Wu Li N. 8 Ottobre 2015 - Centro Ricerche Tai Chi
Transcript
Wu Li N. 8 Ottobre 2015 - Centro Ricerche Tai Chi
1 articoli rubriche buone notizie autunno: la stagione dei soff i 10 principi del tai chi chuan la maschera di Larmo (...si dice) go with the fow editoriale la pratica eventi la posta del CRT 2 dagli scritti di Franco Mescola di Marzia Bianchi di Giulio Bellavere dalle storie di Franco Mescola di Roberta Clara Fontana pag 4 pag 7 pag 11 pag 15 pag 17 pag 3 pag 19 pag 22 pag 23 editoriale MARZIA BIANCHI Cari amici lettori del Wu-Li. Come sempre l’arrivo dell’autunno, con i suoi cambiamenti, accompagna noi praticanti, istruttori e allievi ad nuovo appuntamento: l’inizio dell’anno scolastico 2015-2016. Passato il periodo della rifessione con la tarda estate, l’autunno ci porta a fare i conti con ciò che abbiamo prodotto, come l’abbiamo prodotto e ci invita a trasformare nel nostro Dojo della vita le esperienze emotive vissute con la nostra pratica. Gli organi associati a questa stagione, il polmone e l’intestino crasso, ci aiutano ad elaborare l’ottavo principio: unire la parte interna con quella esterna. Per fare questo abbiamo bisogno di dedicare molto tempo all’ascolto e alla meditazione. Per questo motivo nei programmi sia individuali che di scuola sono state inserite molte più ore di pratica di Chi Kung. Con la meditazione possiamo stare nel momento presente, nel qui ed ora, scompare il tempo ed è possibile assaporare l’istante che contiene già tutta la nostra vita. Per questo proviamo in certi momenti quello stato di benessere indescrivibile. Resta il fatto che questa intuizione diventa concreta se poi ci lavoriamo singolarmente, ognuno nel nostro piccolo Dojo. Tutto è in continua trasformazione, così come il Tai Chi Tu, anche il Tai Chi della nostra scuola. Il Centro Ricerche Tai Chi, come ci è stato indicato dal Maestro Mescola, il suo fondatore, non è una scuola di lignaggio, ma di continua ricerca. 3 La ricerca è infatti il frutto di un grande e faticoso lavoro, il Chi Kung, che riconosce i principi fondamentali e cardini della nostra disciplina, che elabora costantemente e modella sulle persone e sulle necessità i movimenti che ne prendono forma. Per questo uno stesso gesto all’occhio di un principiante può apparire differente: a volte si tratta di una sottile interpretazione, ma l’importante è che ne resti salva l’essenza. Lo sforzo del corpo insegnanti del Crt è quello di lavorare costantemente per uniformare il più possibile, ma nel contempo riconoscere la validità del lavoro di ciascuno. Questo compito è molto diffcile, poiché diffcile è spiegare che il più delle volte sono molteplici le risposte corrette in base all’interpretazione e al livello di pratica. Un’altra questione è legata alla bellezza e alla fascinazione del gesto. E’ molto diffcile non lasciarsi incantare da ciò che si vede e andare più a fondo in ciò che è, perché è meno appariscente, è sottile, senza trucchi, ma arriva dentro senza una spiegazione; come quando osserviamo lo splendore di un cielo stellato o una grande opera d’arte in cui l’artista è riuscito a trasmettere quella bellezza che a parole è indescrivibile. Il Tao di cui si può parlare non è l’eterno Tao, ma questa è un’altra storia... morte e vita FRANCO MESCOLA Un giorno, un uomo, si rivolse a Donna Velata. Donna Velata era una sciamana divinatrice. Quell’uomo voleva sapere se sarebbe riuscito a portare a termine un importante compito che gli era stato affdato. Donna Velata si rifutò di rispondere: se avesse rivelato la conclusione della storia, sarebbero venute a mancare quelle paure, quei dubbi e quelle tensioni indispensabili per alimentare qualunque ricerca. La certezza della riuscita come quella del fallimento avrebbero abbassato il grado d’attenzione necessario per portare a termine il compito. Dubbi, perplessità, prove da superare trasformano la vita in una continua avventura rendendola fonte di meraviglia e d’interesse. Piccole o grandi battaglie, perse o vinte che siano, generano vissuti. I vissuti si traducono in esperienze. Le esperienze in conoscenza. Conoscenza di che? Conoscere cosa? Conoscere e comprendere il signifcato della vita. Qual è il signifcato della vita? Conoscere e comprendere. Se chiedessimo come fnirà la nostra avventura, se chiedessimo a Donna Velata se riusciremo a capire il vero signifcato della nostra vita, cosa ci risponderebbe? Niente. La sciamanna divinatrice non risponderebbe. Se lo facesse la vita perderebbe molto del suo senso. Chi mai, a quel punto, si ergerebbe per accettare, affrontandola, la madre di tutte le paure? E’ questo il grande problema: affrontare la nemica che vive tra noi. Tra noi esseri umani. Prima di qualsiasi gioia e di qualunque desiderio nasce il problema di confrontarsi con questa nemica. Sfortunatamente, da quando l’uomo esiste, lei ha sempre vinto. Qualunque siano stati gli avvenimenti, qualunque cosa l’uomo abbia voluto creare, con le sue più alte intenzioni, spinto dalle più nobili pulsioni egli, l’uomo, ha dovuto sempre cedere parte del suo territorio, parte delle sue realizzazioni, parte del suo successo a questa nemica: la paura. Quanti esseri umani hanno attraversato questa manciata d’istanti che è la vita abbarbicati ad essa senza volersene staccare? E quanti hanno abbandonato la loro piccola esistenza disperatamente abbracciati solo alla loro paura? Quanti esseri umani sono ritornati ancora e 4 ancora perché sospinti dalla sua forza? Guardatela bene perché se vi dicesse “Avanti!” voi avanzereste. Ma se vi abbandonasse voi comincereste a piangere. La sua vittoria è immensa perché lei, la paura, resta e resterà sempre quella che vorremmo vincere e che invece ci ha vinto. La sua vittoria é tale che, se ci lasciasse, ci mancherebbe. Ecco perché il nostro primo problema è quello di trattare con lei. E’ il meno intelligente, il più potente, il più spaventoso e allo stesso tempo il più nascosto dei nemici. Vicino e inaccessibile. Vicino perché non fa percepire la sua presenza. Inaccessibile perché, quando cerchiamo di afferrarla per sbarazzarcene, non si trova. Che fare di questo orribile peso che in quanto esseri umani dobbiamo trascinarci? Alla fne non si tratta veramente di “trattare”. Trattare non è possibile. Lei non da segno di sé. Tanto stupida che non sarebbe nemmeno capace di comprendere le ragioni per le quali smettere di dominarci! Nemica bestiale, poiché priva d’intelligenza va gestita in maniera diversa. Le azioni che ci permetteranno di vivere senza la paura sono, alla fne, molto semplici. Un nemico non percepibile va combattuto con un’arma non percepibile. Basta comprendere che l’io, il nostro piccolo io, che è ciò che ci fa ritenere separati dagli altri, è la fonte di tutte le nostre paure. L’io è la causa di tutte quelle agitazioni che ci portano lontano dal nostro centro ed è la causa di tutte le sofferenze. Non è il dolore il vero problema. Il problema è la paura del dolore. Ecco la vera sofferenza! Se abbiamo veramente capito dove essa si annida, impariamo a guardarla con fermezza. Questo è un atto semplice, non serve nessuna violenza. Lei, la paura è violenta, lo è sempre. In maniera occulta o evidente essa è sempre violenta. Lei violenta tutto. Non dovremmo rispondere alla violenza con la violenza. Dovremmo agire in maniera immateriale, invisibile, non tangibile. Opporre alla paura la tranquillità. Non so se riusciremo a debellarla in questa nostra vita, ma l’importante è aver capito questo: quando la paura viene non si fugge. Lei vuole la nostra fuga. La fuga è il frutto della sua azione. L’ego che mira al possesso è una fuga. L’ego che cerchiamo di nascondere