Notiziario Settembre 2012

Transcript

Notiziario Settembre 2012
Sindacato Intercategoriale
Lavoratori Autorganizzati
Notiziario del Cobas Poste
Settembre 2012
Via Marco Aurelio 31 - 20127 Milano - [email protected] - www.sicobas.org - poste.sicobas.org - tel/fax 0249661440
Che succede agli sportelli (e non solo)?
E’ il 30 luglio scorso quando
giornali e TV (anche nazionali)
lanciano la notizia di un ferimento a colpi di pistola di una
direttrice di un ufficio postale
nel napoletano, da parte di un
impiegato dello stesso ufficio.
Il ferimento si trasformerà nel
giro di qualche ora in omicidio in seguito alla morte della
donna.
La notizia si perderà, nel lasso
di 24 ore, senza lasciare traccia,
tra i rivoli della cronaca nera.
Neppure nel settore postale,
tra i dipendenti, non avrà alcun
riscontro reale; non se ne parla,
salvo qualche accenno, ma
senza valutazioni di sorta. Non
c’è traccia neppure della minima considerazione sul fatto da
parte di nessun sindacato.
Perchè ne stiamo parlando
noi, sul nostro notiziario? La
ragione è che, senza entrare
nel merito della vicenda, nè
volendo esprimere giudizi
sulla sanità mentale o meno
dell’impiegato; come neppure
sui suoi presunti precedenti
comportamenti illeciti (riportati
da organi di stampa).
Nè, infine, sull’esito dell’azione
della magistratura, pensiamo
di non fare alcuna forzatura
giustificazionista, nel
considerare il fatto un sintomo di
una condizione generalizzata
di malessere e insofferenza - in
forme più o meno caratterizzate a seconda dei luoghi e
delle persone coinvolte -, presente tra i lavoratori degli sportelli di Poste.
Respingiamo al mittente sin
d’ora ogni eventuale accusa
di facile strumentalizzazione
di un atto increscioso, dagli
effetti drammatici, per fini di
propaganda. Non ci interessano questi mezzucci, nè ci
appartengono.
Vogliamo
però
porre
all’attenzione di chi ha voglia di
usare il cervello, dei problemi
reali (e gravi) che coinvolgono
in primis i lavoratori degli sportelli, ma anche, in forme diverse,
tutti i postali che lavorano.
La deriva commerciale (in
senso lato) di Poste è sotto
gli occhi di tutti, rappresenta
un dato assodato, organico
all’attività quotidiana; è una
scelta oramai consolidatasi
come strategica.
Diciamo in senso lato perchè
questa scelta, e il relativo modus
operandi, non si limitano certamente al settore Shop (sarebbe
il minore dei mali, con qualche
aspetto folkloristico), ma coinvolge tutti gli ambiti aziendali:
dal finanziario, al postale, alla
telefonia mobile, ecc.
Permea ogni fase dell’attività
degli sportelli, spesso sovrapponendosi e creando interferenze dannose agli stessi
obiettivi aziendali.
Non ci dilunghiamo (sono
dati noti a tutti) sugli effetti per
l’operatività dei lavoratori, di
questo impianto commerciale.
Vogliamo invece soffermarci
sul modo in cui viene realizzata e concretizzata la gestione
delle “risorse umane” in questo
quadro.
Si potrebbe sintetizzare il
tutto dicendo che si sta cercando di applicare un metodo
preso in prestito da altri settori
di attività, in epoche spesso passate, in ambiti produttivi di altro
rilievo.
Lo si sta facendo in modo
approssimativo, scimmiottando
comportamenti, pratiche e terminologie (il briefing, il target,
il badget, la policy, la mission,...)
che, mentre - sovente -, danno
luogo a risultati grotteschi ed
esilaranti (se non riescono a dire
più di due parole in italiano, cosa
vanno ad impicciarsi con l’inglese
e tutta la terminologia legata al
bissniiss?), nel
complesso si
ripercuotono in modo negativo
sui lavoratori, sulle condizioni di
lavoro, sul rispetto di diritti e
dignità, sulla salute, sulla percezione di sè dei lavoratori, sulla
loro vita.
E’ paradossale (ma non troppo,
dato che è elemento di questo
sistema), che questi
effetti
deleteri si ripercuotano
a
cascata coinvolgendo di volta in
volta ogni funzione e ruolo, fino
a concentrarsi sull’ultimo anello della catena, cioè il semplice
impiegato. I direttori degli uffici,
salvo che per coloro che hanno
sposato in pieno la politica di
Poste, sono nello stesso tempo
vittime e carnefici di questo
sistema. Così come lo sono i
lavoratori che scaricano le loro
frustrazioni sui loro pari, in qualche misura più deboli (vuoi per
anzianità, condizioni contrattuali, limitazioni fisiche) o “diversi”
(i pochi che combattono questo
stato di cose ).
