SalinaDocFest concorso internazionale 1° edizione
Transcript
SalinaDocFest concorso internazionale 1° edizione
SalinaDocFest concorso internazionale 1° edizione Durante il suo viaggio in Italia, Goethe definiva la Sicilia un “deserto di fecondità”. Un grande ossimoro; una contraddizione in termini che visualizza, come in un flash cinematografico, la conflittualità di una terra dove possono coesistere la purezza del tempio di Segesta, lassù sul monte, e la crudeltà della terra nuda e della vita pastorale che lo circonda; l’azzurro del mare e del cielo, sopra, e il sudore delle fronti chinate sulla terra, sotto. L’ossimoro, in qualche modo, rimanda allo stato del documentario oggi: un genere che nasce dall’incontro diretto con la realtà - ne registra le contraddizioni e le piaghe - e la trasfigura in modo narrativo, lirico, o surreale, secondo una tradizione che, dalla Panaria a De Seta, da Rossellini a Ivens, è riuscita sempre a coniugare la durezza dell’inchiesta con la visionarietà dello sguardo. A questa tradizione il Festival intende dare il suo contributo portando sull’isola il meglio della nuova produzione del documentario “narrativo”, tentando, sin dalla sua prima edizione, di costruire un ponte ideale sul Mediterraneo verso i paesi Nord africani e, più in generale, verso i paesi del Sud. La sete di realtà, che, soprattutto dopo l’undici settembre, ha portato a riscoprire il grigiore delle periferie, il male che si annida fuori dalle mura domestiche, l’esistenza di popolazioni altre, ha ridato vitalità al genere documentario e dimostrato che si può (si deve) stare addosso alla realtà “raccontando una storia”. Per questo il SalinaDocFest ha privilegiato quelle opere che, a partire dalla documentazione del reale, abbiano saputo reinventare e trasfigurare il reale in modo narrativo, attraverso il mezzo del linguaggio cinematografico. Il documentario non è solo réportage o passiva registrazione dei fatti, ma ricostruzione della realtà attraverso uno sguardo personale, che non esclude il ricorso all’ibridazione dei generi. È quel che fa, ad esempio, in campo letterario, uno scrittore come Roberto Saviano, che, di pari passo alle nuove tendenze documentaristiche del cinema, racconta la realtà della camorra miscelando romanzo e saggismo, inchiesta e giallo. A questo nuovo, e variegato, deserto di fecondità il SalinaDocFest è dedicato. Giovanna Taviani Il SalinaDocFest, ideato e diretto da Giovanna Taviani, con la direzione organizzativa di Michele Suma, è il primo festival italiano dedicato al documentario narrativo, un genere cinematografico che, in questi ultimi anni, ha conquistato anche l'attenzione del grande pubblico. Patrimonio dell’Unesco, Salina è il centro delle Isole Eolie, set naturale di film memorabili come Stromboli, L'avventura, Vulcano, Kaos, Il Postino, Caro diario e illustri protagoniste della storia del cinema italiano dalla fine degli anni Quaranta, quando Alliata, Maraini e Moncada fondavano la “Panaria Film”, antica casa di produzione indirizzata soprattutto al documentario. Il SalinaDocFest, dedicato interamente al "cinema della realtà", vuole dare un nuovo contributo a questa tradizione, privilegiando quelle opere che, a partire dalla documentazione del reale, sappiano reinventarlo e trasfigurarlo in modo narrativo. Anima del Festival è la sezione "Il mio paese" - 1° concorso internazionale per 9 documentari selezionati in area mediterranea. Una giuria presieduta dal Prof. Bruno Torri (Presidente del SNCCI) e composta da Marco Bertozzi (documentarista e teorico del genere), Alberto Crespi (critico cinematografico), Giancarlo Licata (direttore di TG3 Mediterraneo), Pasquale Scimeca (regista), assegnerà il Premio SalinaDocFest al miglior documentario nella serata conclusiva, condotta da Lello Arena. Un Comitato d'onore, composto da Paolo e Vittorio Taviani (registi), dal Prof. Romano Luperini (Università degli Studi di Siena) e da Giorgio e Mario Palumbo (editori) assegnerà il Premio speciale “Dal testo allo schermo”, destinato a scrittori e personalità del mondo della cultura, distintisi per opere di particolare impegno civile al confine tra letteratura e cinema, allo scrittore Roberto Saviano. L'importanza dello scambio culturale tra le diverse sponde del