è una fuga. La violenza è una fuga. Separarsi dagli altri o dal mondo è una fuga. Queste e altre ancora sono tutte vittorie messe a segno sistematicamente dalla paura. Ecco perché contro questo nemico ottuso ma sistematico bisogna agire in maniera semplice ed effcace. Il segreto? Ergersi in piedi! Buone notizie La paura vuole metterci in fuga? Dovremmo allora restare ritti e guardarla negli occhi! Scopriremmo allora che la paura, pur imprendibile, non può prenderci. Ella ci fa credere da migliaia e migliaia d’anni che può ghermirci, ma la paura non ghermisce niente, lei non ha braccia, non può tenere ne trattenere: non ha nessuna sostanza. Dobbiamo ergerci, restare fermamente eretti interiormente, per sentire che la paura è priva di consistenza. Eretti, lo spirito vitale teso verso il cielo, fortemente radicati alla terra, stabili e fermi: ecco ciò che permetterà l’azione. Non saremo noi, forse, ma le nuove leve, i nuovi jedy, i nuovi candidati al territorio armonico a condurre l’azione. Noi dovremmo forse limitarci a comunicare questa certezza. Comunicare che il presente è nell’istante e che la permanenza nell’istante può essere costante. Possiamo indicare come svegliare il guerriero che è in noi per tenerci eretti, stabili e radicati, senza titubanze, nella costante permanenza dell’istante. Nell’unità totale la costanza è ciò che non fa cambiare. Il cuore Divino dell’universo vive nell’assoluta permanenza. Tutto ciò che è nella costanza e nel permanente è anche, nel nostro profondo, dentro di noi. Vivere l’istante signifca essere stabili e fermi all’interno, essere centrati, auto referenti, essere l’istante stesso. 5 La distanza La distanza è ciò che ci permette di fuggire. La distanza è l’arma del nemico: non c’è fuga se non c’è distanza. La distanza c’è se non restiamo radicati. È come avere due centri: il punto nel quale siamo e il punto dove intendiamo andare, l’illusione di un luogo-rifugio dove potremmo eventualmente fuggire. Dei punti nello spazio e nel tempo dove potremmo mettere le nostre radici. Non è possibile, il guerriero lo sa, così come tutti noi lo sappiamo. Non c’è che un punto. Non c’è che l’Uno. Tenendoci eretti e radicati saremo noi a vincere il nemico millenario: la paura delle paure, la paura, la grande paura, nostra signora morte. Non sappiamo da dove viene la paura, né dove conduce, ma sappiamo perché esiste. Essa, la grande paura, ci è stata istillata per darci la possibilità di vincerla e, per vincerla, vi è una sola arma. Una sola, ma… infallibile! Ergersi per accettarla. Questa è la via del guerriero: non fuggire, ma neppure attaccare. La non azione consapevole è l’unica forma valida per non subire. La paura va rispettata perché permette allo spirito di sopravvivenza di esistere. Esistenza e non esistenza sono parti inscindibili dello stesso gioco. 6 autunno, la stagione dei soff MARZIA BIANCHI Quando arriva l’autunno tutto cambia, arriva con un soffo e improvvisamente le giornate si accorciano. Cambia la temperatura, soprattutto al mattino e alla sera, con grosse escursioni termiche durante la giornata. L’aurora cambia, non più rosa o arancione, diventa quasi bianca, diafana, così come cambia il colorito della nostra pelle. Se ogni stagione porta con sé un cambiamento, in autunno è più evidente. Questo cambiamento climatico, ma non solo, mette a dura prova il nostro organismo e spesso compaiono le prime malattie da raffreddamento. Vediamo cosa dice la Medicina Tradizionale Cinese al riguardo. Dal “Nei Jing Su Wen” (Canone di Medicina Interna dell'Imperatore, antico trattato di medicina tradizionale cinese): " In tempi antichi coloro i quali comprendevano il Tao (la via della natura) si conformavano allo Yin e allo Yang (le due fondamentali forze della natura) e vivevano in armonia. C'era misura nel bere e nel mangiare, essi si levavano e si coricavano a orari regolari rifuggendo dal disordine e dall'eccesso, grazie a queste norme, gli antichi tenevano i loro corpi uniti alle loro anime, in modo da percorrere tutto quanto il cammino loro concesso, per morire soltanto a cent'anni". La ricerca della medicina tradizionale cinese ha solide radici nella comprensione dell'umanità come parte integrante dell'ambiente naturale, ed è secondo tale ricerca che la salute può essere garantita solo a patto che l'uomo riconosca questo fatto fondamentale e vi si adegui concretamente. Il pensiero medico cinese si basa su tre principi fondamentali: la teoria Yin/Yang, la teoria dei 5 Movimenti e il Sistema di Conduzione Energetico. La pratica del Chi Kung con l’agopuntura, la ftoterapia e la digitopressione sono gli strumenti con i quali si può intervenire per nutrire, drenare, attivare o sedare la nostra energia vitale. Ripercorriamo velocemente le teorie Yin e Yang e dei 5 Movimenti per arrivare all’autunno con il suo elemento: il Metallo. Il movimento della natura è regolato dalle due energie fondamentali Yin e Yang non in maniera rigida e assoluta. Non esiste il momento che divide il giorno dalla notte, come non esiste quello che divide la notte dall'alba. La natura c'insegna la morbidezza, la mancanza di assoluto, tutto è in continua trasformazione, ed il passaggio è graduale, 7 sempre. In questo modo gli antichi divisero il giorno dalla notte e, con il passare dei giorni, il susseguirsi dei mesi e delle stagioni, due delle quali una meno calda dell'altra, che andavano dalla primavera, il piccolo Yang, all'estate il grande Yang. Le altre due stagioni, con un movimento decrescente verso il freddo intenso, che vanno dall'autunno, il piccolo Yin, all'inverno, il grande Yin. L'uomo vive questa relazione posizionato sulla terra, luogo dove avvengono le trasformazioni e che i cinesi chiamarono quinta stagione o tarda estate o anche periodo Dojo (il Dojo per i praticanti di Tai Chi è il luogo dove si pratica, dove avvengono le trasformazioni). I 5 Movimenti sono relazionati come le stagioni, i cinque modi di camminare dell'anno, espressioni della realtà in un preciso ordine spaziale e temporale in continua trasformazione. Ad ogni movimento viene associata una stagione ed un elemento della natura nel massimo del suo fulgore: alla Primavera il Legno, all'Estate il Fuoco, alla tarda Estate la Terra, all'Autunno il Metallo e all'Inverno l'Acqua. Così come ogni stagione è madre di quella seguente così gli elementi sono il prodotto dell'effetto che li precede: il legno bruciando produce il fuoco, dal fuoco traiamo la cenere e quindi la terra, dalla terra estraiamo i metalli, il vapore prodotto dal metallo forgiato va al cielo che tornerà alla terra sotto forma di acqua e qui il ciclo ricomincia. A questo ciclo di generazione (madre-fglio) se ne aggiunge uno di controllo (nonno-nipote), ogni elemento cioè non solo genera ed è generato ma controlla ed è controllato: il Legno trattiene la Terra (le radici degli alberi), il Fuoco forgia il Metallo, la Terra argina l'Acqua, il Metallo taglia il Legno e l'Acqua spegne il Fuoco. La legge di controllo serve per compensare eccessi o defcit. La legge di generazione e controllo venne così estesa a molti altri insiemi come i sapori, gli odori, i climi, le note musicali, i colori e più specifcatamente nell'uomo, alle viscere, agli organi del corpo, agli organi di senso, le età dell’uomo con le sue emozioni. All’autunno corrisponde l’elemento metallo, l’organo polmone, il viscere intestino crasso, il sapore piccante, come energia cosmica il secco, l’organo di senso la pelle, il colore bianco e come emozione la tristezza. Il Nei Jing Su Wen nei suoi consigli stagionali riguardo l’autunno dice: “I Tre mesi dell’Autunno sono chiamati: sovrabbondare ed