Cari genitori

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Cari genitori
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BAMBINI INVENTORI.
COME STIMOLARE LA CREATIVITA’?
“Da queste parti, non ci soffermiamo troppo a guardare
indietro. Andiamo sempre avanti, per aprire nuove porte
e fare cose nuove, perché siamo curiosi…. E la curiosità
continua a spingerci lungo nuovi sentieri”
Walt Disney
Il film di animazione “I Robinson. Una famiglia spaziale”, che fa da filo conduttore della giornata di studio organizzata dal
Servizio di Psicologia dell’Apprendimento e dell’Educazione (SPAEE) dell’Università Cattolica e da Walt Disney
Studios Home Entertainment, ci fa fare la conoscenza del suo protagonista, Lewis. Avere un figlio che diventi scienziato,
artista o - come Lewis - inventore è un sogno di molte famiglie. Un sogno difficile da realizzare? Non necessariamente
perché, anche se i nostri bambini e ragazzi non diventeranno famosi come Archimede, Marconi, Edison, c'è però
comunque per la loro la possibilità di vivere una vita ricca e gratificante, se sapranno tenere vive curiosità, passione e
tenacia. Come aiutarli a raggiungere questo obiettivo? La ricerca psico-educativa fornisce dei suggerimenti al riguardo.
CURIOSITA’ E DESIDERIO
Affermava Walt Disney: “Quando sei curioso, trovi un mucchio di cose interessanti da fare. Le idee nascono dalla
curiosità”. In tutti i bambini è presente un desiderio di conoscere, scoprire, sperimentare, ma è un desiderio che va
incoraggiato e alimentato. La storia di Lewis suggerisce qualche spunto al riguardo.
Lewis ha dei desideri e sono questi la molla che fa scattare la sua creatività. Noi infatti attiviamo le nostre risorse mentali
quando vogliono ottenere qualcosa che è per noi importante. Un proverbio straniero dice: "Dove c'è il desiderio, c'è la
strada". Da dove nasce il tipo di desideri di cui stiamo parlando? I resoconti autobiografici di eminenti ricercatori offrono
delle indicazioni al riguardo.
La voglia di imparare, capire e poi scoprire o inventare sembra nascere da una sorta di stupore o meraviglia nei confronti
di ciò verso cui si indirizzano, o si indirizzeranno, i propri sforzi. Hamilton Smith, i cui studi sul processo di clonazione gli
valsero il premio Nobel, ricorda che da giovane si entusiasmò per la geometria euclidea poiché lo stupiva come si
potesse costruire un’intera teoria partendo da pochi concetti iniziali. Manfred Eigen, che compì studi sull'interferenza
sonora per determinare la velocità delle reazioni chimiche, fu colpito, quando aveva diciott’anni, dall’aver appreso che
esistevano in chimica reazioni tanto veloci da non poter essere misurate; non poteva credere che ci fosse qualcosa che
non fosse misurabile e da allora iniziò a pensare a questo problema.
Una seconda caratterizzazione rimanda alla percezione della bellezza del campo al quale ci si applica. Per esempio Rita
Levi Montalcini riconosce che da giovane fu affascinata dalla bellezza del sistema nervoso e che la sua scelta di
intraprendere gli studi in tale campo fu determinata da questioni estetiche. Stupore e bellezza trovano sintesi in questa
affermazione di Marie Curie: «Sono di quelli che pensano che la scienza abbia in sé una grande bellezza. Uno
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scienziato nel suo laboratorio non è soltanto un tecnico: è anche un fanciullo posto in faccia ai fenomeni naturali, che lo
impressionano come una fiaba».
Ci sono particolari circostanze della vita che fanno sorgere la curiosità per un tema "intellettuale". Il biologo Richards
Roberts ricorda di aver letto da bambino un libro di storie poliziesche regalatogli dalla madre che gli sembrò meraviglioso:
capì che ciò che fa un detective è risolvere puzzle ed era proprio questo ciò gli sarebbe piaciuto fare da grande.