Mediterraneo, centro tematico del festival, sarà sottolineata anche attraverso la proposta di un itinerario teatrale, musicale ed enogastronomico. Completano il programma del festival le seguenti sezioni: Documentiamoci, tre serate rivolte al pubblico isolano che dal 18 al 20 settembre visionerà, voterà e premierà il miglior documentario tra una ventina di opere scelte tra le più significative del cinema moderno. Reperti di memoria, proiezione di documentari di grandi nomi del cinema italiano e straniero (da Rossellini a Ivens, da De Seta a Visconti) Finestra sul presente, proiezione di documentari di giovani registi già affermati nel panorama del cinema italiano (da Vincenzo Marra ad Agostino Ferrente), seguita da un incontro tra pubblico e autori. Teatro/Musica, spettacoli teatrali, concerti e degustazioni. Info: www.salinadocfest.org Ufficio stampa Marzia Spanu e Barbara Gai Barbieri Tel. 06 77591075 Cell. 335 6947068 - 338 7605177 e-mail: [email protected] A - SEZIONE CINEMA Il mio paese: 1° Concorso internazionale per n. 9 documentari di registi appartenenti all’area del Mediterraneo, la cui data di realizzazione sia posteriore al 1 gennaio 2005. Il titolo zavattiniano (riproposto proprio recentemente nell’omonimo documentario di Daniele Vicari, premio DAVID DONATELLO 2007) traccia i confini tematici del festival: realtà sociale contemporanea, tradizioni locali, mondo del lavoro, flussi migratori. Aspetto non secondario della sezione sarà la presenza in sala dei 9 registi selezionati per il Concorso, che presenteranno personalmente i loro documentari e risponderanno agli interventi del pubblico. Le sezioni Reperti di memoria, dedicata alla proiezione di documentari di grandi nomi del cinema italiano e straniero (da Rossellini a Ivens, da Visconti a Pasolini), e Finestra sul presente, dedicata alla più recente produzione documentaristica di giovani cineasti già affermati nel panorama del cinema italiano (da Vincenzo Marra ad Agostino Ferrente), integrano il concorso. I registi presenti, prima della proiezione dei loro film, terranno un incontro lezione sul documentario insieme ad alcuni esperti del settore alla presenza del pubblico. Documentiamoci: quattro serate precedenti il Festival, rivolte esclusivamente al pubblico isolano, che dal 17 al 20 settembre voterà e premierà il miglior documentario tra alcuni grandi titoli contemporanei che hanno contribuito a ridefinire il genere. B - SEZIONE TEATRO/MUSICA Completano il programma, durante le tre serate nei vari luoghi dell’isola, percorsi di degustazione enogastronomica, spettacoli teatrali e musicali (dal Chaplin inedito di Lello Arena a La nave Fantasma di Giovanni Maria Bellu, Renato Sarti e Bebo Storti), e concerto finale world music del gruppo catanese Dounia. C- SEZIONE PREMI Premio “SalinaDocFest” al vincitore del 1° Concorso per documentari. Premio speciale “Dal testo allo schermo” a scrittori e personalità del mondo della cultura, distintisi per opere di particolare impegno civile al confine tra letteratura e cinema allo scrittore Roberto Saviano Premio pubblico Salina per la sezione Documentiamoci: una “targa alla memoria” simbolica che verrà assegnato dal pubblico isolano al miglior documentario tra alcuni titoli contemporanei che hanno contribuito a ridefinire il genere. Il premio al miglior documentario sarà assegnato da una Giuria composta da Marco Bertozzi, documentarista e teorico del genere, Alberto Crespi, giornalista dell’“Unità”, Giancarlo Licata, direttore di TG3 Mediterraneo, Pasquale Scimeca, regista, e sarà presieduta da Bruno Torri, Presidente del SNCCI, docente universitario e critico cinematografico. SalinaDocFest DOCUMENTIAMOCI Salina, 17-18-19-20 settembre 2007 1a edizione LUNEDI’ 17 settembre_______________________________________________________________________________________ MALFA - Centro Congressi 16.00 Roger and me di Michael Moore (1989) Usa 91’ 18.00 The agronomist di Jonathan Demme (2003) Usa 90’ Presentano Mazzino Montinari e Antonio Pezzuto MARTEDÌ 18 settembre______________________________________________________________________________________ MALFA - Centro Congressi 16.00 Grizzly man di Werner Herzog (2005) Usa 100’ 18.00 Il popolo migratore di Jacques Perrin, Jacques Cluzaud, Michel