Wu Li N. 8 Ottobre 2015 - Centro Ricerche Tai Chi

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Wu Li N. 8 Ottobre 2015 - Centro Ricerche Tai Chi
1
articoli
rubriche
buone notizie
autunno: la stagione dei soff
i 10 principi del tai chi chuan
la maschera di Larmo (...si dice)
go with the fow
editoriale
la pratica
eventi
la posta del CRT
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dagli scritti di Franco Mescola
di Marzia Bianchi
di Giulio Bellavere
dalle storie di Franco Mescola
di Roberta Clara Fontana
pag 4
pag 7
pag 11
pag 15
pag 17
pag 3
pag 19
pag 22
pag 23
editoriale
MARZIA BIANCHI
Cari amici lettori del Wu-Li.
Come sempre l’arrivo dell’autunno, con i suoi
cambiamenti, accompagna noi praticanti, istruttori
e allievi ad nuovo appuntamento: l’inizio dell’anno
scolastico 2015-2016. Passato il periodo della
rifessione con la tarda estate, l’autunno ci porta a
fare i conti con ciò che abbiamo prodotto, come
l’abbiamo prodotto e ci invita a trasformare nel
nostro Dojo della vita le esperienze emotive vissute
con la nostra pratica.
Gli organi associati a questa stagione, il polmone e
l’intestino crasso, ci aiutano ad elaborare l’ottavo
principio: unire la parte interna con quella esterna.
Per fare questo abbiamo bisogno di dedicare molto
tempo all’ascolto e alla meditazione. Per questo
motivo nei programmi sia individuali che di scuola
sono state inserite molte più ore di pratica di Chi
Kung. Con la meditazione possiamo stare nel
momento presente, nel qui ed ora, scompare il
tempo ed è possibile assaporare l’istante che
contiene già tutta la nostra vita. Per questo
proviamo in certi momenti quello stato di
benessere indescrivibile. Resta il fatto che questa
intuizione diventa concreta se poi ci lavoriamo
singolarmente, ognuno nel nostro piccolo Dojo.
Tutto è in continua trasformazione, così come il Tai
Chi Tu, anche il Tai Chi della nostra scuola.
Il Centro Ricerche Tai Chi, come ci è stato indicato
dal Maestro Mescola, il suo fondatore, non è una
scuola di lignaggio, ma di continua ricerca.
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La ricerca è infatti il frutto di un grande e faticoso
lavoro, il Chi Kung, che riconosce i principi
fondamentali e cardini della nostra disciplina, che
elabora costantemente e modella sulle persone e
sulle necessità i movimenti che ne prendono
forma. Per questo uno stesso gesto all’occhio di un
principiante può apparire differente: a volte si
tratta di una sottile interpretazione, ma l’importante
è che ne resti salva l’essenza. Lo sforzo del corpo
insegnanti del Crt è quello di lavorare
costantemente per uniformare il più possibile, ma
nel contempo riconoscere la validità del lavoro di
ciascuno. Questo compito è molto diffcile, poiché
diffcile è spiegare che il più delle volte sono
molteplici le risposte corrette in base
all’interpretazione e al livello di pratica. Un’altra
questione è legata alla bellezza e alla fascinazione
del gesto. E’ molto diffcile non lasciarsi incantare
da ciò che si vede e andare più a fondo in ciò che
è, perché è meno appariscente, è sottile, senza
trucchi, ma arriva dentro senza una spiegazione;
come quando osserviamo lo splendore di un cielo
stellato o una grande opera d’arte in cui l’artista è
riuscito a trasmettere quella bellezza che a parole è
indescrivibile.
Il Tao di cui si può parlare non è l’eterno Tao, ma
questa è un’altra storia...
morte e vita
FRANCO MESCOLA
Un giorno, un uomo, si rivolse a Donna Velata. Donna Velata era una sciamana divinatrice.
Quell’uomo voleva sapere se sarebbe riuscito a portare a termine un importante compito che
gli era stato affdato. Donna Velata si rifutò di rispondere: se avesse rivelato la conclusione
della storia, sarebbero venute a mancare quelle paure, quei dubbi e quelle tensioni
indispensabili per alimentare qualunque ricerca. La certezza della riuscita come quella del
fallimento avrebbero abbassato il grado d’attenzione necessario per portare a termine il
compito.
Dubbi, perplessità, prove da superare trasformano la vita in una continua avventura
rendendola fonte di meraviglia e d’interesse.
Piccole o grandi battaglie, perse o vinte che siano, generano vissuti. I vissuti si traducono in
esperienze. Le esperienze in conoscenza.
Conoscenza di che? Conoscere cosa?
Conoscere e comprendere il signifcato della vita.
Qual è il signifcato della vita?
Conoscere e comprendere.
Se chiedessimo come fnirà la nostra avventura, se chiedessimo a Donna Velata se riusciremo
a capire il vero signifcato della nostra vita, cosa ci risponderebbe?
Niente. La sciamanna divinatrice non risponderebbe. Se lo facesse la vita perderebbe molto
del suo senso. Chi mai, a quel punto, si ergerebbe per accettare, affrontandola, la madre di
tutte le paure?
E’ questo il grande problema: affrontare la nemica che vive tra noi. Tra noi esseri umani.
Prima di qualsiasi gioia e di qualunque desiderio nasce il problema di confrontarsi con questa
nemica.
Sfortunatamente, da quando l’uomo esiste, lei ha sempre vinto. Qualunque siano stati gli
avvenimenti, qualunque cosa l’uomo abbia voluto creare, con le sue più alte intenzioni, spinto
dalle più nobili pulsioni egli, l’uomo, ha dovuto sempre cedere parte del suo territorio, parte
delle sue realizzazioni, parte del suo successo a questa nemica: la paura.
Quanti esseri umani hanno attraversato questa manciata d’istanti che è la vita abbarbicati ad
essa senza volersene staccare? E quanti hanno abbandonato la loro piccola esistenza
disperatamente abbracciati solo alla loro paura? Quanti esseri umani sono ritornati ancora e
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ancora perché sospinti dalla sua forza?
Guardatela bene perché se vi dicesse “Avanti!” voi avanzereste. Ma se vi abbandonasse voi
comincereste a piangere. La sua vittoria è immensa perché lei, la paura, resta e resterà
sempre quella che vorremmo vincere e che invece ci ha vinto. La sua vittoria é tale che, se ci
lasciasse, ci mancherebbe.
Ecco perché il nostro primo problema è quello di trattare con lei.
E’ il meno intelligente, il più potente, il più spaventoso e allo stesso tempo il più nascosto dei
nemici. Vicino e inaccessibile. Vicino perché non fa percepire la sua presenza. Inaccessibile
perché, quando cerchiamo di afferrarla per sbarazzarcene, non si trova.
Che fare di questo orribile peso che in quanto esseri umani dobbiamo trascinarci?
Alla fne non si tratta veramente di “trattare”. Trattare non è possibile. Lei non da segno di sé.
Tanto stupida che non sarebbe nemmeno capace di comprendere le ragioni per le quali
smettere di dominarci!
Nemica bestiale, poiché priva d’intelligenza va gestita in maniera diversa. Le azioni che ci
permetteranno di vivere senza la paura sono, alla fne, molto semplici. Un nemico non
percepibile va combattuto con un’arma non percepibile. Basta comprendere che l’io, il nostro
piccolo io, che è ciò che ci fa ritenere separati dagli altri, è la fonte di tutte le nostre paure. L’io
è la causa di tutte quelle agitazioni che ci portano lontano dal nostro centro ed è la causa di
tutte le sofferenze. Non è il dolore il vero problema. Il problema è la paura del dolore. Ecco la
vera sofferenza!
Se abbiamo veramente capito dove essa si annida, impariamo a guardarla con fermezza.
Questo è un atto semplice, non serve nessuna violenza. Lei, la paura è violenta, lo è sempre.
In maniera occulta o evidente essa è sempre violenta. Lei violenta tutto. Non dovremmo
rispondere alla violenza con la violenza. Dovremmo agire in maniera immateriale, invisibile,
non tangibile. Opporre alla paura la tranquillità. Non so se riusciremo a debellarla in questa
nostra vita, ma l’importante è aver capito questo: quando la paura viene non si fugge. Lei
vuole la nostra fuga. La fuga è il frutto della sua azione. L’ego che mira al possesso è una
fuga. L’ego che cerchiamo di nascondere è una fuga. La violenza è una fuga. Separarsi dagli
altri o dal mondo è una fuga. Queste e altre ancora sono tutte vittorie messe a segno
sistematicamente dalla paura. Ecco perché contro questo nemico ottuso ma sistematico
bisogna agire in maniera semplice ed effcace.