Le pressioni sistematiche e
martellanti per il raggiungimento
degli obiettivi (finanziari, postali
o di telefonia che siano) sono un
dato strutturale, rappresentano
una costante e fanno parte della
quotidianità.
Che si manifestino attraverso
i briefing (locali o centralizzati);
con i corsi; con i colloqui ad personam; oppure con le schede di
valutazione e/o con le minacce
più o meno recondite; con
cambi di applicazione o con
distacchi; e, infine, con qualche
soldo di premio, il risultato non
cambia: sono inevitabili (non
proprio in realtà) e condizionano la vita lavorativa e non dei
dipendenti.
Ma non è tutto. A questa
politica aziendale
vanno
aggiunti altri aspetti ed elementi, altrettanto - se non più -,
rilevanti per la condizione reale
dei lavoratori.
Gli strumenti di lavoro, sia
hardware che software, sono
inadeguati (per voler essere
moderati), spesso non funzionano stampanti o pc; per
non parlare del segue pag 2
Suicidi e sofferenze al lavoro:un
crimine del capitalismo
L’estensione del dominio della manipolazione
Per diversi mesi nel 2009
i media hanno parlato molto
dei suicidi di dipendenti della
France Telecom (33 in 18
mesi, quasi 2 al mese), già
due anni prima, sempre in
Francia, ci sono stati vari casi
alla Peugeot e alla Renault.
Anche in Italia ci sono stati di
suicidi legati al lavoro.
Riflettere sul significato di
questi suicidi e sulla
sofferenza che li determina, è
molto importante non solo perché tutto ciò che riguarda le
Stress da lavoro correlato. Cosa dice la norma.
pag 3
condizioni di vita della classe
sfruttata ci riguarda direttamente sia come lavoratori, sia
come compagni, ma anche
perché lo sviluppo di questo
fenomeno ci permette di comprendere lo stato nel quale si
trova oggi il sistema capitalista
e soprattutto la necessità e
l’urgenza di distruggere questo
sistema per sostituirlo con una
società capace di soddisfare
le necessità umane.
A partire dalla fine degli anni
’70 l’Occidente in apparenza si
è progressivamente sottratto
a quello che M. Foucalt allora
definì “l’universo disciplinare”,
che si era andato definendo
sulle rovine dell’antico ordine
medievale. Nel corso degli
anni le profonde
trasformazioni tecnologiche hanno
contribuito a sviluppare l’idea
di una potenziale liberazione
individuale. I mutamenti culturali e psicologici che hanno
contribuito alle trasformazioni
della società capitalista, hanno
prodotto segue pag 2
Esempi di ordinaria follia Comportamenti “equivoci” stanno attirando l’attenzione
agli onori delle cronache. della magistratura. Siamo forse di fronte alla prossima
apertura di un nuovo vaso di Pandora?
pag 3
pag 4
pag. 2
segue
Notiziario del Cobas Poste
Che succede agli sportelli (e non solo)?
sistema operativo che genera
blocchi ed arresti della lavorazione, alle volte con esiti
devastanti a livello nazionale.
Gli effetti di queste inadeguatezze sono immediati e
intollerabili sia per l’utenza, che
attribuisce all’operatore la
responsabilità delle code e dei
ritardi, che per i lavoratori i
quali subiscono le ire, e spesso
gli insulti, di quelli esasperati
dalle attese.
Le condizioni strutturali,
carenti, o semplicemente
pessime, rispetto a standard
minimi di tutela per la salute
e la sicurezza dei lavoratori (e
degli utenti, alle volte), sono
proprie della gran parte degli
uffici sul territorio nazionale.
Nello stesso tempo effetti
ancora non valutati sta producendo l’accordo sulle pause
come video terminalisti, che
subordina gli obblighi di legge
aziendali a valutazioni produttive campate per aria e assolu-
segue
Settembre 2012
tamente inverosimili.
Condizioni di stress generalizzato coinvolgono la stragrande
maggioranza degli spertellisti
facendone la costante della
loro vita lavorativa, con effetti
anche nel privato.
In altra parte del notiziario
analizziamo più dettaglio
questo aspetto specifico, anche
dal punto di vista normativo.
Qui sottolineamo solo che il
clima complessivo che è stato
determinato dalle scelte aziendali non è certo il più consono
per garantire un’attività lavorativa se non proprio serena
(dove esiste questo luogo di
lavoro?), quanto meno senza
conflitti quotidiani all’insegna
della litigiosità, tra dirigenti e
sottoposti, tra sottoposti, tra
impiegati ed utenza.
Abbiamo visto come questa
condizione patologica sia il
frutto di precise scelte aziendali
che, al netto di fuorvianti declinazioni personalistiche, ha alla
base un solo ed unico principio:
l’obbiettivo del raggiungimento
dell’utile in sede di bilancio per
Poste Italiane spa.
