TUNISIA: OASI E DESERTO (Febbraio 2005)

Transcript

TUNISIA: OASI E DESERTO (Febbraio 2005)
TUNISIA: OASI E DESERTO (Febbraio 2005)
La scorsa estate, durante le ferie, abbiamo conosciuto due simpatici motociclisti, Walter e
Fulvio, che si stavano recando con le loro moto il primo in Cina, ed il secondo in Turchia
(come noi). Con i loro racconti di viaggio ci hanno fatto nascere la curiosità di tentare un
avventura nel deserto per scoprire, come dicevano loro, “la magia delle sabbie”.
“Non occorre molto tempo, una settimana vi basta per fare una prima esperienza.…” ci
dicevano “….certo, andando da soli non potrete inoltrarvi nel deserto, sarebbe da
incoscienti e troppo pericoloso, ma di certo potrete affrontarne alcuni tratti e conoscere
nuove emozioni di viaggio…è sufficiente andare in Tunisia, che non è poi così lontana”.
L’Africa, il deserto, le sabbie… non si può certo rimanere indifferenti a luoghi che nel mio
immaginario ho sempre ritenuto essere troppo lontani e fantastici per essere reali, e che
fin da bambino hanno stimolato i miei sogni … ma Walter e Fulvio sostenevano che quei
posti non erano così irraggiungibili, anzi, tutto sommato, ci si poteva arrivare abbastanza
facilmente.
Siccome i nostri interlocutori ci parevano essere tutt’altro che degli sprovveduti, appena
rientrati dalle ferie (nell’estate del 2004) ci siamo subito mossi per raccogliere maggiori
informazioni sia su come raggiungere il deserto che per capire quali impegni in termini sia
economici che di tempo sarebbero serviti.
1
Non nascondo la gioia di quando abbiamo scoperto che in sole 24 ore un traghetto ci
avrebbe trasportato in Africa, era sufficiente raggiungere Genova in moto per imbarcarsi.
Saremmo sbarcati a Tunisi, da lì con soli 500 chilometri di strada si arrivava direttamente
al Sahara.
Abbiamo organizzato il tutto, chiesto le ferie, prenotato un traghetto (ci sono più
compagnie che effettuano la tratta Genova-Tunisi con partenze in giorni differenti, pertanto
è possibile scegliere quella che meglio soddisfa le proprie esigenze), preparato la moto x il
viaggio (con l’immancabile appoggio del mio babbo) e grazie all’aiuto di Katja e Fabio ci
siamo attrezzati con il giusto abbigliamento invernale.
Partenza!
16 Febbraio 2005, il traghetto parte da Genova il pomeriggio alle 18.00. Per fortuna oggi
non piove, anzi c’è pure un bel sole, ma il freddo è tremendo!
Durante la traversata trascorriamo il nostro tempo con un simpatico pensionato
piemontese che sta andando in Tunisia con la sua fiat Tipo per fare un giro turistico e
rivedere le persone che aveva conosciuto l’anno prima.
Sbarchiamo a Tunisi la sera dopo che è quasi buio.
Uscire dalla dogana è una mezza avventura, soprattutto a causa dei doganieri che,
corrotti, ti chiedono denaro per evitarti di avere noie e perdite di tempo.
Capiamo subito che deve essere un’abitudine diffusa, così ci limitiamo a tirare un po’ sul
prezzo (anche qui si contratta) poiché il tempo fuori non è dei migliori e vogliamo trovare
un albergo prima che venga buio, riusciamo a cavarcela con 20 Euro (il capo dogana ne
aveva chiesti 50….. fa una gran rabbia che vogliano soldi per fare il proprio dovere, ma
non possiamo nemmeno denunciare la cosa visto che è proprio il capo delle guardie che
gestisce i traffici).
Prendiamo qualche goccia di pioggia nel tratto di autostrada (l’unica di tutta la Tunisia) che
collega Tunisi ad Hammamet, dove ci fermiamo per la notte.