Il segreto? Ergersi in piedi!
Buone notizie
La paura vuole metterci in fuga? Dovremmo allora restare ritti e guardarla negli occhi!
Scopriremmo allora che la paura, pur imprendibile, non può prenderci. Ella ci fa credere da
migliaia e migliaia d’anni che può ghermirci, ma la paura non ghermisce niente, lei non ha
braccia, non può tenere ne trattenere: non ha nessuna sostanza. Dobbiamo ergerci, restare
fermamente eretti interiormente, per sentire che la paura è priva di consistenza. Eretti, lo
spirito vitale teso verso il cielo, fortemente radicati alla terra, stabili e fermi: ecco ciò che
permetterà l’azione. Non saremo noi, forse, ma le nuove leve, i nuovi jedy, i nuovi candidati al
territorio armonico a condurre l’azione. Noi dovremmo forse limitarci a comunicare questa
certezza. Comunicare che il presente è nell’istante e che la permanenza nell’istante può
essere costante. Possiamo indicare come svegliare il guerriero che è in noi per tenerci eretti,
stabili e radicati, senza titubanze, nella costante permanenza dell’istante. Nell’unità totale la
costanza è ciò che non fa cambiare. Il cuore Divino dell’universo vive nell’assoluta
permanenza. Tutto ciò che è nella costanza e nel permanente è anche, nel nostro profondo,
dentro di noi. Vivere l’istante signifca essere stabili e fermi all’interno, essere centrati, auto
referenti, essere l’istante stesso.
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La distanza
La distanza è ciò che ci permette di fuggire. La distanza è l’arma del nemico: non c’è fuga se
non c’è distanza. La distanza c’è se non restiamo radicati. È come avere due centri: il punto nel
quale siamo e il punto dove intendiamo andare, l’illusione di un luogo-rifugio dove potremmo
eventualmente fuggire. Dei punti nello spazio e nel tempo dove potremmo mettere le nostre
radici. Non è possibile, il guerriero lo sa, così come tutti noi lo sappiamo. Non c’è che un
punto. Non c’è che l’Uno. Tenendoci eretti e radicati saremo noi a vincere il nemico
millenario: la paura delle paure, la paura, la grande paura, nostra signora morte. Non
sappiamo da dove viene la paura, né dove conduce, ma sappiamo perché esiste. Essa, la
grande paura, ci è stata istillata per darci la possibilità di vincerla e, per vincerla, vi è una sola
arma. Una sola, ma… infallibile! Ergersi per accettarla. Questa è la via del guerriero: non
fuggire, ma neppure attaccare. La non azione consapevole è l’unica forma valida per non
subire. La paura va rispettata perché permette allo spirito di sopravvivenza di esistere.
Esistenza e non esistenza sono parti inscindibili dello stesso gioco.
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autunno, la stagione dei soff
MARZIA BIANCHI
Quando arriva l’autunno tutto cambia, arriva con un soffo e improvvisamente le giornate si
accorciano. Cambia la temperatura, soprattutto al mattino e alla sera, con grosse escursioni
termiche durante la giornata. L’aurora cambia, non più rosa o arancione, diventa quasi bianca,
diafana, così come cambia il colorito della nostra pelle. Se ogni stagione porta con sé un
cambiamento, in autunno è più evidente. Questo cambiamento climatico, ma non solo, mette
a dura prova il nostro organismo e spesso compaiono le prime malattie da raffreddamento.
Vediamo cosa dice la Medicina Tradizionale Cinese al riguardo. Dal “Nei Jing Su Wen”
(Canone di Medicina Interna dell'Imperatore, antico trattato di medicina tradizionale cinese):
" In tempi antichi coloro i quali comprendevano il Tao (la via della natura) si conformavano allo
Yin e allo Yang (le due fondamentali forze della natura) e vivevano in armonia. C'era misura nel
bere e nel mangiare, essi si levavano e si coricavano a orari regolari rifuggendo dal disordine e
dall'eccesso, grazie a queste norme, gli antichi tenevano i loro corpi uniti alle loro anime, in
modo da percorrere tutto quanto il cammino loro concesso, per morire soltanto a cent'anni".
La ricerca della medicina tradizionale cinese ha solide radici nella comprensione dell'umanità
come parte integrante dell'ambiente naturale, ed è secondo tale ricerca che la salute può
essere garantita solo a patto che l'uomo riconosca questo fatto fondamentale e vi si adegui
concretamente. Il pensiero medico cinese si basa su tre principi fondamentali: la teoria
Yin/Yang, la teoria dei 5 Movimenti e il Sistema di Conduzione Energetico. La pratica del Chi
Kung con l’agopuntura, la ftoterapia e la digitopressione sono gli strumenti con i quali si può
intervenire per nutrire, drenare, attivare o sedare la nostra energia vitale. Ripercorriamo
velocemente le teorie Yin e Yang e dei 5 Movimenti per arrivare all’autunno con il suo
elemento: il Metallo. Il movimento della natura è regolato dalle due energie fondamentali Yin
e Yang non in maniera rigida e assoluta. Non esiste il momento che divide il giorno dalla
notte, come non esiste quello che divide la notte dall'alba. La natura c'insegna la morbidezza,
la mancanza di assoluto, tutto è in continua trasformazione, ed il passaggio è graduale,
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sempre. In questo modo gli antichi divisero il giorno dalla notte e, con il passare dei giorni, il
susseguirsi dei mesi e delle stagioni, due delle quali una meno calda dell'altra, che andavano
dalla primavera, il piccolo Yang, all'estate il grande Yang. Le altre due stagioni, con un
movimento decrescente verso il freddo intenso, che vanno dall'autunno, il piccolo Yin,
all'inverno, il grande Yin. L'uomo vive questa relazione posizionato sulla terra, luogo dove
avvengono le trasformazioni e che i cinesi chiamarono quinta stagione o tarda estate o anche
periodo Dojo (il Dojo per i praticanti di Tai Chi è il luogo dove si pratica, dove avvengono le
trasformazioni). I 5 Movimenti sono relazionati come le stagioni, i cinque modi di camminare
dell'anno, espressioni della realtà in un preciso ordine spaziale e temporale in continua
trasformazione. Ad ogni movimento viene associata una stagione ed un elemento della natura
nel massimo del suo fulgore: alla Primavera il Legno, all'Estate il Fuoco, alla tarda Estate la
Terra, all'Autunno il Metallo e all'Inverno l'Acqua. Così come ogni stagione è madre di quella
seguente così gli elementi sono il prodotto dell'effetto che li precede: il legno bruciando
produce il fuoco, dal fuoco traiamo la cenere e quindi la terra, dalla terra estraiamo i metalli, il
vapore prodotto dal metallo forgiato va al cielo che tornerà alla terra sotto forma di acqua e
qui il ciclo ricomincia. A questo ciclo di generazione (madre-fglio) se ne aggiunge uno di
controllo (nonno-nipote), ogni elemento cioè non solo genera ed è generato ma controlla ed
è controllato: il Legno trattiene la Terra (le radici degli alberi), il Fuoco forgia il Metallo, la
Terra argina l'Acqua, il Metallo taglia il Legno e l'Acqua spegne il Fuoco. La legge di controllo
serve per compensare eccessi o defcit. La legge di generazione e controllo venne così estesa
a molti altri insiemi come i sapori, gli odori, i climi, le note musicali, i colori e più
specifcatamente nell'uomo, alle viscere, agli organi del corpo, agli organi di senso, le età
dell’uomo con le sue emozioni. All’autunno corrisponde l’elemento metallo, l’organo
polmone, il viscere intestino crasso, il sapore piccante, come energia cosmica il secco,
l’organo di senso la pelle, il colore bianco e come emozione la tristezza. Il Nei Jing Su Wen nei
suoi consigli stagionali riguardo l’autunno dice: “I Tre mesi dell’Autunno sono chiamati:
sovrabbondare ed equilibrare. I soff del Cielo si fanno incalzanti, i soff della Terra mostrano la
loro munifcenza. Ci si corica presto, ci si alza presto. Si hanno i movimenti del gallo. Si esercita
il volere quietamente e tranquillamente, per mitigare l’effetto repressivo dell’autunno,
raccogliendo gli Spiriti e accumulando i soff, assecondando il ricco equilibrio dei soff
dell’autunno, senza che il volere si spanda al di fuori, assecondando la purezza propria dei
soff del polmone. Ci si conforma ai soff dell’autunno, via per il mantenimento del raccolto
della vita. Andare controcorrente porterebbe danno al polmone; causando in inverno, diarree
enteriche, per insuffciente apporto alla tesaurizzazione”.
