scudo - La Bacheca Di Effettotre

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SINDACATO CARABINIERI UNITO
PER LA DIFESA AD OLTRANZA
(SCUDO)
Secessionisti e vecchio regime
Adesso i conti tornano. Si cominciano a comprendere taluni fatti accaduti nell’Arma dei Carabinieri
negli ultimi 50 anni.
Abbiamo visto in TV l’arresto di 24 “pericolosi” secessionisti veneti (qualcuno dei benpensanti
direbbe “brutti e cattivi”), eversori dell’ordine democratico, ad opera del ROS dei Carabinieri, unità speciale
creata per contrastare più efficacemente mafia e corruzione politica, unico reparto operativo alle dirette
dipendenze del Comando Generale.
Questi facinorosi hanno modificato un trattore, mettendoci i cingoli di un carro armato (della prima
guerra mondiale – presumo) e lo hanno pure munito di una canna di cannone.
Qualcuno ha già gridato al golpe/farsa, perché un mezzo come quello prodotto fa solamente ridere
i polli. Vorrei tanto vedere questo cannone, la cui canna non è stata esibita (era forse la canna fumaria di
una stufa?), montato su un mezzo agricolo scontrarsi con i carri armati, quelli veri, dell’Esercito italiano,
oppure con un autoblindo dei Carabinieri! Penso che cadrebbe a pezzi prima ancora che qualcuno apra il
fuoco.
Immediatamente ho pensato al golpe di carta che nel 2000 il governo D’Alema si inventò per
sbattermi fuori dal COCER, divenuto strumento pericoloso per certe mire di una certa sinistra, falsamente
democratica.
Un gruppo, indicato da alcuni giornali, composto dal direttore dell’ANSA, dall’allora Sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Marco Minniti (oggi approdato alla direzione politica dei Servizi
segreti del governo Renzi – non doveva andare in pensione con D’Alema?), da alcuni ufficiali del Comando
Generale dell’Arma, confezionò quel famigerato comunicato stampa, che senza troppi veli mi accusava di
essere un golpista.
Avevo - secondo questi impostori - scritto nel mio documento “Sullo stato del morale e del
benessere dei Cittadini”, che l’Arma doveva intervenire per cambiare l’Italia. Invece, vi era scritto che i
Militari avevano subito una profonda metamorfosi, e da uomini di guerra, con le loro missioni di pace
portando democrazia e libertà dappertutto, si erano trasformati in uomini di pace, divenendo così soggetti
politici, capaci di mediazione, per cui potevano dare il loro contributo per la crescita democratica del nostro
Paese.
Quegli impostori tagliarono frasi, le incollarono e le accomodarono secondo i loro gusti.
Il COCER dell’epoca non mi volle seguire e mi lasciò solo. Se mi fosse stato vicino, oggi l’Arma non
sarebbe quella forza di polizia politicizzata , che è oggi divenuta.
Il Procuratore militare, quando comparii davanti a lui, con quell’accusa tremenda, ci fece sopra una
ricca risata e mi mandò via dicendo che io, come Presidente di un Sindacato potevo formulare tutte le mie
critiche al governo, anche se era quello di D’Alema, che si credeva infallibile, e quindi non poteva essere
censurato, nemmeno con una vignetta da Forattini.
Ma perché D’Alema, Minniti e company si scagliarono contro di me con tanta virulenza?
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Per capire questa loro trama, che non può che essere ritenuta eversiva per gli obiettivi che ha poi
conseguito, dobbiamo necessariamente tornare indietro nel tempo, negli anni ’60, per aprire gli occhi ai
cittadini, ma anche ai giovani carabinieri che non conoscono talune verità del passato e potrebbero essere
coinvolti in avventure non gradevoli per il Paese.
Andiamo con ordine!
Negli anni ’60 l’Arma, diretta da un Generale dell’Esercito, sotto la benevolenza dell’allora Capo
dello Stato, fu allertata per un colpo di stato. Grazie al cielo, i vertici dell’epoca dell’Arma, guidati dal Vice
Comandante Generale Manes, che poi morì di crepacuore, non si allinearono e tutto saltò.
Al Comando Generale dell’Arma fu inviato il Generale Arnaldo Ferrari, di sicura fede democratica,
che in dieci anni fece piazza pulita al Comando generale.
Appena eletto deputato della Repubblica, nel 1992, l’allora portavoce dei Verdi, Rutelli, mi chiese di
organizzare un incontro con l’allora Comandante Generale dell’Arma, Luigi Federici. In quella circostanza,
essendo scoppiata Tangentopoli e prevedendosi una lunga crisi politica, Rutelli chiese cosa avrebbe fatto
l’Arma in quei periodi, che sarebbero stati bui per la democrazia.
Federici rispose che l’Arma avrebbe continuato in silenzio a svolgere i suoi compiti istituzionali.
