rischi per malattie respiratorie e allergiche. Quadro - CCM

Transcript

rischi per malattie respiratorie e allergiche. Quadro - CCM
Rivista Scientifica
fondata nel 1945 da Gaetano Del Vecchio
già diretta da Gaetano e Vittorio Del Vecchio
Custodit vitam qui custodit sanitatem
Sed prior est sanitas quam sit curatio morbi
(Flos Medicinae Scholae Salerni)
Le infezioni nelle RSA
Epiinfo strumento per la ricerca e per la didattica
Strategie preventive per la Neisseria Meningitidis
In evidenza in questo numero
Periodico bimestrale
Volume LXVIII – N. 1 – Gennaio / Febbraio 2012
IgSanPubbl – Issn 0019-1639
www.igienesanita.org
In collaborazione con:
Direttore Responsabile
Augusto Panà
Direttore Editoriale
Armando Muzzi
Redazione
Cattedra di Igiene e Medicina Preventiva - Università di Roma Tor Vergata
Comitato Scientifico
Simona Amato, Giovanni Berlinguer, Antonio Boccia, Albert Bosch, Vittorio Carreri,
Gaetano M. Fara, Antonietta Filia, Bertram Flehmig, Elisabetta Franco,
Maria Pia Garavaglia, Giuseppe Giammanco, Donato Greco, Antonino Gullotti,
Elio Guzzanti, Alessandro Maida, Massimo Maurici, Marck McCarthy, Isabella Mastrobuono,
Cesare Meloni, Bruno Paccagnella, Walter Ricciardi, Gianfranco Tarsitani, Giancarlo Vanini
Traduzioni a cura di
Antonietta Filia
Norme editoriali in 3a di Copertina
Hanno collaborato a questo numero
A. Barbieri, A. Boccia, A. Bodina, C. Bontempi, A. Brizzolara, G.Cammarota,
L. Carnevale, S. Castaldi, G.Chiaradia, A. Criscuolo, M. De Giusti, C. de Waure,
M. Di Stasio, D. Di Thiene, E. Fanti, C. Filosa, E. Franco, G. Giraldi,
L. Grossi, C. Laurino, G. La Torre, A. Mannocci, F.S. Martelli, M. Martelli,
P.G. Mazzoli, A. Mengoni, S. Miccoli, M.A. Monteduro, L. morciano,
G. Palmieri, C. Palazzo, W. Ricciardi, C. Rosati, V. Scalmato, A. Sferrazza,
S. Stori, A. Turri, P. Ursillo, G. Vadruccio, M. Visone, L. Zaratti
Edizioni Panorama della Sanità - S.C.a R.L.
Piazzale di Val Fiorita, 3 - 00144 Roma
Tel. 065911662 - Fax 065917809
IGIENE E SANITÀ PUBBLICA È INDICIZZATA SU MEDLINE E INDEX MEDICUS.
Garanzia di riservatezza
Il trattamento dei dati personali che riguardano Autori e Abbonati viene svolto nel rispetto di quanto stabilito
dalla Legge n. 196/03 sulla Tutela dei dati personali. I dati non saranno comunicati o diffusi a terzi e per essi
l’Autore o l’Abbonato potrà richiedere, in qualsiasi momento, la modifica o la cancellazione, scrivendo all’Editore.
Igiene e Sanità Pubblica - Periodico bimestrale a carattere scientifico
Reg. Trib. di Roma n. 4198 del 19.10.1954
Proprietà artistica e letteraria riservata
Accreditato SItI - Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica
Rivista Scientifica
Le infezioni nelle RSA
Epiinfo strumento per la ricerca e per la didattica
Strategie preventive per la Neisseria Meningitidis
In evidenza in questo numero
LXVI.1.2010 • 1
EDITORIALE
2 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica
EDITORIALE
Ig. Sanità Pubbl. 2012; 68: 3-7
Editoriale
Troppa economia ferisce la psiche.
Guido Ceronetti1
Crisi economica e salute dei cittadini
La Sanità pubblica dovrebbe modificare continuamente le sue attività adattandosi ad ogni
cambiamento tecnologico e dei valori sociali2, pur rimanendo stabile la sua finalità di ridurre
mortalità, morbosità e disabilità evitabili, ed anche ogni disagio e malessere delle persone.
Fin dalle sue origini, la Sanità pubblica ha avuto stretti rapporti con lo sviluppo economico
di un Paese, tanto che modernamente sono progrediti in modo parallelo, influenzandosi
reciprocamente3. Da quando infatti si è presa coscienza che la dimensione salute era un
elemento chiave nella determinazione della “forza lavoro” o della “forza militare” di un
Paese, si è ritenuto utile prima che umanitario compiere “uno sforzo organizzato” per proteggere o recuperare la salute (una delle definizioni di Sanità pubblica). A seguire si è accettato
il concetto che la tutela della salute è un diritto costituzionalmente protetto4 ed anche un
investimento economico per la società5. La salute rappresenta un prerequisito fondamentale
per gli obiettivi di sviluppo di ogni società in quanto è attributo indispensabile per la partecipazione alla vita sociale, politica ed economica.
La missione di tutelare la salute ha incontrato un ostacolo alla sua realizzazione in presenza
di un basso stato socioeconomico della popolazione. La relazione empirica tra povertà e
scadente stato di salute, da secoli nota, è ormai un fatto assodato tanto che fin dal primo
Rapporto sanitario mondiale della OMS del 1995 si è potuto autorevolmente affermare che
“la povertà è la più funesta malattia del nostro mondo”6.
Non vi è motivo di dubitare che nei paesi economicamente avanzati, compresa l’Italia, ove
sembrava che il problema della povertà fosse diventato marginale, si sia abbattuta, a partire
dal 2008, una devastante crisi finanziaria ed economica. Una crisi che, alla nota problematica
della povertà-salute, aggiunge ulteriori e meno chiari fenomeni morbosi. Si tratta ora di
stabilire se la crisi economica sia o meno un problema di sanità pubblica, se e come modifichi
la salute collettiva e l’assistenza sanitaria comportandosi come potente determinante di
salute, se richieda nuovi doveri e inconsueti impegni per gli operatori sanitari.
Se per problema di sanità pubblica si intende una situazione che desta preoccupazione per la
salute collettiva, che invita a trovare una soluzione anche di natura sanitaria, che fa ipotizzare la possibilità di un esito desiderabile, la crisi economica si può agevolmente considerare
tale. Anche perché ha toccato le corde più sensibili della disciplina colpendo argomenti quali
giustizia sociale, disuguaglianze di salute, disuguaglianze di assistenza sanitaria, ecc.7. La
costante crescita economica avvenuta nel 20° secolo nei paesi tecnologicamente avanzati si
Igiene e Sanità Pubblica
LXVIII.1.2012 • 3
EDITORIALE
è accompagnata alla costante diminuzione del tasso di mortalità generale pur presentando
oscillazioni correlate ai cicli di espansione e recessione economica8. Se è intuitivo rilevare un
aumento della mortalità durante i periodi di recessione appare un fenomeno paradossale
osservarlo anche durante i periodi di espansione economica9. Le rapide fluttuazioni sono da
considerare fisiologiche ed è un campo ancora incolto lo studio dell’impatto delle oscillazioni
economiche sullo stato di salute riferito ai diversi gruppi sociali, agli elementi che agiscono
da cause, all’età e genere delle persone colpite e così via10. Le analisi sulla relazione saluteeconomia hanno da tempo dimostrato che lo standard di vita (livello economico) non
equivale alla qualità di vita (livello salute) e che la relazione basata su dati riferiti alla
media della popolazione non evidenziano le disuguaglianze di salute già presenti e che
vengono esacerbate nelle situazioni di crisi economica.
Un gran numero di studi ha dimostrato che la crisi economica, e soprattutto un elevato
livello di disoccupazione11, incide sulla salute collettiva in termini di peggioramento della
salute mentale, di aumento dei suicidi e di tossicodipendenze, di adozione di stili di vita meno
salutari (ad es. consumo di alimenti più economici ma a minore valore nutritivo, aumento
del fumo e dell’utilizzazione di alcoolici come rimedio allo stress); ed influisce anche sull’assistenza sanitaria a seguito della riduzione di finanziamento dei servizi che diventano
sovraffollati, con aumento delle liste di attesa. Non mancano comunque voci discordanti
che sostengono che la crisi economica si accompagna anche ad alcuni vantaggi per la salute
collettiva12 (come la segnalata riduzione degli incidenti automobilistici per minor consumo
di alcoolici)13 o che, quanto meno, le informazioni finora raccolte non sono così evidenti
quanto lascia credere l’intuizione. Tant’è vero che Catalano e coll.14, esaminando gli effetti
sulla salute somatica, psichica e comportamentale dei tre maggiori meccanismi che si attivano nelle crisi economiche, evidenziano che possono contemporaneamente aumentare o diminuire l’incidenza dei fenomeni patologici nella popolazione. Lo stress, il principale e dominante meccanismo, accompagna la scomparsa o il cambiamento di lavoro, le perdite finanziarie, il calo dello stato sociale ed altri eventi correlati come le liti familiari. D’altra parte,
la perdita o la riduzione del tempo del lavoro, ad esempio, fa diminuire lo stress correlato al
lavoro stesso, oppure migliora l’osservanza delle regole di sicurezza per un rallentamento dei
ritmi lavorativi. Il secondo meccanismo, di frustrazione/aggressione, si sviluppa per il diniego di un compenso atteso, suscitando comportamenti antisociali o il ricorso all’uso di droghe
e sostanze alcooliche. Lo stesso meccanismo però può avere un effetto inibitorio sui comportamenti antisociali o il ricorso all’uso di droghe e sostanze alcooliche quando aumenta la
paura di perdere il lavoro. Il terzo meccanismo – denominato “effetto bilancio” – mette in
moto le risorse disponibili in tempo, energia e denaro per gestire le nuove condizioni ambientali e personali con risultati, a seconda delle circostanze, sia positivi e sia negativi.
La crisi economica comporta quindi nuovi doveri e inconsueti impegni per gli operatori
sanitari, secondo il tradizionale approccio del miglioramento delle conoscenze epidemiologiche
del fenomeno, seguito dal contributo di sostegno ad azioni contrastanti gli avvenimenti,
4 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica
EDITORIALE
azioni in gran parte extrasanitarie e sicuramente globali15. Analisi econometriche come le
misure del livello di sotto-/disoccupazione e delle modifiche dei consumi di beni e servizi sono
usate dagli economisti per documentare i disordini economici, accompagnate da indagini
qualitative sulla sensazione di insicurezza della popolazione durante i periodi dominati da
incertezze economiche. Ma non è un facile compito identificare e testare i meccanismi che
collegano la crisi economica ai disagi e malesseri individuali e collettivi in quanto di natura
principalmente psicologica e comportamentale16; è necessario adottare inediti schemi
metodologici dato che gli effetti da distinguere riguardano sia i soggetti direttamente interessati
ma anche, indirettamente, familiari (in particolare mogli e figli) e vicini.
Altrettanto impegnativo è cercare di ridurre il diffuso senso di apprensione per le vicende
economico-finanziarie, conseguente alla eccessiva informazione ansiogena ed allarmante,
fenomeno tipico proprio dei paesi economicamente più sviluppati. Notizie di questo genere,
e le modalità con cui vengono diffuse, fanno nascere in molti la sensazione di vivere in un
mondo ostile, in cui qualcosa di terribile e senza rimedio potrebbe accadere da un momento
all’altro. Ampliando questo discorso, la precarietà che sembra aver investito tutti i settori,
partendo da quello economico e diffondendosi di conseguenza a quello lavorativo, relazionale
e così via, ha anche minato alcuni punti fissi della vita individuale e collettiva. L’impatto
mediatico della crisi economica si avvicina, in certo qual modo, agli episodi di terrorismo
laddove i “danni psicologici” superano di gran lunga i “danni somatici”17. La Sanità pubblica
si deve far carico anche di come le informazioni devono essere comunicate alla gente,
tempestivamente, accuratamente e sopratutto in modo da non suscitare allarmi e paure.
Comunicare efficacemente durante le crisi richiede preparazione, conoscenza dei mezzi di
comunicazione, capacità di elaborare messaggi e saper gestire i flussi di informazioni18.
Questa nota si chiude all’indomani della lettera “segreta” del 5 agosto 201119 con la quale
la Banca Centrale Europea entra nel merito dettagliato di ciò che dovrebbe essere la versione italiana della “crisi economica”. La Sanità pubblica, che ha sempre esortato a vivere
tutelando e guadagnando salute, potrebbe spingere la popolazione a “vivere con parsimonia” in quanto le due azioni non sono tra loro in contrasto ma, nella gran parte dei casi,
sinergiche e consolidate. Un invito che ha lanciato anche l’Economia, non sempre in accordo con la Sanità pubblica, affermando la necessità di una “decrescita economica”. Quest’ultima, secondo i suoi sostenitori, deve riguardare sia il livello individuale, con la scelta di stili
di vita detti di “semplicità volontaria”, sia il livello globale, con la modifica delle attività
economiche al fine di ridurre l’impatto ecologico, l’impronta ecologica20 e gli sprechi energetici.
Evans21 mette in guardia dalla possibilità che la crisi economica «rinfocoli le pressioni di
spostare la spesa sanitaria dai bilanci pubblici a quelli privati … dalle persone relativamente
sane e benestanti a quelle relativamente malate e indigenti». Un motivo in più per raccomandare di intensificare le attività di prevenzione e promozione della salute.
Armando Muzzi, Augusto Panà
Igiene e Sanità Pubblica
LXVIII.1.2012 • 5
EDITORIALE
Note
1
«Ora, questo vomitare ininterrotto stampato e mediatico, economia-economia-economia, questo
non occuparsi d’altro delle classi dirigenti, questo sparare addosso alla gente con fucili
automatici che c’è una crisi inaudita, mai vista finora, colossale, irrimediabile, ovviamente
planetaria, in quale ideale pattumiera finisce - se non l’anima umana - la sostanza mentale, il
corpo eterico…» Corriere della Sera, 20 agosto 2011, pag. 51.
2
Si possono elencare una infinità di avvenimenti che hanno sollecitato la evoluzione della
sanità pubblica come, ad esempio, i cambiamenti demografici ed epidemiologici, gli sviluppi
scientifici e tecnologici, la trasformazione dei sistemi sociali e politici.
3
Non è necessario condividere o meno il concetto di sviluppo che ha subito, negli ultimi
decenni, una sostanziale identificazione con quello di sviluppo economico, inteso come crescita continua del PIL, mentre vengono recuperate nella teorizzazione e nelle analisi empiriche
sullo sviluppo, nonché nelle strategie politiche, dimensioni non economiche precedentemente
ignorate, come quella del benessere e qualità di vita (Editoriale. Qualità della vita nelle provincie
italiane. IgSanPubl 2009; 65: 3-8).
4
Maciocco G. Evoluzione storica del diritto alla salute. Cfr. http://www.master-sistemisanitarimedicinenonconvenzionali.org/wp-content/uploads/2011/04/Centenario_Maciocco_P.doc (reperibile nel gennaio 2012).
5
Dicembre 2011 è il 10° anniversario della pubblicazione del famoso Rapporto della Commissione “macroeconomia e salute” della WHO che documenta come un migliore stato di salute
porta ad un aumento della ricchezza in termini di guadagno di produttività e di PIL (Report
of the Commission on Macroeconomics and Health. Macroeconomics and Health: Investing in
Health for Economic Development Commission on Macroeconomics and Health. Geneva 20 December
2001). Cfr. http://whqlibdoc.who.int/publications/2001/924154550x.pdf (reperibile nel gennaio 2012).
6
WHO. The world health report 1995 - bridging the gaps. Geneva 1995. Cfr. http://www.who.int/
whr/1995/en/index.html (reperibile nel gennaio 2012).
7
Editoriale. Sanità pubblica e giustizia sociale. IgSanPubl 2010; 66: 267-71
8
Tapia Granados J.A. Increasing mortality during the expansions of the US economy, 1900–1996.
International Journal of Epidemiology 2005; 34: 1194–1202
9
Khang YH, Lynch JW, Kaplan GA. Impact of economic crisis on cause-specific mortality in South
Korea. International Journal of Epidemiology 2005; 34: 1291-1301.
10
McKee M, Suhrcke M. Health and economic transition. International Journal of Epidemiology
2005; 34: 1203-6; Ruhm CJ. Mortality increases during economic upturns. International Journal of
Epidemiology 2005; 34: 1206-11.
11
Il rapporto lavoro-salute assume una valenza particolare nelle crisi economiche in quanto in
esso si fondono tutti gli elementi distintivi insiti nel concetto stesso di salute (soddisfacimento
di tutte le categorie di bisogni umani, secondo la teoria dei bisogni di Maslow e suoi perfezionamenti).
12
Catalano R, Bellows B. Commentary: If economic expansion threatens public health, should
epidemiologists recommend recession? International Journal of Epidemiology 2005; 34: 1212–13;
Stuckler D, Basu S, Suhrcke M, Coutts A, McKee M. The public health effect of economic crises
and alternative policy responses in Europe: an empirical analysis. Lancet 2009; 374: 315-323.
6 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica
EDITORIALE
Kentikelenis A, Karanikolos M, Papanicolas I, Basu S, McKee M, Stuckler D. Health effects of
financial crisis: omens of a Greek tragedy. The Lancet 2011; 378: 1457-1458
14
Catalano R, Goldman-Mellor S, Saxton K, Margerison-Zilko C, Subbaraman M, LeWinn K,
Anderson E. The Health effects of economic decline. Annu. Rev. Public Health 2011; 32: 431–50.
15
La soluzione delle crisi economiche globali, che si accompagnano alle crisi ecologiche globali,
richiedono massicci interventi statali con investimenti in tecnologie “verdi”, in salute, in
istruzione, in servizi alla persona ed incentivi per ridurre sprechi e consumi inutili (De Vogli
R, Gimeno D. The G20 and the three global crises: what prospects for global health? J. Epidem.
Comm. Health 2010; 64: 99-100).
16
Si da per scontato che la ricerca epidemiologica non sia limitata ai soli problemi biomedici,
avendo acquisito in questo campo sofisticate metodologie investigative, ma sia in grado di
affrontare tutti i problemi connessi alla salute individuale e collettiva. Finalità generale della
ricerca epidemiologica è infatti stimare il grado con cui condizioni e/o esposizioni determinano
rischi di malattie, cercando di conoscere cioè il rischio di malattia che può essere attribuito
a determinate condizioni e/o esposizioni.
17
Le conseguenze psicologiche possono rivelarsi sotto forma di stati di angoscia (ad es. insonnia,
paura, ansia, sensazione di vulnerabilità); di modifiche comportamentali (ad es. azioni inconsulte, rinuncia alle incombenze sociali, aumentato consumo di nicotina, alcool ed altre droghe); di
manifestazioni di sintomi psicosomatici ed attacchi di sintomi clinicamente non spiegabili; di
sintomatologia francamente psicologico/psichiatrica (ad es. malinconia, irritabilità, dissociazione)
fino a vere malattie psichiatriche come depressione e disordini post-traumatici (Compton MT,
Kotwicki RJ, Kaslow NJ, Reissman DB,Wetterhall SF. Incorporating mental health into bioterrorism
response planning. Public Health Reports 2005; 120: 16-19, supplement 1)
18
Si era a suo tempo asserito che «sono infatti ancora numericamente insufficienti i medici
competenti nella poco familiare disciplina della comunicazione al grande pubblico dei rischi
per la salute. Pochi hanno ricevuto una formazione sui metodi per promuovere una efficace
comunicazione in grado di informare senza creare allarmismi o false cognizioni. Se per i medici
clinici questo compito è stato reso obbligatorio nei riguardi dei singoli soggetti, di norma
malati (consenso informato), ancora non lo è per i medici di Sanità pubblica. É tempo, onde
evitare situazioni simili a quella raccontata, di apprendere la scienza e l’arte di rilasciare
chiari, sintetici, efficaci comunicati in modo da informare senza spaventare ed educare senza
provocare allarmi» (Editoriale. “Igiene e Sanità pubblica” e comunicazione al pubblico. IgSanPubl
2006; 62: 571-75).
19
Cfr. http://www.ilpost.it/2011/09/29/la-lettera-della-bce-al-governo/ (reperibile nel gennaio 2012).
20
La relazione tra il consumo umano di risorse naturali con la capacità della Terra di rigenerarle.
In Italia l’impronta ecologica è stata e viene calcolata non solo per l’intera nazione, ma anche
su scala regionale e locale. Il Cras (Centro ricerche applicate per lo sviluppo sostenibile) ha
calcolato l’impronta per le Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Puglia, Sardegna,
Sicilia e Toscana; l’Istituto Ricerche Interdisciplinari sulla Sostenibilità, costituito dalle
Università di Torino e di Brescia, ha calcolato l’impronta ecologica per la province di Ancona,
Ascoli Piceno, Cagliari, Forlì-Cesena, Pesaro Urbino, Siena e per il comune di Follonica.
21
Evans R. Unhealthy markets: financial crisis, fiscal crisis … health care crisis? J. Health Serv. Res.
Policy 2009; 14: 68-9
13
Igiene e Sanità Pubblica
LXVIII.1.2012 • 7
Rivista Bimestrale
“Igiene e Sanità Pubblica” è una delle più autorevoli riviste
EDITORIALE
italiane del settore, fondata nel 1945 dal Prof. Gaetano Del Vecchio,
Medico Provinciale di Roma, che la diresse insieme al fratello il
Prof. Vittorio Del Vecchio, già Direttore dell’Istituto di Igiene
dell’Università “La Sapienza” di Roma. Il fondatore stesso volle che
gli succedesse nella direzione della rivista il Prof. Augusto Panà,
Ordinario di Igiene dell’Università di Roma “Tor Vergata”, che con
lui aveva iniziato la sua carriera di Igienista.
La rivista in questi anni ha assunto una primaria importanza a
livello nazionale ed ha ottenuto riconoscimenti per la qualità di alcuni
rilevanti contenuti di sanità pubblica, tra cui l’organizzazione sanitaria
e l’ambiente. Da due anni, ha avuto un importante riconoscimento
dalla Commissone specifica dell’American Libray che le ha attribuito
uno score tra 3,5 e 3,8 corrispondente a “very good” inserendola
ufficialmente nel circuito delle riviste indicizzate su Medline e su
Index Medicus. La rivista inoltre è accreditata dalla SItI.
Sottoscrivi o rinnova
l’abbonamento annuale
alla Rivista Scientifica
SOTTOSCRIZIONE DELL’ABBONAMENTO ANNUALE ALLA RIVISTA BIMESTRALE
e 75,00
e 60,00
e 55,00
e 100,00
Abbonamento Ordinario (Enti, Aziende)
Abbonamento Personale (Individuale)
Abbonamento Socio SItI
Abbonamento Estero
Nome
Ente
_________________________________________________________________
____________________________________________________
CAP.
_______________________________________
Città
Tel.
______________________________________________
Servizio
Cognome
Volume singolo e12,00
+
e 3,00 a copia per spedizione ordinaria
e 10,00 a copia per spedizione con corriere espresso,
consegna garantita entro 24/48 ore
IMPORTO ORDINE
e
_____________________________________________________________
_____________________________________________________________________________________________________________________
____________________________________________________
Indirizzo
_______________________________________________________________________
________________________________________________________________________________________________________________________
Fax
______________________________________________
E-mail
Prov.
_________________
___________________________________________________________________________________
Il pagamento anticipato, intestato a EDIZIONI PANORAMA DELLA SANITÀ Società cooperativa può essere effettuato mediante:
bonifico bancario Banco di Brescia - IBAN IT84Y0350003212000000035000 (si allega fotocopia)
c/c postale n.89920847 (si allega fotocopia)
autorizzazione all’addebito su carta di credito
CartaSi
Visa
Mastercard
scad.
mm
aa
intestata
a:
n.
____________________________________________________________________________________
N. Codice di sicurezza
(Per VISA e MASTERCARD le ultime 3 cifre
stampate sul retro della carta di credito)
Ai sensi e per gli effetti dell'art. 13 del d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003, Edizioni Panorama della Sanità scarl informa che i dati personali forniti ai fini della presente iscrizione saranno trattati, con modalità cartacee ed informatizzate, per le finalità istituzionali
dell'ente. I dati forniti a Edizioni Panorama della Sanità scarl non verranno comunicati ad altri soggetti, né saranno oggetto di diffusione. Il titolare del trattamento dei dati è Edizioni Panorama della Sanità scarl che ha sede in Roma, Piazzale di Val Fiorita, 3.
In relazione al predetto trattamento, è possibile rivolgersi a Edizioni Panorama della Sanità scarl per esercitare i diritti riconosciuti dall'art. 7 del d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003. Qualora non desideri ricevere ulteriori comunicazioni sulle nostre iniziative editoriali,
La preghiamo di barrare la casella qui accanto
Data
_______________________________________________________
Firma
__________________________________________________________________________________________
LA COMPILAZIONE DELLA CEDOLA IN OGNI SUA PARTE È ASSOLUTAMENTE NECESSARIA PER UN CORRETTO SVOLGIMENTO DEL NOSTRO SERVIZIO
Compilare la cedola in ogni sua parte e inviarla per posta, via fax o per e-mail a:
8 • LXVIII.1.2012
Coordinamento editoriale e servizio abbonamenti
Igiene e Sanità Pubblica
Edizioni Panorama della Sanità s.c.ar.l. • Piazzale di Val Fiorita, 3 • 00144 Roma
Tel. 065911662 • Fax 065917809 • [email protected]
EDITORIALE
Ig. Sanità Pubbl. 2012; 68: 9-18
Parte Scientifica e Pratica
Scelte alimentari errate tra scolari adolescenti
della regione Campania
Giancarlo Cammarota*, Michele Di Stasio*, Carmine Laurino*,
Assunta Criscuolo**, Carmela Filosa**, Mariano Visone**,
Giuseppe Palmieri **°
*
**
°
Istituto di Scienze dell'Alimentazione, CNR, via Roma 64, 83100, Avellino
Associazione Uniti contro le Malattie Neoplastiche, Onlus, via Iervolino,115, 08040,
Poggiomarino (Na)
Istituto di Chimica Biomolecolare, CNR, traversa La Crucca 3, 07100, Sassari
Parole Chiave Alimentazione, Ragazzi, Obesità, Rischio di cancro
Riassunto
Un campione di 1.066 scolari tra i 15 ed i 16 anni della scuola secondaria di
secondo grado, in Campania, ha compilato un questionario ad hoc su alcune abitudini
alimentari. Il nostro studio rileva una associazione tra il consumo di diverse tipologie di
bevande alcoliche. Le scelte di bevande gassate durante lo spuntino, sia mattutino che
pomeridiano, sono associate tra loro e con l'utilizzo di macchinette distributrici. Inoltre, il
28.8% del campione consuma carni rosse più di tre volte a settimana; frequente è anche il
consumo di carni bianche.
