Per una fenomenologia plurale del libro parallelo. A

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Per una fenomenologia plurale del libro parallelo. A
E RME NE UTI C A
LE TTE RARI A
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Seretaria di redaione
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LETTERARIA
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SOMMARIO
Editoriale9
gaston bachelard et la littérature :
herméneutique et phénoménologie de l’imaginaire poétique
 
Jean-Jacques Wunenburger, Bachelard, une interprétation poly-méthodologique
du poétique13
Gisèle Vanhèse, Gaston Bachelard et la rhétorique profonde25
Carlo Alberto Augieri, Bachelard e l’animismo dell’oggetto : la fiamma come inter37
pretante simbolico di contraddizione non umana e troppo umana
Délia Popa, La forza espressiva delle immagini poetiche : Bachelard e Husserl55
Riccardo Barontini, Pour une nouvelle idée de la critique : la place de l’herméneutique littéraire dans l’œuvre de Gaston Bachelard67
Christian Chelebourg, Prométhée socialisé. Étude culturelle d’un complexe 7 7
Joël Thomas, Une relecture bachelardienne : la symbolique élémentaire chez Virgile et
chez Lucrèce 85
Luciano Curreri, Per una fenomenologia plurale del libro parallelo. A. Gordon Pym
/ Poe e Bachelard95
 
 
 
 
teoria e prassi
Gian Piero Maragoni, Tra suono e senso. Su alcuni meccanismi di significazione
delle figure di parola e di pensiero103
recuperi e sperimentazioni
Domenico Carosso, Proust tra Hegel e Bergson 115
Velio Abati, Il domani rimosso. Fortini oggi 129
Sonia Rovito, Prove di argomentazione estetica e procedimenti formali della prosa in
alcuni quaderni di Lorenzo Calogero137
Alessandra Giappi, Luzi nell’opera del mondo 149
dialoghi e letture
Francesca Fistetti, Tra « letteratura della recessione » e « letteratura del lavoro » : un
libro di Daniele Maria Pegorari 157
 
 
 
 
 
per unA fenomenologia PLURALE
del libro parallelo.
a. GORDON Pim / POE E BACHELARD
Luciano Curreri
Université de Liège
A mio papà,
Antonio Curreri (1936-2014),
ovvero in memoria
di un grande parallelista,
per cui tutto era sognato,
tutto era documentato.
1. Fenomenologie e « dynamique des images »
 