E ciò accadde fino a quando lui rimase al Comando Generale dell’Arma.
Poi venne il Generale dell’Esercito, Sergio Siracusa, e, insieme ai Generali Nunzella, già Comandante
del ROS, Venditti, personaggio ben voluto in taluni ambienti romani, Gallitelli, oggi Comandante Generale, e
Borruso, oggi Consigliere alla Corte dei Conti, tirò fuori la legge di riordino dei Carabinieri, che mirava
essenzialmente a farli uscire dall’Esercito.
I politici o le logge, che manovrarono, garantirono comunque una carriera brillante: promozione al
grado di generale di Corpo d’Armata e comando dell’Arma.
E ai Carabinieri dei gradi più bassi? Nulla. Dal 2000 attendono invano il riordino delle loro carriere.
La legge non era stata fatta certamente per loro, nonostante le promesse.
Mi sono sempre meravigliato che un Generale dell’Esercito avesse fatto uscire l’Arma dalla sua
Forza Armata. Avevo fatto la seguente riflessione: “Posso capire che i Carabinieri vogliano diventare
autonomi, ma come mai il Generale Siracusa, proveniente dai Servizi segreti e, in seguito accusato di non
aver collaborato con il governo, per il caso Mitrovkin, si sia prestato ad una simile operazione, mettendosi
contro i suoi colleghi dell’Esercito?”.
Mi ricordo ancora il grido accorato del generale Domenico Pisani: “Non fate uscire l’Arma
dall’Esercito. Sarà politicizzata. L’Esercito è come una cupola protettiva nei nostri confronti”.
Quel Generale non è stato ascoltato ed è stato emarginato!
Adesso capisco tutto.
L’Arma doveva servire come forza di polizia da usare per fini politici! Quali? Nel tempo li scopriremo
tutti.
Il ROS che oggi si scaglia contro i secessionisti veneti, mentre da una parte tratta con la mafia, per
conto di questo regime, dà la sensazione di essere un docile strumento nelle mani di qualcuno. Ecco perché
si è voluto metterlo alle dirette dipendenze del Comando generale, il cui Comandante è di nomina politica.
La gente comincia a pensare che il ROS venga usato all’occorrenza. E questo tocca i fondamenti
dell’Arma, fedele nei secoli, non al regime del momento, ma allo Stato-Ordinamento.
Quando ero Capo di Stato maggiore della Divisione “Unità specializzate”, il mio comandante,
Generale Liberati, mi disse che aveva più volte invitato il Comando Generale a porre il ROS alle dipendenze
del Comando Unità Specializzate, al fine di evitare il diretto coinvolgimento del Comando Generale
dell’Arma. Ma non fu ascoltato.
Al Comando Generale dell’Arma, taluni hanno perso il senno. Hanno dimenticato che il Re, quando
nel 1814 istituì i Carabinieri, li mise in una condizione di non subire il coinvolgimento politico da parte di
chicchessia, tanto è vero che le varie autorità, compresa quella giudiziaria, potevano rivolgere solo richieste
ai Carabinieri e non ordini.
Oggi il Comando Generale, addirittura manovra un reparto operativo, il ROS che risponde del suo
operato alla magistratura, e il cui capo più volte è stato indagato per gravi reati.
Il rischio che corre l’Arma, è elevato, ma qualcuno sembra essere attratto non dal bene
dell’Istituzione, ma da ben altro.
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Il SUPU, credetemi, scoprirà questi altri fini
Occorre vigilare sulla nostra Istituzione, nel momento in cui la maggior parte dei delegati del COCER
sembra guardare altrove e l’Associazione Nazionale sonnecchia.
Oggi i carabinieri sono senza un sindacato che possa tutelare loro e la stessa Arma, contro le mire di
un vecchio regime che vuole restare al potere e si inventa colpi di stato farsa e di carta.
Non sappiamo molte cose sugli ultimi avvenimenti. Ma l’uso improprio del ROS ci fa allarmare.
Se poi a questo si aggiunge che un Generale dell’Arma rimane al comando dell’Istituzione per 6
anni, c’è di che preoccuparsi. Non dimentichiamo che il Generale Giorgio Piccirillo non venne nominato
Comandante Generale perché, essendo troppo giovane, sarebbe stato al comando per sei anni.
Questo principio è valso per lui, ma non per Gallitelli.
Noi del Sindacato vogliamo sapere ogni verità.
Inviamo questa lettera anche al Capo dello Stato e al Capo del governo, perché spetta a loro
verificare e vigilare sulla condotta democratica di uomini e istituzioni.
Stanno succedendo fatti strani nell’Arma. Nessun Comandate Generale si è comportato come
Gallitelli. Eppure costui rimane al suo posto, oltre ogni limite.
IN NOME DI DIO: INTERVENITE!
Salvate l’Arma, e con essa il Popolo Italiano.
Palermo, 3 aprile 2014
Antonio Pappalardo
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