L'individuazione dello specifico campo in cui si sarebbe impegnato derivò pure da una lettura casuale: fu dopo aver letto
un testo che raccontava la storia della biologia molecolare che decise di dedicarsi a questa disciplina. Richard Ernst,
autore di ricerche sulla spettroscopia nucleare multidimensionale, si avviò invece allo studio della chimica a seguito di
questo caso: esplorando il solaio trovò uno scatolone contenente campioni di elementi chimici abbandonato lì da uno
zio; iniziò a giocare con quei materiali e da lì nacque la sua passione per la chimica. Che talvolta siano oggetti concreti a
far scaturire la "scintilla" della curiosità è testimoniato anche da Marie Curie, che a quattro anni rimase affascinata davanti a
una vetrinetta in cui erano esposti strumenti scientifici e campioni di minerali.
In una pagina del Codice Arundel, Leonardo da Vinci ci lascia una metafora della sua curiosità e del suo desiderio di
conoscere: “E tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran copia delle varie e strane forme fatte dalla artificiosa
natura, raggiratomi alquanto infra gli ombrosi scogli, pervenni all’entrata d’una gran caverna; dinanzi alla quale, restato
alquanto stupefatto e ignorante di tal cosa, piegato le mie reni in arco, e ferma la stanca mano sopra il ginocchio, e colla
destra mi feci tenebre alle abbassate e chiuse ciglia; e spesso piegandomi in qua e in là per vedere se dentro vi
discernessi alcuna cosa; e questo vietatomi per la grande oscurità che là entro era. E stato alquanto, subito salse in me
due cose: paura e desiderio: paura per le minacciante e scura spelonca, desiderio per vedere se là entro fusse alcuna
miracolosa cosa.”. Ogni idea e intuizione di Leonardo non sarebbero state possibili senza il profondo desiderio di
conoscenza e la capacità di osservare tutto quello che lo circondava, dalla natura all’opera dei suoi contemporanei. I suoi
manoscritti ne sono la più preziosa testimonianza.
Al di là di questi casi celebri, come alimentare nei bambini il desiderio, la curiosità, lo stupore? Per esempio raccontando
loro i nostri desideri e curiosità, quelli che avevamo quando eravamo noi bambini e quelli che ci animano adesso da
adulti, parlando delle fantasie che facevamo da piccoli e delle aspirazioni che abbiamo ora. I bambini ci vedono già
capaci di sapere e fare cose per loro inarrivabili, è fondamentale che capiscano che i desideri, le ambizioni della nostra
infanzia che abbiamo saputo realizzare, sono diventati realtà (avere una famiglia, guidare, laurearsi, svolgere una certa
professione, conoscere luoghi o persone, diventare esperti in qualche cosa, riuscire in uno sport o un’impresa) per
l’impegno e la passione che vi abbiamo dedicato. E' importante far cogliere a un bambino che ciò che ci spinge, e che
mette un po' di entusiasmo nelle nostre giornate, è la voglia di raggiungere o fare qualcosa che non c'è o non abbiamo
ancora e per il quale vale la pena di darsi da fare, far capire che è il mondo del possibile che rende interessante il mondo
dell'attuale.
SFIDA E IMPEGNO
Certamente, non accontentarsi di ciò che già c'è e cercare ciò che potrebbe esserci comporta delle fatiche e dei rischi.
