieri delle stesse aziende
apparentemente minacciate. Basti ricordare che oggi le vendite di vhs e dvd aggiungono un terzo
degli introiti complessivi dell’industria cinematografica. La quale ancora una volta rimane impietrita
anziché darsi da fare per saltare rapidamente sul treno di Internet e dell’high-tech che la supporta.
Nel senso che, suggeriscono parecchie fonti, anche nel digitale non mancherebbero le opportunità
per avviare iniziative lucrative e rispettose del copyright, sulla scia delle videocassette di cui sopra. E
per quanto concerne la pirateria, oggi sono le etichette discografiche, e non Hollywood, a subire gli
attacchi più pesanti. Quasi 4,5 miliardi di dollari persi, circa un terzo delle entrate totali (13,7 miliardi).
Per i film si parla di appena tre miliardi, mentre i guadagni legali toccano i 70 miliardi. Nel campo del
software siamo a poco più di 12 miliardi di perdite contro ben 165 miliardi di introiti. Certo, non
mancano le preoccupazioni, come testimonia la diffusione di aree chat dedicate al download di film
appena usciti. Accade per titoli di ogni tipo e fattura, a partire da quelli più popolari quali “The Lord of
the Rings” e il fresco “Star Wars 2”. Secondo l’agenzia di ricerche Viant ogni giorno il numero dei
pellicole prelevate illegalmente su Internet raggiungerebbe, a livello nel mondiale, la ragguardevole
cifra di 350.000 unità. Neppure va sottovalutato l’arrivo sul mercato di sofisticati video-recorder
digitali. Quello lanciato da SonicBlue, ad esempio, consente di saltare automaticamente gli spot
giugno 2002
Beltel
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pubblicitari quando si registra un film in tv e d’inviarne copia come attachment alla e-mail ad un
massimo di 15 utenti per volta. Entrambe opzioni che puzzano di bruciato, almeno secondo i dirigenti
di Hollywood, i quali parlano esplicitamente di “furti digitali”. Avendo già avviato le vie legali contro
SonicBlue, con processo previsto in agosto, mentre l’apparecchio rimane però regolarmente in
commercio. Nel complesso però non è così vero che trattasi di una contrapposizione relativa solo a
due conglomerati industriali. Perché, nel caso qualcuno l’avesse dimenticato, al centro della questione
in realtà ci siamo noi, gli utenti. Ed è per aver accesso al nostro portafogli e manovrare le nostre
preferenze che questo po’ po’ di teatrino va svolgendosi. Ma in questo frangente convulso pochi
sembrano volersene rammentare. Un’eccezione è Dan Gillmor, rispettato giornalista del San Josè
Mercury News che nella sua rubrica web spiega: “Indovinate chi è assente da queste storie, e fin
troppo spesso, dal dibattito? Già, i consumatori. Voi ed io.” Non dimenticando di criticare la posizione
di testate quali di Fortune il cui articolo “è un tradimento per lo stesso gruppo Aol Time Warner,” cioè
i proprietari della rivista. Similare la posizione espressa sul mensile ultra-libertarian Reason da Mike
Godwin, ex-legale della Electronic Frontier Foundation di prima generazione. Il suo lucido pezzo —
anche qui una cover story dal titolo “Hollywood contro Internet” — accusa l’industria dell’entertainment
di voler smanettare (“hack”) direttamente nei nostri computer. Ciò perchè si presuppone che nel
prossimo futuro ogni utente sarà interessato unicamente a fruire di contenuti preconfezionati anche
sul web, un po’ come accade per la tv, le sale cinematografiche, i video-Dvd. Ergo, insieme a banda
larga e pc super-veloci, è obbligatorio impedire copie e distribuzioni senza royalty. Pur se il digitale è
un medium assai fluido per definizione. E quel che è peggio, senza curarsi dei gusti — forse diversi,
forse più variegati — dei consumatori. Ecco quindi che nel finale l’articolo di Reason riporta l’attenzione
sui cittadini telematici, quegli stessi che hanno dato vita alla rivoluzione di Internet, appena qualche
anno addietro, prima (e di fianco) all’abbuffata dell’e-commerce. Godwin è comunque costretto a
chiudere con una vena pessimista: “Per adesso, però, nessuno va chiedendo alla gente comune cosa
vorrebbe.” Peccato che non ci pensino, o non vogliano pensarci, neppure i parlamentari eletti dal
popolo. Non a caso le pressioni di Michael Eisner & Co. hanno portato alla stesura di un disegno di
legge a dir poco restrittivo. Ancora in via di definizione prima della effettiva presentazione in aula, il
testo del senatore democratico Ernest Hollings prevede infatti l’introduzione di protezioni standard
anti-copia in ogni tecnologia digitale — dai comuni pc alla tanto attesa digital tv. Definito Security
Systems Standard and Certification Act, il progetto normativo sposa in pieno la tesi di Hollywood: in
futuro non faremo altro che vedere film online, e si sa bene come ogni navigatore non sia altro che
un ‘pirata’, quantomeno potenziale. Ogni apparecchio dovrà perciò essere dotato di una nuova
tecnologia di controllo, chiamata “Digital Rights Management”. Per chiarezza, non è che l’high-tech
sia in disaccordo sulla necessità di imporre restrizioni preventive a tutela del copyright, solo che tali
proposte appaiono quantomeno eccessive. Lo ribadisce persino la potente Business Software Alliance,
nelle parole del portavoce Emery Simon: “Siamo fortemente contro la pirateria, ma riteniamo che
l’obbligatorietà di simili misure costituisca un’idea enormemente stupida.” Contrarie, o quantomeno
incerte in questa fase, le posizioni di altri giganti quali Aol Time Warner, Ibm, Cisco e Microsoft. Si
arriverà dunque a un compromesso? C’è chi lo giura, segnalando anche delle trattative semi-segrete
avviate da Intel per dipanare la matassa. Nel frattempo, l’industria dell’entertainment prosegue con
la linea dura: azioni legali a tutto campo, lobby pressante al Congresso e dichiarazioni inviperite
contro l’high-tech. Come mai? Semplice: la posta in gioco è enorme per entrambi settori, ed è vitale
impostare ora regole precise, prima che il genio esca dalla bottiglia. Anche se forse è troppo tardi per
fermarlo. Da una parte perchè, tipicamente, rispunta ovunque il fantasma del defunto Napster, sotto
forma di programmi per file-sharing (in primis Morpheus) non più centralizzati ma operanti direttamente
sulle macchine dei singoli utenti. In altri termini, se le 29 società che hanno denunciato StreamCast
(casa-madre di Morpheus) dovessero vincere in aula come nel caso Napster, “tutti i figli nati da
questo vivono già di vita propria,” spiega Lon Sobel, professore di legge presso la University of
California di San Diego. Morpheus non si basa su un server centrale identificabile e milioni di copie
del software sono già state prelevate dai computer di tutto il mondo. E’ forse possibile controllare e
bloccare l’utilizzo che gli utenti vorranno farne? Ha senso bollare e perseguire tutto ciò come semplice
‘pirateria’? Ecco quindi che si torna a bomba: occorre ampliare il dibattito pubblico, dare spazio e
ascoltare le posizioni dei cittadini telematici, rafforzarne i cyber-rights conquistati finora sul campo.
Prima che questi, presi tra l’incudine e il martello, finiscano per rimetterci inesorabilmente.
giugno‘ 2002
Beltel
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a n a l i s i
Wireless Lan
alcune note sul quadro normativo e il contesto competitivo
Enrico Grazzini
Consulente Kpmg
In Italia, come nella maggior parte dei Paesi europei, l’evoluzione del mercato dei servizi Wireless
Lan dipenderà soprattutto dal quadro normativo. Più in particolare, saranno le regole del gioco dettate dai governi e dalle Autorità nazionali a definire se, quando e come si svilupperà l’offerta di servizi
pubblici di Wireless Lan, mentre la possibilità di realizzare e utilizzare servizi privati è comunque
sostanzialmente garantita.
In Italia - senza qui volere neppure minimamente approfondire gli specifici aspetti giuridici e normativi
(che meriterebbero tuttavia di essere analizzati a parte) - al di là dei dubbi e delle incertezze
interpretative, attualmente, secondo il Ministero delle Comunicazioni, a causa soprattutto del dettato del DPR n.447 del 5 ottobre 2001, l’utilizzo delle frequenze 2,4Ghz per servizi di Wireless Lan
è possibile solo limitatamente all’uso privato e aziendale, mentre è preclusa l’offerta di servizi
pubblici nei cosiddetti hotspot (aeroporti, stazioni, bar, hotel, conference room, ecc). In particolare
appare proibito il trasporto di traffico di terzi sulle Wlan, e quindi, per esempio, la fornitura di
servizi per gli utenti paganti.
Del resto anche la maggior parte dei Paesi europei vincola l’utilizzo delle frequenze 2,4 Ghz, limitandosi a consentirne un uso esclusivamente privato. Al contrario la Federal Communication
Commission statunitense autorizza l’uso gratuito di queste frequenze sia per i servizi pubblici sia
per quelli aziendali, senza limitazioni che non siano di tipo tecnico (relativamente soprattutto al
problema delle possibili interferenze).
Soprattutto per questi motivi, in Europa il mercato dei servizi Wlan per il pubblico non è finora
decollato, mentre vale milioni di utenti negli Usa. L’eccezione europea è costituita dai Paesi scandinavi in cui, non a caso, gli operatori mobili, come Telia, stanno iniziando a offrire servizi Wlan nei
principali hotspot. Nei Paesi scandinavi la regolamentazione aperta ha quindi spinto i più avanzati e
innovativi gestori mobili, che sono i più minacciati dallo sviluppo del mercato dei servizi pubblici di
Wireless Lan, a sventare la potenziale minaccia competitiva (soprattutto per quanto riguarda il pregiato segmento di utenza business) fornendo in prima persona i servizi Wlan in sinergia con la loro
offerta Gprs e, in futuro, Umts. Anche gli operatori mobili Voicestream negli Usa e NTT Docomo in
Giappone hanno adottato strategie analoghe di difesa e attacco.
Le tecnologie Wireless stanno prepotentemente emergendo a livello internazionale e sono, tra l’altro,
promosse da formidabili produttori, come Cisco, IBM e Microsoft: appare perciò difficile che la normativa italiana possa vincolare a lungo il possibile sviluppo di questo mercato. Del resto a livello
ministeriale si sta già considerando l’opportunità di modificare le regole attuali.
L’eventuale ri-regolamentazione appare però molto complessa e delicata: infatti gli attori in gioco
sono diversi e sono portatori di interessi contrastanti. Gli operatori mobili, che hanno pagato circa
6.000 Mdi di vecchie lire per le frequenze Umts, non desiderano certo una nuova concorrenza da
parte di operatori che utilizzano invece delle frequenze gratuite. Gli operatori fissi potrebbero invece
puntare a entrare rapidamente nel nuovo mercato, perché l’offerta di servizi Wlan può essere fortemente sinergica con quella degli accessi a banda larga, Dsl o in fibra ottica. I cosiddetti newcomer
delle Tlc, grazie al fatto che gli investimenti sulle reti Wireless Lan non sono elevati e che le barriere
all’ingresso sono quindi molto basse, spingono per utilizzare le frequenze libere e conquistare nuovi
spazi di mercato. Il futuro contesto competitivo sarà quindi notevolmente condizionato dalle nuove
norme che il Ministero prevedibilmente deciderà.
giugno 2002
Beltel
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analisi
billing management
gestire il presente mentre si prepara il futuro
Massimo Messina
Direttore Sistemi Informativi Albacom
In questo spazio non ho ovviamente la presunzione di voler esaurire l’argomento che necessiterebbe
di ben altre dimensioni, ma piuttosto fornire alcuni spunti di riflessione sulla misurazione, l’integrazione, e le opportunità di business della fatturazione.
Una corretta valorizzazione del traffico, di un evento, o l’applicazione di uno sconto deve poter essere
legata al contratto in essere e a tutte le informazioni che lo compongono. L’eterogeneità dei sistemi
che spesso vengono coinvolti e il loro diverso livello di integrazione aziendale richiede che gli analisti
di sistema effettuino delle acrobazie architetturali per realizzare le necessarie comunicazioni. A
prescindere dallo strumento che si utilizza e dalla sua capacità di gestire in modo “convergente” gli
elementi da fatturare, se questo riceve in ingresso dei dati non affidabili in uscita produrrà delle
fatture non corrette; insomma il vecchio detto: rubbish in, rubbish out.
La situazione è complicata ulteriormente dalla necessità di gestire nuove tipologie di servizio che
producono un numero elevatissimo di dati che devono essere correlati, raccolti e valorizzati; dati che
sempre più provengono da diverse fonti ed il cui rating non è solo flat ma anche content ed usagebased. La numerosità poi dei prodotti e dei servizi associata alla flessibilità necessaria ad inseguire
un mercato sempre più assetato di custom set-up porta a dover realizzare un pericoloso mix di
soluzioni verticali specializzate, integrate a gestioni parzialmente manuali che portano alla duplicazione
delle informazioni ed aumentano il rischio di disallineamento tra le varie basi dati.
La misurazione del processo di fatturazione ed il relativo controllo assume un’importanza notevole in
tempi nei quali la competitività e la situazione di mercato erodono i margini di profitto; la perdita di
entrate a causa di chiamate non fatturate o di frodi è assolutamente inaccettabile. Le iniziative di
Revenue Assurance che di volta in volta vengono attivate dagli operatori sono molte volte delle soluzioni
mirate a sanare criticità divenute emergenze, più di essere il driver di modifiche strutturali ai Sistemi
Informativi per avere un processo di fatturazione efficace, misurabile e completamente integrato.
Storicamente la misurazione della qualità del processo di fatturazione viene realizzata analizzando
gli scarti delle fasi del processo stesso (mediation, rating, invoicing, rendering, eccetera) ma questo
sistema ha la grave carenza funzionale di essere parte del processo stesso. I passi elaborativi degli
scarti presuppongono che questi vengano prodotti dal ciclo stesso e, di conseguenza, occorre attendere il lancio delle procedure (bi-settimanali o mensili) per controllare se le anomalie riscontrate nel
ciclo precedente sono state o no risolte attraverso le operazioni di correzione. In questo modo diventa difficile tenere traccia dei miglioramenti, che vengono di volta in volta “affogati” nelle nuove situazioni che il nuovo ciclo ha generato.
Altro aspetto è la definizione dei fenomeni erratici e della loro descrizione. Troppo spesso le procedure di controllo delle anomalie ed i relativi report sono solo per addetti ai lavori e difficilmente
intelligibili ad utenti amministrativi che non siano dei veri e propri guru dell’argomento.
Enrico Valdani nel suo “L’impresa pro-attiva” dice che un pilastro di un’impresa orientata al miglioramento continuo, orientata a progettare il suo futuro mentre governa il presente, e a guardare oltre
alla tradizione, è il convincimento che tutto quello che non può essere misurato non può essere
migliorato. La misurazione deve acquistare quindi un ruolo centrale e continuo utilizzando anche
tecniche innovative per definire dei touch points che siano esterni alle procedure di fatturazione, ma
che conoscano perfettamente sia quali elementi o quali dati del Sistema Informativo aziendale sono
parte del processo di fatturazione, sia come questi elementi sono correlatati fra di loro; una sorta di
ecosistema che si registri ai cambiamenti degli elementi che lo compongono, adattandosi dinamicamente senza perdere di vista le relazioni sottese alla funzione.
In pratica nel momento stesso in cui un ordine viene generato, deve esistere una rete di controllo che
ne segua il provisioning verificando che tutti gli elementi necessari alla fatturazione dell’ordine stesso
siano presenti e corretti. Il sistema, che potremmo chiamare Business Process Ecosystem (BPE), è
applicabile anche ad altri processi BSS, dall’Order Entry al Service Delivery.
giugno 2002
Beltel
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La collocazione immediatamente sfruttabile per implementare un BPE è all’interno del Corporate
Information Factory (CIF), probabilmente attraverso la costruzione di un Data Warehouse dedicato.
Tutti i dati necessari alla fatturazione, e provenienti da tutti i Sistemi, sono così normalizzati all’interno del CIF e sono verificati su periodicità giornaliera, generando autonomamente dei ticket che
vengono aperti alle entità aziendali preposte alla correzione delle anomalie riscontrate. Le anomalie
sono inoltre presentate in report dai quali si può dedurre il grado di disallineamento tra i vari
database che concorrono al processo.
In una visione architetturale più evoluta, il BPE può essere realizzato anche attraverso l’utilizzo di
strumenti di Enterprise Application Integration agendo sulla definizione di correlazioni tra eventi e
migliorando di conseguenza le prestazioni dell’architettura stessa.
Altro fattore importante è la storicizzazione attraverso il Corporate Information Factory del fenomeno
erratico. Il continuo aggiornamento dei sistemi modifica la situazione e diventa difficile poter valutare
l’efficacia degli interventi di modifica e/o correzione delle malfunzioni. La creazione di un indice di
vecchiaia dell’errore abilita alla tracciatura dei disallineamenti e consente di controllare a distanza di
pochi giorni se i disallineamenti identificati siano o meno stati corretti. Si tratta di identificare per
ciascun dato la sua variazione temporale, ancorandola ad un valore di riferimento. In questo modo
sarà possibile verificare se un disallineamento è più giovane rispetto al passaggio in esercizio della
modifica che è preposta a fissare la malfunzione.
Comunque, al di la delle architetture legate ai singoli prodotti più o meno convergenti, all’utilizzo di
soluzioni di Electronic Bill Presentment and Payment (EBPP) o di self-management su rete aperta, il
punto fondamentale resta il livello di integrazione con gli altri Sistemi a supporto.
In questo caso, fondamentale è l’applicazione del catalogo unico dei prodotti e servizi, in quanto
risulta importante riconciliare il dettaglio delle righe di fattura con gli elementi fondamentali che
concorrono a formare l’offerta venduta. Troppe volte la granularità di quanto messo nell’ordine, di quanto
gestito dai sistemi di delivery e di quanto mostrato nelle fatture risulta diverso, creando una notevole
difficoltà nell’interpretazione della fattura e dell’uso degli stessi dati per attività di Business Intelligence.
Dal punto di vista della capacità di risposta nell’implementare nuovi prodotti e servizi che prevedano
anche il bundling di prodotti utilizzanti tecnologie diverse, è importante potersi avvalere di un catalogo unico dei prodotti e dei servizi che sia cardine sia delle componenti di order management che delle
attività di provisioning di fatturazione. Il catalogo potrà svolgere anche il ruolo di correlatore per
l’identificazione dei costi associati all’erogazione del servizio, rendendo attuabile un’analisi delle
marginalità a livelllo di contratto. I dati stessi, su quanto fatturato ed il cliente a cui si fattura, rappresentano un patrimonio molto importante per l’azienda che va assolutamente sfruttato attraverso
tecniche di data mining. L’identificazione di profili di attitudine di spesa da applicare a popolazioni più
o meno estese può insegnare molto sulla propria clientela e può suggerire azioni mirate all’abbattimento del churn o di ritenzione dei clienti su cui si hanno i migliori margini.
Per concludere, anche se il successo del fornire uno smart billing va al di là della puntualità e precisione della fattura emessa e la competenza sviluppata negli anni dalle TLC sull’argomento è ricca e
complessa, non si assiste alla valorizzazione della stessa attraverso offerte sul mercato. In realtà
proprio la capacità delle società di TLC di fatturare servizi complessi ed eventi di vario genere,
potrebbe rappresentare un’opportunità di business come biller service provider. In pratica l’abbonato
si ritroverebbe in fattura l’addebito per l’accesso a beni diversi da quelli telefonici che scaturiscono da
possibili acquisti effettuati tramite internet o call centers con un’autorizzazione all’addebito che potrebbe essere ad esempio effettuata tramite una combinazione di codice di riconoscimento alfanumerico
(o certificato digitale) e del CLI chiamante. La relazione con gestori di carte di fidelizzazione o di
credito e la partnership con istituti bancari potrebbe portare allo sviluppo di soluzioni integrate per il
cliente, aprendo scenari interessanti anche sui servizi associati di customer caring. Per gli operatori
coinvolti in attività di Wholesalers, la fatturazione conto terzi potrebbe rappresentare un’opportunità
di fidelizzazione e di soddisfazione per i propri rivenditori che potrebbero concentrarsi sul loro core
business riducendo gli investimenti in infrastrutture. I dati gestiti dall’operatore potrebbero inoltre
consentire l’erogazione di altri servizi come ad esempio di geo-marketing o di segmentazione della
clientela. Insomma, la fatturazione da male necessario si può trasformare in un momento di soddisfazione organizzativa e commerciale.
Le opinioni espresse dall’autore sono personali e possono non coincidere con quelle della società.
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Beltel
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inchiesta
unbundling anno uno
a cura di Andrea Lawendel
Il doppino in rame ha preso il volo, in almeno un migliaio di siti di co-location richiesti dai gestori
alternativi e messi a disposizione, con gli spazi debitamente attrezzati, dall’operatore incumbent. Ma
quali sono le impressioni degli operatori coinvolti (un gruppo di circa 25 società licenziatarie che
avevano presentato le richieste di installazione di loro apparati)? Il processo di erogazione del servizio da parte di Telecom funziona senza intoppi? Esistono alternative procedurali o tecnologiche di
rilievo sull’ultimo miglio? L’unbundling ha sempre senso commercialmente parlando?
Beltel ha organizzato un panel virtuale coinvolgendo Piero De Chiara (responsabile regolamentazione
Italia per Telecom Italia corporate); Achille De Tommaso (amministratore delegato di Colt-Telecom);
Francesco Di Giovanni, (direttore generale business di Edisontel); Riccardo Negro (direttore marketing
di Elitel); Luigi Pasquali (sviluppo business e regolamentazione di Atlanet).
Piero De Chiara
“Voglio essere netto e schematico. Su circa un migliaio di siti che gli operatori hanno segnalato nelle
loro richieste, tutti risultano disponibili. Potenzialmente, qualora ci richiedessero altri siti esterni a
questo gruppo di mille, basta procedere con gli studi di fattibilità e i siti possono essere concessi.
Quello che registro è un rallentamento dell’interesse nei confrotni dell’unbundling, molti progetti
hanno poi ricevuto delle disdette. Il valore del canone telefonico voce è talmente vicino a quello
dell’unbundling che i gestori non vedono evidentemente grosse opportunità commerciali. Invece, con
lo shared access le differenze di prezzo sono molto più interessanti.
I rapporti pubblicati sul sito dell’Autorità in seguito a due ispezioni non segnalano particolari ritardi o
dinieghi da parte nostra e siamo del resto assolutamente favorevoli a un ulteriore alleggerimento
dell’attuale eccesso di regolamentazione. Il vero problema è che servizi come l’aDsl wholesale o la
carrier preselection in questo momento “intossicano” il mercato. L’unbundling soffre per un eccesso
di regolamentazione che lo penalizza rispetto ai servizi che può sostituire. Del resto l’aDsl wholesale
è figlio di un periodo in cui l’unbundling non c’era”.
A che cosa dovrebbe corrispondere l’auspicato alleggerimento?
«Una data definitiva fissata per l’abolizione del wholesale. Ricordo però che anche prima di quella
data una alternativa come lo shared access costa qualcosa come 4 euro al mese agli alternativi. Oggi
è evidente che i “servizi vestiti” piacciano di più. Per essere realmente alternativi rispetto a Telecom
servono investimenti e oggi, in queste condizioni, è indubbiamente più difficile, anche se di fronte a
un business plan che regge il problema dei capitali è minore. Il servizio vestito offre comunque ritorni
più rapidi. Il problema è che con il reselling non si costruisce una economia e una redditività reale, i
margini sono troppo ristretti.»
A proposito di shared access. In che cosa consiste?
«Con l’unbundling l’operatore alternativo compra le frequenze basse della voce e tutto il resto. Con lo
shared access si comprano solo le frequenze alte e queste sono particolarmente economiche. Si
vede benessimo che c’è comunque una grande autonomia rispetto al reselling, è tutto un altro mondo. Ma lo shared access è molto nuovo, sta finendo solo ora la sua fase sperimentale. E infatti fino a
un mese fa costava il doppio. Occorre inoltre una certa fantasia imprenditoriale. Le frequenze per la
larga banda ci sono e sono praticamente gratuite, ma bisogna comunque installare apparati propri.
Vedremo chi avrà più coraggio. Direi che la portata di questo nuovo fenomeno non è inferiore alla
liberalizzazione dell’etere decretata anni fa dalla Corte Costituzionale. Con lo shared access il nuovo
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Beltel
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entrante non spende né più né meno di Telecom Italia e come Telecom deve convincere il suo cliente
ad acquistare larga banda. Occorre spiegare a chi investe che non ci sarà per sempre il servizio
intermedio “vestito”, come l’Adsl wholesale.»
Quando dovrebbe essere abolita questa formula?
«L’importante è fissare da subito una data di scadenza per il wholesale o per il Cps. Non è importante
la data in sé. Se però la decidessimo oggi troveremmo imprenditori disposti a investire. Il regime
attuale, che ho definito intossicante, dipende dall’Autorità ma anche dal regolatore. Un altro fattore
che influisce la problematica dell’unbundling per la fonia sono le future decisioni relative al price cap:
se il valore del canone rientrerà solo nel price cap generale, se cioè Telecom Italia potrà sul canone
fare margini analogamente a quanto sta facendo sulle interurbane, forse ci potrà essere chi farà
politiche di sconto sulla fonia. Personalmente però vedo un grande futuro per l’unbundling nella
banda larga, per la fonia è molto meno promettente, a meno di non innalzare i price cap. Altri grossi
disincentivi all’unbundling non ne vedo. Su alternative tecnologiche come il Wll o le W-Lan restiamo
su terreni più neutrali. Ma non mi sembrano allettanti come lo shared access.»
•••
Achille De Tommaso
“La situazione non si è certo stabilizzata. Casi come quelli di Teleglobe o Kpn sono negativi e anche
per molti operatori nazionali l’alternativa alla chiusura è spesso la fusione. Probabilmente non abbiamo ancora visto tutto. Il clima contribuisce ben poco a dare fiducia al mercato. E’ una cosa gravissima
perché per definizione gli investimenti infrastrutturali sono di lungo termine e si basano sui capitali
ottenuti dal mercato.
Dal mio punto di vista l’unbundlind soffre di un problema che non è risolvibile: il doppino rimane nelle
mani di Telecom Italia, diventata ormai una sorta di monopolio naturale. La cosa mi disturba perché
significa rimettere tutto nelle mani di Telecom. Io garantisco ai miei clienti livelli di Sla di quattro ore
di ripristino ma Telecom non potrà mai garantirmi la stessa cosa. Abbiamo fatto tanto per costruire
la liberalizzazione e ora rischiamo di tornare indietro. Non dimentichiamo poi che una cosa è
l’unbundling, un’altra l’offerta di Adsl. Di che cosa vogliamo parlare in realtà?
Un’altra piccola provocazione: la larga banda. Molti pensano che larga banda significhi Internet. Ma
allora parliamo di accesso a Internet. Noi per esempio diamo servizi che con Internet non hanno
niente a che fare, diamo connessioni punto-punto, interconnessioni di Lan aziendali.
Con la fibra ottica quello che è stato fatto è stato fatto e per due o tre anni non si potrà fare più
niente. La fibra è indicata particolarmente per la grande clientela metropolitana e città come Milano,
Roma o Torino sono abbastanza, dico solo abbastanza, ben servite. Ma le altre? Che succede a
Bologna, a Firenze, a Napoli? Vuole un parere? Secondo me la fibra a quelle città non verrà data mai.
Ormai siamo solo noi ed e.Biscom e le municipalizzate non esistono più. Ma io preferisco concentrarmi su Milano, Roma e Torino.
Mi chiedo: siamo consci di questa realtà? Siamo d’accordo? Se qualcuno non è d’accordo si faccia
avanti e mi dica chi è disposto a fare quel lavoro. C’è anche chi dice che la fibra ottica non è la sola
soluzione, che ci sono l’aDsl, il satellite… Ma l’Adsl è di nuovo in mano a Telecom Italia. Anche se le
affitto il doppino e lo collego ai miei apparati, il doppino rimane suo. Tutto questo crea un problema
di delivery e di qualità, mi costringe ad abbassare i livelli di Sla, devo degradare la qualità del nuovo
servizio per colpa di Telecom che non mi garantisce qualità sufficiente.
E poi, anche soffermandosi sul mercato aDsl, le linee continuano a essere troppo costose. Leggo
alcune stime che parlano di 400mila linee Dsl in Italia, contro 8 milioni di linee in Corea. I costi sono
elevati, 50 euro al mese non sono pochi per chi magari fa fatica a comperare il pc. Tant’è vero che su
25 operatori che hanno fatto richiesta, solo 5 utilizzano realmente le centrali della co-location, un po’
perché c’è chi ha chiuso bottega, un po’ perché il costo è troppo elevato. Anche l’Auorità dovrebbe
svegliarsi un poco. Ha sicuramente seguito i dettami della Ue per fa nascere la liberalizzazione, ma poi,
una volta nata, bisognerà pur mantenerla in vita. Per far questo non basta copiare le regole altrui. Qui
la maggior parte degli operatori soffre e sa perché? Perché c’è un assurdo nella tariffazione fissomobile: io operatore devo pagare 20 centesimi ma il mercato me ne ha dati solo 10. L’Autorità non ha
mosso un dito per questo. Un gestore come Infostrada può andare avanti, ma solo perché ha Wind.
giugno 2002
Beltel
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Noi non vogliamo fare i reseller, vogliamo costruire infrastruttura. Poi però i comuni non ci danno i
diritti di passaggio per i nostri scavi. Abbiamo i soldi per realizzare la rete ma non ci danno i permessi
nei tempi giusti o ci sono discriminazioni come quelle che favoriscono Fastweb nei nostri confronti.
No, gli auspici per la liberalizzazione del mercato non sono buoni. Ormai siamo al ri-monopolio o alla
creazione di un oligopolio.
Colt si serve dell’unbudnling ma per offrire qualcosa di molto diverso. Con l’Shdsl eroghiamo un
megabit per Internet e un altro megabit per 16 linee voce, ma non certo al mercato residenziale. E’
una soluzione complementare, in attesa della fibra o per completare la rete dei clienti là dove questa
rete, in fibra, semplicemente non c’è o il traffico è particolarmente ridotto. Ma vorrei proprio vedere i
business plan degli altri. Sul residenziale ci si scontra con un mare di problemi, come la fatturazione o
l’installazione. I problemi sul mercato residenziale non sono certo di natura tecnica. E perché l’installazione è così problematica? Perché i costi definiti per gestirla sono sottodimensionati rispetto ai margini.