equilibrare. I soff del Cielo si fanno incalzanti, i soff della Terra mostrano la loro munifcenza. Ci si corica presto, ci si alza presto. Si hanno i movimenti del gallo. Si esercita il volere quietamente e tranquillamente, per mitigare l’effetto repressivo dell’autunno, raccogliendo gli Spiriti e accumulando i soff, assecondando il ricco equilibrio dei soff dell’autunno, senza che il volere si spanda al di fuori, assecondando la purezza propria dei soff del polmone. Ci si conforma ai soff dell’autunno, via per il mantenimento del raccolto della vita. Andare controcorrente porterebbe danno al polmone; causando in inverno, diarree enteriche, per insuffciente apporto alla tesaurizzazione”. Il Polmone in Medicina Tradizionale Cinese è il Maestro del CHI, il Soffo Vitale, ma anche la sede della “vita istintiva”, animata dagli Spiriti PO. Il suo scopo è raccogliere i Soff e propagarli verso la periferia del corpo. Il Metallo caratterizza lo stesso movimento dell’Autunno, un moto che identifca il punto in cui l’espressione energetica dello Yang accentua il suo declino, il crepuscolo, il tramonto, che prosegue verso l’Inverno. Nell’ambito dei Cinque Movimenti, il Metallo esprime il punto da cui l’energia si cristallizza per diventare materia. E’ l’armatura, o lo scudo, che ci difende dagli attacchi esterni, la lama della sciabola o della spada che taglia e separa. Il movimento dell’Autunno è, come si legge sempre nel “Nei Jing Su Wen”, la raccolta dei prodotti e frutti dell’Estate, l’inizio della “tesaurizzazione” che porta lo Yang a rintanarsi, ad andare verso l’interno, l’Ovest. 8 Nella vita dell’uomo corrisponde all’età che va dai 60 agli 80 anni e nelle emozioni questa stagione è legata alla tristezza. Spesso le malattie, gli affanni e i lutti sopraggiungono dopo i 60 anni; invecchiando si tende a guardare la gioventù con tristezza e rimpianto e ci si dimentica di pensare al futuro con nuovi progetti. Se siamo tristi il nostro corpo tende ad irrigidirsi, lo sguardo non si rivolge più all’orizzonte ma si abbassa alla terra, le spalle si incurvano, la gabbia toracica si chiude diminuendo la capacità respiratoria. Di conseguenza cambia la postura, la curva della colonna, la rotazione del bacino con conseguente valgismo alle ginocchia e pronazione dei piedi. L’autunno nella vita dell’uomo è un periodo di transizione molto importante per avere modo di mettere insieme le proprie risorse, per raccogliere le proprie energie e affrontare serenamente la vecchiaia. Se siamo ben organizzati con le vibrazioni dell’autunno potremo riconoscere il nostro valore ed entrare in intimo scambio con tutto ciò che ci circonda. Il polmone, l’intestino crasso e la pelle sono gli organi che mettono in relazione la nostra parte interna, più intima, con il mondo esterno. I polmoni sono il quartier generale dell’apparato respiratorio. Rappresentano tutto quanto si possa riferire all’aria, spirito vitale, lo shen del po per i cinesi. Tutto ciò che si riferisce all’apparato respiratorio è considerato strettamente relazionato alla vita. Senza mangiare possiamo resistere 50/60 giorni, senza bere sei-sette giorni, senza respirare 3-4 min. La capacità d’incamerare ed eliminare aria, quantifcata attraverso l’esame spirometrico, si dice capacità vitale. Ecco quindi che tutto ciò che è relazionato ai polmoni, all’apparato respiratorio, è letto attraverso il signifcato di vita e di morte. Quando il bambino nasce, l’affermazione del suo vivere autonomo è il pianto come atto respiratorio. Nasciamo quindi con un atto espiratorio e quando moriamo esaliamo l’ultimo respiro. Le funzioni dell’intestino crasso sono simili, assorbe le sostanze benefche ed espelle i rifuti del corpo, permette all’organismo di purifcarsi. Quando per situazioni di vario tipo l’intestino trattiene invece di eliminare si hanno molti disturbi, gonfore, stipsi, raffreddore, acne, mal di testa. Respirare quindi è una funzione fondamentale per la vita e per le funzioni organiche di tutto l’organismo, con il respiro si fa entrare dentro di noi, oltre all’aria con le sue componenti chimiche, anche l’energia, le emozioni, e si espellono sostanze di rifuto, inutili o dannose per il nostro corpo, e le emozioni negative. Anche la chiusura emotiva, e quindi la diffcoltà a lasciare andare le emozioni, è connessa con un malfunzionamento dell’intestino. Le patologie più comuni in questo periodo dell’anno sono le malattie da raffreddamento, associate a malattie effettivamente causate da freddo o sindromi sostenute da reazioni allergiche. L’intervento, secondo la Medicina Tradizionale Cinese avrà come obbiettivo di ripristinare le difese che sono state sopraffatte dall’energia nociva e di attivare le vie di drenaggio del corpo per eliminare i muchi accumulati. Una pianta della ftoterapia cinese utile in questo caso è lo Zenzero, piccante, che ha potere riscaldante, il calore che sviluppa aiuta ad eliminare il freddo e l’energia negativa che ha causato lo squilibrio. La pratica del Chi Kung è fondamentale per la salute del Metallo e favorisce la circolazione e diffusione del Chi, il controllo dei liquidi, il trattamento e l'eliminazione delle scorie. Numerosi sono gli esercizi possibili di Chi Kung per la salute del Metallo. In ogni sequenza di esercizi ci sono sempre movimenti relativi al Polmone: nel Pa Tuan Chin (o 8 pezzi di broccato), negli esercizi del Metodo Biospirali, la pratica della Piccola e Grande Circolazione, ma non solo. Anche nella pratica di esercizi cosiddetti Yang come i Ch’in na (o leve), possiamo essere d’aiuto esercitando una forma di massaggio, che può essere praticata anche come auto massaggio in determinati punti sui meridiani. Molto importante è la zona dei punti zhongfu (LU-1) e yunmen (LU2) dai quali il Chi penetra nel corpo, si diffonde e dove si incontra il meridiano della Milza (madre del Polmone). Anche il punto lieque (LU-7) è utile per stimolare il Polmone a produrre il Chi ed alla 9 circolazione dei liquidi. Il meridiano del Grosso Intestino è effcace nel trattamento del calore alla pelle, nella testa, nel viso, negli occhi e nel naso. Molto importante è il punto quchi (LI-11), che si trova sull'epicondilo laterale del gomito, tra le ossa: fa scorrere il Chi dalla testa ai piedi, regola la pressione sanguigna ed è impiegato in tutte le patologie da Calore. Tonifca il canale del Grosso Intestino. Altre associazioni all’elemento Metallo sono il valore, la conduttività, la forza e la precisione. L'ideogramma cinese di solito tradotto come "Metallo" signifca più precisamente "oro" o “due pepite d’oro”. Sin dagli albori della civiltà, il metallo (e l'oro in particolare), è un simbolo di valore e come tale è sempre stato un mezzo di scambio tra individui, popoli e nazioni. A questo signifcato si possono associare entrambi i meridiani del Metallo: i polmoni, il cui compito è assorbire il più puro e prezioso componente del mondo esterno, il Chi dell'universo, e l'intestino crasso, che lavora per espellere dal corpo e dalla mente tutto quello che non ha più alcun valore per il processo vitale della persona. Il colore del Movimento Metallo è il bianco, come bianchi sono i bronchi e gli alveoli polmonari. In contrapposizione abbiamo il marrone. Il bianco è posto in alto, il marrone in basso. Così come il cielo e la terra, il polmone e l’intestino, l’assimilazione e lo scarto. Ci si veste di bianco quando si vuol far notare la propria purezza e pulizia. Nelle varie culture troviamo, ad esempio, in quella cattolica il Papa che veste di bianco, la sposa, i cavalieri. Nella simbologia del linguaggio si parla di "cavaliere senza macchia e senza paura". Il bianco è anche associato alla brina che compare nelle giornate autunnali e ricopre la terra ormai priva di messi ma coperta di foglie che marcendo ridaranno nutrimento per una nuova vita. E’ vero che all’autunno è associata la tristezza ma come ha scritto Hermann Hesse: "Le lacrime sono lo sciogliersi del ghiaccio dell'anima. E a chi piange, tutti gli angeli sono vicini". 