Si tratta di accettare una specie di sfida che motiva a cercare di capire sempre meglio, senza arrendersi di fronte alle
difficoltà in cui ci si imbatte, ma anzi vedendo in queste degli inviti ad accedere a una visione più completa. L'accettare
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una tale sfida si traduce poi in impegno, assorbimento (la cosiddetta «esperienza di flusso», in cui si è talmente immersi in
un'attività da dimenticarsi di ciò che ci circonda) e, alla fine, soddisfazione per "avercela fatta". Si tratta di un'esperienza
ben descritta nella ricostruzione biografica romanzesca compiuta da Susan Vreeland delle vicende di Artemisia
Gentileschi, pittrice seicentesca cui vengono messe in bocca queste parole rivolte alla figlia che la madre desidera avviare
alla sua stessa attività artistica: «il piacere del dipingere sta esattamente nella sensazione dolorosa di sapere che [l'opera]
non sta venendo bene. Così provi qualcos'altro e provi e riprovi, finché ti riesce proprio come vuoi tu. Magari non è
perfetta, ma è molto meglio di quando hai incominciato e, quando accade, è una delle sensazioni più esaltanti che
esistano, perché te la sei guadagnata».
Anche un bambino può essere invitato ad affrontare delle sfide che, pur essendo alla sua portata, lo mettano a
confronto con la necessità di aguzzare l'ingegno, compiere delle scelte, impegnarsi, prendere atto che spesso la
soluzione già pronta e confezionata non c'è. Spianare sempre la strada davanti ai bambini non li aiuta a crescere. Non
tirarsi indietro, compiere lo sforzo di pensare e provare, e vivere anche il corrispondente disagio di non essere sicuri che
le cose funzioneranno, è un processo che fa maturare.
Nel film Lewis parla di “prendersi la responsabilità della propria vita, senza incolpare gli altri”. Lewis è un bambino pieno
di risorse, ma non si tratta di semplice talento innato: dietro ad ogni sua invenzione c’è tanto lavoro, studio, dedizione,
quaderni di appunti e successive correzioni. Per superare le difficoltà dobbiamo provare; non possiamo nasconderci
dietro i presunti torti subiti (come fa l’uomo con la bombetta!) o le avversità del destino (come l’abbandono di Lewis
neonato). Dobbiamo tentare di fare qualcosa in prima persona.
Come aiutare un bambino o un ragazzo in questa direzione? Per esempio, raccontando casi di uomini che hanno creato
qualche cosa, scegliendo episodi che si imprimano nell'immaginazione e sottolineando come questi personaggi abbiano
faticato per giungere alle innovazioni da loro proposte. Oppure proponendo modelli positivi di personaggi attuali o
storici di talento che hanno superato le difficoltà continuando a credere in se stessi e nei propri sogni - lo sapevate che
Einstein fu bocciato al liceo? Molti inventori, musicisti, pittori, scrittori di fama mondiale sono stati a lungo incompresi o
ignorati. E’ anche importante mettere in relazione ciò che il bambino fa con gli esiti delle sue azioni, rimarcando come
con l'impegno sia riuscito a superare le difficoltà, e aiutarlo a riconoscere che, dopo un insuccesso, il non aver rinunciato,
l'aver insistito, l'aver provato un'altra via ha portato alla fine a raggiungere ciò che si voleva.
VARIETA’ E DIVERSITA’
Per alimentare la creatività è anche importante tentare di fare cose diverse da quelle che solitamente facciamo.
L'immaginazione richiede proprio di allargare il nostro orizzonte mentale. Si può fare molto ance con piccole attenzioni,
per esempio mostrando ai bambini che effettivamente è possibile fare le cose diversamente e incentivandoli a provare
nuove strade. E’ importante fornire qualche esempio di come talvolta ci sia gusto nel variare, anche cose banali come la
strada per andare a scuola O il modo di cucinare i cibi. Alla stessa stregua è curioso sperimentare che cosa accade se i
nostri ragionamenti e le nostre azioni prendono una strada diversa da quella abituale, per esempio provando a ipotizzare
come potremmo cavarcela se non avessimo strumenti già predisposti per ogni attività: come posso provvedere se resto
senza scolapasta o senza un tavolo? Anche solo mentre si è in coda al supermercato o in attesa dal dottore, si può
proporre ai ragazzi di inventare utilizzi alternativi per gli oggetti che ci circondano in modo da aprire i loro orizzonti
mentali oltre le convenzioni e l’abitudine (un bottone può servire come biglia, perlina per una collana, forma per
disegnare un piccolo cerchio, occhio di un pupazzo di pezza. un bicchiere può essere un fermacarte, una formina per
biscotti, un rialzo per un piatto di portata, un microfono per giocare con la voce, un contenitore, un binocolo che altera
la realtà, un telefono rudimentale, ecc.). In ognuna di queste diverse situazioni è comunque importante sottolineare
come sia gratificante cambiare e provare cose nuove.