Tatauine e gli ksour
La mattina partiamo alla volta ti Tatauine, città famosa perché punto di partenza per la
visita agli ksour (granai fortificati). Arriviamo nel pomeriggio e troviamo subito un albergo
per la notte, siamo nella città più a Sud del nostro viaggio.
Gli Ksour (singolare ksar) sono dei granai fortificati costituiti da tante stanze (ghorfa)
coperte con una volta.
2
Le “ghorfa” si sovrappongono l’una all’altra sino a realizzare delle cortine edificate alte
anche 4 piani (4 ghorfa sovrapposte). Queste cortine si chiudono attorno ad una piazza
centrale.
Le aperture di accesso alle celle sono tutte rivolte verso la corte centrale, mostrando in
questo modo all’esterno solo una muratura piena….insomma si tratta di una sorta di
fortino.
Improbabili scalette in muratura consentono l’accesso alle ghorfa più alte. Abbiamo notato
dei rami che fuoriesconoo dal tetto dei piani più alti: secondo noi servivano come aggancio
per gli argani usati per sollevare il grano che veniva poi depositato all’interno di grandi otri
murate nei pavimenti delle ghorfa.
Non sono riuscito a capire da dove provenisse il grano, per tutto il viaggio non abbiamo
mai incontrato coltivazioni del genere, per carità… tantissimi palmeti, frutteti ed orti… ma
del grano nemmeno la traccia …. forse per questo era un bene tanto prezioso.
Ogni città e paese ha il proprio ksar. Sicuramente vale la pena visitare quelli più turistici
(ampiamente indicati in qualsiasi guida) che in effetti sono i più fotografati proprio perché i
più belli.
E’ però molto interessante
fare anche due passi negli
ksour “non turistici”. E’
molto particolare infatti
vedere come parte di
queste strutture vengano
oggigiorno
ancora
utilizzate
nella
vita
quotidiana, certo non più
come granai, ma come
depositi, piccoli laboratori,
parti di abitazioni.
3
Consiglio di andare a vedere Ezzara, dove la corte di uno degli ksar presenti è diventata
una delle piazze principali dell’abitato, è un ambiente davvero particolare e suggestivo
(seppure non citato dalle guide turistiche che avevamo con noi). Visitandolo abbiamo
scoperto che poco tempo prima era stato utilizzato per realizzare un servizio fotografico
per alcune ragazze che avrebbero partecipato a miss mondo 2005.
La sera e si torna in albergo a Tatauine: domani si parte per Ksar Ghilane !
Ksar Ghilane
Si tratta di un oasi (con il suo immancabile ksar) posta all’interno dell’Erg Orientale, cioè
tra le sabbie del Sahara… seppure solo al suo inizio.
Siamo esaltati, per noi è la prima volta che si va nel deserto!
Sappiamo benissimo che si tratta di una meta estremamente turistica ed ormai facilmente
raggiungibile con qualsiasi mezzo (magari con un po’ di pazienza). Ci si può arrivare
percorrendo la pista che costeggia il gasdotto che attraversa la Tunisia da Sud a Nord,
partendo dalla strada che collega Matmata con Douz.
Noi invece abbiamo intenzione di raggiungere Ksar Ghilane utilizzando la pista che parte
subito dopo Chenini (vicino a Tatauine) per poi arrivare a Matmata per sera usando il
percorso che ho sopra descritto (in totale sono circa 230 km).
Per arrivare alla meta, dove tra l’altro c’è anche un laghetto alimentato da una fonte
termale, la nostra mappa indica un percorso di circa 120 km (partendo da Tatauine) dei
quali 100 di pista.
Prima di partire ci siamo informati bene sui rifornimenti, non si trova benzina per tutto il
tratto…e siccome la nostra motina ha un autonomia di circa 220 km, dobbiamo portarci
della benzina extra che sistemiamo in una tanica.
