LAURA ROSSI - Lega del Cane

Transcript

LAURA ROSSI - Lega del Cane
3 domande a...
LAURA ROSSI
Presidente sezione Milano
“Lega Nazionale per la difesa del Cane”
I
n qualunque parte d’Italia
chi, per diversi motivi, ha
incrociato la sua vita con la
passione per i cani (e in particolar
modo quelli maltrattati, indifesi, o
abbandonati a se stessi ) conosce
Laura Rossi, presidente della sezione di Milano della Lega Nazionale
per la Difesa del Cane. E magari ha
avuto anche la fortuna di incontrarla e di percepire la straordinaria
energia che è capace di trasmettere. La stessa che, oggi, Pet-Ology
Magazine vuole di trasmettere in
questa lunga intervista integrale.
24
dosi dalle mie mani, e un pesciolino rosso che capriolava di felicità
quando mi accostavo alla sua vasca.
Ricordo la sofferenza provata alla
loro morte e confrontando il dolore di un adulto con quello provato
da un bimbo, quest’ultimo è di gran
lunga più devastante e non avverte
consolazioni. Questi animali e tanti
ancora, incontrati man mano, furono per me amici e complici durante
l’adolescenza, forse l’unico tramite
di dialogo verso un mondo di cui già
allora intuivo le incongruenze e le
crudeltà.
Al tempo in cui divenni adulta, fiLaura, com’è cominciata la tua “av- nalmente libera da una famiglia inventura” con i cani recuperati in sensibile e superficiale, nel canile di
canile?
Milano gli animali randagi - se non
«Da bambina solitaria, tutti gli ani- riscattati - venivano uccisi col gas.
mali erano per me fonte di magia. Nell’hinterland milanese loschi inTrascorrevo i pomeriggi estivi facen- dividui accalappiavano i randagi e
do scuola alle lumache messe dili- dopo 5 giorni di sevizie li uccidevagentemente in fila. Difendevo i grilli no a fucilate e sprangate.
dalle barbarie di ragazzacci cattivi, Nelle periferie e spesso anche in
liberavo di nascosto i topolini dalle città, ci si imbatteva in cani abbantrappole poste dalla mia famiglia. I donati. Mi affannavo a raccattare
miei primi amici furono una tarta- più bestiole possibili: le ospitavo,
ruga di terra, che mi seguiva ciban- cercavo di affidarle ad amici e co-
noscenti, altre ne mantenevo in
pensione. Fu allora che iniziai a
prestare volontariato presso un rifugio di cani abbandonati, al Parco
Forlanini.
Il destino però mi capovolse la vita.
Un tardo pomeriggio d’autunno,
lungo una provinciale, incappai
nell’ennesima emergenza: un lupo
tutto nero correva disperato sul
ciglio dello stradone. Mi accostai
per soccorrerlo, in un attimo lui fu
più lesto di me e si infilò in auto.
Accipicchia, portarlo a casa… impensabile: già 4 cani, 1 coniglio, 2
papere, 1 pappagallo, marito e figli
in rivolta. In pensione? Già mantenevo una mamma con 8 cuccioli. Il
rifugio dove prestavo volontariato
nel frattempo era stato smantellato: una nevicata lo aveva distrutto.
Avevo sentito parlare di un certo
canile a Segrate. Ero nelle vicinanze. Con poche speranze suonai a
quel campanello: fu così che con
“Cesare”, grazie ad una mancia generosa, ne varcammo il cancello.
Mi accorsi ben presto però che eravamo incappati in una baraccopoli
malsana, dove gli animali soffrivano privazioni di ogni tipo. L’ingresso agli estranei era mal tollerato. Io
mediavo “privilegi”, portando mance e regalie ai ragazzi che lo gestivano. Risultò evidente che tali persone avessero gravissimi problemi
25
personali e loro stessi necessitavano con estrema urgenza di soccorso. La situazione era drammatica:
un cane fu trovato accoltellato, un
altro impiccato ad un albero. La
morìa di cuccioli e dei più deboli
era continua; i sopravvissuti vivevano rinchiusi in gabbie maleodoranti, spesso assetati in mezzo alle loro
deiezioni. Durante i week-end, quale unico pasto veniva gettato loro
pane raffermo; banchetto al quale
partecipavano anche centinaia di
topi.
L’angoscia non mi dava più tregua.
Trascurando lavoro e privato, mi
buttai a capofitto in un’impresa divenuta per me primaria ragione di
vita. E ancora una volta il destino
fece capolino: qualcuno dall’alto
guardò giù – ne sono certa - e mi
diede uno spintone perché da sola
non ne avrei mai avuto la forza.
La morale è che il 30 aprile 1991
alle ore 8,30 del mattino varcai
il cancello di ferro di quel canile,
scacciai tutti e ne presi possesso.
Quel canile ad oggi è divenuto uno
dei più efficienti ed organizzati rifugi… ma questa è un’altra storia
ancora!».
L’attuale crisi economica sembra
colpire anche i cani nelle famiglie.
Cioè molti proprietari pare che affidino il loro cane ai rifugi per ri26
strettezze economiche. Avete notato questo fenomeno anche nei
vostri canili?
«L’esperienza mi conferma che un
padrone veramente amante del
proprio animale difficilmente se ne
priva, qualunque ostacolo incontri:
quale componente della famiglia a
tutti gli effetti, esso ne condivide
il quotidiano. Un cane o un gatto
divengono altresì conforto prezioso proprio in momenti drammatici
di difficoltà e solitudine. Personalmente, anche se ad oggi si è orientati su diete specifiche, non mi fa
alcuna pena vedere un cane che
rimedia una zuppa con avanzi, accanto ai propri compagni di vita.