Debats Presentano Mazzino Montinari e Antonio Pezzuto MERCOLEDÌ 19 settembre___________________________________________________________________________________ MALFA - Centro Congressi 16.00 Lost in La Mancha di Louis Pepe, Keith Fulton (2002) GB/Usa 89’ 18.00 Come inguaiammo il cinema italiano – La vera storia di Franco e Ciccio di Daniele Ciprì, Franco Maresco (2004) It 98’ Presentano Mazzino Montinari e Antonio Pezzuto GIOVEDI 20 settembre______________________________________________________________________________________ MALFA - Centro Congressi FINESTRA SULLE EOLIE: 18.00 Didyme di Sonia Giardina e Marco Insolia (2007) It 45’ alla presenza degli autori 19.00 Mal di pietra di Alessandro Di Gregorio (2007) it 19’ Presentano Mazzino Montinari e Antonio Pezzuto 21.30 EVENTO SPECIALE: Dall’altra parte del cancello di Alberto Puliafito e Simone Cristicchi (2007) It 70’ alla presenza degli autori Presentano Giovanna Taviani e Francesca Cantarutti PROGRAMMA VENERDÌ 21 settembre____________________________________________________________________ MALFA - Centro Congressi 11.00 Saluto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali Francesco Rutelli. Apertura e presentazione del Festival a cura di Giovanna Taviani e Michele Suma, alla presenza dei Sindaci del Comune di Malfa Salvatore Longhitano, del Comune di Leni Antonio Podetti, del Comune di Santa Marina Salina Massimo Lo Schiavo e dell'Assessore al Turismo del Comune di Malfa Clara Rametta. 12.30 REPERTI DI MEMORIA: Fantasia sottomarina di Roberto Rossellini (1939) It 10’ Presenta Marco Bertozzi 13.00 pranzo bouffet Bar Malvasia di MALFA MALFA - Centro Congressi. CONCORSO SalinaDocFest 15.00 Welcome Europa di Bruno Ulmer 2006 Fr 90' 16.50 di Pippo Delbono 2006 It 75' di Paco Toledo, Josè Gonzales Morandi 2006 Sp 84' Grido 18.30 Can Tunis Presentano Giovanna Taviani e Mazzino Montinari alla presenza degli autori 21.00 RINELLA-L'Ariana, cena a cura degli chef locali 22.30 RINELLA - spiaggia. Spettacolo teatrale La nave fantasma (2004), di Giovanni Maria Bellu, Renato Sarti e Bebo Storti Introduce Giovanni Maria Bellu SABATO 22 settembre____________________________________________________________________ MALFA - Centro Congressi 09.30 REPERTI DI MEMORIA: Cacciatori sottomarini di Renzo Avanzo (1946) It 10’ Bianche Eolie di Francesco Alliata (1948) It 12’ Isole di cenere di Francesco Alliata (1948) It 9’ Presenta Marco Bertozzi con la partecipazione di Francesco Alliata della Panaria film. 10.30 12.00 FINESTRA SUL PRESENTE: L'udienza è aperta di Vincenzo Marra (2006) It 75’ Incontro con l’autore. Modera Alberto Crespi. 13.00 bouffet di rosticceria presso "Bar Malvasia" in piazza a Malfa. MALFA - Centro Congressi CONCORSO SalinaDocFest 15.00 Centravanti nato di Gianclaudio Guiducci 2007 It 81' 16.40 Primavera in Kurdistan di Stefano Savona 2006 It/Fr 80' 18.20 La persona De Leo N. di Alberto Vendemmiati 2005 It 87' Presentano Giovanna Taviani e Emanuela Tomassetti alla presenza degli autori 21.00 LINGUA-Ristorante "Il Gambero": cena bouffet a cura degli chef locali. 22.30 LINGUA – piazzetta. Spettacolo teatrale OH! THAT CHAPLIN! (2007), Progetto e Letture Lello Arena. Violoncello Francesca Taviani. Pianoforte Elisa Tasselli. PRIMA ASSOLUTA DOMENICA 23 settembre_________________________________________________________________ MALFA - Centro Congressi 9.30 REPERTI DI MEMORIA: Isole di fuoco (1955) It 11’, Lu tempu di li pisci spata (1954) It 10’ Contadini del mare (1955) It 10’ di Vittorio De Seta Presenta Marco Bertozzi 10.30 FINESTRA SUL PRESENTE: L'orchestra di Piazza Vittorio di Agostino Ferrente (2006) It 90’ 12.00 Incontro con l'autore. Moderano Marco Bertozzi e Bruno Torri. 13.00 lunch "Da Alfredo" a LINGUA. MALFA - Centro Congressi CONCORSO SalinaDocFest 15.00 Nisida - Crescere in prigione di Lara Rastelli 2006 It 100' 17.00 Il fantasma di Corleone di Marco Amenta 2006 It 80' 18.40 Il passaggio della linea di Pietro Marcello 2007 It 60' Presentano Giovanna Taviani e Michele Suma alla presenza degli autori h. 20.00 Cena bouffet con inviti al "Santa Isabel" (MALFA). SANTA MARINA – piazza 22.00 Premiazione del miglior documentario del CONCORSO SALINADOCFEST. Premio Speciale DAL TESTO ALLO SCHERMO a Roberto Saviano (consegnato dal Comitato d’onore). Introduce Romano Luperini. Proiezione della video intervista a Roberto Saviano, estratta dal documentario Il Giallo (2007), a cura di Angela Prudenzi e di Giovanna Taviani. PREMIO DEL PUBBLICO per la sezione DOCUMENTIAMOCI. Presenta la serata Lello Arena. 