Sergio Degipo nasce nel 1932 a Genova, dove nell

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Sergio Degipo nasce nel 1932 a Genova, dove nell
Sergio Degipo nasce nel 1932 a Genova, dove
nell’immediato dopoguerra consegue la maturità scientifica.
Successivamente si trasferisce a Milano dove prosegue
gli studi al Politecnico e nel contempo la sua passione
per il disegno lo porta a svolgere la professione di grafico
pubblicitario, tecnico della comunicazione e progettista
di stand fieristici. In quegli anni frequenta anche la jazz
session che il fratello Danilo tiene con Tenco, Lauzi e Bindi
nell’appartamento di Via Cecchi.
Come grafico collabora con ASGEN, Ansaldo, Siderexport
e Tubi Ghisa, per cui progetta e realizza anche gli stand
nelle più importanti fiere mondiali. L’Istituto per le
Pubbliche Relazioni riconosce la Relazione di Bilancio
del 1958 dell’ILVA come la migliore realizzata in Italia.
Poco dopo SHELL Italiana gli affida l’art directoring
della RIVISTA SHELL. Per Elettrodomestici San Giorgio,
nei primissimi anni sessanta, escono, su Epoca ed altre
riviste, le pagine pubblicitarie da lui create in
collaborazione con il noto fotografo milanese Edoardo Mari.
Cura campagne pubblicitarie per ItalWatch, per il gruppo
Van Der Bergh e realizza i cataloghi dei famosi ‘’punti
Miralanza’’.
Nei primi anni settanta il panorama produttivo ligure
subisce profonde trasformazioni ed è con il settore bancario
che Degipo trova nuovi sbocchi per la propria inventiva.
In quel momento inizia la collaborazione con l’allora Cassa
di Risparmio di Genova e Imperia e con la Cassa di
Risparmio di Padova e Rovigo, per le quali realizza i loghi.
Per la CARIGE i quattro rombi, sintesi geometrica della
regione Liguria, hanno i colori delle province di riferimento
in verde pantone 320 tendente all’azzurro, perfetta
miscelazione tra i colori del cielo, dei monti e del mare liguri.
L’immediatezza e la leggibilità della comunicazione visiva
vengono prima di tutto, ma riescono sempre a convivere
con la geniale creatività e la passione per i colori che
trovano libero sfogo anche nella sua pittura.
Alla sua scomparsa segue la pubblicazione online del sito
internet www.sergio.degipo.it che riporta molti dettagli
della sua opera e della sua vita.
RITRATTO
Degipo, un pittore
che seppe vedere oltre
di Germano Beringheli
Le emozioni e le sensazioni sono il lievito dell’immaginazione.
L’asserzione è mia, connessa a una ricerca d’antan, a quando
la storia dell’arte di avanguardia e il suo sperimentalismo
si manifestavano in profondità, nei limiti di un’arte determinata
dal contatto con una immaginazione che miscelava figure
e narrazioni ma che si prospettava anche in estensione.
G
iulio Carlo Argan, uno dei maggiori specialisti dei movimenti artistici dell’epoca, predicava che la sensibilità critica moderna doveva contemplare il mondo dell’arte in divenire con uno sguardo così distaccato da parere retrospettivo.
Si diceva di un arte in espansione, formalmente aperta e continuamente rinnovata. Per
contro si teneva conto di quanto aveva affermato Piero Jahier in una sua poesia: “e se
l’ho detto è perché ha traboccato’’.
Medesima, forse e in pratica, la ragione del mio recupero memoriale ora che avverto, concidente col tempo in atto, la pregiudiziale di Ortega y Gasset quando, saggiamente, aveva
pronunciato: “l’avanguardia rappresenta e esprime la disumanizzazione dell’arte’’.
O, piuttosto, perché a suscitarla è stato, ora che è scomparso l’artista, il duplice lavoro, di
grafico e di pittore, di Sergio Degipo.
Le cui suggestioni formali e le varianti estetiche – che lo indussero, contemporaneamente,
a un oggettivismo critico e a un soggettivismo pratico e avveniristico dello spirito scientifico – collegano, per via di opposizione, l’antitetico dualismo di razionalità e, appunto, di
immaginazione, che non è, quest’ultima, frutto di fantasia bensì, siccome recita il Devoto,
“elaborazione di dati sperimentali o facoltà di cogliere il valore di una ipotesi o di una interpretazione a livello superiore’’. Degipo dunque, di cui si dovrebbero dire, dettagliatamente, le numerosissime campagne pubblicitarie e promozionali per la maggiori aziende
pubbliche e private dell’industria e del commercio nazionali e internazionali e – dopo
aver ricordato che è suo il “marchio’’ distintivo della Carige, i quattro rombi che sintetizzano geometricamente (o, come avrebbe detto Mondrian, in modo neoplastico) la nostra
regione – la predilezione spiccata che egli ebbe per il fare pittura affinché l’artifizio esprimesse un mondo altro o “oltre’’, situato tra le interrogazioni filosofiche della scienza, ovvero della logica interna ad alcune teorie scientifiche, e a quelle funzioni di verità che l’artista intuisce, transitive e fantasmatiche, tra la forma e il contenuto dell’essenza.