Il Polmone in Medicina Tradizionale Cinese è il Maestro del CHI, il Soffo Vitale, ma anche la
sede della “vita istintiva”, animata dagli Spiriti PO. Il suo scopo è raccogliere i Soff e
propagarli verso la periferia del corpo. Il Metallo caratterizza lo stesso movimento
dell’Autunno, un moto che identifca il punto in cui l’espressione energetica dello Yang
accentua il suo declino, il crepuscolo, il tramonto, che prosegue verso l’Inverno.
Nell’ambito dei Cinque Movimenti, il Metallo esprime il punto da cui l’energia si cristallizza per
diventare materia. E’ l’armatura, o lo scudo, che ci difende dagli attacchi esterni, la lama della
sciabola o della spada che taglia e separa.
Il movimento dell’Autunno è, come si legge sempre nel “Nei Jing Su Wen”, la raccolta dei
prodotti e frutti dell’Estate, l’inizio della “tesaurizzazione” che porta lo Yang a rintanarsi, ad
andare verso l’interno, l’Ovest.
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Nella vita dell’uomo corrisponde all’età che va dai 60 agli 80 anni e nelle emozioni questa
stagione è legata alla tristezza. Spesso le malattie, gli affanni e i lutti sopraggiungono dopo i
60 anni; invecchiando si tende a guardare la gioventù con tristezza e rimpianto e ci si
dimentica di pensare al futuro con nuovi progetti. Se siamo tristi il nostro corpo tende ad
irrigidirsi, lo sguardo non si rivolge più all’orizzonte ma si abbassa alla terra, le spalle si
incurvano, la gabbia toracica si chiude diminuendo la capacità respiratoria. Di conseguenza
cambia la postura, la curva della colonna, la rotazione del bacino con conseguente valgismo
alle ginocchia e pronazione dei piedi. L’autunno nella vita dell’uomo è un periodo di
transizione molto importante per avere modo di mettere insieme le proprie risorse, per
raccogliere le proprie energie e affrontare serenamente la vecchiaia. Se siamo ben
organizzati con le vibrazioni dell’autunno potremo riconoscere il nostro valore ed entrare in
intimo scambio con tutto ciò che ci circonda. Il polmone, l’intestino crasso e la pelle sono gli
organi che mettono in relazione la nostra parte interna, più intima, con il mondo esterno. I
polmoni sono il quartier generale dell’apparato respiratorio. Rappresentano tutto quanto si
possa riferire all’aria, spirito vitale, lo shen del po per i cinesi. Tutto ciò che si riferisce
all’apparato respiratorio è considerato strettamente relazionato alla vita. Senza mangiare
possiamo resistere 50/60 giorni, senza bere sei-sette giorni, senza respirare 3-4 min. La
capacità d’incamerare ed eliminare aria, quantifcata attraverso l’esame spirometrico, si dice
capacità vitale. Ecco quindi che tutto ciò che è relazionato ai polmoni, all’apparato
respiratorio, è letto attraverso il signifcato di vita e di morte.
Quando il bambino nasce, l’affermazione del suo vivere autonomo è il pianto come atto
respiratorio. Nasciamo quindi con un atto espiratorio e quando moriamo esaliamo l’ultimo
respiro. Le funzioni dell’intestino crasso sono simili, assorbe le sostanze benefche ed espelle i
rifuti del corpo, permette all’organismo di purifcarsi. Quando per situazioni di vario tipo
l’intestino trattiene invece di eliminare si hanno molti disturbi, gonfore, stipsi, raffreddore,
acne, mal di testa. Respirare quindi è una funzione fondamentale per la vita e per le funzioni
organiche di tutto l’organismo, con il respiro si fa entrare dentro di noi, oltre all’aria con le sue
componenti chimiche, anche l’energia, le emozioni, e si espellono sostanze di rifuto, inutili o
dannose per il nostro corpo, e le emozioni negative. Anche la chiusura emotiva, e quindi la
diffcoltà a lasciare andare le emozioni, è connessa con un malfunzionamento dell’intestino. Le
patologie più comuni in questo periodo dell’anno sono le malattie da raffreddamento,
associate a malattie effettivamente causate da freddo o sindromi sostenute da reazioni
allergiche. L’intervento, secondo la Medicina Tradizionale Cinese avrà come obbiettivo di
ripristinare le difese che sono state sopraffatte dall’energia nociva e di attivare le vie di
drenaggio del corpo per eliminare i muchi accumulati. Una pianta della ftoterapia cinese utile
in questo caso è lo Zenzero, piccante, che ha potere riscaldante, il calore che sviluppa aiuta
ad eliminare il freddo e l’energia negativa che ha causato lo squilibrio. La pratica del Chi Kung
è fondamentale per la salute del Metallo e favorisce la circolazione e diffusione del Chi, il
controllo dei liquidi, il trattamento e l'eliminazione delle scorie. Numerosi sono gli esercizi
possibili di Chi Kung per la salute del Metallo. In ogni sequenza di esercizi ci sono sempre
movimenti relativi al Polmone: nel Pa Tuan Chin (o 8 pezzi di broccato), negli esercizi del
Metodo Biospirali, la pratica della Piccola e Grande Circolazione, ma non solo. Anche nella
pratica di esercizi cosiddetti Yang come i Ch’in na (o leve), possiamo essere d’aiuto
esercitando una forma di massaggio, che può
essere praticata anche come auto massaggio in
determinati punti sui meridiani. Molto importante
è la zona dei punti zhongfu (LU-1) e yunmen (LU2) dai quali il Chi penetra nel corpo, si diffonde e
dove si incontra il meridiano della Milza (madre
del Polmone). Anche il punto lieque (LU-7) è utile
per stimolare il Polmone a produrre il Chi ed alla
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circolazione dei liquidi.
Il meridiano del Grosso Intestino è effcace nel trattamento del calore alla pelle, nella testa, nel
viso, negli occhi e nel naso. Molto importante è il punto quchi (LI-11), che si trova
sull'epicondilo laterale del gomito, tra le ossa: fa scorrere il Chi dalla testa ai piedi, regola la
pressione sanguigna ed è impiegato in tutte le patologie da Calore. Tonifca il canale del
Grosso Intestino.
Altre associazioni
all’elemento Metallo sono il
valore, la conduttività, la
forza e la precisione.
L'ideogramma cinese di
solito tradotto come
"Metallo" signifca più
precisamente "oro" o “due
pepite d’oro”. Sin dagli
albori della civiltà, il metallo
(e l'oro in particolare), è un
simbolo di valore e come
tale è sempre stato un
mezzo di scambio tra
individui, popoli e nazioni.
A questo signifcato si
possono associare entrambi
i meridiani del Metallo:
i polmoni, il cui compito è assorbire il più puro e prezioso componente del mondo esterno, il
Chi dell'universo, e l'intestino crasso, che lavora per espellere dal corpo e dalla mente tutto
quello che non ha più alcun valore per il processo vitale della persona. Il colore del
Movimento Metallo è il bianco, come bianchi sono i bronchi e gli alveoli polmonari. In
contrapposizione abbiamo il marrone. Il bianco è posto in alto, il marrone in basso. Così come
il cielo e la terra, il polmone e l’intestino, l’assimilazione e lo scarto. Ci si veste di bianco
quando si vuol far notare la propria purezza e pulizia. Nelle varie culture troviamo, ad
esempio, in quella cattolica il Papa che veste di bianco, la sposa, i cavalieri. Nella simbologia
del linguaggio si parla di "cavaliere senza macchia e senza paura". Il bianco è anche associato
alla brina che compare nelle giornate autunnali e ricopre la terra ormai priva di messi ma
coperta di foglie che marcendo ridaranno nutrimento per una nuova vita. E’ vero che
all’autunno è associata la tristezza ma come ha scritto Hermann Hesse: "Le lacrime sono lo
sciogliersi del ghiaccio dell'anima. E a chi piange, tutti gli angeli sono vicini".
