Sallusto, il chirurgo che trapianta e non lascia cicatrici

Transcript

Sallusto, il chirurgo che trapianta e non lascia cicatrici
Copia di 5fdd5a98e5b49079ef5c1edab50a6195
12
Pavia
LA PROVINCIA PAVESE GIOVEDÌ 3 SETTEMBRE 2015
sanitÀ e innovazione
di Anna Ghezzi
◗ PAVIA
È di Pavia l’urologo finito sui
giornali di tutto il mondo per
avere ideato ed eseguito il primo trapianto robotico da vivente senza cicatrici. Espianto e
impianto tramite la vagina, nessun taglio sull’addome, minore
rischio di infezioni e complicazioni, possibilità di eseguire
l’intervento – e strappare alla
dialisi a cui erano condannati –
anche pazienti obesi patologici.
Federico Sallusto, 49 anni,
ideatore della nuova tecnica
eseguita per la prima volta il 9
luglio all’ospedale universitario di Tolosa, in Francia, è cresciuto e ha studiato a Pavia. A
34 anni è stato assunto a Tolosa
come coordinatore e responsabile del programma di trapianti
renali dell'ospedale universitario di Tolosa. Lui e il collega
Nioclas Doumerc hanno realizzato la prima sequenza ideale
di trapianto da donatore vivente tra donne al mondo. «Per la
prima volta – spiega – è stata effettuata l’estrazione dalla vagina della donatrice e l’introduzione dalla vagina robot assistita in una sequenza unica di tre
ore più tre». Due chirurghi con
spirito pionieristico e un robot,
ed ecco il trapianto renale rivisitato: Valerie P. (44 anni) ha
donato un rene alla sorella minore Beatrice (43 anni) il 9 luglio scorso, e dopo l’intervento
l’addome delle sorelle era identico. Solo cinque fori per far entrare gli strumenti del robot,
nessun taglio. «C’è un filo diretto tra Pavia e la Francia sui trapianti di rene e le innovazioni –
dice Sallusto, in questi giorni a
Pavia in vacanza prima di aprire il tour universitario in Europa e oltreoceano per parlare
della procedura innovativa – Il
primo trapianto al mondo di rene da vivente è stato fatto nel
1959 a Parigi. E il primo con
estrazione vaginale robotica è
stato realizzato da Pietrabissa
nel 2010 al San Matteo. Ora noi
abbiamo “concluso” la procedura, con l’impianto robotico
senza tagli sull’addome nel caso delle donne, o con un taglio
di cinque centimetri intorno
all’ombelico nel caso di pazien-
Sallusto, il chirurgo
che trapianta
e non lascia cicatrici
Un allievo
di Bruno Rovereto
all’ateneo di Pavia
L’urologo pavese che lavora a Tolosa ha “trasferito”
un rene tra due sorelle con la sua tecnica innovativa
Federico Sallusto, 49 anni (foto)
da 15 è in Francia e da 10
coordinatore e responsabile del
programma di trapianti renali
dell'ospedale universitario di
Tolosa. Nato in Francia ha
sempre vissuto a Pavia, dove si
è laureato in Medicina nel 1995
(«Niente 110 e lode, ma è il voto
di specialità che conta, e lì ho
preso il massimo», scherza
l’urologo specializzato con
Bruno Rovereto a Pavia dopo i
primi due anni in ginecologia
sulle orme del padre). «Durante
la specialità sono andato un
anno in Francia, a Parigi, e ci
sono rimasto», racconta.
Cervello in fuga, tornerebbe in
Italia? «Vengo in vacanza
sempre con piacere. Ma perché
no?».Ma i In Francia è stato
fatto il primo trapianto di rene
da vivente nel 1959, e lì sono gli
urologi a fare i trapianti: Lui
all’attivo ne ha oltre 600, 250
da vivente. In questi giorni di
polemiche sul test di medicina
non si sottrae alla domanda: «Io
sono entrato l’ultimo anno in
cui non c'erano i test – racconta
– In Francia i test di ammissione
a medicina e alle specialità sono
così duri che sono in deficit di
medici e li attirano dall’estero,
ma l’eccellenza francese è
riconosciuta».
Uno scatto dell’intervento durato sei ore: tre per l’espianto e tre per il trapianto (Foto Chu Toulouse)
ti uomini». La chirurgia robotica è l’ultima frontiera: la prima
estrazione di rene (ma dall’addome) effettuata con robot risale al 2002 (Chicago), nel 2010
l’estrazione vaginale del rene al
San Matteo di Pavia (rene poi
trapiantato con incisione addominale classica), nel 2010 il primo trapianto renale robot assi-
stito con introduzione del rene
attraverso taglio addominale
su un soggetto obeso. E ora, a
Tolosa, il primo trapianto renale da donatore vivente comple-
tamente robot assistito con
estrazione e introduzione attraverso le parti intime per donatrice e ricevente. «L'interesse
non è cosmetico – spiega Sallu-
L’appello di Casa Mirabello: «Adottateci»
L’Agal ospita i bimbi malati di tumore curati al San Matteo e le loro mamme: servono fondi e volontari
◗ PAVIA
Servono volontari che aiutino i
bambini malati di tumore e le loro mamme nelle lunghe ore di
attesa tra un trattamento e l’altro. Servono fondi per continuare a ospitare le famiglie per periodi che vanno dai sette mesi
all’anno e mezzo e oltre, per i trasporti, il supporto psicologico.