E’, appunto, del Degipo pittore che si vuole qui dire, del suo modo di intendere l’essenza e di
Curvatura estrinseca
di un continuo (1974),
Orbite parabelliche (1974),
Neoformazione galattica
(1975).
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RITRATTO
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rappresentarla attraverso la sua forma d’attrazione sensibile mediante la manipolazione e
l’impiego degli strumenti linguistici dal far pittura. I quali, tuttavia, sono adoperati dal Nostro in modo “romantico”, senza tener conto della loro evoluzione storicamente avvenuta tra
la fine del 1800 e gli inizi del 1900 e perseguendo, semmai, l’esplorazione dell’ignoto, grande o piccolo che sia, comunicandolo mediante l’interpretazione, del tutto soggettiva, degli
spazi infiniti dell’universo. Ciò considerando anche quanto è accaduto nell’ambiente artistico milanese nei primi anni ’50 del secolo appena passato, ovvero quando Enrico Baj e Sergio
Dangelo, fondatori del Nuclearismo, sostennero il tramonto di tutti gli “ismi” “intesi come
correnti separate legate allo stile e la decadenza della pittura vincolata indissolubilmente, come tale, all’accademismo’’. Di fatto, Degipo, che stava frequentando il Politecnico lombardo,
aderì, con Joe Colombo, Gianni Bertini e lo scultore Consagra, al movimento Nucleare che
succedeva allo Spazialismo, fondato nel ’47 da Lucio Fontana. L’avvenimento testimonia la
sua volontà di ricerca del nuovo dentro l’ignoto; il suo bisogno di esplorare la realtà, stimolato dalla conoscenza e dall’immaginazione.
Per mezzo della divulgazione epistemologica di “Scienze’’, la rivista che confortò le sue
indagini conoscitive (per esempio il ricorso alla ellisse come centro di simmetria nel
quale si intersecano due assi di diversa lunghezza), e con la pittura – che affiancò all’esercizio, allora pioneristico, di grafico pubblicitario – egli cercò di “rappresentare’’ ciò
che certamente è e il cui aspetto si può soltanto immaginare: “pianeti e stelle su galassie lontane dalla terra’’, come del suo lavoro scrisse Raffaele Francesca , presentandone
a Genova, nel 1995, l’ultima mostra.
C’è un sito internet, www.degipo.it, che informa, con ricchezza di particolari e con tante
immagini, della sua carriera artistico-professionale. Tuttavia, pur avvertendo criticamente, nella sua pittura, una supposta estraneità alle ragioni d’essere dell’astrattismo neoplastico e persino delle accezioni informali, sono evidenti, nella sua espressività pittorica, pulsioni e influenze ben ascrivibili a quelle correnti internazionali del XX secolo che hanno
modificato, attraverso la conoscenza e l’indagine sulle stesse ragioni dell’arte e dei suoi strumenti, il linguaggio espressivo e la conseguente comunicazione.
Chiare, direi evidenti, le ascendenze: l’Espressionismo pittorico del “Die Brücke”, per le
accentuazioni e le distorsioni espressive e quindi la dimensione inquietante e nascosta
di Kubin o l’intensità psicologica di Klee.
Intuitivamente dovremmo pensare che avesse interessi anche per le altre collocazioni
secessioniste, tra quelle letterarie di Trakl o di Kafka, per le accezioni musicali di Schönberg o Berg, o, persino, per le realizzazioni cinematografiche di Robert Wiene che raccontò Il Gabinetto del Dottor Calligari. L’Informale, infatti, laddove impiegava e spiegava forma organiche o biomorfiche, non è adoperato da Degipo abbandonando la rappresentazione mimetica del mondo ma per ottenere, espressionisticamente e figurativamente, effetti fantasmatici, al fine di consentire alla fantasia di immaginare, appunto,
un “oltre’’ probabile. Certo non casualmente, credo, bensì conoscendo, come capitava alla curiosità esistenziale di Degipo, il reale stato di sviluppo delle scienze e avendo sentore delle ricerche fisiche e filosofiche sulle problematiche spazio-temporali e sul costrutto matematico che rappresentava il teatro degli eventi.
Persino il Surrealismo, i suoi meccanismi inconsci e casuali, furono centrali all’estetica e,
direi, alla morale dell’artista, le cui opere visionarie, pittoricamente leggere e trasparenti,
diafane e accese di energia luminosa (“primo visibile, cagione di bellezza’’, quale l’appellò
il monaco polacco Vitellione, o “irraggiamento visibile ma penetrante nelle cose”, come la
disse San Bonaventura) testimoniano l’immaginario trasfigurante concepito da Sergio Degipo, pittore che non ha separato visione e rappresentazione, memore, certo, del detto vasariano per cui soltanto chi vede sa rappresentare.
Il vecchio Crios,
In un orlo di NGC 4565,
Nella galassia antica (1966),
Collisione di eclissi,
Serenità (1966).
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