Unhealthy food choices of adolescent schoolchildren in the Campania region (Italy)
Key words
Nutrition, Adolescents, Obesity, Cancer risk
Summary
A questionnaire study to evaluate the eating habits of a sample of
adolescents was conducted in 2009-2010 in Campania (Italy). The study involved 1,066
secondary school students aged 15 to 16 years. Fifty-two percent of participants were
male and 96% lived in an urban area. Questionnaires were self-administered and
anonymous. Results show an association between the consumption of different types of
alcoholic beverages. Adolescents who drink carbonated beverages as a mid-morning
snack tend to do the same during the mid-afternoon snack. Moreover, drinking carbonated
beverages during morning and afternoon snacks was associated with the use of vending
machines. Twenty-nine percent of participating students reported eating red meat more
than four times per week.
Igiene e Sanità Pubblica
LXVIII.1.2012 • 9
G. CAMMAROTA, M. DI STASIO, C. LAURINO, A. CRISCUOLO, C. FILOSA, M. VISONE, G. PALMIERI
Introduzione
La selezione degli alimenti attraverso il complesso processo della scelta, determina
l’assunzione dei nutrienti, per il mantenimento dello stato di salute, per il corretto
bilancio energetico e lo sviluppo plastico di organismi durante la fase di crescita.
Una dieta impropria durante la adolescenza può però determinare l’obesità, la
insorgenza di malattie croniche come il diabete di tipo 2, l’ipertensione, la malattia
coronarica e aumentare il rischio di cancro [1, 2, 3, 4].
L’uso di bevande alcoliche, specialmente se non occasionale deve essere prevenuto
negli adolescenti per evitare assunzioni elevate e prevenirne l’assunzione da adulti.
Un consumo da 10 a 60 grammi al giorno incrementa il rischio di cancro della
mammella dal 9% al 41% mentre quantità più elevate sono tossiche per il fegato [5].
Le bevande gassate zuccherate sono maggiormente consumate durante gli
spuntini, quando la scelta alimentare è meno controllata per la qualità e la quantità
[6, 7]. Sono particolarmente insidiose, non solo per la loro composizione (alta
concentrazione di zuccheri semplici, scarsa presenza di fibre) ma anche perché
sostituiscono succhi di frutta e acqua [8]. Le calorie assunte questo tipo di bevande
si sommano a quelle degli alimenti, spesso già di per sè molto calorici, consumati
durante gli spuntini.
I distributori automatici forniscono alimenti, sicuri da un punto di vista igienico,
in porzioni singole, anche in contesti nei quali sarebbe difficile una diversa
erogazione, tuttavia la possibilità di scelta ricade su alimenti ricchi in grassi saturi,
zuccheri e poveri in sali minerali e vitamine. Inoltre l’uso dei distributori è stato
associato negativamente con il consumo di frutta [9].
Diversi ricercatori hanno studiato le correlazioni tra il consumo di specifici cibi
durante l’infanzia e l’adolescenza ed il suo impatto con il rischio di cancro. È stato
dimostrato che l’eccessivo consumo di carne rossa, burro e fritture nonché un più
elevato indice glicemico durante questa fase di crescita sia correlato ad un aumento
di cancro nell’età adulta; viceversa, un ridotto rischio è stato associate con il
consumo di grassi vegetali, fibre (frutta e verdure) e cibi contenti vitamina E [10,
11, 12]. In generale, il consumo troppo frequente di qualsiasi tipo di carne è stato
associato al rischio di cancro in popolazioni caucasiche [13, 14, 15, 16]. Il consumo
frequente di carne rossa e dei prodotti trasformati a base di carne rossa è associato
positivamente con il carcinoma colo rettale [17], con il carcinoma della mammella
[18] e con il cancro alla prostata [19]. Ci sono evidenze che tale rischio di neoplasie
10 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
SCELTE ALIMENTARI ERRATE TRA SCOLARI ADOLESCENTI DELLA REGIONE C AMPANIA
non sia correlato alla carne per se (questa contiene potenziali anticancerogeni,
quali acidi grassi polinsaturi omega-3 e coniugati di acidi linoleici), ma possa
riflettere una più elevata assunzione di cancerogeni e pro-cancerogeni (questi
ultimi possono venire attivati dai vari metodi di processamento e cottura della
carne) contenuti nei grassi di origine animale, il tutto associato alla coesistenza di
particolari assetti genomici o genotipi predisponenti [20]. La carne è anche ricca
in grassi saturi e colesterolo; pertanto, il suo frequente consumo può favorire l’obesità
e le malattie cardiovascolari.
La Campania ha una percentuale di sovrappeso e obesi più alta della media
nazionale [21]. Lo scopo principale di questo studio è la identificazione di alcune
“tipologie” di comportamenti alimentari che vedano associate scelte scorrette, per
indirizzare interventi informativi ed educativi.
Materiali e metodi
Il campione che ha fornito questionari utili era costituito da 1.066 studenti
frequentanti la scuola secondaria di se condo grado nella regione Campania, 558
maschi e 508 femmine, nell’anno scolastico 2009-2010. Poiché nella fase
adolescenziale le abitudini alimentari possono essere fortemente dipendenti dalla
fascia di età abbiamo scelto un range molto piccolo, solo gli studenti con età
compresa tra 15 e 16 anni sono stati invitati a partecipare. Il 47,7% del campione
aveva 15 anni e il 52,3% 16 anni. Tutti gli studenti erano residenti in Campania, il
95,6% in aree urbane. Le scuole coinvolte sono state scelte casualmente, nelle sole
aree urbane, al fine di avere un campione più omogeneo. È da sottolineare che
nelle aree urbane a forte industrializzazione il rischio di cancro sia più elevato e
non strettamente correlato alle sole abitudini alimentari [22, 23]. In Campania, è
stato dimostrato un rischio maggiore di cancro nelle aree urbane sia per i maschi
che per le femmine [24].
Genitori e studenti sono stati approfonditamente informati sullo scopo dello studio.
Le scuole hanno fornito un permesso scritto e i questionari sono stati compilati in
presenza degli insegnanti. Il questionario è stato condotto in maniera anonima,
non contenedo informazioni relative al nome ed indirizzo dei partecipanti,
rendendone impossibile la identificazione. Ai partecipanti veniva richiesto di
indicare se consumavano gli alimenti, indicati in ordine casuale, in un riquadro
sulla destra era possibile indicare un numero da 0 a 7 corrispondente alla frequenza
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 11
G. CAMMAROTA, M. DI STASIO, C. LAURINO, A. CRISCUOLO, C. FILOSA, M. VISONE, G. PALMIERI
settimanale. Per le bevande gassate zuccherate era richiesto specificamente se
venivano consumate durante lo spuntino di metà mattina o di metà pomeriggio.
Una domanda riguardava anche l’utilizzo delle macchine distributrici. La validità
del questionario è stata stabilita mediante la comparazione con il rilevamento dei
consumi (diario di 7 giorni).
Lo studio epidemiologico è stato approvato dai Comitati Etici dell’Università di
Sassari e dell’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 1 di Sassari. Lo studio attuale è da
considerarsi una estensione in Regione Campania di una indagine epidemiologica
più ampia volta alla definizione dei fattori di rischio in ambito oncologico avviata
precedentemente in Sardegna.
L’Analisi delle Componenti Principali (PCA) è stata attuata per ridurre la
dimensionalità di un insieme di variabili conservando nello stesso tempo la variabilità
massima in termini di struttura di varianza-covarianza; la PCA cerca di definire la
struttura di varianza-covarianza di un insieme di dati attraverso un sistema di
coordinate il cui numero di dimensioni è minore rispetto al numero delle variabili
originarie [25]. Dato un insieme di variabili, ad esempio Y, un modello PCA
trasforma tali variabili in un nuovo insieme, ad esempio ^
Y, con un nuovo sistema di
coordinate avente un numero inferiore di dimensioni, cioè C < M, tuttavia ancora
in grado di catturare la maggior parte della variabilità contenuta nell’insieme di
dati originario. Ogni coordinata del nuovo sistema trasformato è nota come
componente principale. La forza delle variabili per ciascuna delle due componenti
mostrate (Tabella 2) è indicata da un coefficiente per ogni variabile, indicando il
contributo di ciascuna variabile alla singola componente.
L’analisi statistica è stata eseguita con il software STATISTICA versione 8.0.
(2008) della StatSoft, Inc. (Tulsa, Oklahoma, USA).
Risultati
Poiché le bevande considerate non sono essenziali per la dieta, abbiamo
considerato, per la frequenza di consumo settimanale, non consumatori solo coloro
che non le consumano o che le consumano meno di una volta a settimana (Tabella
1). Per le carni abbiamo usato una soglia diversa; essendo esse un alimento utile al
corretto apporto proteico e facendo parte di una sana dieta per i ragazzi, non si
poteva utilizzare una soglia così bassa ed abbiamo quindi considerato un consumo
superiore a tre volte a settimana come eccessivo [11, 20].
12 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
SCELTE ALIMENTARI ERRATE TRA SCOLARI ADOLESCENTI DELLA REGIONE C AMPANIA
Tabella 1- Percentuali di ragazzi che consumano gli alimenti indicati
Frequenza di consumo settimanale
≥1
≥4
Vino
23,2
Birra
28,4
Liquori
15,8
Bevande gassate spuntino mattina
13.1
Bevande gassate spuntino pomeriggio
17,3
Utilizzo distributori automatici
33,5
Carne bianca
10,1
Carne rossa
28,8
Il numero di giorni a settimana considerato è indicato in alto, in corrispondenza delle percentuali
L’1,1% degli studenti non ha completato correttamente il questionario mentre il
9,6% di essi era assente o ha rifiutato di partecipare. La PCA ha identificato due
componenti, le quali spiegano il 41.3% della varianza totale nei comportamenti.
La Componente 1 è stimata per il 21.7% della varianza nei dati e essenzialmente
descrive le associazioni tra bere birra, bere vino e bere liquori. Le tre varianti sono
tutte positive, e formano un piccolo cluster; le opzioni appaiono tutte nello stesso
quadrante e molto ravvicinate (Figura 1), dunque i ragazzi che bevono birra,
bevono contemporaneamente anche il vino e i liquori una o più volte a settimana.
In sintesi la Componente 1 rivela un modello di comportamento che è legato al
consumo di bevande alcoliche.
La Componente 2 è stimata per il 19.6% della varianza nei dati e descrive le
associazioni tra bere bevande gassate di mattina, bere bevande gassate di
pomeriggio, utilizzare i distributori automatici, mangiare carni rosse, mangiare
carni bianche.
Tabella 2 - Analisi delle Componenti Principali (PCA): Correlazioni fra le variabili
originarie e le prime due componenti
Componente 1
Componente 2
Vino
0.31
Birra
0.30
Liquori
0.30
Bevande gassate spuntino mattina
-0.04
Bevande gassate spuntino pomeriggio
-0.15
Utilizzo distributori automatici
-0.20
Carne bianca
-0.32
Carne rossa
-0.36
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 13
G. CAMMAROTA, M. DI STASIO, C. LAURINO, A. CRISCUOLO, C. FILOSA, M. VISONE, G. PALMIERI
Le opzioni sono tutte nello stesso quadrante (Figura 1); i ragazzi che assumono
bevande gassate durante lo spuntino di metà mattina, tendono ad assumerle anche
durante lo spuntino pomeridiano e ad utilizzare i distributori automatici. I ragazzi
che mangiano le carni bianche quattro o più volte a settimana tendono a mangiare
le carni rosse con la stessa frequenza, la percentuale del campione che consuma
carni rosse più di tre volte a settimana è anche maggiore, come risulta dalla Tabella
1. Il consumo di bevande gassate associato a quello della carne evidenziato dalla
Componente 2, è anche tipico nella scelta degli alimenti proposta dai fast food.
Figura 1- PCA: Scatterplot dei pesi fattoriali tra le diverse componenti principali
14 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
SCELTE ALIMENTARI ERRATE TRA SCOLARI ADOLESCENTI DELLA REGIONE C AMPANIA
Discussione
Gli interventi di educazione alimentare possono essere indirizzati meglio se si
conoscono i comportamenti alimentari più frequentemente ricorrenti. Questi
comportamenti possono essere studiati singolarmente, se si prendono ad esempio
in considerazione gli studi sull’effetto che il consumo di singoli alimenti può avere
sullo stato di salute, i riferimenti in letteratura sono molteplici, ma lo stato di salute
o il futuro stato di salute della popolazione in esame, è influenzato dal consumo
complessivo degli alimenti per questo è anche opportuno considerare le associazioni
tra i consumi e più in generale le associazioni tra i comportamenti alimentari [26,
27, 28]. Nel nostro studio abbiamo individuato delle associazioni tra comportamenti
alimentari che possono influire negativamente sullo stato di salute. Un dato
preoccupante viene dal consumo di bevande alcoliche, già rilevato in altri studi
sul territorio nazionale [29, 30]; poiché la PCA mostra una forte associazione tra
consumo di birra vino e liquori, si può dire che gli effetti negativi dei tre tipi di
bevande alcoliche si sommano nei ragazzi consumatori e questo va sicuramente
evitato. Dalla PCA risulta che l’utilizzo del distributore automatico è associato
con il consumo di bevande gassate. In letteratura, è riportata l’influenza negativa
dell’utilizzo del distributore automatico sulle scelte alimentari [31, 32]; il nostro
studio evidenzia che la scelta di bevande gassate assunte durante lo spuntino
mattutino e pomeridiano sono fortemente associate tra loro e con l’utilizzo di
macchinette distributrici, questo identifica una “tipologia” comportamentale verso
la quale indirizzare interventi informativi ed educativi.
Le bevande gassate che determinano una assunzione notevole di zuccheri semplici
vengono associate a spuntini talvolta fatti con gli stessi alimenti disponibili al
distributore o con merende talvolta già di per sé molto caloriche. Il consumo di
carne sia bianca che rossa con frequenza settimanale maggiore di tre (vedi Figura
1) si posiziona non molto lontano nello stesso quadrante, facendo pensare ad un
consumo di carne o trasformati, anche durante gli spuntini, talvolta associato al
consumo di bevande gassate.
Sempre per il consumo di carni, abbiamo una discreta percentuale di ragazzi che
mangia carni rosse quattro o più volte a settimana (Tabella 1); questa abitudine va
moderatamente limitata [11, 20], soprattutto se associata con altri alimenti con
alto contenuto in proteine. La associazione del consumo di carni bianche e rosse
con una frequenza maggiore di tre volte a settimana è emersa dalla analisi dei dati
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 15
G. CAMMAROTA, M. DI STASIO, C. LAURINO, A. CRISCUOLO, C. FILOSA, M. VISONE, G. PALMIERI
della PCA e rappresenta un’abitudine alimentare che andrebbe sicuramente
evitata. Un suggerimento concreto ai ragazzi, per ridurre questa associazione,
oltre al consumo di bevande gassate è di limitare al massimo la frequentazione dei
fast food.
In conclusione, i nostri risultati possono essere indirizzati a inserire nelle campagne
di prevenzione, per una corretta alimentazione, interventi informativi che mettano
in evidenza la pericolosità della associazione tra diversi tipi di bevande alcoliche,
che indirizzino ad una dieta più sana mediante un più corretto utilizzo del
distributore automatico promuovendo il consumo di acqua in sostituzione delle
bevande gassate, evidenziando i rischi che un eccessivo consumo di carne nella
dieta può apportare al mantenimento di uno stato di salute sano.
Ringraziamenti
Un particolare ringraziamento ai presidi ed al personale docente delle scuole
che hanno partecipato allo studio.
Bibliografia
1.
Andersen LB, Wedderkopp N, Hansen, HS, Cooper AR, Froberg K. Biological cardiovascular
risk factors cluster in Danish children and adolescents: the European Youth Heart Study. Prev
Med 2003; 37(4): 363-67.
2.
Law M. Dietary fat and adult diseases and the implication for childhood nutrition: an epidemiologic
approach. Am J Clin Nutr 2000; 72: 1291S-96S.
3.
Biro FM. Wien M. Childhood obesity and adult morbidities. Am J Clin Nutr 2010; 91(5):1499S05S.
4.
Fuemmeler BF, Pendzich MK, Tercyak KP. Weight, dietary behavior, and physical activity in
childhood and adolescence: implications for adult cancer risk. Obes Facts 2009; 2: 179-86.
5.
Room R, Babor T, Rehm J. Alcohol and public health. Lancet 2005; 365: 519-30.
6.
Cammarota G, Graziani MP, Laurino C, Pellicano MP. Gender differences in the eating
behaviour of Italian schoolchildren. La Rivista di Scienza dell’Alimentazione. 2008; 2: 29-38.
7.
Prättälä R. Teenage meal patterns and food choices in a Finish city. Ecol Food Nutr. 1989; 22:
285-95.
8.
Harnack L, Stang J, Story M. Soft drink consumption among US children and adolescents:
nutritional consequences. J Am Diet Assoc 1999; 99: 436-41.
9.
Kubik M.Y., Lytle L. A., Hannan P.J., Perry C.L., Story M. The association of food environment
with dietary behaviors of young. Am J Public Healt. 2003, 93: 1168-1173.
10.
Thiébaut AC, Jiao L, Silverman DT, Cross AJ, Thompson FE, Subar AF, Hollenbeck AR,
16 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
SCELTE ALIMENTARI ERRATE TRA SCOLARI ADOLESCENTI DELLA REGIONE C AMPANIA
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
Schatzkin A, Stolzenberg-Solomon RZ. Dietary fatty acids and pancreatic cancer in the NIHAARP diet and health study. J Natl Cancer Inst 2009; 101: 1001-11.
Lee JE, Spiegelman D, Hunter DJ, Albanes D, Bernstein L, van den Brandt PA, Buring JE,
Cho E, English DR, Freudenheim JL, Giles GG, Graham S, Horn-Ross PL, Håkansson N,
Leitzmann MF, Männistö S, McCullough ML, Miller AB, Parker AS, Rohan TE, Schatzkin
A, Schouten LJ, Sweeney C, Willett WC, Wolk A, Zhang SM, Smith-Warner SA. Fat,
protein, and meat consumption and renal cell cancer risk: a pooled analysis of 13 prospective
studies. J Natl Cancer Inst. 2008; 100: 1695-06.
Crowe FL , Key TJ, Appleby PN, Travis RC, Overvad K, Jakobsen MU, Johnsen NF,
Tjønneland A, Linseisen J, Rohrmann S, Boeing H, Pischon T, Trichopoulou A, Lagiou P,
Trichopoulos D, Sacerdote C, Palli D, Tumino R, Krogh V, Bueno -de -Mesquita HB,
Kiemeney LA, Chirlaque MD, Ardanaz E, Sánchez MJ, Larrañaga N, González CA,
Quirós JR, Manjer J, Wirfält E, Stattin P, Hallmans G, Khaw KT, Bingham S, Ferrari P,
Slimani N, Jenab M, Riboli E. Dietary fat intake and risk of prostate cancer in the European
Prospective Investigation into Cancer and Nutrition. Am J Clin Nutr. 2008; 87:1405-13.
Cross AJ, Freedman ND, Ren J, Ward MH, Hollenbeck AR, Schatzkin A, Sinha R, Abnet
CC. Meat consumption and risk of esophageal and gastric cancer in a large prospective study. Am
J Gastroenterol 2011; 106: 432-42
Pala V, Krogh V, Berrino F, Sieri S, Grioni S, Tjønneland A, Olsen A, Jakobsen MU,
Overvad K, Clavel-Chapelon F, Boutron-Ruault MC, Romieu I, Linseisen J, Rohrmann S,
Boeing H, Steffen A, Trichopoulou A, Benetou V, Naska A, Vineis P, Tumino R, Panico S,
Masala G, Agnoli C, Engeset D, Skeie G, Lund E, Ardanaz E, Navarro C, Sánchez MJ,
Amiano P, Svatetz CA, Rodriguez L, Wirfält E, Manjer J, Lenner P, Hallmans G, Peeters
PH, van Gils CH, Bueno-de-Mesquita HB, van Duijnhoven FJ, Key TJ, Spencer E, Bingham
S, Khaw KT, Ferrari P, Byrnes G, Rinaldi S, Norat T, Michaud DS, Riboli E. Meat, eggs,
dairy products, and risk of breast cancer in the European Prospective Investigation into Cancer
and Nutrition (EPIC) cohort. Am J Clin Nutr. 2009; 90: 602-12.
Satia JA, Keku T, Galanko JA, Martin C., Doctolero RT, Tajima A, Sandler RS, Carethers
JM. Diet, lifestyle, and genomic instability in the North Carolina Colon Cancer Study. Cancer
Epidemiol Biomarkers Prev 2005; 14: 429-436.
Ferguson LR. Meat consumption, cancer risk and population groups within New Zealand. Mutat
Res 2002; 506-507: 215-24.
Williams CD, Satia JA, Adair LS, Stevens J, Galanko J, Keku TO, Sandler RS. Associations
of red meat, fat, and protein intake with distal colorectal cancer risk. Nutr Cancer 2010; 62:
701709.
Taylor EF, Burley VJ, Greenwood DC, Cade JE. Meat consumption and risk of breast cancer
in the UK Women’s Cohort Study. Br J Cancer 2007; 96: 1139-46.
Sinha R, Park Y, Graubard BI, et al. Meat and meat-related compounds and risk of prostate
cancer in a large prospective cohort study in the United States. Am J Epidemiol 2009;
170(9):1165-77.
Ferguson LR. Meat and cancer. Meat Sci 2010; 84:308-13.
Dati ufficiali del Istituto Superiore di Sanità, Sistema di Sorveglianza Passi, Rapporto 2007.
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 17
G. CAMMAROTA, M. DI STASIO, C. LAURINO, A. CRISCUOLO, C. FILOSA, M. VISONE, G. PALMIERI
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.
Belli S, Benedetti M, Comba P, Lagravinese D, Martucci V, Martuzzi M, Morleo D,
Trinca S, Viviano G. Case-control study on cancer risk associated to residence in the neighbourhood
of a petrochemical plant. Eur J Epidemiol 2004; 19: 49-54.
Fano V, Michelozzi P, Ancona C, Capon A, Forastiere F, Perucci CA. Occupational and
environmental exposures and lung cancer in an industrialised area in Italy. Occup Environ Med
2004; 61: 757-63.
Bidoli E, Franceschi S, Montella M. Cancer mortality by urbanization and proximity to the sea
coast in Campania Region, southern Italy. Tumori 1998, 84(4): 460-66.
Joliffe IT, Morgan BJT. Principal component analysis and exploratory factor analysis. Stat
Methods Med Res 1992; 1: 69-95.
Baker M, Robinson S, Wilman C, Barker DJP. Behaviour, body composition and diet in
adolescent girls. Appetite 2000; 35: 161-170.
De Stefani E, Ronco AL, Deneo-Pellegrini H, Boffetta P, Aune D, Acosta G, Brennan P,
Ferro G, Mendilaharsu M. Dietary patterns and risk of advanced prostate cancer: a principal
component analysis in Uruguay. Cancer Causes Control 2010; 21: 1009-16.
Hirose K, MatsuoK, Iwata H, Tajima K. Dietary patterns and the risk of breast cancer in
Japanese women. Cancer Sci 2007; 98: 1431-8.
Cannavò G, Santi D, Grecò MC, Laganà P. Adolescents and alcohol: a survey in the city of
Messina (Italy). Ig Sanità Pubbl 2009; 65(2): 53-68.
Mondutti GB, Altobello A, Fiore M, Garascia C, Leon L, Sciacca GE, Fallico R, Ferrante
M. Alcohol habits and acute alcohol intoxication among middle school students. Ig Sanità Pubbl
2009; 65(4): 323-34.
French SA, Story M, Fulkerson JA, Gerlach AF. Food environment in secondary schools: a la
carte, vending machines, and food policies and practices. Am J Public Health 2003; 93: 1161-67.
Sothern MS. Obesity prevention in children: physical activity and nutrition. Nutrition 2004;
20: 704-08.
Referente:
Giancarlo Cammarota,
Istituto di Scienze dell’Alimentazione, CNR
Via Roma 64, 83100, Avellino, Italy
Phone +39 0825 299411
Fax +39 0825 781585
[email protected]
18 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
SCELTE ALIMENTARI ERRATE TRA SCOLARI ADOLESCENTI DELLA REGIONE C AMPANIA
Ig. Sanità Pubbl. 2012; 68: 19-28
Un sistema informatizzato per la gestione delle lettere
d’incarico al trattamento dei dati: il caso di un ospedale
di ricerca e insegnamento
Annalisa Bodina*, Antonella Brizzolara^, Gianluca Vadruccio^,
Silvana Castaldi*,^
*
^
Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Dipartimento di Sanità
Pubblica, Microbiologia e Virologia, Università degli Studi di Milano.
Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore di Milano.
Parole Chiave Privacy, Lettere d'incarico, Informatizzazione, Dematerializzazione
Riassunto
Il presente lavoro descrive l'esperienza di un ospedale che ha introdotto un
sistema di gestione delle lettere d'incarico informatizzato attraverso l'utilizzo di un software
opensource. È stato creato un portale nella rete intranet aziendale per la gestione degli
incarichi, i cui attori sono i referenti Privacy, i Direttori di Unità Operativa e il Responsabile
del trattamento. L’introduzione di tale sistema ha consentito: la sistematizzazione della
gestione delle lettere d'incarico, l’aggiornamento periodico e il controllo delle stesse, l'avvio
un processo di dematerializzazione dei documenti.