23.00 Concerto di world music del gruppo Dounia. IL MIO PAESE – 1° concorso internazionale Un paese di spaesati: è questa la geografia che i nove documentari selezionati per la prima edizione del SalinaDocFest sembrano configurare. Chiamata ad esprimersi attraverso il mezzo cinematografico su Il mio paese, titolo zavattiniano ripreso recentemente dall’omonimo documentario di Daniele Vicari, premio David di Donatello 2007, una nuova generazione di cineasti punta lo sguardo sulle macerie di un paese in disfacimento; un paese che non esiste più. In comune le diverse opere hanno il senso di spaesamento degli sradicati, di chi non ha più, a volte una comunità, a volte un luogo, di cui sentirsi parte, in cui riconoscersi. È l’immigrato catapultato nelle grandi capitali di Europa (Welcome Europe), o il transessuale cui non è permesso diventare quello che realmente “è” (La persona De Leo N.); è la tragica libertà conquistata al prezzo della deviazione mentale (Grido), o lo straniamento del barbone che ha scelto di vivere sui treni notturni (Il Passaggio della linea). È, ancora, la rabbia degli adolescenti senza volto del carcere minorile di Napoli (Nisida), o la fallimentare parabola di Carlo Petrini nel mondo del calcio corrotto (Centravanti nato), o il dire “esistiamo” dei gitani di Barcellona (Cun Tunis). Ma è anche il percorso di chi allo spaesamento si ribella, rivendicando la propria identità nelle montagne curde (Primavera in Kurdistan), o tornando in Sicilia, nella proprio terra natale, per investigare, dopo anni di assenza, sul mistero di Provenzano (Il fantasma di Corleone). La comune reazione allo spaesamento, di questi nuovi documentaristi, è una chiara assunzione di responsabilità, che si manifesta attraverso un preciso sguardo che indaga e racconta. A volte il narratore è interno alla vicenda (a raccontare la primavera curda è il diario di viaggio di Akif, il protagonista); a volte è il personaggio reale – sia esso un transessuale o un calciatore – a trasfigurarsi davanti alla macchina da presa con le cadenze e i gesti dell’attore. In tutti, comunque, l’urgenza di narrare è tale da far superare il confine tradizionale tra documentario e film di finzione. Welcome Europe si apre con il primissimo piano di un volto, quello di un immigrato appena giunto a Marsiglia da Istanbul; e poi sono i suoi occhi a raccontare, con vere lacrime, il panico dell’arrivo nel mondo sconosciuto, mentre la sua voce fuori campo dà forma, in maniera antinaturalistico, ai pensieri (“Cara madre, mi manca il mio villaggio…”). In Passaggio nella linea la macchina da presa si muove tra gli scompartimenti affollati, incrocia le facce stanche, mentre le voci si accavallano, i pensieri si confondono con il sibilo dei freni sulle rotaie: parlano sottovoce di disoccupazione e precariato, propri di un paese di apolidi, dove la casa è ormai solo un miraggio e le carte geografiche, dei buchi neri che divorano i sogni. Modi di narrare tipicamente cinematografici. Così come – in Grido – il ritorno del protagonista nel fabbricato ormai vuoto del manicomio di Aversa: a raccontare l’elettroshock non è, come probabilmente ci aspetteremmo da un documentario tradizionale, l’immagine di un letto di contenzione arrugginito, ma, appunto, “il grido” di dolore di Bobo, su cui la macchina da presa sosta oltre il tempo necessario a restituire la memoria del dolore, ma quanto basta a dare un senso alla scena successiva: di nuovo discreto e lontano, lo sguardo inquadra Pippo e Bobo che, piccoli nelle grandi stanze vuote, se ne vanno tenendosi per mano. Opponendosi al réportage comunemente inteso e a una falsa pretesa di oggettività, lo sguardo dell’autore è sempre presente e non perde mai di vista il destinatario del proprio racconto; sia che, come Lara Rastelli in Nisida, resti dietro la macchina da presa e faccia trapelare la sua passione conoscitiva chiedendo, domandando, esplorando; sia che, come Marco Amenta in Il fantasma di Corleone, si metta in campo