Colt è su un mercato diverso dalla banda per l’aDsl, i nostri servizi sono tipicamente su fibra e
utilizzano Dsl solo come panacea. Ma tutto questo entusiasmo su aDsl non lo vedo, bisogna capire se
lo sforzo viene davvero ricompensato. Troppo pessimista? No, di natura sono anzi un ottimista. Ma
sono anche realista e godo di una visuale internazionale. L’Italia è come il resto d’Europa, tutto
questo boom a favore dell’aDsl non sembra esserci. Forse a lungo andare avremo e utilizzeremo
davvero tutte queste tecnologie. Un tempo si pensava che la biro avrebbe sostituito la matita, prima
ancora che l’auto avrebbe rimpiazzato la bicicletta. E invece tutte queste cose convivono benissimo.
L’unica cosa è che non dobbiamo pensare che la bicicletta corra come l’auto”.
•••
Francesco Di Giovanni
“Ci abbiamo creduto fin dall’inizio. Tanto che siamo usciti già alla fine di novembre scorso con la nostra
offerta integrata voce e dati, “Unica”. Internet fino a 2 megabit e fonia. Altri puntano a fare una cosa o
l’altra, ma per noi non si può prescindere dal bundle fonia/dati. E in quattro mesi abbiamo sottoscritto
2mila clienti. Dal punto di vista del mercato la visione è estremamente positiva. Qualcuno (ma parliamo
solo di aziende) aspettava veramente l’unbundling. Il mercato risponde positivamente agli alternativi.
Ci siamo obiettivamente scontrati con la macchina burocratica di Telecom Italia, più pesante di quanto pensassimo. Non siamo dei puritani ma il processo di delivery non è affatto semplice. Ora le cose
sembrano andare meglio, ma in questi cinque mesi a volte ci hanno fatto soffrire. Doppino e number
portability ci fanno un po’ penare. Insomma il mercato è pronto ad accogliere le offerte alternative
ma i tempi per arrivare al cliente sono ancora lunghi.
Ci stiamo indirizzando verso il full unbundling, non sul servizio parziale.Oggi del resto Edisontel è
l’unica che può portare questa testimonianza. Molti non hanno ancora toccato con mano questi
problemi. Ma non per questo ci sentiamo assolutamente “raffreddati” nel nostro impegno sul full
unbundling, anzi continuiamo a richiedere stadi di linea all’operatore dominante e siamo in grado di
coprire un bel numero di capoluoghi.
In fasce molto alte sperimentiamo anche le W-lan, mentre sul Wireless in the local loop come tema
più generale siamo fuori, non abbiamo chiesto licenze perché i costi non giustificano gli economics.
Diverso il caso del WiFi dove c’è un mercato indirizzabile”.
E il problema della marginalità nell’unbundling?
«Tutto dipende da cosa ci si mette sopra, la nostra offerta non si basa certo sulla sola fonia ma sui
servizi che rafforzano la marginalità. Ci batteremo comunque perché Telecom ci dia più respiro,
anche se il vero trucco dell’unbundling è moltiplicare i servizi. Ed è quello che stiamo facendo.»
•••
Riccardo Negro
“Come Elitel viviamo l’unbundling in una logica diversa. Partiremo nella seconda metà di giugno con una
offerta di servizi basati sull’unbundling. Tendiamo però a separare gli aspetti dell’infrastruttura dai servizi.
Elitel si occupa di servizi e si affiderà per questo a partnership con wholesaler come Netchemya. E’ un
mercato su cui comunque si gioca una partita importante considerando che è un mercato primario mentre
in precedenza era secondario (basato sulla rivendita della voce) o primario ma solo in termini di sostituzione.
giugno 2002
Beltel
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mercato .............................................
Oggi la voce viaggia insieme ai dati e chi cattura il cliente lo fa in termini molto più aggressivi. La
battaglia sui prezzi è notevole e questo non è certo positivo per noi operatori. Il cliente deve essere
“convinto” sulla larga banda, c’è bisogno di fare cultura, investire in pubblicità e comunicazione. Ma
non si potrà più ripetere il modello di marketing della voce, un cliente perso è perso per sempre”.
Non crede che sul doppino liberalizzato potranno pesare effetti psicologici analoghi alla number
portability che può pesare sulla facilità di tornare a questo o quel gestore?
“Il problema è che con servizi come l’aDsl c’è comunque qualche difficoltà. E’ un fenomeno nuovo e
presenta senz’altro più complessità rispetto alla voce. Mai e poi mai sarà assimilabile alla number
portability del mobile, dove il cliente rimane del tutto indenne dalla sottostante difficoltà tecnica. Con
il cavo si rischiano tempi di attesa critici. Insomma i due mercati non sono confrontabili. Un altro
problema è che oggi stiamo bruciando troppo valore per inseguire il cliente, con gestori che operano
su livelli di marginalità che non sono sostenibili nel tempo.
Lo shared access ha una sua logica, ma bisogna fare attenzione perché l’infrastruttura ci vuole, non
è come con la Carrier preselection. Potrebbe servire a gestire meglio il cliente in una fase iniziale del
mercato, vendendogli solo i dati. Ma il dramma è che c’è sempre una seconda bolletta. Il full unbundling
è diverso e non mi stupisco se Telecom Italia enfatizza lo shared access, che peraltro ha i suoi
modelli interessanti. Come gestore alternativo tendiamo a sostituirci completamente a Telecom Italia
nel rapporti di billing con il cliente. Lo shared access si concentra sull’offerta dati e consente un
approccio più graduale e modulare e può facilitare la scelta di rinunciare al vecchio carrier.
E’ ancora prematuro cercare di indovinare come reagirà il cliente. L’unbundling parte solo adesso lo
shared access è ancora più sperimentale. Io credo in entrambe le formule, interessanti ma con
modelli differenti. Sui servizi wholesale e di reselling ritengo che spesso si tende a sminuire ingiustamente il ruolo dei reseller, visti come operatori di serie B o C. E’ vero che il reseller non ha infrastrutture, ma il concetto è sbagliato perché si tratta semplicemente di operatori concentrati sugli aspetti
commerciali e sul marketing, che azzerano gli investimenti in apparati. Per esempio, non diremmo
mai che Esselunga è un operatore di serie B, eppure a suo modo è un reseller. Spero che continui a
permanere la distinzione tra realtà concentrate sui servizi, i full reseller, e le società di infrastruttura.
Non è un peccato mortale.
Certo, se venisse meno la logica dell’azzeramento propria del reselling si avrebbe una forte riduzione
del numero di operatori, ma non vedo perché si dovrebbe. I reseller contribuiscono molto riempiendo
i tubi degli infrastrutturali. E’ un aspetto tipico dei mercati dei servizi, se non ci fossero più le terze
parti che ci chiedono in affitto parte delle nostre infrastrutture sarebbe un guaio. Tele2 è un reseller
quasi completamente privo di rete, anche se non è completamente switchless, cioè privo di apparati
di commutazione. Ma è un eccellente operatore. Quando entrerà nel mobile farà male a tutti”.
•••
Luigi Pasquali
Quali sono i vostri commenti sulla tempistica delle procedure di concessione degli spazi?
“Rispetto al calendario fissato nel 2001 su obiettivi regolamentari c’è indubbiamente un certo slittamento.
E ci sono diverse concause. Telecom Italia ha ritardato le sue consegne, ma questo è solo un aspetto
del problema. Oltre mille siti in co-location sono un numero molto elevato. C’è un leggero slittamento
temporale nello sviluppo dell’unbundling come pratica diffusa per l’accesso al cliente finale. Il 2002
sarà un anno pilota, ancora lontano dalla messa a regime.
Non per questo mi sembra diminuito l’interesse degli operatori nuovi entranti. Ci sono state difficoltà,
anche di carattere finanziario - l’unbundling rappresenta un notevole impegno di capitale. Uno dei
fattori in gioco è sicuramente una situazione congiunturale non favorevole. Ma l’interesse strategico
resta vivo. Atlanet per esempio ha scelto questa strada come strategia più breve rispetto ad altre
soluzioni per la larga banda, come il Wll o la fibra. Era la strada che meglio si prestava in termini di
tempistica, verso una offerta integrata voce e dati, in particolare per il segmento di mercato della
clientela affari. Lo scorso anno abbiamo individuato un elevato numero di centrali di co-location,
almeno 300. Oggi il deployment è pienamente avviato e ha già coperto un terzo del progetto, con
città come Roma, Milano e Torino già coperte e Napoli, Bologna e Modena ormai avviate. Rispetto ai
tempi inizialmente previsti siamo un poco più lenti ma di fatto siamo già presenti sul mercato.
giugno 2002
Beltel
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Il portafoglio prodotti è interessante per la capacità di integrazione tra fonia e dati su Dsl. Il nostro
prodotto di punta è rivolto alla piccola e media impresa e comprende 4 o 8 linee voce su un unico
doppino con un canale dati a larga banda. Consente di limitare la spesa complessiva con una qualità
superiore. La tipica azienda con 4 linee telefoniche entranti oggi può utilizzare un unico doppino in
rame e mantenere la numerazione grazie alla number portability e usufruire di un canale Adsl. Il
principio è proprio quello di focalizzarsi sulle Pmi e sul Soho nel segmento affari. Ci sono però,
sempre grazie al Dsl e all’unbundling, servizi rivolte a fasce di clienti più elevate.
In linea di principio la filosofia dell’unbundling non esclude un pubblico ancora più ampio. Con lo
shared access, l’accesso condiviso tra due operatori (tipicamente Telecom per la voce e l’alternativo
per i dati), si possono confezionare offerte per l’utenza monolinea. Non esistono insomma preclusioni
tecniche o normative all’allargamento dell’offerta verso il basso della piramide, ma bisogna fare bene
i propri conti. Ci sono modelli di business che l’operatore può costruire e tecnologie e iniziative di
marketing che può utilizzare per raggiungere i suoi obiettivi.
La fibra ottica è senz’altro la tecnologia più efficace ma per riuscire a servire i diversi segmenti di
clientela nel senso più ampio possibile occorrono tempo e investimenti. La fibra insomma è di assoluto interesse strategico ma richiede le dovute alternative per rispondere alle richieste di un mercato
che in loro assenza non avrebbe mai potuto cominciare a svilupparsi. Il classico circolo vizioso: esiste
una potenzialità, esiste una cultura che si sviluppa, applicazioni erogate da server remoti, ma il
problema è come veicolare tutto questo senza dover attendere troppo. Anche Atlanet controlla una
Man in fibra su Roma, 300 km di rete che vengono già utilizzati per alcuni clienti (in particolare in
campo ospedaliero) e per collegare le centrali di co-location ma non avremmo potuto svilupparci in
tutte le città itliane con questo modello di business. L’unbundling è una ideale tecnologia-ponte”.
E altre tecnologie?
“Per il Wll ci sono problemi di “economics” che rallentano la creazione di un’offerta. Soluzioni come
il WiFi sono più complementari. Non trascuriamo le wireless Lan ma non dimentichiamo che una volta
risolto il problema della raggiungibilità del cliente in determinati spazi resta comunque l’accesso a
quello spazio e l’interconnessione di queste isole con il resto del mondo.
Sull’unbundling Telecom ha preso un certo ritmo, ma ora forse ci troviamo a dover risolvere un altro
aspetto, quello del provisioning. Ammesso che il nuovo entrante sia pronto con i suoi apparati,
adesso comincia il balletto dei collegamenti veri e propri. Restando sul piano strategico sono ini ogni
caso problemi che tutti si aspettavano. Il meccanismo è stato messo in piedi - con 11mila linee
disaggregate vendute - ma ora bisogna oliarlo.
In linea di massima pur registrando un certo rallentamento del processo, non vediamo un calo di
interesse. Il tema interessante sarà la capacità di risposta da parte del mercato. Uno dei fattori è
l’educazione di questo mercato, lo spiegare ai clienti di che cosa stiamo parlando ed è il compito delle
nostre forze commerciali, che devono sensibilizzare il cliente. E il mercato stesso non mi sembra
dare segni di particolare riluttanza. Almeno non nel nostro segmento di riferimento”.
Qualche cifra?
“Possiamo dare un quadro generale di riferimento. Per il Dsl e l’unbundling abbiamo costruito un
piano strategico che ci vede interessati a diventare uno degli operatori maggiormente coinvolti. Nel
2004-2005 ci sarà una partizione di quota di mercato per cui Telecom Italia continuerà sul Dsl ad
avere una posizione di forza, di almeno il 60%, seguita da almeno un paio di operatori, uno con il
25% e l’altro con il 10 o 12% del mercato. Gli altri saranno i reseller di questo servizio. Atlanet punta
a essere uno dei primi tre. Al limite, un’integrazione con Edisontel che come noi ha come azionista di
riferimento Fiat, non può che facilitare questo obiettivo”.
giugno 2002
Beltel
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notizie
a cura della redazione
Sono 490 mila le aziende italiane che alla fine del 2001
disponevano di un sito web (300.000 nel 2000). Di queste il
30,3% lo usa per presentare il catalogo prodotti, solo il 9,5%
per la vendita BtoC e il 10,5% per la vendita BtoB.
Deutsche Telekom ha confermato che nel 2001 ha
registrato una perdita netta di 3,5 miliardi di euro rispetto
ai profitti di 5,9 miliardi di euro nel 2000. E con un
indebitamento più alto.
Secondo George Soros, i cattivi amministratori sono la
causa principale della povertà della terra.
Sitcom produce canali tematici per la tv a pagamento e
il canale all news imm. Ha bisogno di risorse finanziarie per
proseguire le attività. Il Presidente è Valter La Tona.
Lo Stato italiano prepara un grande piano di outsourcing,
nel quale rientrano tlc e servizi informatici. Questo creerà
una buona dinamica di mercato.
Sergio Iasi è il nuovo direttore finanziario RAI con il
titolo di vice direttore generale.
Alcatel diventa partner di H3G per la realizzazione della
rete umts. L’accordo triennale, vale 100 milioni di euro.
Francesco Cossiga è Presidente onorario di
Meliorbanca di Pier Domenico Gallo.
Megabeam Italia, quella del wireless lan negli aeroporti
è controllata al 50% del fondo Angel Ventures.
Ogni anno le imprese italiane, secondo uno studio di
Confartigianato, spendono 14 miliardi di euro per gli
adempimenti burocratici, in bolli e cose simili, insomma.
Di fronte a questo problema l’impressione è che la telematica sia impotente.
ATT ha perso quai un miliardo di dollari nel primo trimestre.
Il piano di informatizzazione delle P.A. varato dal Ministro Lucio Stanca deve contare su risorse inferiori al
previsto. Come era prevedibile i tempi si allungano! Anche
i tempi per il regolamento attuativo della direttiva ue sulla
firma elettronica sono troppo lunghi.
AOL-Time Warner in grave crisi. Ma CNN arriva sempre
prima ovunque.
Il nuovo direttore generale dell’esecutivo ue per la
società dell’informazione è Fabio Colasanti.
Chi salverà Kirch Media? Forse la Fininvest e la News
Corp. di Murdoch.
E’ calata nel primo trimestre 2002 rispetto al primo
trimestre 2001 la richiesta di personale Ict. In aumento
sono le richieste di responsabili reti tlc.
Cdbweb nel primo trimestre 2002 meglio del 2001. Le
perdite sono inferiori.
Berni Ebbers ha rassegnato le dimissioni da Worldcom.
Esce così di scena un pittoresco personaggio per qualche
anno considerato un mito del settore.
Il sito Ft.com del Financial Times da questo mese è a pagamento: da 75 a 200 sterline l’anno. Così come il sito
internet del Wall Street Journal: 59 dollari all’anno. E’ proprio finita l’era gratuita di internet!
Il gruppo Vivendi Universal evidenzia alla fine del primo
trimestre 2002 una perdita di 17 miliardi di euro.
Microsoft rileva per 1,2 miliardi di dollari la danese Navision,
quinto produttore europeo di software per la pianificazione
delle risorse e la gestione dei rapporti con la clientela.
Prossimo l’accordo di France Telecom per la cessione a
Gerhard Schmid del 28,5% del capitale di Mobilcom.
AEM potrebbe uscire da Fastweb. Nei patti parasociali
è previsto lo scambio delle azioni con azioni eBiscom o la
cessione a prezzi di mercato nel caso in cui entro il 2005
Fastweb non andasse in Borsa.
Accordo tra Edisontel, sempre in-fusione con Atlanet, e
Agsmtel, operatore locale di servizi intergrati controllato dall’Agsm di Verona.
Anche Atlantis Land ha reso disponibile una soluzione
per la realizzazione di reti senza fili, I-fly. Composta da un
access point che permette di gestire sino a 253 utenti e da
una scheda pc card.
Microsoft, Ibm e Verisign si sono accordate per sviluppare
congiuntamente uno standard di sicurezza per i servizi web.
“Il 2002 sarà l’anno di internet dove abbiamo investito
molto”.Lo ha detto Enrico Bondi nel corso dell’assemblea
di Seat di cui è Presidente.
Tecnosistemi nel 2001: +156% l’utile sull’anno precedente, in valore 2,3 miliardi di euro.
Albacom in Borsa a luglio, è molto probabile.
Con la (molto) probabile uscita di Orange-France Telecom
è, invece, difficile che Wind vada in Borsa in autunno.
Nel 2002 il mercato mondiale dei servizi legati al Crm
dovrebbe crescere del 15% arrivando al valore di 25,3 miliardi di dollari. Nel 2001 il mercato è cresciuto del 10,6%.
Lo afferma Dataquest.
Lo sviluppo del wireless soprattutto nell’area business
è la premessa per un grande futuro dell’umts? Quindi,
forse, non tutti i mali vengono per nuocere. Ma alcuni la
pensano al contrario.
giugno 2002
Beltel
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Continua in Gran Bretagna la crisi delle tv digitali. Dopo
Itv Digital, Telewest annuncia il taglio di 1.500 posti di lavoro.
L’Adusbef ha intenzione di impugnare davanti al famoso Tar
del Lazio la delibera dell’Authority sulla portabilità del numero perchè iniqua e dannosa per i cittadini.
Il gruppo Vodafone ha problemi in Borsa. Forse perchè calano gli utili in Germania ed in Italia. Beltel nei mesi
scorsi aveva già parlato di un calo del “ritmo” di Omnitel.
Certo l’inerzia c’è, si può stare tranquilli, ma le tlc ci hanno
abituato alle sorprese.
Peraltro sono in crisi tutti i telefonici per vari motivi, ma
uno forse è comune: investimenti massicci e anche sbagliati, oggi alti debiti.
Tim ha già da qualche anno scelto la strategia dell’aumento del traffico rispetto a quella dell’aumento del numero dei clienti: ed ora questa strategia comincia a pagare!
Sap ha confermato la crescita del 15% quest’anno. Gli
informatici cominciano ad andare meglio degli operatori tlc
salvo qualche rara eccezione.
Paul Allen, cofondatore di Microsoft, ha ceduto la sua quota
in Usa Networks, che sta per essere acquistata da Vivendi
Universal per più di 568 milioni di dollari.
La telenovela Hp-Compaq è finita! Alla fine ha vinto, come
da previsione, Carly Fiorina. Il nuovo gruppo, il secondo dopo
Ibm, avrà un giro d’affari di circa 97 miliardi di euro.
Antonio Seggioli è ora il country manager di
Finmatica. Proviene da Bull.
A fine 2001 in Italia sono presenti circa 5 milioni di Km di
fibre ottiche, con un tasso di crescita del 18,3% e previsioni di 7,2 milioni di Km entro la fine del 2003. Il 60% della
fibra posata è di Telecom Italia. Oltre il 31% della capacità
trasmissiva è concentrata tra Roma, Torino e Milano. Questa ultima è la città più cablata d’Italia.
Con le aste on line è stato realizzato un risparmio medio del
35%: lo ha detto il ministro Lucio Stanca. Il Governo ha l’obiettivo di gestire in line il 50% della spesa per le forniture alla P.A.
Nicholas Negroponte invita i Governi a restituire agli operatori i soldi versati per le licenze umts. Perchè l’umts
nascerà ma “le possibilità che abbia una gestione in utile
sono infinitesime”.
Fra l’altro Negroponte è consulente del Ministro delle
Comunicazioni.
Le banche vogliono investire nei processi CRM. Contrattano consulenti che promettono in pochi mesi di realizzare
progetti. E poi il flop. Forse ci vogliono meno consulenti, più
piani industriali e più pazienza come in tutte le cose che
riguardano l’impresa e il mercato.
Siemens riorganizza la rete commerciale. Sui grandi
clienti e sulla P.A., un capo, 22 manager e cento venditori
rappresentano tutte le aziende del gruppo e tutte le attività.
In altri termini si capisce che il rapporto, la conoscenza e la
fiducia del cliente, specie se di certe dimensioni ed internazionale, è premiante. Come già succede in altre multinazionali. In Nokia per esempio.
Franco Bernabè è uscito dal cda di Fiat.
Negli Stati della UE gli utenti di terminali mobili
sono stati stimati in circa 215 milioni pari al 57% della popolazione e più precisamente al 64% degli individui con oltre 10 anni.
La notizia è tra le più importanti: Riccardo Ruggiero è
direttore generale di Telecom Italia. Cambia molto, a
nostro avviso, per le tlc italiane.
La politica industriale delle tlc chi la deve fare?
L’Authority o il Ministero? Quella di oggi chi la sta facendo e
chi ne è responsabile?
E’ stato presentato l’VIII rapporto ANFoV durante il convegno annuale svoltosi il 9 maggio a Milano. Ormai il rapporto
può vantare un ruolo primario nell’analisi del settore della telematica e servizi di comunicazione. Al convegno hanno partecipato oltre al Presidente Franco Morganti, tra gli altri Paolo
Vigevano, capo della segreteria tecnica del Ministro Lucio Stanca
e Giancarlo Innocenzi, sottosegretario alle comunicazioni.
Il mercato PDA dovrebbe aumentare nel 2002 del 18%.
La crescita è più bassa di quanto previsto un paio di anni fa.
La quota di mercato Telecom Italia nella telefonia fissa
nel primo trimestre 2002 è scesa dell’1%. Nel primo trimestre 2001 era scesa del 4%. Infatti, nel primo trimestre
2002 la strategia di Riccardo Ruggiero ha sottratto alla concorrenza, 109 mila clienti.
Si è chiusa la gara wireless local loop con un incasso di 40
milioni di euro, rispetto ai 110 previsti. Si può dire che il wireless
local loop non sarà l’arma vincente della banda larga.
Oggi in Italia sono 2,45 milioni le imprese pari al 66% del
totale, che hanno un accesso a Internet ed il 96% di
esse si collega ancora utilizzando la normale linea telefonica (RTG-PSTN) o tramite accessi ISDN, mentre le reti alwayson (xDSL, CD, fibra ottica, collegamenti satellitari ecc.) sono
utilizzate nel 7,8% dei casi (cioè circa 191.600 imprese).
Dal rapporto ANFoV.
Secondo una ricerca eTForecasts, le maggiori prospettive per il mercato dei PDA risiedono nella tecnologia wireless,
ovvero nell’integrazione nel palmare di funzionalità telefoniche per chiamate voce e collegamento internet via Gsm
prima e poi Gprs.
La penetrazione dei cellulari è arrivata ad una fase di
saturazione. L’orientamento degli operatori si dirige verso l’ottenimento di maggiori introiti da parte degli utenti
a maggior spesa. In questo senso è cruciale l’introduzione e il successo dei servizi a valore aggiunto quali il
messaging tramite mms. Ma quello che è più importante
cambia il modo di fare marketing e di interpretare il mercato, gli operatori hanno la capacità culturale per cambiare? Forse non tutti.
In Spagna si fondono Sogecable, del gruppo Prisa e di Canal
Plus, proprietaria di Canal Satelite Digital e via Digital proprietà di Telefonica. Ci sarà dunque un’unica piattaforma
con altri due milioni e mezzo di abbonati ed entrate di 1,3
miliardi di euro. Il nuovo gruppo avrà praticamente il monopolio della pay tv in Spagna.
giugno 2002
Beltel
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“Le imprese danno ai giovani talenti troppe cose
che a loro non interessano più di tanto, per esempio denaro e benefit e trascurano i fattori che i talenti ritengono veramente importanti, come l’ascolto delle loro necessità, la possibilità di mettere in pratica le loro idee,
percorsi di carriere personalizzati”. Lo ha detto Gianni
Dell’Orto, numero uno di Neusearch e nome storico nell’area delle ricerche di personale in Italia.
Franco Tatò lascia l’Enel evidentemente non in sintonia
con il nuovo Governo. Tatò ha voluto portare l’Enel nelle tlc
ed è sempre stato il più convinto della strategia e del
mangement di wind. Il nuovo scenario potrà cambiare qualcosa nel panorama delle tlc.
Certo che in ogni caso le aziende devono riflettere sulle
alte retribuzioni concesse alle prime linee. Alcuni casi del
mercato italiano sono poi veramente paradossali.
Freedomland nel primo trimestre 2002 ha perso il triplo di quanto ha ricavato.
In compenso di formazione se ne continua a parlare il
meno possibile.
La politica delle licenze e dei costi delle stesse dovrebbe
essere più coordinata a livello europeo e non solo. Il mercato delle tlc è globalizzato da tempo e la vicenda umts dovrebbe servire da lezione.
Le linee di unbundling attive in tutta Europa a fine 2001
sono 640 mila.
A qundo il mercato secondario delle frequenze?
All’interno della UE la Germania è la nazione con il maggior numero di utenti a larga banda. L’Italia è in seconda posizione.
Certo che se la P.A. italiana decidesse di adottare la
larga banda cambierebbe il mercato! E’ nell’interesse del
Paese, lo dicono tutti. E allora?
Ormai le interurbane costano come le urbane. Le
telefonate che costano sono quelle dei cellulari, meglio
verso i cellulari.
Pietro Marzotto trasferisce all’estero linee di attività della propria industria perchè in Italia non si trovano bravi manager.
Nel primo trimestre Ibm ha ridotto il fatturato del 30%.
Si dice che si appresta ad eliminare poco meno di diecimila
persone. Colpa del mercato che non tira?
L’Authority ha avviato un’indagine per verificare se tre
dei quattro operatori di telefonia cellulare hanno violato le regole per l’avvio del servizio di portabilità del numero. E se scopre che è vero che può succedere?
E’ partito Blackberry, il nuovo servizio di posta elettronica TIM destinato all’utenza aziendale.
Ipse nel primo trimestre ha perso 31,5 miliardi di euro. Per cosa?
L’Antitrust ha dato l’ok alla fusione tra Tele+ e Stream ponendo
condizioni. Il gruppo Vivendi Universal giudica troppo onerose le
condizioni poste e ha deciso di abbandonare il progetto. Adesso
per Stream si profila l’ombra di un tracollo finanziario definitivo.
Telecom Italia aveva ceduto la metà di Stream a
Murdoch subordinandola però alla fusione. E adesso?
Voci di mercato: eBiscom prende il posto di France Telecom
in Wind oppure Roberto Colaninno è interessato a Wind. E’
vero che, dopo Tatò, l’Enel sarà meno “protettiva” nei confronti di Wind, ma si cercano tutte le soluzioni per non far decollare
Wind. E questo non è buono per tutto il mercato.
Nel primo trimestre Tiscali ha raggiunto il break even.
Con un “ebitda” positivo pari a un milione di euro.
La Sogei, che gestisce l’anagrafe tributaria e che fa parte del
gruppo Finsiel (Telecom Italia), dovrebbe essere di proprietà
dello Stato. Sembra che questa sia l’opinione del Ministro Stanca. Il Ministro forse non sa che se ne parla da dieci anni.
Napster è il sito internet che ha fatto scoprire la musica
gratis a oltre 80 milioni di persone. Sta per fallire, non ci
sono più i soldi per pagare i 70 dipendenti. Il tentativo di
entrare nel gruppo Bertelsmann non è andato in porto.
KpnQwest è una joint venture tra l’olandese Kpn Telecom
e l’americana Qwest. Anche lei sta per fallire. Due anni fa
capitalizzava 40 miliardi di euro!
Voci di un interessamento di Microsoft per T-Online, controllata per l’83% da Deutsche Telekom. T-Online insieme
con Msn ha una base di 17 milioni di clienti.
I.Net migliora i conti del trimestre anche se scende in Borsa.
E’ partito il servizio Infowind di Wind. Digitando il 412
sul telefono cellulare è possibile conoscere i numeri di rete
fissa nazionali ed internazionali oltre ai relativi indirizzi in
Italia e nel mondo. A breve anche gli indirizzi e-mail.
Etnoteam ha realizzato il nuovo portale di Carivita, compagnia di assicurazioni del gruppo Intesa BCI. In questo
modo affermandosi come uno dei principali fornitori di soluzioni per internet e le tlc.
Il Ministro Maurizio Gasparri vuole rivedere i limiti della
legge Mammì e Maccanico per favorire la nascita di consistenti e competitivi gruppi multinazionali che gestiscano
allo stesso tempo giornali, tv ed internet.
E’ fallita la consociata tedesca del gruppo inglese Energis.
Il 21 maggio al Centro Congressi Benetton di Milano si è
svolta una “conversazione Beltel” sul tema “tecnologia, mercato, regole: cosa c’è dietro l’angolo?”. Hanno partecipato circa 70 mangers del settore che hanno dato
vita ad un vivace dibattito, “provocato” dagli interventi di
Maurizio Decina, Raffaele Giarda ed Elserino Piol. Il chairman
della riunione è stato Franco Carlini.
Vincenzo D’Ambrosio, direttore marketing Colt Italia, diventa direttore marketing di Colt per il South Europe che
comprende Italia, Francia, Spagna e Portogallo.
Deutsche Telekom si prepara ad espellere 30.000 dipendenti che sono considerati di troppo. Come dire
15.000 per Telecom Italia.
giugno 2002
Beltel
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Le aziende comunali di servizi pubblici di Cremona, Lodi,
Mantova e Pavia si uniscono nella holding Gruppo Linea.
E’ una tendenza da tenere presente.
La fusione Edisontel-Atlanet si fa ma con calma, con
molta calma. Ma questa calma non è controproducente dal
punto di vista economico? Forse non solo!