A computerized system for the management of letters of authorization for access to
sensitive data in a research and teaching hospital
Key words
Privacy officer, Letter of authorization, Sensitive data, Digitalization
Summary
This paper describes the experience of a hospital which has introduced a
system of computerized management of letters of authorization for healthcare workers to
access sensitive health data, through the use of open source software. A new corporate
intranet portal was created with access given only to the privacy contacts of each
operational unit of the hospital. Once the privacy contact has entered the relevant user
authorizations, these must be approved first by the Directors of the respective operational
units and finally by the privacy officer. The introduction of this system has allowed a
systematic approach to the management of authorizations for access to health data by
hospital staff, regular updating and monitoring of the authorizations and the start of a
process of digitalization of documents.
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 19
A. BODINA, A. BRIZZOLARA, G.VADRUCCIO, S. CASTALDI
Introduzione
La privacy è il diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita
privata. I giuristi statunitensi Warren e Brandeis, primi al mondo a formulare una legge
sulla riservatezza, si proponevano di considerare atto illecito la lesione della privacy
dell’individuo1. Secondo i due autori, ogni individuo ha il diritto di essere lasciato da
solo, di proteggere la sua solitudine, cioè la sua vita intima, come ha il diritto di
proteggere la sua proprietà privata. Da ciò emerge che il diritto alla privacy veniva
costruito come diritto soggettivo e aveva i connotati propri del sentire giuridico di
allora espresso dalla logica proprietaria di stampo ottocentesco2,3. Per questo motivo gli
strumenti di tutela della privacy vengono modellati tenendo come punto di riferimento
gli strumenti previsti a tutela del diritto borghese per eccellenza, ossia la proprietà.
Nel tempo il concetto di privacy subisce un’evoluzione estensiva: dal riferimento alla
sfera della vita privata il termine privacy arriva ad indicare, negli ultimi anni del secolo
scorso, il diritto al controllo sui propri dati personali.
La quantità di informazioni personali raccolte da istituzioni pubbliche e private è
aumentata considerevolmente ed è finalizzata ad obiettivi diversi, tra i quali
l’acquisizione di informazioni utili alla preparazione e alla gestione di programmi di
intervento sociale da parte dei poteri pubblici e allo sviluppo delle strategie aziendali
private4. La richiesta di tutela della privacy assume un significato nuovo: “(…) La
privacy, (…), diventa un modo per promuovere la parità di trattamento tra i cittadini, per
realizzare l’eguaglianza e non per custodire il privilegio, spezzando, il suo nesso di identificazione
con la classe borghese”5. Tendono, quindi, a cambiare i soggetti da cui viene invocata la
tutela della privacy e muta la qualità stessa di tale richiesta. In tal modo la domanda
di difesa della privacy oltrepassa il tradizionale quadro individualistico e si allarga in
una nuova dimensione collettiva, poiché non viene considerato l’interesse del singolo
in quanto tale, ma in quanto appartenente ad un determinato gruppo sociale.
Oggi la privacy viene intesa come “sovranità su di sé”6, in un’accezione del tutto
nuova, non più limitata, come in passato, ad un diritto alla non intromissione nella
propria sfera privata, ma ponendosi come indiscutibile strumento per la salvaguardia
della libera e piena autodeterminazione della persona.
La normativa sulla privacy vede la sua fonte europea di maggior rilievo nella Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 19957. Già la Convenzione
europea dei diritti dell’uomo8 stabiliva che non può esservi ingerenza di una autorità
pubblica nell’esercizio del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare a meno
che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società
democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il
benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati,
20 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
U N SISTEMA INFORMATIZZATO PER LA GESTIONE DELLE LETTERE D'INCARICO AL TRATTAMENTO DEI DATI ...
per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà
altrui. Tale concetto è stato poi riportato nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea9. Essa sancisce che: ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere
personale che lo riguardano; tali dati devono essere trattati secondo il principio di
lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o ad un
altro fondamento legittimo previsto dalla legge; ogni individuo ha il diritto di accedere
ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica.
A livello nazionale la normativa di riferimento trova fondamento in alcuni principi
sanciti dalla Costituzione che riguardano il domicilio, la libertà e la segretezza della
corrispondenza e la libertà di manifestazione del pensiero. Attualmente è in vigore il
Decreto legislativo (d.lgs.) n.196 dell’anno 2003, Codice in materia di protezione dei
dati personali10, che ha abrogato la Legge sulla privacy del 199611.
Le finalità del d.lgs. 196/03 consistono nel riconoscimento del diritto del singolo sui
propri dati personali e, conseguentemente, nella disciplina delle diverse operazioni di
gestione (tecnicamente “trattamento”) dei dati. Lo scopo della legge non è quello di
impedire il trattamento dei dati, ma di evitare che questo avvenga contro la volontà
dell’avente diritto, ovvero secondo modalità pregiudizievoli.
La normativa in vigore introduce alcuni termini fondamentali di cui fornisce una
chiara e precisa definizione. In particolare, un dato si definisce personale se riguarda
qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione,
identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra
informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale; un sottoinsieme dei
dati personali sono quelli sensibili, ovvero quelli idonei a rivelare l’origine razziale ed
etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione
a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o
sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale10.
La legge10 ha previsto una serie di adempimenti che devono essere rispettati da
coloro che operano trattamenti su dati sensibili. In particolare coloro che operano in
campo sanitario si trovano fortemente coinvolti nel tema della tutela della privacy. Per
la natura stessa del servizio svolto, i dati trattati dagli operatori sanitari sono di natura
personale e sensibile e soggetti a tutela riguardando lo stato di salute degli interessati.
La legge sulla protezione dei dati personali ha obbligato, in questi anni, a mutare
significativamente il rapporto tra istituzione e azienda.
Consapevole della impossibilità di cambiare repentinamente abitudini consolidate
nel tempo, il Garante della Privacy ha voluto sottolineare, fin dall’inizio, la sua funzione
di educazione prima della funzione di controllo e poi di repressione.
Di fatto i soggetti che il Codice in materia di protezione dei dati personali individua
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 21
A. BODINA, A. BRIZZOLARA, G.VADRUCCIO, S. CASTALDI
come i soggetti del trattamento ed in particolare i Titolari ed i Responsabili del
trattamento dei dati personali, hanno agito con lentezza nell’adottare le misure minime
di sicurezza da applicare al trattamento dei dati. Tale atteggiamento è in parte dovuto
alla ritardata emanazione di un regolamento12 che disciplinasse in maniera puntuale
la materia delle misure di sicurezza da applicare al trattamento dei dati.
Molto tempo è trascorso nella necessità di conciliare le differenti esigenze e le più
svariate disparità tra soggetti pubblici e soggetti privati soprattutto se si considera le
condizioni di innegabile svantaggio dei soggetti pubblici rispetto agli altri.
I tempi lunghi della Pubblica Amministrazione e le modalità con cui il soggetto
pubblico adegua il proprio operare alle disposizioni di legge, hanno obbligato il legislatore
ad introdurre specifiche deroghe (norme transitorie d. lgs. 196/03)10 al fine di evitare
la paralisi di peculiari attività statali per carenza e/o impossibilità a procedere
all’attualizzazione delle misure di sicurezza che la norma vigente prevede.
In funzione di ciò l’Autorità Garante ha considerato opportuno alleggerire quanto
più possibile l’incisività delle misure minime di sicurezza in modo da consentire alla
Pubblica Amministrazione di gestire al meglio l’aspetto sicurezza concedendole il
tempo necessario per il reperimento delle risorse sufficienti per introdurre tali misure
minime di sicurezza nel sistema di trattamento dei dati.
Fatta la considerazione, seppur banale, che ogni umana attività comporta un rischio,
si considera importante calcolare qual è il livello di esposizione a quel determinato
rischio adeguando di conseguenza l’attività. In particolare, in riferimento ai dati
personali, i rischi incombenti diventano, con il progredire della tecnologia, sempre più
significativi.
Nella fattispecie l’azienda sanitaria, che nell’arco degli anni è passata da un sistema
di trattamento effettuato tradizionalmente sulla documentazione sanitaria, a sistemi
informatizzati che di per sé propongono rischi del tutto nuovi, necessita di un
ripensamento dell’intero suo sistema di sicurezza capace di valutare tali nuovi rischi in
modo proprio.
Un ruolo preponderante nello sviluppo della cultura della sicurezza e della riservatezza
ha l’analisi della vulnerabilità dei dati e lo studio di misure idonee alla salvaguardia
dell’integrità e della disponibilità degli stessi.
L’urgenza di rispondere con rinnovata efficacia all’esigenza di mutare la percezione
negativa delle implicazioni legate alla sicurezza e alla riservatezza deve essere indotta
dal diffondersi della cultura della privacy e dall’introduzione di strumenti nuovi che
semplifichino il raggiungimento degli obiettivi legati agli adempimenti di legge.
Proprio le organizzazioni che operano in ambito sanitario devono, molto attentamente,
definire al proprio interno modalità operative in applicazione alla normativa vigente.
22 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
U N SISTEMA INFORMATIZZATO PER LA GESTIONE DELLE LETTERE D'INCARICO AL TRATTAMENTO DEI DATI ...
Le aziende sanitarie, siano esse sanitarie locali od ospedaliere pubbliche, private
accreditate o non accreditate, hanno dovuto in questi anni adeguare le proprie
procedure per garantire la tutela della privacy degli utenti e dei dipendenti.
Tutte le strutture sanitarie hanno definito procedure per la raccolta del consenso al
trattamento dei dati da parte degli utenti perché, è importante sottolineare, il trattamento
dei dati personali, da parte di privati o di enti pubblici, a cui non si sottraggono quelli
sanitari, è ammesso soltanto con il consenso liberamente espresso dell’interessato, ovvero
della persona fisica, giuridica, ente o associazione a cui i dati si riferiscono.
Contestualmente sono state predisposte le lettere d’incarico al trattamento dei dati per
le persone fisiche che devono essere autorizzate a compiere operazioni di trattamento dal
titolare o dal responsabile del trattamento stesso. Il trattamento dei dati deve infatti
avvenire secondo le direttive impartite dal titolare del trattamento, ovvero la persona
fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od
organismo cui competono, anche unitamente ad altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità,
alle modalità del trattamento di dati personali e agli strumenti utilizzati, ivi compreso il profilo
della sicurezza10. Il responsabile del trattamento, laddove nominato, è la persona fisica, la
persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo
preposto dal titolare al trattamento dei dati personali10. L’incaricato è colui che esegue
fisicamente il trattamento dei dati; il d.lgs. 196/03 prevede che la designazione
dell’incaricato venga effettuata per iscritto con specifica descrizione dei trattamenti
autorizzati. È opportuno evidenziare che nessuna persona fisica può trattare dati personali
se non ha ricevuto in precedenza un’apposita lettera d’incarico in cui vengono definite
le modalità specifiche di comportamento nel trattamento dei dati e, in particolare, il
vincolo di assoluta riservatezza su tutti dati con cui essa viene a contatto.
Il presente lavoro descrive l’esperienza di un ospedale di ricerca ed insegnamento
che ha introdotto un sistema di gestione delle lettere d’incarico informatizzato. La
messa in opera e realizzazione di una piattaforma elettronica per la gestione degli
incarichi ha trovato la sua ragione nel fatto che sono state perfezionate tecniche
organizzative di controllo e verifica dell’ambito di trattamento autorizzato ai singoli
che annullano il pericolo, prima esistente, che gli operatori potessero trattare i dati
utilizzando sistemi informatici in assenza di autorizzazione.
La gestione cartacea delle lettere d’incarico in aziende ospedaliere di grandi
dimensioni, in cui il turn-over, soprattutto infermieristico, è molto alto, è dispendiosa
sia in termini di tempi sia di risorse. È difficile, inoltre, in un sistema gestito manualmente
avere sotto controllo, in tempo reale, la situazione di tutti coloro che devono essere
incaricati al trattamento. Diversi sono gli obiettivi perseguiti con l’introduzione di un
sistema di gestione delle lettere d’incarico informatizzato: incaricare velocemente,
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 23
A. BODINA, A. BRIZZOLARA, G.VADRUCCIO, S. CASTALDI
puntualmente e sistematicamente ogni operatore; avere la possibilità di controllare gli
ambiti dei diversi incarichi (il sistema informatizzato contribuisce ad una migliore
conoscenza delle varie abilitazioni concesse e consente di definire la mappa dell’uso
dei vari software e tipologie di trattamenti effettuati); infine avviare un processo di
dematerializzazione, ovvero la progressiva sostituzione della documentazione cartacea.
Materiali e metodi
Per la costruzione del sistema informatizzato di gestione delle lettere d’incarico è stato
utilizzato un software opensource che prevede la possibilità di adattare le proprie
funzionalità alle esigenze proprie dell’ospedale che ha commissionato il lavoro. Si tratta
di un sistema di workflow management decisamente flessibile in grado di gestire
automaticamente il flusso di azioni che devono essere seguite per raggiungere il
completamento di tutte le attività concordate. Il responsabile del trattamento dei dati
dell’ospedale insieme all’Unità Operativa Sistemi Informativi ed Informatici hanno
lavorato insieme per definire la costruzione del sistema. Sono state strutturate lettere
d’incarico per profili di incaricati: medici, infermieri, tecnici di laboratorio e di radiologia,
tecnici della riabilitazione, personale amministrativo, ausiliari/operatori tecnici assistenziali
(OTA)/operatori socio-sanitari (OSS), farmacisti, operatori tecnici di farmacia, assistenti
sociali, responsabili del servizio prevenzione. Sono stati anche previsti incarichi per gli
studenti sia delle lauree triennali sia delle magistrali sia della scuole di specializzazione in
quanto l’ospedale è sede di molti corsi e forma, quindi, molti tipi di studenti. I trattamenti
effettuati con modalità non elettronica sono stati prestabiliti per ciascun profilo, mentre
per i trattamenti effettuati con modalità elettroniche è stato predisposto un elenco dei
software disponibili in ospedale ed è stata data la possibilità di scegliere quelli di interesse
per ciascun operatore. Il sistema consente, perchè opportunamente configurato,
l’autoformattazione e l’autocompletamento dei campi inserimento per evitare il più
possibile errori di digitazione o di valutazione. Al raggiungimento dello stesso obiettivo ha
assunto notevole importanza la possibilità di effettuare numerosi controlli automatici sui
campi inseriti manualmente dai referenti. Il profilo informatico agli applicativi richiesti
abilita l’accesso del personale ai soli dati relativi ai Centri di Responsabilità (CDR) e
Centri di costo (CDC) che il sistema automaticamente individua sulla base dell’Unità
operativa (ovvero CDR) di appartenenza dell’incaricato. La scelta dei CDR e dei CDC
automaticamente collegati dal sistema è stata effettuata tenendo conto delle esigenze
lavorative del personale; si pensi agli infermieri che operano su aree di degenza comune
a più unità operative, alle esigenze dettate dai turni di guardia interdivisionali, alle
peculiarità di alcuni aree, prima fra tutte il Pronto Soccorso ed i blocchi operatori. È stato
individuato un referente Privacy all’interno di ciascuna unità operativa, (UO) il quale è
24 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
U N SISTEMA INFORMATIZZATO PER LA GESTIONE DELLE LETTERE D'INCARICO AL TRATTAMENTO DEI DATI ...
responsabile di inserire la richiesta di incarico per il personale afferente alla propria UO.
Per alcune UO si sono autorizzati più referenti privacy per il numero elevato ed l’elevato
livello di turn over del personale presente.
Sono state organizzate tre sessioni di un corso di formazione per l’utilizzo del nuovo
software a cui erano invitati in prima battuta tutti i referenti privacy di UO ma aperte
a tutti gli operatori dell’ospedale. Il momento di formazione è stato anche un ottimo
momento di confronto per rivedere, semplificare e rendere il più possibile operativa la
procedura che gestisce a livello dell’ospedale tutta il processo informatizzato di incarico
al trattamento dei dati. Il corso è stato seguito da almeno un referente per quasi tutte
le UO. Per le pochi referenti privacy impossibilitati a seguire il corso di formazione è
stato previsto un affiancamento al loro primo accesso al sistema informatizzato d’incarico.
Risultati
È stato creato un portale all’interno della rete intranet aziendale per la gestione degli
incarichi. I referenti Privacy di ciascuna UO di tipo amministrativo e sanitario sono gli
unici che possono accedere al portale, previa identificazione, per la compilazione delle
lettere di incarico.
Una volta entrati nel programma, i referenti privacy visualizzano due pagine: casi
(attività svolte) e processi (storico, stato delle attività). Nella sezione casi è possibile
effettuare l’inserimento di un nuovo incarico. Ciascun incarico comprende la tabella
trattamenti in cui devono essere indicati i compiti e le responsabilità degli incaricati e
la possibilità di poter accedere a dati in formato cartaceo e/o elettronico. I trattamenti
effettuati con modalità non elettronica sono già individuati nell’incarico informatizzato
mentre per i trattamenti effettuati con modalità elettronica devono essere specificati
i software d’interesse. L’incarico si completa con l’elenco nominativo degli incaricati;
per ciascuno dei quali è richiesta la compilazione di alcune informazioni (per esempio
matricola, indirizzo di posta elettronica).
Una volta che i referenti Privacy hanno inserito nel software l’incarico, il direttore di
unità operativa riceve una e-mail che lo invita a confermare, previa valutazione, gli
incarichi stessi. È prevista la possibilità che il Direttore proponga delle revisioni o effettui
delle correzioni sulla proposta di incarico avendone verificato la non conformità
all’organizzazione stabilita all’interno della propria UO. In questo caso il direttore deve
inserire nel sistema la motivazione della mancata approvazione. A questo punto spetta
al referente Privacy apportare le modifiche ed inoltrare nuovamente la proposta di
incarico per la conferma al Direttore. Questo processo può essere reiterato numerose
volte, fino alla definizione di incarichi corretti e confermabili da parte del Direttore.
L’incarico confermato dal Direttore deve essere approvato dal Responsabile del
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 25
A. BODINA, A. BRIZZOLARA, G.VADRUCCIO, S. CASTALDI
trattamento. Se il Responsabile del trattamento ritiene che debbano essere apportate
modifiche all’incarico, deve specificare la motivazione del rifiuto; la lettera torna al
referente Privacy per le correzioni e l’iter di approvazione riprende dall’inizio. Nel caso
in cui l’incarico venga invece approvato dal Responsabile del trattamento, il sistema
produce in automatico un file in formato PDF, che il Responsabile del trattamento
deve salvare. Una volta apposta la firma digitale del Responsabile del trattamento dei
dati personali sul file precedentemente salvato, il Responsabile stesso dove inserirlo nel
sistema come nuovo file sempre in formato PDF per consentire l’archiviazione
elettronica del documento.
Avendo a disposizione l’incarico approvato e firmato, il sistema spedisce in automatico a
coloro che devono gestire la definzione dei profili utenti nei diversi applicativi richesti tante
e-mail quante sono le persone incaricate negli incarichi approvati. L’Unità Operativa Sistemi
Informativi ed Informatici è responsabile della comunicazione all’incaricato del nome
utente e password per ogni applicativo richiesto.
Contestualmente alla conferma da parte del Responsabile del trattamento, al referente
Privacy e al Direttore di unità operativa viene inviato via e-mail il file PDF dell’incarico
con lettera accompagnatoria allegata in cui si specifica la conclusione dell’iter
procedurale e la necessità che l’incaricato venga a conoscenza degli ambiti di
trattamento a cui è stato autorizzato.
Discussione e conclusioni
L’introduzione di un sistema di gestione delle lettere d’incarico produce una serie di
vantaggi.
In primo luogo, la gestione informatizzata consente di sistematizzare la gestione delle
lettere d’incarico, avendo la possibilità di verificare in tempi brevi la situazione riguardante
gli incarichi di tutti i dipendenti; si riducono significativamente i tempi di recupero della
documentazione. Sia chi si appresta ad effettuare il trattamento dei dati personali sia il
Titolare del trattamento si trovano nella condizione di agire nella sicurezza di essere e,
rispettivamente, di avere incaricato del trattamento, avendo altresì la possibilità di
accertarsi, in qualsiasi momento, della sussistenza delle autorizzazioni concesse.
Si ricorda che la legge prevede che ogni anno gli incarichi vengano aggiornati13. In
una struttura sanitaria, quale quella in oggetto, non solo il numero di dipendenti è
elevato ma i dipendenti (non medici) cambiano anche spesso UO di riferimento. Ad
ogni trasferimento, seppur interno, il dipendente deve essere nuovamente incaricato dal
nuovo Direttore di Unità Operativa e di conseguenza devono cambiare i propri profili di
autorizzazione ai diversi sistemi informatici. La gestione informatizzata del processo
consente di gestire queste criticità, in modo più efficiente, attraverso un risparmio di
26 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
U N SISTEMA INFORMATIZZATO PER LA GESTIONE DELLE LETTERE D'INCARICO AL TRATTAMENTO DEI DATI ...
tempo e persone e con modalità che garantiscono un maggior livello di sicurezza nella
gestione dei dati. Si è cercato di introdurre un meccanismo che garantisse l’aggiornamento
periodico degli incarichi. Per questo motivo è previsto che l’abilitazione del dipendente
per gli applicativi richiesti abbia scadenza annuale. In questo modo il refente privacy è
tenuto a rivedere le lettere d’incarico dei dipendenti di riferimento affinchè gli incaricati
possano svolgere le attività quotidiane secondo l’autorizzazione concessa.
In secondo luogo l’introduzione di un sistema informatizzato consente di eliminare i
documenti cartacei con immediato recupero di spazi e tempi. Per spazi si intendono i
luoghi fisici di archiviazione della documentazione, mentre la riduzione dei tempi è
dovuta all’annullamento dei passaggi manuali del documento e dei relativi rischi di
smarrimento e ritardi. Nella fattispecie trattandosi di un ospedale di ricerca ed
insegnamento con circa 3.000 dipendenti si ottiene un risparmio in termini di fogli di
carta circolanti pari a circa 6.000. Non si dimentichi che la movimentazione di tale
quantità di fogli può andare incontro a perdite.
Un ulteriore vantaggio di questo sistema è la possibilità di inserire delle
personalizzazioni che possano soddisfare le esigenze dell’organizzazione, adottandosi
ad una realtà quale quella ospedaliera in continua espansione. In funzione del fatto
che le esigenze operative possono cambiare, il sistema è oggetto di continuo adattamento
ed opera in modo dinamico rispettando alla lettera i dettami del Codice in materia di
trattamento, e nella fattispecie, riguardo alle modalità tecniche da adottare a cura del
Titolare e/o del Responsabile del trattamento dei dati personali, ove designato.
Nel nostro caso è stata inserita una condizione affinchè l’abilitazione del dipendente
per l’accesso agli applicativi elettronici duri un anno. Infatti poiché tutti i dipendenti
devono essere informati relativamente alle tematiche di tutela della privacy, è previsto
che la loro abilitazione scada se entro sei mesi dall’incarico non dimostrino che abbiano
svolto il corso in Formazione a distanza (FAD) sulla privacy. È previsto che il sistema
invii e-mail che periodicamente sollecitino l’adempimento del debito formativo.
È importante sottolineare come il buon funzionamento del sistema è strettamente
dipendente dalla competenza e puntualità nello svolgere i propri compiti del referente
Privacy. Particolare attenzione è stata dunque posta nella scelta di quest’ultimo e nel
garantire una sua adeguata informazione e formazione sul tema in oggetto. Sono state
svolte sessioni di formazione aggiuntive al fine di fornire al referente tutti gli strumenti
necessari per svolgere al meglio il proprio ruolo, che non si limita all’inserimento delle
lettere d’incarico nel sistema informativo, ma che riguarda la diffusione di un modus
operandi all’interno dell’unità operativa che garantisca il rispetto della privacy.
Attraverso l’implementazione di un software per la gestione delle lettere d’incarico
si è di fatto iniziato ad avviare un processo di dematerializzazione dei documenti;
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 27
A. BODINA, A. BRIZZOLARA, G.VADRUCCIO, S. CASTALDI
l’attività di dematerializzazione riguarda diversi aspetti: creazione, firma, archiviazione
e conservazione, esibizione del documento informatico14. Per poter avviare la gestione
documentale interamente digitale in ambito sanitario per ogni tipo di documento da
trattare è necessario aver chiari la valenza organizzativa/operativa/funzionale, gli
elementi essenziali e i valori giuridico e medico-legale dello stesso. Il presente lavoro
rappresenta un esempio di come sia possibile passare da documenti cartacei a digitali
previa l’analisi della situazione esistente e garantendo il rispetto delle prescrizioni di
legge e delle necessità operative/gestionali.
Bibliografia
1
Warren S, Brandeis L. The right to Privacy. Harvard Law Review 1890 Dec; IV(5).
2
Niger S. Le nuove dimensioni della Privacy. Ora locale 2002 nov – 2003 jan. Consultato il 17
gennaio 2011. Disponibile su: http://www.csdim.unical.it/ospiti/oralocale/30niger.htm
3
Rodotà S. Tecnologie e diritti. Il Mulino. Bologna, 1995.
4
Rodotà S. Teconopolitica. Laterza. Roma-Bari, 1997.
5
Rodotà, S., La privacy tra individuo e collettività, in Pol. dir., Il Mulino, 1974, p.551.
6
Rodotà S. Intervista su Privacy e Libertà. Laterza. Bari, 2005.
7
Unione Europea, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995, 95/
46/CE,Tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera
circolazione di tali dati. (GUCE L 281 del 23.11.1995).
8
Unione Europea, trattato internazionale del Consiglio d’Europa, Convenzione Europea per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Roma, 4 novembre 1950.
9
Unione Europea, 2000/C 364/01, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. (GUCE C
364 del 18.12.2000)
10
Repubblica Italiana, Decreto legislativo 196/03, Codice in materia di protezione dei dati
personali. (GU n.174 del 29/07/2003 – Supplemento Ordinario n.123).