Sono anni che questo utile si
è attestato su cifre dell’ordine di
centinaia di milioni di € (l’ultimo,
relativo al 2011 è stato di circa 698
milioni, con una cedola trasferita
nelle casse della Cassa Depositi
e Prestiti di circa 350 milioni), e
questo pone Poste Italiane spa
tra le aziende italiane di rilievo.
Un’azieda dunque affatto
in crisi, che macina milioni di
euro, e che sta ottenendo questi
risultati solo ed esclusivamente
attraverso lo sfruttamento dei
suoi dipendenti.
Per restare nel settore sportelli, se si facesse il confronto
tra le retribuzioni di settori che
svolgono attività similari a quella
finanziaria in Poste, cioè nel bancario, si avrebbe esattamente il
quadro della situazione con uno
sbilancio negativo impressionante per Poste (quasi 1.300 € la
retribuzione degli sportellisti).
A fronte, stipendi da nababbi
per i manager di Poste e per
la pletora di dirigenti di ogni
livello.
Niente di nuovo, naturalmente,
è questa la condizione standard
sul mercato del lavoro
capitalistico, di cui anche Poste e i
suoi lavoratori fanno parte.
Questo è dunque il nocciolo
del problema; questo il nodo da
affrontare per chiunque voglia
porsi il problema di migliorare
la condizione, anche economica,
dei postali.
Il discorso non può certo essere
slegato dall’attacco sistematico in corso ai servizi pubblici,
secondo i dettami del pensiero
neoliberista, che ha già toccato
e sta sempre più coinvolgendo
Poste. La chiusura di centinaia di
uffici postali all’ordine del giorno, il continuo taglio di zone
di recapito, la riduzione degli
addetti ai servizi (realizzata ad
oggi tramite esodi più o meno
incentivati e blocco del turnover, ma nel prossimo futuro
con ben altri mezzi), la deriva
commerciale su tutta la gamma
delle prestazioni, sono gli ambiti
concreti di questo attacco.
Sta ai diretti interessati: i lavoratori di Poste (anche per il duplice
ruolo di dipendenti e utenti), farsi
carico di queste problematiche,
sapendo con certezza che non
possono affidarsi a nessun sindacato di categoria.
Occorre acquistare la consapevolezza della propria condizione
di classe, sgombrando la mente
da pastoie clientelari o illusorie aspirazioni da ceto medio
(1200/1300 €/mese non possono
indurre a simili pensieri).
Difendere i propri diritti,
respingere attacchi aziendali,
acquistare la propria dignità di
lavoratori, difendere il carattere
pubblico dei servizi offerti da
Poste, deve essere un imperativo
morale e politico per tutti.
Suicidi e sofferenze al lavoro: un crimine del capitalismo
un “iperindividualismo”, oscillante fra senso d’inanità e narcisismo.
Questo discorso di sviluppo
individuale in realtà nasconde
nuove forme di
manipolazione. Un esempio chiaro
sono le politiche manageriali
all’interno delle aziende.
Non è un caso che la
maggior parte dei guru del
management elaborano un
discorso manipolatorio che è
allo stesso tempo accattivante
e menzognero. Un discorso che
si fonda sistematicamente su
messaggi inconciliabili, in altre
parole chiede agli individui una
cosa e il suo contrario: realizzazione personale ed eccellenza; impiegabilità e fiducia;
autonomia e conformismo. In
sostanza l’azienda propone o
esige dai suoi dipendenti una
sempre maggiore autonomia,
ma nello stesso tempo fissa per
loro obiettivi e calendari che non
possono essere messi in discussione; i dipendenti si possono
considerare “autonomi” nella
misura in cui organizzano il loro
lavoro come meglio credono,
però devono raggiungere i risultati previsti da altri. L’autonomia
di cui si sta parlando, quindi è
pura apparenza.
Negli anni ’70 (sempre in
apparenza) la logica piramidale delle aziende, grazie
alle lotte operaie
che criticavano
in
maniera radicale l’organizzazione capitalista
del lavoro, era messa in crisi.
Le imprese, soprattutto le
multinazionali, iniziano il loro
percorso di sviluppo, ed evolvono, seguendo le direttive
dei nuovi manuali di “management partecipativo”. Nel 1986
l’amministratore delegato, Jan
Carlzon, della compagnia aerea
SAS, non esita ad intitolare il
suo libro La piramide rovesciata.
Non si tratta evidentemente di
rovesciare i ruoli tra
dirigenti e subordinati, ma di
pensare relazioni di lavoro, in
modo nuovo, nell’intento di
migliorare efficienza e produttività. Secondo Carlzon, i dirigenti devono comportarsi come
“guide” e poter contare sulla
cooperazione e sull’impegno di
ciascun dipendete.
