il cane aggredisce il proprietario - Città Metropolitana di Milano Città
Transcript
il cane aggredisce il proprietario - Città Metropolitana di Milano Città
A cura della Dott.ssa Federica Pirrone, Ph.D, Ricercatore Docente di Etologia e Benessere Animale Dipartimento di Patologia Animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria Sezione di Biochimica e Fisiologia Veterinaria, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano Email: [email protected] IL CANE AGGREDISCE IL PROPRIETARIO: SPESSO È UN INCIDENTE EVITABILE Non è infrequente leggere sui giornali di persone che sono finite all’ospedale a causa di un morso ricevuto dal proprio cane. Sono storie, queste, che lasciano in noi studiosi del comportamento animale un forte senso di amarezza, perché ci mettono davanti alla cruda realtà, ossia al fatto che l’essere umano conosce ancora troppo poco la natura e la comunicazione del cane (Canis lupus familiaris), nonostante la relazione tra i due duri ormai da millenni e diventi sempre più stretta. Sarebbe sufficiente una buona conoscenza del comportamento normale del cane e dell’organizzazione della sua struttura sociale, infatti, per sapere che un cane di qualsiasi età o taglia, per quanto docile e adattabile, può ferire qualcuno, deliberatamente o no, mentre è coinvolto in un’interazione agonistica, per quanto essa possa apparire, ai nostri occhi umani, di carattere puramente giocoso. Un gioco basato sulla competizione, come il tira e molla con un pupazzo o la corsa a chi si aggiudica per primo la pallina, potrebbe infatti non essere affatto gradito al quattrozampe: i nostri comportamenti potrebbero risultare pericolosi per lui, farlo sentire minacciato, fino a spingerlo ad un gesto estremo come il morso non controllato. Inoltre, i cani danno spesso molto valore ad oggetti per noi insignificanti, come un osso, e incontrano una certa difficoltà a cederli quando li posseggono. E’ per questo che la rinuncia ad una risorsa deve essere ben strutturata e rafforzata fin dalle prime fasi di educazione del cucciolo. Ecco che emerge un altro aspetto rilevante nella convivenza uomo-cane. Il sistema sociale nelle due specie presenta alcune similitudini. Entrambi vivono in gruppi familiari, partoriscono prole inetta (piccoli non autosufficienti e bisognosi di cura), hanno sistemi comunicativi molto sviluppati. Sfortunatamente, però, questa vicinanza dei sistemi sociali spesso porta le persone ad attribuire automaticamente al cane caratteristiche e gusti umani, e a credere che ogni volta che egli emette un segnale che ne ricorda uno tipicamente umano, il messaggio che vuole trasmettere abbia lo stesso significato. L’incapacità di comprendere i segnali comunicativi non verbali del cane, ossia il senso delle sue posture, la posizione delle orecchie, della coda, il significato delle diverse vocalizzazioni, può creare una situazione di gran lunga pericolosa, perché porta a non riconoscere, o, peggio ancora, a mal interpretare, le sue reali intenzioni. Va inoltre ricordato che, anche se la lotta cruenta non è la sua prima scelta per la soluzione di un conflitto, la competitività è un comportamento sociale normale del cane. Già nelle prime due settimane di vita, quando ha ancora occhi e orecchie chiusi, il cucciolo compete con i fratelli per aggiudicarsi la mammella migliore, quella più ricca di latte. A partire dalle 4 settimane d’età, poi, nella cucciolata esplodono i comportamenti sociali, che si affinano nei mesi successivi, e i piccoli imparano le basi della vita di gruppo. Regola sociale numero 1: il morso va controllato. A quest’età, il cucciolo morde qualsiasi cosa gli capiti a tiro, dalle orecchie del fratellino alle nostre pantofole. Quando morde il fratello, però, accade una cosa che con la pantofola non capita: il fratello piange, attirando così la mamma, che interviene punendo il cucciolo aggressore. Quel pianto funge da segnale di stop per lui e l’apprendimento di questo segnale, unito alle minacce della mamma, porta in breve tempo il piccoletto ad imparare che l’intensità del morso va controllata. E’ quella che chiamiamo “inibizione al morso”. In situazioni normali, il comportamento agonistico del cane adulto si evolve in moduli prevedibili, di natura squisitamente intimidatoria e dimostrativa. Lo scopo, infatti, non è quello di uccidere l’altro, ma semplicemente di farlo allontanare. Quando due cani competono per un osso, esibiscono comportamenti di minaccia, quali ringhi o esibizione dei denti, ma anche una serie di comportamenti più sottili, tipicamente canini, che definiamo “segnali di pacificazione”, in quanto hanno la funzione di calmare gli animi, scongiurando un combattimento vero e proprio. Segnali di pacificazione sono, ad esempio, alzare la zampa anteriore, leccarsi le labbra, rivolgere lo sguardo altrove. Tra cani, è necessario che il meno forte e sicuro di sé possa ritirarsi senza pericolo. E una questione di sopravvivenza non solo dei due individui coinvolti, ma dell’intero gruppo, perché l’invalidità di uno o più membri può ripercuotersi gravemente su tutti. Il cane esprime questi stessi comportamenti anche nella situazione conflittuale con l’uomo, che, di conseguenza, deve saperli riconoscere a garanzia di una convivenza serena e sicura. Veterinari, etologi ed educatori cinofili esperti, insieme alle Istituzioni, come la Provincia di Milano, ad esempio, che patrocina e promuove numerose iniziative divulgative ed educative, si prodigano strenuamente e quotidianamente per riuscire a trasmettere al comune cittadino i principi e le regole alla base di una relazione uomo-cane equilibrata e consapevole, fondata sulla necessità, da parte del proprietario, di acquisire tutte le informazioni necessarie sui diritti, sulle esigenze e sulle caratteristiche dell’animale con cui vive e che alleva. Un grande impegno è anche rivolto ad insegnare che esistono protocolli di educazione e di terapia comportamentale molto efficaci per prevenire gli incidenti legati ad episodi di aggressività, oltre che per curare cani eventualmente affetti da questa patologia. Si tratta di strumenti oggi come oggi preziosissimi, se si considera che questi fenomeni rappresentano alcuni tra i principali motivi di abbandono o, nella migliore delle ipotesi, di cessione dell’animale ad un'altra famiglia. Ogni proprietario coscienzioso e responsabile dovrebbe scegliere di avvalersene.