la progressiva frammentazione della libia
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la progressiva frammentazione della libia
LA PROGRESSIVA FRAMMENTAZIONE DELLA LIBIA ______________________________________________________________________________________ Sede legale e amministrativa: Palazzo Besso - Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma Sede secondaria: Largo Luigi Antonelli, 4 - 00145 Roma Web: www.ifiadvisory.com; Mail: [email protected] Umberto Profazio La progressiva frammentazione della Libia Pubblicato in: ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) Novembre 2013 ______________________________________________________________________________________ Sede legale e amministrativa: Palazzo Besso - Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma Sede secondaria: Largo Luigi Antonelli, 4 - 00145 Roma Web: www.ifiadvisory.com; Mail: [email protected] LA PROGRESSIVA FRAMMENTAZIONE DELLA LIBIA Il 15 novembre scorso almeno 45 persone sono morte e più di 500 ferite in seguito agli scontri avvenuti nel quartiere Ghargour di Tripoli, quando uomini armati hanno aperto il fuoco contro un gruppo di manifestanti che chiedevano maggiore sicurezza nella capitale libica. Più precisamente, la manifestazione era stata indetta per chiedere l’evacuazione da Tripoli delle milizie al-Nusour, provenienti da Misurata e protagoniste di numerosi episodi di violenza. L’elevato bilancio delle vittime e la criticità della situazione hanno messo in luce tutte le fragilità delle nuove istituzioni libiche. Oltretutto, il giorno successivo, nuovi scontri si sono verificati a Tajoura, alla periferia della capitale, tra milizie locali e quelle provenienti da Misurata, mentre un’altra milizia, questa volta governativa, conosciuta come Libya Shield si è assicurata il controllo di Ghargour riuscendo ad allontanare dalla capitale le brigate al-Nusour. Come appare evidente anche da altri numerosi episodi di violenza all’interno del paese, la situazione risulta oramai fuori controllo. Il fenomeno delle “Kataeb” (brigate, milizie armate), costituite su base localistica è oramai una realtà affermata in Libia sin dallo scoppio della guerra civile e non è stata eliminata nemmeno dopo la caduta di Gheddafi. Ciò si accompagna a una particolare struttura sociale del paese, contraddistinta da una frammentazione tribale molto accentuata, una costante della storia libica. Il fenomeno della frammentazione caratterizza, tuttavia, anche altri settori della vita del paese, sollevando fondati timori per una possibile esplosione della Libia. Dal punto di vista della sicurezza, l’episodio del 15 novembre e in genere tutti quelli precedenti o successivi, evidenziano un’assenza costante: quella delle autorità. La nuova Libia non ha ancora un esercito unitario o una forza di polizia in grado di far rispettare la legge. Diversi programmi sono stati proposti nei mesi scorsi per aiutare Tripoli a formare un nuovo apparato di sicurezza e molti Paesi si sono detti interessati a offrire il loro aiuto per formare il personale libico necessario. Al momento Giordania e Turchia stanno accogliendo decine di cittadini libici per formarli come poliziotti, mentre gli Stati Uniti hanno avviato un programma di addestramento all’interno del Paese. Durante il summit del G8 tenutosi il 17-18 giugno a Lough Erne, 1 Umberto Profazio in Irlanda del Nord, anche Italia, Francia, Gran Bretagna hanno annunciato che parteciperanno all'addestreramento di truppe libiche ed anche la Turchia si è detta interessata ad aiutare il governo di Tripoli. Tuttavia, anche se tali misure potranno assumere rilevanza in futuro, al momento si sono rilevate inefficaci. Del tutto controproducente è stato, inoltre, il tentativo del governo libico di aggirare il problema della sicurezza, incorporando le milizie all’interno dell’esercito e integrando i ribelli nella polizia. In tale maniera, Tripoli ha commesso un doppio errore: ha legittimato i gruppi armati presenti nel paese e ha perso ogni iniziativa, autorità e capacità di coordinamento. Nel peggiore dei casi, lo stesso governo è divenuto ostaggio dei gruppi armati e non solo metaforicamente: il 10 ottobre il primo ministro Ali Zeidan è stato rapito e subito rilasciato dal gruppo armato Operations Room of Libya’s Revolutionaries (ORLR), presumibilmente per la complicità