BT va meglio. Il nuovo management ha rispettato tutti gli
impegni e la Borsa lo premia. Gli utili nei 12 mesi di esercizio (chiuso alla fine di marzo) sono stati 1.273 miliardi di
sterline, al di là delle aspettative più ottimistiche degli analisti. A parità di perimetro (perchè le cessioni e le discussioni sono state tante) il fatturato è salito dell’8%. La società,
per la prima volta, ha iniziato a recuperare quote di mercato nella telefonia fissa residenziale dove ha il 73% del totale. Nel settore business il 47%.
Il piano strategico del Ministro della P.I.: computer in
aula, cablaggio di tutte le scuole, predisposizione in ogni
istituto do efficenti collegamenti a internet. E poi un piano
di e-learning. Forse se ne parla da tempo, ma sempre si
deve sperare che sia la volta buona.
China Telecom è stata divisa in due: China Telecom e
China Netcom. Non c’è stata privatizzazione o divisione di
competenza. La separazione è esclusivamente geografica.
Gianfranco Casati amministratore delegato di Accenture.
Affianca Ferruccio Mangioni e il Presidente Diego Visconti.
Beatrice Niedda è il nuovo Presidente per le strategie e il
marketing di Tiscali. Collaborerà con lei per il costumer
management Monica Gallinardi.
Aumenta da luglio il canone, in compenso mezz’ora di
telefonate urbane gratis. Prima della fine dell’anno diminuzione delle internazioneli del 5% circa. Gli utenti e gli operatori alternativi si opporranno, ma non c’è niente da fare!
In Italia il settore ict ha bisogno almeno di 32 mila specialisti e questa carenza costerà nel 2002 all’economia nazionale non meno di 3 miliardi di euro. E’ l’allarme lanciato
da Umberto Paolucci presidente di Microsoft Italia.
Secondo gli analisti di Deutsche Bank le tlc cresceranno in Italia nei prossimi cinque anni del 6,5% all’anno. 4% nel mobile e 1,1% nel fisso per la voce, 40% nel
mobile e 14% nel fisso per i dati.
Nei primi tre mesi del 2002 sono stati venduti nel mondo
93,7 milioni di telefonini, il 3,8% in meno rispetto lo
stesso periodo dell’anno precedente.
Deutsche Telekom va male e non solo perchè calano i
profitti. Si fa difficoltà a capirne le strategie.
Massimo Sarmi è il nuovo amministratore delegato delle
Poste al posto di Corrado Passera. Però, questi ex Sip! Adesso
Siemens dovrà ricominciare!
Tomaso Tommasi di Vignano si è dimesso da amministratore delegato di Acegas di Trieste. Spinto a
ciò dal cambio di direzione politica della città, supp o n i a m o. E ra s t a t o a m m i n i s t ra t o r e d e l e g a t o i n
Telecom Italia prima del ciclone Mauro Rossignolo,
uomo di Umberto Agnelli.
Sono più i pirati con schede falsificate che i normali abbonati alla tv digitale!
L’impressione che l’operazione ePlanet-Elitel non vada
in porto comincia ad essere diffusa.
La Commissione Europea riconosce agli Stati membri la
possibilità di usare la leva fiscale per incentivare lo sviluppo della banda larga. Così anche in Italia potrà trovare
pratica applicazione la proposta dell’ANFoV.
Nei primi mesi del 2002 Albacom ha aumentato il fatturato del 31%.
A Stoccolma riunione dei 3000 dealers di Tim. Una
cosa imponente! Tim ha lanciato nuovi servizi per sviluppare il traffico dati. In questa occasione Marco
De Benedetti ha annunciato investimenti per 7 miliardi di euro di cui 4 in Italia. Nel 2002 Tim investirà
in Italia 1,3 miliardi di euro per migliorare la rete, di
cui il 20% destinato all’umts.
eBiscom non è interessata ad una partnership con Wind,
ha detto Silvio Scaglia. Piuttosto con Telecom Italia secondo una nostra ipotesi.
Engineering insieme ad Accenture vince la gara per la
progettazione e lo sviluppo del nuovo sistema informativo
sanitario nazionale. La commessa è di 27 milioni di euro.
H3G ricorre all’Antitrust contro Tim, Wind ed Omnitel
perchè sostiene che il prezzo di 27 euro concordato tra questi operatori per ricevere un cliente da un’altra compagnia è
un accordo di cartello. Insomma, un caso di abuso di posizione dominante collettiva.
La trattiva per l’uscita di France Telecom da Wind
è in fase avanzata. Si libera il 26,3%. Potrebbe esserc i u n p r i m o i n t e r v e n t o d i Roberto Colaninno
propedeutico ad un secondo che gli assicirerebbe la
maggioranza. Roberto Colaninno ha i soldi e l’ambiente
favorevole. E poi è rimasto contento dell’avventura
Telecom Italia, come tutti del resto.
BT ha smentito qualsiasi interessamento verso Colt Telecom.
Accordo tra IBM e Hitachi per la creazione di una joint
venture specializzata nella progettazione, produzione e vendita di hard disc, non solo per pc o server ma anche per altri
dispositivi digitali consumer.
Collaborazione tra Nokia e Siemens per lo sviluppo di una
piattaforma software, basata su standard aperti, per cellulari
e applicazioni mobili.
Seat pagine Gialle ha 2000 venditori.
E’ possibile un’azione giudiziaria di Seat contro Pellicioli
ed i vertici Telecom Italia dell’epoca in cui fu decisa la fusione Seat-Tin.it? Secondo noi è improbabile, anche se qualcuno ne parla.
Da una ricerca IDC-Colt Telecom: in Italia sempre più
aziende medio-grandi ricorrono a servizi di connessione a
banda larga. L’ 84% delle aziende intervistate è presente su
internet con un proprio sito, il 68% dispone di un network
interno e il 25 % di un network esterno.
giugno 2002
Beltel
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attualità
spazio all’e-learning
a cura di Didael
www.didael.it
Learning Object: verso la personalizzazione e la riusabilità dei contenuti
Nel mondo dell’e-learning si è affermata la tendenza verso la realizzazione di oggetti informatici, denominati Learning Objects, facilmente reperibili in Rete e componibili in percorsi formativo-informativi.
Una definizione
I Learning Objects (LO’s) sono piccoli pezzi (in
inglese “chunk”) autoconsistenti di contenuto
ciascuno mirato ad uno specifico obiettivo di
apprendimento o ad una competenza. I
Learning Objects sono descritti da metadata,
che forniscono informazioni per esempio sulAutoconsistenza e componibilità dei learning Objects (Lo’s)
l’argomento trattato, il tempo occorre per
fruirne, la lingua nel quale è scritto, i prerequisiti
necessari per utilizzarlo, ecc.. Descritti in questo modo, i Learning Objects possono essere immagazzinati in un database e ricercati tramite interrogazioni al database medesimo, facilitando così
l’accesso e la fruizione di contenuto formativo.
I vantaggi dell’utilizzo di learning object
La realizzazione di courseware monolitico, finalizzato a singoli progetti formativi, presenta il grosso
svantaggio della difficile manutenzione e riutilizzabilità dei prodotti, con conseguente rapida obsolescenza degli stessi sia dal punto di vista dei contenuti sia tecnologico. L’applicazione dei Learning
Object consente, invece, di creare blocchi di elementari da estendere poi secondo le singole esigenze e rendere disponibili per fare risparmiare tempo (e denaro).
L’utilizzo dei Learning Objects consente, inoltre, un veloce scambio delle informazioni. Le ricerche
indicano che in pochi anni tutto il contenuto che sarà creato per le piattaforme di e-learning sarà
realizzato sotto forma di oggetti. Questa parcellizzazione del contenuto consentirà ai fornitori di
contenuto (content providers) un incredibile aumento della loro capacità di immagazzinare conoscenze. I LO’s, infine, sono modulari e possono essere manipolati e assemblati in varie combinazioni per erogare formazione a distanza personalizzata.
La convergenza con il Knowledge management
Accanto a questi vantaggi, l’utilizzo dei Learning Object avvicina ancora di più l’e-learning al Knowledge
Management, accomunati dalla realizzazione e gestione di contenuti sotto forma di LO’s. Per di più
anche le tecnologie abilitanti in entrambi i contesti applicativi sono comuni, per cui si può pensare in
futuro prossimo a un’unica infrastruttura per l’erogazione di informazioni e formazione.
Verso uno standard
L’integrazione di oggetti eterogenei, però, fa sorgere immediatamente il problema della definizione di standard aperti per la realizzazione degli stessi. In questa direzione si stanno muovendo
grosse iniziative internazionali che, nate nel contesto della difesa, si stano rapidamente diffondendo in ambito consumer, come per esempio il progetto ADL Scorm promosso dal governo Usa per
studiare le innovazioni connesse alla metodologia dei Learning Objects e all’interoperabilità.
Fonti
Learning circuits
Internettime
Epic
giugno 2002
Beltel
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attualità
internet e tutela dei dati personali
Rocco Panetta, Assistente del Presidente
Cosimo Comella, Responsabile dei sistemi informativi automatizzati
Autorità Garante per la Protezione dei dati personali
In un sistema di comunicazione come il world wide web l’interazione tra gli utenti e i servizi offerti
tramite la rete Internet avviene sempre obbedendo al cosiddetto paradigma client-server, un’architettura software in cui, diversamente dalle forme tradizionali centralizzate, l’elaborazione dell’informazione avviene in modo partecipativo tra gli utenti periferici (client) e uno o più server.
In particolare, i client del world wide web sono comunemente chiamati browser e il loro scopo è
quello di interpretare il codice Html (hyper text markup language) che i server trasmettono lungo una
connessione Http e che è finalizzato alla formazione e visualizzazione, sul computer dell’utente, della
cosiddetta “pagina web”. Il linguaggio Html è, in effetti, un linguaggio di descrizione di pagina, con
maggiori analogie quindi con i linguaggi utilizzati fin dagli anni sessanta per la fotocomposizione dei
testi o altri analoghi strumenti tipografici più che con i normali linguaggi di programmazione.
L’input dei dati tramite i browser avviene ricorrendo a delle caratteristiche del linguaggio Html che
prevedono il “disegno” di form con caselle per l’inserimento di testo. L’input dei dati viene quindi
previsto e programmato dal webmaster del sito anche se verrà materialmente eseguito sul computer
dell’utente finale. Benché sia possibile, grazie a linguaggi di scripting avanzati come il JavaScript creare
dei form dotati di maggiore “intelligenza” rispetto ai form standard generati con il solo linguaggio Html
(per esempio, è possibile in questi casi verificare e convalidare l’input direttamente sul computer dell’utente prima che gli stessi vengano trasmessi al sito che li utilizzerà…), il form Html è un oggetto
prevalentemente passivo (nel senso che non esegue alcuna azione sul computer dell’utente oltre a
quella necessaria a visualizzarsi sullo schermo) in cui solo la previsione di un tasto di sottomissione dei
contenuti, cui sarà associata un’azione sul server (per esempio, sotto forma di Cgi script), provocherà
la trasmissione dei valori contenuti o associati alle casella di testo o agli altri analoghi oggetti che
compongono il form medesimo (drop-lists, radio buttons, check box…) verso il sito remoto.
Poiché è evidente l’impossibilità di prescindere dalla compartecipazione del soggetto interessato alla
compilazione del form ai fini dell’invio, è dunque al momento del “click” su un tasto di conferma che
ha inizio la trasmissione dei dati dal browser verso il server web. I dati trasmessi non necessariamente saranno stati tutti materialmente introdotti dall’utente, perché potranno esservi dati predefiniti
o valori di default che l’utente trasmetterà senza averne piena avvertenza.
Preme tuttavia evidenziare come la procedura di input dei dati sia sempre guidata dal server e
organizzata dal gestore o programmatore del sito remoto che sarà poi l’utilizzatore delle informazioni trasmesse. Quindi è innegabile che l’interazione del browser con il sito, che già abbiamo detto
risponde ai criteri dell’architettura client-server, sia stretta e inscindibile: senza i browser non esisterebbe il web, e i browser si conformano nel loro operare a ciò che è previsto dal programmatore del
sito e al server cui si collegano.
Alla luce di quanto precede, si può anche dire che il cosiddetto controller dispone sempre e comunque di un certo potere di controllo sull’equipment del client (che può spingersi notevolmente più in
avanti grazie all’utilizzo di tecnologie più avanzate di programmazione); ma, a sua volta, anche
l’utente entra in gioco sempre in modo determinante nell’interazione con il server.
giugno 2002
Beltel
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A fortiori tali argomentazioni valgono nell’ipotesi in cui un dato soggetto, nell’interagire con una
pagina web, non si limiti a visualizzare delle pagine, attivando attraverso una serie di click successivi i link ipertestuali che le collegano, bensì compili degli appositi form predisposti dal
webmaster al fine di accedere a determinati servizi o per visualizzare specifiche informazioni
contenute in aree cosiddette riservate.
A rigore, sia nell’ipotesi in cui da parte dell’utente vi sia una esplicita fornitura di informazioni personali per le più svariate finalità mediante compilazione di form, sia qualora l’utente si limiti a clickare
appositi tasti per il mero accesso a sezioni di un sito web, da un punto di vista tecnico l’interazione è
un elemento certo ed incontrovertibile.
Ovviamente, ai fini di una riflessione sulla applicabilità della normativa sulla privacy, non sempre è
facile distinguere tra l’una e l’altra ipotesi, a voler tacere di tutte le ipotesi di trattamento di dati
personali cosiddetto occulto mediante l’uso di strumenti la cui utilità tecnica (o piuttosto commerciale) rendono non più rinviabile un idoneo approfondimento delle tematiche in materia.
Né viene in aiuto il ricorso a categorie tecniche, come il modello di architettura di rete di riferimento
ISO/OSI, per un inquadramento delle diverse attività che comportano trasmissione di dati personali
sulla base dei livelli gerarchici previsti in quel modello di protocollo.
Sebbene sia possibile, infatti, assumere che all’aumentare del livello gerarchico (layer), dal data-link
al network o al transport fino ai layer superiori (session, presentation, application), la granularità
dell’informazione vada aumentando trasformandosi da mero dato numerico astratto (ancorché indirettamente riferibile, in alcuni casi, all’identità personale di un individuo) a dato strutturato con una
molteplicità di possibili contenuti informativi molto più vicini all’utente comune che al sistema di rete
sottostante, la distinzione dei tipi di dato trasportati ai vari livelli di un protocollo di rete, relativamente al loro trattamento come dato personale, non è sufficientemente esaustiva e chiara per consentire
una distinzione tra un livello di informazione necessario e propedeutico alla comunicazione e un
livello più alto di informazione, più vicino alla persona, suscettibile di maggiori attenzioni e tutele.
Sembrerebbe tuttavia plausibile considerare applicabile senza dubbio alcuno la normativa italiana
(che poi ricalca quella europea) in tutte quelle ipotesi in cui l’utente abbia fornito specifiche informazioni personali mediante la compilazione di appositi form, per consultare pagine web o ricevere
specifici servizi, oppure mediante altri strumenti che la tecnologia di rete mette a disposizione e che
prevedono un’interazione esplicita e consapevole dell’utente con la rete. Mentre sollevano profili
meritevoli di ulteriore riflessione tutte le ipotesi in cui l’utente si sia, invece, solo limitato alla mera
visualizzazione e consultazione di pagine web.
Spetta al legislatore scegliere, in sede di redazione dell’adottando testo unico in materia di trattamento
dei dati personali ed a tutti i soggetti coinvolti nella redazione degli appositi codici di deontologia e buona
condotta del settore fare luce e chiarire al meglio una problematica tanto difficile quanto affascinante.
Le opinioni espresse dagli autori sono personali e possono non coincidere con quelle dell’Autorità
giugno 2002
Beltel
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attualità
un anno di cronaca antitrust
Stefano Ciullo e Fausto Caronna
Cleary, Gottlieb, Steen & Hamilton, Roma
Sviluppi di diritto comunitario della concorrenza
Pay-Tv – restrizioni ancillari nel caso TPS
Nel settembre 2001 il Tribunale di Primo Grado ha confermato la decisione della Commissione Europea con la quale quest’ultima aveva ritenuto che la costituzione di TPS ad opera di Metropole Television
(M6), France 1, France 2 e France 3, da una parte, e di France Télécom e Suez-Lyonnaise des Eaux,
dall’altra, non implicava alcuna violazione dell’articolo 81. Nel progetto originario le parti si erano tra
l’altro impegnate, per tutti i 10 anni di durata degli accordi, a non svolgere attività in concorrenza con
TPS e ad offrire in via prioritaria a TPS i programmi e servizi necessari allo svolgimento della sua
attività, riconoscendole al contempo un correlativo diritto di rifiuto o accettazione in ultima istanza
(clausola relativa alle reti tematiche). Gli accordi contenevano, inoltre, una clausola in base alla
quale, per tutta la durata dei medesimi, TPS avrebbe distribuito in via esclusiva le reti generali M6,
TF1, France 2 e France 3. La Commissione aveva ritenuto che la clausola di non concorrenza fosse
ancillare all’accordo principale, e come tale ammissibile ex art. 81.1, solo limitatamente al periodo di
tre anni e che la clausola di esclusiva e quella relativa alle reti tematiche potessero beneficiare di una
esenzione ex art. 81.3 solo limitatamente allo stesso periodo. Nel confermare la legittimità della
decisione della Commissione, il Tribunale ha affermato che il carattere restrittivo di un accordo ex
art. 81.1 non va valutato secondo la “rule of reason”: invece, il bilanciamento ragionevole degli effetti
pro ed anti competitivi di un accordo alla luce della concreta situazione di mercato, va effettuato
soltanto in sede di applicazione dell’art.81(3) in materia di esenzione individuale. Da ciò discende, tra
l’altro, che il carattere obiettivamente necessario di una restrizione ancillare rispetto a quella principale vada valutato in base ad un esame di tipo “relativamente astratto”.
Mercati della capacità di trasmissione e della telefonia mobile: Pirelli/Telecom
Nel settembre 2001, la Commissione Europea ha dato il via libera all’acquisizione del controllo comune dei gruppi Olivetti e Telecom Italia da parte di Pirelli ed Edizione Holding (Benetton). L’operazione
di concentrazione è stata valutata dalla Commissione sia sotto il profilo degli aspetti di integrazione
verticale sia sotto quello di possibili effetti orizzontali. La Commissione ha ritenuto che l’operazione
fosse suscettibile di sollevare motivi di preoccupazione unicamente per quanto riguarda i suoi possibili effetti restrittivi orizzontali sui mercati della capacità trasmissiva e della telefonia mobile, tenuto
conto del fatto che Telecom è il principale operatore di telecomunicazioni italiano e che Edizione
Holding è attiva nel mercato della capacità trasmissiva attraverso la propria controllata Autostrade
Telecomunicazioni ed in quello della telefonia mobile attraverso la società Blu. Per eliminare il rischio
di tali effetti anticoncorrenziali, la Commissione ha subordinato l’approvazione dell’acquisizione del
controllo comune alla condizione che Edizione Holding trasferisca il controllo esclusivo di Autostrade
Telecomunicazioni ad uno o più terzi indipendenti e venda le proprie partecipazioni dirette ed indirette in Blu ad uno o più terzi indipendenti.
Joint venture di telecomunicazioni globali: la fine di Concert
Nel dicembre dello scorso anno At&T e British Telecom sono state autorizzate dalla Commissione a
riacquistare le attività che avevano conferito in Concert, una joint venture costituita nel 2000 dalle
parti per fornire servizi di telecomunicazioni globali a clienti commerciali multinazionali.
giugno 2002
Beltel
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Accesso ad Internet a banda larga: abuso di posizione dominante da parte di Wanadoo?
Alla fine del 2001, la Commissione ha annunciato di aver avviato ex officio, alla luce dei risultati della
sua inchiesta sui mercati del local loop e dei servizi DSL, una procedura per violazione dell’articolo 82
nei confronti di Wanadoo Interactive, società appartenente al gruppo France Télécom. Nella comunicazione degli addebiti, Wanadoo è accusata di aver posto in essere una strategia predatoria nei
confronti dei propri concorrenti, consistente nell’aver commercializzato accessi ad Internet basati
sulla tecnologia ADSL a prezzi inferiori ai costi. In tal modo, Wanadoo avrebbe mirato ad escludere
dal mercato dell’accesso ad Internet ad alta velocità i propri concorrenti, i quali non sarebbero in
grado di rispondere all’azione concorrenziale di Wanadoo perché privi del supporto di France Télécom.
Terminazioni di chiamata sulle reti mobili: abuso di posizione dominante da parte di KPN?
Nel marzo del 2002, a seguito di una denuncia presentata da MCI WorldCom, la Commissione ha
inviato una comunicazione degli addebiti a KPN, l’operatore storico di telecomunicazioni olandese. La
Commissione ritiene che KPN abbia posto in essere, attraverso le proprie controllate KPN Mobile e
KPN Telecom, una serie di abusi nel mercato della terminazione delle chiamate sulla rete mobile di
KPN, consistenti principalmente nel rifiuto di fornire l’interconnessione diretta per la terminazione di
chiamate sulla rete di KPN Mobile, nella discriminazione a favore di KPN Telecom in relazione alle
condizioni di terminazione diretta sulla rete di KPN Mobile ed in talune pratiche di compressioni dei
prezzi (price squeeze) per servizi fisso/mobile offerti alla clientela “affari” nei Paesi Bassi. La Commissione ritiene che esista un mercato distinto per la terminazione di chiamata su ciascuna rete di
telefonia mobile e che KPN mobile goda di una posizione dominante su tale mercato con riferimento
alla terminazione sulla sua rete.
Sviluppi di diritto nazionale della concorrenza
Servizi televisivi: acquisizione di MTV da parte di Cecchi Gori
Nel maggio 2001, dopo l’approvazione dell’acquisizione della Cecchi Gori Communications da parte di
Telecom Italia, l’Autorità ha anche approvato l’acquisizione di MTV Networks (editrice del noto canale
di musica giovanile) da parte della stessa Cecchi Gori Communications. Nel disporre l’approvazione,
l’Autorità ha anche tenuto conto favorevolmente delle condizioni imposte per la prima operazione.
L’Autorità ha infatti osservato che i possibili effetti dell’acquisizione di MTV nei mercati della raccolta
di pubblicità on-line e dell’Internet television potranno essere rimossi dal rispetto delle condizioni
poste all’acquisizione da parte di Telecom Italia. D’altra parte, ove tali condizioni non fossero rispettate o comunque l’acquisizione della Cecchi Gori Communications non si fosse realizzata, l’operazione avrebbe avuto solo un limitato effetto, peraltro pro-competitivo, nel mercato della raccolta pubblicitaria sull’emittenza televisiva in chiaro.
Accordi per la partecipazione a gare: le licenze UMTS
In occasione della gara per l’assegnazione delle licenze UMTS e delle note polemiche seguite alla
rinuncia di Blu che ha segnato la conclusione della gara, l’Autorità aveva aperto un’istruttoria per
accertare l’eventuale concertazione dei comportamenti tenuti in gara dai diversi partecipanti (Telecom
Italia, Omnitel, Wind, H3G, IPSE 200 e la stessa Blu). L’ipotesi esplorata dall’Autorità era che le parti
si fossero consultate nella fase dei rispettivi rilanci allo scopo di limitare i prezzi di aggiudicazione, e
che tali consultazioni avessero influito sulla rinuncia da parte di Blu, posto che tale rinuncia ha avuto
l’effetto di far coincidere il numero dei candidati con quello delle licenze disponibili e far terminare la
gara allo stato attuale dei rilanci, assicurando a tutti i residui candidati l’ottenimento della licenza
(mentre un’eventuale rinuncia prima dell’inizio della gara avrebbe consentito all’AGCom di disporre
la riduzione delle licenze disponibili). Nel corso dell’istruttoria, tuttavia, l’Autorità non ha rinvenuto
alcuna prova documentale di una concertazione fra le parti ed ha conseguentemente concluso, con
decisione del giugno 2001, che il ritiro di Blu debba ascriversi unicamente all’autonoma scelta ed in
particolare alle difficoltà dei suoi azionisti.
giugno 2002
Beltel
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Mercato della capacità trasmissiva: accordo Gruppo Ferrovie Nord/Telecom Italia
Nell’ottobre 2001, l’Autorità antitrust ha approvato l’accordo di cooperazione tra Gruppo Ferrovie
Nord (l’impresa ferroviaria locale attiva in Lombardia) e Telecom Italia per la costituzione della joint
venture Nordcom, destinata ad operare nei mercati dell’information technology e nel mercato dell’offerta di capacità trasmissiva in ambito lombardo (con esclusiva in favore di Nordcom per le forniture
al Gruppo Ferrovie Nord e possibilità di servire anche altri clienti con le infrastrutture dello stesso
Gruppo Ferrovie Nord). L’Autorità ha ritenuto di valutare l’accordo come una intesa e non come una
concentrazione, in considerazione dell’impossibilità per la Nordcom di operare come un’impresa
autonoma a sé stante. L’accordo è stato autorizzato in considerazione della scarsa rilevanza tanto
delle attività di telecomunicazione previste per la Nordcom quanto delle infrastrutture ad essa affidate: ciò anche perché, se il mercato dell’offerta di capacità trasmissiva è nazionale (ipotesi per cui
l’Autorità propende), l’accordo ha uno scarso effetto di mercato vistane l’incidenza nel solo territorio
lombardo; mentre se il mercato ha carattere locale ed è, in particolare, limitato alla Lombardia (cosa
che l’Autorità antitrust non esclude, anche in considerazione di uno specifico suggerimento in tal
senso da parte dell’Autorità per le comunicazioni), l’accordo rimane non in grado di generare effetti
restrittivi in considerazione dell’accesissima concorrenza in Lombardia e dell’esistenza, in quella
regione, di fornitori alternativi con forza di mercato pari se non superiore a quella di Telecom Italia.
A tal proposito, l’Autorità ha tenuto conto anche dell’impegno di Edizione Holding, azionista di Telecom, a
cedere il controllo di Autostrade (cfr. supra il commento alla decisione Pirelli/Telecom della Commissione).
Servizi x-DSL: parziale riforma della decisione di condanna di Telecom Italia per abuso di posizione dominante.
Nel dicembre 2001, il T.A.R. del Lazio ha parzialmente accolto il ricorso di Telecom Italia contro la
decisione con cui l’Autorità antitrust, nell’aprile 2001, aveva condannato Telecom Italia per tre abusi
di posizione dominante nella fornitura di servizi x-DSL. Il T.A.R. Lazio ha affermato che Telecom Italia
ha, con le condotte considerate, compiuto gravi discriminazioni a danno dei concorrenti ed ha, quindi,
confermato la condanna espressa dall’Autorità antitrust sia pure senza espressamente confermare il
principio, affermato nella decisione dell’Autorità antitrust, secondo cui l’impresa dominante deve
attivarsi per fornire ai concorrenti i servizi intermedi “wholesale” di volta in volta necessarie per
competere nell’offerta di un srervizio nuovo.
Il T.A.R. ha invece riscontrato difetti di legittimità nel calcolo della sanzione imposto a Telecom Italia
e l’ha conseguentemente più che dimezzata. Il T.A.R. ha argomentato che l’Autorità ha
ingiustificatamente duplicato la sanzione relativa a due presunti abusi nel settore dei servizi ADSL e
x-DSL (in realtà strettamente collegati tra di loro), e che uno degli abusi accertati nella decisione,
consistente nella presunta politica di rifiuto di circuiti metallici analogici in banda base, non ha avuto
l’ampiezza e la durata pretesa dall’Autorità.
Sistemi di radiocomunicazione privata: l’accordo Nokia Italia/Marconi Mobile-OTE
Nel marzo 2002, l’Autorità ha portato a conclusione la sua istruttoria su una presunta intesa restrittiva
fra Nokia Italia e Marconi Mobile-OTE avente ad oggetto la cooperazione orizzontale per attività di
ricerca e sviluppo nel settore dei sistemi di radiocomunicazione privata (con particolare riferimento
allo standard TETRA per forze di polizia) ed attività comuni di commercializzazione e partecipazione
a gare pubbliche. L’Autorità ha concluso che, soprattutto per il secondo aspetto appena indicato,
l’accordo è restrittivo sulla scorta di quanto previsto dalla giurisprudenza con riguardo agli accordi di
partecipazione a gare in comune (ivi incluse le associazioni temporanee di imprese) tra sogetti
concorrenti che siano in grado di partecipare autonomamente a tali gare. Tuttavia, l’Autorità ha
ritenuto di poter accordare un’esenzione individuale per tutta la durata dell’accordo in considerazione
dei suoi effetti positivi per i consumatori (in particolare, le attività di standardizzazione previste
dall’accordo) e del fatto che le parti, in corso di istruttoria, hanno modificato gli accordi stessi in modo
tale da “aprire” ai terzi gli standard eventualmente sviluppati in comune e limitare al solo 33% delle
forniture nazionali le attività di commercializzazione e partecipazione in comune alle gare.
giugno 2002
Beltel
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Televisione a pagamento: Stream/Telepiù e Telefonica/Sogecable
Tanto la decisione del maggio 2002 con cui l’Autorità ha approvato, con condizioni, l’acquisizione di
Stream da parte del gruppo Canal+, quanto le polemiche connesse a tale decisione, hanno avuto
grande risalto sulla stampa e questa rubrica non consente, per la sua struttura, di fornire informazioni utili ulteriori rispetto a quelle verosimilmente note alla grande maggioranza dei lettori. Basterà
forse ricordare che l’Autorità ha condizionato l’operazione ad una serie di impegni validi fino al 2010,
tra i quali spicca l’abbattimento delle esclusive film e cinema e l’uscita dal segmento del DTT. Almeno
sulla base della definizione di mercato rilevante assunta dall’Autorità (mercato della televisione a
pagamento) la decisione appare essere la prima in cui l’Autorità approva la costituzione di un monopolio, sia pure con condizioni molto rigorose (tanto che il gruppo Canal+, nel momento in cui scriviamo, dichiara di considerarle inaccettabili). Sotto questo profilo, la decisione dell’Autorità non ha
precedenti nemmeno a livello comunitario, dove peraltro la Commissione – a differenza dell’Autorità
– non ha il potere di imporre condizioni ulteriori rispetto a quelle offerte dalle parti. Ciò implica che
difficilmente si potrà assistere ad una riedizione dell’esperienza italiana nell’ambito di un procedimento dinanzi alla Commissione. Comunque, anche altri operatori europei stanno ripetendo il tentativo di Canal+: notizie di stampa apparse negli stessi giorni della decisione dell’Autorità riferiscono
del raggiungimento di un accordo tra Telefonica e Sogecable per l’integrazione delle rispettive piattaforme pay-TV in Spagna, con probabile conseguente obbligo di Telefonica di cedere le sue attività
nel settore della TV in chiaro.
giugno 2002
Beltel
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attualità
soluzioni di Contact Center in modalità Asp
Claudio Alati
Direttore Marketing Reitek
La gestione del contatto fra l’azienda e i propri interlocutori è una parte fondamentale dei servizi di
Crm. I contatti possono avvenire attraverso i canali e i mezzi attualmente disponibili (telefono, fax, email, transazioni Internet e così via). Oggi nessuna azienda può permettersi di sottovalutare l’importanza della gestione del contatto con i clienti. Ecco perché il Contact Center è diventato il punto
nevralgico di molte attività di relazione: dalla fase iniziale di acquisizione del cliente alle fasi di
vendita e post vendita. Tuttavia realizzare e gestire con efficacia e con costi prevedibili un Contact
Center può costituire una problematica difficile da affrontare. Una delle possibilità per superare
questo ostacolo è quella di rivolgersi a un Asp Contact Center.