 
P
artirei dall’enunciazione di quell’orizzonte plurale che hanno tracciato, esattamente dieci anni fa, alcuni colleghi dell’Université de Savoie e delle Facultés universitaires Saint-Louis di Bruxelles, parlando di « phénoménologie(s) et imaginaire », 1 in
seno a un iter che voleva contemplare due ampie e dense modalità : (1) « se livrer à l’exercice d’une philosophie de la littérature [altrimenti detta « philosophie de l’imagination
littéraire »] comme voie d’éclaircissement de la contribution des sciences littéraires à
une anthropologie philosophique générale » ; (2) « reconnaître l’imagination littéraire
comme une source autonome et irréductible de la connaissance de l’humain », perché
« c’est justement cette reconnaissance de la dimension épistémique propre de l’imagination qui est le préalable indispensable à une approche authentiquement phénoménologique du littéraire, et qui en est même, pour tout dire, le noyau ».
Si accetta, ovviamente, il rischio che una riflessione sull’essenza dell’uomo possa
poggiare sull’ambiguità del dato letterario e quindi su una sfida ermeneutica che sappia restituire all’« imagination littéraire » una sua dimensione epistemica : e positivamente, concretamente e felicemente epistemica. Anzi sarebbe proprio questa ambiguità a fare autentica la nostra démarche fenomenologica in relazione al dato letterario
preservando l’approccio da : (1) « toute tendance dogmatique ou métaphysique » ; (2)
« tout traitement illustratif du littéraire ».
Quali sono le basi di questa riflessione e di questo approccio ? Rimasugli hegeliani
a parte, a monte c’è Husserl – già di per sé quasi inafferrabile, ché dipende da quale
altezza cronologica lo si mira, e avvolto da un anello in cui si rincorrono i grandi nomi
della fenomenologia già ‘autonoma’ e ‘classica’, diciamo, da Heidegger a MerleauPonty – e a valle c’è la pluralità propriamente (e forse un po’ facilmente) detta : « il nous
est paru opportun et même nécessaire de faire écho à des travaux aussi divers que ceux
de Sartre, Bachelard, Bonnefoy, Carl Einstein, Bakhtine ou encore Benjamin. Voilà qui
explique la pluralité de phénoménologies [...] ».
Infine, viene segnalato l’uso non indifferenziato ma volontariamente incrociato di
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1
  Cfr. Phénoménologie(s) et imaginaire, a cura di Raphaël Celis, Jean-Pol Madou, Laurent Van Eynde, Paris,
Kimé, 2004. Le citazioni che seguono sono tratte tutte dall’introduzione, che ha lo stesso titolo del volume
ed è alle pp. 5-7.
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luciano curreri
« imagination » et « imaginaire ». Uso teso a restituire « la dynamique des images », che è
un « souci commun », una sorta di preoccupazione ermeneutica ed etica funzionante
come un denominatore comune, in prima istanza, specie se abbiamo cura di pensare a
« une phénoménologie plus attentive à la vie protéiforme de la conscience qu’à un logicisme égologique ». Ovvero se abbiamo cura di pensare, in un certo senso, les images
avant les idées, come avrà modo di suggerire da par suo Gaston Bachelard. 1
Tutto questo significa anche, in qualche modo, ripartire l’uso di « imagination » e di
« imaginaire », favorendo in seconda battuta – quasi come nella ‘corsa’ di un particolare
pistone che riempia avanti e indietro dehors e dedans, tendendo quasi a farli coincidere,
a tratti, e comunque a far cangiar loro la certo relativa (e non assoluta) posizione – 2
« une rencontre entre une poétique de l’imaginaire préoccupée de la matérialité de
notre présence au monde et une phénoménologie de l’imagination qui s’ouvre au “jeu
comme symbole du monde” ». 3 Lo scopo di questo doppio movimento 4 pare essere
quello di favorire un più efficace dinamismo della coscienza nel mondo : un dinamismo
che ci dia materialmente – ma non rigidamente – l’autenticità della nostra « présence
au monde ». Si tratterebbe insomma di favorire quell’esperienza (anche, e positivamente, epistemica) di cui oggi non si smette di celebrare la morte – in seno a un lutto
ipocrita e parecchio snob, ovvero da intelligenza fine a sé stessa – ma che è ancora
possibile concepire come attraversamento di quella materia che – a partire dai quattro
elementi, Gaston Bachelard insegna – sembra quanto meno ‘specchiarsi’ nella « vie
protéiforme de la conscience » e veramente distendersi nella dimensione di gioco che
la nutre, dinamizzando un mondo dato, un poco monolitico, così come lo traduce, a
tratti, la nostra assuefazione a termini che vogliamo – ma che non sono – rigidi, quali
immaginario, poetica. 5
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
2. Fenomenologia plurale e libri paralleli
Se il materiale che si accompagna all’immaginario – attraverso una sola traduzione,
un solo commento, ovvero « tout traitement illustratif du littéraire » – diventa immaginario e in questo trova una sua collocazione ermeneutica, data praticamente una
 