Si possono poi proporre ai bambini situazioni aperte, in cui ci siano più modi per fare le cose, e chiedere loro di
scegliere come affrontarle invitandoli a tentare vari approcci. Si tratta anche di verificare che nel "menu" quotidiano dei
giochi e delle attività del bambino ve ne siano alcuni (giochi di costruzione, giochi di ruolo, giochi di avventura ecc.) che
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mettono in moto l'immaginazione, ossia che richiedono di pensare a cose e situazioni che non esistono ma potrebbero
verificarsi.
Più concretamente: quando capita di visitare musei e mostre si possono rimarcare gli aspetti di novità presenti negli
strumenti e nelle opere d'arte esposti. Si possono commentare gli artefatti della vita quotidiana, le normali architetture ecc.
si può mostrare come certe caratteristiche siano state introdotte creativamente per rispondere ad esigenze e migliorare la
funzionalità. Si può poi sfruttare ogni piccola occasione quotidiana (viaggi in macchina, weekend piovosi, ecc.) per
coinvolgere i bambini in giochi e sfide che ne stimolino le capacità creative: indovinelli, rime, associazioni, invenzione di
storie fantasiose (se fossi un albero, un’aquila, una matita, ecc.), giochetti di logica, sfide di Sudoku o, perché no, di
calcolo mentale, ma anche attività improvvisate per “pasticciare” in casa con materiali semplici o di scarto (pittura,
costruzione di burattini e oggetti, disegni, lavori di manualità, ecc.) seguendo le loro inclinazioni o provando a cimentarsi
insieme in esperienze nuove.
Un’altra attenzione educativa consiste nell’intercalare nelle conversazioni quotidiane domande sul perché le cose siano
fatte in un certo modo o accadano certi eventi. Ciò è utile per stimolare la curiosità circa l'aspetto della realtà e suggerire
che vi è un lavoro mentale dietro alle cose che l'uomo costruisce. Per stimolare i bambini alla curiosità e alla scoperta si
può anche mostrare loro come molte delle cose che imparano a scuola servono e si trovano nella vita quotidiana
(leggere le cartine in viaggio, parlare lingue straniere, conoscere la geografia di paesi lontani, ecc), avvicinandoli alle
tecnologie in modo corretto, controllato e giocoso (il sito di un museo, i viaggi virtuali nelle capitali, i motori di ricerca
per cercare informazioni, ecc.)
ERRORI E ATTITUDINI
Seguire strade nuove comporta anche la possibilità di sbagliare. E allora bisogna accettare questo rischio e imparare dagli
errori. Il motto di Lewis è “andare sempre avanti”. Anche se non sempre si hanno risultati immediati bisogna ricordare come si dice nel film - che “dai fallimenti si impara, dai successi non sempre!” Spesso ci si arrende alla prima difficoltà; si
vorrebbe sapere tutto subito, ma nulla viene dal nulla e Lewis mostra chiaramente l’importanza di “elaborare buoni piani”,
di pensare a quello che si vuole e a come raggiungere i propri obiettivi anche quando i primi tentativi sono andati a
vuoto. Aiutare un bambino - per esempio commentando episodi personali - a riconoscere che, dopo un insuccesso, il
non aver rinunciato, l'aver insistito, l'aver provato un'altra via ha portato alla fine a raggiungere ciò che si voleva è dare un
contributo alla crescita della sua determinazione e fiducia. Allo stesso modo, insegnargli ad affrontare delusioni e piccoli
fallimenti senza mettere in discussione il proprio valore, significa infondergli fiducia in se stesso, una fiducia che sente
condivisa anche dagli altri, dalle persone per lui più significative.