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i 10 principi del tai chi chuan
GIULIO BELLAVERE
ESTRATTO DELLA TESI DI ISTRUTTORE DI PRIMO LIVELLO
I e II principio
Quando mi sono accostato alla stesura di questo breve elaborato, fn da subito mi ha colpito
l’ordine in cui sono stati messi i principi. Più ci meditavo sopra, al di là del ragionamento
consapevole, più si faceva strada in me l’idea di una scala a chiocciola che scendeva: 10
gradini, 10 principi. Una domanda saliva alla coscienza: cosa c’è alla fne della scala?
Congetture, aspettative, prodotti della mente pensante. Ragionamenti del tipo “se... allora”,
logici, binari, causali.
Siamo talmente pregni di questo affanno intellettuale, che la parte consapevole di questo
nostro modo di pensare, è solo la punta dell’iceberg. I 3⁄4 sono sotto la superfcie, nelle
pieghe del nostro Io, e la sua infuenza è quanto mai subdola. Tuttavia, questo modo di
ragionare e di concepire il mondo è quanto mai tranquillizzante, ad esempio tutta la nostra
tecnologia è basata su questo, ma soprattutto la nostra società. Uno o zero. Positivo e
negativo. Bene e male. Sano e matto. Tesi e antitesi, due polarità, due compartimenti stagni,
le due facce della stessa medaglia. La nostra storia ne è pervasa. “E allora cosa ti metti a fare a
Tai Chi?” “Come sarebbe? E’ orientale e fa molto fco, e poi mi rilasso, mi sento in contatto con
l’universo, ho un punto di vista olistico... poi però, ritorno alla mia vita una volta fnita la
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lezione... sì ok tutto bello, ma poi come fai ad applicare queste cose nella realtà?” Già come
fai? Così ce la raccontiamo, e restiamo nel nostro piccolo mondo.
Meditando su questi principi mi sono chiesto: “a che livello di consapevolezza vuoi restare?
Quanto vuoi illuderti di essere al sicuro?” Perché spaventano, scardinano la logica. Energie
non meglio identifcate, paradossi taoisti, cos’è sta roba? Ah ho capito, il classico giochino
orientale che fa fare all’occidentale scemo la fgura del pirla. Ce la raccontiamo. Sì perché
siamo sicuri che lo scopo di questi principi sia la loro spiegazione? Siamo sicuri che vadano
capiti, defniti, chiusi nel nostro mentale?
Forse un sentiero, una chiave di lettura per tentare di comprendere questa eredità, potrebbe
essere costituito da queste tre domande:
Riesci a vedere e non a guardare cio che ci circonda? E se si, riesci a vedere senza dire il nome
di cio che stai vedendo? E in questo modo, a che distanza ti metterai dall’oggetto che stai
vedendo?
Ho provato a fare questo esercizio flosofco scettico ponendomi queste domande, e queste
sono le considerazioni cui sono giunto in questo momento della mia vita.
1. Essere vuoti, avere la mente pronta e l’energia alla sommita del capo (Hsu Ling Tin
Chin)
Cosa signifca essere vuoti? Se ragioniamo secondo una logica dicotomica, ci verrebbe da
dire il contrario di pieni. Quindi il tutto si tradurrebbe in un rilassarsi e abbandonare il carico
di pensieri che normalmente ci portiamo appresso. Una cosa “semplicissima”, che tutti siamo
in grado di fare. Forse. Sempre seguendo un ragionamento di tipo logico-binario, il primo
passo per ottemperare alla richiesta, sembrerebbe essere quello di escludere
volontariamente ogni pensiero estraneo, un po’ come se dicessimo a noi stessi “non sto
pensando a niente, non sto pensando niente, non sto pensando niente...”. Ma stai pensando.
Non solo, stai investendo una quantità enorme di risorse per poter mantenere uno stato che
non raggiungerai mai.
E allora? Guarda l’acqua che scorre, ci suggerisce il Maestro Franco Mescola in Mille Gradini
Cento Sentieri. Non posso oppormi alla mole di pensieri che affollano la mia testa, ma li posso
lasciar scorrere. Come nel Tui Shou: accetto, e posso scegliere se restituire al mittente o
disperdere. Anche in noi può avvenire questo, se non corriamo dietro ai nostri pensieri, ma li
lasciamo lì, sappiamo che sono lì, tranquilli non se vanno mica, (magari!) ma quella che
sembrava una folla dentro la nostra scatola cranica, pian piano diventa un chiacchiericcio
discreto, fno ad un sussurro. Sento silenzio. Ma non è assenza di qualcosa, al contrario ne è
pregno, il vuoto è pieno, è la parte più importante che resta dopo aver rotto il contenitore,
come ci ha insegnato il Vasaio Folle.
Abbandonato il braccio di ferro
con la nostra mente, questa
ascolta sia l’esterno che l’interno.
Sente che è il momento buono
per occuparsi di quell’energia
sparpagliata alla rinfusa nel corpo.
E per prima cosa la richiama a Sé,
ma per far questo bisogna mettere
a posto i condotti nella quale
scorre. Affnché l’energia
raggiunga la sommità del capo, è
necessario allungare senza
rettifcare la curva cervicale, senza
spingere, come se ci fosse il
famoso flo di seta che, dalla
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fontanella, ci tira verso l’alto.
Il verbo spingere potrebbe essere frainteso e richiamare ad un lavoro attivo muscolare,
mentre il verbo tirare si potrebbe meglio adattare al concetto che si vuole esprimere, cioè la
preparazione dei canali al passaggio dell’energia senza che questi vengano strozzati a causa
di un’eccessiva contrazione muscolare.
Per riassumere, in questo primo principio è racchiusa una sorta di mini-sequenza in tre punti:
il vuoto ci collega ad una mente pronta, e quest’ultima richiama l’energia alla sommità del
capo. È interessante anche il rapporto tra il vuoto e la mente nella sua funzione guida. Il
raggiungimento dello stato di vuoto permette il ristabilirsi della giusta distanza tra noi e i
fenomeni. Proprio secondo il senso letterale del termine, cioè phaino-menon: ciò che appare.
Ad esempio, un dolore può sembrare insopportabile, una situazione irrisolvibile, ansia,
distrazioni ne abbiamo fnché vogliamo. Ma quanto di quello che sentiamo è dato da
fenomeno in Sé, e quanto invece è stato rielaborato, amplifcato o ridotto, insomma
modifcato, dalla nostra mente? Ed ecco che qui interviene l’essere vuoti: accettando i
pensieri, non opponendosi al loro fusso, inizia a risvegliarsi in noi la consapevolezza della
complessità, per cui “ciò che appare” può essere diverso da “come appare”. In altre parole,
tramite il raggiungimento del vuoto, la messa a fuoco si corregge e possiamo vedere i
fenomeni per come si danno a conoscere, senza l’inquinamento della mente pensante. In
quest’ottica, il compito della mente è, da una parte, guidare il Chi attraverso il corpo, dall’altra
il restare in vigile attesa, pronta ed in ascolto.
2. Tenere rientrato il petto e stirare la schiena (Han Hsiung Pa Pei)
Quando ero piccolo, ricordo che mi dicevano: “stai dritto! Spalle indietro e petto in fuori!”.
Sono contento di non aver seguito quel consiglio, penso che sia uno dei consigli posturali più
errati che ci siano. Ed è il contrario di questo secondo principio, che ha forma molto chiara e
diretta. Da un punto di vista muscolo- scheletrico, tenere il petto leggermente rientrato ha una
funzione di centratura dell’asse centrale, e decontrae il diaframma, aspetto molto importante
perché corrisponde ad un rilassamento della bocca dello stomaco e della parte medio-alta
del corpo. In conseguenza del petto rientrato, sulla schiena emerge l’arco spinale,
completando il rilassamento del diaframma.
L’area toracica è una zona molto soggetta a tensioni emotive, di cui spesso non ce ne
rendiamo conto. Può capitare che, qualora si riesca a rilassare la bocca dello stomaco, si sente
tensione alla gola e viceversa. In questo caso, una persona può provare disagio, lamentare un
dolore e interrompere l’esercizio. Invece è espressione di una tensione che prima era
sconosciuta, ma che ora è diventata presente e manifesta, è uno stato transitorio, un nodo che
prima o poi si scioglierà, a patto di accettarlo e rilassare sempre più. Possiamo pensare al
corpo come ad un groviglio di nodi. Mano a mano che procederemo nella pratica del Tai Chi
e del Chi Kung, saremo in grado di sciogliere questi nodi e divenire sempre più consapevoli
di avere un corpo, e il tempo che ci vuole solo una pratica costante e paziente può dirlo.