 
1
 Luciano Curreri, « Les images avant les idées ». Storia di un incontro mancato fra La terre et les rêveries de la
volonté di Bachelard e Les vierges aux rochers di d’Annunzio, « Franco-Italica », 13, 1998, pp. 177-218, e poi – con
titolo leggermente variato e con riscritture, correzioni e aggiornamenti – in Idem, La consegna dei testimoni tra
letteratura e critica. A partire da Nerval, Valéry, Foscolo, d’Annunzio, Firenze, fup, 2009, pp. 91-130.
2
 « Notre lecture voit donc, à tout moment, changer la position relative du dedans e du dehors ». Cito da
Jean Starobinski, « Je hais comme les portes d’Hadès... », « Nouvelle Revue de Psychanalyse », 9 (Le dehors et le
dedans), 1974, pp. 7-22 : p. 22.
3
  Qui è giusto precisare il rinvio a Eugen Fink, Spiel als Weltsymbol, Stuttgart, Kohlhammer, 1960 (trad.
fr., Le jeu comme symbole du monde, a cura di Hans Hildenbrand, Alex Lindenberg, Paris, Minuit, 1960) ; cfr. la
trad. it., Il gioco come simbolo del mondo, a cura di Nadia Antuono, Roma, Lerici, 1969 e poi Firenze, Hopeful
Monster, 1991.
4
  A voler schematizzare la ‘corsa’ di questo doppio movimento, potremmo avere : dynamique des images
—› imagination —› phénoménologie de l’imagination —› « jeu comme symbole du monde » ‹— matérialité de
notre présence au monde ‹— poétique de l’imaginaire ‹— imaginaire ‹— dynamique des images.
5
  Vita e dimensione in seno alle quali potremmo presentare un altro schema, ‘circolare’ e teso a rilevare,
forse in modo ancora più immediato, la particolare specularità – in ogni sua parte – del doppio movimento
sopra evocato :
dynamique des images —›
imagination —› ‹— imaginaire
phénoménologie de l’imagination —› ‹— poétique de l’imaginaire
« jeu comme symbole du monde » —› ‹— matérialité de notre présence au monde
phénoménologie de l’imagination —› ‹— poétique de l’imaginaire
imagination —› ‹— imaginaire
‹— dynamique des images
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
per una fenomenologia plurale del libro parallelo
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volta per tutte, in seno a un parcheggio perennemente delimitato dalle strisce blu che
impongono di pagar dazio alle idee/ideologie ovvero a « toute tendance dogmatique
ou métaphysique » (ai, per esemplificare, dogmatismi marxisti, pregiudizi idealistici e
finanche, diciamocelo, ai più recenti e modaioli limiti dell’interpretazione), viene subito meno « la dynamique des images », il confronto (almeno) con il fuori, la dialectique
du dehors et du dedans, 1 la ‘corsa’ nel mondo e quindi la fenomenologia dell’immagine
poetica o – come potremmo anche chiamarla – la fenomenologia plurale dell’immaginazione letteraria.
Insomma, senza l’intervento di una certa istanza ludica – figlia del rêve ma anche
e insieme di un mondo materiale e materialmente drammatico – teso a cancellare le
strisce blu e a sostituirle con « tracce, orme [...] fughe », 2 non si darebbe più un plurale
testo-simbolo in divenire di un mondo non finito e quindi non ci sarebbe più letteratura, né quell’esperienza straordinaria che la nutre e che sono i libri paralleli.
A questo proposito, con Manganelli nelle orecchie e quasi provocatoria sfida nei
confronti dello stesso (senza quell’adulazione mimetica che porta a dire “Manganelli è
mio, Manganelli sono io”), non registrerei le solite – più o meno integrali e significative – occorrenze di Poe nell’opera di Bachelard, magari sulla scorta di alcuni, affettuosi
lavori di Hélène Tuzet o delle polemiche del giovane ‘teorico’ di turno all’arrembaggio, 3 e mi orienterei su un solo testo, meno frequentato del più famoso che frequentato
L’eau et les rêves. Essai sur l’imagination de la matière (1942) : cioè su un’introduzione alle
Aventures d’Arthur Gordon Pym nella traduzione francese di Baudelaire riproposta dalle
edizioni Stock nella collana « Voyages imaginaires » all’altezza del 1944 ; un testo che è
stato poi ripubblicato, all’inizio degli anni Settanta, in una silloge postuma dal titolo
fortunato, Le droit de rêver, che Bachelard non avrebbe certo rinnegato ; 4 un testo che mi
ha spinto a scrivere, a lato di questo breve intervento, un saggio più lungo e birichino,
ovvero Arthur Gordon Pym : un libro parallelo. 5 In effetti, qui mi concentro rapidamente
e soltanto sulle pagine iniziali del lavoro del 1944 (pp. 134-138), che mi paiono rispondere meglio, nel loro tessuto teorico, al corale tentativo di avvicinamento del dossier
Gaston Bachelard e la letteratura : ermeneutica e fenomenologia dell’immagine poetica, curato
dagli amici e colleghi Carlo Alberto Augieri, Riccardo Barontini, Anna Dolfi e Paolo
Leoncini.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
 