10 i 10 principi del tai chi chuan GIULIO BELLAVERE ESTRATTO DELLA TESI DI ISTRUTTORE DI PRIMO LIVELLO I e II principio Quando mi sono accostato alla stesura di questo breve elaborato, fn da subito mi ha colpito l’ordine in cui sono stati messi i principi. Più ci meditavo sopra, al di là del ragionamento consapevole, più si faceva strada in me l’idea di una scala a chiocciola che scendeva: 10 gradini, 10 principi. Una domanda saliva alla coscienza: cosa c’è alla fne della scala? Congetture, aspettative, prodotti della mente pensante. Ragionamenti del tipo “se... allora”, logici, binari, causali. Siamo talmente pregni di questo affanno intellettuale, che la parte consapevole di questo nostro modo di pensare, è solo la punta dell’iceberg. I 3⁄4 sono sotto la superfcie, nelle pieghe del nostro Io, e la sua infuenza è quanto mai subdola. Tuttavia, questo modo di ragionare e di concepire il mondo è quanto mai tranquillizzante, ad esempio tutta la nostra tecnologia è basata su questo, ma soprattutto la nostra società. Uno o zero. Positivo e negativo. Bene e male. Sano e matto. Tesi e antitesi, due polarità, due compartimenti stagni, le due facce della stessa medaglia. La nostra storia ne è pervasa. “E allora cosa ti metti a fare a Tai Chi?” “Come sarebbe? E’ orientale e fa molto fco, e poi mi rilasso, mi sento in contatto con l’universo, ho un punto di vista olistico... poi però, ritorno alla mia vita una volta fnita la 11 lezione... sì ok tutto bello, ma poi come fai ad applicare queste cose nella realtà?” Già come fai? Così ce la raccontiamo, e restiamo nel nostro piccolo mondo. Meditando su questi principi mi sono chiesto: “a che livello di consapevolezza vuoi restare? Quanto vuoi illuderti di essere al sicuro?” Perché spaventano, scardinano la logica. Energie non meglio identifcate, paradossi taoisti, cos’è sta roba? Ah ho capito, il classico giochino orientale che fa fare all’occidentale scemo la fgura del pirla. Ce la raccontiamo. Sì perché siamo sicuri che lo scopo di questi principi sia la loro spiegazione? Siamo sicuri che vadano capiti, defniti, chiusi nel nostro mentale? Forse un sentiero, una chiave di lettura per tentare di comprendere questa eredità, potrebbe essere costituito da queste tre domande: Riesci a vedere e non a guardare cio che ci circonda? E se si, riesci a vedere senza dire il nome di cio che stai vedendo? E in questo modo, a che distanza ti metterai dall’oggetto che stai vedendo? Ho provato a fare questo esercizio flosofco scettico ponendomi queste domande, e queste sono le considerazioni cui sono giunto in questo momento della mia vita. 1. Essere vuoti, avere la mente pronta e l’energia alla sommita del capo (Hsu Ling Tin Chin) Cosa signifca essere vuoti? Se ragioniamo secondo una logica dicotomica, ci verrebbe da dire il contrario di pieni. Quindi il tutto si tradurrebbe in un rilassarsi e abbandonare il carico di pensieri che normalmente ci portiamo appresso. Una cosa “semplicissima”, che tutti siamo in grado di fare. Forse. Sempre seguendo un ragionamento di tipo logico-binario, il primo passo per ottemperare alla richiesta, sembrerebbe essere quello di escludere volontariamente ogni pensiero estraneo, un po’ come se dicessimo a noi stessi “non sto pensando a niente, non sto pensando niente, non sto pensando niente...”. Ma stai pensando. Non solo, stai investendo una quantità enorme di risorse per poter mantenere uno stato che non raggiungerai mai. E allora? Guarda l’acqua che scorre, ci suggerisce il Maestro Franco Mescola in Mille Gradini Cento Sentieri. Non posso oppormi alla mole di pensieri che affollano la mia testa, ma li posso lasciar scorrere. Come nel Tui Shou: accetto, e posso scegliere se restituire al mittente o disperdere. Anche in noi può avvenire questo, se non corriamo dietro ai nostri pensieri, ma li lasciamo lì, sappiamo che sono lì, tranquilli non se vanno mica, (magari!) ma quella che sembrava una folla dentro la nostra scatola cranica, pian piano diventa un chiacchiericcio discreto, fno ad un sussurro. Sento silenzio. Ma non è assenza di qualcosa, al contrario ne è pregno, il vuoto è pieno, è la parte più importante che resta dopo aver rotto il contenitore, come ci ha insegnato il Vasaio Folle. Abbandonato il braccio di ferro con la nostra mente, questa ascolta sia l’esterno che l’interno. Sente che è il momento buono per occuparsi di quell’energia sparpagliata alla rinfusa nel corpo. E per prima cosa la richiama a Sé, ma per far questo bisogna mettere a posto i condotti nella quale scorre. Affnché l’energia raggiunga la sommità del capo, è necessario allungare senza rettifcare la curva cervicale, senza spingere, come se ci fosse il famoso flo di seta che, dalla 12 fontanella, ci tira verso l’alto. Il verbo spingere potrebbe essere frainteso e richiamare ad un lavoro attivo muscolare, mentre il verbo tirare si potrebbe meglio adattare al concetto che si vuole esprimere, cioè la preparazione dei canali al passaggio dell’energia senza che questi vengano strozzati a causa di un’eccessiva contrazione muscolare. Per riassumere, in questo primo principio è racchiusa una sorta di mini-sequenza in tre punti: il vuoto ci collega ad una mente pronta, e quest’ultima richiama l’energia alla sommità del capo. È interessante anche il rapporto tra il vuoto e la mente nella sua funzione guida. Il raggiungimento dello stato di vuoto permette il ristabilirsi della giusta distanza tra noi e i fenomeni. Proprio secondo il senso letterale del termine, cioè phaino-menon: ciò che appare. Ad esempio, un dolore può sembrare insopportabile, una situazione irrisolvibile, ansia, distrazioni ne abbiamo fnché vogliamo. Ma quanto di quello che sentiamo è dato da fenomeno in Sé, e quanto invece è stato rielaborato, amplifcato o ridotto, insomma modifcato, dalla nostra mente? Ed ecco che qui interviene l’essere vuoti: accettando i pensieri, non opponendosi al loro fusso, inizia a risvegliarsi in noi la consapevolezza della complessità, per cui “ciò che appare” può essere diverso da “come appare”. In altre parole, tramite il raggiungimento del vuoto, la messa a fuoco si corregge e possiamo vedere i fenomeni per come si danno a conoscere, senza l’inquinamento della mente pensante. In quest’ottica, il compito della mente è, da una parte, guidare il Chi attraverso il corpo, dall’altra il restare in vigile attesa, pronta ed in ascolto. 2. Tenere rientrato il petto e stirare la schiena (Han Hsiung Pa Pei) Quando ero piccolo, ricordo che mi dicevano: “stai dritto! Spalle indietro e petto in fuori!”