A volte si può sentire tensione sulla schiena,
intorno alla zona della sesta dorsale. Anche in
questo caso si tratta di dolori perlopiù
transitori. Infatti, la sesta dorsale è una vertebra
molto importante: ad essa si attacca il
diaframma ed è il punto in cui la colonna
vertebrale cambia curvatura. Un punto
nevralgico, in una parte del corpo di cui
generalmente non siamo consapevoli, in una
zona molto diffcile da lavorare, per cui
costanza e pazienza ci saranno d’aiuto.
13
Può succedere, che quando si ricerca lo stirare la schiena, si lavori attivamente con le scapole
portandole in avanti.
La mente le prova tutte per barare.
Un’immagine che mi ha aiutato a risolvere questa tendenza, è stata quella di immaginare un
flo che unisce la bocca dello stomaco alla sesta dorsale, a metà di questo flo vi è appesa una
piccola sferetta, ed io muovendo quella parte cercavo di mettere il flo a piombo. In questo
modo, la mente guida l’intero allineamento e le scapole aderiscono alla cassa toracica senza
movimenti volontari.
A livello energetico, possiamo pensare che stiamo pulendo i canali di modo che parte
dell’energia possa ridistribuirsi, e tutte le sensazioni transitorie piacevoli o spiacevoli che
siano, possono essere dovute anche ad accumuli o carenze energetiche che stiamo cercando
di risolvere. Un’applicazione di questa accordatura della parte centrale del corpo, l’abbiamo
nel primo movimento del Pa Tuan Chin Ti I Lu, Reggere Il Cielo Con Le Mani (Shuang Shou To
Tien): quando avviciniamo le mani al torace, sia nell’andata che nel ritorno, incaviamo il petto
stirando la schiena, come se premessimo e volessimo avvolgere con il nostro corpo una sfera
di gomma, senza far intervenire la muscolatura scapolo - omerale.
14
la maschera di larmo
FRANCO MESCOLA
(si dice...)
Si dice, si dice. Se si dice lo si può dire…si può…e, volendo, si potrebbe far seguire il “si dice”
da ciò che effettivamente è stato detto. Si potrebbe dire che si dice che Amannamanna fosse
stata una donna bellissima. Si dice anche che vivesse sola nel bosco.
Si dice che nessun abitante della regione osasse avventurarsi in quella selva buia e tetra.
Men che meno di notte.
Si dice che Amannamanna un giorno, tanto, ma tanto tempo fa, avesse ucciso un guerriero
per impossessarsi della ricca armatura, delle preziose lame e di una maschera terrifcante: uno
di quei spaventosi simulacri che alcuni guerrieri indossano per terrorizzare i nemici.
La maschera rappresentava Larmo, il diavolo triste. Amannamanna la utilizzò per consumare
altri delitti. Le vittime erano prevalentemente uomini che ritornavano dai campi di battaglia
d’Occidente: nobili guerrieri o umili soldati a volte esausti e feriti, altre volte ebbri di gloria,
carichi di trofei e di ricchi bottini.
Amannamanna li seduceva, si univa a loro e, quando cedevano al sonno, indossava la
maschera e li uccideva.
Si dice che, godesse nel vedere il terrore dipingersi nel volto delle vittime prima di essere
sgozzati.
Si dice che, trasfgurata, corresse urlando per spaventare i guerrieri addormentati attorno ai
loro fuochi. Gli uomini fuggivano in preda al terrore lasciando abbandonate armi, cibo ed
ornamenti preziosi.
Si dice che, quando non perpetrava i suoi crimini, Amannamanna, passasse il tempo a
contemplare l’immenso tesoro che andava accumulando.
Si dice che, ormai impazzita, non togliesse più la maschera.
Si dice anche che mescolasse i suoi escrementi con il tesoro.
Si dice, tanti si dice, tanti tanti…
15
Si dice anche che, un tiepido giorno di primavera, dal maleodorante cumulo spuntò un fore.
Un fore di loto puro e delicato.
Amannamanna pianse e lacrime calde bagnarono il bel viso occultato dalla maschera.
Si dice che la donna, fnalmente pentita, decidesse di togliersi la maschera.
Un’amara sorpresa la colse: il viso un tempo tanto bello, aveva assunto la forma dell’involucro
che per troppo a lungo aveva portato: le atroci fattezze del pauroso Larmo, il diavolo triste.
Si dice che da quel giorno, i pochi ignari viandanti che s’inoltravano nel bosco fuggissero
spaventati dalle laceranti urla di dolore di Amannamanna.
Si dice, si dice. Se è stato detto si può quindi dire…si può…e volendo si potrebbe far seguire
il si dice da una conclusione diversa!
Si potrebbe dire che Amannamanna pentita decidesse di levarsi la maschera, ma, avendola
portata per troppo tempo, le fattezze della maschera del demone si fossero fssate al volto.
Quando, con indicibile dolore, riuscì a strapparsela, la carne del bel viso si staccò rivelando
qualcosa di ancor più orrendo della maschera stessa: un teschio coperto da lembi di carne
sanguinolenta…Amannamanna pianse per undici giorni e undici notti per cadere alla fne in
un sonno profondo.
Si dice che, nel sonno, fosse stata visitata da un sogno.
In quel sonno Amannamanna vide se stessa piangere e vide che le lacrime versate formavano
un lago.
Le acque lambivano i fanchi del tesoro. Sulla sommità del prezioso cumulo era spuntato un
fore, un fore di loto puro e delicato.
Al risveglio Amannamanna scoprì che il suo volto aveva conservato la sublime originaria
bellezza.
Il tesoro non esisteva più. Armi, sete, ori…tutto svanito.
Un sogno dunque?
Forse…
Accanto a lei lo sguardo vuoto della maschera di Larmo, il diavolo triste, l’osservava con
amara ironia.
Si dice che, da allora, Amannamanna usi specchiarsi sull’acqua del lago e che sorrida
contemplando la nuova ritrovata bellezza.
Si dice…si dice…si dice…si dice…si dice…si dice…si dice…
Altri racconti di FRANCO MESCOLA sul sito: http://tusitaladallacittadacqua.wordpress.com
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go with the fow
ROBERTA CLARA FONTANA
Si dice che i momenti di svolta nella vita accadono ogni 7 anni.
Rileggendo questa cosa scritta due anni fa mi viene da sorridere…
“ecco, a 56 anni ho fnito un altro settennato…” venerdì 8 novembre per essere
precisi… E sabato 9 mi sono rotta il braccio sinistro.
E persino facendo tai chi, e inciampando sulla gamba del Maestro, e per giunta
a Milano, lontano da casa.
Buffo! Nel primo giorno del nuovo settennato un nuovo inizio!
Ma non vediamolo come l’inizio di un settennato di sfghe, per carità.
Vediamolo piuttosto come un fatto altamente positivo.
Ecco una breve cronaca degli avvenimenti.
Il primo momento è stato il panico. Oltre al dolore atroce, da svenimento, che
accompagna la rottura di un osso, hanno cominciato a materializzarsi le paure
nei vari binomi: sto male/non posso lavorare,
non lavoro/resto senza soldi, sono sola/come farò a sopravvivere.
Ma tutti questi pensieri/emozioni si affastellavano nella mente in modo confuso,
come vedere un flm già visto e rivisto.
Devo dire che da parecchio tempo la mia fducia nell’esistenza aveva preso il posto
della paura. Nei vari pellegrinaggi in solitaria verso Santiago di Compostela avevo
vissuto sulla pelle che ciò che ci è indispensabile per vivere è veramente poco, e che
la vita ti fa trovare sempre ciò di cui hai bisogno.
Ma, si sa, i vecchi condizionamenti sono duri a morire… dovevo proprio rompermi
un braccio per far scendere tutto ciò nella profondità del mio Essere?
Evidentemente sì!!!
Con il passare dei minuti, assieme al dolore e a tali interrogativi esistenziali, cominciava a farsi
strada dentro di me un desiderio di abbandonarmi, un lasciarmi
andare alle cure degli amici che mi avevano soccorso, mettermi nelle loro mani come una
bambina che non sa dove andare ma si fda dei grandi che la portano.