 
3. Il droit de rêver contro la morte della critica e dell’esperienza
Il droit de rêver è, innanzi tutto, il droit de recommencer. Nello stupendo Fragment d’un
journal de l’homme (1952) che non a caso chiude Le droit de rêver (1970) – grazie, anche,
1
  Cfr. Gaston Bachelard, La dialectique du dehors et du dedans in Idem, La poétique de l’espace, Paris, Presses
Universitaires de France, 1957 e 1992, pp. 191-207.
2
  Giorgio Manganelli, Pinocchio : un libro parallelo, Torino, Einaudi, 1977 e ora Milano, Adelphi, 2002, p. 8.
3
  Intendiamoci, Hélène Tuzet è stata una voce critica appassionata e affettuosamente fedele, autrice di
un saggio importante, anche se da integrare ormai con altre voci (per cui cfr. ancora il nostro La consegna dei
testimoni tra letteratura e critica, cit., pp. 94-97), ovvero Les voies ouvertes par Gaston Bachelard à la critique littéraire
(che apre, prima dell’intervento dissacrante di Jean Ricardou, il noto capitolo xv dei famosi Les chemins actuels
de la critique, a cura di Georges Poulet, Centre culturel de Cerisy-la-Salle, 2-12 décembre 1966, Paris, Plon, 1968
e Union Générale d’Editions, « 10/18 », 1975, pp. 299-312). Cfr. almeno, in prospettiva, Hélène Tuzet, Rencontre
de Bachelard avec Gabriele d’Annunzio, « Revue de Littérature Comparée », 2 (numero consacrato a G. Bachelard
per il centesimo anniversario della nascita), 1984, pp. 215-233 ; Eadem, Rilke et Bachelard, « Revue de Littérature
Comparée », 3, 1980, pp. 253-282.
4
  Da cui citeremo : Gaston Bachelard, Le droit de rêver, Paris, puf, 1970, pp. 134-149 (d’ora in avanti i numeri
delle pagine saranno dati direttamente nel testo del saggio fra parentesi tonde).
5
  Che uscirà in una nuova collana di saggi di Amos Edizioni, grazie all’avvertita e affettuosa complicità di
Michele Toniolo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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luciano curreri
all’amorevole sensibilità degli éditeurs, che hanno evaso e sfumato uno stretto e sterile
ordine cronologico alla raccolta – si legge : « commencer, c’est avoir la conscience du
droit de recommencer ». 1
Ecco, basterebbe questa coscienza a fare, ancora oggi, di Bachelard, un antidoto contro il veleno che ci ammorba da un po’ di anni a questa parte : la morte della critica. E
nell’Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe c’è tutto quello di cui il Nostro ha bisogno –
e di cui noi con lui abbiamo bisogno – per dispiegare quanto si tentava di dire qui sopra
tra dinamica delle immagini e fenomenologia plurale.
Se « profondeur du rêve » e « habilité du récit » formano una « double exigence » in
virtù della quale « on apprend à faire rêver l’intelligence la plus claire, on apprend aussi
à éveiller, pour une aventure suivie, la rêverie la plus inattentive, la plus épisodique »,
quale esempio migliore di quel libro parallelo – di quella poetica dell’immaginario e di
quella fenomenologia dell’immagine poetica – che è il romanzo di Pym/Poe, in virtù
del quale « on comprendra comment un voyage imaginé, décrit sur des thèmes positifs,
peut avoir toutes les fonctions oniriques d’un voyage imaginaire ». E a tal punto che nel
viaggio di Pym/Poe l’imagination scivola davvero nell’imaginaire e la lecture – « si l’on
veut bien, non pas seulement lire, mais méditer et rêver », cioè fare critica – da « constante invitation au voyage [...] devient une aventure ».
L’arte – logica – della deduzione si concilia giocosamente e drammaticamente con
« l’art – fenomenologica – de l’étrange », un po’ come il « réel » si concilia con i « rêves » e
in questi s’enchaîne, ovvero si lega loro par dépendance et de façon logique maturando tuttavia « l’esprit d’aventure » che « saisit le lecteur » (p. 134) : « d’ailleurs, c’est par la rêverie
que conteur et lecteur communiquent le plus étroitement » (p. 135).
Insomma, ecco che subito affiora la « rencontre entre une poétique de l’imaginaire
préoccupée de la matérialité de notre présence au monde [« thèmes positifs », « réel »] et
une phénoménologie de l’imagination qui s’ouvre au “jeu comme symbole du monde” [« voyage imaginaire », « invitation au voyage », « aventure », « esprit d’aventure »] ». Ed
ecco una modalità per favorire quell’esperienza (pure, e positivamente, epistemica), di
cui oggi non si smette di celebrare la morte (con sentenze simili a quelle con cui ci si
disfa della critica), e un modo per evitare che il materiale che si accompagna all’immaginario diventi immaginario trovando in questo una sua collocazione ermeneutica –
ovvero data praticamente una volta per tutte – e finanche un modo per non trascurare
la pluralità : « [...] derrière les aventures positives, se préparent les aventures du rêve,
derrière le récit des aventures humaines s’émeut le drame du monde » (p. 136).
Di più. L’istanza ludica – che dicevamo figlia del rêve ma anche e insieme di un
mondo materiale e materialmente drammatico – non dispone il lettore alla solitudine,
come del resto non dispone alla solitudine l’autore. Ancora : tale istanza non dispone il
lettore alla solitudine estrema del lettore modello ma lo getta nel dramma del mondo,
dove in genere il lettore modello non vuole proprio più stare, perché stare nel mondo,
per lui, significherebbe essere un lettore come gli altri e perdere il privilegio della stanca e sterile solitudine d’artista che lo crea lontano dall’uomo.
Si badi, infine, che tutto questo procedere verso il mondo non significa rinunciare
all’intimità umana, perché scoprire il mondo significa scoprire sé stessi : « Tout ce qui
est profond dans le monde et dans l’homme a la même puissance de révélation » (p. 137).
E ammesso (e non concesso, sembra dirci Bachelard) che la lettura psicanalitica di Marie Bonaparte colga in parte nel segno (quanta differenza, a dieci anni di distanza, tra
le leggere pagine del Nostro e i due poderosi e ormai quasi indigesti tomi della princi 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1
 