. Sono contento di non aver seguito quel consiglio, penso che sia uno dei consigli posturali più errati che ci siano. Ed è il contrario di questo secondo principio, che ha forma molto chiara e diretta. Da un punto di vista muscolo- scheletrico, tenere il petto leggermente rientrato ha una funzione di centratura dell’asse centrale, e decontrae il diaframma, aspetto molto importante perché corrisponde ad un rilassamento della bocca dello stomaco e della parte medio-alta del corpo. In conseguenza del petto rientrato, sulla schiena emerge l’arco spinale, completando il rilassamento del diaframma. L’area toracica è una zona molto soggetta a tensioni emotive, di cui spesso non ce ne rendiamo conto. Può capitare che, qualora si riesca a rilassare la bocca dello stomaco, si sente tensione alla gola e viceversa. In questo caso, una persona può provare disagio, lamentare un dolore e interrompere l’esercizio. Invece è espressione di una tensione che prima era sconosciuta, ma che ora è diventata presente e manifesta, è uno stato transitorio, un nodo che prima o poi si scioglierà, a patto di accettarlo e rilassare sempre più. Possiamo pensare al corpo come ad un groviglio di nodi. Mano a mano che procederemo nella pratica del Tai Chi e del Chi Kung, saremo in grado di sciogliere questi nodi e divenire sempre più consapevoli di avere un corpo, e il tempo che ci vuole solo una pratica costante e paziente può dirlo. A volte si può sentire tensione sulla schiena, intorno alla zona della sesta dorsale. Anche in questo caso si tratta di dolori perlopiù transitori. Infatti, la sesta dorsale è una vertebra molto importante: ad essa si attacca il diaframma ed è il punto in cui la colonna vertebrale cambia curvatura. Un punto nevralgico, in una parte del corpo di cui generalmente non siamo consapevoli, in una zona molto diffcile da lavorare, per cui costanza e pazienza ci saranno d’aiuto. 13 Può succedere, che quando si ricerca lo stirare la schiena, si lavori attivamente con le scapole portandole in avanti. La mente le prova tutte per barare. Un’immagine che mi ha aiutato a risolvere questa tendenza, è stata quella di immaginare un flo che unisce la bocca dello stomaco alla sesta dorsale, a metà di questo flo vi è appesa una piccola sferetta, ed io muovendo quella parte cercavo di mettere il flo a piombo. In questo modo, la mente guida l’intero allineamento e le scapole aderiscono alla cassa toracica senza movimenti volontari. A livello energetico, possiamo pensare che stiamo pulendo i canali di modo che parte dell’energia possa ridistribuirsi, e tutte le sensazioni transitorie piacevoli o spiacevoli che siano, possono essere dovute anche ad accumuli o carenze energetiche che stiamo cercando di risolvere. Un’applicazione di questa accordatura della parte centrale del corpo, l’abbiamo nel primo movimento del Pa Tuan Chin Ti I Lu, Reggere Il Cielo Con Le Mani (Shuang Shou To Tien): quando avviciniamo le mani al torace, sia nell’andata che nel ritorno, incaviamo il petto stirando la schiena, come se premessimo e volessimo avvolgere con il nostro corpo una sfera di gomma, senza far intervenire la muscolatura scapolo - omerale. 14 la maschera di larmo FRANCO MESCOLA (si dice...) Si dice, si dice. Se si dice lo si può dire…si può…e, volendo, si potrebbe far seguire il “si dice” da ciò che effettivamente è stato detto. Si potrebbe dire che si dice che Amannamanna fosse stata una donna bellissima. Si dice anche che vivesse sola nel bosco. Si dice che nessun abitante della regione osasse avventurarsi in quella selva buia e tetra. Men che meno di notte. Si dice che Amannamanna un giorno, tanto, ma tanto tempo fa, avesse ucciso un guerriero per impossessarsi della ricca armatura, delle preziose lame e di una maschera terrifcante: uno di quei spaventosi simulacri che alcuni guerrieri indossano per terrorizzare i nemici. La maschera rappresentava Larmo, il diavolo triste. Amannamanna la utilizzò per consumare altri delitti. Le vittime erano prevalentemente uomini che ritornavano dai campi di battaglia d’Occidente: nobili guerrieri o umili soldati a volte esausti e feriti, altre volte ebbri di gloria, carichi di trofei e di ricchi bottini. Amannamanna li seduceva, si univa a loro e, quando cedevano al sonno, indossava la maschera e li uccideva. Si dice che, godesse nel vedere il terrore dipingersi nel volto delle vittime prima di essere sgozzati. Si dice che, trasfgurata, corresse urlando per spaventare i guerrieri addormentati attorno ai loro fuochi. Gli uomini fuggivano in preda al terrore lasciando abbandonate armi, cibo ed ornamenti preziosi. Si dice che, quando non perpetrava i suoi crimini, Amannamanna, passasse il tempo a contemplare l’immenso tesoro che andava accumulando. Si dice che, ormai impazzita, non togliesse più la maschera. Si dice anche che mescolasse i suoi escrementi con il tesoro. Si dice, tanti si dice, tanti tanti… 15 Si dice anche che, un tiepido giorno di primavera, dal maleodorante cumulo spuntò un fore. Un fore di loto puro e delicato. Amannamanna pianse e lacrime calde bagnarono il bel viso occultato dalla maschera. Si dice che la donna, fnalmente pentita, decidesse di togliersi la maschera. Un’amara sorpresa la colse: il viso un tempo tanto bello, aveva assunto la forma dell’involucro che per troppo a lungo aveva portato: le atroci fattezze del pauroso Larmo, il diavolo triste. Si dice che da quel giorno, i pochi ignari viandanti che s’inoltravano nel bosco fuggissero spaventati dalle laceranti urla di dolore di Amannamanna. Si dice, si dice. Se è stato detto si può quindi dire…si può…e volendo si potrebbe far seguire il si dice da una conclusione diversa! Si potrebbe dire che Amannamanna pentita decidesse di levarsi la maschera, ma, avendola portata per troppo tempo, le fattezze della maschera del demone si fossero fssate al volto. Quando, con indicibile dolore, riuscì a strapparsela, la carne del bel viso si staccò rivelando qualcosa di ancor più orrendo della maschera stessa: un teschio coperto da lembi di carne sanguinolenta…Amannamanna pianse per undici giorni e undici notti per cadere alla fne in un sonno profondo. Si dice che, nel sonno, fosse stata visitata da un sogno. In quel sonno Amannamanna vide se stessa piangere e vide che le lacrime versate formavano un lago. Le acque lambivano i fanchi del tesoro. Sulla sommità del prezioso cumulo era spuntato un fore, un fore di loto puro e delicato. Al risveglio Amannamanna scoprì che il suo volto aveva conservato la sublime originaria bellezza. Il tesoro non esisteva più. Armi, sete, ori…tutto svanito. Un sogno dunque? Forse… Accanto a lei lo sguardo vuoto della maschera di Larmo, il diavolo triste, l’osservava con amara ironia. Si dice che, da allora, Amannamanna usi specchiarsi sull’acqua del lago e che sorrida contemplando la nuova ritrovata bellezza. Si dice…si dice…si dice…si dice…si dice…si dice…si dice… Altri racconti di FRANCO MESCOLA sul sito: http://tusitaladallacittadacqua.wordpress.com 16 go with the fow ROBERTA CLARA FONTANA Si dice che i momenti di svolta nella vita accadono ogni 7 anni. Rileggendo questa cosa scritta due anni fa mi viene da sorridere… “ecco, a 56 anni ho fnito un altro settennato…” venerdì 8 novembre per essere precisi… E sabato 9 mi sono rotta il braccio sinistro. E persino facendo tai chi, e inciampando sulla gamba del Maestro, e per giunta a Milano, lontano da casa. Buffo! Nel primo giorno del nuovo settennato un nuovo inizio! Ma non vediamolo come l’inizio di un settennato di sfghe, per carità. Vediamolo piuttosto come un fatto altamente positivo. Ecco una breve cronaca degli avvenimenti. Il primo momento è stato il panico. Oltre al dolore atroce, da svenimento, che accompagna la rottura di un osso, hanno cominciato a materializzarsi le paure nei vari binomi: sto male/non posso lavorare, non lavoro/resto senza soldi, sono sola/come farò a sopravvivere. Ma tutti questi pensieri/emozioni si affastellavano nella mente in modo confuso, come vedere un flm già visto e rivisto. Devo dire che da parecchio tempo la mia fducia nell’esistenza aveva preso il posto della paura. Nei vari pellegrinaggi in solitaria verso Santiago di Compostela avevo vissuto sulla pelle che ciò che ci è indispensabile per vivere è veramente poco, e che la vita ti fa trovare sempre ciò di cui hai bisogno. Ma, si sa, i vecchi condizionamenti sono duri a morire… dovevo proprio rompermi un braccio per far scendere tutto ciò nella profondità del mio Essere? Evidentemente sì!!! Con il passare dei minuti, assieme al dolore e a tali interrogativi esistenziali, cominciava a farsi strada dentro di me un desiderio di abbandonarmi, un lasciarmi andare alle cure degli amici che mi avevano soccorso, mettermi nelle loro mani come una bambina che non sa dove andare ma si fda dei grandi che la portano. 