Orientarsi tra le soluzioni di Contact Center
Il mercato oggi offre varie tipologie di soluzioni di Contact Center in modalità Asp: dalle linee dedicate, ai sistemi
VoIp - voce e dati sulla rete Ip - a quelli che impiegano la rete intelligente dei carrier per trasportare la voce.
Un contact center Asp deve essere connesso alle società che ne utilizzano i servizi, sia in dati sia in
fonia. La connessione contemporanea è indispensabile sia per usufruire dei servizi forniti dal sistema
centrale agli agenti e al supervisore sia per gestire direttamente tutti i contatti diversi da quelli vocali
(es.: fax, chat, co-browsing, video conferenza, e-mail,etc.).
Il supervisore deve poter amministrare i propri gruppi di agenti, verificare l’andamento del servizio,
gli eventuali picchi di traffico ed effettuare tutte le analisi statistiche necessarie.
I contact center ASP devono essere in grado di utilizzare qualsiasi tipo di canale nello stesso momento per realizzare la connessione in diverse modalità. Ad esempio, un cliente potrà essere connesso
con una linea dedicata per i dati e una per la fonia mentre un altro potrà essere connesso con una
linea Ip sulla quale viaggiano contemporaneamente dati e fonia. Un terzo cliente potrà decidere di utilizzare una linea Isdn Pri per la fonia e la rete Internet pubblica per i dati.
La scelta dei canali più idonei va effettuata in funzione del numero di agenti, del traffico in dati e di fonia,
della distanza dall’Asp Contact Center, della qualità della fonia e dei servizi dell’Acd multimediale abilitati.
Per quanto riguarda la fonia, l’utilizzo di linee dedicate o commutate (Isdn Bri, Isdn Pri, Cas) o
semplici linee analogiche, garantisce la qualità tipica di qualsiasi connessione telefonica , però con
costi superiori ad altre soluzioni.
L’uso del protocollo Ip, per il trasporto della voce, offre certamente una garanzia di maggiore flessibilità e minore costo ma le sue limitazioni intrinseche possono creare alcuni problemi sulla qualità.
Infatti, la voce, pur non occupando una grossa banda può subire interruzioni o distorsioni poiché il
protocollo non è in grado di determinare i tempi di transito e di latenza di un pacchetto.
Nel caso in cui il traffico dati e VoIp coesistano sulla stessa rete - locale e geografica- il problema si
aggrava e perciò, allo stato attuale della tecnologia e in attesa del protocollo IpV6, la soluzione è
realizzabile a condizione di dimensionare e configurare correttamente la rete.
I settori e servizi interessati
In Italia, il mercato dell’Asp Contact Center sta suscitando un enorme interesse anche se le aziende
sono ancora nella fase di studio. Anche se ciò può sembrare paradossale, le prime società toccate
dal fenomeno dell’Asp sono gli outsourcer che hanno capito come i servizi di puro outsourcing di
risorse possano beneficiare di questa tecnologia quando il cliente finale preferisce gestire direttamente una parte dei contatti con la propria utenza. All’Asp Contact Center sono inoltre interessate
tutte quelle aziende che non hanno flussi di traffico costanti nel tempo e che non vogliono fare ingenti
investimenti pur volendo offrire un servizio di qualità elevata ai propri utenti. Anche le aziende pubbliche e municipalizzate, che oggi hanno l’esigenza di informare i cittadini e sono misurate anche sulla
qualità dei servizi offerti, possono beneficiare di questa tecnologia che permette un rapido start-up a
costi contenuti e direttamente proporzionali al servizio fornito. La possibilità di aggiungere al servizio in
modalità Asp i servizi di outsourcing erogati dallo stesso fornitore, come a esempio la gestione della
prima accoglienza, permette ai dipendenti dell’ azienda di dedicarsi ai propri compiti istituzionali.
giugno 2002
Beltel
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attualità
interviste a protagonisti
a cura di Marinella Zetti
Intervista a Clara Covini, Marketing Manager Oracle Sud Europa
Circa 25 anni orsono Larry Ellison pensa di riunire tutte le informazioni aziendale in un database e,
con Bob Miner e Ed Oates fonda Oracle; nel 1979 la società americana presenta il primo Rdbms
(Relational database management system); Oggi tutte le soluzioni di Oracle sono Internet-based.
In Italia la società americana, presente con una propria struttura dal 1993, annovera 800 dipendenti dislocati in cinque uffici.
A Clara Covini, marketing manager Oracle Sud Europa, Beltel ha chiesto cosa significa integrare il
database aziendale con i sistemi di comunicazione e come si è adeguata la strategia e l’offerta di
Oracle ai cambiamenti del mercato e alle esigenze delle imprese.
L’architettura
“L’elemento essenziale è l’architettura, il nostro suggerimento è di consolidare centralmente il
database aziendale, in modo che le informazioni possano essere il più possibile concentrate in un
unico punto e utilizzate da tutte le applicazioni; questa strategia permette all’azienda un’integrazione complessiva di tutti i flussi di attività, di tutti i processi e anche di tutti gli elementi informatici
che ha al suo interno. Un’architettura basata sulla condivisione delle informazioni permette integrazione fra i vari elementi di un’azienda, comprese le telecomunicazioni”.
E i clienti ne sono consapevoli, la richiesta di integrazione, infatti, è in costante crescita.
“Le imprese hanno compreso che tante informazioni disperse in azienda generano imprecisione e
costi di manutenzione, inoltre si rendono conto che molto software acquistato negli anni passati, in
realtà, non si sposa con la nuova architettura. Le società che implementano oggi un sistema
informativo chiedono espressamente l’integrazione con le altre componenti aziendali, compresi i
sistemi di telecomunicazione, mentre le aziende che ne hanno già uno cercano di adeguarlo”.
“La soluzione ideale è una lavagna bianca, ovvero poter ripartire da zero ridisegnando tutto il
sistema informativo con una visione unica dei dati interni, purtroppo non è sempre possibile, così
si devono trovare soluzioni di compromesso. Una delle tematiche rivalutate, anche se non è nuova,
è quella relativa ai datawarehouse”.
Clara Covini pone l’accento sui vantaggi
“Le aziende percepiscono immediatamente il vantaggio legato alla riduzione dei costi, un database
centralizzato, infatti, necessita di minor manutenzione rispetto ai database distribuiti. Oltre alla
centralizzazione, un altro elemento importante è la standardizzazione, in Italia per molto tempo si
è privilegiato il software sviluppato “in casa”, in realtà quello standardizzato offre più garanzie,
soprattutto quando si incomincia a parlare di integrazione e di protocolli di comunicazioni. In ogni
caso determinare il reale costo del sistema informativo è difficile, il costo di acquisizione è chiaro,
poi si rischia di affogare in una montagna di voci che spaziano dalla manutenzione al personale”.
La strategia
Nel maggio 1999 Larry Ellison ha annunciato di voler implementare una strategia volta all’adozione
e alla diffusione interna del modello dell’e-business al fine di ridurre i costi operativi globali di
Oracle di un miliardo di dollari. Oracle ha iniziato a ripensare il proprio business a livello globale per
trasformarsi in un’organizzazione e-Business con vantaggi concreti nelle are del marketing, del
supporto e dei processi amministrativi.
giugno 2002
Beltel
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Nel contempo Oracle ha continuato a investire in tecnologia, in particolare negli strumenti per il
consolidamento dei dati.
“Consolidare i dati è importante, soprattutto in presenza di volumi di accesso al database molto
elevati, ad esempio per i centri di fatturazione degli operatori di telecomunicazioni; il database
deve garantire, tra l’altro, sicurezza, disponibilità continua, solidità ed efficienza, ma deve anche
essere in grado di crescere adeguandosi alle esigenze aziendali; per il cliente, infatti, è difficile
prevedere l’entità della crescita dei dati nel corso degli anni, si vede così costretto all’acquisto di un
data base sovradimensionato. La ricerca di Oracle ha consentito di studiare una soluzione in grado
di riprodurre una struttura hardware, per esempio un cluster di pc, che alla fine ha una potenza di
calcolo equiparabile a un sistema mini, ma con un costo inferiore di realizzazione e di manutenzione e, soprattutto, con la possibilità di aggiungere processori e pc in base alle reali necessità. Può
sembrare banale ma oggi non c’è nessun altro database o software in grado di gestire un numero
variabile di processori, o meglio, ogni volta che cambia il numero di processori è necessario
riprogrammare e ridistribuire il carico, mentre Oracle compie le operazioni automaticamente. Con
questa architettura il Cern di Ginevra gestisce i dati della ricerca sul sincrotone, si tratta di grandi
volumi, petabyte, oggi il Cern ha un cluster di nove macchine ma prevede di arrivare a 100”.
Gli accordi
Investire in tecnologia per molte aziende si traduce in acquisizioni, Oracle, invece, privilegia l’innovazione che viene dall’interno.
“Un’acquisizione non rende immediatamente disponibile la tecnologia, occorre preventivare almeno due o tre anni per integrare i prodotti, solo in poche occasioni e per tecnologie complementari
Oracle ha optato per l’acquisizione. Oracle è molto disponibile agli accordi e alle collaborazioni con
ruoli ben definiti, ad esempio nel mondo delle telecomunicazioni e del wireless, sta collaborando
con operatori quali Telia o Nokia; purtroppo registriamo un forte rallentamento sul fronte Umts,
mentre vi sono molti progetti attivi in ambito Crm”.
Intervista a Riccardo Pezzotta, Responsabile Business Unit Telecomunicazioni di Sap Italia
Dall’Erp alle soluzioni collaborative per l’e-business, un’evoluzione che Sap ha compiuto mantenendo ben salda la leadership. Fondata in Germania nel 1972, Sap annovera oggi un organico di oltre
27.800 persone a livello mondiale, con oltre 44.500 installazioni presso 17mila aziende clienti in più
di 120 Paesi; in Italia è presente con 370 dipendenti, più di 1.200 installazioni e 720 clienti di cui
oltre il 50% nella piccola e media impresa.
Il successo delle scelte strategiche di Sap ha trovato conferma anche all’ottava edizione di SapForum,
tenutosi lo scorso marzo a Fiera Milano: oltre sette mila visitatori, più di mille partecipanti al
convegno di apertura e 600 a quello dedicato alle Pmi, oltre 80 partner distribuiti su un’area
espositiva di 35mila metri quadrati.
Con Riccardo Pezzotta, Responsabile Business Unit Telecomunicazioni di Sap Italia, affrontiamo il
tema dell’integrazione tra un Erp e i sistemi di comunicazione aziendali.
L’evoluzione
“Sap ha iniziato a porsi il problema in tempi non sospetti, infatti, aveva previsto l’apertura dei
sistemi Erp a un mondo molto più ampio rispetto a quello aziendale interno, una comunicazione
rivolta all’esterno divenuta più attuale e percorribile grazie alla banda larga e alla fibra ottica.
Già nel 1998, Sap aveva capito in quale direzione si muoveva l’evoluzione e ha deciso di aprire tutta
la propria suite al mondo Internet con la possibilità di utilizzare l’Erp come mezzo di comunicazione
sia tra le persone, stanziali o in mobilità sul territorio nazionale o internazionale, sia tra le aziende;
in altre parole, non più una tecnologia client/server ma basata su Interne”.
Sap è stata tra le prime Erp Company a intravedere la potenzialità di Internet e a trasformare le
proprie soluzioni; oggi, infatti, la maggior parte delle proposte Sap sono basate su Web e quindi
possono gestire la comunicazione tramite l’utilizzo di un semplice browser.
“Dal 1997 Sap si è trasformata da una Erp Company a una Solution Company lanciando nel 1999
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mySap.com, una piattaforma e-business finalizzata a supportare la gestione collaborativa di tutti i
processi aziendali. Per tornare alla comunicazione, Sap ha messo a punto soluzioni specifiche per
rispondere alle diverse esigenze aziendali, quali il Crm per la comunicazione con il cliente o l’eProcurement e la Scm (Supply Chain Management) per i rapporti con i fornitori; in questo modo
l’impresa può fare prospecting e analisi statistiche con campagne di marketing per acquisire,
identificare e segmentare il mercato/cliente per poter poi comunicare con i vari segmenti in modo
diverso. Una volta acquisito, il cliente deve essere fidelizzato con azioni specifiche e mirate e con
una strategia di comunicazione che è parte integrante del Crm”.
La strategia vincente
In casa Sap la strategia vincente si chiama integrazione.
“La strategia vincente è legata all’integrazione, Sap cerca di offrire soluzioni non solo integrate tra
loro e all’interno del sistema informativo/informatico aziendale, ma che operino per fornire un’unica visione che sia consistente e dia credibilità all’azienda. Mi spiego meglio, oggi i sistemi di Crm
hanno un grande potenziale perché introducono modi diversi di fare business, ma sono anche un
potenziale pericolo, se non vengono gestiti in modo coerente; infatti, si rischia di presentare l’azienda
sul mercato a clienti/fornitori/dipendenti in modo diverso. Se un’azienda/cliente riceve informazioni
diverse sullo stesso prodotto dai tre diversi canali di vendita è un problema, se le informazioni non
sono coerenti possono creare un danno, non solo di immagine. Credibilità significa comunicare informazioni basate su una base dati integrata, anche sui sistemi automatici di telecomunicazioni. MySap,
oltre ad essere integrata per le proprie componenti, è aperta anche all’integrazione con elementi di
altri produttori, proprio per salvaguardare gli investimenti dei clienti. E’ possibile, ad esempio, integrare le informazioni acquisite dal call center o da media diversi; riuscire a integrare il contenuto informativo con il canale di informazione è un vantaggio in termine di costi efficienza e velocità di risposta”.
Le partnership
Un altro punto di forza di Sap risiede nelle partnership, la multinazionale, infatti, non ha mai
privilegiato la strada delle acquisizioni.
“La storia di Sap è “povera” di acquisizioni, grazie alla sua capacità di autofinanziare la propria ricerca
e sviluppo riesce a produrre cultura e innovazione dall’interno. Uno dei pilastri della strategia Sap è la
partnership a tutti i livelli con aziende specializzate che conoscono i mercati in cui operano e quindi,
non solo possono implementare i prodotti Sap in modo adeguato, ma sono in grado di fornire informazioni e suggerimenti per migliorare e arricchire le applicazioni. In alcuni casi si tratta di intese su
base locale, in altri di accordi internazionali; nel mondo delle tlc abbiamo siglato accordi in diversi
paesi con produttori di software in aree dove Sap non è presente, ad esempio, il billing o sistemi di
fatturazione che sono molto diversi da quelli di un’azienda tradizionale. Alcuni carrier devono gestire
decine di milioni di fatture con conteggi molto complessi, si tratta di sistemi dedicati che Sap non ha
sviluppato, però è in grado di integrarli nella propria architettura”.
I problemi
L’integrazione, non è sempre semplice da realizzare, Riccardo Pezzotta pone l’accento su alcuni aspetti.
“La tecnologia pone problemi sempre risolvibili, il vero collo di bottiglia è rappresentato dai processi, o meglio, dalla chiarezza dei processi e dei flussi informativi all’interno dei processi. La difficoltà
maggiore consiste nell’analizzare, capire e schematizzare i processi in modo da riportarli in un
sistema informativo/informatico; il processo è qualcosa di più rispetto al codice o alla scrittura di
software ed è uno dei motivi per il quale il mercato delle soluzioni Sap ha registrato grandi crescite;
Sap ha di fatto creato il mercato Erp standardizzato, ha capito che era importante standardizzare,
facilitare il trasferimento del processo in un sistema. Il valore non è più nel codice ma nei processi
contenuti nelle soluzioni, Sap cerca di facilitare la gestione del processo e non solo dal punto di
vista informatico ma con la conoscenza e la competenza. La vera difficoltà è la capacità di schematizzare di proceduralizzare i flussi e i processi che l’azienda deve costruire, ma un progetto
informatico/organizzativo è in continua evoluzione, di conseguenza i processi devono essere flessibili perché devono seguire gli scenari del mercato”.
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Intervista ad Antonella Mamino, direttore generale Blixer Idc
Nome, logo e marchio contribuiscono a identificare il nuovo posizionamento di Blixer Idc (Internet
Data center e-business provider), la società costituita nel dicembre 2001, già presente sul mercato
italiano dal 1999, che annovera tra i suoi azionisti aziende e imprenditori di primo piano, quali Kiwi
I e II, Cir, Cofide, Microsoft, e San Paolo Imi Private Equity Scheme.
Antonella Mamino, direttore generale, ci racconta l’evoluzione, le nuove strategie e gli accordi
inserendoli nel mercato italiano delle telecomunicazioni.
La rifocalizzazione
Riposizionamento per Blixer Idc ha significato l’abbandono del mercato delle tlc intese come accesso Internet, Voice over Ip per focalizzarsi sull’offerta di servizi a valore aggiunto gestiti da Internet.
“Blixer è nata come operatore a 360° del mondo delle telecomunicazioni, anche se il mercato ha
disatteso le previsioni di grande crescita stimate per il settore e tutte le società, ovviamente anche
Blixer, sono state costrette a ripensare il loro modello di business. Blixer, forse prima di altri, ha
deciso, con molto coraggio, di guardare il mercato e capirne la segmentazione: è molto diverso
fornire servizi gestiti su Internet rispetto a offrire connettività voce/dati. Blixer, operando
prevalentmente sul mercato nazionale, ha sviscerato le potenzialità di sviluppo in Italia e alla fine
ha scelto di offrire servizi di gestione di siti web e di applicativi Internet dei clienti erogati attraverso gli Internet Data Center localizzati a Milano, Roma e Napoli”.
In altre parole Blixer ha deciso che non era più interessante competere con Telecom Italia o
InfoWind e oggi si rivolge alle aziende e ai Service Provider con un’offerta di servizi di natura
operativa, sistemistica, di Data Base administration, di consulenza, soluzioni e servizi di Security
management altamente qualificata e organizzata 7 giorni su 7, 24 ore su 24.
«Nel nostro mercato, noi riteniamo di esprimere un’eccellenza sia a livello di infrastrutture tecnologiche sia di competenza e siamo convinti di poterci posizionare meglio rispetto ai concorrenti di
fascia alta e media. Il nostro punto di forza sono i servizi, in particolare l’e-business outsourcing,
ovvero la gestione presso i nostri Internet Data Center dei sistemi operativi o dei data base dei
clienti 7 su 7, 24 ore su 24. Inoltre, Blixer è organizzata oltre che per il monitoraggio dei sistemi di
sicurezza anche per quello degli applicativi, grazie a sonde software monitoriamo tutti gli strati
della piattaforma del cliente, in modo da percepire se un applicativo non funziona e procedere
chiamando il responsabile dell’azienda o la software house indicata dal cliente. Ovviamente una
gestione simile non può prescindere da un livello di servizio molto elevato, infatti, Blixer si impegna
contrattualmente con il cliente a pagare penali se non rispetta quanto stabilito dal contratto».
Blixer opera anche nella fascia media che richiede soluzioni meno sofisticate e servizi tradizionali
quali housing, connettività Internet e hosting sherato.
«In collaborazione con software house innovative stiamo incominciando a proporre alle Pmi soluzioni in modalità Asp per poter transare su Internet benificiando di alcuni interessanti vantaggi».
L’accordo con Ibm
Alla fine di maggio Blixer ha ufficializzato un importante accordo con Ibm; l’intesa impegna le due
aziende in una cooperazione per fornire servizi avanzati, anche in modalità Asp, e soluzioni modulari
di housing e hosting alla Pmi italiana basati su tecnologia Ibm.
“Ibm e Blixer hanno messo a punto un programma di marketing e commerciale condiviso che le
impegna reciprocamente a livello nazionale ma soprattutto sullo sviluppo del mercato e-business
del centro e sud Italia. Noi abbiamo scelto Ibm perché è l’unica società con respiro davvero nazionale, inoltre ha registrato successo incredibile nel mercato Pmi con la piattaforma As/400 che
annovera più di 20mila clienti, dei quali nove mila con applicazioni contabili/gestionali. La partnership
con Ibm è operativa da alcuni mesi e sta portando buoni risultati. Come è consuetudine, abbiamo
atteso di avere qualche frutto prima di ufficializzare la collaborazione, l’Internet Data Center di
Napoli, infatti, fornisce ad alcuni clienti le soluzioni innovative nate dalla cooperazione tra Ibm e
Blixer. In un mercato che negli ultimi anni è stato pericolosamente “virtuale”, riteniamo sia importante dare segnali di concretezza e referenziabità”.
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Beltel
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Blixer ha al suo attivo anche accordi con Elitel e Cubecom.
“Stiamo osservando il mercato degli Internet Service Provider con molta attenzione, anche se in
questo momento non sono previste acquisizioni, in ogni caso non ci sentiamo di poter escludere la
strada delle acquisizioni nel medio e lungo termine”.
La strategia di comunicazione
Il cambiamento del modello di business ha modificato anche la strategia di comunicazione delle
aziende, obbligandole a rifocalizzare meglio gli obiettivi.
«Le aziende, o meglio i carrier, che si rivolgono al mercato residenziale e delle microaziende hanno
l’esigenza di investire molto in pubblicità, mentre gli operatori che si dedicano al settore business
di fascia medio/alta possono elaborare piani di marketing e comunicazione con budget contenuti,
ottenendo buoni risultati, facendo leva sulla fantasia e sulla professionalità. La strategia di comunicazione di Blixer Idc è evoluta scegliendo di abbinare il proprio marchio alla cultura italiana,
cultura significa tradizione e radicamento ma anche estro e innovazione, valori che riteniamo
abbiano valenza anche per un’azienda che fa innovazione».
Blixer è anche molto impegnata nella formazione, in particolare nel Centro/Sud con
“evangelizzazione” su temi di e-business e Internet sia con Ibm sia con altri partner selezionati.
L’accordo con Ibm, infatti, prevede corsi di formazione indirizzati a titolari e manager di aziende o
a business partner.
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dedicato a
municipalizzate e dintorni
fusione di servizi pubblici: nasce il Gruppo Linea
Benedetta Rizzo
L’hanno definita “la prima holding italiana a struttura federale”, “la supermunicipalizzata della Bassa lombarda”, “la mega-holding dei servizi pubblici”. Parliamo del Gruppo Linea, la nuova holding
multiutilities costituita dalle ex municipalizzate di Aem Spa Cremona, Astem Spa Lodi, Tea Spa
Mantova e Asm Spa Pavia, attive nella fornitura di servizi publici locali. Mission dell’operazione:
garantire in modo efficace (nel rispetto degli obiettivi) ed efficiente (razionalizzazione dei costi) il
presidio delle attività strategiche del gruppo.
La holding, che controllerà l’erogazione dei servizi di distribuzione di gas, acqua e, parzialmente,
dell’energia elettrica nei rispettivi territori, oltre alla raccolta di rifiuti e al teleriscaldamento, nasce
per raggiungere dimensioni e capacità tali da permetterle di competere con aziende e multinazionali operanti nel settore delle multiutilities, anche e soprattutto alla luce dell’imminente liberalizzazione
del mercato.
L’alleanza dunque, in piena sintonia con le profonde innovazioni in atto nel comparto dei servizi
pubblici e aperta anche ad altre aziende, mira:
– all’aumento del volume di investimenti, diversificando ulteriormente il business, pur all’interno
di uno scenario strategico unitario;
– al coordinamento delle politiche di sviluppo, concentrando gli sforzi di aziende con problematiche
operative e scenari di mercato simili;
– al raggiungimento di una più elevata massa critica e capacità operativa;
– al conseguimento di economie di scala (riduzione di costi operativi e di struttura) per offrire
prezzi più competitivi e per vedere accresciuto il valore del gruppo tramite l’erogazione di nuovi
servizi.
I Sindaci Paolo Bodini (Cremona), Aurelio Ferrari (Lodi), Gianfranco Burchiellaro (Mantova) e Andrea Albergati (Pavia), che hanno firmato a Milano il 16 maggio il protocollo d’intesa presentando
alla stampa l’iniziativa, hanno snocciolato i numeri dell’operazione: aggregando i dati delle quattro
Spa, il nuovo gruppo gestisce un bacino di utenza pari a oltre 1,4 milioni di abitanti, occupa 1.400
persone, ha un patrimonio netto di 246,46 milioni di euro, un fatturato di 230 milioni di euro, un
margine operativo lordo complessivo di 36,05 milioni di euro (cfr. tabella).
L’aggregazione intende infatti rafforzare le singole aziende (che vantano una lunga tradizione e
sono portatrici di alleanze strategiche già operative in diversi settori – cfr. riquadro a fine articolo),
rendendole altamente competitive e in grado di espandere rapidamente le quote di mercato servite, in una logica di accentramento delle attività strategiche per lo sviluppo in ambito sovraprovinciale.
L’intenzione è quella di raddoppiare entro tre anni il bacino di utenti e raggiungere un fatturato di
circa 500 milioni di euro nel breve-medio termine, collocandosi ai primi posti in Italia tra le aziende
multiservizi in termini di fatturato e capitale.
L’attuazione del progetto industriale, che dovrebbe completarsi entro l’anno, avverrà attraverso
diverse fasi operative. La prima prevede che il patrimonio venga separato dai servizi erogati e
conferito ad altrettanti soggetti, a maggioranza pubblica, creati dalle quattro Spa. Nella seconda
verrà formalmente creato il soggetto comune (Gruppo Linea appunto) cui affidare i contratti commerciali e il portafoglio clienti. Questo soggetto avrà un capitale formato dalla cessione del pacchetto azionario (almeno il 60%) di ogni azienda, che continuerà però a gestire i servizi a livello
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territoriale (da qui l’autonomia garantita alle società, il sistema federato). Nella terza fase, infine, le
società che detengono il patrimonio potranno fondersi in un unico soggetto, allo scopo di determinare una maggiore attrattiva per eventuali investitori.
La nuova holding dovrebbe diventare operativa da gennaio con l’obiettivo di approdare in piazza
affari nel 2004 (senza rinunciare al controllo pubblico) e di raggiungere l’autosufficienza energetica
del territorio, la corretta gestione del ciclo integrale dell’acqua e dei rifiuti, dello sviluppo del
teleriscaldamento e dei servizi per la mobilità e di telecomunicazione.
il Gruppo Linea
Bacino di utenza
1.407.512 abitanti
Patrimonio netto
246,46 milioni di euro
Margine Operativo Lordo (MOL)
36,05 milioni di euro
Acqua fatturata (mc/mil)
37,3
Gas fatturato (mc/mil)
327,5
Raccolta rifiuti (ton)
216.651
Energia elettrica (MW/H)
239
Calore (Gcal)
180.979
Aggregazione dei dati riferiti al 2001 di Aem, Tea, Astem, Asm.
le società coinvolte nell’operazione
Asm Pavia è nata nel 1903 con la municipalizzazione del servizio del gas. Dal 1998 ha operato una
progressiva trasformazione da Municipalizzata in Azienda speciale multiservizio e, dal 2000, si è
costituita sotto forma di Spa. Oggi svolge attività strategiche in partnership con varie società nei
settori dell’acqua, del gas, del trasporto pubblico, delle tlc, del recupero materiali da demolizione e
della gestione della rete delle amministrazioni locali. Ha così costituito Spea (Società pavese esercizio acquedotti), che gestisce integralmente il ciclo delle acque; Line Spa (in joint venture con Sisa
Lodi) che sviluppa il trasporto pubblico nelle province di Pavia e Lodi; Pavia Network (in joint
venture con 2Net Spa) per l’erogazione di servizi a banda larga; Technostone per il recupero dei
materiali da demolizione; Epolis, per lo sviluppo della rete delle amministrazioni locali.
Tea Spa Mantova è la società per azioni nata nel 1998 dalla trasformazione dell’Azienda Servizi
Municipalizzati di Mantova, con una tradizione quasi centenaria. Tea ha dato vita ad allenze strategiche con partner pubblici e privati nei settori dell’acqua, dell’energia e dell’ambiente creando
Depura Srl per la gestione del ciclo integrale delle acque, Ecogen Spa per la produzione di calore,
Teleriscaldamento Cogenerazione Valcamonica Valtellina Valchiavenna Spa per lo sviluppo delle
reti di teleriscaldamento, BioCiclo Srl per la lavorazione degli scarti organici, Tea immobiliare Srl nel
settore civile e industriale, Asi Spa per lo sviluppo di sistemi informativi e telecomunicazioni, Casalasca
Servizi Spa per la gestione dei servizi pubblici in genere, Csi Srl per i servizi alle imprese.
Astem Spa Lodi è nata come Azienda Municipale Gas del Comune di Lodi nel 1963; nel 1996 viene
trasformata in Azienda Speciale e nel 1999 in Astem Spa. Ad essa fanno capo le società Lodiluce Srl
(illuminazione) e Solea Srl (esercizio delle acque).
Aem Spa Cremona nasce invece nel 1999 dalla trasformazione dell’azienda municipalizzata di
Cremona in società per azioni. In questi ultimi anni ha avviato una profonda trasformazione che ha
condotto alla creazione di nuove società e di partnership importanti. Nel settore trasporti ha costituito Km, una società pubblico-privato (51% Aem e 49% Saia) allo scopo di integrare in un unico
sistema provinciale i trasporti urbani e quelli extraurbani; nel settore trading energetico è entrata
nel capitale sociale di Asmea, la società dell’Asm di Brescia e, per rispondere alla sfida rappresentata dal mercato delle telecomunicazioni, ha dato vita a Aemcom, uno dei primi gestori locali di
servizi integrati a larga banda e tradizionali. La società realizza e gestisce la rete metropolitana a
larga banda della città di Cremona (circa 90 km) ed è contemporaneamente un operatore tlc e un
internet service provider.