11
Repubblica Italiana, Legge 675/96, Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento
dei dati personal. (Abrogata dal 1/1/2004 ex d.lgs. 196/2003)
12
Garante per la protezione dei dati personali, Provvedimento a carattere generale, Trattamento dei dati sensibili nella Pubblica Amministrazione. (GU n.170 del 23/07/2005).
13
Repubblica Italiana, Allegato B, Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza,
al Decreto legislativo 196/03 (art.27).
14
Ramazzo S, Rosati E, Ferrante M, Pozzato S, Maurici M. La dematerializzazione dei documenti sanitari: criticità e prospettive. Atti del 44° Congresso Nazionali SITI, Venezia, Poster 630.
Referente:
Prof. Silvana Castaldi
Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva - Dipartimento di Sanità
Pubblica, Microbiologia e Virologia - Università degli Studi di Milano
Via Pascal 36 - 20133 Milano Italia
Tel. 00390255038342 - Fax 003902055033144 - [email protected]
28 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
U N SISTEMA INFORMATIZZATO PER LA GESTIONE DELLE LETTERE D'INCARICO AL TRATTAMENTO DEI DATI ...
Ig. Sanità Pubbl. 2012; 68: 29-48
Le infezioni nelle residenze sanitarie assistenziali dell’Asl
VC: studio di prevalenza
Luigina Grossi1, Antonella Barbieri2, Lidia Carnevale3
1
2
3
Coordinatore Infermieristico Area Sviluppo Formazione e Ricerca- Struttura Semplice
SITROP- ASL VC.
Dirigente Farmacista Struttura Complessa Qualità, Appropriatezza Prescrittiva, URP e
Comunicazione-ASL VC-Vercelli.
Dirigente Responsabile Struttura Semplice SITROP- ASL VC.
Parole Chiave Prevalenza infezioni, Antibioticoresistenza, Uso antibiotici
Riassunto
Introduzione: la frequenza delle infezioni nelle strutture residenziali per anziani è
sovrapponibile a quella delle strutture ospedaliere per acuti, infatti la frequenza con cui
compare una complicanza infettiva è pari al 5-10% in pazienti ricoverati in ospedale ed al 516% in pazienti residenti in strutture per anziani (RSA). In Italia, la prevalenza di infezioni
nelle RSA varia da 2,7 a 32,7 per 100 residenti. L'obiettivo generale dell'indagine è stimare
la prevalenza delle infezioni acquisite nelle RSA dell'ASL VC. In particolare si vogliono
perseguire i seguenti obiettivi: evidenziare le molecole antibiotiche più utilizzate e le
motivazioni della prescrizione; valutare se l'uso di antibiotici è supportato da esami
microbiologici idonei; rilevare la tipologia più frequente di microrganismi e la prevalenza di
resistenza.
Materiali e Metodi: nelle 14 RSA dell'ASL VC è stato condotto uno studio di prevalenza
sulle infezioni, dall'1 luglio al 31 agosto 2010. Sui dati raccolti è stata effettuata un'analisi
descrittiva dei risultati. Sono state calcolate le frequenze relative di ogni dato e gli intervalli
di confidenza (IC). Nello studio è stato fissato un errore del 5%, corrispondente ad un IC
del 95%. Inoltre sono stati utilizzati modelli di regressione lineare multipla per valutare gli
effetti delle variabili indipendenti in studio sul rischio di infezione (variabile dipendente).
Risultati: la popolazione studiata è di 450 ospiti, di cui 209 con età superiore agli 85 anni. La
prevalenza complessiva di infezioni presenti il giorno dello studio è stata pari a 25,5/100
ospiti (IC 95% 21,5%-29,5%). La prevalenza d'uso di antibiotici è pari al 32,4% (IC 95%
28,1%-36,7%). Sono state eseguite 17 (11,6%; IC 95% 6,4%-16,8%) urinocolture, tutte
positive. La prevalenza di resistenza per l'Escherichia coli è pari al 12,5% (IC 95% 10,5%35,5%), mentre quella della Klebsiella pneumoniae è uguale al 100%.
Conclusioni: I dati ottenuti hanno evidenziato problematiche legate all'elevata prevalenza
di infezioni e all'aumento molto preoccupante sia dell'uso di antibiotici sia della antibiotico
resistenza, soprattutto fra i batteri gram-negativi. L'aumento delle resistenze a fluorochinoloni,
cefalosporine di III generazione e penicilline associate ad inibitori delle beta lattamasi si
colloca in un contesto internazionale molto preoccupante per ciò che concerne la futura
efficacia delle terapie antibiotiche.
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 29
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
Prevalence of infections in nursing homes in the Vercelli area (Piemonte, Italy)
Key words
Prevalence, Infections, Antibiotic resistance, Antibiotic use
Summary
The frequency of infections in nursing homes is similar to that found in
acute care hospitals: infectious complications are reported in 5-10% of hospitalized patients
and 5-16% of nursing home residents. In Italy, the prevalence of infections in nursing homes
ranges from 2.7% to 32.7%.The main objective of this study was to estimate the prevalence
of acquired infections in nursing homes located in the territory of the Vercelli (VC) local
health unit in northern Italy. We also aimed to assess which were the most frequently
prescribed antibiotics among the nursing home guests, the reasons for antibiotics prescriptions,
whether their use is supported by appropriate microbiological tests, the most common types
of microorganisms isolated and the prevalence of antimicrobial resistance.
Methods: the survey was conducted from 1 July to 31 August 2010 in 14 publicly-funded
nursing homes in the VC local health unit. Data for each nursing home were collected in a
single day. A modified version of the "Healthcare-Associated Infections in European LongTerm care Facilities" questionnaire was used. Only subjects living in the nursing homes for
more than 24 hours, who had signs or symptoms of infection or who were being treated with
an antibiotic and who gave informed consent, were included in the study. Multiple linear
regression models were used to assess the effects of independent variables on the risk of
infection.
Results: the study population consisted of 450 subjects, 46% of whom aged over 85 years,
24% male and 88% living in a nursing home since more than one year. The overall prevalence
of infection on the day of the study was 25.5%. Acquired infections were more prevalent
among bedridden and wheelchair-bound guests, those who had undergone invasive procedures
and those affected by decubitus ulcers. Thirty-two percent of subjects were using antibiotics.
Fluoroquinolones were the most frequently used antibiotics and the most frequent reason
for antibiotic use was respiratory tract infection followed by urinary tract infection. In 21%
of cases no indication for antibiotic use was identified. 12.5% of E coli strains isolated by
urine culture were resistant as were 100% of Klebsiella pneumoniae.
Conclusions: the data highlight a high prevalence of infections in nursing homes in Vercelli
as well as worryingly elevated frequencies of antibiotic prescriptions and resistance.
Introduzione
Numerosi studi hanno rilevato che le infezioni ospedaliere rappresentano la
complicanza in assoluto più frequente tra i pazienti ricoverati in ospedale [1,2,3,4].
Ulteriori studi hanno evidenziato come le complicanze infettive siano frequenti
anche in altri contesti sanitari, quali le strutture residenziali per anziani [5,6,7].
La frequenza delle infezioni nelle strutture residenziali per anziani è sovrapponibile
a quella delle strutture ospedaliere per acuti [5], infatti la frequenza con cui
compare una complicanza infettiva è pari al 5-10% in pazienti ricoverati in ospedale
ed al 5-16% in pazienti residenti in strutture per anziani (RSA), denominate anche
Long Term Care Facilities (LTCF) [4,7,8]. In Italia, la prevalenza di infezioni
nelle LTCF varia da 2,7 a 32,7 per 100 residenti [5], negli Stati Uniti va da 1,8 a
13,5 infezioni per 1000 giorni di cura [9].
I più frequenti siti di colonizzazione o infezione, nelle residenze per anziani,
30 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
riguardano soprattutto il tratto urinario, il tratto respiratorio, la cute, l’apparato
gastroenterico e l’occhio. Le infezioni endemiche sono prevalentemente
rappresentate dal tratto respiratorio ed urinario, quelle epidemiche sono riconducibili
ad influenza ed a infezioni del tratto gastrointestinale [8,10,11,12].
La diagnosi di infezione nei residenti delle LTCF si presenta complessa in quanto
nell’anziano le manifestazioni patologiche sono spesso sfumate o addirittura
inesistenti, oppure la sintomatologia può essere segnalata tardivamente con
conseguenti interventi terapeutici non immediati o ancora l’anziano potrebbe non
essere in grado di comunicare il proprio stato di malessere o potrebbe esserci un
accesso limitato ai servizi diagnostici [13,14,15].
Un altro elemento che favorisce l’insorgenza delle infezioni, in comunità, è
l’utilizzo non appropriato di farmaci antimicrobici [16,17]. Secondo uno studio
anglosassone, gli antibiotici costituiscono la classe di farmaci più prescritta nelle
LTCF [18], molto spesso senza il supporto di esami microbiologici o strumentali
[19,20].
L’uso inappropriato degli antibiotici genera microrganismi antibiotico-resistenti
che sono causa di colonizzazione ed infezione nelle LTCF [21-29]. Infatti in tutto
il mondo è segnalato un aumento della prevalenza di microrganismi produttori di
beta lattamasi ad ampio spettro (ESBL). Gli enterobatteri produttori di ESBL sono
particolarmente temibili essendo resistenti a tutte le penicilline, cefalosporine, ai
fluorochinoloni, spesso agli aminoglicosidi e si associano ad un peggiore outcome
clinico, provocando maggiori fallimenti terapeutici, permanenze prolungate nelle
strutture sanitarie ed aumento della mortalità [30]. In generale il fenomeno
dell’antibiotico resistenza nelle strutture per anziani è in continuo aumento e sta
assumendo dimensioni preoccupanti [31-33].
Un ultimo aspetto, non per importanza, merita di essere sottolineato: l’impatto in
termini etici, socio-economici e clinici, sia per gli ospiti che per i servizi sanitari
nazionali.
L’obiettivo generale dell’indagine è stimare la prevalenza delle infezioni acquisite
nelle RSA dell’ASL VC. In particolare si vogliono perseguire i seguenti obiettivi:
• evidenziare le molecole antibiotiche più utilizzate e le motivazioni della
prescrizione;
• valutare se l’uso di antibiotici è supportato da esami microbiologici idonei;
• rilevare la tipologia più frequente di microrganismi e la prevalenza di resistenza.
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 31
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
Materiali e metodi
Setting
Lo studio è stato condotto nelle 14 RSA dell’ASL VC, considerando solo i posti
letto convenzionati, cioè a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Disegno dello studio
È stato condotto uno studio di prevalenza, rilevando i dati in un solo giorno in
ciascuna struttura. La rilevazione non è avvenuta contemporaneamente nelle
diverse RSA per consentire la presenza del responsabile dello studio, presso tutte le
strutture, nel giorno prestabilito. Lo studio è stato realizzato tra l’1 luglio ed il 31
agosto 2010.
Variabili di interesse
Sono stati rilevati dati specifici per ciascun anziano e per ciascuna struttura
campionata.
Per ciascun anziano sono state rilevate le seguenti informazioni:
• Caratteristiche dell’anziano: caratteristiche demografiche (età, sesso), periodo
di residenza nella struttura, ricoveri precedenti, incontinenza urinaria e/o
fecale, disorientamento, mobilità.
• Caratteristiche del profilo assistenziale (il giorno dello studio): presenza di
catetere urinario e/o vascolare, presenza di lesioni da decubito e/o altre ferite,
terapia antimicrobica prescritta (farmaci e motivo della prescrizione).
• Caratteristiche delle infezioni: indagini diagnostiche effettuate, localizzazione
dell’infezione e agente eziologico (incluso il profilo di antibioticoresistenza).
Le infezioni sono state diagnosticate sulla base dei criteri proposti
dall’Association for Practitioners in Infection Control (APIC), specifici per la
sorveglianza delle infezioni contratte nelle strutture per anziani [34].
Per ciascuna struttura sono state rilevate le seguenti informazioni:
• assetto proprietario (pubblico o privato);
• numero di posti letto totali, suddivisi in convenzionati e a pagamento;
• presenza di protocolli assistenziali;
• risorse umane (numero di medici e infermieri, presenza diurna/notturna di
personale infermieristico, numero di altri operatori).
Strumenti di rilevazione
I dati specifici per gli anziani sono stati rilevati attraverso l’uso dei questionari
dello studio HALT (Healtcare Associated Infection in European Long Term-care
32 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
Facilities), impiegati per lo studio di prevalenza delle infezioni in corso nei Paesi
europei. Per ciascuna struttura è stata usata una versione breve e rielaborata del
questionario HALT.
Rilevatori
Il responsabile dello studio ha condotto due simulazioni dell’indagine in una
RSA per valutare possibili aspetti dubbi degli strumenti di rilevazione adottati, in
modo da identificare le eventuali modifiche necessarie e gli aspetti che
necessitavano di un approfondimento durante gli incontri di addestramento.
I medici e gli infermieri hanno partecipato a quattro incontri (uno per ciascuna
RSA partecipante), nel corso dei quali è stato presentato il protocollo di studio e
simulata la compilazione della scheda paziente.
Consenso informato
Prima dello studio, tutti gli ospiti e/o congiunti delle strutture campionate hanno
ricevuto dal responsabile della struttura un foglio informativo che descriveva gli
obiettivi dello studio e i metodi di rilevazione dei dati. L’adesione all’indagine è
stata richiesta tramite consenso scritto del soggetto o, in caso di impossibilità, dei
suoi familiari.
Criteri di inclusione
Sono stati inclusi tutti i pazienti che vivono nelle RSA da più di 24 ore, occupano
posti letto convenzionati e hanno dato consenso scritto. Il giorno dello studio i
pazienti dovevano essere presenti, essere in terapia antibiotica (per via orale e/o
parenterale), presentare segni/sintomi di infezione oppure se i segni/sintomi
dell’infezione non erano presenti doveva essere ancora in atto la terapia antibiotica.
Analisi statistica
I dati raccolti sono stati inseriti in un database informatizzato; come primo livello
di studio è stata effettuata un’analisi descrittiva dei risultati. Sono state calcolate le
frequenze relative di ogni variabile, accompagnate dal calcolo degli intervalli di
confidenza (IC) che forniscono informazioni riguardo la rappresentatività dei valori
ottenuti attraverso lo studio di un campione, tenendo in considerazione la variabilità
di questo ultimo. In particolare, gli IC per la frequenza forniscono un intervallo di
valori attorno alla percentuale calcolata in cui ci si attende di trovare la “vera”
frequenza (della popolazione) con dato livello di sicurezza. Nello studio è stato
fissato un errore del 5%, corrispondente ad un IC del 95%, con un margine di errore
del 5%. Tutti i test usati sono a 2 code, e i valori di probabilità per valori di p<0,05
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 33
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
sono considerati statisticamente significativi. La prevalenza delle infezioni è stata
calcolata come il numero di anziani con un’infezione diviso per il numero di anziani
a rischio. La prevalenza della resistenza è stata calcolata come proporzione di pazienti
con isolamento di microrganismo resistente sul totale dei soggetti in cui è stato
isolato quel microrganismo. Come indicatori di esposizione agli antibiotici sono stati
usati tre indicatori: il tasso di consumo (numero di DDD/1000 abitanti die), la
distribuzione di frequenza delle classi antibiotiche prescritte (rapporto tra il numero
di DDD di una classe antibiotica ed il numero totale di DDD) e la prevalenza d’uso
(rapporto tra il numero di soggetti che hanno ricevuto almeno una prescrizione e la
popolazione di riferimento in un dato periodo di tempo). Per valutare gli effetti delle
variabili indipendenti (presenza di catetere urinario e/o vascolare, di lesioni da
decubito e/o altre ferite, allettamento/carrozzina, disorientamento, incontinenza)
sul rischio di infezione (variabile dipendente), sono stati utilizzati modelli di
regressione lineare multipla. Un coefficiente di determinazione multipla (R2)
superiore a 0,7 indica una correlazione forte tra la variabile dipendente e quelle
indipendenti. Per tutte le elaborazioni è stato utilizzato il software EpiInfo 3.5.1.
Risultati
Nelle 14 RSA incluse nello studio risiedono globalmente, nei posti letto
convenzionati, 450 ospiti di cui 209 (46,4%; IC95% 41,9%-50,9%) con età superiore
agli 85 anni. Il 24,2% (IC 95% 20,3%-28,1%) degli ospiti monitorati è di sesso maschile.
L’88,2% (IC 95% 85,3%-91,1%) è entrato nella struttura da più di un anno.
Le caratteristiche degli ospiti di ciascuna RSA, nel giorno della rilevazione, sono
riportate in tabella 1; quelle della popolazione complessiva in tabella 2.
La prevalenza complessiva di infezioni presenti il giorno dello studio è stata pari
a 25,5/100 ospiti (IC 95% 21,5%-29,5%). La tabella 3 riporta la distribuzione per
sito delle 115 infezioni rilevate.
Il giorno dello studio, 146 pazienti erano in terapia antibiotica: di questi, 18
assumevano un’associazione di due antibiotici (Tabella 4). In 31 casi non è stato
possibile ricostruire il motivo della somministrazione, in quanto non era stata
diagnosticata o sospettata alcuna infezione, per tale motivo è stata usata la voce
“altro”, con cui si è stabilito di intendere la continuità terapeutica post-dimissione
ospedaliera, la profilassi per la sostituzione di catetere vescicole o la profilassi per
cure odontoiatriche (Tabella 5).
34 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
Tabella 1 - Caratteristiche demografiche e del profilo assistenziale stratificate per RSA
RSA Sesso
M
Età>85 Intervento
chirurgico
Catetere
urinario
Catetere
vascoalre
Incontinenza
LDD
Altre
ferite
Disorientamento
Allettamento
carrozzina
1
11
8
0
1
0
18
3
1
15
14
2
18
31
1
8
0
58
2
14
35
42
3
5
18
0
0
0
24
0
0
25
15
4
9
21
1
1
0
26
1
1
17
26
5
6
15
0
1
0
24
3
3
14
20
6
2
9
0
0
0
10
0
2
8
11
7
16
6
1
3
0
40
10
13
43
33
8
3
13
0
1
0
16
1
3
9
14
9
5
18
0
1
0
40
1
0
27
31
10
6
10
0
2
0
15
2
2
11
16
11
8
23
2
1
0
30
1
2
29
32
12
5
10
0
0
0
14
1
0
11
17
13
11
20
2
0
0
31
0
2
24
31
14
4
7
5
6
4
11
4
4
4
13
Tabella 2 - Frequenza percentuale e IC 95% delle caratteristiche dell’anziano e del
profilo assistenziale
Profilo assistenziale
%
(IC 95%)
Intervento chirurgico
2,7
1,2-4,2
Catetere urinario
5,6
3,5-7,7
Catetere vascolare
0,9
0,1-1,7
Incontinenza
79,3
75,6-83,0
LDD
6,4
4,1-8,7
Altre ferite
10,4
7,6-13,2
Disorientamento
60,4
55,9-64,9
Allettamento/carrozzina
70,0
65,8-74,2
Tabella 3 - Prevalenza e IC 95% delle infezioni per sito
Sito
Frequenza assoluta
Bronchite,tracheobronchite,
tracheite
Infezione vie urinarie
Polmonite
Infezione cute
Infezioni occhio, orecchio,
cavità orale
Infezioni gastrointestinali
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
Frequenza percentuale
IC95%
51
44,3%
35,1-53,9
41
14
5
3
35,7%
12,2%
4,3%
2,6%
26,9-45,1
6,8-19,6
1,4-9,9
0,0-4,7
1
0,9%
0,8-2,6%
LXVIII.1.2012 • 35
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
Tabella 4 - Frequenza assoluta delle prescrizioni con associazione antibiotica
Antibiotico
Claritromicina
Ciprofloxacina
Levoxacina
Azitromicina
Nitrofurantoina
Ceftriaxone
3
1
5
1
1
Amoxicillina
Amikacina
1
Imipenem
1
Piperacillina/
Tazobactam
1
1
Ciprofloxacina
1
Prulifloxacina
1
Norfloxacina
1
Tabella 5 - Motivazione della prescrizione antibiotica
Motivo della prescrizione
Bronchite,tracheobronchite,
tracheite
Infezione vie urinarie
Altro
Polmonite
Infezioni occhio, orecchio,
cavità orale
Infezioni gastrointestinali
Frequenza assoluta
Frequenza percentuale
IC95%
51
34,9%
27,2-43,3
41
31
14
3
28,1%
21,2%
9,6%
2,1%
21,0-36,1
14,9-28,8
5,3-15,6
0,4-5,9
1
0,7%
0,0-3,8%
La figura 1 riporta il consumo di antibiotici usati nelle RSA, mentre la figura 2
mostra la distribuzione di frequenza delle classi antibiotiche prescritte. La
prevalenza d’uso di antibiotici è pari al 32,4% (IC 95% 28,1%-36,7%).
Sono state eseguite 17 (11,6%; IC 95% 6,4%-16,8%) urinocolture, tutte positive,
da cui sono stati isolati i microrganismi responsabili dell’infezione ed il loro profilo
di resistenza, dovuto alla produzione di beta-lattamasi a spettro esteso (tabella 6).
La prevalenza di resistenza per l’Escherichia coli è pari al 12,5% (IC 95% 10,5%35,5%), mentre quella della Klebsiella pneumoniae è uguale al 100%.
La tabella 7 riporta i risultati della regressione lineare multipla, da cui è stato
ricavato un R2 pari a 0,88.
Nelle 14 RSA incluse nello studio, sono presenti 450 posti letto convenzionati e
841 a pagamento. Sette RSA sono private, 3 sono strutture pubbliche a diretta
gestione dell’ASL VC e 4 sono strutture pubbliche di proprietà dei Comuni.
Il numero degli infermieri e degli altri operatori sanitari e la presenza di personale
infermieristico durante le 24 ore è descritta in tabella 8.
36 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
Figura 1 - Consumo di antibiotici espresso in DDD/1000 abitanti die
Figura 2 - Distribuzione di frequenza delle classi antibiotiche prescritte.
Tabella 6 - Microrganismi isolati e profilo di resistenza antibiotica
Microrganismo
Frequenza
No EBSL
Si EBSL
Escherichia coli
8
7
1
Proteus mirabilis
4
4
0
Altre Enterobacteriacee
1
1
0
Klebsiella pneumoniae
1
0
1
Proteus spp
1
1
0
Pseudomonias aeruginosa
1
1
0
Altri streptococchi
1
1
0
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 37
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
Tabella 7 - Risultati della regressione lineare multipla
Variabile dipendente
Infezione
Variabile indipendente
Allettamento/carrozzina
Coefficiente
Errore
standard
t value
p-value
0,612
0,493
1,241
>0,05
Altre ferite
0,312
0,607
0,514
>0,05
Catetere urinario
-1,046
1,199
-0,872
>0,05
Catetere vascolare
8,963
4,521
1,983
>0,05
Disorientamento
-0,141
0,27
-0,522
>0,05
Incontinenza
-0,144
0,422
-0,341
>0,05
Intervento chirurgico
-3,025
2,958
-1,023
>0,05
0,15
0,717
0,209
>0,05
Lesioni da decubito
Tabella 8 - Distribuzione degli operatori sanitari per RSA
RSA
Infermieri
Altri operatori
Presenza infermieri
1
3
26
Diurno+reperibilità notturna
2
11
74
H24
3
3
24
Diurno
4
5
20
Diurno
5
3
17
Diurno
6
2
13
Diurno
7
5
39
H24
8
6
18
Diurno
9
6
25
Diurno+reperibilità notturna
10
2
16
Diurno
11
4
44
Diurno
12
7
7
H24
13
5
4
H24
14
6
9
H24
Le risorse umane responsabili dell’assistenza diretta agli ospiti sono nel 21,4% dei casi
direttamente dipendenti della RSA, nei restanti casi sono dipendenti da Cooperative
con cui le Direzioni delle Strutture hanno stipulato contratti. I medici cui fanno
riferimento le RSA fanno parte della medicina di base.
In tutte le strutture erano presenti protocolli su: mobilizzazione del paziente,
prevenzione e trattamento delle lesioni da decubito, prevenzione e trattamento
parassitosi, prevenzione cadute, gestione biancheria e gestione rifiuti. Nel 92,9% delle
38 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
RSA sono stati riscontrati i protocolli relativi a: prevenzione incontinenza, idratazione,
cateterismo vescicale. Nell’85,7% esistevano protocolli inerenti: gestione dei farmaci,
igiene delle mani e decesso dell’ospite; nel 28,6% sono stati rilevati i protocolli attinenti
a: prevenzione della infezione da legionella, uso dei dispositivi di protezione individuale
e cateterismo vascolare. Il protocollo di sterilizzazione c’era nel 64,3% delle strutture,
anche se si deve sottolineare che due RSA utilizzavano materiale monouso e due
avevano affidato il servizio ad una ditta esterna.
Discussione
Esistono molti studi in altri paesi Europei e negli Stati Uniti [5,35-43], mirati a
determinare la prevalenza delle infezioni nelle strutture per anziani. Il nostro studio è
stato il primo condotto nell’ASL VC di Vercelli sulla prevalenza di infezioni e sull’uso
della terapia antibiotica.
Tra i suoi punti di forza si sottolinea che:
• sono state considerate tutte le RSA dell’ASL VC;
• la rilevazione è stata condotta dagli infermieri delle 14 RSA partecipanti, con la
supervisione del responsabile dello studio, presente alla rilevazione dei dati in ogni
struttura;
• la rilevazione di informazioni non solo sulle infezioni, ma anche sulle caratteristiche
delle RSA (caratteristiche strutturali, personale, protocolli assistenziali) ha
consentito di individuare possibili percorsi di miglioramento.
Il punto di debolezza è che sono stati inclusi nello studio solo i posti letto convenzionati
con l’ASL, perciò non è rappresentativo del funzionamento generale, che comprende
anche posti letto non convenzionati.