Si parte!!
I primi chilometri di pista sono devastanti! Il fondo della pista è duro e non è sabbioso ma
pare fatto da una serie infinita di dune in miniatura alte 2 o 3 cm che provocano un
fastidiosissimo effetto frullatore…
Ad un cero punto ricordo che qualcuno mi aveva detto che occorreva trovare la “velocità
giusta” per permettere al mezzo di “planare” sulle dunette evitando le fastidiose vibrazioni.
4
Dicevano anche che questa velocità può variare da mezzo a mezzo a seconda del peso,
del diametro delle gomme e della dimensione delle dunette. Questi fattori danno origine
infatti alla frequenza di vibrazioni…che alla lunga ti spaccano la schiena.
Faccio un po’ di prove.…trovata !!
Non mi avevano raccontato una frottola!
Ora va molto meglio.
Dopo una trentina di chilometri spariscono le colline brulle e tutto intorno è sabbia!
Eccoci nel deserto!! Che emozione, la pista mantiene il suo fondo solido (e ondulato).
Più avanti superiamo una sorta di bar realizzato in una baracca improvvisata e gestito da
un’intraprendente tunisino che cerca in tutti i modi di farci fermare per consumare
qualcosa. Noi tiriamo dritto.
Mi rendo conto di essere su una sorta di “strada maestra” del deserto, ed immagino che
nei periodi di maggiore turismo sia solcata dai fuoristrada che portano i turisti a visitare
l’oasi di Ksar Ghilane. Bene, visto che siamo soli, almeno sappiamo che se dovesse
succedere qualcosa c’è un punto di riferimento.
Abbiamo percorso circa 70 km. di pista quando
iniziamo ad avere alcuni problemucci. Il vento
che perdura da alcuni giorni ha spostato le dune
coprendo tratti della pista, così sono costretto a
superare quei tratti da solo, mentre Jana segue a
piedi.
Per fortuna ogni tratto è lungo solo poche decine
di metri.
Percorriamo in maniera più rallentata altri 10 chilometri circa dove, dopo una lunga salita
la pista sparisce completamente nella sabbia. Proviamo lo stesso a passare (sempre io in
moto e Jana a piedi) ma questa volta è impossibile superare la sabbia che è molto
5
morbida e profonda (la pista deve essere parecchio sotto rispetto la duna spostata dal
vento).
Facciamo un tratto…ma la moto è troppo carica e mi insabbio! Ci vuole parecchio tempo
per uscire dall’impiccio e tornare con le ruote su qualcosa di duro.
Valutiamo la situazione… abbiamo già percorso circa 80 km. di pista e tra poco dovrebbe
iniziare l’ultimo tratto che sulla nostra mappa viene indicata come “non sempre
percorribile….”
Accidenti! Capiamo che non è proprio il caso di tentare di proseguire, anche perché se
prima ogni tanto sulla pista riconoscevi il segno di un passaggio recente di pneumatici,
nell’ultimo tratto di questi segni non c’è traccia.
Non conviene fare gli eroi, così giriamo la moto e torniamo verso Tatauine.
Da quando avevamo superato il tratto montagnoso e la pista era entrata nel deserto
abbiamo visto come questa si diramava in piu’ tratti che credo fossero alternativi al
tracciato principale. Noi abbiamo sempre seguito la pista che ci pareva essere la
principale in quanto la più battuta.
Fatto sta che al ritorno ci incasiniamo un po’ con questi percorsi alternativi e ci perdiamo
con dispendio di tempo ed energie (caduta ed insabbiature varie). E’ proprio vero che
l’inesperienza si paga!
Arriviamo a Matmata nel pomeriggio percorrendo strade tradizionali, Ksar Ghilane rimane
nelle nostre menti con una tacita promessa: “tanto ci torniamo…la prossima volta si
viaggia leggeri”.