La fiducia in se stesso è una caratteristica di Lewis. Questo personaggio e la sua buffa famiglia aiutano a capire che c’è
sempre una via di uscita anche di fronte ai fatti più duri della vita (se Lewis non fosse stato abbandonato, non avrebbe
mai trovato la sua nuova famiglia). Ecco perché è utile dare a un bambino delle opportunità affinché possa fare
esperienza diretta delle sue potenzialità, magari scegliendo i campi in cui mostra maggiori attitudini, oppure esplorandone
diversi per potersi conoscere, per approfondire meglio le proprie inclinazioni.
Al di là di eventi casuali, predilezioni e divertimenti infantili possono essere la base per successive più serie attività.
Daniel Kahneman, psicologo insignito del premio Nobel per l'economia nel 2003, racconta di aver deciso di dedicarsi
alla psicologia perché da bambino era attratto dai pettegolezzi in quanto cresciuto in un ambiente costituito da «gente
che parlava di altra gente». David Hubel, che ottenne il premio Nobel grazie ai propri studi sui neuroni del sistema
visivo, riconosce che nella sua ricerca fu fondamentale l’impiego dell’elettronica: la passione per questo campo si era
sviluppata in lui fin da ragazzo allorché si divertiva a costruire aggeggi per conto proprio. Il chimico Harold Kroto ammette
invece una sorta di debito verso il Meccano perché da bambino si divertiva a giocarci, rendendosi poi conto che con
questo gioco acquisì un'abilità quasi ingegneristica basata sulla destrezza delle mani. Il genetista Marshall Nirenberg
nutriva invece interesse per l’ornitologia; vivendo in Florida, da bambino si recava sulla costa dell’Atlantico e, nascosto in
una capanna, passava ore ad osservare un passero marino oggi estinto, un’esperienza per lui meravigliosa e stimolante.
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Certamente l'offrire diversificate opportunità per sperimentare e sperimentarsi in vari ambiti e il dare "imbeccate" ad
"assaggiare" campi che non rientrano nel diretto ambito di attività e di interessi di un giovane delineano un atteggiamento
educativo fiducioso, che mette nel conto l'imprevedibilità dei gusti e delle vocazioni e non esclude che da dove meno
ce se lo aspetti possa scoccare la scintilla che apre una breccia nella mente facendo intuire significati e conquiste per la
quali valga la pena impegnarsi. Anche il cercare di ricostruire e non soffocare predilezioni precedenti per tentare di
incanalarle verso sviluppi non soltanto ludici o recuperarle in età successive, facendo cogliere linee di continuità tra ciò
che piaceva e affascinava in tenera età e ciò che ora può esserne visto come lo sviluppo, può essere una via per rendere
appassionante l'impegno intellettuale. In questi casi l'educatore fa il lavoro di chi getta semi diversi su terreni differenti
augurandosi che almeno da qualche parte qualcosa attecchisca, tutt'al più acuendo l'occhio e tendendo l'orecchio per
scorgere se in qualche angolo del mondo del ragazzo occorra essere più generosi o discretamente insistenti nell'offrire
proposte e appigli. Un atteggiamento comunque da tenere presente, anche quando si voglia procedere in maniera più
pianificata, perché l'ascolto delle reazioni di un giovane a quanto gli andiamo prospettando è sempre essenziale per
"aggiustare" il tiro o, se necessario, cambiare la rotta.