17 Marzia e Giancarlo erano diventati come mamma e papà. Quante volte nella mia vita, nei momenti più diffcili, quando mi era così pesante dover fare tutto da sola avevo desiderato di provare quella sensazione, quando da piccola, a letto con la febbre nella mia cameretta, sentivo arrivare dalla cucina i rumori rassicuranti della mamma che faceva le sue cose. Niente mi avrebbe potuto turbare, ero al sicuro. E poi il Pronto Soccorso a Milano, il responso della frattura dell’omero… e l’affetto degli amici che bilanciava lo smarrimento e lo shock. Shock, ma anche curiosità nel cominciare a constatare i nuovi limiti, non riuscendo nemmeno a mangiare la pizza da sola, perché ci vogliono due mani per tagliarla a pezzi… La prima notte è stata veramente fantastica… seduta sul lettone che Marzia e Charlie mi avevano amorevolmente lasciato, passata completamente insonne fra il senso di impotenza e l’ascolto dei dolori sul braccio, che variavano ad ogni minuscolo spostamento, anche col respiro. Ma nel silenzio della notte e nell’essere lì sola con me stessa si faceva strada la parola “risorsa”. La risorsa in quel momento era stare in ascolto, non solo delle variazioni del dolore, ma di quelle dei miei stati d’animo, della qualità dei miei pensieri. Stare presente, nel fusso di ciò che stava accadendo, fuori e dentro. Sentire la sottile linea di confne fra il cedere allo sconforto se seguivo la mente e percepire il sorgere della mia forza interiore se stavo nel momento. Anche questo momento era vita, la mia vita. Si trattava solo di adeguarsi, di trovare un nuovo equilibrio. E in questa consapevolezza sentivo che stavo trovando il tai chi. Senza lottare, entrare nel fusso. Senza dubbio è stata una notte molto interessante. E devo dire che lo è stato anche il seguito. Naturalmente il disagio c’era, il dolore poi… Ma vivere per un mese in casa, bendata come una mummia dalla vita alle ascelle e con l’uso di un braccio solo, è stata un’esperienza notevole. Gran tai chi, continuamente, nell’adattarmi e trovare sempre nuovi modi per poter fare anche le cose più banali, aprire un vaso di marmellata per esempio, o potervi anche rinunciare se proprio non potevo, e accontentarmi di un’altra cosa. E poi, soprattutto… la possibilità di avere tanto tempo per leggere, meditare, guardare flm (quanti!), stare ferma a fare niente. Tutto rallentato. Ma la cosa più sorprendente era che in realtà non era successo niente. Quello che al momento dell’incidente mi era sembrata la fne del mondo faceva davvero sorridere… I miei corsi di tai chi stavano continuando grazie alla mia amica Nicoletta che mi sostituiva in ben due palestre. A Treviso Dino e i miei meravigliosi allievi che si autogestivano e aiutavano quelli meno esperti. Amici anche inaspettati che ogni tanto venivano ad aiutarmi, a lavarmi i capelli, e la mia famiglia vicina più che mai. Insomma, ero nel mio castello dorato, mentre il mondo andava avanti senza di me. Che sollievo! 18 lapratica LA PICCOLA CIRCOLAZIONE CELESTE INSEGNANTE AIKO MESCOLA Il nome cinese Xiao Zhou Tian, deriva da osservazioni ed indagini che i taoisti fecero sulle leggi che governano il moto del Cielo e della Terra. Xiao: piccolo Zhou: circonferenza, circuito, ciclo Tian: cielo, celeste Il primo passo della Piccola Circolazione Celeste consiste nel portare la propria concentrazione sul Tan tien. E’ necessario rilassare tutto il corpo per sentire ciò che avviene all’interno. Continuando a praticare si arriverà al momento in cui il Tan tien si scalderà. Nel corso della meditazione la mente deve guidare consapevolmente il Chi da un capo all’altro del suo percorso circolatorio. Senza una presenza mentale, la circolazione non potrebbe essere né costante né uniforme. E’ molto importante che la mente tenga costantemente in movimento il Chi, altrimenti si potrebbero verifcare delle stagnazioni. Se il movimento si instaura spontaneamente ci si sottrae dal guidare il Chi e ci si limita a guardare ciò che accade come semplici testimoni. Procedendo nella pratica della Piccola Circolazione, il Chi scorrerà sempre più velocemente, comincerà a brillare, come se al suo interno ci fossero moltissime piccole esplosioni, e poi uscirà per amalgamarsi con lo spazio esterno. Inizialmente bisogna mantenere l’attenzione sul Tan tien; questa è una fase che dura indicativamente 3 mesi. A questo punto si parte concentrando l’attenzione sul Tan tien, si usa il pensiero cosciente per disegnare dei cerchi attorno al centro; si forma una sfera che man mano si ingrandisce fno a toccare i reni, il diaframma, il ventre per poi scendere verso il basso, verso il punto Hui Yin (RM1). Quando il Chi arriva al Hui Yin, questo punto comincia ad avere dei sobbalzi e si avverte una sensazione di calore. Successivamente il Chi comincerà a penetrare attraverso il primo Guan (passo-barriera), che comprende la zona tra il Hui Yin (RM1) ed il Ming Men (DM4): si Chiama Wei Lu Guan, “passo della porta sacrale e coccigea”. Questo Guan fa riferimento principalmente al coccige: non indica un punto preciso, ma piuttosto tutto il percorso che congiunge i due punti RM1 e DM4. Il punto compreso tra il luogo dove inizia ad attraversare il “passo” si Chiama Xia Que Quiao “ponte delle gazze inferiore”. Questo punto è diffcile da attraversare: solo quando il Chi è abbondante ed ha ottenuto una determinata concentrazione è possibile attraversare il “ponte delle gazze”. In genere il Chi, arrivato qui, si ferma e non prosegue. Per farlo passare è necessario contrarre il perineo, non con la forza dei muscoli, ma con il pensiero. Dopo aver passato il Wei Lu Guan, il Chi arriva al Ming Men dove si avverte un forte calore. Il secondo passo da attraversare è chiamato Jia Ji Guan o “passaggio spinale”, comprende tutta la zona della curvatura lombare e dorsale della colonna vertebrale dal Ming Men fno al punto situato in corrispondenza del bordo superiore delle scapole. A questo punto la sensazione di calore si estenderà a tutto il dorso. 19 Il terzo passo si Chiama Yu Zhen Guan “passaggio del cuscino di giada”, va dall’apofsi alla settima cervicale, Da Zhui (DM14) alla protuberanza occipitale all’altezza dei punti Tian Zhu (V10). E’ il tratto più diffcile da attraversare, sono allora necessari dei sistemi particolari per superarlo: si può cambiare il punto dove si concentra l’attenzione spostandolo in una zona più elevata rispetto al Guan, per esempio al punto Bai Hui (DM20). E’ come tirare su l’acqua da un pozzo: l’attenzione non va sul Guan da attraversare, ma sulla sommità del capo. In questo modo il Chi spontaneamente potrà attraversarlo. Il fattore più importante è mantenere l’attenzione sul Tan tien. Se l’energia sarà abbondante non avrà problemi a passare i Guan. Il Chi arriva ora alla “porta del cielo” Bai Hui (DM20), punto importantissimo perché in contatto con l’energia del cosmo. Continuando l’esercizio, il Chi scenderà dal Bai Hui andando ad attraversare il Tan tien. Inizialmente scende fno al Tan tien superiore, punto Yin Tang (extra), situato tra le due sopracciglia, proseguendo verso il “ponte delle gazze superiore”, ossia il punto dove la lingua tocca il palato. Questo permetterà al Chi di passare facilmente attraverso la