17
Marzia e Giancarlo erano diventati come mamma e papà.
Quante volte nella mia vita, nei momenti più diffcili, quando mi era così pesante
dover fare tutto da sola avevo desiderato di provare quella sensazione, quando da
piccola, a letto con la febbre nella mia cameretta, sentivo arrivare dalla cucina i rumori
rassicuranti della mamma che faceva le sue cose.
Niente mi avrebbe potuto turbare, ero al sicuro.
E poi il Pronto Soccorso a Milano, il responso della frattura dell’omero… e l’affetto
degli amici che bilanciava lo smarrimento e lo shock.
Shock, ma anche curiosità nel cominciare a constatare i nuovi limiti, non riuscendo
nemmeno a mangiare la pizza da sola, perché ci vogliono due mani per tagliarla a
pezzi…
La prima notte è stata veramente fantastica… seduta sul lettone che Marzia e Charlie mi
avevano amorevolmente lasciato, passata completamente insonne fra
il senso di impotenza e l’ascolto dei dolori sul braccio, che variavano ad ogni
minuscolo spostamento, anche col respiro.
Ma nel silenzio della notte e nell’essere lì sola con me stessa si faceva strada
la parola “risorsa”.
La risorsa in quel momento era stare in ascolto, non solo delle variazioni del dolore,
ma di quelle dei miei stati d’animo, della qualità dei miei pensieri.
Stare presente, nel fusso di ciò che stava accadendo, fuori e dentro.
Sentire la sottile linea di confne fra il cedere allo sconforto se seguivo la mente
e percepire il sorgere della mia forza interiore se stavo nel momento.
Anche questo momento era vita, la mia vita. Si trattava solo di adeguarsi, di trovare
un nuovo equilibrio.
E in questa consapevolezza sentivo che stavo trovando il tai chi.
Senza lottare, entrare nel fusso.
Senza dubbio è stata una notte molto interessante.
E devo dire che lo è stato anche il seguito. Naturalmente il disagio c’era, il dolore poi…
Ma vivere per un mese in casa, bendata come una mummia dalla vita alle ascelle e con l’uso di
un braccio solo, è stata un’esperienza notevole.
Gran tai chi, continuamente, nell’adattarmi e trovare sempre nuovi modi per poter fare anche
le cose più banali, aprire un vaso di marmellata per esempio, o potervi anche rinunciare se
proprio non potevo, e accontentarmi di un’altra cosa.
E poi, soprattutto… la possibilità di avere tanto tempo per leggere, meditare, guardare flm
(quanti!), stare ferma a fare niente.
Tutto rallentato. Ma la cosa più sorprendente era che in realtà non era successo niente. Quello
che al momento dell’incidente mi era sembrata la fne del mondo
faceva davvero sorridere…
I miei corsi di tai chi stavano continuando grazie alla mia amica Nicoletta che mi sostituiva in
ben due palestre. A Treviso Dino e i miei meravigliosi allievi che si autogestivano e aiutavano
quelli meno esperti.
Amici anche inaspettati che ogni tanto venivano ad aiutarmi, a lavarmi i capelli, e la mia
famiglia vicina più che mai.
Insomma, ero nel mio castello dorato, mentre il mondo andava avanti senza di me.
Che sollievo!
18
lapratica
LA PICCOLA CIRCOLAZIONE CELESTE
INSEGNANTE AIKO MESCOLA
Il nome cinese Xiao Zhou Tian, deriva da osservazioni ed indagini che i taoisti fecero sulle
leggi che governano il moto del Cielo e della Terra.
Xiao: piccolo
Zhou: circonferenza, circuito, ciclo
Tian: cielo, celeste
Il primo passo della Piccola Circolazione Celeste consiste nel portare la propria
concentrazione sul Tan tien. E’ necessario rilassare tutto il corpo per sentire ciò che avviene
all’interno. Continuando a praticare si arriverà al momento in cui il Tan tien si scalderà. Nel
corso della meditazione la mente deve guidare consapevolmente il Chi da un capo all’altro
del suo percorso circolatorio. Senza una presenza mentale, la circolazione non potrebbe
essere né costante né uniforme. E’ molto importante che la mente tenga costantemente in
movimento il Chi, altrimenti si potrebbero verifcare delle stagnazioni. Se il movimento si
instaura spontaneamente ci si sottrae dal guidare il Chi e ci si limita a guardare ciò che accade
come semplici testimoni. Procedendo nella pratica della Piccola Circolazione, il Chi scorrerà
sempre più velocemente, comincerà a brillare, come se al suo interno ci fossero moltissime
piccole esplosioni, e poi uscirà per amalgamarsi con lo spazio esterno.
Inizialmente bisogna mantenere l’attenzione sul Tan tien; questa è una fase che dura
indicativamente 3 mesi. A questo punto si parte concentrando l’attenzione sul Tan tien, si usa
il pensiero cosciente per disegnare dei cerchi attorno al centro; si forma una sfera che man
mano si ingrandisce fno a toccare i reni, il diaframma, il ventre per poi scendere verso il
basso, verso il punto Hui Yin (RM1). Quando il Chi arriva al Hui Yin, questo punto comincia ad
avere dei sobbalzi e si avverte una sensazione di calore. Successivamente il Chi comincerà a
penetrare attraverso il primo Guan (passo-barriera), che comprende la zona tra il Hui Yin
(RM1) ed il Ming Men (DM4): si Chiama Wei Lu Guan, “passo della porta sacrale e coccigea”.
Questo Guan fa riferimento principalmente al coccige: non indica un punto preciso, ma
piuttosto tutto il percorso che congiunge i due punti RM1 e DM4. Il punto compreso tra il
luogo dove inizia ad attraversare il “passo” si Chiama Xia Que Quiao “ponte delle gazze
inferiore”. Questo punto è diffcile da attraversare: solo quando il Chi è abbondante ed ha
ottenuto una determinata concentrazione è possibile attraversare il “ponte delle gazze”.
In genere il Chi, arrivato qui, si ferma e non prosegue. Per farlo passare è necessario contrarre
il perineo, non con la forza dei muscoli, ma con il pensiero.
Dopo aver passato il Wei Lu Guan, il Chi arriva al Ming Men dove si avverte un forte calore. Il
secondo passo da attraversare è chiamato Jia Ji Guan o “passaggio spinale”, comprende tutta
la zona della curvatura lombare e dorsale della colonna vertebrale dal Ming Men fno al punto
situato in corrispondenza del bordo superiore delle scapole. A questo punto la sensazione di
calore si estenderà a tutto il dorso.
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Il terzo passo si Chiama Yu Zhen Guan
“passaggio del cuscino di giada”, va
dall’apofsi alla settima cervicale, Da Zhui
(DM14) alla protuberanza occipitale
all’altezza dei punti Tian Zhu (V10).
E’ il tratto più diffcile da attraversare, sono
allora necessari dei sistemi particolari per
superarlo: si può cambiare il punto dove si
concentra l’attenzione spostandolo in una
zona più elevata rispetto al Guan, per
esempio al punto Bai Hui (DM20). E’ come
tirare su l’acqua da un pozzo: l’attenzione
non va sul Guan da attraversare, ma sulla
sommità del capo. In questo modo il Chi
spontaneamente potrà attraversarlo. Il
fattore più importante è mantenere
l’attenzione sul Tan tien. Se l’energia sarà
abbondante non avrà problemi a passare i
Guan.
Il Chi arriva ora alla “porta del cielo” Bai Hui
(DM20), punto importantissimo perché in
contatto con l’energia del cosmo.
Continuando l’esercizio, il Chi scenderà dal
Bai Hui andando ad attraversare il Tan tien.
Inizialmente scende fno al Tan tien
superiore, punto Yin Tang (extra), situato tra
le due sopracciglia, proseguendo verso il
“ponte delle gazze superiore”, ossia il punto
dove la lingua tocca il palato. Questo
permetterà al Chi di passare facilmente
attraverso la trachea. Continuando a
mantenere l’attenzione sul Tan tien si porta
il Chi al punto Tan Zhong (RM17), sullo
sterno al centro dei due seni, ossia al Tan
tien centrale. Questo è il punto dove si
raccoglie il Chi degli organi interni.
A questo punto è necessario mantenere una grande quiete per permettere al Chi di tornare al
Tan tien inferiore.