Per questo è importante ascoltare e osservare i bambini per scoprire e promuovere le loro attitudini, ciò che li interessa
ed appassiona, individuare gli ambiti in cui il bambino mostra maggiori predilezioni e qui proporgli delle piccole sfide,
sforzandolo ad andare oltre ciò che sa e sa fare. Non si tratta di alimentare deliri di onnipotenza, ma di condurre a
riconoscere, realisticamente, i propri punti di forza. Lewis, che non ha certo la vita facile, non si abbatte, non dispera di
sé ma, con coraggiosa apertura verso il proprio futuro, crede di poter comunque arrivare là dove lo spingono i suoi
desideri. Il protagonista del film è, prima che un inventore, un bambino che avrà una vita felice perché ha dato spazio alla
propria creatività.
E LA SCUOLA?
Vari resoconti biografici suggeriscono che la curiosità intellettuale è nata più dall'essersi imbattuti in problemi che in
soluzioni. Lo stupore e la bellezza sono stati percepiti non per aver assistito alla spiegazione di un fenomeno, ma per
aver colto ciò che doveva essere ancora compreso e indagato. Come riconosce, alla fine della propria carriera,
l'economista Paul Samuelson: più che ricevere onori è stato per lui un piacere esplorare nuovi rompicapi. Noi oggi a
scuola offriamo, quando cerchiamo di motivare allo studio, problemi che anche per gli studenti meritano di essere risolti o
presentiamo invece soluzioni a problemi che gli studenti non colgono o di cui non avvertono la rilevanza? Se un
docente è convinto dell'importanza di ciò che insegna, avrà consapevolezza delle esigenze - pratiche, esistenziali, sociali
ecc. - alle quali il sapere di cui è competente va incontro. Quanto gli studenti hanno la possibilità, prima di ascoltare le
risposte, di riconoscere e condividere tali esigenze?
Proseguendo su questa linea: quanto esponiamo i nostri studenti alle procedure di elaborazione della conoscenza
anziché (o prima di) ai loro risultati finali? Pare che i grandi insegnanti siano soprattutto capaci di far cogliere il processo
più che il risultato. Dudley Herschbach, pioniere della dinamica molecolare, ammette che l’amore per la matematica
nacque in lui seguendo un corso di quel grande didatta della disciplina che fu George Polya, mentre Shelton Glashow
ricorda il corso di Feynman che egli seguì: il docente «faceva ricerca mentre insegnava» perché disegnava alla lavagna
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pensando ad alta voce e così gli studenti potevano vedere la sua mente al lavoro e questo affascinava gli allievi. La reale
genesi dei prodotti intellettuali - teoremi, dipinti, poesie ecc. - è un processo tortuoso, fatto di tentativi ed errori,
accompagnato da entusiasmi e scoramenti, sollecitato da bassi interessi e sublimate ambizioni: quanto di questo processo
- delle sue dinamiche umorali, opportunistiche, ideali - è trasparente allo studente? I raffinati e perfetti prodotti finali che
esibiamo agli studenti fanno sospettare la storia umana, troppo umana, che vi sta alla base? Quel sapere che la scuola
propone ha una base personale, è stato la risposta a domande ed esigenze che concreti uomini si sono posti. Come
suggeriscono episodi e storie personali (di grandi uomini, di docenti, di altri studenti), si dovrebbe mettere in chiaro
questa origine della cultura in modo che lo studente la colga non come lontana e libresca ma come qualcosa di vivo, che
tocca interessi vicini anche ai suoi. Per esempio potrebbe essere interessante ricordare che Newton, il padre della fisica
moderna, teneva sempre acceso nel suo studio il forno per compiere esperienze di alchimia ("Ma allora il confine tra
scienza e superstizione non è così netto!"; "Da certi miti, sogni, pregiudizi di un'epoca non sono immuni anche le menti
fredde degli scienziati!") oppure che Newton scrisse una volta a un collega che le sue scoperte erano state possibili
perché «era salito sulle spalle di giganti»; comunemente si intende che Newton volesse riconoscere il debito che aveva
con i predecessori (Galileo, Keplero); pare invece che l'affermazione non volesse essere così "sublime"; la persona cui
Newton aveva scritto quella frase era un certo Robert Hooke, che fu in realtà il primo a sostenere che la forza di
attrazione era proporzionale all'inverso del quadrato delle distanze, e per questo era suo grande rivale ed era … un
nano: che perfidia! Newton però si riscatta quando afferma: «Non so come mi veda il mondo. Personalmente mi sembra
di essere stato soltanto come un ragazzino sulla spiaggia, che si divertiva di tanto in tanto a trovare un ciottolo più liscio o
una conchiglia più bella del solito, mentre il grande oceano della verità si stendeva inesplorato davanti a me»: che umiltà!