direttamente, con un io che dice “io”. Ma non basta. L’assunzione di responsabilità, nel farsi narrazione e sguardo, non si traduce solo in una scelta estetica. È urgenza di incidere sulla realtà; tornare a sporcarsi le mani, mettersi in gioco con un proprio punto di vista. È, insomma, schierarsi per determinare un cambiamento, perché, come afferma Roberto Saviano – che nella scrittura ha realizzato un’analoga mescolanza di generi -, i gesti conoscono un’elasticità che i giudizi etici ignorano. È allora giunto forse il momento di dare a questa nuova forma di documentario la visibilità che si merita. Perché se è vero che un pubblico reale ancora non esiste, è vero anche che un pubblico ideale va comunque presupposto. Che occorre scommettere su un destinatario inesistente, ma non per questo impossibile. Giovanna Taviani SCHEDE FILM IN CONCORSO Can Tunis (2006) Regia e sceneggiatura: Paco Toledo e José Gonzales Morandi; fotografia: Paco Toledo; montaggio: F. Pardo, B. Franco, A. Pontous; suono: José Gonzales Morandi, David Rodrìguez; musica: Martires del Compàs; produzione: Didac Films; origine: Spagna; durata: 84’ Can Tunis è il nome di un quartiere malfamato di Barcellona destinato a scomparire in nome di una mal interpretata modernizzazione. E’ anche la storia delle persone che lo abitano e che non sanno rassegnarsi all’idea di lasciare il quartiere. Note di regia: “Abbiamo voluto realizzare una pellicola che non raccontasse solo il mondo della droga, rappresentato oggi in televisione con sempre maggiore frequenza, ma che entrasse a fondo nella vita di dei gitani. È passato del tempo prima di riuscire a conquistare la fiducia degli abitanti del posto ma è nata una complicità che rimarrà per tutta la vita perché loro hanno visto in questa storia una propria autobiografia, coscienti di far parte di una realtà sociale marginale". Centravanti nato (2007) Regia e sceneggiatura: Gianclaudio Guiducci; interpreti: Paolo Rossi, Carlo Petrini, Rino Tommasi; fotografia: Gianclaudio Guiducci; montaggio: Gianni Vezzosi; musica: Sergio Lozano; produzione: Blue Suede Shoots ; origine: Italia; durata: 81’ La corruzione del calcio italiano raccontata dai suoi protagonisti e dalla gente comune attraverso la storia di Carlo Petrini, ex centravanti del Bologna, del Milan di Nereo Rocco e della Roma dell’incredibile stagione 75/76. La storia di una vita intensa e fuori dal comune. Note di regia: “Non credo stia a me giudicare Carlo Petrini. Io ho voluto solo raccontare la sua storia, quella di un “centravanti nato”, che ha vissuto il mondo del calcio professionistico fino in fondo, con tutto quello che ciò comporta. Nella vita ci sono molte cose che si fanno ma non si dicono. Per nostra fortuna, lui ha deciso di raccontarle”. Il fantasma di Corleone (2004) Regia: Marco Amenta; sceneggiatura: Andrea Pugatori, Marco Amenta; interpreti: Marcello Mozzarella; fotografia: Fabio Cianchetta; montaggio: Claudio Di Mauro, Patrizia Ceresani; musica: Paolo Buonvino, Mario Modestini; produzione: Eurofilm srl; origine: Italia; durata: 80’ Marco, giovane reporter siciliano, torna a Palermo in un viaggio-thriller per smascherare l’ultimo mistero italiano ancora non risolto: Bernardo Provenzano. Il fantasma è vivo ma è come se fosse morto. Nessuno conosce il suo volto, né la sua voce. Almeno fino all’11 aprile 2006, giorno del suo arresto. Ma si apre un altro mistero: era giunto il momento di un cambio ai vertici di Cosa Nostra? Note di regia: “Ho assemblato informazioni già esistenti, prese dai processi. In Italia manca il giornalismo investigativo di un tempo, quello che negli Stati Uniti pratica Michael Moore, io ho cercato di riprenderne un poco le atmosfere. Il mio obiettivo è rendere il documentario di facile lettura per il pubblico, che non sia pesante. Ecco quindi anche l'ausilio di musiche e di ricostruzioni storiche fatte come docu-fiction, volutamente non precisissime, ma certamente più accessibili”. Grido (2006) Regia, soggetto e sceneggiatura: Pippo Delbono; interpreti: Pippo Delbono, Bobo', Pepe Robledo, Mario Intruglio, Gustavo Giacosa, Lucia Della Ferrera, Anna Redi, Mickael Gaspard, Carmine Guarino, Margherita Clemente, Piero Corso, Elena Guerrini; fotografia: Cesare Accetta; montaggio: Jacopo