trachea. Continuando a mantenere l’attenzione sul Tan tien si porta il Chi al punto Tan Zhong (RM17), sullo sterno al centro dei due seni, ossia al Tan tien centrale. Questo è il punto dove si raccoglie il Chi degli organi interni. A questo punto è necessario mantenere una grande quiete per permettere al Chi di tornare al Tan tien inferiore. Il praticante esperto potrà provare ad invertire la corrente del Chi nella Piccola Circolazione, in modo che l’energia salga verso l’alto lungo il torace fno alla sommità del capo e scenda lungo la schiena fno al Tan tien. Questa pratica può aiutare a sanare eventuali lesioni e blocchi che consentono il fusso lineare della circolazione. Quando ci si avvicina alla pratica è necessario prestare molta attenzione alla respirazione. All’espirazione corrisponde un moto di discesa del Chi, dall’alto verso il basso, fno al perineo. Durante l’inspirazione il Chi sale dal perineo al cranio e durante l’espirazione scende di nuovo al perineo. L’espirazione e l’inspirazione rappresentano un ciclo di Yin e Yang. Il principio su cui si basa la Piccola Rivoluzione Celeste è la sfera del Taiji, con il suo continuo alternarsi tra Yin e Yang: in questo modo l’energia del proprio organismo si unisce a quella che governa il moto degli astri. Le posizioni fondamentali in cui praticare la Piccola Circolazione sono tre: in piedi, seduti o 20 sdraiati. Per chi pratica arti marziali è consigliata la pratica del Cheng Bao. Le braccia sono a semicerchio, le spalle sono rilassate e pendono verso il basso, i gomiti “guardano” in basso, i piedi come le spalle. La colonna vertebrale si allunga e si rilassa, ma i muscoli delle gambe sono in contrazione. La posizione seduta non solo è comoda, ma anche, impedendo la circolazione negli arti inferiori, aumenta la sensazione nella parte superiore. Da sdraiati si può assumere la posizione supina con le mani appoggiate sulla sporgenza delle ossa iliache o la posizione ripiegata sul fanco destro. Dopo la pratica è importante sciogliere e massaggiare il corpo lungo i percorsi del Chi per eliminare ogni possibile residuo di energia rimasto in qualche cavità che potrebbe causare dolori. Nella scuola taoista si dice che: “se il Chi non scorre nel Du Mai allora non scorre in nessun meridiano”. La grande importanza del Ren Mai e Du Mai sta nel fatto che sono in comunicazione con tutto il sistema energetico del corpo e quindi con tutti gli organi. 21 eventi NOVEMBRE 07/11 08/11 11/11 14/11 15/11 21/11 22/11 29/11 29/11 MILANO MILANO VENEZIA ROMA ROMA MESTRE SPINEA MESTRE MELZO Allenamento Maestri/Insegnanti Corso istruttori I lezione Allenamento armi Lezione speciale Xuan Chuan (pom.) Corso istruttori I lezione Xuan Chuan (matt.) Tui shou (pom.) Master 4° livello M° Biospirali Allenamento allievi avanzati Lezione Ventaglio (matt.) Tui Shou (pom.) DICEMBRE 13/12 13/12 19/12 20/12 MILANO VENEZIA SPINEA MESTRE Allenamento Biospirali tutti i livelli Allenamento Biospirali tutti i livelli Allenamento Maestri/Insegnanti Corso istruttori II lezione GENNAIO 09/01 10/01 13/01 17/01 23/01 24/01 24/01 25/01 31/01 MILANO MILANO VENEZIA MESTRE ROMA ROMA MELZO MILANO MESTRE Allenamento Maestri/Insegnanti Corso istruttori II Allenamento armi Allenamento allievi avanzati Lezione speciale Xuan Chuan (pom.) Corso istruttori II lezione Xuan Chuan (matt.) allenamento istr. (pom.) Allenamento armi Xuan Chuan (matt.) Tui Shou (pom.) GLI EVENTI POSSONO SUBIRE VARIAZIONI. CONSULTARE IL SITO WWW.TAICHI.IT PER ULTERIORI INFO RIGUARDO I SINGOLI INCONTRI_VALIDO FINO A GENNAIO 2016 22 posta del crt Esattamente un anno fa sono andata in pensione (dico ciò per suggerire la mia età) e ho deciso di prendermi fnalmente cura di me stessa. Da tempo, appeso sul cancello parrocchiale di Via Previati, vedevo un cartello che informava dei corsi di Tai Chi che lì si tenevano. E, come succede in questi casi, avevo sempre pensato che al momento giusto mi sarei interessata in proposito: per me Tai Chi voleva dire calma e armonia, ed essendo io una persona tranquilla avevo pensato che potesse fare al caso mio. Dopo una telefonata piena di dubbi con Antonio - molto gentile e professionale - un po' esitante mi sono recata all'oratorio per una lezione di prova. Intimidita, mi sono presentata a una decina di persone in tuta, con l'aria di chi si conosce già da parecchi anni e condivide questa attività; ho spiegato che avevo problemi di ginocchia e che non ero più una fanciullina: tutti, con semplicità, mi hanno rassicurato spiegandomi che questa non era una disciplina violenta (anche se in realtà il Tai Chi è un arte marziale) ma armoniosa, che avrei imparato con i miei tempi e che ce l'avrei sicuramente fatta. La mia condizione fsica fece sì che le prime settimane eseguisssi la maggior parte degli esercizi da seduta, poi man mano sempre più in piedi, fno a venerdì scorso, giorno dove ho fatto i movimenti previsti senza sedermi mai: eseguirli in piedi per me voleva dire essere fnalmente più salda sulle gambe e padrona del mio corpo. Il Tai Chi mi piace perché movimenti lenti ma continui, respirazione, concentrazione e avvitamenti mi danno energia e buon umore, concorrono a ristabilire armonia ed equilibrio tra corpo e mente, come del resto dimostra l’affatamento del nostro gruppo che trovo fantastico: crediamo fermamente nel Tai Chi. Lo riscontro nel modo di fare: ci comportiamo con amicizia, gentilezza e armonia, sempre sorridenti e contenti di ritrovarci, pronti a darci una mano. Antonio poi è un maestro fantastico, trasmette silenziosamente il suo entusiasmo, ti fa sentire parte integrante di questa disciplina così importante per il nostro benessere psicofsico, quale che sia la nostra età. Pensate, una mia amica, oggi 98enne, ha praticato questa disciplina fno a 2 anni fa. Se non è un incentivo a proseguire questo… IDELLA LIBERTI 23 DÉJÀ VU Vi è mai capitato di avere un déjà vu? Di percepire una situazione così familiare da pensare di averla già vissuta? Ebbene, questo è stato ciò che ho provato quando ho aperto la porta della palestra dove si sarebbe svolta la mia prima lezione di Tai Chi. Era una serata che sapeva di normalità, ma quando ho preso la macchina per dirigermi verso il luogo del corso, la mia mente ha cominciato a riempirsi di domande: come sarà? Mi troverò bene con l'insegnante? Come saranno gli altri allievi? Che energia sprigionerà il luogo? Un sacco di domande perché mi stavo dirigendo verso l'ignoto. Avevo già parlato con delle persone che si erano avvicinate al Tai Chi, mi raccontavano le loro esperienze ma giustamente non le sentivo mie, poiché ogni esperienza che si vive è soggettiva. Così, spinta da molta curiosità e voglia di apprendere qualcosa di nuovo, ho deciso di tuffarmi. La cosa che non dimenticherò mai è la differenza che ho notato dal mio arrivo a quando me ne sono andata. Il mio arrivo è stato un po' movimentato per la molteplicità di sensazioni che ho provato, come un caleidoscopio che ruotava dentro di me. Cercavo di imitare i movimenti dell'insegnate e ci mettevo tutta la razionalità possibile per non sbagliare. Ben presto ho capito che non era la strada giusta e, seguendo i consigli del mio insegnate, ho cominciato a stare più rilassata e sorridente. L'ora e mezza di lezione è volata, non mi sono accorta del tempo che trascorreva perché vivevo con intensità ogni movimento, ogni vibrazione del corpo, ogni sensazione profonda. Quando stavo per andarmene ho compreso in un attimo che avrei voluto continuare, che quella lezione di prova sarebbe stata una porta che si apriva ad una nuova strada di ricerca. Mi sono sentita molto rilassata, non solo a livello