La scienza è accompagnata, se non addirittura sospinta, da interessi concreti, ambizioni, intrighi, oltre che da "lacrime e
sangue", speranze ed ideali. Quei nomi in cui lo studente si imbatte leggendo i manuali scolastici sono stati uomini
coinvolti nelle loro "beghe" come tutti noi, eppure hanno sviluppato una passione per le idee tanto da correre pericoli e
sacrificare ad esse la vita.
Qualcuno ipotizza che alla caduta di ideali nelle giovani generazioni contribuisca il fatto che non si leggano più le
biografie dei personaggi illustri. Che da qui - rimossi gli aspetti retorici ed aulici - possano provenire spinte motivazionali
allo studio è testimoniato, per esempio, da Benoit Mandelbrot, il cui nome è legato alla ricerca sui frattali, che ricorda
come da giovane leggesse molte biografie di uomini celebri e decise di prendere Keplero come modello poiché questo
astronomo aveva utilizzato un concetto puramente astratto e apparentemente senza utilità (le sezioni coniche) per
descrivere un fenomeno reale; Mandelbrot avrebbe scelto qualunque campo di studio che gli avesse permesso di far
diventare - come aveva fatto Keplero - un "giocattolo intellettuale" uno strumento di comprensione della realtà. Andrew
Wiles, a cui si deve la dimostrazione del cosiddetto «ultimo teorema di Fermat», lesse una biografia dei grandi matematici
e apprese la storia di Fermat: da allora iniziò a pensare al teorema. Scoprì così che la matematica lo attraeva e incominciò
a porsi problemi e a cercare di risolverli e scoprì che questo gli piaceva.
La sottolineatura dell'aspetto esistenziale-biografico della genesi intellettuale porta con sé la possibilità di compiere
collegamenti tra i prodotti del pensiero e la propria condizione vitale: «se quell'impresa culturale ha avuto alla base la tal
motivazione personale, allora forse ha qualcosa da dire anche a me». E’ pertinente la descrizione di questo processo che
si trova in un romanzo intitolato Il teorema del pappagallo. Un personaggio, Ottavio, diventato ricco e potente, ricorda
l'avvio del proprio successo: quando frequentava la scuola a Siracusa un giorno il suo insegnante di matematica lo
condusse sulla strada per Agrigento per mostrargli, di fianco alla strada, nascosto tra i rovi, un rudere sul quale era incisa
l'immagine di una sfera all'interno di un cilindro: era quella che si riteneva essere (in realtà erroneamente) la tomba di
Archimede. Ottavio conosceva la storia secondo cui Archimede era riuscito ad infliggere una bruciante sconfitta ai
Romani e ciò lo rendeva orgoglioso di essere siracusano. Dopo quella visita fu per Ottavio più interessante studiare il
cosiddetto «assioma di Archimede» («esiste sempre un multiplo del più piccolo che è superiore al più grande») e la
relativa dimostrazione per mezzo di segmenti. Ma il vero effetto di quell'esperienza fu aver intuito qualcosa che valeva
per la propria vita: «nella mia testa ci fu come un'esplosione. Nel tornare a casa (da scuola) mi sono seduto […] e ho
riflettuto, per la prima volta in vita mia. Mi sono detto: "Ottavio, il segmento piccolo sei tu". E tutto mi è apparso chiaro.