Il praticante esperto potrà provare ad invertire la corrente del Chi nella Piccola Circolazione,
in modo che l’energia salga verso l’alto lungo il torace fno alla sommità del capo e scenda
lungo la schiena fno al Tan tien.
Questa pratica può aiutare a sanare eventuali lesioni e blocchi che consentono il fusso lineare
della circolazione.
Quando ci si avvicina alla pratica è necessario prestare molta attenzione alla respirazione.
All’espirazione corrisponde un moto di discesa del Chi, dall’alto verso il basso, fno al perineo.
Durante l’inspirazione il Chi sale dal perineo al cranio e durante l’espirazione scende di nuovo
al perineo. L’espirazione e l’inspirazione rappresentano un ciclo di Yin e Yang. Il principio su
cui si basa la Piccola Rivoluzione Celeste è la sfera del Taiji, con il suo continuo alternarsi tra
Yin e Yang: in questo modo l’energia del proprio organismo si unisce a quella che governa il
moto degli astri.
Le posizioni fondamentali in cui praticare la Piccola Circolazione sono tre: in piedi, seduti o
20
sdraiati. Per chi pratica arti marziali è consigliata la pratica del Cheng Bao. Le braccia sono a
semicerchio, le spalle sono rilassate e pendono verso il basso, i gomiti “guardano” in basso, i
piedi come le spalle. La colonna vertebrale si allunga e si rilassa, ma i muscoli delle gambe
sono in contrazione. La posizione seduta non solo è comoda, ma anche, impedendo la
circolazione negli arti inferiori, aumenta la sensazione nella parte superiore. Da sdraiati si può
assumere la posizione supina con le mani appoggiate sulla sporgenza delle ossa iliache o la
posizione ripiegata sul fanco destro.
Dopo la pratica è importante sciogliere e massaggiare il corpo lungo i percorsi del Chi per
eliminare ogni possibile residuo di energia rimasto in qualche cavità che potrebbe causare
dolori.
Nella scuola taoista si dice che: “se il Chi non scorre nel Du Mai allora non scorre in nessun
meridiano”.
La grande importanza del Ren Mai e Du Mai sta nel fatto che sono in comunicazione con tutto
il sistema energetico del corpo e quindi con tutti gli organi.
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eventi
NOVEMBRE
07/11
08/11
11/11
14/11
15/11
21/11
22/11
29/11
29/11
MILANO
MILANO
VENEZIA
ROMA
ROMA
MESTRE
SPINEA
MESTRE
MELZO
Allenamento Maestri/Insegnanti
Corso istruttori I lezione
Allenamento armi
Lezione speciale Xuan Chuan (pom.)
Corso istruttori I lezione
Xuan Chuan (matt.) Tui shou (pom.)
Master 4° livello M° Biospirali
Allenamento allievi avanzati
Lezione Ventaglio (matt.) Tui Shou (pom.)
DICEMBRE
13/12
13/12
19/12
20/12
MILANO
VENEZIA
SPINEA
MESTRE
Allenamento Biospirali tutti i livelli
Allenamento Biospirali tutti i livelli
Allenamento Maestri/Insegnanti
Corso istruttori II lezione
GENNAIO
09/01
10/01
13/01
17/01
23/01
24/01
24/01
25/01
31/01
MILANO
MILANO
VENEZIA
MESTRE
ROMA
ROMA
MELZO
MILANO
MESTRE
Allenamento Maestri/Insegnanti
Corso istruttori II
Allenamento armi
Allenamento allievi avanzati
Lezione speciale Xuan Chuan (pom.)
Corso istruttori II lezione
Xuan Chuan (matt.) allenamento istr. (pom.)
Allenamento armi
Xuan Chuan (matt.) Tui Shou (pom.)
GLI EVENTI POSSONO SUBIRE VARIAZIONI. CONSULTARE IL SITO WWW.TAICHI.IT
PER ULTERIORI INFO RIGUARDO I SINGOLI INCONTRI_VALIDO FINO A GENNAIO 2016
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posta del crt
Esattamente un anno fa sono andata in pensione (dico ciò per suggerire la mia età) e ho
deciso di prendermi fnalmente cura di me stessa. Da tempo, appeso sul cancello
parrocchiale di Via Previati, vedevo un cartello che informava dei corsi di Tai Chi che lì si
tenevano. E, come succede in questi casi, avevo sempre pensato che al momento giusto mi
sarei interessata in proposito: per me Tai Chi voleva dire calma e armonia, ed essendo io una
persona tranquilla avevo pensato che potesse fare al caso mio. Dopo una telefonata piena di
dubbi con Antonio - molto gentile e professionale - un po' esitante mi sono recata all'oratorio
per una lezione di prova. Intimidita, mi sono presentata a una decina di persone in tuta, con
l'aria di chi si conosce già da parecchi anni e condivide questa attività; ho spiegato che avevo
problemi di ginocchia e che non ero più una fanciullina: tutti, con semplicità, mi hanno
rassicurato spiegandomi che questa non era una disciplina violenta (anche se in realtà il Tai
Chi è un arte marziale) ma armoniosa, che avrei imparato con i miei tempi e che ce l'avrei
sicuramente fatta.
La mia condizione fsica fece sì che le prime settimane eseguisssi la maggior parte degli
esercizi da seduta, poi man mano sempre più in piedi, fno a venerdì scorso, giorno dove ho
fatto i movimenti previsti senza sedermi mai: eseguirli in piedi per me voleva dire essere
fnalmente più salda sulle gambe e padrona del mio corpo.
Il Tai Chi mi piace perché movimenti lenti ma continui, respirazione, concentrazione e
avvitamenti mi danno energia e buon umore, concorrono a ristabilire armonia ed equilibrio
tra corpo e mente, come del resto dimostra l’affatamento del nostro gruppo che trovo
fantastico: crediamo fermamente nel Tai Chi. Lo riscontro nel modo di fare: ci comportiamo
con amicizia, gentilezza e armonia, sempre sorridenti e contenti di ritrovarci, pronti a darci una
mano. Antonio poi è un maestro fantastico, trasmette silenziosamente il suo entusiasmo, ti fa
sentire parte integrante di questa disciplina così importante per il nostro benessere
psicofsico, quale che sia la nostra età. Pensate, una mia amica, oggi 98enne, ha praticato
questa disciplina fno a 2 anni fa.
Se non è un incentivo a proseguire questo…
IDELLA LIBERTI
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DÉJÀ VU
Vi è mai capitato di avere un déjà vu? Di percepire una situazione così familiare da pensare di
averla già vissuta? Ebbene, questo è stato ciò che ho provato quando ho aperto la porta della
palestra dove si sarebbe svolta la mia prima lezione di Tai Chi. Era una serata che sapeva di
normalità, ma quando ho preso la macchina per dirigermi verso il luogo del corso, la mia
mente ha cominciato a riempirsi di domande: come sarà? Mi troverò bene con l'insegnante?
Come saranno gli altri allievi? Che energia sprigionerà il luogo? Un sacco di domande perché
mi stavo dirigendo verso l'ignoto. Avevo già parlato con delle persone che si erano avvicinate
al Tai Chi, mi raccontavano le loro esperienze ma giustamente non le sentivo mie, poiché ogni
esperienza che si vive è soggettiva. Così, spinta da molta curiosità e voglia di apprendere
qualcosa di nuovo, ho deciso di tuffarmi. La cosa che non dimenticherò mai è la differenza che
ho notato dal mio arrivo a quando me ne sono andata. Il mio arrivo è stato un po'
movimentato per la molteplicità di sensazioni che ho provato, come un caleidoscopio che
ruotava dentro di me. Cercavo di imitare i movimenti dell'insegnate e ci mettevo tutta la
razionalità possibile per non sbagliare. Ben presto ho capito che non era la strada giusta e,
seguendo i consigli del mio insegnate, ho cominciato a stare più rilassata e sorridente.
L'ora e mezza di lezione è volata, non mi sono accorta del tempo che trascorreva perché
vivevo con intensità ogni movimento, ogni vibrazione del corpo, ogni sensazione profonda.
Quando stavo per andarmene ho compreso in un attimo che avrei voluto continuare, che
quella lezione di prova sarebbe stata una porta che si apriva ad una nuova strada di ricerca.
Mi sono sentita molto rilassata, non solo a livello profondo, ma anche muscolare.