profondo, ma anche muscolare. Ero arrivata ad inizio lezione con un po' di tensioni nella zona delle spalle, causa lo sport che pratico, e alla fne di quell'ora e mezza mi sono sentita molto più leggera. Sembrava che avessi danzato come un derviscio che ruotava su se stesso e volteggiava sorretto da un energia fortissima ma delicata allo stesso tempo. La sensazione di questo magico déjà vu continua a persistere ad ogni lezione ed è una percezione bellissima che spero rimanga con me per molto tempo ancora. MARTINA DELL'OSBEL SONO CONTENTO DI FAR PARTE DEL CRT Settembre, riprendono le attività in palestra, nuovi corsi e altri che ricominciano, in uno di questi dopo la prima lezione entrano in palestra due anziane signore che già frequentavano lo scorso anno che esclamano ridendo come due bambine: “Maestro ci siamo reiscritte, non si è liberato di noi, non ci ricordiamo più niente, ma siamo tornate!!! “ Naturalmente anch'io ho sorriso e gioito a rivederle e abbracciandole ho anche pensato alla diffcoltà che ad ogni lezione mi pareva dovessero affrontare per seguire delle indicazioni che il corpo spesso non recepiva, la destra che si muoveva al posto della sinistra l'alto che pareva il basso e la memoria che non ne voleva sapere di ricordare. Poi una mi dice, continuando a darmi del Lei in un linguaggio di altri tempi in cui il rispetto era un valore: “Sa Maestro abbiamo tanti problemi e dolori, il marito che non sta bene... ma quando siamo qui ci dimentichiamo di tutto e ci sentiamo bene”, “ed io, aggiunge l'altra, questa estate, in montagna, tutte le mattine andavo a camminare su per un bel posto dove mi fermavo e facevo il mio Tai Chi, sbagliavo tutto e non mi ricordavo i movimenti giusti ma era così bello!! Là vicino c'erano altri che facevano Tai Chi, più giovani di me ma loro facevano un Tai Chi Marziale troppo diffcile per me e magari ridevano pure ma non mi importava niente, io stavo bene!” Anch'io stavo bene a sentire questa storia, ricredendomi ancora una volta, pensavo che viste le diffcoltà magari non sarebbero tornate, ma ogni volta mi stupisco meravigliandomi di quanto il Tai Chi possa entrare nella vita delle persone regalando attimi di bellezza a qualsiasi età o condizione di vita. E allora mi sono venute in mente altre storie che paiono tutte collegate e sono andato a 24 rileggermene una in particolare di qualche anno fa che avevo raccontato via mail al gruppo del direttivo del CRT per condividerne l'esperienza, tra le belle risposte che sono arrivate ho riletto con grande commozione la chiosa del nostro Maestro che ancora una volta con grande saggezza ci ha rassicurati, ma non voglio anticiparvi nulla di quello che potrete leggere in fondo a questa piccola storia che qui sotto riporto con la risposta, a suo tempo ricevuta, del nostro maestro Franco: “UNA PICCOLA STORIA SEMPLICE DI STRAORDINARIO TAI CHI” Lo scorso anno ho iniziato un nuovo corso di Tai Chi con un gruppo di “principianti totali” di età varia, compreso alcuni pensionati. La mia speranza (o presunzione) era, non tanto di insegnare loro velocemente la forma, ma di migliorarne il movimento, la coordinazione e l’equilibrio, progredendo lentamente nel primo Lu di Tai Chi e soprattutto di divertirci con le molteplici risorse che la nostra scuola e il nostro Maestro ci trasmette: esercizi a coppie, Chi Kung, passo vuoto e altri esercizi e giochi inventati per la necessità di comunicare tutto questo. Naturalmente questo percorso ha, come spesso accade, aiutato gli allievi a svelare soprattutto a sé stessi i propri limiti e a me la possibilità/capacità di insegnare tutto questo. Tra gli allievi meno giovani vi è Olga che tenacemente segue il corso, anche se non sempre il movimento che produce segue l’intenzione data, fno a sbottare un giorno dello scorso anno dicendo davanti a tutti quello che magari in tanti abbiamo pensato ma mai detto : “ Non riuscirò mai a fare questo e a ricordarmi la Forma” Risposi d’istinto, senza pensarci: “ Tu sarai la mia allieva preferita, quella che mi darà più soddisfazioni “ Lo pensavo veramente, anche se un bravo insegnante non dovrebbe mai mostrare preferenze. Come dicevo l’insegnamento non palesa solo i limiti degli allievi ma anche quelli dell’insegnante, così lei mi metteva alla prova e se riuscivo a trasmettergli qualche goccia della mia esperienza sapevo di aver fatto un passo avanti anch’io. Olga rimase perplessa per quella mia dichiarazione e ha continuato indefessa a seguire il corso e altri appuntamenti alternando passione e scoramento e oggi sa fare tutta la prima Forma di Tai Chi. Alla fne di questo secondo anno mi ha portato una lettera, con quello scritto avrebbe partecipato al concorso di poesia indetto dalla Polisportiva Garegnano per la Festa di fne attività. Lei con la sua poesia è arrivata terza, io leggendola mi sono commosso come un bambino. Senza presunzione credo che noi insegnanti siamo solo dei tramiti, veicolando quel poco di conoscenza che del Tai Chi ci è rimasto addosso. Olga ha fatto molto di più, ha raccontato con parole semplici una piccola storia di quanto straordinario può produrre il Tai Chi nella vita di tutti noi. ANTONIO SCHIAVONE RIAPPROPRIO Questo corpo un poco sfatto Dalla vita un po’ provato, questa mente un poco assente, stanca di rimuginare, questo spirito latente…. Questo è un “atto” già vissuto che fa parte del passato! Una musica leggera accompagna i movimenti, 25 una palla immaginaria fai ruotare fra le mani, un elastico in tensione a cui porre l’attenzione, movimenti rotatori han formato una spirale. l’equilibrio è ritrovato, tutto il corpo è risvegliato e, lo spirito latente è sgusciato dalla mente. Questo è un giorno un po’ speciale Questo giorno è un po’ “orientale” Questo giorno è il giovedì Ed è quello del tai-chi. OLGA Affora con sempre maggior evidenza l'effetto della pratica: la necessità di dare. La forza del dare. Dovremmo essere grati ai nostri allievi per permetterci di esprimere questa preziosa qualità: la capacità insita nella natura dell'uomo di collaborare, di condividere e quindi di dare. Dare svincolati dal frutto dell'azione. Dare naturalmente, senza compiacimenti nè per ricercare gratifcazioni e tanto meno per espiare colpe che non abbiam, ma che la società ci ha convinto di avere. Un tale comportamento non è in linea con il pensiero che muove l'attuale società ma di questo, dovremmo andare feri. Sono contento di far parte del CRT FRANCO INVITIAMO TUTTI A SCRIVERE E CONDIVIDERE PENSIERI ED EMOZIONI VISSUTI INSIEME, DUBBI, PROPOSTE O ESPERIENZE FATTE DURANTE LA PRATICA SCRIVENDO AL SEGUENTE INDIRIZZO: [email protected] 26 WU-LI ONLINE è una rivista auto prodotta e un bollettino dell’associazione REDAZIONE Luigi Simonetti Francesca Napolitano Aiko Mescola Marzia Bianchi hanno collaborato: Giulio Bellavere Marzia Bianchi Roberta Clara Fontana Aiko Mescola si ringraziano per le fotografe Ronnie Robinson e Tatiana Cazacisin per la posta Olga, Idella, Martina, Antonio “CENTRO RICERCHE TAI CHI è un'associazione sportiva dilettantistica”. La denominazione ridotta dell’Associazione è “C.R.T.” L’Associazione, escluso ogni fne politico e di lucro, sorge con lo scopo di favorire: sul piano personale, il raggiungimento di una sempre maggiore consapevolezza delle potenzialità dell’essere umano, fornendo nel contempo agli Associati mezzi idonei, metodi e tecniche per il conseguimento di una maggior capacità di autodeterminazione e di introspezione; sul piano generale, il conseguimento di un armonioso equilibrio psicofsico tra individuo e ambiente. Centro Ricerche Tai Chi Via A.Calmo, 18 Lido 30126 VENEZIA (VE) [email protected] www.taichi.it 27