La
direzione generale deve limitarsi
a mettere a punto una strategia, lasciando ai quadri la
possibilità di definire i
bisogni dell’azienda e
i mezzi per portare a
buon fine la strategia. In sostanza lo
scopo è quello di
cercare di stimolare la creatività
e lo spirito di
collaborazione
dell’insieme
del personale.
Quello
che avviene
in realtà è che
i
lavoratori
lungi dall’essere
autonomi, sono
sempre
più
sotto controllo.
Malgrado la presunta libertà, sono
costretti a lavorare in
stato d’urgenza e sotto
la pressione degli obiettivi fissati dall’azienda. Il tutto
è agevolato dalle nuove tecnologie (Internet, cellulari ecc.)
che consentono all’azienda di
essere in contatto permanente
con i suoi dipendenti: il confine
tra la sfera privata e la sfera pubblica si fa sempre più sfumato, e
i lavoratori si trovano ad essere
valutati e giudicati in base alla
loro capacità di essere sempre
disponibili flessibili, competen-
ti e impiegabili. Se un tempo
autonomia e libertà erano invocati per limitare la dipendenza
dei lavoratori dai loro superiori,
oggi, imposte dall’alto, si ritorcono contro gli stessi lavoratori.
Si tratti dei manuali di management o della letteratura dedicata a realizzazione personale,
autostima ecc. l’attitudine mag-
giormente valorizzata sembra
essere la capacità di imporsi
sugli altri. Tutto ciò grazie ad una
ridicola forma di sicurezza che
rasenta l’arroganza. La certezza
di avere ragione è il messaggio principale delle varie bibbie
manageriali, che moltiplicano le
ricette per aiutare gli individui
a rafforzare il loro ascendente
sugli altri.
Il principio che governa
questa “entusiasmante” visione
dell’essere umano non è certo
nuovo. Basti pensare ai puritani
e ai giansenisti del XVII secolo.
[…...]
Nella società contemporanea, come filo diretto a questo
pensiero, gli individui si trovano
a una doppia ingiunzione;
da un lato, sono esortati
ad avere fiducia in se
stessi, e non lasciarsi
influenzare dagli altri;
dall’altro si ritrovano in una società
che non sopporta
la fragilità, che
costantemente li
valuta sulla base
del successo
ottenuto, e che
promuove
il
successo come
unico valore.
Questa sorta
di accozzaglia
intellettuale propone come modello umano un
individuo ideale,
sottratto a ogni
forma di dipendenza:
non ha più bisogno
degli altri, non li cerca
più. Per questo motivo,
è necessario non dare mai
la sensazione di essere dipendenti da qualcuno o da qualcosa; la dipendenza è il segno
dell’incapacità di essere padroni
di sé. Viceversa, mostrandosi
padrone di se stesso, l’individuo
crede che alla fine tutto sia possibile. I suoi sogni non riguardano più i sentimenti, l’amicizia,
l’amore. L’individuo è convinto
che tutte le relazioni interper-
sonali siano relazioni fittizie, artificiali. I suoi sogni sono concentrati sul suo sé. È convinto che
se gli altri non hanno una buona
opinione di lui, significa che c’è
qualcosa che non va nella sua
testa; e perciò deve diventare
un altro.
[…...]
Ora, per imporre suggestioni,
la gestione della comunicazione
diventa un elemento essenziale.
La regola del successo consiste
nel comprendere che una comunicazione controllata è la condizione indispensabile per gestire
le tensioni che ci circondano.
Donde il crescente successo di
quello che viene la “programmazione neurolinguistica” (PNL).
Questa tecnica di comunicazione
di controllo della comunicazione
propone alle persone tutta una
serie di consigli che consentono
alle persone di cambiare atteggiamento e di creare nuove
forme di “spontaneità” adatte
alle differenti circostanze della
vita. Originaria degli Stati Uniti,
la PNL, viene presentata come
una tecnica in grado di indurre i
cambiamenti che consentirebbe
di raggiungere la felicità. I suoi
inventori, Richard Bandler e John
Grinder sono convinti che tutti
coloro che hanno successo nella
vita condividano i
medesimi
atteggiamenti e la medesima
gestualità. Da qui l’idea che per
aver successo nella vita sia sufficiente riuscire a riprodurre
queste attitudini.
Per questo motivo la PNL, tende
a riprogrammare il cervello, allo
scopo di aggiungervi nuove
potenzialità.
Nonostante che la PNL non
venga considerata parte della
corrente accademica prevalente della psicologia, questo
dispositivo per il segue pag3
Notiziario del Cobas Poste
segue
Settembre 2012
pag. 3
Suicidi e sofferenze al lavoro: un crimine del capitalismo
successo sembra perfettamente
collaudato ed è applicato in particolare nella formazione aziendale.
La manipolazione esiste da
sempre. […...]
