Mississippi Burning - IIS "Carlo Beretta"

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Mississippi Burning - IIS "Carlo Beretta"
CINEMA & STORIA 2014 - 15
IL LUNGO SECOLO AMERICANO
Mississippi Burning (le radici dell’odio)
I have a dream: that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: "We hold this
truth to be self-evident, that all men are created equal”
(Martin Luther King, 28 agosto 1963, Washington, discorso al Lincoln Memorial durante la marcia per il lavoro
e la libertà)
Il 21 giugno 1964, nella contea di Neshoba dello Stato del
Mississippi, James Earl Chaney, Andrew Goodman e Michael
Schwerner, tre giovani attivisti dell’African-American Civil Rights
Movement, giunti dal Nord degli Stati Uniti per una campagna
politica denominata Freedom Summer con lo scopo di convincere i
membri della comunità afroamericana a iscriversi ai registri elettorali
(da cui erano da sempre tenuti esclusi), sparirono improvvisamente.
Lo sceriffo della contea non ritenne opportuno intraprendere delle
indagini, sostenendo che i giovani si erano probabilmente nascosti
per fare della “cattiva pubblicità” allo Stato e il governatore del
Mississippi non si mostrò preoccupato, anzi avanzò il sospetto che i
tre se ne fossero andati a Cuba, per farsi una vacanza in quel paese
comunista. Edgar Hoover, il capo dell’F.B.I., su pressione del
procuratore generale (ministro di giustizia) Robert Kennedy, decise
di avviare un’indagine federale, che divenne un caso di risonanza
nazionale. Il film che stiamo per vedere ne racconta la storia.
Il movimento per i diritti civili, contro il regime di segregazione
razziale aveva avuto inizio nel 1955 a Montgomery, in Alabama, quando una donna di colore, Rosa Parks, era
stata arrestata per essersi seduta sull’autobus in un posto riservato ai bianchi. Un giovane pastore battista, di
nome Martin Luther King, promosse una protesta non violenta, consistente nel boicottaggio da parte della
comunità nera dell’uso dei mezzi pubblici. La lotta ebbe successo, si protrasse e si diffuse fino alla sentenza
della Corte Suprema degli Stati Uniti, che dichiarò incostituzionale la segregazione razziale sui mezzi pubblici.
Fu solo l’inizio di un movimento che attraversò tutto il Paese nel corso degli anni Sessanta e che culminò nel
1963 nella marcia dei 250.000 a Washington, durante la quale, davanti al monumento di Abraham Lincoln, M.
L. King pronunciò il celebre discorso da cui è tratta la citazione posta in esergo. John Fitzgerald Kennedy,
eletto presidente nel 1960 e suo fratello Robert furono fra i più convinti sostenitori del movimento.
Quelli furono anni di grandi trasformazioni: non solo i neri, ma anche gli studenti, le donne, in generale le
generazioni di giovani nati durante o immediatamente dopo la seconda guerra mondiale espressero una critica
radicale verso il modo di vita che veniva loro imposto e provarono anche a prefigurare possibili alternative,
anticipando in parte nei contenuti e nelle modalità il movimento del 68 in Europa e in parte sperimentando
forme originali di relazioni umane.
Furono anche anni di violenti conflitti: i linciaggi del Ku Klux Klan, le rivolte nei ghetti neri e nelle carceri, le
brutali repressioni di manifestazioni pacifiche da parte della polizia e infine una sconcertante sequela di
omicidi “eccellenti”, dalle circostanze mai del tutto chiarite: John Kennedy (1963), Malcom X (1965), Martin
Luther King (1968), Robert Kennedy (1968).
Emerse così il lato oscuro della democrazia americana, a indicare la questione razziale come punto nevralgico
nel cuore della nazione, destinato a tornare, ricorrente, nei suoi passaggi storici. Tanto da far dire ancora oggi,
a fronte dei tanti casi di giovani neri uccisi dalla polizia in questi mesi: I have a dream...