Acca Cop_150 - Accademia Italiana della Cucina

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Acca Cop_150 - Accademia Italiana della Cucina
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LA PLASTICA IN TAVOLA
vochiamo spesso il gusto della
tavola intesa non solo come il
piacere del mangiare, ma come
ambiente del ben vivere, dove il tempo ha la sua dimensione, i commensali il sentimento della convivialità e
la tavola apparecchiata il gusto dell’ornato. Tutto cambia e nel correre
alla ricerca dell’utilizzo del tempo il
più razionale possibile, la donna impegnata ormai sempre di più al di
fuori della casa, cerca le preparazioni
di cucina già pronte, l’insalata già tagliata e lavata, i vari bastoncini e sofficini da infilare nel forno, per essere
pronti in cinque minuti e via di seguito. Cerca, poi, di evitare anche l’impegno della tavola, i piatti da rigovernare, il detersivo da mettere nella lavatrice per lavare la biancheria da tavola che va poi stesa. L’industria della
plastica, che fino a qualche anno fa
forniva prodotti per l’emergenza temporanea, per i picnic, per le feste dei
ragazzi in giardino, ora va incontro al
consumatore con una vasta offerta di
prodotti di alta qualità e praticità.
Piatti, bicchieri, posate in polistirolo
e polipropilene, robusti, colorati e decorati. Tovaglie resistenti e di ogni dimensione, tutto usa e getta. Questi
prodotti trovano un’accoglienza entusiastica da parte dei giovani e anche
dei meno giovani per la praticità, ora
sempre di più accoppiata a una certa
gradevolezza delle decorazioni, che
va dai piatti colorati in varie tonalità, a
quelli per i bambini con figure di animali, fiori e personaggi dei fumetti o
dei cartoon.
Indubbiamente i lati positivi ci sono: queste stoviglie sono più igieniche perché riducono il pericolo di
contaminazione rispetto alle stoviglie
tradizionali sulle quali non è raro che
restino, anche dopo il lavaggio, tracce di detersivo. Inoltre, sono facil-
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mente eliminabili e in gran parte possono entrare nei materiali riciclabili.
Senza contare che il flusso di acqua e
detersivo scaricato dalla lavastoviglie,
o nel caso delle tovaglie dalla lavatrice, è molto inquinante.
Certo sono maggiori le considerazioni pratiche rispetto a quelle “ecologiche” che decretano il successo
della plastica. Fatto si è che l’anno
scorso gli italiani hanno consumato
circa 2 miliardi e 600 milioni di piatti
di plastica e ben quasi 4 miliardi di
bicchieri; a questi vanno poi ad aggiungersi circa 300 milioni di posate
e circa 71 milioni di tazzine per caffè.
Cifre enormi che come area di consumo vedono preponderanti le regioni
meridionali del nostro Paese, dove,
specialmente nel periodo estivo, la
carenza di acqua stimola il ricorso all’usa e getta.
L’apparecchiatura della tavola, con
le sue regole di antica tradizione,
certo non scomparirà. Resterà, però,
relegata al “dì di festa”, sempre più
raro. Nel quotidiano, il trionfo dell’usa e getta è pratico, a volte gradevole, ma non toglie la sensazione (anche se è solo sensazione) di trasferire
un po’ del suo gusto di plastica al cibo che si sta mangiando.
UNA TASSA
SULL’EXTRAVERGINE
L’olio lubrificante usato e altri oli
esausti debbono essere smaltiti, per
non creare inquinamento. Debbono
essere riciclati e non dispersi nell’ambiente. E ciò naturalmente costa.
Dove trovare i soldi? Nell’olio extravergine d’oliva, naturalmente, che
sempre olio è, anche se non c’entra
niente con l’uso che si fa degli altri
oli. Il Ministero dell’Ambiente ha
pensato bene di recuperare questi
soldi tassando ogni chilo di olio d’oliva con un “contributo” di 0,3 centesimi alla produzione. Anche se si
tratta di una cifra molto bassa, è evidente che questa poi verrà “scaricata” sui prezzi al consumo.
IL DADO ESTRATTO?
Una vecchia pubblicità per i dadi
da brodo degli anni Cinquanta proclamava: “Non è il solito semplice
brodo ma un brodo doppio, il più
completo, nutriente e ricco d’energie.
Comprende, infatti, purissimo estratto di carne”. In effetti finora un po’
d’estratto di carne nei dadi c’è sempre stato, buon ultimo fra gli ingredienti dopo il sale, il grasso vegetale
idrogenato, il glutammato monosodico e altre sostanze più o meno numerose. Era la legge italiana che prescriveva fermamente la necessaria
presenza, in questo preparato, dell’estratto di carne o altri estratti proteici,
per la tutela del consumatore nei
confronti di falsi brodi.
Ora non è più così, la Ue ha liberalizzato la produzione dei dadi da
brodo che possono essere fatti anche
senza carne. Il nostro Ministero delle
Attività produttive, con una circolare
del 7 gennaio scorso, si è adeguato,
quindi si potranno produrre dadi con
“aroma di carne” fabbricato artificialmente in laboratorio, con una buona
dose d’esaltatore di sapidità (il solito
glutammato). La vecchia disposizione
italiana che richiedeva la presenza
d’estratto di carne, anche se in misura minima, viene così a decadere e la
strada resta libera per falsi brodi fatti
con preparati contenenti soltanto
aromi artificiali, sale e additivi per
dare sapore.
C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 0 4 • N . 1 5 0 • PA G I N A 1 5
GABRIELE GASPARRO
Delegato di Roma