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dedicato a
banche e finanza
Chiara Frigerio
CeTif - Università Cattolica, Milano
Crm in banca
Da qualche tempo ormai il tema del Customer Relationship Management è considerato importante
e vitale dalle banche. In particolare, la multicanalità ha portato le banche a cercare dei mezzi per
l’analisi del comportamento del cliente, sempre più attento al servizio offerto dalla banca e autonomo nella scelta di strumenti e prodotti finanziari. Non solo. I progetti di Crm si sono con forza
affermati nei gruppi bancari, con il principale obiettivo di omogeneizzare il rapporto coi clienti dei
diversi istituti e di far convergere i conti intestati agli stessi clienti.
Le ragioni per le quali le banche sono dei potenziali fruitori di sistemi di Crm sono molteplici e si
riconducono al fatto che i dati che esse elaborano ogni giorno, offrono una panoramica piuttosto
esaustiva del cliente, posizionandosi quindi in una situazione di vantaggio informativo rispetto ai
concorrenti di servizi finanziari.
Sebbene le condizioni per lo sviluppo di progetti di Crm siano solide, in realtà sono molte le banche
che non hanno ancora previsto di razionalizzare la gestione col cliente. Numerosi sono anche gli
istituti che hanno intrapreso un progetto, terminato senza il raggiungimento degli obiettivi stabiliti. Si
osserva quindi una grande difficoltà a portare a termine progetti di questo tipo. Un’analisi più attenta
del fenomeno ci porta a identificare in particolare tre principali motivazioni che sono alla base dello
“stallo” dei progetti di Crm: project management, costi e resistenze al change management.
L’aumento della complessità gestionale delle banche, dovuta spesso alle continua aggregazione di
realtà differenti, porta inevitabilmente a un ampliamento delle problematiche che si riscontrano
nella gestione del progetto. Pensiamo in particolare alle difficoltà nell’identificazione di un modello
soddisfacente alla raccolta dei dati che spesso sono riposti in archivi molto differenti tra loro, con il
rischio di non essere aggiornati. Sebbene questa complessità renda faticoso il compito del customer
relationship officer (Cro), è stato osservato che la crisi dei progetti è da ricondurre non tanto alla
difficoltà dei task ma alle problematiche legate al project management. I progetti di Crm sono
caratterizzati dall’avere tempi molto lunghi di rilascio e dal richiedere competenze differenti. Una
gestione quindi per fasi si rende inevitabile per ottenere degli output valutabili col passare del
tempo e per cercare di meglio controllare l’impiego di risorse destinate ai singoli deliverable.
In realtà il rilascio per fasi trova anche una sua logica nel fatto che la definizione di cosa sia il Crm
non è univoca. Per esempio, l’osservazione e l’analisi del comportamento del cliente sui canali
remoti, nonché la creazione di una soluzione per gestire le campagne di vendita possono essere
considerate delle fasi ben definibili a priori nella creazione di un più esteso sistema di Crm. Una
“segmentazione” di questo tipo porta le banche a trovare un criterio anche per la gestione del
rapporto coi fornitori, difficilmente controllabili in altro modo. La complessità e la varietà delle
competenze necessarie (tecnologiche, di analisi, di marketing, bancarie, ecc.) nei progetti di Crm,
ha condotto infatti gli istituti a intraprendere progetti con l’ausilio di differenti fornitori specializzati
in ambiti strettamente definiti.
I costi sostenuti per il lavoro degli analisti e per le infrastrutture tecnologiche a supporto delle
soluzioni portano a definire mediamente alti i costi del Crm. La difficoltà riscontrata dalle banche
risiede nella impossibilità di definizione a priori dei costi di progetto. Si stima che in media nei
progetti di questo tipo ci sia uno scostamento rispetto al budget di circa il 30-40% degli oneri. In
particolare, i costi di integrazione delle piattaforme di Crm e dei fornitori è quasi sempre sottostimato
del 40-70%. Le ragioni sono una volta ancora dovute a una mancanza di attenzione riposta nella
fase di definizione del piano di progetto e nella complessità dei sistemi informativi e degli archivi
che rappresentano i legacy dell’azienda. Una cattiva gestione del progetto porta inevitabilmente al
sostenimento di alti costi per effetto delle diseconomie riscontrate.
Se l’obiettivo del Crm è di rappresentare una nuova strategia di business, le banche si trovano ad
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affrontare anche un problema di change management interno all’azienda. Troppo spesso infatti la
mancanza di revisioni organizzative a fronte di un nuovo modello di relazione col cliente porta i
progetti a non ottenere i vantaggi sperati. Le banche si sono spesso dimostrate restie nel passare
a un modello gestionale “cliente-centrico”, per il quale l’attenzione è non più al processo ma al
prodotto/servizio offerto e si lascia più autonomia decisionale e contrattuale alla filiale che diventa
il polo principale di collegamento col cliente. Alcune realtà di grandi dimensioni stanno facendo
qualche esperimento in questa direzione, introducendo nuove figure professionali, come il gestore
della clientela che si occupa di fungere da interfaccia tra il cliente e i singoli specialisti di prodotto
interno alla filiale (credito, finanza, sportello, ecc.). Il passaggio verso un modello di questo tipo
potrebbe essere avvertito con difficoltà anche dai clienti, ai quali non è spesso illustrato che tipo di
obiettivo si propone di avere il nuovo assetto organizzativo.
Le esperienze delle grandi banche sembrano trasmetterci molto sulla gestione dei progetti di Crm
e sulle criticità che si possono riscontrare.
“I progetti di Crm non devono mai essere considerati conclusi”1 afferma Franco Rinaldi, responsabile progetto Crm del Gruppo Banca Monte dei Paschi di Siena. L’istituto è stato tra i primi ad
affrontare il tema del Crm già nel 1994 quando si è dato vita alla prima fase volta alla definizione
del catalogo prodotti unificato. Il progetto si è quindi articolato in una serie di fasi successive che
sono partite dal rilascio dell’Olap e del Data Mining. Per seguire l’intero progetto è stata attivata
una task force composta da circa 50 persone dipendenti della banca e della società del gruppo
addetta all’informatica. Ciò a sostegno della fiducia rivolta al progetto, considerato una vera strategia aziendale che non può essere “importata” dai consulenti e fornitori esterni ma deve crescere
con un forte peso dell’azienda.
Dello stesso avviso è Flavio Addolorato, project leader del Crm del Gruppo Banca Intesa-Bci. La
grande criticità del progetto si è affermata sul fronte dei costi e in particolare modo nella definizione dei vantaggi tangibili da sottoporre all’attenzione del management Intesa-Bci. Il progetto ha
insistito quindi su tre leve fondamentali: riduzione del tasso di abbandono (-1%), miglioramento
del tasso di acquisizione (-0,5%), aumento redditività media della clientela esistente (-1%).
“L’ottenimento dei primi due benefici” afferma Addolorato “è sufficiente per recuperare l’investimento di un anno”. L’iniziativa per la valutazione dei benefici è stata osservata su un campione
base di sportelli e i risultati evidenziano che il 75% dei clienti a rischio di abbandono (che rappresentano il 40% dei clienti selezionati) sono stati trattenuti.
Il Crm quindi sembra avere un valore aggiunto potenzialmente molto alto. Superare le difficoltà
insite nella gestione del progetto e nel cambiamento organizzativo potrebbe far sperare
nell’ottenimento dei risultati tangibili e intangibili sperati.
1
Il dott. Franco Rinaldi e il dott. Flavio Addolorato hanno espresso le loro opinioni durante il convegno dal titolo “I fattori
critici di successo nei progetti di CRM nel settore bancario: le variabili tecnologiche e organizzative”, organizzato da
CeTIF nel maggio 2002.
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Notizie dal mondo bancario
Geronzi alla Pesidenza di Bipop-Carire
Siglato l’accordo Bipop-Banca di Roma, il consiglio d’amministrazione dell’istituto bresciano ha
provveduto a rinnovare i vertici. Cesare Geronzi è stato nominato alla presidenza di Bipop-Carire e
Maurizio Cozzolini amministratore delegato.
Il comitato esecutivo risulta adesso composto, oltre che da Geronzi e Cozzolini, da Gambari, Carmine
Lamanda, Antonio Longo, Fabio Gallia e Giuliano Tagliavini. Il consiglio ha inoltre nominato Massimo Ferrari e Michele Casella rispettivamente direttore e co-direttore generale dell’istituto. Dopo il
primo luglio, data dalla quale avrà efficacia l’integrazione tra Bipop e Banca di Roma, sarà convocata l’assemblea straordinaria per deliberare il cambiamento della denominazione della banca in
Fineco. Bipop-Carire, però, non sparisce del tutto: la denominazione resta per l’attività bancaria
tradizionale e per la rete di sportelli che, dopo l’integrazione, faranno capo alla holding Capitalia.
Mps esce da SanPaolo Imi
Monte dei Paschi di Siena esce dall’azionariato del San Paolo-Imi cedendo la sua partecipazione,
pari al 4,99%, alla Deutsche Bank. Secondo l’accordo raggiunto con la divisione londinese del
gruppo tedesco, la cessione a quest’ultima delle azioni San Paolo-Imi avverrà tramite due opzioni
esercitabili da Deutsche Bank in due date differenti entro il mese corrente, rispettivamente per il
2,4% e il 2,5% capitale. In particolare, la prima opzione sarà esercitabile dal 24 maggio al prezzo
di 11,20 euro e la seconda tra il 25 e il 31 maggio a 11,205 euro. Dopo la cessione della quota
detenuta dalla banca Montepaschi, il gruppo senese conserva nel San Paolo-Imi ancora tre microquote
che fanno capo a Mps Finance Banca Mobiliare (0,034%), Montepaschi Vita (0,001%) e Banca
Agricola Mantovana (0,001%), alle quali si aggiunge la partecipazioni pari all’1,128% della Fondazione Monte dei Paschi di Siena.
Corrado Passera nominato ad e chief executive officer del Gruppo IntesaBci
Il Consiglio di amministrazione di IntesaBci, presieduto da Giovanni Bazoli, ha nominato amministratore delegato Corrado Passera, conferendogli le deleghe di responsabile primario della gestione (Chief executive officer) dell’istituto e di tutto il Gruppo. Il Consiglio ha inoltre attribuito a
Christian Merle, che continua a svolgere le funzioni di amministratore delegato, la delega di
sovrintendere alle partecipazioni bancarie sia in Italia sia all’estero, oltre al settore Internet (Intesa
e.lab e banca multimediale).
Cassamarca insieme a Vitaminic per un conto corrente
Cassamarca, Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana (Gruppo UniCredito) ha scelto Vitaminic per
raggiungere il target giovanile con nuovo conto corrente, al quale si abbina un servizio musicale a
valore aggiunto. In base all‘accordo, tutti i giovani correntisti del nuovo Conto Domusfreestar
riceveranno in omaggio un abbonamento al Vitaminic Music Club, il primo servizio in Europa di
abbonamento alla musica digitale che permette di scaricare legalmente musica proveniente dalle
migliori case discografiche L‘intesa raggiunta prevede, inoltre, ulteriori vantaggi per i giovani utenti
del Conto, i quali potranno estendere l‘abbonamento al Vitaminic Music Club per un periodo aggiuntivo
di 12 mesi, usufruendo di uno sconto speciale del 20% sul normale prezzo del servizio proposto al
pubblico da Vitaminic.
Nasce «Fast Track Trading» di IntesaTrade
Banca IntesaBci, attraverso il suo sito web www.intesatrade.it, inaugura «Fast Track Trading»,
un sistema totalmente rinnovato per l’immissione diretta di ordini nel trading on line. Il nuovo
strumento permette di immettere gli ordini di acquisto e di vendita direttamente dalla schermata
del book (in tecnologia «push»), visualizzando il numero di proposte per ogni livello di prezzo. Le
operazioni di acquisto e vendita avvengono attraverso un comando semplice e veloce che compare direttamente sulla schermata e che consente di comprare e vendere con soli due soli click.
Completano lo strumento le essenziali notizie finanziarie e un «tutor» telematico che, per ogni
proposta di negoziazione, dirà se si tratta di un investimento più o meno congruo rispetto alla
propria scelta di rischio.
giugno 2002
Beltel
............................................. mercato .............................................
Servizi bancari Mps.net targati Edisontel
EdisonTel, società di telecomunicazioni di Edison, e MPSnet, la società del Gruppo Monte dei Paschi di
Siena, attiva nei servizi digitali per le aziende, hanno siglato un accordo commerciale per offrire alle Pmi
i servizi avanzati di telecomunicazioni di EdisonTel congiuntamente alle applicazioni Internet di MPSnet.
L’accordo consentirà alla clientela business del gruppo bancario senese di accedere, contemporaneamente, sia alle soluzioni web realizzate da MPSnet, sia a una serie di servizi di telecomunicazioni di EdisonTel che comprendono l’offerta in “unbundling” denominata UNICA che consente di abbandonare il vecchio operatore di telecomunicazioni mantenendo invariato il proprio numero telefonico.
L’accordo con EdisonTel rappresenta per MPSnet un importante tassello della propria ‘strategia
digitale’ per accompagnare le imprese verso soluzioni innovative ad alto contenuto tecnologico.
L’accordo siglato consente, infatti, di integrare i servizi di connettività all’interno dell’offerta di
servizi digitali e finanziari veicolati da MPSnet.
Nasce «Bankpass Web» per gli acquisti on line
Nasce «Bankpass Web», un innovativo servizio di e-commerce sicuro, frutto della collaborazione
tra SSB (Società per i Servizi Bancari), Servizi Interbancari e ABI (Associazione Bancaria Italiana).
Bankpass è un sistema di pagamento per gli acquisti on line che mira a garantire ai consumatori
e agli esercizi commerciali la massima tutela contro le frodi perpetrate via Internet. L’adesione al
servizio, infatti, consente di effettuare acquisti on-line utilizzando un portafoglio elettronico
personalizzato (wallet), nel quale inserire tutti gli strumenti di pagamento con cui si intendono
effettuare le spese (carte di credito, PagoBancomat). L’acquisto si completa con l’utilizzo di un
codice ‘usa e getta’, generato automaticamente dal sistema, valido solo e unicamente per quella
specifica transazione.
L’annullamento del codice a conclusione dell’acquisto ne impedisce utilizzi successivi da
parte di terzi. I dati delle carte di pagamento registrate nel wallet, così, non vengono inseriti sulla
Rete e sono gestiti e protetti dal sistema. A breve, il servizio dovrebbe essere diponibile anche nella
versione Mobile, consentendo anche il trasferimento di fondi tra privati via telefono cellulare.
(Vanessa Gemmo)
giugno 2002
Beltel
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regole
Friaco in Italia: limiti e opportunità
Vincenzo Ferraiuolo
Valutazione degli spazi per offerte retail flat di accesso a Internet dial up da parte di un
Isp che utilizzi i servizi Friaco Sguisgt introdotti dall’Agcom con la delibera 25/01/CIR.
Profili di traffico e offerte retail flat
Gli istituti di ricerca1, sulla base delle statistiche d’uso, hanno suddiviso l’utenza consumer in 3 categorie, la ripartizione risulta applicabile con differenze minime a tutti i principali paesi europei. Per il
sistema Italia sono state prese in esame le tre categorie di utenza definite in tabella.
Ore di connessione
(per settimana)
Durata media della connessione (in minuti)
Utenti
soft user
Utenti
medium user
Utenti
heavy user
2,5
4,5
18
15
22
45
Numero medio di connessioni a settimana
10
12,3
24
% del traffico peak
45%
41%
41%
% del traffico offpeak
41%
45%
45%
% del traffico domenica
14%
14%
14%
Spesa mensile ppm a tariffa urbana
€ 10,74
€ 16,44
€ 57,12
Tabella 12
Le soluzioni di accesso Internet dial up risultano abbastanza efficaci in termini di spesa e di qualità del
servizio per i “Soft e Medium users”. Non altrettanto può invece dirsi per gli utenti “Heavy users” che
trovano nelle soluzioni aDsl presenti nel mercato italiano (canone mensile tra i 303 e i 484 euro) il
naturale riferimento in termini di spesa e qualità: maggiore ampiezza di banda, possibilità di always
on, nessun conflitto d’uso tra servizio Internet e voce. Tenendo conto che le offerte flat in questione
non sono invece innovative in termini tecnologici ma solo in termini di prezzo finale e modalità d’uso,
risulta importante far “percepire” a “Soft e Medium users” qual è per loro il plus dell’offerta flat, che
significa pagare sempre e comunque, rispetto all’abitudine all’uso e alla spesa su base chiamata
finora sperimentata.
Per valutare l’impatto sui consumatori dell’introduzione dei servizi Friaco si è sviluppato un esercizio
nel quale vengono presentate due possibili offerte retail flat basate sul nuovo servizio di
interconnessione. Le offerte si basano sull’ipotesi che i “Soft e Medium users” siano poco disponibili
a pagare di più di quanto attualmente da loro corrisposto. Ciò è diretta conseguenza della percezione
che gli utenti dial up hanno del servizio di accesso ad Internet. L’accesso dial up viene valutato ai soli
fini della connessione nella convinzione che i servizi non vanno pagati e nell’aspettativa che le offerte
1
2
3
4
I dati sono stati ricavati all’interno dei siti inglesi specializzati sul mondo degli ISP e di Internet, tra questi:
www.ispreview.co.uk , www.unmetered.org.uk,
Per il calcolo dei costi relativi all’utenza dial up sono stati utilizzati gli attuali profili tariffari di Telecom Italia per la tariffa
urbana considerando oltre allo scatto alla risposta di 0.00512 euro (100 lire) anche gli sconti per comunicazioni di
durata maggiore di 15 minuti.
Offerta di Telecom Italia “Alice flat” con connessione 256/128Kbps.
Offerta di Cities On Line “Special Adsl 640” con connessione 640/128kbps.
giugno 2002
Beltel
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flat producano una netta diminuzione dei costi di accesso. Sulla base dei profili d’uso e delle indicazioni di spesa esposte nella tabella 1 si sono individuate le seguenti possibili offerte flat:
Soft flat
canone di abbonamento mensile di 11 euro con utilizzo medio massimo dell’accesso di 4.5 ore settimanali.
Medium flat
canone di abbonamento mensile di 16.5 euro con utilizzo medio massimo dell’accesso di 9 ore settimanali.
L’esercizio ha preso in esame le evidenze riscontrate all’estero5 che mostrano come con il passaggio
alle tariffe flat:
- il consumo medio veda un “raddoppio” dell’uso. In particolare molti utenti percepiscono il possesso di un accesso illimitato come la possibilità di effettuare il doppio delle ore di connessione
precedentemente effettuate con il sistema ppm;
- sorgano problemi di congestione gravi se gli utenti non rispettano i profili di utilizzo della risorsa
definiti dall’ISP.
Per entrambe le offerte si realizza il raddoppio delle ore di consumo a parità di spesa ed il traffico
aggiuntivo potrà essere svolto:
- per il 35% con lo stesso profilo d’uso scelto dall’utente per il ppm.
- per il 45% durante le ore notturne
- per il 20% durante le ore del mattino dei giorni feriali.
L’esplicitazione delle modalità di utilizzo delle ore di connessione è un elemento essenziale per il
dimensionamento del numero di utenti per porta FRIACO. Consentire l’utilizzo libero del servizio di
accesso ad Internet dial up porterebbe rapidamente ad una congestione della porta FRIACO da 64
Kbit/s (più utenti sono attestati sulla stessa porta e devono necessariamente spartirsene l’utilizzo in
modo equo) e quindi all’impossibilità di godere di un servizio di accesso.
Valutazione della profittabilità delle offerte
Nell’ipotesi che le risorse a valle della porta FRIACO siano identiche a quelle attualmente predisposte
dagli ISP, per valutare, in prima approssimazione, la sostenibilità delle offerte retail flat dial up
appena individuate, confrontiamo i ricavi, per porta, percepiti da un OLO/ISP nel sistema ppm, con
quelli derivati dalle offerte dial up flat appena determinate.
Utilizzo mensile della porta ppm da 64 Kbit/s e ricavi ISP
8:00-13:00
13:00-18:30
18:30-00:00
00:00-08:00
Totale ore
Interc. ppm
Ricavi ISP mese
ore di connessione a tariffa peak
50,74
76,11
0,00
0,00
126,85
€
0,0075 €
57,00
ore di connessione a tariffa
offpeak
13,88
30,54
106,91
16,82
168,15
€
0,0053 €
53,15
totale ore
64,62
106,65
106,91
16,82
295,00
€
0,0062 €
110,14
fattore di utilizzo peak
39,5%
64,6%
-
-
fattore di utilizzo offpeak
64,8%
64,8%
64,8%
7,0%
Tabella 2 (tariffe dei servizi di interconnessione –novembre 2001-)
Con il meccanismo ppm i ricavi percepiti da un Isp per porta da 64 Kbit/s dipendono unicamente dai
minuti di utilizzo senza distinzione tra utenti soft e medium user. Gli Olo/Isp percepiscono una
remunerazione ppm per l’accesso Internet sfruttando le tariffe di terminazione definite per il traffico
voce. In base ai profili soft e medium users descritti nella tabella 1, ipotizzando un accesso ppm nelle
ore off-peak notturne (dalle 00:00 alle 08:00) pari al 5,7% di tutto il traffico e utilizzando, per le varie
5
Si fa riferimento all’impatto di offerte flat nei mercati degli USA e dell’UK.
giugno 2002
Beltel
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fasce orarie un fattore di utilizzo di picco (EPC) pari a 0.65 (considerato sia in UK che in Italia come
valore limite per non inficiare la qualità del servizio) si ricava che una porta ppm, nell’ipotesi di un
impegno della risorsa quasi equamente suddiviso tra “Soft e Medium users”, consente all’ISP ricavi
mensili pari a 110.14 euro per un totale di 295 ore di connessione. La tabella 2 mostra in dettaglio i
parametri di traffico utilizzati; in tabella 3 si evidenzia che a fronte dei ricavi di competenza dell’ISP,
di 110.14 euro, la spesa per connessione pagata dalla clientela è pari a 269.35 euro; la differenza,
159,21 euro, resta oggi a Telecom Italia.
Confronto Ricavi ISP lordi per porta da 64 Kbit/s
(mensili)
FRIACO
PPM
soft
medium
soft
medium
Num. clienti
10,20
5,67
13,77
7,65
Ore utilizzo per cliente
21,43
38,57
10,71
19,29
€ 205,65
Spesa totale clientela
€ 269,35
Spesa cliente
€
11,00 €
16,50 €
10,43 €
16,44
Ricavi unitari
€
11,00 €
16,50 €
4,03 €
7,15
Ricavi per clientela
€
112,17 €
93,48 €
55,46 €
54,68
Ricavi per porta
€ 205,65
€ 110,14
Tabella 3
Le offerte retail flat dirette ai “Soft e Medium user” dovranno quindi consentire agli ISP di ottenere ricavi
per porta da 64 Kbit/s non inferiori a quelli garantiti nello scenario ppm e valutati pari a 110.14 euro
nella tabella 2. In base ai livelli di utilizzo della porta ppm illustrati nella tabella 2 risulta evidente che:
1. Nelle ore sia a tariffa peak che off-peak che vanno dalle 13:00 alle 00:00 la porta ppm è utilizzata
al livello massimo consentito da un dimensionamento corretto.
2. Nelle ore a tariffa peak del mattino la porta è in parte sottoutilizzata e sussiste una capacità di ore
residua pari a 33 ore mensili (rispettando il fattore di utilizzo massimo pari a 0,65)
3. Nelle ore notturne la porta è notevolmente sottoutilizzata e sussiste una capacità teorica residua
pari a 139 ore mensili (rispettando il fattore di utilizzo massimo pari a 0,65)
Con le offerte flat, individuate in precedenza e che di fatto garantiscono a parità di spesa per il cliente
un raddoppio delle ore di connessione, si può forzare la clientela ad utilizzare le fasce orarie che
risultano scariche6: 33 ore sono disponibili nella fascia di peak mattutina e altre 139 ore sono disponibili durante le ore notturne.
La tabella 3 riporta i risultati dell’esercizio svolto e confronta, per le due tipologie di offerte, il n° di
circuiti per porta, la spesa cliente e i ricavi per l’Isp; in particolare si evidenzia che:
1. a fronte di un incremento doppio delle ore di connessione il numero di clienti serviti dalla porta Friaco
è inferiore solo del 26% rispetto a quelli serviti nel contesto ppm grazie al recupero di efficienza che
l’Isp può ottenere forzando parte dell’utilizzo aggiuntivo in orari in cui la porta è scarica;
2. il cliente flat spende la medesima cifra di quello ppm ed ha la reale possibilità di effettuare fino al
doppio delle ore di connessione rispettando i profili di utilizzo definiti dall’Isp;
3. con le offerte flat aumentano in modo considerevole per l’sp i ricavi lordi, sia per utente che per
porta in quanto incassa “tutta la spesa” pagata dal cliente.
6
Si fa riferimento ai livelli di utilizzo della porta presenti nella tabella 2
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Beltel
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La valutazione per essere completa deve prendere in esame il costo della porta Friaco, determinare
i ricavi netti e confrontarli con quelli resi possibili dalla porta ppm. La tabella 4, basata sui prezzi
Friaco individuati dall’Agcom, evidenzia un ricavo netto dell’Isp migliore rispetto a quello permesso
dal contesto ppm.
Margini di opportunità FRIACO vs PPM
porta da 64 Kbit/s su base mese)
(per
SGU
SGT
Ricavo lordo per porta FRIACO
€
205,65 €
205,65
costo porta FRIACO al mese
€
53,06 €
88,06
Ricavo al netto dei costi FRIACO
€
152,59 €
117,59
Ricavo PPM
€
110,14 €
110,14
FRIACO - PPM
€
42,45 €
7,45
(FRIACO-PPM) / PPM
38,54%
6,77%
Tabella 47
Le offerte flat sostenute dal servizio Friaco all’Sgt consentono all’Isp di aumentare i margini del 6.77%
rispetto al regime ppm. Nel caso l’Isp scelga il servizio Friaco all’Sgu i margini sono superiori del
38.54%, rispetto al caso ppm. In particolare l’esercizio svolto mette in evidenzia le ampie potenzialità a
disposizione dell’ISP che scelga di proporre una pluralità di offerte flat orientate, in maniera composita
e differenziata, a spingere l’utilizzo del servizio verso le fasce orarie normalmente sottoutilizzate. Con
una politica di questo tipo, il cliente ha la percezione esatta del premium che riceve attraverso l’aumento delle ore di connessione a parità di costo ppm, e l’Isp devia a suo vantaggio la quota parte della spesa
che sarebbe altrimenti andata a Telecom Italia (scatto alla risposta e tariffa minutaria). A tal proposito
si sottolinea che una porta Friaco rende per Telecom Italia un terzo rispetto ad una porta ppm8.
La qualità del servizio offerto dall’ISP
L’opinione pubblica tende ad associare la disponibilità del servizio Friaco con la possibilità per l’utenza
consumer di usufruire di “accesso illimitato” (“always-on”) ad Internet dial up. Un Isp “corretto” deve
tuttavia dimensionare le risorse alla base del servizio di accesso Internet dial up e configurare le
offerte e i profili d’uso consentiti in modo da mantenere soddisfacenti livelli di QoS (probabilità di
trovare la linea occupata, banda disponibile per utente). Un utilizzo superiore provocherebbe un
rapido collasso del sistema con una conseguente indisponibilità del servizio. La “correttezza” dell’Isp
risiede nell’informare esplicitamente l’utente sul profilo d’uso alla base del servizio9. A tal riguardo va
valutata la possibilità di attivare forme di controllo della correttezza e trasparenza delle offerte di
accesso ad Internet dial up10.
In particolare, nonostante la forte contrazione dei ricavi netti per unità di tempo di Telecom Italia
derivante da Friaco, non è compatibile con l’equilibrio economico dell’Isp e il rispetto di una ragionevole qualità del servizio consentire all’utente un numero illimitato di ore di connessione.
7
8
9
10
Costo dei servizi Friaco Sgu e Sgt da delibera 25/01/CIR dell’AGCOM
Si considerano i ricavi medi percepiti nell’attuale assetto di accesso ad Internet dial up per porta da 64Kbit/s. Il dato
principale che emerge dall’esercizio svolto evidenzia difficoltà per Telecom Italia di percepire ricavi assoluti confrontabili
con quelli percepiti precedentemente all’introduzione del servizio Friaco, a prescindere dai costi sopportati per la
fornitura del servizio Friaco.
L’esperienza inglese insegna che difficilmente gli ISP, soprattutto in una prima fase, rinunciano a reclamizzare il
prodotto come “accesso illimitato” generando nell’utenza finale false aspettative e comportamenti errati.
In UK Oftel sta vagliando tale opportunità a fronte di un numero elevato di offerte lanciate e poi ritirate dagli ISP; tra le
offerte più aggressive quella di Breathe.net che prometteva con l’offerta “free for life” accesso flat a vita, offerta che
si è conclusa con il fallimento del provider ed una causa civile iniziata dagli utenti nei confronti del provider.
giugno 2002
Beltel
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commenti
Claudio Leporelli
Università di Roma “La Sapienza”
L’articolo di Vincenzo Ferraiuolo, in questo numero di Beltel, ci permette qualche riflessione che, dal
caso specifico dell’introduzione in Italia del servizio di raccolta su base forfetaria per l’accesso a
Internet (Friaco, ricorrendo all’acronimo coniato nel Regno Unito) si allarga al problema del rapporto
tra regolamentazione e innovazione e a quello del rapporto tra competizione facility based e quella
basata sulla rivendita, anche perché la delibera Agcom 25/01 relativa a Friaco è stata seguita a breve
dalla Legge 8 aprile 2002 n° 59 “Disciplina relativa alla fornitura di servizi di accesso ad Internet”.
Quest’ultima, non solo equipara gli Internet Service Provider (Isp) agli organismi di telecomunicazione
titolari di licenza individuale (Olo) per quanto riguarda le condizioni economiche di raccolta del traffico,
ma introduce la nozione di mercato dell’accesso a Internet e di significativo potere su questo mercato.