Il mondo moderno è caratterizzato dal capovolgimento
dell’ordine dei valori. Il management celebra i sofismi: il discorso
più nobile non è certamente
quello che intende procedere
lungo il cammino della conoscenza, ma quello che mira a
modificare gli atteggiamenti
delle persone o suggerire come
imporsi agli altri. Il linguaggio
viene manipolato, alla verità
si preferisce l’efficienza (che
genera un profitto ovviamente).
[…...]
Il suicidio nel posto di lavoro e
le sue motivazioni.
Quando, il 20 ottobre 2006,
un tecnico informatico si getta
dal quinto piano finendo nell’hall
del Centro Renault, a Guyancourt
(Ile-de-France), la notizia sconvolge l’opinione pubblica: il suicidio avviene in pieno giorno,
davanti a decine di testimoni.
Questo non è stato l’unico caso
di suicidio avvenuto in questa
sede: nel 2007 ci sono stati altri
3 casi. I risultati dell’indagine
del Comitato d’igiene sicurezza
e condizioni di lavoro mostrano
dei dati allarmanti. Il rapporto
ha ricevuto il 60% di risposte e
descrive un quadro drammatico:
“Il tasso di
popolazione a
rischio, al Centro tecnico, supera
il 30%, laddove la media
nazionale si aggira intorno al
10%” hanno dichiarato il 24 gennaio all’Agence France-Presse
Pierre Nicolas, del sindacato e
Bernard Masson, del Comitato
d’igiene che ha promosso
l’indagine.
Il 2007 ha raggiunto un triste
primato per quanto riguarda i
suicidi, soprattutto nel settore
automobilistico. Il 16 luglio un
dipendente del gruppo PSA
Peugeot Citroen è trovato morto
nella fabbrica in cui lavorava,
a Mulhose. L’uomo si sarebbe
impiccato nelle officine di montaggio del settore logistico,
portando così a sei, dall’inizio
dell’anno, il numero dei dipendenti del gruppo che hanno scelto di porre fine alla loro vita.
Il suicidio sul posto di lavoro
rimane
uno dei tabù della
società occidentale. È più facile
affrontare temi quali la corruzione della classe dirigente o le
derive mafiose di settori della
politica, che parlare di suicidio di
un lavoratore.
I rari casi nei quali, in passato, fu possibile affrontare
una questione così drammatica
riguardavano alcune professioni
particolari “esposte” o a “rischio”,
come le guardie carcerarie, i
poliziotti, gli addetti al pronto
soccorso o i vigili del fuoco,
anche se, ogni volta, lo si faceva
con un certo disagio. Ma quando
si tratta di suicidi in settori come
quello automobilistico e quello
delle telecomunicazioni, il disagio si trasforma in mutismo.
A differenza di ogni altro
argomento, anche il più insolito, che incita l’amministrazione
pubblica a circondarsi di numeri
e percentuali, per i suicidi sui
posti di lavoro non esistono
statistiche ufficiali. Un’indagine
parziale in Francia, l’unica condotta nel 2003 dall’ispettorato
medico della Bassa-Normandia,
rileva che il fenomeno non è
trascurabile: in Francia, i lavoratori che si uccidono sul posto
dei lavoratori sarebbero fra i
trecento e quattrocento l’anno.
Ma perché qualcuno decide oggi
di togliersi la vita in ambienti di
lavoro che da osservatori esterni
potrebbero sembrare tutt’altro
che duri?.
Per mettere fine ai propri
giorni, la scelta del luogo è assai
significativo, è come se l’ultimo
messaggio di chi decide di
farla finita fosse rivolto direttamente ai suoi datori di lavoro e
ai compagni di lavoro. Spiega
Christophe Dejours “Questi suicidi sono legati al venire meno
nel mondo del lavoro della solidarietà e dell’aiuto reciproco”.
[…...]
Da questo punto di vista sono
significativi i messaggi lasciati da
chi si è tolto la vita, le testimonianze dei loro parenti. Come
quella dell’elettricista napoletano che si impicca dopo che
aveva finalmente ottenuto un
posto fisso, ma senza il riconoscimento dei 25 anni passati da precario. Nella lettera a sua moglie
affermava che si sentiva umiliato,
mentre lei andava a lavorare.
Ciò che ha spinto molti dei
proletari che si sono tolti vita non
è stato solo la preoccupazione
di non poter sfamare la propria
famiglia, ma anche il sentimento
di perdere la propria dignità, la
propria rispettabilità di uomo nel
momento in cui, non essendoti
data la possibilità di lavorare, sei
ritenuto inutile, un peso morto
della società. Questi sentimenti
ti annientano, soprattutto se si
è disoccupato o in cassa integrazione e quindi isolato materialmente dai tuoi compagni di
lavoro.
Il riconoscimento da parte
degli altri è una delle condizioni
essenziali [......]
La solidarietà è una base essenziale del vivere sociale tra le per[…...]
sone umane. L’internazionalismo
Quali prospettive?