L’indagine ha evidenziato la prevalenza delle infezioni contratte in struttura del
25,5%, che si colloca al di sopra dei valori riportati in letteratura. Studi trasversali
condotti negli Stati Uniti hanno stimato una prevalenza che oscilla tra il 6,6% e il
12,9% [36,37,39,41,43]. Lo studio norvegese di Andersen condotto su 13.762 anziani
ha riportato una prevalenza del 6,5% [35]. Moro et al., nello studio realizzato in Emilia
Romagna, hanno rilevato una prevalenza dell’8,2% [5].
Mettendo a confronto la prevalenza delle infezioni per singolo sito con i dati di
letteratura, si osserva che, ad eccezione delle polmoniti, per le quali si stima una
prevalenza superiore (12,2% vs.9,3%), la prevalenza degli altri siti di infezione è inferiore.
Infatti le infezioni delle vie urinarie sono pari al 35,7% contro il 58,1%, le infezioni della
cute ammontano al 4,3% vs. 9,3%; le infezioni gastrointestinali sono pari allo 0,9%
contro il 4,7% [44].
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 39
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
La regressione lineare multipla ha dimostrato che la prevalenza delle infezioni
acquisite nella strutture è più elevata negli anziani allettati e/o in carrozzina, in quelli
esposti a procedure invasive ed in quelli affetti da lesioni da decubito.
Il ricorso a indagini di laboratorio è molto ridotto (11,6%) e non corrisponde agli
standard minimi previsti dalle raccomandazioni dell’Infectious Disease Society of
America per la valutazione del paziente febbrile o con sospetta infezione nelle strutture
di assistenza per anziani [45].
La diretta conseguenza dell’incertezza diagnostica e del limitato ricorso agli esami
strumentali e di laboratorio è l’uso inappropriato degli antibiotici, particolarmente negli
anziani. Infatti questo studio ha evidenziato una prevalenza d’uso pari al 32,4%, mentre
secondo la letteratura è compresa tra il 7 ed il 10% [35,46].
Per quanto concerne l’impiego di antimicrobici, si è evidenziato che sono più
utilizzati i fluorochinoloni, seguiti dalle cefalosporine di III generazione e dalle
penicilline con inibitori di beta lattamasi. L’utilizzo inappropriato di queste classi
antibiotiche sta determinando un incremento delle resistenze batteriche nelle
strutture per anziani, infatti per i germi gram-negativi (Escherichia coli, Proteus
mirabilis, Klebsiella pneumoniae) si riscontra in letteratura una resistenza del 96,7%
per i fluorochinoloni, del 13,6% per il ceftriaxone e del 5,1% per le penicilline associate
ad inibitori di beta lattamasi.
In analogia ai dati di letteratura, i microrganismi maggiormente riscontrati negli
isolamenti microbiologici sono stati: Escherichia coli, Proteus mirabilis, Klebsiella
pneumoniae) [18,47]. Tra gli isolamenti solo in due casi sono stati rilevati microrganismi
produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL). Stranamente non sono stati
riscontrati Staphyilococcus aureus meticillino resistenti la cui presenza nelle RSA, come
evidenziato in letteratura, ha carattere endemico. Infatti in alcune LTCF degli Stati
Uniti si sono riscontrati tassi di colonizzazione tra gli ospiti per MRSA del 30% [46].
Probabilmente l’esiguità delle indagini microbiologiche, prevalentemente effettuata
su campioni urinari, non ha permesso l’isolamento di tale microrganismo [48].
Conclusioni
Questo lavoro ha consentito un’ampia visione della realtà nelle RSA convenzionate
con l’Azienda Sanitaria Locale di Vercelli.
I dati ottenuti hanno evidenziato problematiche legate all’elevata prevalenza di
infezioni e all’aumento molto preoccupante sia dell’uso di antibiotici sia della antibiotico
resistenza, soprattutto fra i batteri gram-negativi. L’aumento delle resistenze a
fluorochinoloni, cefalosporine di III generazione e penicilline associate ad inibitori
40 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
delle beta lattamasi si colloca in un contesto internazionale molto preoccupante per
ciò che concerne la futura efficacia delle terapie antibiotiche.
A fronte di queste considerazioni è di fondamentale importanza che gli operatori
sanitari diventino consapevoli di questi problemi, pertanto si dovranno attuare
programmi di sorveglianza sulle infezioni e sull’uso di antibiotici con feedback dei dati,
formazione del personale, uso di protocolli di efficacia dimostrata, al fine di ridurre
l’uso inappropriato degli antibiotici, da considerarsi beni preziosi da gestire con estrema
cautela come le altre risorse non rinnovabili [49].
Bibliografia
1.
Petrosillo N, Drapeau CM, Nicastri E, Martini L, Ippolito G, Moro ML and ANIPIO. Surgical
site infections in Italian Hosptals: a prospective multicenter study. BMC Infect Dis 2008; 8: 34
2.
Moro ML, Gandin C, Bella A, Siepi G, Petrosillo N. Indagine conoscitiva nazionale sulle attività di
sorveglianza e controllo delle infezioni ospedaliere negli ospedali pubblici italiani. Rapporti ISTISAN 01/
4, ISSN 1123-3117.
3.
Valentini L, Casali C, Chatenoud L, Chiaffarino F, Uberti-Foppa C, Broggi G. Surgical site
infections after elective neurosurgery: a survey of 1747 patients Neurosurgery 2008; 62: 88-96.
4.
Burke JP. Patient safety: infection control a problem in a patient safety. N. England J Med 2003 Feb
13; 348(7):651-656.
5.
Moro ML, Mongardi M, Marchi M, Taroni F. Prevalence of long term care acquires infections in
nursing and residential homes in the Emilia-Romagna Region. Infection 2007; 35(4):250-255.
6.
El-Solh AA. Nursing home acquired pneumonia: approach to management. Curr Opin Infect Dis.
2011 Apr;24(2):148-151.
7.
Jarvis WR. Infection control and changing health care delivery systems. Em Infect Dis 2001; 7:170-173.
8.
Eriksen HM, Iversen BG, Avatisland P. Prevalence of nosocomial infection and use of antibiotics in long
term care facilities in Norwey, 2002 and 2003. Journal of Hospital Infection (2004) 57, 316–320.
9.
Smith PW, Bennett G, Bradley S, Drinka P, Lautenbach E, Marx J, Mody L, Nicolle L,
Stevenson K; Society for Healthcare Epidemiology of America (SHEA); Association for Professionals
in Infection Control and Epidemiology (APIC).SHEA/APIC Guideline: Infection prevention and control
in the long-term care facility. Am J Infect Control. 2008 Sep;36(7):504-35.
10.
Vergidis P. Hamer DH. Meydani SN. Dallal GE. Barlam TF. Patterns of antimicrobial use for
respiratory tract infections in older residents of long-term care facilities. Journal of the American
Geriatrics Society. 59(6):1093-8, 2011 Jun.
11.
Marrie TJ, Pneumonia in the long term facilities. Infec.. Control Hosp Epidemiology 2002; 23(3):159-164
12.
Nicolle LE. Infection control long term care facilities. Clin Infect Dis. 2000;31:752-6.
13.
Castle SC. Clinical relevance of age-related immune dysfunction. Clin Infect Dis 2000;31:578-85.
14.
Strausbaugh LJ. Emerging health care-associated infections in the geriatric population. Emerg Infect
Dis 2001;7:268-71.
15.
Richards C. Infections in residents of long-term care facilities: an agenda for research. Report of an
expert panel. J Am Geriatr Soc 2002;50:570-6.
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 41
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.
33.
Smith PW, Rusnak P. Infection prevention and control in the Long Term Care Facilities. Infection
Control And Hospital Epidemiology 1997; 18(12):831-849.
Bonomo RA Multiple antibiotic-reistent bacteria in long-term care facilities: an emerging problem in the
practice of infectious deseases. Clin Infect Dis. 2000 Dec;31(6):1414-22.
Nicolle LE, Bentley DW, Garibaldi R, Smith PW. Antimicrobial use in long term care facilities.
SHEA Long Term Care Committee. Infect Control Hosp Epidemiology 2000;21(8):537-545.
Brusaferro S, Vidotto L, Regattin L, Chittaro M, Quattrin R, Toscani P et al. Sorveglianza delle
infezioni correlate alle pratiche assistenziali in strutture extraospedaliere. Giornale italiano delle
infezioni ospedaliere 2003;10(3):113–119.
Loeb M, Brazil K, Lohf et al. Effect of multifaced intervention on number of antimicrobial prescription
for suspected urinary tract infections in residents of nursing homes:cluster randomised controlled trial.
BMJ 2005;331(7518):669.
John JF Jr, Ribner BS. Antibiotic resistance in long-term care facilities. Infect Control Hosp
Epidemiol 1991;12:245-50.
Muder RR, Brennen C, Wagener MM, Vickers RM, Rihs JD, Hancock GA, et al. Methicillinresistant staphylococcal colonization and infection in a long-term care facility. Ann Intern Med
1991;114:107-12.
Bradley SF, Terpenning MS, Ramsey MA, Zarins LT, Jorgensen KA, Sottile WS, et al. Methicillinresistant Staphylococcus aureus: colonization and infection in a long-term care facility. Ann Intern
Med 1991;115:417-22.
Strausbaugh LJ, Jacobson C, Sewell DL, Potter S, Ward TT. Methicillin-resistant Staphylococcus
aureus in extended-care facilities: experiences in a Veterans’ Affairs nursing home and a review of the
literature. Infect Control Hosp Epidemiol 1991;12:36-45.
Boyce JM. Methicillin-resistant Staphylococcus aureus in hospitals and long-term care facilities: microbiology,
epidemiology, and preventive measures. Infect Control Hosp Epidemiol 1992;13:725-37.
Viray M, Linkin D, Maslow JN, Stieritz DD, Carson LS, Bilker WB, et al. Longitudinal trends
in antimicrobial susceptibilities across long-termcare facilities: emergence of fluoroquinolone resistance.
Infect Control Hosp Epidemiol 2005;26:56-62.
Flournoy DJ. Antimicrobial susceptibilities of bacteria from nursing home residents in Oklahoma.
Gerontology 1994;40:53-6.
Trick WE, Weinstein RA, DeMarais PL, Kuehnert MJ, Tomaska W, Nathan C, et al. Colonization
of skilled-care facility residents with 3antimicrobial-resistant pathogens. J Am Geriatr Soc 2001;49:
270-6.
Fry AM, Udeagu CC, Soriano-Gabarro M, Fridkin S, Musinski D, LaClaire L, et al. Persistence
of fluoroquinolone-resistant, multidrugresistant Streptococcus pneumoniae in a long-term-care facility:
efforts to reduce intrafacility transmission. Infect Control Hosp Epidemiol 2005;26:239-47.
Suetens C, Niclaes L, Jans, et al. Methicillin-resistant Staphylococcus aureus colonization is associated
with higher mortality in nursing home residents with impaired cognitive status. J Am Geriatr Soc
2006;54:1854-1860.
Capitano B, Nicolau DP. Evolving epidemiology and cost of resistance to antimicrobial agents in longterm care facilities. J Am Med Dir Assoc 2003;4:S90-9.
Lautenbach E, Fishman NO, Bilker WB, Castiglioni A, Metlay JP, Edelstein PH, et al. Risk
factors for fluoroquinolone resistance in nosocomial Escherichia coli and Klebsiella pneumoniae infections.
Arch Intern Med 2002;162:2469-77.
Lautenbach E, Strom BL, Bilker WB, Patel JB, Edelstein PH, Fishman NO. Epidemiological
investigation of fluoroquinolone resistance in infections due to extended-spectrum b-lactamase-producing
42 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
34.
35.
36.
37.
38.
39.
40.
41.
42.
43.
44.
45.
46.
47.
48.
49.
Escherichia coli and Klebsiella pneumoniae. Clin Infect Dis 2001;33:1288-94.
McGeer A, Campbell B, Emori TG, Hierholzer WJ, Jackson MM, Nicolle LE, Peppler C,
Rivera A, Schollenberger DG, Simor AE et al. Definitions of infection for surveillance in long-term
care facilities. Am J Infect Control 1991; 19(1):1-7.
Andersen BM, Rasch M. Hospital-acquired infections in Norwegian long-term care institutions. A
three-year survey of hospital-acquired infections and antibiotic treatment in nursing/residential homes,
including 4.500 residents in Oslo. J Hosp Infect 2000; 46:286-296.
Alvarez S, Shell CG, Wooley TW, Berck SL, Smith JK. Nosocomial infections in long-term care.
J Gerontol Med Sci1988; 43 (1): M9-M16.
Scheckler W, Peterson P. Infections and infection control among residents of eight rural Wisconsin
nursing homes, Arc Intern Med 1986; 146:1981-1984.
Schickler JM, Franson TR, Duthie EH, LeClair SM. Comparison of methods for calculation and
depiction of incidence infection rates in long-term care facilities. J Clin Epidemiol 1988; 41:757-761.
Setia U, Serventi I, Lorenz P. Nosocomial infections among patients in a long-term care facility:
spectrum, prevalence, and risk factors. Am J Infect Control 1985; 13(2):57-62.
Hoffman N, Jenkins R, Putney K. Nosocomial infection rates during a one-year period in a nursing
home care unit of a Veterans Administration hospital. Am J Infect Control 1990; 18:55-63.
Franson T, Duthie P, Cooper J., Oudenhoven G, Hoffmann R. Prevalence survey of infection and
their predisposing factors at hospital-based nursing home care unit. J Am Geiatr Soc 1986; 34:95-100.
Makris AT, Morgan L, Gaber DJ, Richter A, Rubino JR. Effect of a comprehensive infection control
program on the incidence of infections in long-term care facilities. Am J Infect Control 2000; 28:3-7.
Steinmiller AM, Robb SS, Muder RR. Prevalence of nosocomial infection in longterm care Veterans
Administration medical centers. Am J Infect Control 1991; 19:143-146.
Chazan B, Raz R, Teitler N, Nitzan O, Edelstein H, Colodner R. Epidemiology and Susceptibility
to Antimicrobials in Community, Hospital and Long-Term Care Facility Bacteremia in Northern Israel:
a 6 Year Surveillance. IMAJ 2009; 11:592-597.
Bentley DW, Bradley S, High K, Schoenbaum S, Taler G, Yoshikawa TT. Practice guideline for
evaluation of fever and infection in long-term care facilities. Clin Infect Dis 2000; 31:640–653.
Gudiol F. Prudence use of antibiotics and suggestion for improvement in long term care facilities.
Enfermedades Infecciosas y Microbiologia Clinica 2010; 28(4):32-35.
Buhr GT, Genao L, White HK. Urinary tract infection in long term care residents. Clinics in
Geriatric Medicine 2011; 27(2):229-239.
Nicolle LE. Preventing infections in non-hospital settings: long-term care. Emerg Infect Dis. 2001
Mar-Apr;7(2):205-7.
Cars O, Hogberg LD, Murray M et al. Meeting the challenge of antibiotic resistance. BMJ 2008; 337:
726-728.
Referente:
Dott.ssa Antonella Barbieri
Dirigente Farmacista - SC Qualità e Appropriatezza Prescrittiva
Tel. 0161/593972 - Fax 0161/593971
[email protected]
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 43
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
Allegato 1
Questionario di struttura
Data dello studio nella struttura
Numero di studio della struttura
Proprietà della struttura
Pubblica
Privata
Numero posti letto
Convenzionati
Pagamento
Presenza infermieri
Diurna
Notturna
Protocolli assistenziali
Presenza
Assenza
Tipo di protocollo
Descrizione
Numero infermieri
Numero operatori sanitari
Reperibilità notturna
Igiene, antisepsi,disinfezione,
sterilizzazione
Alimentazione
Procedure assistenziali
Lesioni da decubito
Altri protocolli
44 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
segue allegato
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 45
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
segue allegato
46 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
segue allegato
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 47
L. GROSSI, A. BARBIERI, L.CARNEVALE
48 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LE INFEZIONI NELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI DELL'ASL V C :STUDIO DI PREVALENZA
Ig. Sanità Pubbl. 2012; 68: 49-68
Bacterial colonization patterns of periodontal pockets
in different ages
Francesco S. Martelli1,*, Simone Stori1, Alessio Mengoni2, Marialaura Martelli1,
Claudio Rosati 1, Elena Fanti1
1
2
*
IRF in Microdentistry, via dell'Ariento 4, 50123 Florence, Italy 1
Department of Evolutionary Biology, University of Florence, via Romana 17, Florence,
Italy
Author for correspondence: tel: +39 055281619; e-mail: [email protected]
Key words
Periodontitis, Bacterial infection, Real-Time PCR, Red complex bacteria percentage
Summary
The aim of this study was to investigate subgingival bacterial composition of
untreated Italian subjects with aggressive and chronic periodontitis.
The total bacterial load, pathogenic bacteria belonging to "red" and "orange" complexes and
Aggregatibacter actinomycetemcomitans were determined by Real-Time PCR in 1216 patients.
Data were analysed by looking for relationships between bacteriological parameters, age and
periodontal probing depth.
The obtained results showed a significant higher number of red complex bacteria in older
rather than in younger patients. The total number of bacteria and the presence of A.
actinomycetemcomitans did not clearly associate with an age group.
Profili di colonizzazione batterica delle tasche parodontali in varie classi di età
Parole chiave Parodontite, Colonizzazione batterica, Real-Time PCR, Percentuale dei batteri del
complesso rosso
Riassunto
Lo scopo di questo studio è stato quello di caratterizzare la flora batterica
subgingivale di un campione di 1216 pazienti italiani affetti da parodontite cronica e
aggressiva mai sottoposti ad alcun trattamento parodontale.
L'analisi, eseguita con metodica Real-Time PCR su campioni di placca, ha fornito la
quantificazione della carica batterica totale e dei principali batteri responsabili
dell'insorgenza e della progressione della malattia parodontale quali Aggregatibacter
actinomycetemcomitans e i patogeni appartenenti ai complessi definiti da Socransky
“rosso ” e “arancione ”. I dati ottenuti sono stati analizzati per rilevare eventuali
correlazioni tra i parametri biologici, età e profondità delle tasche parodontali.
I risultati ottenuti hanno evidenziato che la percentuale dei batteri appartenenti al
complesso rosso aumenta con l'aumentare dell’età dei pazienti. La carica batterica totale
e la presenza di A. Actinomycetemcomitans non risultano invece associate con l'età.
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 49
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
Introduction
Periodontitis is ubiquitous throughout the world’s and is among the most
prevalent and costly health problem affecting industrialised societies. The impact
of periodontal disease on individuals and communities as a result of the pain and
suffering, impairment of function and reduced quality of life they cause, is
considerable. The epidemiological data in the literature are few and controversial.
The World Health Organization estimates that severe periodontitis occurs in 520% of adults worldwide, while milder forms of disease occurs in approximately
35-50% of the adult population (Petersen et al 2005). There are recent
epidemiological studies conducted in industrialized countries that assess the
prevalence of periodontal disease. A 30-year study of periodontal conditions in
Sweden, showed a significant improving of oral hygiene and periodontal health
but interestingly the proportion of Swedish population that suffering of advanced
periodontitis remained the same (Hugoson et al. 2008). A study in Norway
monitoring the periodontal health of 35 years-old in Oslo from 1973 to 2003
showed improvements in oral hygiene and decreasing of the prevalence of
periodontitis over the study period (Skudutyte-Rysstad et al. 2007). In the USA
the prevalence of periodontal disease showed a decrease for all racial group from
1988 to 2000, but the burden of periodontal disease remain on the disadvantages
and poor population groups (Borrell et al. 2005). A review written by Hugoson
et al. for the Sixth European Workshop on Periodontology evaluates the global
trends in the change in prevalence of periodontitis over the last 30 years. The
data indicate a possible trend of a lower prevalence of periodontitis in recent
years in Europe and USA but the reported change is mainly in gingivitis and
mild-to-moderate periodontal disease (Hugoson eta l. 2008). According to data
published by the Italian Society of Periodontal Disease (SIDP) in 2003, 60% of
adults in Italy suffer from various degrees of periodontal disease, 10-14% of
which are serious and advanced. There is a drastic increase in the incidence of
periodontitis in the 35-44 age range (www.sidp.it). According to our experience
the SIDP data are more reliable than those listed above that are probably
underestimated.
A position paper prepared by the Research, Science and Therapy Committee of
the American Academy of Periodontology in 2005 represents the position of the
Academy in regard to the current state of knowledge about the epidemiology of
50 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
periodontal disease and it replaces the version published in 1996. The paper states
that the more important determinants of periodontitis are:
- Age
- Gender: periodontitis is generally more prevalent in males that in females.
- Socioeconomic Status and racial/ethnic differences
- Individual genetics profile related to key regulator of the host inflammatory.
Evidence suggests that there is a significant genetic component to susceptibility
and resistance to periodontal disease. (Zhang et al. 2011)
- Smoke: the risk of periodontitis attributable to tobacco, compared to its nonuse, is in the order of 2.5 to 6.0 or even higher (Bergstrom and Preber 1994;
Academy Report 2005).
- Putative periodontopathogens in subgingival plaque
Periodontal disease is a polymicrobic infection of the periodontal tissues caused
by pathogenic bacteria and characterised by a more or less progressive destruction
of the periodontal ligament and alveolar bone, which may result in tooth loss.
According to the latest scientific evidence, periodontal disease is also a risk factor
for the development of important systemic pathologies, such as respiratory illness
(Wang et al. 2009) cardiovascular problems (Nakano et al. 2009), diabetes (Dunning
T. 2009) and pregnancy complications (Katz et al. 2009). The transition from a
“healthy” to a “disease-associated” subgingival microbiota can be affected by a
number of factors including pH, oxygen levels, temperature, osmotic pressure and
oxidation–reduction potential (Socransky & Haffajee 2005). The risk of disease
occurrence has also been shown to be variously associated both genetic,
microbiological and environmental factors (Stabholz et al. 2010). Periodontitis is
traditionally classified as chronic (CP) or aggressive (AP) in relation to some
clinical parameters such as the age of onset or detection, rate of progression,
patterns of destruction, signs of inflammations and amount of plaque and calculus
(1). However, clinical distinction between chronic and aggressive periodontitis is
still not clear cut (Armitage & Cullinan 2010).
In microbiological terms periodontal disease occurs when there is a destruption
in the host-microbe homoeostasis associated with health (Armitage 2010). In
particular a form of aberrant inflammation is developed resulting from a shift in
the microbial communities of the gingival sulcus from predominantly aerobic,
gram-positive, commensal, oral bacterial species to predominantly gram-negative,
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 51
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
anaerobic, chemorganotrophic, and proteolytic strains organised in a biofilm (Slots
& Taubman 1992). The dental plaque presence of members of bacterial species
that constitute the “red complex”, such as Porphyromonas gingivalis, Treponema
denticola, and Tannerella forsythia, have previously been associated with advanced
periodontitis and perimplantitis, while the presence of bacteria of the “orange
complex”, such as strains of the species Fusobacterium nucleatum ssp. polymorphum
and Prevotella intermedia, has been associated with either initial and moderate
forms of periodontitis or with the recovery phase (Socransky et al. 1998). Bacterial
species belonging to the orange complex have been found to precede colonization
by species of the red complex (Socransky et al. 1998). Moreover, the increased
prevalence, proportion and absolute numbers of bacteria in deep periodontal
pockets when compared to moderate or shallow pockets have been reported for
species of both complexes (Gmur et al. 1989, Socransky et al. 1991, 1998, Simonson
et al. 1992, Kojima et al. 1993, Wolff et al. 1993, Ali et al. 1994, Pederson et al.
1994, Kamma et al. 1995, Kigure et al. 1995, Haffajee et al. 1998; Socransky et al
2000). More recently, strains of the species Aggregatibacter (ex Actinobacillus)
actinomycetemcomitans have been claimed to be among the most important
etiological microorganisms involved in aggressive forms of periodontitis (Heubek
et al 2004) because of their ability to produce a powerful leukotoxin (Haraszthy et
al. 2000). However, the microbiota found in periodotonal infections (both chronic
and aggressive forms) shares a large number of taxa and no evidences have been
provided for tight association of a bacterial taxon with periodontal disease,
hampering the application of the classical one-pathogen/one disease model
(Armitage 2010).
Microbiological tests, which provide the quantization of the more important
periodontopathogens, are fundamental tools for the clinician in both the preoperative and post-operative phases. These tools provide an accurate description
of the microbial component of subgingival plaque that is essential to develop a
targeted therapy and to verify the efficiency of treatments. With the routine use
of molecular biology techniques, commercial tests based on 16S rRNA gene RealTime polymerase chain reaction (Real-Time PCR, or qPCR) offer high sensitivity
and the possibility of species-specific detection. Consequently, qPCR tests providing
quantitative and qualitative analysis for the major etiologic agents of periodontitis
(Kuboniwa et al. 2004, Sanz et al. 2004) are the only useful chairside tests for
52 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
developing more specific treatments for periodontal diseases. The Real-Time PCR
technique allows for the determination of the percentage of each bacterial species
using specific primers, while the total bacterial load is estimated using universal
bacterial primers for the 16S rRNA gene (Sanz et al. 2004). This assay demonstrated
a high degree of specificity and reproducibility in quantifying pathogenic species.
Furthermore, Real-time PCR also has high sensitivity for detecting numerous
bacterial species even if present in very low numbers in the subgingival plaque.
Using this approach, several investigators detected and estimated the percentage
of bacteria of red and orange complexes in subgingival plaques (Kuboniwa et al.
2004, Suzuki et al. 2005, Boutaga et al. 2006).
Previous studies have shown that distribution of periodontal pathogens can be
related to geographic locations, race and ethnicity (Haffajee et al. 2004, 2005,
Lopez et al. 2004, Ximenez-Fyvie et al. 2006). Very few studies have investigated
periodontal microbiota in Italian populations (König et al. 2005, Kim et al. 2009).
Very recently, Armitage (Armitage 2010), pointed out the need for studies based
on culture-independent microbiological techniques to increase the knowledge
about the microbiological features of periodontisis and their relationships with
environmental and clinical variables. In this respect, to our knowledge, no reports
on possible correlations between the presence and percentage of
periodontopathogenic bacteria with patient age have been performed.