Quadri, Alessio Borgonuovo; musica: Paolo Buonvino, Mario Modestini; produzione: Teatri Uniti e Provincia Autonoma di Trento Compagnia Pippo Delbono; origine: Italia; durata: 75’ Il film è la storia autobiografica del regista, che ripercorre le fasi salienti della sua vita accompagnato dai personaggi che hanno costellato il suo percorso. Ma è anche la storia di Bobò, che torna a visitare il manicomio di Aversa in cui era stato rinchiuso per cinquanta anni prima di essere scoperto e salvato da Delbono. Note di regia: "Questo film nasce dalla necessità di raccontare un’esperienza che mi ha trapassato la vita… Una lavorazione di due anni per estrarre l’essenza di una storia molto più lunga. Non volevo e non potevo scrivere una sceneggiatura, né inventare personaggi. La storia era presente lì, come le persone, vive.E insieme a questo c’è il mio desiderio di cercare nel linguaggio del cinema la libertà del volo, dell’irreale, del sogno, della poesia. Senza perdere la coscienza della verità". Nisida – Crescere in prigione (2006) Regia, sceneggiatura e fotografia: Lara Rastelli;montaggio: Valérie Brégaint; suono: Etienne Chambolle, John Carroll; produzione: Etienne Chambolle, Christophe Folcher per Flight Movie; origine: Italia; durata: 60’ Nel carcere minorile di Nisida, isola del golfo di Napoli, vivono una quarantina di adolescenti d’età compresa tra i 14 e 21 anni. Nascondendo i loro volti dietro maschere da essi stessi costruite tre detenuti, Enzo Rosario e Samir, raccontano la loro vita nella prigione tra episodi del passato, eventi del presente, speranze e sconforto per il futuro. Note di regia: “Enzo, Rosario e Samir non sono né angeli né demoni. Ho evitato di soffermarmi sui loro crimini, in quanto già giudicati da chi di dovere. Ho cercato di sottolineare gli aspetti che accomunano questi ragazzi a quelli che vivono fuori, seguendo la loro vita in prigione. […] Nisida non è altro che un film incompleto sulla questione se se si possa rinchiudere una persona e al tempo stesso educarla, un argomento che non viene mai preso in seria considerazione dalla nostra società. Lo considero incompleto perché non posso accettare che Rosario, a 18 anni, mi dica che “la vita è o la prigione o la morte”. Il passaggio della linea (2007) Regia, soggetto e sceneggiatura: Marcello Pietro; fotografia: Daria D’Antonio; montaggio: Aline Hervé; suono: Michele Caruso; musica: Mirko Signorile e Marco Messina; produzione: Indigo Film; origine: Italia; durata: 60’ Il passaggio della linea è un ‘viaggio’ lungo l’Italia cadenzato dal ritmo dei treni espressi a lunga percorrenza, da tempo abbandonati ad un destino di lento degrado, che attraversano la penisola da sud a nord e viceversa, in un percorso che va dalla notte al mattino. Una carrellata di paesaggi, architetture, volti, dialetti e voci, vite che si mescolano in un corpo unico a bordo dei treni. Note di regia: “Non so se questo film è un documentario. Vuole essere un piccolo poema, un piccolo film di creazione e di montaggio. Non esiste un «cinema del reale», l’uomo modifica e falsifica tutto nell’atto di interpretare. Ogni inquadratura deve esistere nel suo tempo, l’immagine in movimento può benissimo fare a meno del montaggio. Le tecnologie, i metodi, gli strumenti non bastano a dire ciò che siamo e ciò che vogliamo. Ogni singola sequenza, bella o brutta che sia, può diventare racconto. Se farò un altro film, comincerà con un treno da cui qualcuno sta scendendo”. La persona De Leo N. (2005) Regia, soggetto, sceneggiatura e fotografia: Alberto Vendemmiati; interpreti: Nicole De Leo; montaggio: Alberto Vendemmiati, Alessio Doglione; musica: Aldo De Scalzi, Pivio; produzione: Zaroff Film e La Fabbrichetta; origine: Italia; durata: 87’ La persona De Leo N., come è nominata nelle perizie psichiatriche che analizzano la sua transizione da Nicola a Nicole, oggi è quarantenne e finalmente lotta nel tentativo di realizzare quell’istinto. Non un’inchiesta giornalistica, e nemmeno un reportage di costume che indaga il fenomeno. Piuttosto il racconto emotivo di una vicenda vissuta in prima persona. Note di regia: “Mi sono subito reso conto che non sarei mai stato in grado di raccontare perché esistono delle persone transessuali, o cosa vuol dire. Così come nei miei