La prima osservazione da fare riguarda il carattere tutt’altro che rivoluzionario che potranno avere
offerte al dettaglio basate sulla nuova modalità di raccolta del traffico se dovranno da un lato essere
convenienti per il cliente (e quindi costare assai meno delle offerte aDsl) dall’altro convenienti per il
provider (e quindi basate su una capacità incompatibile con l’accesso always on). Non poteva non
essere così: un accesso a commutazione di circuito spreca troppe risorse, se usato in trasmissione
dati per essere competitivo con tecnologie che per i dati sono nate.
Ciò non significa che l’accesso Friaco non possa, sia pur per un transitorio piuttosto breve, svolgere
un ruolo utile, da un punto di vista collettivo: lo dimostra, se non altro, il calo dei prezzi che (dopo
Briaco, o a causa di Friaco?) si è prodotto sul mercato aDsl. In effetti, il drastico calo dei ricavi netti
per porta di interconnessione e la prospettiva di dover fare investimenti aggiuntivi in una tecnologia
obsoleta se il traffico Internet congestionasse le centrali possono rendere preferibile per Telecom
Italia una forte accelerazione della diffusione dell’aDsl, sia pur a prezzi più bassi.
Inoltre, per una significativa fascia di utenza che per ora resta legata all’accesso commutato, ci sarà,
da un lato, un risparmio rispetto alle tariffe a tempo e, soprattutto dall’altro, un forte incentivo
psicologico a prolungare i tempi di connessione.
E’ per questo che credo che l’effetto apprendimento favorito da Friaco finirà per giovare alla diffusione degli accessi veloci (a prezzi più bassi) più di quanto potrebbe nuocere la tentazione di indugiare
su un accesso commutato divenuto più conveniente. L’always on vero potrebbe essere desiderato da
chi lo ha “assaggiato” con Friaco almeno quanto l’aumento di velocità. Peraltro, la velocità viene
lesinata, con una scalettatura di prezzi (e con il ricorso a pagamenti in funzione del traffico) che
sembrano più derivanti da discriminazione di prezzo che da differenze di costo.
Sono casomai gli utenti residenziali di Isdn che oggi potrebbero avere più difficoltà a passare ad aDsl:
due linee voce possono essere utili in famiglia, i tempi brevissimi di connessione permettono di
simulare l’always on e i 128Kb/s potrebbero non essere molto peggio dei 256 dell’ aDsl entry level,
data l’assoluta assenza di garanzie di banda su ciò che c’è a monte dell’accesso.
giugno 2002
Beltel
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Una seconda riflessione riguarda l’effetto che sulla crescita della competizione avrà il combinato
disposto di FRIACO, dell’equiparazione Isp-Olo e dell’assoluta prevalenza dell’aDsl basato sulla resale ha rispetto a quello basato sull’unbundling. Non c’è dubbio che questi segnali forti (a cui se ne
contrappongono pochi di pari visibilità – di cui uno è sicuramente Fastweb) sembrano segnare un
rafforzamento del modello di competizione sui servizi, in regime di resale, rispetto ad uno di competizione facility based, anche nel segmento di accesso.
Potrebbero essere solo impressioni oppure potrebbe essere l’effetto di efficaci politiche dilatorie
dell’incumbent, o ancora dell’impreparazione dei competitori o, infine, più probabilmente, di dubbi
diffusi sugli effettivi spazi economici dell’unbundling, nei mercati di massa. Certo, gli ultimi provvedimenti vanno tutti a rafforzare il modello resale.
E proprio perché il modello resale è oggi quello largamente prevalente, desta qualche perplessità l’applicazione del concetto di rilevante potere di mercato all’accesso commutato a Internet. Questo accesso
avviene infatti in massima parte attraverso l’interconnessione in raccolta, con margini di libertà ridotti per
il soggetto che lo offre. Inoltre l’utente finale mantiene ampia libertà di scelta tra un ampio numero di Isp
(es. può continuare a ricevere e-mail dall’indirizzo di un Isp che non usa più per l’accesso).
Più in generale, non si capisce come mai l’Autorità debba ricevere da una legge le indicazioni su quali
siano i mercati da tenere sotto osservazione in un momento in cui sta partendo il nuovo quadro
regolamentare europeo che, in materia, prevede tutt’altro.
In ogni caso, c’è da credere che sia ormai molto breve il periodo che resta prima che risulti chiaro se
la competizione tra reti per i mercati di massa possa basarsi sull’unbundling o debba limitarsi ai
luoghi e ai tempi in cui si realizzeranno progetti à la Fastweb (o progetti ancora più futuribili come
quelli wireless).
Infatti, potrebbero essere concrete le possibilità che, magari sull’onda dei progetti comunitari sulla
eEurope, o di quelli statali del Piano Larga Banda, la domanda di accessi veloci decolli nel prossimo
triennio. Chi può si prepari.
giugno 2002
Beltel
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regole
nuova direttiva
“autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica”
Giovanni Parrillo
Studio Avvocati Associati a Baker & McKenzie, Roma
Il 24 aprile 2002, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee1 il cosiddetto
“Telecoms Package”, consistente in una decisione e in quattro direttive del Parlamento Europeo e del
Consiglio aventi la finalità di modificare il vigente quadro normativo per la fornitura di reti e servizi di
comunicazione nell’Unione Europea.
Si tratta, in particolare, dei seguenti provvedimenti, tutti approvati nella stessa data e pubblicati nella
medesima Gazzetta Ufficiale:
– Decisione n. 676/2002/CE, relativa ad un quadro normativo per la politica in materia di spettro
radio nella Comunità europea (“Decisione Spettro Radio”);
– Direttiva 2002/19/CE, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse
correlate, e all’interconnessione delle medesime (“Direttiva Accesso”);
– Direttiva 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica
(“Direttiva Autorizzazioni”);
– Direttiva 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (“Direttiva Quadro”); e
– Direttiva 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di
servizi di comunicazione elettronica (“Direttiva Servizio Universale”).
La “convergenza” è il concetto alla base del Telecoms Package: si legge nelle premesse della Direttiva Quadro che “la convergenza dei settori delle telecomunicazioni, dei media e delle tecnologie
dell’informazione implica l’esigenza di assoggettare tutte le reti di trasmissione e i servizi correlati ad
un unico quadro normativo”. Tale quadro normativo è appunto costituito dalle direttive che compongono il Telecoms Package, nonché dalla direttiva 97/66/CE sulla privacy nel settore delle telecomunicazioni2 (le “Direttive Particolari”).
Il Telecoms Package, dunque, sottopone ad un’unica regolamentazione settori prima disciplinati da
provvedimenti diversi. In particolare, la nuova normativa unifica, nel concetto di “reti di comunicazioni elettroniche” “i sistemi di trasmissione e, se del caso, le apparecchiature di commutazione o di
instradamento e altre risorse che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di
fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari, le reti terrestri mobili e
fisse (a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet), le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il trasporto della corrente
elettrica, nella misura in cui siano utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo,
indipendentemente dal tipo di informazione trasportato”3.
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2
3
G.U.C.E. L 108 del 24.4.2002.
Per una disamina della difficile e prolungata gestazione del Telecoms Package si rimanda agli articoli pubblicati su
Beltel di giugno, luglio e agosto 2001, sempre a cura dello Studio Baker & McKenzie. Il testo del Telecoms Package è
disponibile al seguente indirizzo Internet:
http://europa.eu.int/eur-/it/oj/2002/l_10820020424it.html
Direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997 sul trattamento dei dati personali e
sulla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni, pubblicata in G.U.C.E. L 24 del 30.1.1998, pag. 1.
Cfr. articolo 2, “Definizioni”, della Direttiva Quadro.
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Beltel
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Allo stesso modo, sono considerati “servizi di comunicazione elettronica” tutti i “servizi forniti di norma
a pagamento consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di
comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti
utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva”4. Occorre, però, tener presente che la Direttiva
Quadro e le Direttive Particolari non si applicano ai contenuti dei servizi di comunicazione elettronica,
come ad esempio i contenuti delle trasmissioni radiotelevisive, i servizi finanziari ed altri servizi della
società dell’informazione, che rimangono disciplinati da altre normative comunitarie e nazionali.
Nell’ambito delle Direttive Particolari, la Direttiva Autorizzazioni ha lo scopo di armonizzare e semplificare le norme e le condizioni di autorizzazione per reti e servizi di comunicazione elettronica, al fine
di agevolarne la fornitura in tutta la Comunità.
Fino ad oggi, infatti, per ogni tipologia di rete e servizio di telecomunicazioni e radiotelevisivo (telefonia fissa, mobile, satellitare, radio, televisione digitale, pay-tv, ecc.) ogni Stato dell’Unione Europea
disciplinava la materia in modo non sempre del tutto uniforme, richiedendo al fornitore della rete o
del servizio l’ottenimento di una licenza e/o autorizzazione mediante procedure spesso elaborate e
comunque spesso differenti da Stato a Stato.
La Direttiva Autorizzazioni - con la finalità dichiarata di promuovere lo sviluppo di nuovi servizi di
comunicazione elettronica e di reti e servizi di comunicazione paneuropei, e consentire, nel contempo,
ai prestatori di tali servizi e ai consumatori di trarre vantaggio dalle economie di scala del mercato
unico europeo – istituisce un regime di autorizzazione generale che contempla tutte le reti e tutti i
servizi di comunicazione elettronica e non esige una decisione esplicita o un atto amministrativo da
parte dell’autorità nazionale di regolamentazione (la “Autorità”).
In sostanza, la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, fatte salve le condizioni
stabilite nella Direttiva Autorizzazioni, è libera: la normativa nazionale di recepimento potrà
solo eventualmente imporre alle imprese interessate l’obbligo di inviare all’Autorità una notifica di inizio dell’attività (la “Notifica”). Condizioni particolari potranno essere previste unicamente nel caso di risorse scarse, ossia per le frequenze radio e la numerazione: la normativa
di recepimento potrebbe, infatti, prevedere la concessione di specifici diritti mediante procedure pubbliche, trasparenti e non discriminatorie.
Per quanto riguarda le reti e servizi di comunicazione elettronica in genere, è possibile dunque che
l’Italia adotti il regime della Notifica: in tal caso, per offrire servizi di telecomunicazioni non sarà più
richiesto ad una società di inoltrare domanda di licenza o autorizzazione ed attendere il relativo atto
amministrativo di consenso (espresso o implicito) da parte del Ministero delle Comunicazioni, ma tale
società potrà iniziare la propria attività immediatamente dopo aver provveduto all’inoltro della relativa Notifica, similmente a quanto già oggi accade limitatamente ad alcuni servizi di telecomunicazioni
(ad esempio, il servizio Internet)5.
Solo qualora la società necessiti di una dichiarazione di conferma dei diritti di cui gode in forza
dell’autorizzazione generale (implicita), ad esempio per ottenere l’interconnessione o negoziare i
diritti di passaggio delle reti con altre autorità locali, le Autorità forniranno le dichiarazioni necessarie, su richiesta degli interessati, entro una settimana dalla richiesta. In alternativa, le Autorità possono decidere di rilasciare tali dichiarazioni di mera conferma come risposta d’ufficio alla Notifica.
4
5
Cfr. articolo 2, “Definizioni”, della Direttiva Quadro.
Cfr. Delibera 467/00/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, “Disposizioni in materia di autorizzazioni
generali”, del 19 luglio 2000, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 184 dell’8 agosto 2000.
L’articolo 3, comma 2, della citata delibera prevede che “i soggetti che intendano offrire al pubblico i seguenti servizi
di telecomunicazioni possono avviare il servizio contestualmente alla presentazione della dichiarazione (...):
trasmissione dati a commutazione di pacchetto e/o di circuito; semplice rivendita di capacità; telefonia vocale per
gruppi chiusi di utenti; servizi di comunicazione via satellite di tipo SNG; servizi di comunicazione via satellite
espletati tramite l’utilizzo di terminali VSAT, SIT o SUT”.
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Anche il contenuto dell’eventuale Notifica sarà semplificato rispetto a quanto attualmente stabilito per
l’ottenimento di licenze individuali: la Direttiva Autorizzazioni, infatti prescrive una dichiarazione avente
ad oggetto l’intenzione di iniziare la fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica e contenente le informazioni necessarie per identificare il prestatore del servizio (come ad esempio i numeri di
registrazione della società), i suoi punti di contatto, l’indirizzo della sede legale ed una breve descrizione della rete o del servizio, nonché la probabile data di inizio dell’attività.
Questa semplificazione - di portata significativa se si confronta il contenuto della Notifica con quanto
attualmente previsto dalla normativa, ad esempio, per una domanda di licenza individuale per l’installazione e fornitura di reti di telecomunicazioni pubbliche6 - ha la sua ragion d’essere nel principio
secondo il quale non è necessario accertare ex ante l’osservanza delle condizioni previste dalla
Direttiva Autorizzazioni. Dunque, non è necessario raccogliere informazioni in sede di Notifica, ma è
sufficiente un accertamento ex post, successivo all’autorizzazione generale che, se del caso, sarà
seguito dalle conseguenti sanzioni7.
La semplificazione della procedura di Notifica potrà essere accompagnata da una revisione dei contributi oggi versati dalle imprese di telecomunicazioni. Potrà essere richiesto, infatti, solo il pagamento di
diritti amministrativi a copertura delle spese sostenute dalle Autorità per la gestione del regime di
autorizzazione e per la concessione dei diritti d’uso delle frequenze e delle numerazioni. La trasparenza
della contabilità delle Autorità sarà garantita mediante rendiconti annuali. Contributi ulteriori - trasparenti, obiettivamente giustificati, proporzionati allo scopo perseguito e non discriminatori - potranno
essere richiesti solo in relazione ai diritti d’uso delle frequenze o dei numeri e ai diritti di installare
strutture su proprietà pubbliche e private, al fine di garantire l’impiego ottimale di tali risorse.
Un’ulteriore previsione della Direttiva Autorizzazioni che merita attenzione è quella che impone agli
Stati Membri di “allineare” - entro la data di recepimento della direttiva stessa, ossia entro il 24 luglio
2003 - le licenze e autorizzazioni preesistenti alla Direttiva Autorizzazioni. Tuttavia, non si specifica
espressamente in quale modo tale “allineamento” dovrà essere effettuato. Occorrerà, dunque, esaminare la normativa con la quale l’Italia (come gli altri Stati membri) recepirà la Direttiva Autorizzazioni e, in generale, il Telecoms Package per sapere come tale “allineamento” sarà assicurato.
Al riguardo, tutte le direttive che compongono il Telecoms Package prevedono che gli Stati membri
adottino e pubblichino le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per
conformarsi alle nuove direttive entro il 24 luglio 2003. Le nuove disposizioni nazionali dovranno
essere applicate a partire dal 25 luglio 2003.
6
7
Cfr. articolo 3 del Decreto Ministero delle Comunicazioni del 25 novembre 1997, “Disposizioni per il rilascio delle licenze
individuali nel settore delle telecomunicazioni”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 283 del 4 dicembre 1997.
L’Autorità può chiedere all’impresa autorizzata di fornire tutte le informazioni necessarie e, qualora accerti l’inosservanza di una o più condizioni dell’autorizzazione generale, deve notificare all’impresa quanto accertato, offrendole la
possibilità di esprimere osservazioni o rimediare alle violazioni entro un certo termine. Trascorso tale termine senza che
l’impresa abbia rimediato, l’Autorità adotta misure adeguate e proporzionate. Tali misure potranno consistere in sanzioni
pecuniarie e arrivare alla sospensione della fornitura della rete o del servizio di comunicazione elettronica solo in caso di
violazioni gravi e ripetute. L’Autorità può anche adottare misure provvisorie in casi di particolare urgenza.
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regole
autoregolamentazione per le televendite
un passo avanti ma quanta strada rimane ancora?
Eugenio Prosperetti
Studio Prosperetti, Roma
La Commissione per l’Assetto del Sistema Radiotelevisivo, lo scorso 14 maggio, ha approvato il
codice di “autoregolamentazione” per la trasmissione delle televendite1.
E’ interessante e non va fraintesa la scelta della Commissione di proporre il proprio codice non come
una regolamentazione esterna ma come una “autoregolamentazione”: il codice andrà quindi adottato da ciascuna emittente.
Come è possibile che, volontariamente, una emittente si sottoponga a controlli e limiti la propria
discrezionalità in materia di offerte commerciali? E’ presto detto.
Il drive dovrebbe essere di tipo economico: l’adozione del codice da parte di un’emittente che trasmetta televendite del tipo regolamentato dallo stesso dovrebbe ingenerare fiducia nei consumatori/
telespettatori che assistono alla programmazione di quella emittente, attraendo quindi ulteriori inserzionisti e, in genere, stimolando gli investimenti nel settore che passano per quell’operatore.
Il settore del commercio televisivo in Italia quest’anno ha infatti sofferto molto per alcune note vicende (Wanna Marchi e Telemarket) che, forse a torto, hanno portato ad una certa dose di sfiducia dei
consumatori nella televisione come mezzo di diffusione di offerte commerciali dirette.
Ben venga allora questo codice se riuscirà a portare ordine nel settore quella fiducia e quegli investimenti cui accennavo prima.
Ma è in grado di farlo? Cosa potrebbe essere ancora necessario per supportarne l’efficacia?
Vediamo innanzi tutto la ratio e l’ambito applicativo del codice approvato dalla Commissione Baldoni:
sembra che esso sia diretto a operare una cesura tra ciò che è televendita a rischio e ciò che è
televendita non a rischio.
Il codice si preoccupa infatti di regolare esclusivamente le televendite e spot di televendita di beni e
servizi di astrologia, di cartomanzia ed assimilabili, di servizi relativi ai pronostici concernenti il gioco
del lotto, enalotto, superenalotto, totocalcio, totogol, totip, lotterie e giochi similari.
L’ambito applicativo del codice non coincide dunque con il concetto “pieno” di televendita e in questo
senso è assolutamente apprezzabile la scelta della Commissione di non porre sullo stesso piano una
televendita, per esempio, di oggetti per la casa con una televendita (ammesso che in questo caso si
possa propriamente parlare di televendita) e, sempre per esempio, una non meglio precisata “previsione astrologica”.
Il primo messaggio che chi acquista attraverso la televisione può dunque trarre scorrendo il codice
approvato dalla Commissione per l’assetto del sistema radiotelevisivo è quello di essere tutelato nelle
situazioni a maggior rischio.
Il secondo messaggio è quello, implicito, per cui le televendite di oggetti normali non sono da
criminalizzare e non sono a rischio in quanto esiste già normativa al riguardo.
Il problema delle televendite tradizionali non è infatti, come alcuni ritengono, l’assenza totale di
normativa, quanto piuttosto la non elasticità della normativa che si dovrebbe applicare.
Attualmente la normativa principale di riferimento per chi voglia vendere una pentola in televisione è
quella sul commercio (la stessa, per intenderci, che si applica a qualunque esercizio commerciale
“fisico”) abbinata a quella sui contratti a distanza.
1
Disponibile all’URL http://www.comunicazioni.it/ministero/codice_autoreg.htm
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La normativa sul commercio prevede che a vigilare sull’operato del “televenditore” sia il Comune del
luogo ove esso ha la sede avvalendosi anche degli organi di polizia postale e delle comunicazioni; la
normativa sui contratti a distanza disciplina invece il fondamentale diritto di pentimento, esercitabile
dal consumatore restituendo l’oggetto ordinato a fronte di un completo risarcimento se questo non
risulta conforme alle sue aspettative per qualsivoglia motivo.
E’ tuttavia vero che la normativa sopra citata prevede, di fatto, un solo modello di “commercio televisivo”: quello in cui una televisione affitta il proprio tempo di trasmissione a inserzionisti commerciali;
inoltre è probabile che non tutti i Comuni siano attrezzati per coordinare la vigilanza sui televenditori.
La normativa in parola andrebbe dunque, in prospettiva, adeguata al modello emergente di
televenditore: quello in cui la stessa azienda vende e gestisce la trasmissione e si dovrebbe forse
rivedere l’autorità competente, magari creandone una ad hoc, questo anche in prospettiva del futuro
assetto della televisione digitale terrestre che prevede la possibilità per “fornitori di contenuti” di
trasmettere canali tematici di televendita.
Se questa però è la strada ancora da percorrere, torniamo ad esaminare quella percorsa attraverso
il codice approvato qualche giorno fa.
Il codice prevede un Comitato di Controllo formato da autorevoli esponenti dell’emittenza televisiva
e degli organismi ministeriali deputati al controllo che vigilerà sull’applicazione del codice.
Il Comitato di Controllo sopra citato ha il potere di sospendere quelle trasmissioni che risultino violare
il codice e, nei casi più gravi, di imporre all’azienda autrice della violazione (viene un dubbio: il
venditore o l’emittente?) di comunicare la decisione ai propri utenti.
Sarebbe auspicabile che al Comitato, progressivamente, venissero dati maggiori poteri: come si
diceva quello delle televendite è un settore dove una regolamentazione forte (anche nel senso di un
forte potere sanzionatorio), ingenerando fiducia, innesca il più volte citato meccanismo virtuoso per
cui i consumatori hanno più fiducia e gli operatori investono.
Sarebbe inoltre auspicabile, visto che il codice ha operato una cesura tra televendite “a rischio” e
televendite tradizionali, che tale cesura fosse riscontrabile anche a livello terminologico: le “televendite”
disciplinate dal codice dovrebbero non chiamarsi televendite e chiamarsi piuttosto “offerte dirette”,
onde agevolare il processo identificativo ed evitare che, a seguito di una ennesima vicenda “poco
chiara”, compaiano sui quotidiani titoli che sembrino criminalizzare l’intero settore.
Altro interessante problema già presente nelle discussioni che hanno portato all’approvazione del
codice è quello della eventuale valenza “convergente” dello stesso: il codice approvato riguarda le
televendite diffuse tramite televisione ovvero anche quelle trasmesse tramite Internet, tecnologie di
streaming, telefono, stampa e altri mezzi convergenti?
Il testo del codice non è esplicitamente limitato alla sola televisione, tuttavia nemmeno è espressamente esteso ad altri mezzi di diffusione.
Starà allora ai singoli operatori di altri mezzi di diffusioen “coscienziosi” autoregolamentarsi nel caso
ritengano che le proprie trasmissioni ricadano tra quelle oggetto del codice.
Parimenti il Comitato di controllo dovrà attrezzarsi per monitorare anche tali tipi di trasmissione, svolgendo eventualmente una funzione proattiva di coinvolgimento degli operatori convergenti nel sistema.
In conclusione, il codice approvato rappresenta un primo passo nel senso della regolamentazione,
ma la strada verso una compiuta regolamentazione del settore sembra ancora lunga e coinvolge la
definizione di regole che vanno oltre la sola televisione.
L’opera di regolamentazione è tuttavia urgente in quanto il settore in questione necessità di un’iniezione di fiducia per svilupparsi in maniera ottimale ed espellere quei fenomeni che hanno costituito il
presupposto del codice approvato ma, tutto sommato, rappresentano una anomalia rispetto all’effettivo potenziale di tale mercato.
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regole
l’ultima frontiera
l’Oracolo di Beltel
L’arrivo dell’estate rende l’oracolo un po’ più ottimista, anche se la “guerra” nelle tlc è sempre più
spietata... Forse vale la pena di dare un’occhiata all’ultima frontiera dei comportamenti dell’operatore ex-monopolista, da un lato, e delle decisioni e dichiarazioni delle diverse Autorità, dall’altro, per
capire quello che potrà succedere...
A parere dell’oracolo Telecom Italia è sempre più agguerrita nei confronti dei concorrenti, forte di
un’organizzazione più efficiente e flessibile che in passato, che le consente di meglio implementare
anche i comportamenti non proprio in linea con la normativa regolamentare e della concorrenza. In
questa sede ci limitiamo ad evidenziare tre aree di preoccupazione, pur mitigata dalle “mosse” delle
diverse Autorità in proposito:
1) la spregiudicata attività di recupero dei clienti in CPS1;
2) le recenti dichiarazioni del direttore generale Riccardo Ruggiero sull’evoluzione a banda più larga
del servizio aDsl denominato “Alice”, corredata da un’estensione wireless realizzata con la tecnologia wi-fi;
3) l’ultima manovra tariffaria, in cui l’aumento del canone è bilanciato con l’offerta di mezz’ora
gratuita di telefonate interurbane per bimestre (in aggiunta all’ora di telefonate locali gratuite già
in vigore) e l’estensione dell’ora di telefonate locali gratuite anche alle imprese.
Sul primo punto l’oracolo è un po’ avvelenato da quando è stato svegliato alle 9.30 di un mattino di
sabato (abbiate almeno un po’ di pietà…!) da un addetto di un negozio Punto 187 che, confessando
candidamente di conoscere il suo operatore preselezionato, gli proponeva di sottoscrivere l’offerta
“Teleconomy Zero”. L’oracolo, pur se un po’ addormentato, si è rifiutato di aderire telefonicamente
all’offerta (che, gli è stato detto, sarebbe stata attivata senza altri “fastidi”), promettendo di passare
più tardi in negozio, dove, infatti, gli è stato mostrato un faldone intitolato “recupero CPS”, in cui il suo
nome campeggiava in cima a una lista (almeno gli altri saranno stati chiamati più tardi…).
A quanto pare, dunque, Telecom Italia se ne infischia bellamente delle prescrizioni dell’Autorità che
l’ha già condannata per aver girato alle strutture commerciali le informazioni riguardanti la clientela
in CPS degli altri operatori!
La ventata di ottimismo estiva, a questo proposito, deriva dalla constatazione che la manovra non sta
passando del tutto sotto silenzio, dal momento che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni
(forse stufa dell’atteggiamento dell’operatore notificato) ha recentemente deliberato l’apertura di un
procedimento per la verifica dei comportamenti abusivi di Telecom Italia in materia di CPS2.
Il secondo elemento di preoccupazione deriva dall’enfasi con cui il direttore generale di Telecom
Italia ha annunciato i prossimi aggiornamenti del servizio “Alice”, che comprendono l’ampliamento
della banda disponibile e l’utilizzo dell’ultima frontiera delle tecnologie wireless, il wifi, a quanto pare
recuperando parte delle vecchie strutture del fallimentare servizio “Fido”3. Naturalmente è un fatto
positivo che vengano ampliati i servizi a disposizione del pubblico, ma il sospetto è che Telecom Italia
intenda fare pre-emption del mercato della larga banda, magari sviluppando nuove tecnologie utilizzando beni scarsi ottenuti in regime di monopolio (le frequenze e/o le strutture del servizio Fido).
1
2
3
Si veda anche l’Oracolo di Beltel di Aprile.
la Comunicazione è pubblicata sul sito dell’AGCOM (http://www.agcom.it/comunicazioni/com_22_05_02.htm). Il procedimento è affidato al Dipartimento Vigilanza e Controllo.
Si veda “Il Sole 24 ore” del 21 maggio ’02.
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Se, infatti, è già preoccupante che Telecom Italia detenga attualmente oltre l’85% del mercato aDsl,
la preoccupazione cresce in un’ottica evolutiva del settore (in cui il fabbisogno di banda tende a
crescere), anche alla luce delle ultime proposte di inserimento nel Servizio Universale del servizio
asimmetrico. In pratica, si potrebbe arrivare al paradosso che la concorrenza risulta, di fatto, esclusa
dal crescente mercato aDsl, anche se è chiamata a contribuire al pagamento degli investimenti
necessari per servire i clienti di Telecom Italia!
In questo quadro fosco la nuvoletta rosa è costituita dalla constatazione che la prima versione
di “Alice” era stata bloccata dall’Agcom fino alla predisposizione di un’adeguata offerta wholesale,
che potesse consentire anche agli altri operatori di predisporre offerte comparabili, e dunque
ci aspettiamo che questo approccio venga mantenuto anche nei confronti dell’annunciata nuova versione di Alice.
La nuova manovra tariffaria di Telecom Italia (3° elemento di preoccupazione), invece, prevede
l’aumento dei canoni di abbonamento e la contemporanea offerta di mezz’ora di chiamate gratis su
tratta interurbana, che si aggiunge all’ora gratis su tratta urbana introdotta nel febbraio scorso, ora
estesa anche alla clientela business.
È buffo notare come la manovra di aumento dei canoni sia fatta passare sui giornali come “voluta
dall’Agcom”, mentre chiunque ha seguito il processo sa che l’Autorità di regolamentazione aveva
fondamentalmente dichiarato chiuso il ribilanciamento già nel giugno ’994 (con il conseguente
“congelamento” del canone di abbonamento), sulla base di valutazioni prospettiche e, molto probabilmente, anche sulla base del giudizio non propriamente lusinghiero circa l’accuratezza del lavoro di
certificazione fatto dall’advisor sui dati del ’97 di Telecom Italia, ma che la stessa Autorità è stata
costretta a riaprire il fascicolo dalla Commissione Europea, cui Telecom Italia si era rivolta sbandierando i dati del controverso e lontano periodo di certificazione.
In ogni caso, anche se l’Agcom ha approvato la possibilità per Telecom Italia di aumentare il
canone del 6% oltre al tasso di inflazione (Delibera 847/00/CONS), è bene notare che la decisione stabilisce il livello di aumento massimo e non costituisce certo un obbligo per l’operatore exmonopolista, di conseguenza la scelta di aumento è esclusivamente di Telecom Italia, contrariamente a quanto viene passato sui giornali. Allo stesso modo, non è certamente l’Agcom a scegliere la modalità di riduzione complessiva delle tariffe del paniere, per il quale il price cap
definisce solo l’ammontare minimo della riduzione.
A proposito della modalità di riduzione, peraltro, si osserva che la scelta di gratuità di Telecom Italia
è particolarmente insidiosa per la concorrenza, dal momento che quest’ultima non può replicare
l’offerta negli stessi termini a meno di non rischiare (e a questo punto il rischio sarebbe molto
concreto) di trovarsi con un gran numero di clienti non paganti a fronte di immutate tariffe di
interconnessione. Peraltro, se l’offerta venisse replicata dalla concorrenza, il cliente più attento cercherebbe di chiamare in sequenza con tutti gli operatori che offrono questa opportunità, in modo da
poter fruire del maggior numero di minuti/ore gratis per il suo traffico telefonico. Al limite questa
situazione porterebbe alla completa gratuità del traffico telefonico e, di conseguenza, gli unici ricavi
del settore rimarrebbero: il canone e le tariffe di interconnessione, ovvero le due voci di ricavo
percepite esclusivamente da Telecom Italia!
Riguardo a quest’ultima preoccupazione, però, l’oracolo spera bene nella delibera sulla parità di
trattamento interno-esterno recentemente approvata, che contiene il test di prezzo con il quale dovrà
confrontarsi la manovra di gratuità della prima mezz’ora di chiamate interurbane.