The aim of this study was to assess the correlation between the variation in
subgingival bacterial composition (determined by qPCR) of untreated Italian
subjects and patients’ age.
Materials and Methods
Subject population
Samples of 1216 Italian untreated subjects from IRF in Microdentistry (Florence)
were analysed. The demographic and clinical characteristics of the population
are presented in Table 1 and Supplemental Material S1. Informed consent was
obtained from all subjects.
Inclusion criteria
Diagnosis of disease was made on the basis of dental clinical parameters, including periodontal probing depth (PPD), bleeding on probing (BOP), suppuration
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 53
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
Table 1 - Demographic characteristics of study subjects.
Mean value of age and PPD (±SD) and the percentage of
females and smokers of 1216 caucasian subjects (n=1216)
(PUS), and radiographic
patterns of alveolar bone
destruction (Armitage
Variable
Mean
1999; Wiebe et al. 2000).
Age (mean±SD)
50.1±12.1
Only patients having all
Females (percentage)
730 (60.03%)
PPD higher than 3 mm
Smokers (percentage)
283 (23.20%)
were included in the stuEthnicity (percentage)Caucasian
1216 (100%)
dy. Clinical evaluation
PPD (mm) (mean±SD)
5.6±2.9
of PPD was performed
*SD, standard deviation. PPD, probe pocket depth
using Florida Probe
(www. flori da probe. com) a computerized periodontal probing that allows tests
comparable over time and independent from the operator.
Exclusion criteria
Exclusion criteria included known systemic diseases, history and/or the presence
of other infections, systemic antibiotic treatment in the preceding three months
and pregnancy or lactation in females.
Microbiological examination
Sample Collection
Sampling was carried out following the procedures reported in the BPA kit
(Bacterial Periodontal Assessment, Biomolecular Diagnostics, Italy) after drying
the area and removing supragingival plaque. Subgingival plaque samples were
collected with sterile paper points inserted for one minute into the deepest pockets
(choosing at least one pocket for each quadrant) and stored at 4°C in a sterile
tube. Five samples per patient were taken from different sites having PPD≥3 mm
and pooled together.
Assessment of periodontopathic bacteria
Plaque samples were sent to Biomolecular Diagnostics (Firenze, Italy). The
DNA extraction was performed using QIAxtractor (QIAGEN Inc., GmbH, Hilden,
Germany) according to the manufacturer’s protocol. Real-time PCR with SYBRgreen assays were carried out using a Rotor Gene 3000 (Corbett) apparatus. For
amplification reactions, duplicate samples were routinely used. About 40 ng of
54 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
DNA eluted was used for bacterial detection of the most important
periodontopathogens, including P. gingivalis, T. denticola, and T. forsythia, F.
nucleatum ssp. polymorphum, P. intermedia and A. Actinomycetemcomitans using
species-specific primers for the 16S rRNA gene. Bacterial titres are expressed as
number of cells per plaque sample. The total number of bacterial cells was also
determined using a universal primers set. The standard curve was analyzed for
each evaluated bacterium and using the universal primers set against a serial
dilution of each bacterial DNA corresponding to 102–107 cells. The negative control
was a Real Time PCR mix without DNA.
Statistical analysis
Statistical analysis was carried out with the software STATISTICA 7.0 (Statsoft,
Inc., Tulsa, OK, USA). Factor analysis was used to evaluate the relative
contribution of each variable of the dataset. The Kruskal-Wallis test with
Bonferroni contrast was then performed to estimate the significance of reported
differences. Spearman correlation was used to investigate the relationships between
clinical variables and the presence of bacteria.
Results
Clinical data
The population recruited for our study is only composed of Italina individuals.
The mean age of the participants is 50.1 years. There is a prevalence of females
(60.03%) and non-smokers (76.8%) with a mean PPD value of 5.6 mm (Table 1).
Microbiological data
The mean total number of bacteria in the dental plaque samples was 2.09x107
cells/plaque sample (Table 2). Non-smokers showed higher mean values than
smokers (P<0.03) and females had slightly more bacteria than males (P<0.7, not
significant). The percentage of pathogenic bacteria was 16.5% for the whole
dataset, with females having a mean value of 15.7% while males had a mean value
of 16.4% (P<0.7, not significant). Non-smokers had slightly more pathogens than
smokers (P<0.5, not significant).
In order to quantitatively evaluate which parameter(s) considered in our analysis
(age, PPD, total bacteria present and percentages of different bacterial groups)
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 55
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
Table 2 - Total number of bacteria (TOT BAC) and percentage of pathogenic bacteria
(% PTGS) in the sampled dataset*
Tot BAC
x106 cells/plaque sample
(% PTGS)
All dataset
20.9 ±1.60
16.5 ±0.55
Males
19.4 ±2.20
16.4±0.96
Females
21.87±2.1
15.7±0.71
Smokers
13.9±1.5
13.9±1.04
23.0±2.04
16.86±0.66
≤ 20 y
21.8±10.80
6.4±1.88
21-30
15.9±5.79
7.6±1.32
31-40
23.9± 6.30
11.4±1.43
41-50
25.3±3.19
16.1±0.98
51-60
18.2±1.86
16.5±0.87
61-70
17.4±3.80
15.4±1.45
71-80
11.0± 1.54
21.3±3.24
81-90
8.17± 1.28
13.65±6.63
Nonsmokers
Age classes:
*The means of total number of bacteria and the mean percentage of pathogens estimated by RealTime PCR (see Materials and Methods) in the whole dataset, and related to gender, smoke and
age classes of patients; ±, standard error.
most affected the diversity of our dataset, a factor analysis was carried out. Results
are reported in Table 3. The first two factors, which explained 47.12% of the total
dataset variance, the percentage of pathogenic bacteria and of bacteria belonging
to the red complex, were the highest contributors to the first factor. The second
factor was mostly determined by the age of patients. A graphical representation of
the respective weights of variables is shown as the principal component analysis
(Figure 1). The percentage of pathogenic bacteria (% PTGS) and the red complex
bacteria (% RED) were clustered together forming a different group with respect
to the percentage of orange complex bacteria (% ORG), PPD, and age. Total
bacterial counts (TOT BAC) and the percentages of A. actinomycetemcomitans
(% A.a.) are the most distantly related to % PTGS and % RED. In the second
factor, age was found to be the main discriminator of the dataset.
To better evaluate the relationships between the age of patients and the quantity and quality (presence of bacteria from different complexes) of bacterial flora,
56 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
Table 3 - Factor analysis of the dataset*
the dataset was divided into eiFactor 1
Factor 2
ght classes as reported in Table 2.
AGE
0.089850
0.73221
Total bacterial numbers varied
PPD
0.364752
0.288355
from 8.17x106 to 25.3x106 cells/
Tot BAC
0.144819
-0.264346
plaque sample in the oldest class
%PTGS
0.982249
-0.051339
(81-90 years old) and in the 41%A.a.
-0.030088
-0.516395
50 years class, respectively. Patho%RED
0.888459
0.101892
gens’ percentages were highest in
%ORG
0.540053
-0.348600
the 71-80 years class and lowest
Explained variance
2.208825
1.090356
in the ≤20 years class. Then, for
Proportion over total 0.315546
0.1155765
each class, the mean percenta*Factorial weights are shown for each component . Factor
ges of bacteria belonging to the
analysis is performed including age, PPD, total bacteria
red and orange complexes and of
present and the percentage of bacteria belonging to
different groups (codes as reported in legend of figure
A. actinomycetemcomitans were
1). The explained variance and the proportion over total
computed (Fig. 2). Bonferroni
variance are also reported. In bold are weights >0.70000.
contrast after a Kruskal-Wallis
test was then used to evaluate the statistical significance of the differences in
observed means. Interestingly, the percentages of red complex (Fig. 2A) bacteria
was significantly lower in patients 20-40 years old and those older than 50 years.
Similarly, the percentages of orange complex bacteria (Fig. 2B) were significantly
different (lower) in 20-40 year old patients compared with those who were 40-60
years old. However, in this case, there was not a strict differentiation between a
younger and an older group of classes, as the 60-70 year old class and the 70-90
year old class had lower values than the 40-60 year old class. For A. actinomycetemcomitans (Fig. 2C), no clear differences were identified in relation to age
classes. However, in our dataset, individuals younger than 20, and in the 31-40,
61-70, and 81-90 year old sets, showed slightly higher percentages of A. actinomycetemcomitans than the other classes. Overall, the χ2 statistic for KruskalWallis was 46.92 (P<0.0001) for orange complex bacteria and 39.65 (P<0.0001)
for red complex bacteria. In general, most of the differences were found in the
comparisons between younger (less than 40 years old) and older classes (more
than 41 years old). To verify that patients younger than 30-40 years old had different microbiological parameters than older patients, two groups of patients were
compared, with 36 years as the discriminator between aggressive and chronic
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 57
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
Figure 1 - Principal component analysis of factorial weights
The first two principal components with indicated the percentage of explained variance are shown. %
PTGS, percentage of pathogens; % RED, percentage of red complex bacteria; % ORG, percentage
of orange complex bacteria; % A.a, percentage of A. actinomycetemcomitans, PPD, probing pocket
depth; TOT BAC, total number of bacteria; AGE, age of patient.
periodontitis. Results from this analysis are shown in Table 4. The percentage of
pathogens (% PTGS), red complex bacteria (% RED) and probing pocket depth
(PPD) showed significant differences between the two groups.
Spearman correlation analyses were then carried out between PPD and the
number and type of bacteria (Table 5). The highest and the very small values for
correlation were found between the percentage of red complex bacteria and PPD.
The total number of bacteria and the percentage of pathogenic bacteria were also
correlated, though at lower values. No correlation was found between PPD and
percentages of A. actinomycetemcomitans and orange complex bacteria.
Discussion
Periodontal disease is the result of an altered equilibrium between prevalent
periodontal pathogens (i.e., gram-negative anaerobes) and host-compatible species
58 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
Figure 2 - Percentage of different bacteria in the different age classes
The percentage of bacteria belonging to the red complex (A), orange complex (B) and the species A.
actinomycetemcomitans (C) is reported for each age class. Error bars, standard error. Different
letters above columns indicate statistically significant (P<0.05) differences after Bonferroni contrast
in a Kruskal-Wallis test.
in the oral cavity (Socransky et al. 1998, Van Winkelhoff et al. 2002, Nishihara &
Koseki 2004, Byrne et al. 2009). Numerous reports have demonstrated an association
between periodontitis and a small subset of microbial species, which includes the
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 59
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
Table 4 - Statistical analysis of differences in patients in relation to two age groups*
Kruskal-Wallis’statistics
P-value
Bonferroni contrast
0.70
0.4 (n.s.)
-27.16
% PTGS
32.28
<0.0001
-183.51
% RED
25.98
<0.0001
-113.80
% ORG
12.99
0.0003
-80,50
% A.a.
0.03
0.8 (n.s.)
2.74
PPD
17.08
<0.0001
-132.27
PUS
1.65
0.2 (n.s.)
-28.91
Total bacteria
* two groups with patients having less than 36 years and more than 37 years were compared for total
amount of bacteria, percentage of pathogenic bacteria (PTGS), bacteria of the red (RED) and orange
(ORG) complex, PPD and for the presence of pus on probing (PUS). The Kruskal-Wallis’ statistics,
P-value and Bonferroni contrast are shown. n.s., not significant.
bacteria of our study, such as
P. gingivalis, T. forsythia, F.
rs statistic
P value
nucleatum ssp. polymorphum,
Total bacteria
0.09
<0.003
A. actinomycetemcomitans, T.
% PTGS
0.21
<0.0001
denticola, and P. intermedia
% RED
0.23
<0.0001
(Armitage 2010). A scheme
% ORG
0.06
<0.3 (n.s.)
of microbial succession
% A.a.
-0.03
<0.4 (n.s.)
during colonization of the
*The rs statistic and p-values are reported. Codes in columns
oral ecosystem has been
as in Tab. 4.
proposed (Socransky et al.
1998, Socransky & Haffajee 2005), according to which after the initial colonization
of orange complex bacteria (F. nucleatum and P. intermedia), the red complex bacteria
(P. gingivalis, T. denticola, and T. forsythia) become more dominant, leading to the
development of more advanced forms of disease (PPD 6 mm or deeper). F. nucleatum
ssp. polymorphum, the main bacterial species of the orange complex, binds to
epithelial cells (Han et al. 2000, Edwards et al. 2006) and has been described as an
initiator organism in plaque biofilm development because it co-aggregates with
both early and late colonisers (Kolenbrander & London 1993, Shaniztki et al.
1997, Zilm et al. 2007). Some bacteria as P. gingivalis, T .forsythia and T. denticola
(red complex bacteria) were frequently found together in periodontal lesions,
particularly in sites with deep pockets or more advanced periodontitis (Umeda et
Table 5 - Spearman correlation analysis between
PPD and bacteria*
60 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
al. 1996, Socransky et al. 1998). In particular P. gingivalis is considered to be a
major pathogen in human periodontitis and is implicated in certain systemic
conditions, such as cardiovascular disease, metabolic disease (diabetes),
rheumatoid arthritis (Gaetti-Jardim et al. 2009, Nakano et al. 2009, Wang et al.
2009). A.actinomycetemcomitans is a non-motile, gram-negative, capnophilic
bacterium that has been strongly implicated in localized and generalized aggressive
periodontitis (Darveau et al. 1997, Slots 1999, Faveri et al. 2009) and plays an
important role in periodontal destruction (Yang et al. 2004, Orrù et al. 2006). A.
actinomycetemcomitans has been isolated in a small percentage (among 10-20%) of
individuals with periodontitis in Asian, Eurasian and South-American populations
(Kim et al. 2009, Cosgarea et al. 2010, Roman-Torres et al. 2010). In agreement
with these studies, we observed that 19.9% of our patients showed the presence of
A. actinomycetemcomitans.
Interestingly, Armitage recently affirmed that despite a great numbers of studies,
our knowledge of the comparative microbiology of chronic and aggressive forms
of periodontitis are still incomplete (Armitage 2010). At this purpose, our findings
about the composition of subgingival plaque revealed that there is a significant
difference in the proportion of red complex bacteria with regard to age class. In
particular, the analysis of the microbial composition of 1216 patients, divided by
classes ages of ten years, demonstrated an increase in the percentage of red complex
bacteria with increasing age. Nevertheless, the trends of orange complex bacteria
and A. actinomycetemcomitans did not show differences with regard to patient
age. Furthermore, by setting a discriminator at 36 years of age, that is commonly
considered as the age limit for aggressive periodontitis, our results show that the
percentages of pathogenic bacteria and of red complex bacteria were significantly
differentiated and patient younger than 36 years present a lower percentage of
red complex bacteria than patients older than 36 years. Interestingly, there were
not relevant clinical differences in PPD between patients with less and more than
36 years (means 4.7±2.5 and 5.7±3.0 mm, respectively, data not shown. This fact
suggests that, irrespective from PPD, the percentage of pathogenic, and especially
of red complex bacteria, may be useful in discriminating between aggressive and
chronic periodontitis, particularly in the range 36-50 years, in which clinical
distinction between these two forms is still dubious (Armitage & Cullinan 2010).
The lack of correlation between age and percentage of orange complex bacteria
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 61
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
is in agreement with Socransky’s hypothesis of the important role of orange complex
bacteria in the beginning of periodontal disease but not as a factor related to the
development of periodontitis. Overall, our findings may suggest in agreement
with previous reports, that red complex bacteria are the major etiologic agents in
periodontitis (Feng & Weinberg 2006). Red complex bacteria have also recently
been related to increasing levels of gingival crevicular fluid biomarkers, such as
interleukin-1 (IL-1), which have been associated with the immunopathology of
periodontitis as a critical determinant of tissue destruction and bone resorption
(Teles et al. 2010).
The Socransky model also suggests a relationship between some clinical
parameters, such as PPD and the composition of subgingival microbiota. According
to other studies, deeper pockets (PPD≥6mm), associated with severe periodontitis,
showed a greater percentage of red complex species compared to shallow pockets
(PPD≤4mm) (Socransky & Haffajee 2005, Savage 2009). We found a positive,
though very faint, correlation between red complex bacteria and PPD, suggesting
that deeper pockets tend to contain a higher proportion of red complex bacteria.
Interestingly, the total number of bacteria did not correlate with pathogenic bacteria
(except for a clustering near A. actinomycetemcomitans (see Fig. 1) and PPD,
suggesting that the simple bacterial flora count is not a good indicator of the
severity of periodontitis.
It is interesting to note that a new approach, termed “Infectogenomics” (Nibali
et al. 2009), has been proposed in the literature to study the correlation between
the genetic profile and the host immune response against pathogens in different
diseases (such as periodontitis and Crohn’s disease). Infectogenomics data show
the importance of the clinical use of microbiological chair-side tests based on
qPCR, in addition to genetic assessments, to rapidly and economically evaluate
the presence and percentages of P. gingivalis, P. intermedia and T. forsythia in relation
to total bacterial load, as a fundamental step to define a correct diagnosis and an
accurate therapy.
According to this theory, we can explain our microbiological data that in younger
patients (<36 years) revealed a lower percentage of red complex bacteria, assuming
that in these cases a shorter exposure to periodontal pathogens leads to the
development of periodontitis in the presence of a high genetic predisposition.
Therefore, we can also speculate that the increased severity of periodontitis in
62 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
non-genetically predisposed older age patients is due to a cumulative effect of
prolonged exposure to increasing percentages of red complex bacteria with: i)the
aging of the immune system and consequent inability to control infections in old
age, which is partially due to inefficient communication between macrophages
and the tissues. The resulting inability of these phagocytes to control microbial
overgrowth in periodontal tissues could lead to chronic persistence of the pathogens
and unresolved destructive inflammation (Franceschi et al. 2000), ii)the difficulties
of careful oral hygiene, common in the elderly, iii)the decreased efficiency of the
mechanisms of washout with age.
To summarize, we have confirmed that infection caused by red complex bacteria
is strongly associated with severe forms of periodontitis (deep pockets) and with
periodontal disease in older (>36 years) patients. Early detection of these pathogens
using microbiological tests could be essential to prevent disease progression through
an adequate protocol of follow-up and the percentage of red complex bacteria
could be a new approach to discriminate between aggressive and chronic forms of
periodontitis, especially in the range 36-50 years .
References
Academy Report (2005) Epidemiology of Periodontal Disease. J Periodontol;76:1406-1419.
Ali RW, Bakken V, Nilsen R, Skaug N (1994) Comparative detection frequency of 6 putative
periodontal pathogens in Sudanese and Norwegian adult periodontitis patients. Journal of Periodontology
65(11): 1046-1052.
Armitage GC (1999) Development of a classification system for periodontal diseases and conditions.
Annals of Periodontology 4: 1-6.
Armitage GC (2010) Comparison of microbiological features of chronic and aggressive periodontitis.
Periodontology 2000 53: 70-88.
Armitage GC, Cullinan MP (2010) Comparison of the clinical features of chronic and aggressive
periodontitis. Periodontology 2000 53: 12-27.
Bergstrom J, Preber H. Tobacco use as a risk factor. J Periodontol 1994; 65:545-550
Borrell LN, Burt BA, Taylor GW. Prevalence and trends in periodontitis in the USA: from the
NHANES III to the NHANES, 1988 to 2000. J Dent Res 2005: 84: 924–930.
Boutaga K, van Winkelhoff AJ, Vandenbroucke-Grauls CM, Savelkoul PH (2006) The additional
value of real-time PCR in the quantitative detection of periodontal pathogens. Journal of Clinical
Periodontology 33(6): 427-433.
Brogan JM, Lally ET, Poulsen K, Kilian MD (1994) Regulation of Actinobacillus
actinomycetemcomitans leukotoxin expression: analysis of the promoter regions of leukotoxic and
minimally leukotoxic strains. Infection and Immunity 62: 501–508.
Byrne SJ, Dashper SG, Darby IB, Adams GG, Hoffmann B, Reynolds EC (2009) Progression of
chronic periodontitis can be predicted by the levels of Porphyromonas gingivalis and Treponema denticola
in subgingival plaque. Oral Microbiology and Immunology 24(6), 469-477.
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 63
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
Cosgarea R, Bäumer A, Pretzl B, Zehaczek S, Kim TS (2010) Comparison of two different
microbiological test kits for detection of periodontal pathogens. Acta Odontologica Scandinavica
68(2): 115-121.
Darveau RP, Tanner A, Page RC (1997) The microbial challenge in periodontitis. Periodontology
2000 14: 12-32.
Doungudomdacha S, Rawlinson A, Douglas CW (2000) Enumeration of Porphyromonas gingivalis,
Prevotella intermedia and Actinobacillus actinomycetemcomitans in subgingival plaque samples by a
quantitative-competitive PCR method. Journal of Medical Microbiology 49(10): 861-874.
Dunning T (2009) Periodontal disease-the overlooked diabetes complication. Nephrology Nursing
journal 36(5): 489-495.
Edwards M, Grossman TJ & Rudney JD (2006) Fusobacterium nucleatum transports non-invasive
Streptococcus cristatus into human epithelial cells. Infection and Immunity 74: 654–662.
Faveri M, Figueiredo LC, Duarte PM, Mestnik MJ, Mayer MP, Feres M (2009) Microbiological
profile of untreated subjects with localized aggressive periodontitis. Journal of Clinical Periodontology
36(9), 739-749.
Franceschi C, Bonafè M, Valensin S, Olivieri F, De Luca M, Ottaviani E, De Benedictis G
(2000) Inflamm-aging An evolutionary perspective on immunosenescence. Annals of New York
Academy of Sciences 908: 244-254 Review.
Feng Z, Weinberg A (2006) Role of bacteria in health and disease of periodontal tissues. Periodontology
2000 40: 50-76 Review.
Feres M, Haffajee AD, Allard K, Som S, Socransky SS (2001) Change in subgingival microbial
profiles in adult periodontitis subjects receiving either systemically-administered amoxicillin or metronidazole.
Journal of Clinical Periodontology 28(7): 597-609 .
Gaetti-Jardim EJ, Marcelino SL, Feitosa AC, Romito GA, Avila-Campos MJ (2009) Quantitative
detection of periodontopathic bacteria in atherosclerotic plaques from coronary arteries. Journal of
Medical Microbiology 58(12): 1568-1575.
Gmur R, Strub JR & Guggenheim B (1989) Prevalence of Bacteroides forsythus and Bacteroides
gingivalis in subgingival plaque of prosthodontically treated patients on short recall. Journal of Periodontal
Research 24: 113–120.
Grossi SG, Genco RJ, Machtei EE, Ho AW, Koch G, Dunford R, Zambon JJ, Hausmann E (1995)
Assessment of risk for periodontal disease II Risk indicators for alveolar bone loss. Journal of
Periodontology 66(1): 23-29.
Grossi SG, Zambon JJ, Ho AW, Koch G, Dunford RG, Machtei EE, Norderyd OM, Genco RJ
(1994) Assessment of risk for periodontal disease I Risk indicators for attachment loss. Journal of
Periodontology 65(3): 260-267.
Haffajee AD, Cugini MA, Dibart S, Smith C, Kent RL Jr, Socransky SS (1997) The effect of SRP
on the clinical and microbiological parameters of periodontal diseases. Journal of Clinical Periodontology
24(5): 324-334.
Haffajee AD, Cugini MA, Tanner A, Pollack RP, Smith C, Kent RL Jr & Socransky SS (1998)
Subgingival microbiota in healthy, well-maintained elder and periodontitis subjects. Journal of Clinical
Periodontology 25: 346–353.
Haffajee AD, Bogren A, Hasturk H, Feres M, Lopez NJ, Socransky SS (2004) Subgingival
microbiota of chronic periodontitis subjects from different geographic locations. Journal of Clinical
Periodontology 31: 996-1002.
Haffajee AD, Japlit M, Bogren A, Kent RL Jr, Goodson JM, Socransky SS (2005) Differences in
the subgingival microbiota of Swedish and USA subjects who were periodontally healthy or exhibited
minimal periodontal disease. Journal of Clinical Periodontology 32: 33-39.
Han YW, Shi W, Huang GT, Kinder Haake S, Park NH, Kuramitsu H & Genco RJ (2000)
64 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
Interactions between periodontal bacteria and human oral epithelial cells: Fusobacterium nucleatum
adheres to and invades epithelial cells. Infection and Immunity 68: 3140–3146.
Haraszthy VI, Hariharan G, Tinoco EM, Cortelli JR, Lally ET, Davis E, Zambon JJ (2000)
Evidence for the role of highly leukotoxic Actinobacillus actinomycetemcomitans in the pathogenesis of
localized juvenile and other forms of early-onset periodontitis. Journal of Periodontology 71: 912–922.
Hashim R, Thomson WM, Pack ARC (2001) Smoking in adolescence as a predictor of early loss of
periodontal attachment. Community Dentistry and Oral Epidemiology 29: 130-135.
Haubek D, Westergaard J (2004) Detection of a highly toxic clone of Actinobacillus
actinomycetemcomitans (JP2) in a Moroccan immigrant family with multiple cases of localized aggressive periodontitis. International Journal of Paediatric Dentistry 14: 41–48.
Haubek D, Ennibi OK, Poulsen K, Vaeth M, Poulsen S, Kilian M (2008) Risk of aggressive
periodontitis in adolescent carriers of the JP2 clone of Aggregatibacter (Actinobacillus)
actinomycetemcomitans in Morocco: a prospective longitudinal cohort study. Lancet 371: 237-242.
Haubek D, Ennibi OK, Vaeth M, Poulsen S, Poulsen K (2009) Stability of the JP2 clone of
Aggregatibacter actinomycetemcomitans. Journal of Dental Res 88(9): 856-860.
Hugoson A, Sjo´din B, Norderyd O. Trends over 30 years, 1973–2003, in the prevalence and
severity of periodontal disease. J Clin Periodontol 2008: 35: 405–414.
Hugoson A, Norderyd O. Has the prevalence of periodontitis changed during the last 30 years? J Clin
Periodontol 2008: 35: 338–345.
Hritz M, Fisher E, Demuth DR (1996) Differential regulation of the leukotoxin operon in highly
leukotoxic and minimally leukotoxic strains of Actinobacillus actinomycetemcomitans. Infection and
Immunity 64(7): 2724-2729.