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L'insegnante aveva ripetuto le parole di Archimede: "Per quanto tu possa essere un segmento piccolo, puoi sempre
moltiplicarti e diventare più grande di qualunque altro segmento, di qualsiasi grandezza […] E ho sentito un grande
calore dentro, come se avessi bevuto […] Da quel giorno, ecco che cosa ho voluto imparare: in che modo moltiplicarmi
per superare chiunque». Purtroppo Ottavio non indirizzò sempre a fini nobili questa motivazione all'eccellenza (tanto da
essere indotto a cercare di "rubare" la dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat, che nel romanzo si immagina essere
depositata nella mente di un pappagallo), ma è interessante cogliere come la svolta esistenziale decisiva maturò in lui
dall'aver messo in contatto un prodotto culturale (l'assioma di Archimede) con la propria condizione.
E' allora forse soprattutto la possibilità di apprezzare l'aspetto vitale di ciò che si studia a "rallegrare". Il matematico David
Mumford scoprì di avere una vocazione per la matematica perché a scuola la trovava divertente. Più precisamente, il
divertimento che ne traeva dipendeva dal fatto che riusciva a percepirla come viva, come capace di creare un mondo
che può essere esplorato. E la già menzionata Artemisia Gentileschi dice al padre Orazio, pittore pure lui, mentre lo
assiste negli ultimi tempi della sua vita: «Siamo stati fortunati. Abbiamo avuto la possibilità di guadagnarci da vivere con
ciò che amiamo. E vivere la pittura, come abbiamo fatto noi, significa vivere la passione e l'immaginazione e l'adorazione.
Tutto quello che c'è di meglio nella vita - essere più vivi degli altri».
Alessandro Antonietti e Manuela Cantoia
UNIVERSITA' CATTOLICA DEL SACRO CUORE – MILANO
SERVIZIO DI PSICOLOGIA
DELL'APPRENDIMENTO E DELL'EDUCAZIONE
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Il Servizio di Psicologia dell'Apprendimento e dell'Educazione (S.P.A.E.E.) dell'Università Cattolica svolge attività
di progettazione, ricerca, consulenza, diagnosi e intervento sulle problematiche dell’apprendimento nei contesti
scolastici, formativi, educativi e riabilitativi. Il Servizio si rivolge ad insegnanti, dirigenti, operatori, genitori e studenti
tramite sportello di consulenza, colloqui e percorsi individuali, attività di piccolo gruppo, progetti d'intervento nelle
strutture, giornate di studio. Le attività possono svolgersi presso la sede dello S.P.A.E.E., presso gli enti richiedenti
o a distanza per mezzo di strumenti telematici.
Per consultare materiali e strumenti elaborati dal Servizio, per avere informazioni sulle attività e iscriversi alla newsletter
così da poter ricevere gli aggiornamenti, è possibile visitare il sito
www.unicatt.it/spaee
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Per saperne di più sulla creatività:
Antonietti, A., & Cerioli, L. (Eds.) (1996). Creativi a scuola. Oltre l'apprendimento inerte. Milano: Franco Angeli
Editore.
Antonietti, A., & Cesa-Bianchi, M. (2003). Creatività nella vita e nella scuola. Milano: Mondadori.
Esercizi e attività per sviluppare la creatività:
Antonietti, A., & Armellin M. N. (1999). Creatività in classe 1. Brescia: Editrice La Scuola.
Antonietti, A. (1999). Creatività in classe 2. Brescia: Editrice La Scuola.
Antonietti, A., Bianchi, M. P., & Giorgetti, M. (1999). Analogie e metafore. Trento: Edizioni Erickson.
Cerioli, L., & Antonietti, A. (2001). Diventare ciò che si è. Un laboratorio per sperimentare la creatività e l'autonomia a
scuola. Milano: Franco Angeli Editore.