«Adottateci», dice Piero Tana, 73
anni, ex funzionario di una delle
più grandi imprese di Information technology che con la moglie Clara Baggi, 63 anni, è l’anima e il manager dell’Agal, l’associazione genitori e amici del
bambino leucemico. «Se tutti i
pavesi donassero un euro raccoglieremmo oltre 60mila euro, e
basterebbero a fronteggiare il calo delle donazioni e del 5 per mille». Agal assiste le famiglie dei
pazienti ricoverati in oncoematologia pediatrica al San Matteo.
«L’ospitalità è parte della cura»,
come ricorda Piero. «Non c’è
mai una situazione che non si
possa risolvere», come dice Cla-
Il “salotto” e una stanza sul soppalco
ra con un sorriso, rimboccandosi metaforicamente le maniche
per risolvere piccoli e grandi problemi.
L’Agal a febbraio ha inaugurato casa Mirabello, in via Mirabello 246. Casa e rifugio per le tante
famiglie che si trasferiscono a
Piero Tana e Clara Baggi dell’Agal
Pavia per lunghi e angoscianti
periodi di cura in cerca di speranza per figli che lottano contro
tumori cattivi. A casa Mirabello
non c’è solo un letto per affrontare il lungo calvario della speranza di un trapianto di midollo
o di staminali per sconfiggere il
tumore di un figlio. Ci sono tavoli con le tovaglie a fiori, spazi per
giocare e vivere e persone con
cui parlare, per non pensare
troppo. «Io sono arrivata a marzo con mio figlio di 17 anni – racconta Tina – un mese in ospedale, da aprile siamo qui. Ci dovre-
mo stare ancora per tanto tempo, prima di poter tornare a casa, a Messina». Le mamme affrontano da sole questo periodo
accanto a figli malati: «Questa
settimana è venuta l’altra figlia –
racconta Tina – ma è dura. Almeno qui c’è qualcuno con cui par-
sto – ma sta nella riduzione del
dolore e del recupero veloce sia
della donatrice, che non ha bisogno di analgesici nel post
operatorio e può essere dimessa dopo 24 ore, sia per la ricevente, dimessa dopo 4 giorni.
Inoltre la tecnica permette di
operare i pazienti obesi patologici che a volte sono ricusati
per il trapianto e quindi restano in dialisi tutta la vita. Con
questa tecnica si evita un’incisione addominale importante
(20 centimetri contro gli 8 di un
soggetto normopeso) che nel
30% dei casi porta a complicazioni. Ed è dimostrato che i trapianti negli obesi diano migliori risultati della dialisi».
L’ospedale universitario di
Tolosa è il primo centro in
Francia (dato 2014) per numero di trapianti: 195 di cui 63 da
vivente, ovvero il 32% del totale
«mentre in Francia la media è
del 15%», dice lo specialista.
Perché un nuovo metodo?
«Da tre anni mi girava in testa –
dice Sallusto – Dal 2010 si sentiva parlare di trapianti robotici.
Ma in ogni caso restava una incisione, nel ricevente. Per me
aveva senso se si fosse riuscito
a farev senza incisione addominale o riducendo ulteriormente il taglio. Ed è quello che abbiamo fatto». Con un’altra innovazione: «Far passare i reni
in vagina ha dei rischi – spiega
Sallusto – per cui ho ideato uno
strumento che permette di raddoppiare l’isolamento dell’organo». Sia in “uscita” che in
“entrata”, tramite una specie di
“tunnel”, un cilindro sterile che
isola il sacchetto che raccoglie
l’organo, nella procedura classica, evitandone il contatto con
le pareti della donatrice (e della
ricevente, poi, con lo stesso metodo). Le richieste sono tante,
da tutto il mondo: «Abbiamo in
programmazione altri tre trapianti simili – dice Sallusto –
due coppie di sorelle e un uomo di 107 chili che riceverà il
rene dalla moglie. Abbiamo
lanciato un programma di trapianti robotici mini invasivi da
donatore vivente per gli obesi e
per le donne e vogliamo valutare l’efficacia di questa procedura con una serie importante di
pazienti per una valutazione
scientifica dei risultati».
lare». «Non è bene che le mamme stiano da sole – sussurra Clara – noi siamo 25 volontari, servirebbe qualcuno che le venisse a
trovare, organizzasse una merenda, una pizza da fare tutti insieme». Halyna, che si occupa
della custodia e delle pulizie di
casa Mirabello, arriva con una
fetta di torta, mamma Erzebeth
prende una sedia: «Arriviamo
dalla Serbia, mia figlia è stata curata a Pavia per la prima volta
nel 2012. Ma siamo dovute tornare». Amy ha 18 anni e mezzo:
«Qui non stiamo da sole, ci portano all’ospedale la mattina, ci
riportano indietro al pomeriggio». Sono 10 le camere a casa
Mirabello, una si è liberata ieri e
si riempie oggi. «Abbiamo 23
unità abitative in città in cui garantiamo, gratis, alloggio ai bimbi malati e alle loro famiglie, i periodi di cura son così lunghi che
diventerebbe per le famiglie una
spesa proibitiva. Sarebbe bello
che altri soggetti e associazioni
ci aiutassero a raccogliere fondi,
organizzando eventi, per poter
continuare a offrire tutti i servizi», chiude Piero esprimendo un
desiderio.
(a.gh.)
GUARDA SUL SITO
IL VIDEO
www.laprovinciapavese.it