Joshipura K, Zevallos JC Ritchie CS (2009) Strength of evidence relating periodontal disease and
atherosclerotic disease. Compendium of Continuing Education in Dentistry 30(7): 430-439
Review
Kachlany SC: Fine DH: Figursky DH (2000) Secretion of RTX leukotoxin by Actinobacillus
actinomycetemcomitans. Infection and Immunity 68: 6094-6100.
Kamma JJ: Nakou M & Manti FA (1995) Predominant microflora of severe: moderate and minimal
periodontal lesions in young adults with rapidly progressive periodontitis. Journal of Periodontal
Research 30: 66–72.
Katz J, Chegini N, Shiverick KT, Lamont RJ (2009) Localization of P gingivalis in preterm delivery
placenta. Journal of Dental Research 88(6): 575-578.
Kigure T, Saito A, Seida K, Yamada S,Ishihara K & Okuda K (1995) Distribution of Porphyromonas
gingivalis and Treponema denticola in human subgingival plaque at different periodontal pocket depths
examined by immunohistochemical methods. Journal of Periodontal Research 30: 332–341.
Kim TS, Frank P, Eickholz P, Eick S, Kim CK (2009) Serotypes of Aggregatibacter
actinomycetemcomitans in patients with different ethnic backgrounds. Journal of Periodontology
80(12): 2020-1027.
Kim TS, Kang NW, Lee SB, Eickholz P, Pretzl B, Kim CK (2009) Differences in subgingival microflora
of Korean and German periodontal patients. Archives of Oral Biology 54(3): 223-229.
Kojima T, Yasui S & Ishikawa I (1993) Distribution of Porphyromonas gingivalis in adult periodontitis
patients. Journal of Periodontology 64: 1231–1237.
Kolenbrander PE & London J (1993) Adhere today, here tomorrow: oral bacteria adherence.
Journal of Bacteriology 175: 3247–3252.
Kolodrubetz D, Spitznagel J Jr, Wang B, Phillips LH, Jacobs C, Kraig E (1996) Cis elements and
trans factors are both important in strain-specific regulation of the leukotoxin gene in Actinobacillus
actinomycetemcomitans. Infection and Immunity 64(9): 3451-3460.
König J, Rühling A, Plagmann HC, Meisel P, Kocher T (2005) Influence of interleukin (IL)-1
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 65
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
composite genotype on clinical variables in non-smoking, well-maintained compliant patients with chronic
periodontitis. Swedish Dental Journal 29(1): 11-16.
Kuboniwa M, Amano A, Kimura KR, Sekine S, Kato S, Yamamoto Y, Okahashi N, Iida T,
Shizukuishi S (2004) Quantitative detection of periodontal pathogens using real-time polymerase
chain reaction with TaqMan probes. Oral Microbiology and Immunology 19(3): 168-176.
Kumar PS, Leys EJ, Bryk JM, Martinez FJ, Moeschberger ML, Griffen AL (2006) Changes in
periodontal health status are associated with bacterial community shifts as assessed by quantitative
16S cloning and sequencing. Journal of Clinical Microbiology 44(10): 3665-3673.
Lally ET, Golub EE, Kieba IR, Taichman NS, Rosenbloom JJ, Rosenbloom CC, Gibson W,
Demith DR (1989) Analysis of the Actinobacillus actinomycetemcomitans leukotoxin gene Delineation
of unique features and and comparison to homologous toxin. Journal of Biological Chemistry 262:
15451-15456.
Lamont RJ, Jenkinson HF (1998) Life below the gum line: pathogenic mechanisms of Porphyromonas
gingivalis. Microbiology and Molecular Biology Review 62(4): 1244-1263.
Lang N, Bartold M, Cullinan M, Jeffcoat M, Mombelli M, Murakami S, Page R, Papanou P,
Tonetti M, Van Dyke T (1999) Consensus Report: Aggressive Periodontitis. Annals of Periodontology
4(1): 53.
Lear JD, Karakelian D, Furblur U, Lally ET, Tanaka JC (2000) Conformational studies of
Actinobacillus actinomycetemcomitans leukotoxin: partial denaturation enhances toxicity. Biochimica
et Biophyisica Acta 9, 1476(2): 350-362.
Levy RM, Giannobile WV, Feres M, Haffajee AD, Smith C, Socransky SS (1999) The shortterm effect of apically repositioned flap surgery on the composition of the subgingival microbiota.
International Journal of Periodontics and Restorative Dentistry 19(6): 555-567.
Lopez N J, Socransky SS, Da Silva I, Japlit MR, Haffajee AD (2004) Subgingival microbiota of
Chilean patients with chronic periodontitis. Journal of Periodontology 75: 717-725.
López R, Fernández O, Jara G, Baelum V (2001) Epidemiology of clinical attachment loss in
adolescents. Journal of Clinical Periodontology 72(12): 1666-1674.
Malinen E, Kassinen A, Rinttilä T, Palva A (2003) Comparison of real-time PCR with SYBR
Green I or 5'-nuclease assays and dot-blot hybridization with rDNA-targeted oligonucleotide probes in
quantification of selected faecal bacteria. Microbiology 149(1): 269-277.
Marsh PD (1991) Sugar, fluoride, pH and microbial homeostasis in dental plaque. Proceedings of the
Finnish Dental Society 87(4): 515–525.
Marsh PD (1994) Microbial ecology of dental plaque and its significance in health and disease.
Advances in Dental Research 8: 263–271.
Mombelli A, Casagni F, Madianos PN (2002) Can presence or absence of periodontal pathogens
distinguish between subjects with chronic and aggressive periodontitis? A systematic review. Journal of
Clinical Periodontology 29(3): 10-21.
Nakano K, Nemoto H, Nomura R, Inaba H, Yoshioka H, Taniguchi K, Amano A, Ooshima T
(2009) Detection of oral bacteria in cardiovascular specimens. Oral Microbiology and Immunology
24(1): 64-68.
Nibali L, Donos N, Handerson B (2009) Periodontal infectogenomics. Journal of Medical
Microbiology 58: 1269-1274.
Nishihara T and Koseki T (2004) Microbial etiology of periodontitis. Periodontology 2000 36: 14-26
Novák T, Radnai AM, Gorzó I, Urbán E, Orvos H, Eller J, Pál A (2009) Prevention of preterm
delivery with periodontal treatment. Fetal Diagnosis and Therapy 25: 230–233.
Orrù G, Marini M F, Ciusa ML, Isola D, Cotti M, Baldoni M, Piras V, Pisano E, Montaldo C (2006)
Usefulness of real time PCR for the differentiation and quantification of 652 and JP2 Actinobacillus
actinomycetemcomitans genotypes in dental plaque and saliva. Infectious Disease 13: 96-98.
66 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
Papapanou PN, Madianos PN, Dahlén G, Sandros J (1997) “Checkerboard” versus culture: a
comparison between two methods for identification of subgingival microbiota. European Journal of
Oral Scinces 105: 389-396.
Pederson ED, Miller JW, Matheson S, Simonson LG, Chadwick DE, Covill PJ, Turner DW,
Lamberts B L & Morton HE (1994) Trypsin-like activity levels of Treponema denticola and
Porphyromonas gingivalis in adults with periodontitis. Journal of Clinical Periodontology 21: 519–
525.
Petersen PE, Bourgeois D, Ogawa H, Estupinan-Day S, Ndiaye C (2005) The global burden of oral
diseases and risks to oral health. Bullettin of the World Health Organization 83(9): 661-669.
Riep B, Edesi-Neuss L, Claessen F, Skarabis H, Ehmke B, Flemmig TF, Bernimoulin JP, Göbel
UB, Moter A (2009) Are putative periodontal pathogens reliable diagnostic markers?. Journal of
Clinical Microbiology 47(6): 1705-1711.
Roman-Torres CV, Aquino DR, Cortelli SC, Franco GC, Dos Santos JG, Corraini P, Holzhausen
M, Diniz MG, Gomez RS, Cortelli JR (2010) Prevalence and distribution of serotype-specific
genotypes of Aggregatibacter actinomycetemcomitans in chronic periodontitis Brazilian subjects. Archives
of Oral Biology 55(3): 242-248.
Sanz M, Lau L, Herrera D, Morillo JM, Silva A (2004) Methods of detection of Actinobacillus
actinomycetemcomitans, Porphyromonas gingivalis and Tannerella forsythensis in periodontal microbiology,
with special emphasis on advanced molecular techniques: a review. Journal of Clinical Periodontology
31(12): 1034-1047.
Savage A, Eaton KA, Moles DR, Needleman I (2009) A systematic review of definitions of
periodontitis and methods that have been used to identify this disease. Journal of Clinical Periodontology
36(6): 458-467.
Shaniztki B, Hurwitz D, Smorodinsky N, Ganaeshkumar N & Weiss EI (1997) The identification
of a Fusobacterium nucleatum PK1594 galactose binding adhesion which mediates coaggregation with
periodontopathic bacteria and hemagglutination. Infection and Immunity 65: 5231–5237.
Simonson LG, Robinson PJ, Pranger RJ, Cohen M E & Morton HE (1992) Treponema denticola
and Porphyromonas gingivalis as prognostic markers following periodontal treatment. Journal of
Periodontology 63: 270–273.
Skudutyte-Rysstad R, Eriksen HM, Hansen BF. Trends in periodontal health among 35-year-olds
in Oslo, 1973–2003. J Clin Periodontol 2007: 34: 867–872.
Slots J, Genco RJ (1984) Black-pigmented Bacteroides species, Capnocytophaga species, and
Actinobacillus actinomycetemcomitans in human periodontal disease: virulence factors in colonization,
survival, and tissue destruction. Journal of Dental Reserc 63(3): 412-421.
Slots J, Taubman M (1992) Contemporary Oral Microbiology and Immunology St Louis, Mosby
Slots J, Ting M (1999) Actinobacillus actinomycetemcomitans and Porphyromonas gingivalis in human
periodontal disease, occurrence and treatment. Periodontology 2000 20: 82-121.
Socransky SS, Haffajee AD, Smith C and Dibart S (1991) Relation of counts of microbial species
to clinical status at the site. Journal of Clinical Periodontology 18: 766–775.
Socransky SS, Smith C, Martin L, Paster BJ, Dewhirst FE, Levin AE (1994) “Checkerboard”
DNA-DNA hybridization. Biotechnique 17(4): 788-792.
Socransky SS, Haffajee AD, Cugini MA, Smith C, Kent RL (1998) Microbial complexes in
subgingival plaque. Journal of Clinical Periodontology 25: 134-144.
Socransky SS, Haffajee AD, Smith C, Duff GW (2000) Microbiological parameters associated
with IL-1 gene polymorphisms in periodontitis patients. Journal of Clinical Periodontology 27(11):
810-818.
Socransky SS, Smith C, Haffajee AD (2002) Subgingival microbial profiles in refractory periodontal
disease. Journal of Clinical Periodontology 29(3):260-268.
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 67
F. S. MARTELLI, S. STORI, A. MENGONI, M. MARTELLI, C. ROSATI, E. FANTI
Socransky SS, Haffajee AD (2005) Periodontal microbial ecology. Periodontology 2000 38: 135-187.
Stabholtz A, Soskoline WA, Sahpira L (2010) Genetic and environmental risk factors of chronic
periodontitis and aggressive periodontitis. P Periodontology 2000 53: 138-153.
Susin C, Albandar JM (2005) Aggressive Periodontitis in an Urban Population in Southern Brazil.
Journal of Periodontology 76(3): 468-475.
Suzuki N, Yoshida A, Nakano Y (2005) Quantitative analysis of multi-species oral biofilms by
TaqMan Real-Time PCR. Clinical Medicine & Research 3(3): 176-185 Review.
Teles R, Sakellari D, Teles F, Konstantinidis A, Kent R, Socransky SS, Haffajee A (2010)
Relationships among gingival crevicular fluid biomarkers, clinical parameters of periodontal disease, and
the subgingival microbiota. Journal of Periodontology 81(1): 89-98.
Umeda M, Tominaga Y, He T, Yano K, Watanabe H, Ishikawa I (1996) Microbial flora in the acute
phase of periodontitis and the effect of local administration of minocycline. Journal of Periodontology
67(4): 422-427.
van der Velden U (1991) The onset age of periodontal destruction. Journal of Clinical Periodontology
18(6): 380-383 Review.
van Winkelhoff AJ, Loos BG, van der Reijden WA, van der Velden U (2002) Porphyromonas
gingivalis, Bacteroides forsythus and other putative periodontal pathogens in subjects with and without
periodontal destruction. Journal of Clinical Periodontology 29(11): 1023-1028.
Wang Z, Zhou X, Zhang J, Zhang L, Song Y, Hu FB, Wang C (2009) Periodontal health, oral health
behaviours, and chronic obstructive pulmonary disease Periodontal health, oral health behaviours, and
chronic obstructive pulmonary disease. Journal of Clinical Periodontology 36, 750–755.
Wiebe CB, Putnins EE (2000) The periodontal disease classification system of the American Academy of
Periodontology—an update. Journal of Canadian Dental Association 66(11): 594-597.
Wolff LF, Aeppli DM, Pihlstrom B, Anderson L, Stoltenberg J, Osborn J, Hardie N, Shelburne
C & Fischer G (1993) Natural distribution of 5 bacteria associated with periodontal disease. Journal
of Clinical Periodontology 20: 699–706.
Ximenez-Fyvie LA, Haffajee AD, Socransky SS (2000) Microbial composition of supral and subgingival
palaque in subjects with adult periodontitis. Journal of Clinical Periodontology 27: 722-732.
Ximenez-Fyvie LA, Almaguer-Flores A, Jacobo-Soto V, Lara-Cordoba M, Sanchez-Vargas LO,
Alcantara-Maruri E (2006) Description of the subgingival microbiota of periodontally untreated Mexican
subjects: chronic periodontitis and periodontal health. Journal of Periodontology 77: 460-471.
Yang HW, Asikainen S, Doðan B, Suda R, Lai CH (2004) Relationship of Actinobacillus
actinomycetemcomitans serotype b to aggressive periodontitis: frequency in pure cultured isolates.
Journal of Periodontology 75(4): 592-599.
Zhang J, Sun X, Xiao L, Xie C, Xuan D, Luo G Gene polymorphisms and periodontitis. Periodontol
2000. 2011 Jun;56(1):102-24.
Zilm PS: Bagley CJ: Rogers AH: Milne IR: Gully NJ (2007) The proteomic profile of Fusobacterium
nucleatum is regulated by growth pH. Microbiology 153, 148-159.
Ximénez-Fyvie LA, Haffajee AD, Socransky SS (2000) Comparison of the microbiota of supra and
subgingival plaque in health and periodontitis. Journal of Clinical Periodontology 27(9): 648-657.
Referente:
Dr. Martelli Francesco
IRF in Microdentistry - Via dell’Ariento 4 - 50123 Florence, Italy
Tel. +39 055281619 - Fax +39 05571880632
[email protected]
68 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
BACTERIAL COLONIZATION PATTERNS OF PERIODONTAL POCKETS IN DIFFERENT AGES
Ig. Sanità Pubbl. 2012; 68: 69-84
La comunicazione del rischio in situazioni di crisi
sanitaria: risultati di una survey sulla valutazione
dell’efficacia della comunicazione istituzionale adottata
per fronteggiare la pandemia influenzale AH1N1 in
Italia e sui fabbisogni formativi dei professionisti sanitari
Maria De Giusti(1), Alice Mannocci(1), Silvia Miccoli(1), Caterina Palazzo(1),
Domitilla Di Thiene(1), Valeria Scalmato(4), Paolo Ursillo(1),
Maria Antonietta Monteduro(2), Alberto Turri(3), Pier Giovanni Mazzoli(5),
Antonio Boccia (1), Giuseppe La Torre(1)
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
Sezione di Igiene, Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive, “Sapienza”
Università di Roma
Policlinico, Bari
Associazione Italiana dei Tecnici della Prevenzione, Trentino A.A.
ISFOL: Istituto per lo sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori
Servizio Territoriale Dipendenze Patologiche di Fano, ASUR Marche ZT3
Comunicazione del rischio; Comunicazione istituzionale; Pandemia influenzale;
Professionisti sanitari.
Riassunto
L’obiettivo dello studio è di valutare l’efficacia della comunicazione
istituzionale adottata per fronteggiare la pandemia influenzale A(H1N1) in Italia sulla
popolazione e sui professionisti sanitari e rilevare i bisogni formativi in tema di “crisis
communication”.
L’analisi ha confrontato due campioni rappresentanti la popolazione generale (G) e i
professionisti sanitari (S), residenti in diverse regioni del Nord, Centro e Sud Italia, attraverso
un questionario autosomministrato relativo alla conoscenza dei comportamenti della pandemia
ed alla soddisfazione delle campagne di comunicazione.
Il campione in studio mostra una conoscenza poco approfondita dei comportamenti preventivi
da adottare in caso di pandemia. Il gruppo S ha fruito maggiormente delle informazioni
istituzionali sulla recente pandemia rispetto al gruppo G. Dai risultati relativi al gruppo dei
professionisti sanitari, emerge una forte attenzione verso il problema della formazione in
comunicazione del rischio. Il grado delle conoscenze dei comportamenti preventivi risulta
direttamente proporzionale al ricorso a mezzi di comunicazione istituzionali e al consulto di
professionisti sanitari.
Parole chiave
Risk communication during health crises: results of a cross-sectional study to evaluate
the effectiveness of adopted corporate communication strategies during the H1N1 influenza
pandemic in Italy and on the training needs of health professionals
Key word
Summary
Crisis communication, Pandemic influenza, Health professionals
The objectives of this study were to evaluate the effectiveness of corporate
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 69
M.DE GIUSTI, A. MANNOCCI, S.MICCOLI, C. PALAZZO, D. DI THIENE, V. SCALMATO, P. URSILLO,
M. A. MONTEDURO, A. TURRI, P. G. MAZZOLI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
communication activities carried out during the A(H1N1) pandemic influenza in Italy
and to identify educational needs of health professionals with regards to crisis
communication.
The study compared two samples representing respectively the general population and
health professionals, living in different regions of northern, central and southern Italy.
A self-administered questionnaire was used, with questions on knowledge about
preventive measures during a pandemic and on satisfaction with the adopted
communication campaigns.
Study results highlight that both samples had very little knowledge of appropriate
preventive behaviors to be adopted during a pandemic. The sample of health professionals
received a greater amount of information about the pandemic with respect to the general
population and showed a strong interest toward the problem of receiving adequate
training in risk communication. The degree of knowledge about preventive measures is
directly proportional to the existence of institutional communication activities and to
having consulted a health professional.
Introduzione
Comunicare significa interagire e la semplice trasmissione di una informazione
senza tener conto se l’attività stessa sia diretta ad un fine, quale effetto abbia e se
sia in grado di influenzare il sistema di organizzazione di un ricevente, non rientra
nell’attività di comunicazione (1). I mass media e l’opinione pubblica da tempo
hanno iniziato a porre l’attenzione alle ripetute allerte sanitarie relative al settore
alimenti ed alle malattie infettive diffusive con risvolti, spesso negativi, sul mercato
e sui consumi.
Il problema di una comunicazione efficace, per raggiungere adeguatamente i
cittadini, richiede modi, tempi e canali che non sono facili da scegliere, specie in
tema di malattie infettive diffusive, bioterrorismo ed allerte alimentari.
In sanità, e soprattutto in tema di prevenzione, c’è la consapevolezza che il
“rischio zero” non è concepibile e non è comunicabile. La comunicazione sanitaria
diviene strategica soprattutto in periodi di “crisis communication”, quando gli
esperti devono trasferire il proprio sapere scientifico basato su dati epidemiologici
ai cittadini. I media che prontamente si occupano della diffusione delle informazioni
molto spesso sono responsabili, inconsapevoli o no, di distorsioni ed amplificazioni,
prediligendo uno stile sensazionalistico, utilizzando messaggi subliminali e talvolta
70 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
L A COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN SITUAZIONI DI CRISI SANITARIA: RISULTATI DI UNA SURVEY SULLA VALUTAZIONE
DELL' EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE ADOTTATA PER FRONTEGGIARE LA PANDEMIA ...
incoraggiando l’indifferenza del pubblico o incrementando le informazioni
incomplete e inesatte (2).
La distorsione della comunicazione rende la popolazione disorientata e spesso
causa perdita di credibilità nei confronti delle autorità e degli stessi media.
La comunicazione del rischio, se ben gestita, aiuta a costruire il rispetto reciproco
tra le Istituzioni ed i gruppi target con cui si sta comunicando, a coltivare la fiducia
del pubblico ed agevola il superamento della crisi (3).
Una pandemia genera una domanda immediata, intensa e sostenuta di informazioni
da parte del pubblico, dei professionisti sanitari, dei politici e dei mass media. I
professionisti e gli educatori sanitari devono abituarsi ad avere relazioni con i media
ed a gestire la comunicazione in ambito sanitario per ovviare al problema di
informazioni divulgate da fonti eterogenee o poco esaustive ed attendibili (4).
La comunicazione durante un periodo pandemico deve minimizzare le
speculazioni, dichiarare chiaramente i punti di forza ed i limiti dei dati correnti ed
evitare di rassicurare eccessivamente il pubblico (5).
Gli obiettivi di questo studio sono:
1. valutare l’efficacia della campagna di comunicazione istituzionale adottata
per fronteggiare la pandemia influenzale A(H1N1) del 2009 in Italia sui
professionisti sanitari e sulla popolazione generale.
2. rilevare i bisogni formativi in tema di abilità comunicative nei professionisti
sanitari di area medica e di area preventiva.
Materiali e metodi
La ricerca è stata condotta seguendo le linee guida proposte dal documento
Strengthening the Reporting of Observational Studies in Epidemiology per gli
studi osservazionali (6).
Disegno dello studio, setting e partecipanti
Lo studio di tipo trasversale ha preso in esame un campione costituito da
popolazione generale (G) e professionisti sanitari (S) così distinti:
- tecnici della prevenzione del Trentino A.A. e del Lazio;
- tecnici e medici del Policlinico di Bari;
- lavoratori dell’ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale
dei Lavoratori);
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 71
M.DE GIUSTI, A. MANNOCCI, S.MICCOLI, C. PALAZZO, D. DI THIENE, V. SCALMATO, P. URSILLO,
M. A. MONTEDURO, A. TURRI, P. G. MAZZOLI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
- lavoratori del servizio territoriale Dipendenze patologiche di Fano, ASUR
Marche ZT3;
- personale del Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive
dell’Università “Sapienza” di Roma;
- insegnanti di scuola primaria della Puglia.
La dimensione del campione è stata calcolata separatamente per i due gruppi G
e S utilizzando il programma Statcalc-Epinfo 3.4. I parametri fissati sono i seguenti:
- Professionisti sanitari (S):
- dimensione della popolazione dei professionisti sanitari nelle tre regioni
coinvolte: 14.000;
- stima della frequenza attesa della soddisfazione della comunicazione
istituzionale: 85%;
- peggiore risultato accettabile: 80%.
- Popolazione generale (G):
- dimensione della popolazione generale nelle tre regioni coinvolte:
10.220.000;
- stima della frequenza attesa della soddisfazione della comunicazione
istituzionale: 80%;
- peggiore risultato accettabile: 75%.
Con un livello di confidenza del 95%, la dimensione ottenuta è N=193 per i
professionisti sanitari e N=246 per la popolazione generale.
Il questionario
Per la raccolta dei dati lo studio si è avvalso di un questionario autosomministrato
nel periodo compreso tra l’08/05/2010 e il 24/05/2010 e, preliminarmente, validato
attraverso la conduzione di un piccolo studio pilota su 20 partecipanti. Il
questionario è strutturato in due sezioni per un totale di 32 items: la prima sezione,
destinata a tutti professionisti sanitari e non, è volta a valutare l’impatto delle
campagne di comunicazione attuate dal Ministero della Salute, dagli assessorati
regionali e dagli operatori sanitari locali, per fronteggiare la pandemia da virus
A(H1N1). In particolare sono state raccolti dati socio-demografici (età, genere,
stato civile, livello educativo, città di residenza, professione), livello di
preoccupazione per l’influenza A(H1N1) durante la pandemia, conoscenze
personali (esistenza di terapie efficaci e vaccini specifici) e conoscenza dei
72 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
L A COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN SITUAZIONI DI CRISI SANITARIA: RISULTATI DI UNA SURVEY SULLA VALUTAZIONE
DELL' EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE ADOTTATA PER FRONTEGGIARE LA PANDEMIA ...
comportamenti preventivi da adottare per proteggere se stessi e gli altri
dall’influenza diffusi dalla campagna promossa dal Ministero del Lavoro, della
Salute e delle Politiche Sociali nel 2009 (7), contro l’influenza A(H1N1) (è stato
costruito uno score composto da tredici quesiti).
Infine, è stato misurato il grado di soddisfazione (SI/NO) rispetto a chiarezza,
diffusione e persistenza dei messaggi sulla pandemia fornite sia dai Media (internet,
tv, quotidiani, riviste/periodici, campagna Topo Gigio, radio, numero verde e altro)
che dai professionisti sanitari (medici di medicina generale, pediatri, infermieri,
medici ospedalieri, farmacisti, ASL, altri professionisti sanitari).
La seconda sezione è rivolta esclusivamente ai professionisti sanitari con l’obiettivo
di misurare:
- la percezione della propria capacità di comunicare il rischio ai cittadini in
caso di emergenza (punteggio da 1 a 10);
- l’importanza data alla comunicazione del rischio nel proprio ambiente di lavoro
(punteggio da 1 a 10);
- la necessità di formarsi in tema di capacità di comunicazione del rischio (SI/
NO).
Analisi statistica
I dati inseriti in un database utilizzando il programma DB IV sono stati elaborati
con il software statistico SPSS 19.0 per Windows. Il livello di significatività nelle
analisi è stato fissato a p<0,05.
L’analisi descrittiva si è avvalsa di frequenze assolute e relative per le variabili di
tipo qualitativo, di medie, mediane, deviazioni standard (DS) minimi e massimi
per quelle quantitative.