Ho visto persone rinunciare per futili motivi al proprio animale acquistato con stupidità per migliaia di
euro, e parimenti ho visto persone
sacrificarsi e dormire in auto accanto al proprio meticcio senza gloria,
pur di non privarsene. Ho assistito
ad abbandoni spietati con scuse
mendaci (“il bimbo è allergico”, “la
casa è piccola e il cane è cresciuto
troppo”) e ho aiutato persone che,
pur di non staccarsi dal proprio amico, rifiutavano un ricovero ospedaliero mettendo a repentaglio la loro
salute.
Detto ciò, stiamo attraversando un
periodo di gravi difficoltà economiche e le emergenze purtroppo
segue a pag. 28
Vieni a trovarci sul sito
www.pet-ology.it/store/
troverai solo il meglio per il tuo pet
27
segnano il passo, quotidianamente.
Ci arrivano appelli continui: quando una famiglia stenta ad arrivare a
fine mese o un anziano a mala pena
riesce a combinare il pranzo con la
cena; se un animale si ammala, spese ulteriori sarebbero intollerabili e
così cibo, supporto veterinario, medicinali, divengono un necessario sostegno per queste persone che non
lascerebbero mai per strada i loro
animali. Vi sono poi purtroppo casi
senza lieto fine: pignoramento della
casa, malattie gravi dei proprietari,
ricoveri in ospizi e tante altre miserie
ancora. A ciò si è aggiunto un nuovo drammatico fenomeno: sempre
più stranieri, stabilitisi in Italia con
il miraggio di una vita di benessere,
avendo perso il lavoro decidono di
far ritorno al loro paese natio. Così
l’animale domestico diviene il primo
impiccio di cui liberarsi. Tristemente
e inevitabilmente, allora, il cancello del rifugio si apre, ma per queste
sfortunate bestiole non è mai la fine,
bensì l’inizio di un paziente cammino
da ripercorrersi insieme, perché il nostro compito è donare loro dignità e
una speranza per un futuro sereno».
Sono anni che anche voi fate campagne contro l’abbandono, ma la vittoria finale in questa “guerra” sembra
essere ancora lontana. Cosa si può
fare di più?
28
«Vi sono momenti in cui è vero, prende lo scoramento, sembra di correre in tondo e di tornare al punto di
partenza. Ma non è così, viviamo un
periodo temporale in continua evoluzione. Tante battaglie sono in atto,
magari lontane dall’essere vinte, ma
tante altre le abbiamo affrontate con
successo. Guardo la mia Beagle Giulietta (nella foto, ndr), che dorme sul
divano e penso a quell’orribile fabbrica di morte da cui proviene, Green
Hill’s, il canile dell’orrore oggi del tutto smantellato.
L’Italia ha il merito di avere approvato, già nel lontano anno 1991, una
moderna e ottima legge. La legge
281 recita che cani e gatti randagi
non possono venire soppressi; i Comuni hanno il compito di risanare i
canili, costruirne di nuovi, insieme ai
servizi pubblici veterinari, incentivare campagne di informazione, censimento, controllo, prevenzione delle
nascite effettuando piani di sterilizzazioni, al fine di debellare il fenomeno
del randagismo. Purtroppo in Italia,
quando una legge non viene ottemperata, anziché imporne l’osservanza
denunziandone gli inadempienti, la si
mette da parte.
Poco o nulla per anni è stato fatto.
Pareva un problema secondario e i
poveri volontari venivano scherniti
e anche osteggiati quando si sostituivano alle istituzioni vergognosamen-
te latitanti.
I Comuni hanno pensato bene di
svicolare da questo loro dovere, affidando la custodia dei cani randagi
a privati senza scrupoli, che ne hanno fatto tesoro per arricchirsi con
denari pubblici. Se è
vero che la vita di un
cane randagio arriva
a malapena a 10 anni
e sono passati più di
vent’anni, come mai
invece in certi territori i randagi si sono
moltiplicati? Come
mai è tanto difficile
per le associazioni entrare in quei canili lager, dove “controllori
e controllati” vanno a
nozze, dove avvengono sbranamenti
feroci, dove le femmine partoriscono
di continuo? I cuccioli fanno numero
e tutti insieme divengono migliaia e
sono fonte di lucro, ecco spiegato il
business del randagismo.
Le amministrazioni da sempre lamentano di non possedere i mezzi per
costruire canili e sterilizzare, ma in
tanti anni quanto ci è costato l’inutile
mantenimento giornaliero di migliaia
e migliaia di povere creature, spesso
pagate per vive e già morte? Da qui
parte la primaria battaglia culturale,
dall’impegno che ogni cittadino deve
sentire, che non impone la scelta ipo-
crita tra un cane e un bambino, poiché il rispetto è sacro per ogni essere
vivente e dove non c’è coscienza civile non c’è civiltà.
Concludo con considerazioni ottimistiche: la sensibilità dei cittadini nei
riguardi non solo di
cani e gatti, ma di altri
poveri animali ancor
più violati e martirizzati, si è accresciuta
di molto. In un mondo che comunica oramai in contemporanea, non è più credibile non sapere, non
vedere, non prendere posizione. Quotidianamente siamo
stimolati a prendere
coscienza; Tv e giornali ci martellano con servizi forti e inequivocabili;
scrittori, uomini di cultura, scienza,
politica, spettacolo hanno fatto sul
tema dei diritti degli animali una battaglia appassionata, affiancandosi
alle associazioni di volontariato.
E poi ci sono loro, i nostri bimbi, i
nostri ragazzi. È ora di trattarli senza
ipocrisie inutili: è venuto il momento
di dire loro la verità senza falsi pietismi. A casa, a scuola, ogni momento
diviene occasione preziosa per farli
interagire, plasmando il loro animo a
giusti valori, perché loro sono i futuri
legittimi destinatari del mondo».
29