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Delibera 101/99.
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Con riferimento sempre a quest’ultima importante delibera (che non vediamo l’ora di poter vedere
pubblicata sul sito) e a tutte le sue ulteriori implicazioni, e nell’ottica di vedere qual è l’“ultima
frontiera” delle diverse Autorità nei confronti dei comportamenti di Telecom Italia, prendiamo infine
spunto dalle dichiarazioni di Tesauro alla Relazione Annuale dell’Antitrust5.
Tesauro è stato particolarmente severo con Telecom Italia nella sua relazione, anche se poi è stato
più diplomatico parlando con i giornalisti a valle della relazione. Leggiamo infatti che: “La liberalizzazione
«ha prodotto significativi benefici agli utenti», ma per il presidente dell’Authority «l’accresciuto spazio
della concorrenza si è tuttavia accompagnato, in taluni casi, a strategie dell’impresa precedentemente in monopolio legale che riducono l’incentivo a competere dei concorrenti, ostacolando
ingiustificatamente l’accesso alle nuove tecnologie e alle nuove opportunità concorrenziali»”, e ancora, “L’Autorità’ Antitrust «ha accertato comportamenti abusivi posti in essere da Telecom Italia, attraverso strategie escludenti e discriminatorie nei confronti dei concorrenti, in relazione sia all’accesso
alla fornitura dei servizi di trasmissione dati e di accesso ad Internet basati sulla tecnologia Adsl che
alla commercializzazione di servizi più sofisticati, basati su tecnologie ancora più evolute»”6. Ai giornalisti che lo incalzavano sul tema della separazione strutturale, poi, Tesauro ha diplomaticamente
risposto: “Non e’ al 100% necessario che la rete sia autonoma. Se il titolare si comporta bene che
problema c’e’?”7. Al di là della diplomazia il messaggio letterale è abbastanza chiaro, dal momento
che qualche minuto prima aveva accusato pesantemente Telecom Italia di aver adottato ripetutamente
comportamenti abusivi!
Peraltro l’Antitrust è stata molto esplicita nelle sue considerazioni sulla separazione strutturale nel
recente parere rimesso all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in occasione della delibera
sulla parità di trattamento. Secondo le informazioni dell’oracolo, infatti, l’Antitrust ha precisato come,
da un punto di vista concorrenziale, la soluzione “più idonea” a garantire il rispetto del principio di
parità tra i diversi operatori sia quella di una “separazione strutturale proprietaria, o comunque
almeno societaria”, delle attività di gestione dei servizi di rete da quelle di fornitura di servizi finali
dell’operatore verticalmente integrato. Quindi Tesauro sembra voler insinuare che la sola separazione di Telecom Italia in due società separate all’interno del gruppo sia quasi una soluzione di second
best rispetto all’ipotesi di separazione in due entità soggette a controllo separato!
Come anticipato da note di stampa, l’Autorità di Napoli non ha inserito il provvedimento di separazione strutturale all’interno del provvedimento sulla parità di trattamento ma, secondo indiscrezioni,
questa decisione sarebbe motivata esclusivamente dalla mancata sussistenza del potere di enforcement
di tale provvedimento in capo ad un’Autorità di Regolamentazione (attestata, pare, da alcuni pareri
legali), e dunque non da una valutazione tecnica negativa degli impatti del provvedimento sul settore.
Dal combinato disposto delle analisi e delle dichiarazioni di entrambe le Autorità, di Regolamentazione
e di Concorrenza, sembra dunque che la “palla” passi a Governo e Parlamento, che peraltro avevano
deciso in prima persona la separazione dei monopoli elettrico, del gas e ferroviario. A quanto pare
anche su questo fronte i “motori” sono già caldi, dal momento che il Ministro Gasparri, immediatamente a valle della relazione Antitrust, ha dichiarato: “La discussione su Telecom… va avanti da
molto tempo”, e ancora “Noi siamo attenti al tema, è un dibattito che prosegue”8.
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22 maggio ’02.
Radiocor 22 maggio ‘02.
Reuters 22 maggio ’02.
Radiocor 22 maggio ’02.
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economia
la Corte Suprema americana e i Telric
Luigi Prosperetti
Università di Milano-Bicocca
Lo scorso 13 maggio, la Corte Suprema americana ha emanato una importante sentenza1 su un
complesso di casi, partiti pochi mesi dopo l’approvazione del Telecommunications Act nel 1996,
aperti dalle baby bells nei confronti della FCC. Questa sentenza segna una svolta nel contenzioso
americano sulle telecomunicazioni, ma anche- nel bene e nel male -un punto fermo nella regolazione
di questo settore che è certamente importante anche da una prospettiva europea.
La sentenza può essere così riassunta:
1. la metodologia per la valutazione dei costi basata sui costi incrementali di lungo periodo (TELRIC)
è accettabile dal punto di vista giuridico, anche se essa non fa riferimento ai costi effettivamente
sostenuti ma a costi prospettici.
2. Infatti, in generale la nozione di costo è poco precisa (anzi, proteiforme come dice la Corte), ed è
quindi tale da ricomprendere molte specifiche definizioni, tra cui i costi incrementali.
3. Anche se non si può escludere in generale che il riferimento ai costi prospettici non consenta agli
incumbents di recuperare i costi effettivamente sostenuti, configurando quindi una espropriazione
(o deregulatory taking secondo l’efficace espressione di Greg Sidak), tale questione non può
essere risolta in generale ma deve essere riferita a casi specifici, che non sono stati presentati dai
ricorrenti contro la decisione della FCC.
4. In ogni caso, le corti americane non hanno mai ritenuto che qualsiasi investimento sostenuto
dovesse essere recuperato attraverso le tariffe, neppure quando queste venivano fissate con
riferimento al tasso di remunerazione del capitale investito: soltanto gli investimenti “prudentemente
sostenuti” erano ritenuti recuperabili, e talvolta neppure questi ultimi, quando eventi inattesi rendessero inutili gli asset erano stati prudentemente realizzati.
5. L’argomento presentato dagli operatori storici secondo il quale la fissazione delle tariffe di accesso in base a questa definizione di costo non sarebbe sufficiente a stimolare la concorrenza è infine
privo di merito alla luce degli investimenti per 55 miliardi di dollari che i nuovi entranti hanno
realizzato negli Stati Uniti.
Questa sentenza segna evidentemente un punto importante a favore della linea seguita dalla FCC in
questi anni, sulla quale molti- anch’io sulle pagine di Beltel2- avevano espresso riserve, anche se i
suoi effetti pratici saranno contenuti dato che in questi anni i nuovi entranti negli Stati Uniti hanno
pagato tariffe di accesso appunto basate sul metodo TELRIC: nessuna riduzione tariffaria è dunque
alle viste per questi operatori, che rimangono attanagliati dai problemi finanziari che-dopo lo scoppio
della bolla-li caratterizzano.
D’altro lato appare evidente che da questa sentenza trarrà nuovo alimento la tendenza europea che
vede un progressivo passaggio da i costi medi ai costi incrementali come nozione di riferimento nella
regolazione dei prezzi dell’accesso.
Dobbiamo comunque notare che la sentenza ammette la legalità di una nozione di costo, ma ad ogni
pratico effetto essa rinvia ai giudici di merito, che dovranno caso per caso valutare se il livello
tariffario fissato dalla Utility Commission di un dato Stato sia o no “giusta”.
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Disponibile sul sito: www.lppartners.com .
Si veda il fascicolo di Novembre 2001.
giugno 2002
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economia
dai mercati
Walter Galbiati
[email protected]
Wi-Fi, la nuova scommessa per produttori di Pc e di network solutions
Collegare in rete senza fili una casa, un ufficio, un aeroporto o un hotel, in modo che chiunque
trovandosi lì possa accendere un computer e, senza fare nient’altro, navigare in Internet, condividere una stampante, scambiarsi un file col vicino o semplicemente fare una partita a un videogioco,
sarà la prossima killer application che farà tornare in
auge le martoriate industrie di computer e dei produttori di apparecchiature wireless, come Linksys,
Netgear e Lucent Technologies. Negli Stati Uniti molti
confidano in una ripresa guidata dalla tecnologia
wireless, ma il problema, come per l’Umts, è quando
arriverà. Già prima dell’estate scorsa si era parlato
molto di Wi-fi e di stazioni 802.11b in occasione del
lancio di Windows XP, però per il momento i risultati
in termini di diffusione non si sono ancora visti. Il
mercato di massa arriverà solo quando il Wi-fi sbarcherà nelle case dei consumatori. Secondo Michael
Wolf, direttore della ricerca per In-Stat, una società
di consulenza dell’Arizona, ci sono attualmente 6,5 milioni di home networks in Nord America, la
maggior parte delle quali è utilizzata per condividere l’accesso a Internet. Entro il 2006, Wolf, che
ha pubblicato recentemente un saggio intitolato Speed! Understanding and Installing Home Networks,
si aspetta che il numero quadruplichi, a 29,6 milioni di home networks. E il 35-40% di queste
saranno wireless, contro il 10-15% attuale.
In dollari il mercato dell’home networking equipment dovrebbe crescere dagli 1,4 miliardi di dollari
del 2001 ai 9,2 del 2006. A guidare la crescita saranno i prezzi, già crollati nel giro di un anno. Negli
Stati Uniti oggi il costo per connettere con una rete wireless tre computer è di circa 400 dollari, molto
meno rispetto ai mille dollari di un anno fa, soprattutto perché costruttori come Linksys, tra i più
grandi player del settore, hanno iniziato ad abbassare i prezzi per guadagnare quote di mercato nei
confronti di affermate società come 3Com e Cisco.
Tuttavia, un ostacolo da superare per far esplodere il Wi-fi, sarà fare parlare la stessa lingua a tutti i
componenti hardware della rete. Mentre a livello mondiale si sta affermando un singolo standard per la
trasmissione del segnale, l’802.11b, ogni periferica esterna al computer al momento ha un proprio
linguaggio. Ne dovrà rimanere uno solo e non sarà facile decidere quale. La situazione, tuttavia, sta
migliorando perché sembra che molti protagonisti del settore si stiano orientando verso il cosiddetto
Universal Plug and Play, al cui Forum partecipano ora più di 400 aziende tra cui Microsoft e Sony.
In attesa della clientela retail, intanto, si punta su quella business. Alcune catene di alberghi, come
Sheraton e Hilton stanno installando nelle loro strutture ricettive delle reti wireless che permetteranno ai loro clienti di collegarsi in rete dietro pagamento di una tassa. Aeroporti come Dallas /Fort
Worth e San Josè International hanno fatto lo stesso negli Admiral Club di American Airlines. Starbuck,
una catena di locali americana, ha dotato di tecnologia Wi fi più di 500 caffè, e ha pianificato di
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triplicarne il numero entro il 2003. Le premesse per far esplodere questo business ci sono e molti
importanti operatori telefonici o via cavo, come Aol Time Warner o Sbc Communications, rimangono
alla finestra in attesa che un ritorno giustifichi un loro impegno in grande stile. Intanto, però, nell’industria dei Pc e dei produttori di apparecchiature non torna l’ottimismo.
Dell, il secondo produttore mondiale di computer, dopo che il primo posto sul mercato gli è stato
strappato dalla fusione tra Hewlett Packard e Compaq, ha annunciato per il primo trimestre 2002
utili in lieve calo. Inoltre il presidente della società, Kevin Rollins, non ha dato segnali incoraggianti:
ha riconfermato che il gruppo vede una timida ripresa del mercato solo a fine anno e ha aggiunto di non
aver visto nulla che induca ad alzare le stime o la
fiducia. Il titolo Dell da inizio anno ha leggermente
sopvraperformato il suo segmento, salendo del 3%
contro il -7% dell’indice Computer Hardware.
Le cose non vanno meglio nemmeno sul fronte dei
fornitori di network solutions: Lucent Tecnologies,
nei primi tre mesi del 2002 (per la società il secondo
trimestre fiscale), pur avendo migliorato leggermente i suoi ricavi rispetto al quarto precedente, ha tuttavia visto la parte bassa del bilancio ancora in rosso. A preoccupare gli investitori, però, sono le
previsioni per il terzo trimestre. Il direttore finanziario di Lucent, Frank D’Amelio, ha dichiarato che
a causa dell’incertezza del mercato non è in grado di dare indicazioni di fatturato per il terzo
trimestre, mentre si aspetta di vedere un leggero miglioramento a livello operativo, solo grazie alla
politica di riduzione dei costi.
giugno 2002
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tecnologia
web services: tra tecnologia e business
Vittorio Trecordi
Cefriel - Politecnico di Milano e Direttore Generale Ict Consulting
L’impiego plebiscitario delle tecnologie Internet per la realizzazione delle piattaforme di E-business
ha creato i presupposti per l’interlavoro, senza limiti di distanza ma soprattutto di conoscenza, tra le
aziende che operano in collaborazione/competizione in un mercato sempre più libero da vincoli. La
rimozione dei vincoli ha aperto la via per la creazione di reti del valore che riducono al massimo le
inefficienze e ottimizzano le singole componenti e le modalità di relazione/combinazione. Questa
tendenza obbliga gli attori del mercato a sfruttare al massimo gli strumenti tecnologici per essere
competitivi e reattivi, condizioni necessarie per la sopravvivenza. La piattaforma Internet allo stato
“grezzo”, offre strumenti che hanno cambiato il modo di lavorare all’interno e all’esterno delle aziende: primariamente la posta elettronica e il www. L’adozione del www come front-end per
l’incapsulamento delle applicazioni tradizionali di ogni tipo (transazioni, accesso a banche dati,
remotizzazione di terminali, …) ha spinto allo sviluppo delle architetture dei sistemi informativi nella
direzione di attuare una scomposizione razionale delle regioni funzionali (attraverso la realizzazione
di strutture multi-tier) e una separazione di livelli di astrazione differenti. A ogni livello di astrazione
corrispondono un arricchimento delle funzionalità e una granularità delle funzioni differenti (lungo la
scala dei livelli di astrazione corrispondono funzionalità più ricche e la granularità delle funzionalità
decresce). La messa a punto di piattaforme tecnologiche che implementino livelli di astrazione elevati
offre una serie di vantaggi, riconducibili alla filosofia dei modelli a strati e delle interfaccie standardizzate ben noti a chi conosce le pile dei protocolli o a chi sviluppa software:
• si separa l’interfaccia dall’implementazione, consentendo lo sviluppo di componenti multi-vendor
con garanzie di interoperabilità;
• si mettono a fattor comune gli sviluppi che riguardano funzioni altamente standardizzate ed ad
elevato tasso di utilizzo, riducendo l’inefficienza degli sviluppi re-iterati a partire da piattaforme
tecnologiche di basso livello;
• si agevola l’interoperabilità tra componenti che si relazionano attraverso interfaccie standardizzate
dal punto di vista delle strutture dati e delle modalità di interazione (in modo semantico e sintattico);
• si rende possibile la composizione rapida dei contributi offerti da diverse componenti, per poter
costruire ed erogare servizi complessi on-demand.
Tutti questi vantaggi sono in linea con le esigenze del mercato: riduzione dei costi e del time-tomarket; sviluppo delle reti del valore.
L’introduzione del linguaggio xML (eXtended Markup Language) ha consolidato la virata dell’architettura www, da sistema di scambio di documenti ipertestuali e multimediali, nel quale il contenuto e il
formato di rappresentazione sono integrati a sistema che consente di separare le due componenti,
introducendo gli stili di presentazione. Questa evoluzione ha creato i presupposti per lo sviluppo di
architetture applicative che sfruttano la flessibilità di xML indirizzando contesti applicativi specifici. La
rappresentazione dei contenuti e l’arricchimento con elementi descrittivi, sfruttando a pieno il concetto di meta-dato, è affiancata dalla messa a punto di tecniche di interazione tra programmi distribuiti
in rete, sviluppate potenziando le funzionalità del protocollo Http, completato negli aspetti di sicurezza necessari per il contesto business. Le tecniche di automazione dei processi di business (workflow)
sono uno strumento adatto all’elaborazione dei documenti xML e alla realizzazione delle composizioni
che concorrono all’esecuzione largamente automatizzata di operazioni di supporto al business.
I Web Services rappresentano una linea di sviluppo recente, ma di grande portata, in linea con le
tendenze evidenziate. Sotto la dicitura Web Services vengono raccolte le iniziative volte a standar-
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dizzare l’uso delle tecnologie Web in scenari orientati al business in cui si arricchiscono gli strumenti
basilari del protocollo Http e, soprattutto, del linguaggio XML, con una serie di strumenti aggiuntivi che
consentono di agevolare le interazioni tra gli attori di processi che si sviluppano all’interno di un’azienda
o tra aziende in rete. L’agevolazione consiste nella messa a punto di strumenti specifici per la descrizione dei servizi accessibili in rete, per la discovery dei servizi attraverso un sistema di rubriche e, infine,
per l’invocazione di programmi remoti strutturati secondo la logica a oggetti dell’ingegneria del software.
La necessità di mettere a punto una piattaforma efficace per lo sviluppo dell’E-business ha raccolto
un vasto consenso da tutti gli attori coinvolti nello sviluppo dei nuovi scenari delle applicazioni e dei
servizi in rete sul tema Web Services. L’obiettivo primario è l’interoperabilità a livello di business e la
strategia per raggiungerlo è il ricorso alla standardizzazione di un livello di astrazione più elevato di
quello della piattaforma Web per l’accesso ai documenti e ai programmi, approdando a una piattaforma per la registrazione, la ricerca e per lo scambio di funzionalità di business e di servizi, come
richiesto dall’E-business.
Per comprendere meglio la natura dei Web Services ricorriamo a una definizione abbastanza generale data dallo Stencil Group: “componenti software riusabili, accoppiati in modo lasco, che incapsulano semanticamente funzionalità atomiche e sono distribuiti e programmaticamente accessibili usando
protocolli standard Internet”. Esaminiamo meglio la definizione e valutiamo in maggior dettaglio
ciascun elemento. Innanzitutto i Web Services sono componenti software riusabili, costruiti secondo
le pratiche della object orientation e dello sviluppo di parti software che consentono ai produttori di
riusare al meglio quanto già realizzato da altri, rendendo accessibili le funzionalità sotto forma di
servizi da arricchire con il contributo di nuovi sviluppi. L’accoppiamento lasco dei componenti consente di progettare le applicazioni con modesto grado di coordinamento tra le entità coinvolte e con
grande flessibilità. L’incapsulamento di funzionalità atomiche conferisce ai Web Services una caratteristica di autocontenimento e di capacità di sviluppo di un compito ben definito, in modo che altro
software possa determinare quale sia il compito, come si possa invocarne le funzionalità e quali
risultati attendere dall’esecuzione. I Web Services non hanno una interfaccia grafica ma interagiscono
a livello di programmi software che si richiamano e scambiano dati tra loro in formati che hanno un
significato condiviso. Infine, i Web Services usano il protocollo Http per veicolare le informazioni
relative alle applicazioni di E-business, garantendo così ampia portabilità su una vasta gamma di
piattaforme e l’aderenza alle politiche di firewalling usate dalle aziende.
Lo scopo dei Web Services è quello di esporre delle funzionalità di business su piattaforma Internet.
Questo significa: identificare processi di business di validità generale; definire interfaccie orientate
all’erogazione di servizi in scenari ad accoppiamento lasco tra le componenti che concorrono
all’erogazione di servizi complessi; descrivere le interfaccie con modalità standard impiegando gli
strumenti basilari del Web; offrire la possibilità di pubblicare e scoprire interfaccie di servizio in rete
Internet; rendere possibile l’invio di richieste di servizio e la loro evasione, colmando il divario tra
l’interfaccia standard e la modalità usata per l’implementazione.
Gli elementi basilari dei Web Services sono: un archivio capace di rispondere a richieste di servizio
con le coordinate per accedere alle componenti che lo erogano (l’Universal Description,
Web Services
Business Functionality
Discovery and Integration o Uddi); un linguaggio standard per la descrizione delle
IndustryRegistry
Registry
Industry
interfaccie di servizio (il Web Services
WSDL
Business
WSDL
UDDI /
WSDL
Composition
ebXML
Definition Language o Wsdl); un protocollo
description
applicativo evoluto per veicolare le richieste e
WebServices
ServicesContainer
Container
Web
discovery
le risposte di accesso ai Web Services (il
Web
Services
Simple
Object Access Protocol o Soap).
Runtime
Web
SOAP /
Services
Ipotizzando
quanto possa accadere in un conHTTP(S)
Client
execution
testo B2B in cui si utilizzano Web Services, lo
schema è il seguente: viene inviata alla banInternet
Enterprise
ca dati Uddi una richiesta per trovare il serviFirewall
zio e le informazioni sull’azienda che lo offre,
viene richiesta la modalità di accesso utilizScenario ipotetico di erogazione di Web Services (IOna)
zando la descrizione contenuta nel file Wsdl,
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viene inviato un messaggio Soap per accedere al servizio, ricevendo un messaggio SOAP che documenta l’avvenuto accesso al servizio.
Esaminiamo le caratteristiche essenziali degli elementi principali del modello Web Services.
Uddi
L’Universal Description, Discovery and Integration è stato sviluppato dal consorzio di aziende Uddi.org
per rendere disponibile una rubrica pubblica e distribuita che potesse accogliere le descrizioni dei
servizi e dei prodotti e le modalità di accesso, facilitando le relazioni di E-busienss. Lo scenario di
applicazione è quello del collaborative business, in cui si vuole raggiungere lo scopo di fare incontrare
domanda e offerta di attori che non dispongono di tutta l’informazione a priori. A queste carenze
informative si risponde con la messa a punto di motori di ricerca, di cataloghi e di sistemi di directory.
L’iniziativa UddiI si propone di standardizzare l’approccio a questi temi, evitando il proliferare di
soluzioni estemporanee che porterebbero a uno spreco enorme di energie, principalmente per la
duplicazione degli sforzi degli attori coinvolti nel creare soluzioni a hoc, e a modeste garanzie di
interoperabilità. Uddi offre una specifica delle implementazioni e delle interfacce programmatiche
aperte per consentire lo sviluppo delle principali funzionalità richieste da una relazione di business
collaborativo tra aziende che non dispongano a priori dell’informazione necessaria: pubblicazione di
un business, di un servizio o di un prodotto; discovery di un business, di un servizio o di un prodotto;
associazione del business, del servizio o del prodotto con le opportune informazioni e componenti
tecniche per renderne possibile l’accesso.
Il componente centrale è la UDDI business registration, un file xML usato per descrivere un business
e i suoi Web Services. Concettualmente l’informazione è articolata in tre componenti: “pagine bianche” contenenti indirizzi, contatti e identificativi noti; “pagine gialle” contenenti una classificazione
industriale basata su criteri riconosciuti; “pagine verdi” contenenti le informazioni tecniche sui servizi
che sono messi in esposizione dalle organizzazioni di business.
1.
SW companies , standar ds
bodies, a nd programmers
populate the registry with
descriptions of different types
o f service s
2.
UDD I Business Registry
Businesses
populate
the registry
with
descriptions of
the services
they support
Business
R egistr atio ns
3.
Serv ice Type
R egistration s
UBR a ssigns a pr ogrammatically unique
identifier to each service a nd business
registration
4.
M ark etplaces, search
e ngines, a nd business
a pps query the registry to
disco ver ser vices at other
com panies
5.
Business uses this
data to fa cilitate
easier integration
with each other o ve r
the W eb
L’Uddi.org ha messo a punto un archivio pubblico di Web Services, la Uddi Business Registry (Ubr),
disponibile gratuitamente alle aziende che vogliano pubblicizzare i loro servizi e alle aziende che
desiderino trovare business e servizi da utilizzare. In questo archivio le aziende software, gli organismi di standardizzazione e i programmatori popolano la banca dati con la descrizione dei servizi. Le
aziende inseriscono le descrizioni dei servizi offerti. L’UBR assegna a ciascun business e servizio un
identificativo univoco. I marketplace, i motori di ricerca e le applicazioni di business inviano richieste
all’archivio per trovare business e servizi da impiegare. Le aziende utilizzano i dati ricevuti in risposta
alle richieste per facilitare la loro integrazione via Web. L’Ubr ha una struttura distribuita che integra
archivi sviluppati e mantenuti da diverse entità (per esempio Ibm e Microsoft hanno un loro registry pubblico
che si integra nell’UBR). Accanto alle registry pubbliche si svilupperanno delle registry UDDI private
all’interno di comunità di utenti o di settori merceologici specifici.
Wsdl
Uddi Business Registry e i flussi associati (Uddi.org)
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Il Web Services Definition Language è un linguaggio basato su xML utilizzato per definire I Web
Services e descrivere la modalità per accedervi, con un approccio sia orientato allo scambio di
documenti sia all’invocazione di procedure remote. La descrizione Wsdl contiene la descrizione
dell’interfaccia di un Web Service e le modalità di accesso. La specifica è stata prodotta da Ibm e da
Microsoft, attualmente esiste una proposta di sviluppo dello standard in ambito W3C.
Chi sviluppa un Web Service ne pubblica la descrizione e la inserisce in un archivio Uddi per renderlo
accessibile ai potenziali utenti. Chi desidera accedere a un servizio, dopo averlo trovato attraverso il
servizio dell’archivio Uddi, richiede il file Wsdl allo scopo di conoscere la dislocazione fisica del servizio, le chiamate per invocarlo e la modalità di accesso. L’accesso al servizio può avvenire utilizzando
diverse modalità: Soap, Http o Mime. Il Wsdl specifica il “binding” ossia il modo di accesso utilizzato
nel caso di uno specifico Web Service.
Soap
Il Simple Object Access Protocol è uno dei meccanismi utilizzati nell’accesso ai Web Services. Le
richieste e le risposte di accesso a un servizio possono essere contenute in messaggi Soap che
contengono le strutture dati codificate in xML. Il principio ispiratore di Soap è quello di sviluppare la
vocazione del protocollo Http e dell’architettura Web a ricoprire un ruolo centrale nelle piattaforme
applicative moderne. Essendo Http disponibile su una amplissima gamma di piattaforme, Soap risulta
facilmente portabile sulla stessa base di installato. Attualmente si ricorre all’Http e al Web per realizzare il front-end delle applicazioni che risiedono su sistemi di tipo differente e che utilizzano middleware
e protocolli differenti. Soap si basa sul protocollo Http, arricchito delle funzioni di sicurezza, e sul
modello di invocazione a procedura remota utilizzato dal protocollo Iiop (Internet Inter-ORB Protocol)
di Corba (Common Object Request Broker Architecture). Soap è un protocollo applicativo essenziale
per l’invocazione di metodi su server/servizi/componenti/oggetti, senza che sia richiesta la presenza
di un Web Server o di un Object Request Broker. In Soap vengono definiti una serie di schemi xML
utilizzabili per le invocazioni di procedure remote e per la programmazione a oggetti in ambiente
distribuito. Tra i servizi resi disponibili da Soap: l’invocazione di metodi, la modifica di proprietà, il
triggering di eventi, la notifica di callback.
Soap è stato sviluppato da un gruppo di vendor, tra cui Ibm, Microsoft, Lotus, Developmentor e Userland,
è parte integrante dell’architettura .NET di Microsoft ed è in via di standardizzazione presso il W3C.
Dai Web Services ai Semantic Web Services
Le applicazioni B2B comportano lo scambio di documenti complessi attraverso la rete Internet. Organizzazioni come ebXML (standard sostenuto da Oasis - Organization for the Advancement of Structured
Information Standards - e da Un/Cefact - United Nations Centre for Trade Facilitation and Electronic
Business - per lo scambio sicuro in rete Internet di messaggi xML) e RosettaNet (iniziativa per la
standardizzazione delle modalità di sviluppo del business su Internet delle aziende ad alta tecnologia)
hanno definito degli standard per agevolare lo scambio di questi documenti tra aziende che operano
attraverso catene del valore realizzate in rete Internet. Gli interventi riguardano la struttura dei
documenti e i protocolli che rendono possibile lo scambio in rete Internet. Alcune di queste attività si
sovrappongono all’ambito di applicazione degli elementi cardine dei Web Services e pertanto non
sono chiari gli sviluppi e le forme di integrazione. E’ opportuno sottolineare che la dicitura Web
Services ha una duplice connotazione: da un lato, caratterizza una modalità di impostare l’architettura delle applicazioni introducendo strumenti e convenzioni a un certo livello di astrazione, dall’altro,
indica l’applicazione di questi concetti per la realizzazione di servizi che concretamente si rendono
disponibili in Internet per lo sviluppo delle relazioni di business (vedi la Uddi Business Registry).
I Semantic Web Services rappresentano un passaggio successivo all’introduzione del livello di astrazione dei Web Services in senso stretto. Le caratteristiche salienti del passaggio consentono di realizzare una compenetrazione sempre più profonda tra il mondo reale e il mondo virtuale (la rappresentazione del mondo reale affidata alle reti di calcolatori): far sì che i servizi siano interpretabili da
parte dei calcolatori, che il risultato delle azioni automatiche sia visibile agli attori umani e che sia
possibile delegare le azioni ad agenti software, operanti per delega degli utenti.
Il “semantic Web” rappresenta un’evoluzione di portata più generale rispetto ai Web Services, soprattutto perché si propone di rivedere l’impostazione dell’architettura generale del Web, senza
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limitarsi al contesto dell’E-business e del B2B in particolare. La definizione di “semantic Web” data da
Tim Berners-Lee in un aricolo del maggio 2001 pubblicato su Scientific American è: “estensione del
Web attuale, in cui all’informazione è associato un significato ben preciso, rendendo più agevole la
cooperazione di macchine ed esseri umani”. L’enorme crescita dell’informazione inserita nel Web,
l’inadeguatezza dei motori di ricerca convenzionali a seguire il tasso di crescita dell’informazione in
rete e lo sviluppo delle applicazioni che implicano lo scambio di dati tra programmi che si basano su
piattaforma Web, hanno indotto a rivedere il modello di base del linguaggio Html e dell’xML puntando
su un arricchimento della semantica della descrizione dell’informazione. Il passo sviluppato a valle
della separazione del contenuto dalla rappresentazio-ne, attuato con l’introduzione di xML, è quello di
separare il contenuto dalla sua struttura. Sono numerose le proposte che hanno indirizzato il passaggio, ma quella che ha incontrato il favore del W3C è il Resource Description Fra-mework (Rdf) che
rende possibile non solo lo scambio di informazioni tra macchine, ma anche la comprensione dell’informazione scambiata. Basandosi su xML, Rdf introduce la possibilità di descrivere ogni elemento
inserito nel Web come una risorsa, con associate proprietà, attributi e valori in modo da caratterizzare l’informazione all’interno di un contesto concettuale condiviso tra le parti che operano in rete.