Ero arrivata ad inizio lezione con un po' di tensioni nella zona delle spalle, causa lo sport che
pratico, e alla fne di quell'ora e mezza mi sono sentita molto più leggera. Sembrava che
avessi danzato come un derviscio che ruotava su se stesso e volteggiava sorretto da un
energia fortissima ma delicata allo stesso tempo. La sensazione di questo magico déjà vu
continua a persistere ad ogni lezione ed è una percezione bellissima che spero rimanga con
me per molto tempo ancora.
MARTINA DELL'OSBEL
SONO CONTENTO DI FAR PARTE DEL CRT
Settembre, riprendono le attività in palestra, nuovi corsi e altri che ricominciano, in uno di
questi dopo la prima lezione entrano in palestra due anziane signore che già frequentavano lo
scorso anno che esclamano ridendo come due bambine: “Maestro ci siamo reiscritte, non si è
liberato di noi, non ci ricordiamo più niente, ma siamo tornate!!! “
Naturalmente anch'io ho sorriso e gioito a rivederle e abbracciandole ho anche pensato alla
diffcoltà che ad ogni lezione mi pareva dovessero affrontare per seguire delle indicazioni che
il corpo spesso non recepiva, la destra che si muoveva al posto della sinistra l'alto che pareva
il basso e la memoria che non ne voleva sapere di ricordare.
Poi una mi dice, continuando a darmi del Lei in un linguaggio di altri tempi in cui il rispetto era
un valore: “Sa Maestro abbiamo tanti problemi e dolori, il marito che non sta bene... ma
quando siamo qui ci dimentichiamo di tutto e ci sentiamo bene”, “ed io, aggiunge l'altra,
questa estate, in montagna, tutte le mattine andavo a camminare su per un bel posto dove mi
fermavo e facevo il mio Tai Chi, sbagliavo tutto e non mi ricordavo i movimenti giusti ma era
così bello!! Là vicino c'erano altri che facevano Tai Chi, più giovani di me ma loro facevano un
Tai Chi Marziale troppo diffcile per me e magari ridevano pure ma non mi importava niente,
io stavo bene!”
Anch'io stavo bene a sentire questa storia, ricredendomi ancora una volta, pensavo che viste
le diffcoltà magari non sarebbero tornate, ma ogni volta mi stupisco meravigliandomi di
quanto il Tai Chi possa entrare nella vita delle persone regalando attimi di bellezza a qualsiasi
età o condizione di vita.
E allora mi sono venute in mente altre storie che paiono tutte collegate e sono andato a
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rileggermene una in particolare di qualche anno fa che avevo raccontato via mail al gruppo
del direttivo del CRT per condividerne l'esperienza, tra le belle risposte che sono arrivate ho
riletto con grande commozione la chiosa del nostro Maestro che ancora una volta con grande
saggezza ci ha rassicurati, ma non voglio anticiparvi nulla di quello che potrete leggere in
fondo a questa piccola storia che qui sotto riporto con la risposta, a suo tempo ricevuta, del
nostro maestro Franco:
“UNA PICCOLA STORIA SEMPLICE DI STRAORDINARIO TAI CHI”
Lo scorso anno ho iniziato un nuovo corso di Tai Chi con un gruppo di “principianti totali” di
età varia, compreso alcuni pensionati.
La mia speranza (o presunzione) era, non tanto di insegnare loro velocemente la forma, ma di
migliorarne il movimento, la coordinazione e l’equilibrio, progredendo lentamente nel primo
Lu di Tai Chi e soprattutto di divertirci con le molteplici risorse che la nostra scuola e il nostro
Maestro ci trasmette:
esercizi a coppie, Chi Kung, passo vuoto e altri esercizi e giochi inventati per la necessità di
comunicare tutto questo.
Naturalmente questo percorso ha, come spesso accade, aiutato gli allievi a svelare soprattutto
a sé stessi i propri limiti e a me la possibilità/capacità di insegnare tutto questo.
Tra gli allievi meno giovani vi è Olga che tenacemente segue il corso, anche se non sempre il
movimento che produce segue l’intenzione data, fno a sbottare un giorno dello scorso anno
dicendo davanti a tutti quello che magari in tanti abbiamo pensato ma mai detto : “ Non
riuscirò mai a fare questo e a ricordarmi la Forma”
Risposi d’istinto, senza pensarci: “ Tu sarai la mia allieva preferita, quella che mi darà più
soddisfazioni “
Lo pensavo veramente, anche se un bravo insegnante non dovrebbe mai mostrare
preferenze.
Come dicevo l’insegnamento non palesa solo i limiti degli allievi ma anche quelli
dell’insegnante, così lei mi metteva alla prova e se riuscivo a trasmettergli qualche goccia
della mia esperienza sapevo di aver fatto un passo avanti anch’io.
Olga rimase perplessa per quella mia dichiarazione e ha continuato indefessa a seguire il
corso e altri appuntamenti alternando passione e scoramento e oggi sa fare tutta la prima
Forma di Tai Chi.
Alla fne di questo secondo anno mi ha portato una lettera, con quello scritto avrebbe
partecipato al concorso di poesia indetto dalla Polisportiva Garegnano per la Festa di fne
attività.
Lei con la sua poesia è arrivata terza, io leggendola mi sono commosso come un bambino.
Senza presunzione credo che noi insegnanti siamo solo dei tramiti, veicolando quel poco di
conoscenza che del Tai Chi ci è rimasto addosso.
Olga ha fatto molto di più, ha raccontato con parole semplici una piccola storia di quanto
straordinario può produrre il Tai Chi nella vita di tutti noi.
ANTONIO SCHIAVONE
RIAPPROPRIO
Questo corpo un poco sfatto
Dalla vita un po’ provato,
questa mente un poco assente,
stanca di rimuginare,
questo spirito latente….
Questo è un “atto” già vissuto che fa parte del passato!
Una musica leggera accompagna i movimenti,
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una palla immaginaria fai ruotare fra le mani,
un elastico in tensione a cui porre l’attenzione,
movimenti rotatori han formato una spirale.
l’equilibrio è ritrovato,
tutto il corpo è risvegliato e,
lo spirito latente è sgusciato dalla mente.
Questo è un giorno un po’ speciale
Questo giorno è un po’ “orientale”
Questo giorno è il giovedì
Ed è quello del tai-chi.
OLGA
Affora con sempre maggior evidenza l'effetto della pratica: la necessità di dare. La forza del
dare.
Dovremmo essere grati ai nostri allievi per permetterci di esprimere questa preziosa qualità:
la capacità insita nella natura dell'uomo di collaborare, di condividere e quindi di dare. Dare
svincolati dal frutto dell'azione. Dare naturalmente, senza compiacimenti nè per ricercare
gratifcazioni e tanto meno per espiare colpe che non abbiam, ma che la società ci ha
convinto di avere.
Un tale comportamento non è in linea con il pensiero che muove l'attuale società ma di
questo, dovremmo andare feri.
Sono contento di far parte del CRT
FRANCO
INVITIAMO TUTTI A SCRIVERE E CONDIVIDERE PENSIERI ED EMOZIONI VISSUTI INSIEME, DUBBI, PROPOSTE
O ESPERIENZE FATTE DURANTE LA PRATICA SCRIVENDO AL SEGUENTE INDIRIZZO:
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WU-LI ONLINE
è una rivista auto prodotta e un bollettino dell’associazione
REDAZIONE
Luigi Simonetti
Francesca Napolitano
Aiko Mescola
Marzia Bianchi
hanno collaborato:
Giulio Bellavere
Marzia Bianchi
Roberta Clara Fontana
Aiko Mescola
si ringraziano
per le fotografe
Ronnie Robinson e Tatiana Cazacisin
per la posta
Olga, Idella, Martina, Antonio
“CENTRO RICERCHE TAI CHI è un'associazione sportiva dilettantistica”.
La denominazione ridotta dell’Associazione è “C.R.T.”
L’Associazione, escluso ogni fne politico e di lucro, sorge con lo scopo di favorire:
sul piano personale, il raggiungimento di una sempre maggiore consapevolezza delle potenzialità
dell’essere umano, fornendo nel contempo agli Associati mezzi idonei, metodi e tecniche per il
conseguimento di una maggior capacità di autodeterminazione e di introspezione;
sul piano generale, il conseguimento di un armonioso equilibrio psicofsico tra individuo e ambiente.
Centro Ricerche Tai Chi
Via A.Calmo, 18
Lido
30126 VENEZIA (VE)
[email protected]
www.taichi.it
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