è l’aspetto della solidarietà che
Partendo da un punto di assume la forma più completa: la
vista di chi lotta per abbattere
il sistema capitalista si possono
fare alcune brevi considerazioni
in merito a quest’argomento.
[......]
solidarietà non si manifesta più
solo verso i membri della famiglia,
della tribù o della nazione, ma
verso tutto il proletariato, tutti gli
oppressi.
[…...]
La perdita di solidarietà tra i
lavoratori è stata determinata da
diversi fattori:
[…...]
- gli effetti deleteri della
decomposizione
del capitalismo che generano in particolare il “ciascuno per sé”,
l’atomizzazione, l’arrangiarsi da
soli, la distruzione delle relazioni
sociali che sono alla base di ogni
vita nella società.
Questi fattori spiegano in gran
parte il fatto che il capitalismo
abbia potuto introdurre da una
ventina di anni dei nuovi metodi
di servitù senza causare risposte
da parte della classe operaia,
lotte di resistenza di fronte a
questo aggravarsi considerevole
delle sue condizioni di lavoro.
[…...]
Quando il proletariato riprenderà il cammino delle lotte di
massa, quando la solidarietà di
classe ritornerà nei suoi ranghi,
allora, non ci saranno più suicidi
per il lavoro.
Di M.Sacchi - Cobas Regione
Lombardia
Esempi di ordinaria follia
«Credere, obbedire, combattere».
E’ orgogliosa Angela Zappacosta, 54 anni di Chieti, di citare e ricitare Benito Mussolini davanti a cento direttori delle Poste. L’ultima volta lo ha fatto
48 ore fa, nella grande sala riunioni di Castelnuovo. Si parlava di
budget da far quadrare, quindi di spese e di risparmi, e lei, la direttrice di origini teatine, sorella dell’ex senatore di An, Lucio ZapLa notizia dell’omicidio nell’ufficio postale napoletano è una di quelle che sciocca. Due lavorapacosta, passato a Forza Nuova, ha ancora una volta
istruito
tori, due facce della stessa medaglia, vittime e carnefici di un sistema, di una “regola” che im- i suoi sottoposti terminando il discorso con il motto del duce.
Stress da lavoro correlato in Poste
pone ritmi, profitti, obiettivi molto spesso irraggiungibili.
Un ambiente (quello di lavoro) spesso pesante, deleterio, inumano.
Giorno dopo giorno, l’ambiente di lavoro delinea i suo tragici profili, da un lato gli sfruttati,
dell’altro gli sfruttatori.
I ritmi, le imposizioni, le difficoltà giornaliere (macchinari obsoleti, postazioni non ergonomiche, insalubrità microclimatiche, personale insufficiente, pressioni commerciali, insulti da parti
di clienti costretti a subire un servizio sempre più scadente) alimentano lo stress.
Se n’é accorto anche Venerdì di Repubblica che, proprio ieri, le ha
dedicato l’intera pagina 26, raccontando del nuovo corso delle Poste
e di direttori che amano citare frasi del Ventennio. Ma il caso più eclatante, dice il settimanale, è la bionda e determinata capo degli uffici
teramani che, raccontano i suoi direttori, non perde mai l’occasione di
arringarli con frasi dal sapore per lei nostalgico, come un «viva l’Italia»
con cui ha terminato un convegno l’estate scorsa, oppure «credere,
obbedire combattere», che ha strappato applausi già ad ottobre e
La normativa sulla sicurezza imporrebbe al datore di lavoro misure di prevenzione e di tutela
ripetuto due sere fa. «Mi attribuiscono frasi di questo tipo?», avrebbe
atte a prevenire conseguenze così tragiche e deleterie.
commentato prima di pronunciarla l’ultima volta, «non è vero, ma se
volete ve la dico», e vai con gli applausi.(l.c.)
Le disposizioni di legge che riguardano il rischio da Stress da Lavoro Correlato sono contem- 09 gennaio 2010 da ilcentro.gelocal.it
plate dall’art. 28 D.Lgs 81/08 s. m. i. in tema di valutazione dello stress in ambito lavorativo.
Le situazioni di disagio lavorativo sono in costante aumento.
Ricerche recenti nei paesi della Comunità Europea mettono in evidenza come lo stress legato
alla attività lavorativa sia un problema di salute largamente diffuso fino ad occupare il secondo
posto fra quelli più indicati dai lavoratori.
Secondo queste ricerche, la condizione di stress interessa circa il 22% dei lavoratori in Europa.
In Italia, secondo la “European Foundation for the Improvement of Living and Working Condition”, il valore si attesta al 27%, poco al di sopra della media europea (dati 2005 su ventisette
paesi della Comunità Europea) .