Per consolarci (soprattutto io) passeremo la notte in una delle case troglodite di Matmata,
hotel Sidi Driss, dove hanno girato Guerre Stellari.
6
Matmata
Devo ammettere che dormire nella casa del giovane Luke Skywalker mi ha risollevato il
morale.
Siamo gli unici 2 ospiti dell’albergo
ricavato nella casa troglodita, le
camere (che sono scavate sotto
terra e si raggiungono attraverso
un
tunnel
gradinato)
sono
estremamente suggestive e, pur
non avendo riscaldamento non
sono nemmeno troppo fredde.
L’albergatore
ci
spiega
che
essendo la casa scavata nel
sottosuolo, le camere mantengono
una temperatura interna pressoché
costante, o quanto meno rispetto
l’esterno risultano calde d’inverno e
fresche d’estate.
In effetti in camera c’erano circa
16-17 gradi, che rispetto i 5-6
dell’esterno
sono
parecchi…
dormiamo molto bene e senza
soffrire troppo il freddo. Per
maggiore sicurezza l’albergatore ci
mette a disposizione parecchie
coperte e, comunque, noi abbiamo
i nostri sacchi a pelo.
7
La cena (che viene portata dalle cucine del
vicino albergo) ci viene servita alle 18 circa…
alle 20 siamo già a letto…. Poco male, la
giornata è stata dura e siamo devastati!
Prima di dormire il guardiano mi chiede di
portare la moto nel cortile della casa
troglodita passando x le scale … rimaniamo
un po’ basiti … nei nostri giri c’eravamo
abituati al fatto che spesso gli albergatori
volessero che tu mettessi la moto nella hall
dell’albergo, ma pensavo che la casa
troglodita fosse considerata un bene storico.
Comunque obbedisco!
Al risveglio, dopo una buona colazione, facciamo un giro per Matmata e ci rendiamo conto
che risulta essere una visita molto breve, in quanto la parte interessante del paese (cioè la
zona con le case troglodite) è molto piccola.
Così si parte per Douz, ad un certo punto del tragitto passiamo di fianco all’oleodotto che
segna la pista x Ksar Ghilane (da dove saremmo dovuti sbucare secondo i nostri
programmi). La percorriamo per un breve tratto, così, per curiosità.
8
Più che una pista è un’autostrada in terra battuta. Se avessimo avuto sufficiente benzina
saremmo andati fino in fondo, ma purtroppo così non è, e non ci sono distributori fino
Douz, perciò dopo una breve deviazione riprendiamo la strada per la città.
C’è molto vento oggi e deposita la sabbia sull’asfalto facendole fare curiosi disegni che
ricordano quelli che fa la neve quando è molto farinosa ed è trasportata dal vento.
Douz
La città è abbastanza grande e si divide in due aree ben distinte: la zona turistica, ricca di
alberghi lussuosi che si trova proprio di fronte al deserto, e la città vera e propria.
Troviamo molto caratteristica la piazza del mercato nella città vecchia: un’enorme spazio
quadrato e porticato con grandi portali di accesso al centro dei quattro lati.
La nostra guida descrive Douz come una sorta di “parco giochi del deserto”, in effetti ci
rendiamo conto che proprio perché a ridosso delle dune la città si è organizzata per
accogliere i numerosi turisti ed offrire loro la possibilità di praticare varie attività sulla
sabbia: trekking a piedi ed in cammello (numerosissimi i cammelli che attendono i pullman
di turisti per una passeggiata nel deserto), mountain bike, tandem, escursioni in Quad,
jeep o motocicletta.
C’è addirittura una pista su sabbia per Quad ed hovercraft ed anche un “cammellodromo”
(questo vale la pena vederlo, non è bello ma è molto curioso… soprattutto se trovate
qualcuno che vi spiega come avvengono le gare).
Approfittiamo della moto scarica per fare un breve giro tra le dune.