lavori di guerra non ho mai pensato di poter veramente capire e spiegare perché in un paese come l’Afghanistan c’era una guerra da venticinque anni, che poi oggi sono diventati trenta. Ci sono sempre delle ragioni, tantissime, spesso contraddittorie, e per capirle bisogna inevitabilmente scegliere un punto di vista, che spesso sfuoca gli esseri umani. Invece mi interessano le persone e i loro conflitti, che sono poi le loro storie, le loro vite”. Primavera in Kurdistan (2006) Regia, soggetto, sceneggiatura e fotografia: Stefano Savona; montaggio: Marzia Mete; suono: Jean Mallet; produzione: Arte France Cinema; Minimum Fax Media e Jba Production; origine: ItaliaFrancia; durata: 80’ Un viaggio intenso e avvincente tra le montagne del Kurdistan iracheno. Una regione arida e impervia, dilaniata dalle guerre per l'indipendenza. Attraverso gli occhi e le emozionanti parole del giovane protagonista Akif, lo spettatore viene in contatto con questo ambiente di antica e selvaggia bellezza e scopre l'umanità dei guerriglieri che la popolano. Note di regia: “Il mio primo incontro con la causa curda risale al 1992 mentre svolgevo la professione di archeologo, poi ho seguito la terribile tragedia legata agli sbarchi in Calabria da cui è nato un mio libro di fotografie che testimonia la vicenda. Infine, anche grazie alla collaborazione con “Un Ponte per... ”, ad Ocalan in Italia e alla sede del partito a Roma, ho conosciuto meglio la questione parlando con parenti e conoscenti di chi stava combattendo tra le montagne turche. L’autorizzazione a filmare e a seguire un gruppo di combattenti l’ho avuta solo dopo la caduta di Saddam nel 2003 grazie agli americani”. Welcome Europa (2006) Regia e sceneggiatura: Bruno Ulmer, Florent Mangeot, J.P. Fargeau; fotografia: Denis Gravoul; montaggio: Florent Mangeot; musica: Fabien Bourdier; produzione: Son et Lumière, Arté France; origine: Francia; durata: 90’ Ogni anno uomini e donne provenienti dal Nord Africa, l’Europa dell’est, l’Asia, affrontano lunghi viaggi per raggiungere l’Europa. A spingerli verso terre sconosciute il miraggio di un lavoro e la speranza di un miglioramento delle proprie condizioni. Il sogno europeo si paga accettando di vivere in situazioni al limite dell’umano, imbarcandosi su barche insicure, addirittura vendendo parti del proprio corpo. Note di regia: “Ho passato due mesi tra il Marocco, Tangeri, Istanbul, Atene, Milano, Madrid, Parigi, Berlino e alla fine Amsterdam. Attraverso associazioni e organizzazioni umanitarie ho incontrato un giovane curdo che stava lasciando la Turchia, un rumeno che aveva trovato la strda per arrivare a Torino, un marocchino che sperava di trovare lavoro a Amsterdam e molti altri. Muovendosi piano piano verso l’Europa “El Dorado” ci sognano sopra, perdendo se stessi e la loro identità. Welcome Europe improvvisamente ha preso forma…” SPETTACOLI TEATRALI - SCHEDE OH! That Chaplin Musica e testi: Charlie Chaplin Progetto: Lello Arena Violoncello: Francesca Taviani Pianoforte: Elisa Tasselli con: Lello Arena Note d’autore: Pochi sanno che, prima di intraprendere la sua sfolgorante carriera cinematografica, Charlie Chaplin considerò molto seriamente la possibilità di raggiungere il successo come virtuoso e solista di violoncello e violino. Nella sua autobiografia, egli stesso ci racconta di ore e ore di studio e delle costose modifiche ai suoi strumenti rese necessarie dal fatto che, essendo mancino, suonava praticamente al contrario. Chaplin compose anche un repertorio musicale in previsione della sua futura carriera di concertista. I brani furono pubblicati da lui stesso in una raccolta alla quale diede il titolo di “Oh! That Cello”. Ebbe come unico appassionato sostenitore un Einstein affascinato da questo suo modo di suonare unico ed eccentrico, che si chiedeva, con curiosità da scienziato, quale livello si poteva raggiungere partendo da un’impostazione tecnica così inusuale. La risposta arrivò dal celebre violoncellista Gregor Piatigorsky che se pure definì lo stile di Chaplin come “relativamente buono” nello stesso tempo, escluse la possibilità che il grande regista e attore potesse entrare nell’Olimpo dei solisti e dei virtuosi. La chiusura definitiva dell’avventura di “Oh! That cello” fu, quando Bert