E’ altamente probabile che il fenomeno aumenti in futuro, a causa di alcuni cambiamenti in corso nel mondo del lavoro. Studi in questo senso della “European Agency for Safety and Health at
Work” hanno individuato cinque aree di variabili che rendono emergenti i rischi psicosociali:
1- utilizzo di nuove forme di contratti di lavoro (contratti precari) e l’incertezza e l’insicurezza
del lavoro stesso (scarsità di lavoro);
2- forza lavoro sempre più anziana per mancanza di adeguato turn-over;
3- alti carichi di lavoro, con conseguenti pressioni sui lavoratori da parte del management;
4- tensione emotiva elevata, per violenze e molestie sul lavoro;
5- interferenze e squilibrio fra lavoro e vita privata.
Sarebbe necessario quindi che per valutare e fronteggiare i fattori lavorativi di stress, le aziende
attuassero un’organizzazione del lavoro secondo un impianto più “umano”, ma sappiamo che
ciò non è possibile nell’ambito dell’attuale sistema capitalistico.
Maglia nera per chi vende meno
Orologi e coppe per i promoter finanziari che hanno venduto di più.
Magliette nere e barattoli di caramelle, contrassegnate da ironiche
gocce di sudore per gli impiegati che non hanno raggiunto i risultati attesi nel “piazzare” l’universo merceologico (libri, cd e dvd,
schede sim, investimenti e persino francobolli) impiantato negli uffici
postali. Così il direttore della filiale Roma est, che raccoglie
76 uffici delle Poste di Roma e dei Castelli Romani, organizza tornei
di vendite sulla falsariga dei mondiali di calcio: i lavoratori, però, insorgono e parlano apertamente di vessazioni dopo ciò che è accaduto a un’impiegata dell’area Specialisti sala consulenze retail di un
ufficio postale dei Castelli Romani. In una convention, un’impiegata
quarantenne, con 20 anni di anzianità aziendale, è stata spinta a indossare davanti a una cinquantina di colleghi una maglietta su cui
erano disegnate grondanti gocce di sudore perché il suo ufficio è
risultato ultimo nella classifica delle vendite di una polizza infortuni.
I responsabili delle Poste hanno inoltre consegnato all’impiegata un
barattolo di caramelle con la scritta “Gocce di sudore” per stigmatizzare lo scarso impegno. I direttori dei 76 uffici postali hanno gradito
molto la scena e si sono fatti prendere dall’entusiasmo scattando decine di foto. La donna, invece, non ha proprio gradito: «Sono rimasta
imbambolata - dice con un filo di voce -. Ho indossato la maglietta
meccanicamente. Non capivo più niente. Intorno a me i flash delle
macchinette fotografiche e tanti sorrisi ironici». 24 settembre 20120
- da ilmessaggero.it
pag. 4
Notiziario del Cobas Poste
Settembre 2012
C’è un vaso di Pandora in Poste Italiane SpA e sta per
essere scoperchiato?
Nell’immagine a lato, che riproduce l’articolo apparso sul Sole
24 ore del 18 agosto scorso (immagine ripresa dal sito http://
www.rischiocalcolato.it), si parla
dell’indagine aperta a carico del
Presidente di Poste Italiane SpA
e dell’ex (fino a novembre lo
era) AD di Postel Claudio Sforza. L’ipotesi di reato è relativa
all’emissione di fatture false per
30 mioni di €uro. Va da sè che
l’ammontare della cifra è relativa
alla documentazione scoperta
incidentalmente dalla Digos nel
controllo stradale.
Non è il primo episodio in cui
Poste viene citata (qui in modo
non certamente secondario o
accidentale) con riferimento ad
azioni non propriamente legali.
Un altro episodio di rilievo è
quello relativo alle indagini a
carico di Luigi Bisignani, nelle
quali compare ancora una volta
Postel .
Vedi dal sito de ilmessaggero.it
del 19 giugno 2011: “Inchiesta P4,
trattativa da cento milioni per vendere un palazzo al governo.
Il ruolo di Bisignani per le commesse Eni, Poste, Ferrovie, Enel e
Rai. All’esame dei pm romani gli
appalti gestiti dall’affarista.”.
Sabato 03 Dicembre 2011
NAPOLI - Agenti della Polizia postale e delle Comunicazioni di Campania, Molise e Calabria e della Polizia municipale di Napoli hanno dato
esecuzione a nove ordinanze di custodia cautelare nei confronti di
dipendenti di Poste Italiane, per il reato di concussione in concorso.
I provvedimenti sono stati emessi a seguito di un'articolata attività di
indagini diretta dalla sezione Reati contro la Pubblica amministrazione
della Procura della Repubblica di Napoli.