Utilizzando Ddf e xML è possibile strutturare documenti e servizi in modo tale da renderli autoesplicativi
e da renderne possibile la condivisione tra gli utenti del Web. L’evoluzione verso il “semantic Web”
implica ulteriori arricchimenti che riguardano: l’uso di ontologie, ossia di vocabolari comuni di descrizione del significato dei contenuti e le regole di descrizione di una logica di ragionamento e la possibilità di verifi-carne la correttezza.
Il Darpa Agent Markup Language (Daml) è la proposta del Dipartimento della Difesa americano per il
linguaggio semantico che lega l’informazione in una pagina alla semantica che può essere intesa da
una macchina (ontologia). Un’ontologia è una descrizione esplicita di un dominio (concetti, proprietà
e attributi dei concetti, vincoli su proprietà e attributi), stabilisce un vocabolario comune e un contesto
di comprensione condiviso. L’ontologia è divenuta un elemento rilevante nel mondo virtuale delle reti
in cui si è voluta estendere, dal reale al virtuale, la pratica, desunta dalla logica matematica e dalla
linguistica, di studiare i termini impiegati per designare gli esseri costitutivi della realtà. Uscita dal
ristretto ambito della filosofia e della scienza delle biblioteche e della rappresentazione astratta della
conoscenza, l’ontologia è diventata interessante per le direzioni marketing delle aziende che operano
puntando sull’E-business. In questi ambienti si è percepito l’impatto dell’ontologia estesa al virtuale
della rete nel supporto alla struttura-zione dei contenuti per renderli più adatti al browsing, alle
ricerche per finali-tà di E-commerce e per rendere possibile l’interoperabilità e la gestione e la
configurazione della conoscenza. Esempi di applicazioni delle ontologie al Web sono: le tassonomie
del Web introdotte dai portali orizzontali (Yahoo), i cataloghi per gli acquisti on-line, o terminologie
adottate in contesti specifici (es. Unified Medical Language System, o UMLS, nel contesto medicale).
L’Ontology Inference & Interchange Language (Oil) è il linguaggio candidato ad affiancare Daml per la
componente di descrizione delle regole di ragio-namento. Oil arricchisce la descrizione dell’informazione operata da Rdf aggiungendo la possibilità di eseguire operazioni logiche (and,or,not) sulle
risorse, di introdurre vincoli sui valori che possono essere attribuiti agli attributi di una risorsa e di
attribuire proprietà a tali attributi.
Riferimenti
Universal Description, Discovery, and Integration: http://www.uddi.org
Web Services and UDDI: http://www.ibm.com/services/uddi
Microsoft UDDI: http://uddi.microsoft.com
Web Services Description Language (WSDL) 1.1: http://www.w3c.org/TR/wsdl
Introduction to WSDL: http://www.devxpert.com/tutors/wsdl/wsdlprint.asp
Overview of WSDL: http://dcb.sun.com/practices/webservices/overviews/overview_wsdl.jsp
Rosettanet: http://www.rosettanet.org/
EbXML: http://www.ebxml.org/
United Nations Centre for Trade Facilitation and Electronic Business: http://www.unece.org/cefact/
S. Decker, S. Melnik et alii, “The Semantic Web: The Roles of XML and RDF”, IEEE Internet Computing, settembre-ottobre 2000.
S. Drecker, P. Mitra, S. Melnik, “Framework for the Semantic Web: An RDF Tutorial”, IEEE Internet Computing, novembredicembre 2000.
T. Berneers-Lee, J. Handler, O. Lassila, “The semantic Web”, Scientific American, maggio 2001.
RDF Vocabulary Description Language 1.0: RDF Schema: http://www.w3.org/TR/rdf-schema/
Ontology Inference Layer: http://www.ontoknowledge.org/oil/
DARPA Agent Markup Language Homepage: http://www.daml.org/
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tecnologia
banda larga (e tasche strette)
Antonella Pelaggi
Chief Technical Officer Elitel
Introduzione
Da molto tempo ormai si è raggiunta la convinzione che la “larga banda” (ed in particolare i servizi di
accesso) non solo costituisca una delle aree di sviluppo più promettenti per il mercato delle telecomunicazioni, ma rappresenti anche una scelta obbligata per la maggior parte degli operatori. Infatti
in questo settore si può sviluppare una competizione maggiormente basata sulla differenziazione e
sulla qualità dei servizi rispetto a quanto avviene nel campo della telefonia, in cui si assiste da tempo
una forte standardizzazione dei prodotti e una competizione essenzialmente basata sui prezzi.
Queste considerazioni, condivise dalla maggioranza degli operatori di telecomunicazione, hanno portato un notevole interesse nelle varie tecnologie per la realizzazione dell’ “ultimo miglio” (principalmente xDsl) e a notevoli investimenti per il cablaggio in fibra delle aree metropolitane, necessario per
raccogliere senza strozzature il traffico generato dalla nuova utenza a larga banda.
Tutte queste azioni si sono sviluppate negli ultimi anni avendo come riferimento, da un lato, uno
scenario tecnologico non particolarmente innovativo e, dall’altro, una caratterizzazione delle esigenze di nuovi servizi abbastanza poco precisa. Per quel che riguarda questo secondo aspetto, si è
lasciato che le opportunità offerte dalla tecnologia guidassero l’evoluzione del mercato, sulla scorta
della tradizionale (e rischiosa) assunzione che quando si ha a disposizione una elevata capacità di
rete si trova facilmente un modo per utilizzarla.
Di recente il quadro ora delineato si è arricchito di non pochi elementi nuovi e degni di nota, sia sul
piano della tecnologia sia, in parte, su quello del mercato.
Il quadro delle opportunità tecnologiche
Per quanto di recente non siano state sviluppate soluzioni tecniche interamente nuove per la realizzazione della rete di accesso, è certo che alcune opzioni già presenti stanno acquistando rapidamente un credito sempre maggiore.
In primo luogo lo sviluppo di standard shDsl porterà a notevoli miglioramenti nel costo e nella disponibilità delle soluzioni di accesso in rame di tipo simmetrico. Queste soluzioni sono sempre state
considerate interessanti per il mercato della piccola utenza affari, in quanto danno la possibilità di
fornire diversi accessi telefonici insieme al canale a larga banda. Di recente si è aggiunto un ulteriore
motivo di interesse che deriva dalla constatazione della sempre maggiore importanza che hanno le
applicazioni simmetriche (o peer-to-peer) per l’utenza residenziale. Se questo elemento continuerà
a trovare conferme nelle analisi di mercato, potrebbe portare in tempi abbastanza brevi una maggiore varietà nelle offerte commerciali di accessi a larga banda su doppino, al momento incentrate
soprattutto sull’aDsl.
Un’altra tecnologia che sta entrando nella fase di maturità è il vDsl. Anche in questo caso l’elemento
catalizzatore è l’assestamento degli standard. Gli accessi vDsl verrebbero a giocare un ruolo totalmente innovativo, ossia quello di un’offerta tecnologica a costi contenuti, ma di capacità abbastanza
elevata da rendere possibili servizi realmente innovativi rispetto a quelli resi possibili dall’aDsl (si va
dalla compresenza di vari segnali video alla interconnessione di Lan ad alte prestazioni).
Ancora più importante è il ruolo che potrebbe giocare l’utilizzo di soluzioni Ethernet nelle reti di accesso.
In questo caso una tecnologia affermata a livello di rete aziendale / di campus viene impiegata in un
ambito di rete pubblica, portando almeno tre vantaggi importanti rispetto alle altre soluzioni:
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-
completezza funzionale (funzioni di routing, qualità di servizio, sicurezza ecc. disponibili nei nodi);
l’integrazione della tecnologia utilizzata nelle rete utente, nell’ultimo miglio e nel
backbone metropolitano;
- costi di installazione ed esercizio inferiori rispetto a tutte le alternative esistenti aventi la stessa capacità.
Infine, nell’ambito delle tecnologie wireless, la tecnologia Wi-Fi (802.11) viene già correntemente
utilizzata per la copertura di aree private di grande interesse commerciale, quali aeroporti ed hotel.
La domanda di capacità
Come si è visto il numero di opzioni disponibili ed economicamente interessanti a tutti i livelli della
rete di accesso sta aumentando. Contemporaneamente il fatto più interessante che si può rilevare
dalla analisi del mercato è che la quantità di informazione trasportata sui backbone Internet continua
a mostrare confortanti tassi di crescita per tutto il 2001 e l’inizio del 2002, non mostra di risentire
eccessivamente delle mutate prospettive economiche. E’ evidente che queste misurazioni sono un
indice della più generale crescita del traffico Ip su reti private e pubbliche.
La crescita del traffico non è legata tanto allo sviluppo di nuove applicazioni, ma piuttosto ad una
costante evoluzione di quelle esistenti verso un maggiore impiego di capacità: maggiore impiego di
grafica e clip video nei siti Web, crescita delle dimensioni degli attachment nella posta elettronica,
con scambio di immagini e clip audio. A ciò si aggiunge lo sviluppo delle già citate applicazioni peerto-peer, mentre è prevedibile che una ulteriore crescita potrà essere causata, nel medio termine, da
una maggiore diffusione delle applicazioni di streaming, ma al momento è difficile identificarne lo
specifico effetto sul traffico complessivo.
Dal punto di vista di un gestore di rete pubblica, questo fenomeno ha una doppia valenza: in termini
di traffico assoluto è certamente positivo che, ad un mercato della telefonia fissa sostanzialmente
stabile, si contrapponga una crescita massiccia in ambito Ip; tuttavia non si può trascurare il fatto che
la redditività “per bit trasportato” del traffico Ip è molto inferiore a quella del traffico telefonico, e sta
calando continuamente. Il valore complessivo del traffico Ip cresce solo perché questo fenomeno è
più che compensato dalla crescita globale del traffico.
Il risultato, dal punto di vista delle opportunità di ricavo per un operatore, è che, alla costante erosione dei margini della telefonia tradizionale, si contrappone la crescita di un mercato di servizi caratterizzato dalla grande quantità di dati trasportati che, per essere sfruttato, richiede nuovi investimenti
nella rete di accesso accoppiati all’impiego di tecnologie particolarmente efficienti sul fronte dei costi.
Una seconda possibilità di guadagno consiste nell’aggiungere valore alla comunicazione dati sotto
forma di servizi / funzioni supplementari che abbiano un chiaro valore percepito per l’utente: ad
esempio, si deve ricordare che, per un utente business, l’affidabilità è tradizionalmente l’elemento
più importante nelle scelta di un servizio di rete, e che l’importanza della sicurezza sta crescendo
continuamente. Da questo punto di vista è emblematico il caso della telefonia, che mantiene il proprio
valore principalmente perché rappresenta a tutti gli effetti un aggregato di servizi che accompagnano
la connettività vocale (quali elevata disponibilità, lifeline, tariffazione sofisticata, servizi supplementari telefonici e Isdn ecc.).
Necessità e possibilità di nuovi investimenti
Da quanto detto prima, risulta evidente che un gestore di rete pubblica oggi dovrebbe mantenere
elevata la propria spesa in tecnologia per almeno due ragioni:
- offrire all’utente servizi di accesso con capacità sempre maggiori,
- perseguire l’innovazione nei servizi accessori.
A ciò si deve aggiungere, come ulteriore elemento critico, la necessità di effettuare la dismissione di
alcune soluzioni tecnologiche che sono diventate rapidamente obsolete.
Purtroppo queste esigenze si stanno verificando in un periodo in cui le opportunità di ottenere nuovi
finanziamenti per una società di telecomunicazioni sono particolarmente scarse, sia sul fronte del
credito sia sul fronte del mercato azionario. Ciò è dovuto, come noto, alla fase di disillusione che i
giugno 2002
Beltel
......................................... oltre il mercato .........................................
mercati finanziari stanno attraversando, e che colpisce particolarmente le società di telecomunicazioni, e ha la stessa radice degli entusiasmi eccessivi e dei finanziamenti facili di un recente passato,
ossia la grande difficoltà di comprendere le dinamiche e le opportunità di un settore ad elevato
contenuto tecnologico.
In queste condizioni sono ben pochi gli operatori che dispongono di risorse sufficienti ad alimentare
la fase di rilancio che l’evoluzione del mercato richiederebbe. Come conseguenza si può prevedere
che in molti concentreranno le proprie attività e le proprie risorse sull’utenza affari, che costituisce il
segmento più remunerativo del mercato. Quindi le innovazioni nelle tecnologie e nei servizi riguarderanno, nel medio termine, soprattutto questi settori di utenza oltre, ovviamente, al mondo delle reti
private, mentre le esigenze dell’utenza residenziale verranno coperte da un gruppo molto ristretto di
operatori, con un’offerta di servizi presumibilmente abbastanza simile e un modello competitivo
ancora basato su promozione del marchio e sconti tariffari.
Si rischia quindi di ritrovarsi in una situazione in cui una concreta opportunità di crescita potrebbe
venire persa per la mancanza di finanziamenti quantitativamente ben inferiori a quelli disponibili sul
mercato meno di due anni fa. Si deve tra l’altro notare che, paradossalmente, a livello nazionale i
margini di crescita sono anche più ampi che in altri paesi sviluppati proprio a causa della possibilità di
colmare il divario ancora esistente con il livello medio europeo di spesa in telecomunicazioni (a sua
volta nettamente inferiore a quello americano).
Un’alternativa volta a promuovere una evoluzione più dinamica anche sul fronte dei servizi per l’utenza
residenziale è quella basata su qualche forma di intervento pubblico. Certamente azioni di questo
genere hanno necessariamente l’effetto di guidare l’evoluzione di un mercato che, allo stato attuale,
è totalmente liberalizzato, e quindi presentano i ben noti rischi di lungo termine connessi alla realizzazione di ogni politica industriale. Non resta che sperare che questo intervento venga effettuato
tenendo ben presente la reale situazione del mercato e la necessità di favorire le migliori opportunità
di sviluppo e innovazione.
Le opinioni espresse dall’autore sono personali e possono non coincidere con quelle della società
giugno 2002
Beltel
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tecnologia
piattaforme aperte per servizi a valore aggiunto
Paola Pernigotti
Business Development Manager for Mobile Operators Lucent Technologies Italia
Nuovi attori sono venuti a far parte del sempre più ampio e complesso mondo della telefonia mobile: non solo clienti e
operatori, quindi, ma anche fornitori di servizi, applicazioni, contenuti, portali. In un contesto così variegato, che porta
ad un’interazione del mondo TLC con il mondo dell’IT e dell’informazione, diventa cruciale l’importanza di un’infrastruttura
di rete che consenta una semplice e veloce interoperabilità di tutte le parti in causa. La filosofia OSA, Open Service
Access, sviluppata dal 3GPP e sposata da alcuni costruttori, tra cui Lucent Technologies, consente a terze parti di
accedere alle funzionalità di rete tramite interfacce definite e aperte. E’ sulla qualità e rapidità nell’introduzione di nuovi
servizi che l’operatore si differenzia: la soluzione di rete che ha in campo, abilitatrice del servizio offerto, è sicuramente
un fattore chiave per il successo.
E’ ormai qualche anno che il palcoscenico delle telecomunicazioni si è arricchito di nuovi attori: in un
primo tempo la figura del protagonista unico, il monopolista, è stata affiancata dalla concorrenza (sia
nel campo della telefonia fissa che mobile). Successivamente la scena si è popolata di numerose
altre figure professionali, nate per venire incontro alle sempre più complesse richieste del mercato:
i service provider, i content provider, i fornitori di portali…
La catena del valore nelle telecomunicazioni si è quindi arricchita: da cliente-operatore, si è trasformata in cliente, fornitore di portale, sviluppatore del servizio, fornitore dell’applicazione/contenuto,
operatore mobile.
E’ evidente che in questo contesto assume un ruolo sempre più fondamentale, per un corretto funzionamento del processo, la standardizzazione e una sua rigorosa attinenza da parte di tutti gli elementi della catena.
Punto focale di questa catena, specialmente nel campo del radiomobile, è chiaramente il servizio
offerto. Non una, ma tante killer application, saranno infatti gli elementi trainanti del business della
terza generazione di telefonia cellulare. E’ sul servizio che si basa la differenziazione dell’offerta di
ciascun operatore.
Si evince pertanto che esistono due aspetti fondamentali su cui deve concentrarsi un operatore
mobile che voglia prepotentemente affermarsi nel complesso mercato dell’UMTS: primo, la scelta dei
partner della catena del valore (individuazione di terze parti in grado di offrire servizi innovativi e
accattivanti, sempre allineati con un mercato in rapidissima evoluzione). Secondo, la scelta di un fornitore
di apparati per la propria rete che garantisca una scrupolosa attinenza agli standard e che consenta di
conseguenza una semplice interoperabilità della propria infrastruttura con quella di terze parti.
Se questo secondo punto è sempre vero nel contesto di tutta la rete, in quanto consente di creare un
ambiente multivendor che risulta strategico per un operatore, è però particolarmente importante nel
caso degli strati alti della rete, quelli che cioè si interfacciano con le applicazioni.
Per questa ragione molti fornitori, come ad esempio Lucent, hanno sposato da tempo la filosofia
3GPP (Third-Generation Partnership Project)* di architettura aperta: ciò è stato tradotto in termini di
centrali nella realizzazione del softswitch e, in termini di rete intelligente, nella migrazione verso
l’OSA (Open Service Access).
* Ente di standardizzazione responsabile della definizione delle specifiche per le reti mobili di terza generazione. Raggruppa enti come ETSI, ARIB, TTC, TTA e T1.
giugno 2002
Beltel
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La nuova generazione di centrali, basata sul concetto di switching software, è infatti caratterizzata da
programmabilità e accessibilità. Programmabilità, verso la rete, che abilita l’operatore ad effettuare
personalizzazioni. Accessibilità, grazie ad interfacce standard, sia, da un lato, verso ogni tipologia di
utenza (terminali mobili, fissi, PC, PDA), sia, dall’altro, verso i sistemi di gestione e di billing.
Il Lucent SoftswitchTM è un esempio concreto di realizzazione di questa nuova tecnologia, sviluppato
ex-novo e non come evoluzione di uno switching tradizionale, al fine di sposare appieno lo standard
3GPP e la filosofia delle reti di nuova generazione.
Se il nuovo switch software consente una più semplice e versatile gestione della rete e delle sue
funzionalità, il Gateway OSA (Open Service Access) è l’elemento che permette concretamente di
implementare il processo di una rapida ed efficace introduzione in rete di servizi a valore aggiunto.
L’OSA Gateway, infatti, fornisce un set di API (Application Programming Interface) che abilitano un
efficiente e sicuro acceso ai servizi di rete da parte di terzi, preservando l’integrità della rete e
consentendo ad applicazioni e servizi di utilizzare informazioni insite nella rete stessa senza doverne
conoscere caratteristiche e protocolli.
Applicazioni e servizi possono quindi avvalersi di preziose informazioni contenute in rete tramite le
rispettive API: informazioni di localizzazione, disponibilità dell’utenza, presenza in rete, o anche utilizzare lo Short Message Service e inviare messaggi, il tutto senza neppure conoscere l’architettura
di rete o le caratteristiche dell’apparato che viene interrogato (HLR, SMS, VLR….). L’implementazione
Lucent di questa architettura si chiama ISG (Intelligent Service Gateway), ed è costituita da un
framework, che preserva l’integrità, la sicurezza della rete, la qualità del servizio (QoS), e da una
serie di API, che si interfacciano con il corretto elemento di rete per fornire l’informazione richiesta.
E’ evidente che questo tipo di approccio, che lascia aperta l’interrogazione della rete da parte di
applicazioni e servizi, valorizza la rete dell’operatore: il servizio offerto può essere personalizzato e
ritagliato sulle specifiche esigenze del cliente finale. Esigenze che la rete conosce e che può, tramite
le API, mettere facilmente a disposizione dell’applicazione. Sia le API che le applicazioni sono “scalabili”:
vale a dire che da un lato l’operatore può introdurre sempre nuove API in rete, e dall’altro il fornitore
di applicazioni può creare servizi, ritagliati sul mercato, che tramite API sfruttano le informazioni
della rete, diventando veri elementi di differenziazione nei confronti della concorrenza.
La sinergia tra operatori e terze parti, favorita da architetture aperte e programmabili, permette
quindi di valorizzare al massimo le potenzialità della rete radiomobile: il servizio personalizzato,
l’applicazione che utilizza l’intelligenza di rete, il contenuto ritagliato sull’esigenza del cliente, sono
elementi vincenti per allargare il proprio bacino d’utenza, incrementare il traffico in rete e differenziarsi dalla concorrenza.
Le opinioni espresse dall’autore sono personali e possono non coincidere con quelle della società
giugno 2002
Nortel Networks S.p.A.
via Montefeltro 6 - 20156 Milano (MI)
Nortel Networks consolida la sua presenza nel mercato enterprise italiano con la
piattaforma Business Communication Manager
Un sistema per le comunicazioni integrate su protocollo IP ideale per le Piccole Medie Imprese
Nortel Networks consolida la sua presenza nel mercato enterprise italiano con il sistema di comunicazione integrata per voce, dati e applicazioni business su protocollo IP Business Communication
Manager* (BCM), appositamente sviluppato per le esigenze delle Piccole Medie Imprese.
Nortel Networks BCM rende disponibili alle utenze medio/piccole un gran numero di prestazioni e
servizi su un’unica piattaforma a costo contenuto. Il sistema fornisce una vasta gamma di prestazioni telefoniche grazie ad un ampio portafoglio di apparecchi telefonici (multifunzione, telefoni IP,
soft phones PC based, apparati DECT, wireless IP phones), ed interfacce di rete che includono
ISDN pubblica e trasmissione VoIP verso WAN, con Routing multiprotocollo integrato e standard
di sicurezza elevati, tipici dei prodotti di Data Networking Nortel Networks. Le applicazioni standard
fornite comprendono Voice Mailing, operatore automatico e Call Routing personalizzabile.
“Il sistema BCM è estremamente versatile – sottolinea Franco Gorghetto, Channel Account Manager di Nortel Networks per la regione Sud Europa – e consente una varietà di applicazioni in
base alle specifiche esigenze della piccola media impresa, con il vantaggio di un investimento
contenuto e sicuramente profittevole.”
Le Piccole Medie Imprese, che in Italia sono 3.500.000 (fino a 250 addetti) su un totale di 3.539.820
(Assinform/Netconsulting), richiedono soluzioni tecnologiche di informatica e telecomunicazione
con caratteristiche di economicità e scalabilità in grado di addatarsi alla crescita del loro business.
“I nostri Clienti – tra i quali riveste particolare rilevanza l’Aeronautica Militare Italiana - hanno avuto
la possibilità, attraverso l’impiego della soluzione BCM di Nortel Networks, di beneficiare non solo
dei vantaggi economici di un’infrastruttura geografica voce/dati IP unificata, ma di un’applicazione
di Call Center dai costi contenuti ” ha sottolineato Stefano Di Zenzo responsabile Impianti di
Comunicazione di Phaser Italia, azienda che opera nel campo della distribuzione di sistemi e
servizi di comunicazione.
Con il sistema BCM, in grado inoltre di fornire soluzioni di web integration e applicazioni evolute
di tipo business come Voice Messaging, Messaggistica Unificata, Personal Call Management e
servizi di Call Centre in versione base o avanzata, Nortel Networks fornisce ai propri partner una
nuova soluzione che risponde ai requisiti tecnologici specifici di un settore in forte crescita come
quello delle Piccole Medie Imprese.
“Grazie al sistema BCM di Nortel Networks - ha affermato Paolo Ceresini, responsabile della
Business Unit Telecomunicazioni di Multi Consult Milano, attiva nel settore dei servizi per le aziende di Trasporto e Spedizioni - abbiamo trovato la soluzione ideale sia per il nostro Centro Servizi,
attraverso il quale eroghiamo in outsourcing prodotti software, navigazione Internet, posta elettronica, servizi di sicurezza e gestione remota del sistema informatico, sia per fornire in portafoglio
prodotti una soluzione di comunicazione integrata voce e dati IP che ha già garantito ad alcuni tra i
nostri maggiori Clienti un evidente e misurabile risparmio di tempo e denaro.”
we make business straight.forward
COLT Telecom SPA
Sede legale Viale Jenner, 56 - 20159 Milano
Tel: 02/30333 1 Fax: 02/30333 700 Numero Verde: 800-909319 [email protected] www.colt-telecom.it
COLT è il leader europeo nei servizi di telecomunicazione e Internet a banda larga per aziende. Il gruppo gestisce una
rete europea in fibra ottica di 20.000 chilometri, che collega 32 grandi città cablate, fra le quali Milano, Roma e Torino.
Attraverso la rete in fibra ottica, ADSL e SHDSL, COLT offre una vasta gamma di servizi integrati di telecomunicazione
e Internet per le aziende, per trasmissione dati e video, la telefonia e l’accesso al web.
Servizi Dati
• Circuiti cittadini, nazionali e internazionali, da 64 kbps fino a 10 Gigabit/s
• Interconnessione “native LAN” a banda larghissima, fino a 1 Gigabit/s
• Reti private virtuali
• Trasporto nazionale ed internazionale di segnali video a banda larga
Servizi Internet
• Accesso a larga banda illimitata, 24 ore su 24, always on
• Hosting su piattaforme Unix, NT e Windows 2000 con connettività dedicata
• Housing con rack o aree dedicati
• Servizi a valore aggiunto: gestione mail, soluzioni di sicurezza, back up, storage e monitoraggio, streaming
• Consulenza e progettazione
• Assistenza 24 ore su 24
Le web farm di COLT offrono ad aziende e Internet Service Provider (ISP) le più evolute soluzioni di hosting e housing
per l’e-business e servizi di accesso a Internet, utilizzando la rete IP in fibra ottica di COLT, con collegamento diretto ai
principali peering point europei e di New York. COLT è il partner ideale per l’e-business: oltre 6.000 server disponibili
per l’Italia nelle web farm di Milano, Torino e Roma.
Servizi Voce
• Connessione diretta e portabilità del numero
• Accesso con preselezione del codice
• Portale vocale con informazioni su 500 milioni di abbonati in Italia e nel mondo
Numeri verdi, ad addebito ripartito e a tariffa premio
Servizi ‘ultimo miglio’
COLT offre Accelerator, un pacchetto integrato che potenzia di 30 volte la tradizionale linea telefonica: fino a 2 Mbit/s
per accedere rapidamente ad Internet, parlare, inviare e ricevere dati e fax. L’offerta comprende: accesso a banda
larga sempre disponibile e senza limiti di navigazione, router in comodato d’uso installato e gestito da COLT, dominio,
caselle e-mail personalizzate, web mail, indirizzi IP statici, spazio web per la creazione di siti, servizi voce con connessione diretta, portabilità del numero, numeri verdi e ad addebito ripartito.
TeleAp
Via Patroclo, 21 – 20151 Milano
tel. 02-409551 fax 02-40955853 [email protected] www.teleap.it
La m-communication di TeleAp
Ultimamente si parla molto delle potenzialità della mobile communication, ma non sono ancora
molte le reali esperienze italiane relative allo sviluppo di servizi a valore aggiunto per utenti di
telefoni cellulari e alla capacità di accedere alle risorse aziendali da dispositivi mobili eterogenei.
TeleAp, system integrator specializzato in soluzioni di eBusiness, è già impegnata da alcuni mesi
su entrambi i fronti, grazie alla partnership raggiunta alla fine dello scorso anno con Mobileum. La
società americana, di cui oggi TeleAp è l’unico VAR per il nostro Paese, offre infatti una piattaforma
applicativa estremamente sofisticata e versatile per lo sviluppo di soluzioni dedicate al mondo wireless.
La piattaforma si indirizza sia ai carrier di telefonia mobile, per lo sviluppo di servizi a valore aggiunto
destinati all’utenza finale, sia al mondo enterprise per facilitare l’accesso ai dati aziendali da parte degli
utenti attraverso l’utilizzo di dispositivi mobili come cellulari, palmari e laptop.
Nel primo caso, proprio su Mobileum, sta partendo il primo progetto pilota italiano che coinvolge
uno dei maggiori gestori di telefonia mobile; il progetto prevede sia la possibilità di contattare gli
utenti in roaming con messaggi personalizzati, sia la capacità di sviluppare servizi ad alto valore
aggiunto dedicati in modo particolare agli utenti con carte pre-pagate che si trovano all’estero.
Per quanto riguarda il mondo aziendale, la proposta di TeleAp riguarda in generale lo sviluppo di
applicazioni business-to-business, basate su piattaforma Mobileum, per velocizzare i processi
che coinvolgono gli utenti che operano dall’esterno. Più in particolare, le applicazioni oggi in fase
di valutazione presso alcune delle maggiori realtà italiane riguardano soprattutto la possibilità per
gli utenti abilitati di accedere da remoto alla rete aziendale e operare sui documenti di proprio
interesse e la capacità di impostare alert multicanale (SMS, MMS, email, WAP Push e Instant
Messaging) secondo escalation personalizzate.
TeleAp è un system integrator con un’offerta completa di consulenza e soluzioni CRM ed Enterprise
Interaction Management. TeleAp è oggi la prima azienda italiana diventata Premier Consulting
Partner di Siebel System. In qualità di Strategic Partner di Genesys e VAR delle soluzioni ICM di
Cisco, TeleAp ha di fatto realizzato i più complessi progetti di Contact Center multimediali in Italia
per dimensione, importanza e per strategicità del business.
TeleAp in partnership con Exigen supporta le imprese nella progettazione e realizzazione di soluzioni complesse di Workflow/Document management e con Mobileum fornisce servizi di enhanced
Roaming e Wireless Enterprise Data.
Inoltre, la società si distingue dagli altri system integrator per la sua riconosciuta specializzazione
nelle attività relative alla realizzazione di Customer Services, di Sales Force Automation, Business
intelligence, soluzioni complete del ciclo di CRM analitico, operativo e relazionale.
TeleAp si qualifica come un partner di riferimento per la creazione e lo sviluppo di strategie di relazione
con i propri clienti, ottimizzando il contatto non solo attraverso i mezzi tradizionali, come telefono, fax,
e-mail, SMS, ma anche impiegando quelli più innovativi dell’area Internet, esempio chat VoIP, Wap, in
tutti i settori: dal Customer Service al Marketing, dalle vendite al Web/ Phone Banking.