Clark, un eccellente pianista dell’epoca, convinse Chaplin ad entrare in affari con lui in campo musicale. Chaplin e Clarks aprirono una sede per le loro edizioni musicali, stamparono duemila copie degli spartiti e si misero ad aspettare i clienti. Ne vendettero solo tre copie e l’impresa dovette chiudere i battenti. Solo quando Chaplin si rivelò l’artista sublime che tutti amiamo, le melodie di “Oh! That cello” furono riscoperte ed apprezzate insieme alle sue qualità di compositore ed al suo talento di violoncellista. “Oh! That Chaplin” è appunto un’occasione per andare insieme alla scoperta di questi brani praticamente sconosciuti, ritrovando ancora una volta lo stupore, la meraviglia e la gioia che accompagnano ogni incontro con Chaplin. È triste pensare che il mondo continui ad andare avanti senza poter contare sul conforto di un nuovo film di Chaplin. Ma cosa sarebbe stata la nostra vita senza le sue creazioni, senza il suo pensiero così audace e sorprendente, senza la sua capacità di raccontarci per quello che siamo. In un momento come quello che stiamo vivendo, nel quale molti fanno di tutto per convincerci, dolosamente, che stiamo assistendo ad un fallimento dell’etica, dell’ideologia, del valore della cultura e del rispetto dovuto ad ogni uomo proprio in ragione della sua naturale diversità, è facile sentirsi confusi, disorientati, incapaci di dare un senso alla nostra azione sociale e di ritrovare la rotta che pure ci demmo. Anche in questa occasione, Chaplin arriva con i suoi capolavori a dare una mano, rivolgendoci un invito e indicando una strada. Ci dice, come alla piccola trapezista del suo Circo, che se quello che stiamo cercando sono gli arcobaleni, dobbiamo guardare su, in alto, verso il cielo e mai, mai, giù, in basso. Lello Arena La nave fantasma Testo: Giovanni Maria Bellu e Renato Sarti in collaborazione con Bebo Storti Regia: Renato Sarti con: Bebo Storti e Renato Sarti Produzione: Teatro della Cooperativa – Milano Note d’autore: Erano passati pochi giorni dall’uscita in libreria de “I fantasmi di Portopalo” quando ricevetti sul cellulare una telefonata della proprietaria dell’hotel Jonic. Era furente. “Ha scritto che siamo carnivori!”. Con me c’erano il regista Renato Sarti e l’attore Bebo Storti. Assieme avevamo scritto un lavoro teatrale, “La nave fantasma”, anch’esso dedicato al naufragio del Natale 1996, che di lì a un mese sarebbe andato in scena. “Forse intendeva dire cannibali, ma comunque io non l’ho mai scritto”. “Non venga più nel mio albergo”, tagliò corto la signora. Tre anni e quattro mesi dopo il ritrovamento del relitto nulla era cambiato nell’estrema punta della Sicilia, nè negli abissi del Mediterraneo, né nelle case dei parenti delle vittime. La “F-174” continuava a giacere sotto 108 metri d’acqua, a dispetto dell’umana pietà e anche di un appello lanciato immediatamente dai quattro premi Nobel italiani. Ma quella telefonata da Portopalo ci restituì il buonumore. Bebo appena ebbi finito mi chiese ironicamente dei ragguagli sulle tribù di carnivori che avevo individuato nella Sicilia sud-orientale. Poi, come se le due cose fossero collegate (e in un certo senso lo erano) prese a parlare di don Calogero Palacino, il parroco del paese. L’aveva visto solo in un filmato, ma gli era bastato per restarne folgorato. Quando lo impersona ne “La nave fantasma” si trasfigura totalmente. Solo un altro dei personaggi che interpreta, l’europarlamentare leghista Mario Borghezio, gli fa lo stesso effetto. Renato e Bebo lo chiamano “cabaret tragico” e, durante le stesura, è stato causa di infinite discussioni, a volte feroci. Facevo fatica ad accettare le semplificazioni estreme della narrazione teatrale, il vedere ridotte a “maschere” persone complesse, e oltretutto viventi, e in “scene” situazioni contraddittorie ed equivoche. Ci vedevo un eccesso di grottesco. Quella strana telefonata da Portopalo fu il primo segnale di un processo che, nei mesi successivi, sarebbe andato avanti con sorprendente coerenza: l’unificazione tra due generi realizzata per iniziativa dei personaggi anziché degli autori. Don Calogero e altri protagonisti del libro cominciarono a comportarsi secondo i cliché e le semplificazioni del loro trattamento drammaturgico. Giovanni Maria Bellu