Effettivamente l’attrattiva principale di Douz non è la città ma è proprio il deserto. Visitata
la città facciamo un giro nei dintorni ed arriviamo a Zafrane, ma c’è troppo vento e
comincia a fare freddo, così torniamo in albergo…bellissime le dune a perdita d’occhio.
Lasciamo Douz di buon’ora (abbiamo pernottato in un alberghetto che consiglio
vivamente: l’Hotel 20 Mars, vicinissimo al centro città, pulito ed economico) ed andiamo a
Tozeur, ma prima facciamo un paio d’ore di sosta a Kebili perchè oggi è giorno di mercato!
Ragazzi, il mercato locale è bellissimo! Forse a causa della stagione siamo gli unici 2
turisti ed un po’ per questo ed un po’ per l’abbigliamento da moto, siamo guardati con
curiosità che si lasciano anche scappare qualche sorriso.
9
C’è tantissima gente e si vende davvero di tutto, ci sono generi alimentari, botteghe
artigiane (i falegnami lavorano sulla strada i loro prodotti), abiti, venditori di animali
(soprattutto capre, cavalli ed asini), venditori di cose vecchie (anche vestiti e scarpe
usate), elettrodomestici…. Insomma un vero e proprio bazar a cielo aperto.
Riprendiamo il nostro viaggio alla volta di Tozeur, leggendo la guida capiamo che per
arrivarci si farà una delle strade più particolari della Tunisia: quella che attraversa il “Chott
el Gerid”.
Si tratta di un immenso lago salato che si estende sui due lati della strada, ogni tanto si
trovano dei possibili accessi al fondo del lago che consentono di fare qualche tratto di
“fuori pista”.
Non ci sono benzinai ma tanti spazi di sosta con ristori e negozi per turisti.
Il panorama è mozzafiato… tutto intorno l’orizzonte è piatto, il fondo del lago è bianco per
via del sale e a causa delle rifrazioni che si creano è possibile vedere i miraggi.
Facciamo non poche soste per le foto e nonostante il pieno carico tentiamo qualche tratto
in fuori strada. Il fondo è piatto, sabbioso e ricoperto da una sottile crosta di sale che si
rompe sotto il nostro peso.
Subito sotto la crosta di sale (forse perché è ancora inverno ed il sole non è ancora
eccessivamente caldo) la sabbia è inzuppata d’acqua e per questo è estremamente
morbida.
Così si rischia di rimanere impantanati….meglio stare sulla strada!
Tozeur
Tozeur è bellissima, approfittiamo del pomeriggio per visitare la medina (città vecchia)
caratteristica per le decorazioni berbere delle case.
I muri sfruttano l’alternanza dei mattoni a vista per creare disegni geometrici a bassorilievo
(simili a quelli che si vedono nei tappeti).
10
Una guida locale (questa volta in carne ed ossa, non il solito libro che usiamo) si presenta
come presidente delle guide della medina di Tozeur e ci attacca un bottone tremendo!
Alla fine ha la meglio su di noi (oggi proprio non siamo in vena di contrattazioni) e ci
accompagna per tutto il giro. Per fortuna almeno è simpatico.
Ad un certo punto arriviamo di fronte ad un muro decorato che ci spiega essere un luogo
particolare perché qui si può compiere un caratteristico rito porta fortuna, tipico di questa
città.
Occorre esprimere un desiderio e lanciare un sassolino sul muro che ci sta di fronte, se la
pietruzza si ferma tra le decorazioni a mattoni il desiderio sarà avverato.
Alcuni turisti tedeschi stanno tentando…noi li osserviamo mentre chiacchieriamo con il
nostro accompagnatore.
Mi viene da raccontargli che anche nella mia città c’è un luogo dove le persone vanno per
esprimere desideri e cercare fortuna, lui mi interrompe spiegandomi l’origine religiosa
dell’usanza che stavamo osservando.
Dopo questo suo inciso, per non creare fraintendimenti, scivolo su un altro discorso….