Le indagini, spiega il procuratore della Repubblica,
Giovandomenico Lepore, «sono scaturite da più segnalazioni di cittadini extracomunitari che lamentavano, dopo essersi presentati a un ufficio postale napoletano per effettuare la trasmissione
della documentazione relativa alle pratiche per il rilascio del permesso
di soggiorno,
di essere
stati
costretti
al contestuale
acquisto di sim card dell'operatore di telefonia Poste Mobile quale condizione insuperabile per poter usufruire del servizio postale richiesto».
Dagli accertamenti disposti dalla Procura, spiega ancora Lepore, «è
emerso che più dipendenti addetti agli sportelli avevano effettivamente
condizionato l'accettazione della pratica all'acquisto del prodotto Poste
Mobile».
Le indagini «si sono sviluppate proficuamente anche grazie alla collaborazione fornita dalle strutture di sicurezza di Poste Italiane spa al fine di
pervenire alla compiuta identificazione degli autori degli illeciti».
06 febbraio 2009
Ventisei persone accusate di tentata truffa e falso ideologico ai danni
di Poste italiane e Cassa deposito e prestiti. Si tratta di responsabili e
impiegati di uffici postali della provincia ai quali si contesta di aver
falsamente venduto buoni postali fruttiferi a parenti e amici per ottenere incentivi dalle Poste. I ventisei imputati si sono opposti al decreto
penale di condanna e ieri si è iniziato il processo penale davanti al
giudice monocratico Monica Biasutti. Poste italiane spa si è costituita
parte civile con l’avvocato Angelo Nanni del foro di Roma. Gli imputati
sono difesi dagli avvocati Alberto Fenos (ne assiste 21), Fabio Pes, Luca
Colombaro e Alessandro Tauro. I fatti contestati, emersi in seguito a
un’inchiesta del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di
Pordenone, risalgono al periodo compreso tra settembre e dicembre
2003 nelle filiali di Pordenone, Arba, Sacile, Aviano, Casarsa, Maniago e
Porcia. La Cassa depositi e prestiti, che si avvaleva di Poste italiane per la
raccolta attraverso libretti di risparmio postali e buoni postali fruttiferi,
aveva riconosciuto alle Poste una commissione del 2,63% sull’importo
lordo dei buoni postali fruttiferi venduti. A loro volta, le Poste avevano
promesso incentivi economici ai direttori e ai dipendenti di filiale e degli uffici periferici che avessero raggiunto gli obiettivi aziendali. E uno di
questi era, appunto, la collocazione dei buoni postali fruttiferi. Secondo
l’ipotesi accusatoria, i 26 imputati avrebbero fatto figurare la vendita dei
buoni fruttiferi – per un valore complessivo di quasi 4 milioni di euro – a
clienti della banca (che in realtà erano soprattutto familiari e conoscenti) senza però incassare il relativo importo e procedendo soltanto pochi
giorni dopo (se non il giorno successivo) al disinvestimento. In questo
modo la Cassa depositi e prestiti avrebbe comunque pagato la percentuale alle Poste a prescindere da quanto stessero fermi i depositi e le
Poste, grazie alla documentazione prodotta dai dipendenti, avrebbero
girato loro i premi. Secondo la difesa non si tratta di raggiro: «Il compito
dei dipendenti era di raccogliere somme al lordo e non dedotti i rimborsi. Il problema è che il contratto tra Poste e Cassa doveva prevedere un
periodo minimo di investimento». di Laura Pigani (Tralasciamo di citare
i nominativi)
Dato che siamo garantisti, fino
alla conclusione delle indagini
e di ogni grado eventuale di
giudizio, per quanto ci riguarda,
sono tutti innocenti, compresi
quindi il Presidente di Poste
Italiane SpA, l’ex postino, nonchè
ex sindacalista CISL, Ialongo.
Però nessuno può impedire a
nessun altro di farsi una sua idea
su questi episodi che non riguardano esattamente la fabbrichetta del vicentino, ma un’azienda
a capitale pubblico che fa utili
di bilancio da anni dell’ordine di
centinaia di milioni di €uro.
E le considerazioni che ne derivano non sono certo favorevoli, del
resto, citando il sommo Andreotti:” A pensare male si fa peccato,
ma molto spesso ci si azzecca”.
Vedremo.
Altre considerazioni invece su altri episodi che vedono coinvolti
questa volta dei dipendenti di
Poste.
Questi, presi dalla frenesia commerciale, hanno fatto ricorso al
genio italico (che tra i postali impera da questo punto di vista), e
si sono inventati chi una “truffa
sui buoni postali, in 26 a giudizio.
Coinvolti capi-filiali e dipendenti
di Pordenone, Arba, Sacile, Aviano, Casarsa, Maniago e Porcia. Le
Poste parte civile. (Dal Messaggero Veneto del febbraio 2009).
Chi “costringeva immigrati a comprare sim card: arrestati 9 dipendenti Poste “ (da il mattino.it del
dicembre 201).
Un bel quadretto quindi,
all’insegna del laissez faire,
secondo i canoni neoliberisti.