  Gaston Bachelard, Le droit de rêver, cit., p. 235. Il saggio evocato sopra è alle pp. 233-245.
 
per una fenomenologia plurale del libro parallelo
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1
pesca pioniera), « on ne pourra méconnaître la valeur d’une lecture doublée qui cherche
sous le sens manifeste un sens onirique profond ». Insomma, non siamo necessariamente più schiavi dei sogni che delle nostre esperienze. E anzi son sempre le expériences a
indicarci la strada insieme ai rêves, tra dehors e dedans, tra corpo-documento e soggettosogno, senza che né le une né gli altri si traducano necessariamente e rispettivamente
in « déterminismes humains » e in « déterminisme onirique » (p. 138), magari banalizzando quella magnifica possibilità di « changer la position relative du dedans e du dehors »
che è alla base della nostra cultura, come si suggeriva sopra con quel discepolo bachelardiano così diverso ma così ricco di affetto e sensibilità che è Jean Starobinski.
Ecco, contro questi rischi e verso questa ‘legione’ di eredi, si è mossa la lezione di
quel grande parallelista che fu Gaston Bachelard, per il quale tutto era sognato, tutto
era documentato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Abstract
L’idea principale di questo breve saggio è quella di leggere Bachelard attraverso la lente di Le
avventure di Arthur Gordon Pym, lasciando da parte certe vecchie incrostazioni ermeneutiche
della sua critica (per esempio, le acque profonde, le acque morte, l’acqua materna, l’acqua femminile). Certo, la mia ambizione è più grande ed è quella di usare la fenomenologia plurale di
Bachelard come trampolino per discutere, uno di questi giorni, del racconto di Poe, parallelamente a testi quali Le avventure di Pinocchio di Collodi, sulla scia di Pinocchio: un libro parallelo di
Giorgio Manganelli.
The main idea behind this short essay is to read Bachelard through the prism of Poe’s The narrative of Arthur Gordon Pym of Nantucket while bracketing a number of timeworn Bachelardian
layers of interpretation (e.g., deep waters, dead waters, maternal water, violent water). In doing
so my ambition is also to use Bachelard’s plural phenomenology as a springboard for – one of
these days – a discussion of Poe’s narrative, alongside other texts such as Collodi’s The Adventures of Pinocchio, in the wake of the Giorgio Manganelli’s Pinocchio : un libro parallelo.
 
1
  Marie Bonaparte, Edgar Poe. Étude psychanalitique, Ouvrage orné de vingt-sept illustrations, Avant-propos de Sigmund Freud, 2 volumes, Paris, Les Éditions Denoël et Steele, 1933 : per Les récits de la mer : Aventures
d’Arthur Gordon Pym, che fa parte di Le Cycle de la Mère-Paysage, cfr. vol. i, pp. 367-443.
 
 
TEORIA E PRASSI
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(cz 2 · fg 13)