Come faccio a dirgli che a Milano “si schiacciano le balle del toro”?
Usciti dalla medina facciamo un giro a piedi per la città e per l’enorme palmeto.
Verso Ovest, nella zona turistica, c’è il punto panoramico di Tozeur: una formazione
rocciosa alta una quindicina di metri (tantissimo considerando che attorno tutto è piatto)
che hanno racchiuso all’interno di una vasta area che sta diventando parco cittadino (in
costruzione al momento della nostra visita).
Anche se non è nulla di speciale vale la pena dedicarci una mezz’ora, quanto meno per
vedere i tremendi faccioni in finta roccia del presidente tunisino che vogliono rifarsi ai
famosi ritratti dei presidenti americani scolpiti nella montagna.
11
Le oasi di montagna
Partiamo di buon ora, come al solito, ma
questa volta con la moto scarica per andare a
visitare le oasi di montagna.
Per arrivarci si attraversa un altro lago salato il
“Chott el Gharsa”. Il fondo è più asciutto e la
moto non ha i bagagli, così entriamo per fare
un bel tratto in fuori strada nel chott e vedere
l’effetto che fa. Bellissimo, se vi capita ve lo
consiglio.
Come arriviamo alle oasi di montagna ci
rendiamo conto che sono davvero fantastiche.
Non sto a raccontare come sono fatte e come
mai oggi sono disabitate. Questo lo potete
leggere su qualsiasi guida turistica. Gli
ambienti però sono davvero mozzafiato,
sarebbe un peccato non visitarle, soprattutto
Chebica - per via della fonte calda che
alimenta il suo palmeto - e Mides (a 1 km.
dall’Algeria) per l’enorme canyon su cui sorge.
Torniamo a Tozeur che è tardo pomeriggio, ma prima di andare in albergo (memore della
canzone di Battiato) voglio vedere la ferrovia e i suoi treni.
Ormai manca solo un giorno alla partenza del traghetto, così ci prepariamo al rientro.
Abbiamo deciso di viaggiare di notte per raggiungere Kairouan, per poterla visitare con
calma l’indomani prima di tornare a Tunisi per l’imbarco.
Casualmente prima di uscire dalla città incontriamo di nuovo il pensionato piemontese che
avevamo conosciuto in nave, un incontro piacevole e inaspettato.
Kairouan
E’ la “città santa e dei tappeti”. Qui si trova la mosche
più grande, non solo della Tunisia ma di tutta
l’Africa…veramente spettacolare. La città è anche
famosa per la sua produzione di tappeti.
Giriamo a piedi per tutta la giornata ed è sufficiente
per vedere tutto quanto, lasciando anche un po’ di
tempo per lo shopping.
La città è davvero bella ed è meno turistica di quanto
me la aspettassi. Nel tardo pomeriggio partiamo per
Tunisi, abbiamo il traghetto alle 22.
12
Rientro
L’unica cosa curiosa del rientro in italia è stato trovare la neve (parecchia a dire il vero) sul
bordo delle strade e nei campi circostanti.
A dire il vero c’è stato un altro intermezzo da raccontare.
In nave abbiamo conosciuto Silvano, un ragazzo che occupa parte del proprio tempo per
accompagnare gruppi di appassionati del fuoristrada in raid nel deserto. Ci ha raccontato
di diversi viaggi fatti, mettendoci in testa un piccolo tarlo, proprio come avevano fatto
Walter e Fulvio all’inizio del nostro racconto.
Parlando con Jana delle nostre prossime vacanze in moto ci rendiamo sempre più conto
che quel piccolo tarlo ha già iniziato a lavorare, influenzando le nostre fantasie, ed il nome
paese più ricorrente tra le varie ipotesi per la prossima vacanza e quello della Libia.
Staremo a vedere.
Perodo: Febbraio 2005
Moto: Kawasaki KLR 650
Equipaggio: Carlo e Jana
e-mail: [email protected]
13