delle autorità libiche nella cattura il 5 ottobre scorso da parte delle forze speciali americane del sospetto terrorista di al-Qaeda Nazih Abdul Ahmed al-Ruqai, meglio conosciuto come Abu Anas al-Libi. Caso esemplare, la ORLR è un’alleanza di ex-combattenti nata durante la guerra civile del 2011 e, paradossalmente, affiliata al Ministero dell’Interno e sovvenzionata dallo stesso governo. La stessa sorte di Zeidan è toccata il 17 novembre al Vice Capo dell’Intelligence Mustafa Noah, a dimostrazione, se ve ne fosse la necessità, dei mezzi e della capacità di azione di tali gruppi armati. Secondo recenti stime, almeno 140.000 persone sono entrate a far parte delle milizie dall'inizio della guerra civile, e ciò, oltre a deteriorare il quadro della sicurezza, ha anche fortemente inciso sullo sviluppo del paese. Tale considerazione ci porta alla seconda dimensione della frammentazione libica: ossia quella economica. La produzione nazionale di petrolio è a un livello ben al di sotto della media di 1,5 milioni di barili al giorno, precedente alla rivoluzione del 2011. La chiusura dei giacimenti, dei terminal e dei principali porti da parte delle milizie ha causato un calo generale dell’attività petrolifera che rappresenta, come noto, la principale fonte di ricchezza del paese. Il caso più significativo è sicuramente quello del gasdotto 2 LA PROGRESSIVA FRAMMENTAZIONE DELLA LIBIA Greenstream che collega la Libia all’Italia e che è stato chiuso nel mese di ottobre a seguito di una protesta da parte della comunità Amazigh di Zuwara che ha interrotto l’esportazione dal terminal di Mellitah. La comunità berbera chiedeva una maggiore rappresentanza nelle istituzioni (e in particolare nel comitato incaricato di redigere la nuova costituzione libica) e il riconoscimento dall’amazigh come lingua ufficiale del paese. Il gasdotto ha ripreso a operare il 22 novembre, quando i manifestanti hanno deciso di sospendere il blocco per solidarietà alle vittime del massacro di Ghargour. Molto più preoccupante è stata però un’altra iniziativa economica, dagli inevitabili risvolti politici: ossia l’istituzione di una nuova compagnia petrolifera in Cirenaica, la Libya Oil and Gas Corporation (LOGC). Tale compagnia petrolifera pubblica non fa infatti parte della National Oil Corporation (NOC - la compagnia petrolifera statale libica), ma è stata istituita dal Political Bureau of Cyrenaica (PBC), autoproclamatosi governo autonomo della regione. Le pulsioni federaliste della Cirenaica non sono certo una novità, ma l’attuale fase di debolezza del governo centrale ha favorito tentativi più seri e decisi di guadagnare un’autonomia politica sostanziale che spera di trovare risorse e finanziamenti grazie al controllo delle ricche risorse petrolifere dell’est del paese. Non è un caso che il PBC sia guidato da Ibrahim Said al-Jadhran, capo delle milizie preposte al controllo degli impianti energetici cirenaici che nei mesi estivi hanno defezionato e assunto il controllo dei porti della regione, impedendo l’esportazione di petrolio. Il rapporto tra centro e periferia risulta complicato dalla rivalità storica tra Cirenaica e Tripolitania e da una forte forma di tribalismo che durante la rivoluzione ha approfittato dell’arsenale militare presente nel paese per affermarsi ulteriormente. Ciò in passato non ha impedito forme di centralizzazione accentuata che sono riuscite a tenere unito il paese. Ma le condizioni politiche erano evidentemente diverse e le forme di governo erano caratterizzate da una significativa concentrazione di potere al vertice (monarchia, dittatura). In attesa della redazione della carta costituzionale (che verrà elaborata da un 3 Umberto Profazio comitato composto da 60 membri, 20 per ogni regione, curiosamente la stessa procedura usata nel 1951), le sfide per il paese sembrano essere insormontabili. Sia nella dimensione della sicurezza, che in quella economica e politica, la Libia è attraversata da violenti forze centrifughe che tendono alla disgregazione del paese. Qualora tali forze dovessero prevalere, lo scenario che potrebbe avverarsi è quello di una progressiva “irachizzazione” libica, come ha titolato un’autorevole rivista: ossia una guerra civile permanente tra le diverse comunità tribali, aggravata dai fenomeni del terrorismo e dalle evidenti incapacità delle forze di sicurezza. 4