È stata condotta l’analisi univariata per valutare possibili differenze tra S e G
rispetto alle conoscenze di comportamenti preventivi per proteggere se stessi e gli
altri e sul grado di soddisfazione dell’informazione sulla pandemia diffusa sia da
mezzi di comunicazione che dai professionisti del settore sanitario.
Inoltre, è stata effettuata una sotto analisi tra i gruppi di professionisti sanitari
(medici, M, versus altri professionisti sanitari, APS) sulla percezione della propria
preparazione in comunicazione del rischio, sull’importanza data a questa nel proprio
ambiente di lavoro e sulla necessità di formazione a riguardo.
La normalità delle variabili quantitative è stata valutata applicando il test di
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 73
M.DE GIUSTI, A. MANNOCCI, S.MICCOLI, C. PALAZZO, D. DI THIENE, V. SCALMATO, P. URSILLO,
M. A. MONTEDURO, A. TURRI, P. G. MAZZOLI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
Kolmogorov-Smirnov. Per l’analisi univariata sono stati impiegati i test di MannWhitney, Kruskal Wallis e χ2 e, ove possibile, calcolati gli ORs con i rispettivi intervalli
di confidenza al 95% (IC95%).
Infine, è stata realizzata un’analisi univariata e multivariata utilizzando come
variabile di esito lo score conoscenze. Sono state considerate le variabili predittive:
informazioni socio-demografiche, preoccupazione per l’influenza, conoscenza
dell’esistenza di un vaccino, conoscenza di una terapia efficace, ricorso a mezzi di
comunicazione istituzionale o a professionisti sanitari per informarsi. Nel modello
di regressione lineare multivariata sono state utilizzate le variabili predittive che
all’analisi univariata presentavano una p<0,25 . La bontà del modello è stata
studiata utilizzando il valore di R 2 e il calcolo condotto utilizzando il metodo
Stepwise, Back-wald elimination con probabilità di esclusione pari a 0,20 e di
inclusione pari 0,10.
Risultati
Sono stati distribuiti 500 questionari, 200 somministrati al personale sanitario e
300 alla popolazione generale. Hanno risposto complessivamente 460 individui
(92%), di cui 267 nel gruppo G e 193 nel gruppo S.
In Tabella 1 sono riportate le caratteristiche del campione: il 48,56% sono donne;
il 74,89% ha meno di 50 anni; il 37,94% è residente nel Centro Italia, il 29,82% nel
Sud, e il restante 32,24% nel Nord. Gli intervistati, per il 33,55% (il 47,94% G e il
13,20% S) possiedono il diploma di scuola media superiore, per il 48,02% la laurea
e per il 14,48% un titolo post laurea. I gruppi G e S, per livello di istruzione e
residenza risultano eterogenei (p<0,001).
Il gruppo S è composto da: 102 medici, 15 infermieri e 76 tecnici della prevenzione.
In Tabella 1 sono descritte le caratteristiche socio-demografiche: i sottogruppi, M
ed APS, risultano omogenei ad eccezione del livello di istruzione (p<0,001).
Dall’analisi sulle possibili differenze tra i gruppi G ed S emergono le seguenti
significatività (Tabella 2): conosce l’esistenza di una terapia efficace (gruppo G
=68,16%; gruppo S=52,47%) (p=0,003); hanno fatto ricorso a mezzi di
comunicazione istituzionali per avere informazioni, durante la pandemia
influenzale A(H1N1) (gruppo S=66,15%; gruppo G=48,67%) (p=0,001); più
elevata soddisfazione vi è nel gruppo G (92,50%) rispetto al gruppo S (85%) verso
infermieri, farmacisti e ASL, rispettivamente con p=0,015, p=0,002 e p=0,010,
74 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
L A COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN SITUAZIONI DI CRISI SANITARIA: RISULTATI DI UNA SURVEY SULLA VALUTAZIONE
DELL' EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE ADOTTATA PER FRONTEGGIARE LA PANDEMIA ...
Tabella1 - Descrizione del campione in studio ed analisi d’associazione tra popolazione
generale e tra tipi di professionisti sanitari (M versus APS)
mentre rispetto alla comunicazione con i medici ospedalieri si osserva una
soddisfazione maggiore nel gruppo S (18,65%) rispetto al gruppo G (5,24%) (p<0,001).
I risultati relativi alla seconda sezione del questionario, compilata da 161 su 193
(83,42%) professionisti sanitari, mostrano una differenza statisticamente
significativa tra medici e altri professionisti sanitari rispetto alla percezione della
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 75
M.DE GIUSTI, A. MANNOCCI, S.MICCOLI, C. PALAZZO, D. DI THIENE, V. SCALMATO, P. URSILLO,
M. A. MONTEDURO, A. TURRI, P. G. MAZZOLI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
Tabella 2 - Analisi univariata relativa alle associazioni tra gruppo sanitari (S) e
popolazione generale (G) rispetto alle conoscenze e ricorso ai mezzi di comunicazione
istituzionali
Quesiti del questionario
N
S
%
N
G
%
p*
Preoccupazione per influenza
Si
No
52
136
27,66
72,34
73
194
27,34
72,66
0,940
Esiste vaccino
Si
No
175
13
93,10
6,90
221
18
92,47
7,53
0,807
Esiste terapia efficace
Si
No
85
77
52,47
47,53
122
57
68,16
31,84
0,003
Ricorso a mezzi di
comunicazione istituzionali
Si
No
127
65
66,15
33,85
128
135
48,67
51,33
<0,001
Soddisfatto dai quotidiani
Si
No
142
51
73,58
26,42
211
56
79,03
20,97
0,172
Soddisfatto dalle riviste
Si
No
143
50
74,09
25,91
208
59
77,90
22,10
0,343
Soddisfatto da “Topo Gigio”
Si
No
146
47
75,65
24,35
205
62
76,78
23,22
0,778
Soddisfatto dal numero verde
Si
No
145
48
75,10
24,90
188
79
70,41
29,59
0,264
Soddisfatto da internet
Si
No
163
30
84,46
15,54
228
39
85,40
14,60
0,781
Soddisfatto da tv
Si
No
133
60
68,90
31,10
200
67
74,90
25,10
0,156
Soddisfatto da radio
Si
No
143
50
74,10
25,90
203
64
76,01
24,09
0,635
Ricorso a professionisti sanitari
Si
No
92
94
49,46
50,54
101
156
39,30
60,70
0,033
Soddisfatto da medici di base
Si
No
170
23
88,10
11,90
249
18
93,26
6,74
0,055
Soddisfatto da pediatri libera scelta
Si
No
174
19
90,16
9,84
246
21
92,13
7,87
0,457
Soddisfatto da medici ospedalieri
Si
No
36
157
18,65
81,35
14
253
5,24
94,76
<0,001
Soddisfatto da infermieri
Si
No
165
28
85,50
14,50
247
20
92,50
7,50
0,015
Soddisfatto da farmacisti
Si
No
164
29
85,00
15,00
250
17
93,63
6,37
0,002
Soddisfatto da Asl
Si
No
164
29
85,00
15,00
247
20
92,50
7,50
0,010
*Test chi-quadrato
76 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
L A COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN SITUAZIONI DI CRISI SANITARIA: RISULTATI DI UNA SURVEY SULLA VALUTAZIONE
DELL' EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE ADOTTATA PER FRONTEGGIARE LA PANDEMIA ...
propria preparazione in comunicazione del rischio, con rispettivamente una media
M=6,36 (SD=2,01) e media APS=5,53 (SD=1,58) con p<0,001 (Tabella 3) e al
bisogno formativo rispondono “Sì” rispettivamente l’81,92% (M) e il 93,06% (APS)
con p=0.036 (OR=0,285 IC 95%0,089-0,916) (Tabella 4). Sempre riguardo al
bisogno di formazione nel gruppo S sono le donne (92,16%) a dichiarare di averne
più necessità (OR=4,343 IC 95% 1,474-12,793) con p=0,006 (Tabella 4).
L’analisi relativa allo score conoscenze ha evidenziato associazioni statisticamente
significative con: genere, area di residenza, livello di istruzione, ricorso a mezzi di
comunicazione istituzionale e professionisti sanitari e tipo di professione (Tabella 5).
In Tabella 6, il modello di regressione lineare multivariato relativo allo score
conoscenze, mostra associazioni statisticamente significative direttamente proporzionali
con: età>49 anni (p=0,023); possesso di laurea (p=0,027); le donne (p=0,001);
ricorso a mezzi di comunicazione istituzionali (p=0,001); ricorso a professionisti sanitari
(p=0,015); mentre inversamente proporzionale in coloro che risiedono nelle regioni
del Nord Italia (p<0,001). La bontà del modello è pari a R2=0,176.
Discussione
Le informazioni istituzionali sulla recente pandemia influenzale A(H1N1) sono
state maggiormente fruite dai professionisti sanitari rispetto alla popolazione
Tabella 3 - Analisi per tipo di professionisti sanitari rispetto alla percezione della
preparazione in comunicazione del rischio da parte dei professionisti sanitari, importanza
data alla comunicazione del rischio
Quesiti del questionario
Sanitari S
Medici M
APS
**N=161
**N=91
**N=70
p
Media ±SD
(I C95%)
Mediana
(min;max)
Media ±SD
(IC95%)
Mediana
(min;max)
Media ±SD
(IC 95%)
Mediana
(min;max)
Secondo la sua percezione,
quanto si sente preparato
in comunicazione del rischio?
(punteggio 1- 10)
6,00±1,87
(5,71;6,29)
6,08 (0;10)
6,36±2,01
(5,94;6,78)
(5,94;6,78)
5,53±1,58
(5,15;5,90)
6 (1;9)
Secondo Lei, quanta importanza
viene data alla comunicazione
del rischio nel Suo ambiente
di lavoro? (punteggio 1-10)
4,82±2,40
(4,45;5,19)
5 (0;10)
4,85 ±2,59
(4,31,5,38)
5 (0;10)
4,79 ±2,16
(4,27;5,30)
5 (0;10)
<0,001
0,971*
*Test di Mann Whitney
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 77
M.DE GIUSTI, A. MANNOCCI, S.MICCOLI, C. PALAZZO, D. DI THIENE, V. SCALMATO, P. URSILLO,
M. A. MONTEDURO, A. TURRI, P. G. MAZZOLI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
Tabella 4- Bisogni formativi dei professionisti sanitari
Professionisti sanitari
Variabili
Bisogno formativo
No (%)
Bisogno formativo
Si (%)
Genere
maschi
femmine
Totale
18 (22,00)
8 (7,84)
26 (14,13)
64 (78,00)
94 (92,16)
158 (85,87)
Classi di età
18-29 anni
30-49 anni
>49 anni
Totale
9 (15,52)
8 (9,88)
11 (22,91)
28 (14,98)
49 (84,48)
73 (90,12)
37 (77,09)
159 (85,02)
Aree
di resistenza
Nord
Centro
Sud
Totale
2 (14,29)
12 (12,77)
14 (17,95)
28 (15,05)
12 (85,71)
82 (87,23)
64 (82,05)
158 (84,95)
nubile/celibe
vedovo
convivente
coniugato
11 (14,10)
0 (0,00)
16 (19,05)
67 (85,90)
13 (100,00)
68 (81,95)
divorziato
separato
Totale
1 (9,10)
28 (15,05)
10 (90,90)
158 (84,95)
nessun titolo
licenza elementare
qualifica professionale
media inferiore
media superiore
laurea
post laurea
Totale
0(0,00)
4 (12,50)
14 (13,46)
10 (23,26)
17 (18,08)
6 (100,00)
28(87,50)
90 (86,54)
33 (76,74)
77 (81,92)
17 (18,08)
5 (6,94)
22 (13,25)
77 (81,92)
67 (93,06)
144 (86,75)
Stato civile
Livello
educativo
M
Professionisti
APS
sanitari
Totale
p*
0,006
0,132
0,637
0,294
0,298
0,036
*Test chi-quadrato
generale. In particolare, tra gli strumenti più consultati ed apprezzati vi è internet.
La campagna istituzionale “Topo Gigio”, secondo i nostri responders, si pone al
secondo e terzo posto rispettivamente nel gradimento dei professionisti sanitari e
della popolazione. Gli strumenti di diffusione dei comportamenti preventivi in
caso di pandemia non sembrano mostrare un’elevata efficacia. Il campione, infatti,
mediamente risponde correttamente a 7 dei 13 quesiti relativi a come tutelarsi nei
confronti della trasmissione del virus influenzale. Come facilmente prevedibile
sono i professionisti sanitari ad avere una maggiore conoscenza (8 risposte esatte
78 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
L A COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN SITUAZIONI DI CRISI SANITARIA: RISULTATI DI UNA SURVEY SULLA VALUTAZIONE
DELL' EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE ADOTTATA PER FRONTEGGIARE LA PANDEMIA ...
Tabella 5 - Analisi univariata rispetto allo score conoscenze
Variabili
Genere
Classi
di età
maschi
femmine
Media ± SD (N)
p
7,65±2,2 (231)
8,6±2,23 (219)
<0,001*
18-29 anni
30-49 anni
>49 anni
8,24±2,14 (103)
7,94±2,30 (237)
8,54±2,07 (113)
0,089**
Aree
di residenza
Nord
Centro
Sud
7,12±2,16 (147)
8,54±1,96 (172)
8,71±2,35 (136)
<0,001*
Stato
civile
nubile/celibe/
vedovo
convivente
coniugato
divorziato/separato
8,10±2,30 (165)
7,68±2,28 (43)
8,13±2,22 (230)
9,20±2,10 (20)
nessun titolo/licenza
elementare/qualifica/
professionale/media
inferiore
media superiore
laurea
post laurea
7,11±2,38 (18)
7,80±2,28 (153)
8,31±2,13 (218)
8,47±2,51 (66)
È stato
preoccupato
per influenza?
Sì
No
8,46±2,08 (85)
8,41±2,11 (235)
0,823*
Sa se esiste
un vaccino?
Sì
No
8,46 ±2,09 (296)
7,96±2,20 (24)
0,111*
Sa se esiste
una terapia
efficace?
Sì
No
8,47±2,09 (198)
8,36±2,11 (122)
0,607*
Ha fatto ricorso
a mezzi di
comunicazione
istituzionale?
Sì
No
8,67± 2,07 (189)
8,08± 2,10 (131)
Ha fatto ricorso a
professionisti
sanitari?
Sì
No
8,65± 2,57 (140)
8,25± 2,12 (180)
0,002*
Tipo di professione S°°
G°°
8,84±2,09 (193)
7.61±2.24 (267)
<0,001°
Livello
di istruzione
*
**
°
°°
0,093**
0,0113**
<0,001*
Test di Mann Whitney
Test di Kruskal Wallis
Test t-student
S= gruppo professionisti sanitari; G= gruppo popolazione generale
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 79
M.DE GIUSTI, A. MANNOCCI, S.MICCOLI, C. PALAZZO, D. DI THIENE, V. SCALMATO, P. URSILLO,
M. A. MONTEDURO, A. TURRI, P. G. MAZZOLI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
Tabella 6 - Modello di regressione lineare multivariata relativa allo score conoscenze
Covariate inserite nel modello multivariato
Score conoscenze
Coefficiente b
p
Stato civile
nubile/celibe/vedovo*
convivente
coniugato
divorziato/separato
Classi di età
18-29 anni*
30-49 anni
>49 anni
Si è rivolto a
professionisti
sanitari?
No*/Sì
0,126
0,570
Aree di residenza
Nord
Centro
Sud*
-1,025
-0,174
-
<0,001
0,502
Livello di istruzione
nessun titolo
licenza elementare
qualifica professionale
media inferiore*
media superiore
laurea
post laurea
0,488
0,449
0,759
0,385
0,027
0,201
Genere
maschi* /femmine
0,745
0,001
Sa se esiste un vaccino?
No*/Sì
0,412
0,301
Ha fatto ricorso a mezzi
di comunicazione
istituzionale?
No*/Sì
0,705
0,001
Professionisti sanitari
No*/Sì
0,552
0,015
R
0,176
2
0,670
0,257
0,671
0,864
0,243
0,187
-0,057
0,550
0,853
0,023
-
*Gruppo di riferimento
mediamente) rispetto alla popolazione generale (7 risposte esatte mediamente), sono
due insegnanti di scuola primaria che rispondono correttamente a tutte le domande.
Per quanto riguarda le abilità nel comunicare il rischio alla popolazione generale
tra i sottogruppi di medici e altri professionisti sanitari, emergono differenze
statisticamente significative. I primi si sentono più preparati ed esprimono di meno
il bisogno di formazione rispetto ai secondi. Inoltre, nel gruppo dei professionisti
sanitari, le donne sentono maggiormente la necessità di formazione rispetto agli
uomini. Alla comunicazione del rischio viene attribuita un’importanza rilevante
80 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
L A COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN SITUAZIONI DI CRISI SANITARIA: RISULTATI DI UNA SURVEY SULLA VALUTAZIONE
DELL' EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE ADOTTATA PER FRONTEGGIARE LA PANDEMIA ...
da tutte le categorie di professionisti sanitari e, alla luce di questo, sarebbe opportuno
che tutti avvertissero allo stesso modo la necessità di una formazione costante per
garantire efficienza e tempestività in periodi di crisi sanitaria.
Il grado delle conoscenze dei comportamenti preventivi, da quanto emerso
dall’analisi effettuata, risulta direttamente proporzionale al ricorso a mezzi di
comunicazione istituzionali e al consulto di professionisti sanitari. Questi dati
dimostrano che gli sforzi comunicativi durante l’ultima pandemia sono stati efficaci
in questo senso.
È opportuno che le istituzioni ed i professionisti sanitari esaminino l’ultimo caso
di pandemia facendone un bilancio e giudicando quali aspetti devono essere
migliorati per soddisfare al meglio le sfide che tali eventi di crisi che interessano la
sanità pubblica richiedono, e per rispondere sempre tempestivamente alle
emergenze evitando il panico nella popolazione (8).
È nostra opinione che vi sia ancora poca consapevolezza sulle ricadute di una
strategia di comunicazione non perfettamente progettata realizzata e valutata.
Nello specifico, a fronte di una strategia di comunicazione istituzionale “Topo
Gigio” ben progettata, in termini di contenuti e mezzo di comunicazione, non si è
avuto riscontro in termini di qualità percepita dai cittadini. Il ritardo temporale
nell’attivazione di questa strategia rispetto alla comunicazione mediatica ha,
verosimilmente, incontrato una popolazione oramai distratta e già “ diversamente
orientata” sul problema “ pandemia influenzale”.
I professionisti sanitari devono essere formati per affrontare le situazioni di crisi
sanitaria. Tale formazione è essenziale per condurre una efficace comunicazione
fra gli enti e per rivolgersi correttamente alla popolazione.
Ma, naturalmente, questo tipo di attività va attentamente pianificata in assenza
di crisi.
Una simulazione ha mostrato che i comunicatori del settore hanno difficoltà
maggiori a comunicare il rischio sotto la pressione di un evento stressante e reale (9).
Saliou propone la creazione di unità di crisi per coordinare in modo interattivo
informazioni su larga scala sia a livello nazionale che internazionale, per rendere
disponibili tutte le informazioni necessarie sulla pandemia (sul suo sviluppo, sulle
precauzioni specifiche per i soggetti più a rischio, ecc), per definire rigorosamente
un valido modello comunicativo (chi dice cosa a chi?), per garantire che le
informazioni siano trasmesse solo dalle autorità competenti, per sviluppare procedure
di informazione adeguate a diversi gruppi target, per utilizzare efficacemente i
mass media e per designare un portavoce che si occupi di organizzare incontri
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 81
M.DE GIUSTI, A. MANNOCCI, S.MICCOLI, C. PALAZZO, D. DI THIENE, V. SCALMATO, P. URSILLO,
M. A. MONTEDURO, A. TURRI, P. G. MAZZOLI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
periodici con i comunicati stampa. Un piano di emergenza non può essere
improvvisato (10).
In questo contesto l’atto di intesa stato regioni e provincie autonome del 24 Gennaio
2008, concernente “L’attuazione del piano di emergenza per la sicurezza degli alimenti
e mangimi”, ha istituito le unità di crisi a livello centrale, regionale e locale, strutturato
la comunicazione fra gli enti e verso la popolazione ed ha, soprattutto, attribuito
(art.5) all’unità centrale, in collaborazione con le università, gli istituti zooprofilattici,
le agenzie regionali protezione ambientale, gli ordini professionali e le associazioni
di categoria, il compito dell’addestramento dei professionisti in tema di valutazione
e riconoscimento delle condizioni di “ crisi” connesse agli alimenti, gestione e
comunicazioni in condizioni di crisi (Ministero Salute-ANMVI, 1° training Cremosa:
12-15 maggio 2010; 2° training 6-8 giugno 2011).
Crouse Quinn S. et al. (2008) propongono un modello di totale coinvolgimento della
popolazione, di educazione della stessa al rischio, di comunicazione del rischio e delle
emergenze al fine di preparare anche le comunità minoritarie e le istituzioni ad agire
efficacemente in caso di pandemia, di costruire la capacità di ciascuno a rispondere, e
di rafforzare la fiducia che è fondamentale in questi momenti. Queste sono le strategie
vincenti per aumentare la fiducia all’interno della popolazione (11).
Nell’ultima crisi “pandemia” influenzale, molti materiali e strumenti sono risultati
inadeguati per alcune popolazioni vulnerabili (ad esempio, gli immigrati), a causa
di difficoltà di comprensione, di diversità culturali, e del basso livello di
alfabetizzazione sanitaria in queste categorie (12), e questo non solo deve far
riflettere sull’imprevedibilità dell’influenza, ma anche sull’impatto sociale di tale
tipo di eventi che è stato e sarà sempre considerevole (13).
L’adozione di un approccio ben pianificato agevola il confronto quando,
inevitabilmente, i professionisti sanitari si troveranno direttamente coinvolti e
dovranno essere preparati. In questo contesto, un’efficace comunicazione interna
ed esterna sarà indispensabile per rispondere ad una pandemia influenzale. I piani
di comunicazione, che riflettono le attività nazionali, dovrebbero essere sviluppati
in collaborazione con gli stakeholders locali (14).
Durante una crisi, uno stile aperto ed empatico di comunicazione che generi
fiducia nella popolazione è considerato il più efficace, soprattutto quando gli esperti
hanno l’obiettivo di convincere la stessa ad adottare comportamenti preventivi o
evitarne altri dannosi per la salute, ma altrettanto onestamente occorre riconoscere
che fra gli stessi operatori sanitari il ricorso a misure preventive, quali la vaccinazione
anti-influenzale, appare nel nostro Paese lontano dall’essere soddisfacente (15,
82 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
L A COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN SITUAZIONI DI CRISI SANITARIA: RISULTATI DI UNA SURVEY SULLA VALUTAZIONE
DELL' EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE ADOTTATA PER FRONTEGGIARE LA PANDEMIA ...
16) e, questo, inevitabilmente si riflette sul tasso di vaccinazione nella popolazione
generale, anche in caso di pandemia (17).
Fiducia e credibilità -dimostrate attraverso empatia e cura, competenza ed
esperienza, onestà, trasparenza, dedizione e impegno - sono elementi essenziali
della comunicazione persuasiva (18).
In periodi di emergenza sanitaria si avverte la necessità di superare il linguaggio tecnico
e probabilistico e di impiegare strumenti che consentano una preparazione costruttiva e
condivisa, evitando di perdere tempo che può generare inutili allarmismi. È altresì
importante, in un clima di incertezza, rilevare la percezione del rischio della popolazione
e valutare l’impatto della comunicazione su conoscenze attitudini e comportamenti con
processi di feedback. Il nostro studio rappresenta un primo esempio nel nostro Paese di
valutazione dell’efficacia di una campagna istituzionale in materia di pandemia, o
comunque di crisi sanitaria, seppure presenta dei limiti quali quello relativo al tipo di
disegno dello studio ed in particolare al bias anamnestico. Lo studio, infatti, è stato
condotto a circa 5 mesi dalla fine ufficiale della pandemia e le risposte al questionario
potrebbero non essere accurate. Tuttavia, si ritiene che tale tipo di distorsione, se presente,
non influenzi in maniera sostanziale i risultati, data la semplicità del questionario e la
possibilità di fornire risposte del tipo “non so” a diverse domande. Un’altra problematica
potrebbe essere rappresentata dalla validità esterna, in particolare per quanto attiene la
popolazione generale. Nel nostro campione, infatti, questa popolazione è costituita per
quasi il 50% da laureati, rispetto al 19.00% della popolazione italiana (19). Questo fatto
ha però una duplice valenza. Se da un lato i risultati riguardanti la popolazione generale
potrebbero essere influenzati dal livello culturale, dall’altro le differenze nelle risposte fra
la popolazione generale e il campione dei professionisti sanitari assumono un maggiore
rilievo e per tale ragione meritevoli di essere divulgati .
In conclusione, occorre sottolineare che poiché “non si può non comunicare” (20),
anche il silenzio comunica qualcosa; è quindi necessario che le Pubbliche
Amministrazioni ed i professionisti Tutti acquisiscano abilità comunicative, per evitare
di commettere errori che possono produrre danni alla salute, sviluppo di conflittualità
sociale, perdita di credibilità e fiducia nelle Istituzioni.
Bibliografia
1.
Menon KU. Risk Communications: In Search of a Pandemic. Ann Acad Med Singapore 2008;
37(6): 526-534.
2.
Menon KU. SARS Revisited: Managing “Outbreaks” With “Communications”. Ann Acad Med
Singapore 2006; 35(5): 361-7.
3.
Muh-YY, Tsung-Shu JW, Allen W-HC et al. Taipei’s Use of a Multi-Channel Mass Risk
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
LXVIII.1.2012 • 83
M.DE GIUSTI, A. MANNOCCI, S.MICCOLI, C. PALAZZO, D. DI THIENE, V. SCALMATO, P. URSILLO,
M. A. MONTEDURO, A. TURRI, P. G. MAZZOLI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
Communication Program to Rapidly Reverse an Epidemic of Highly Communicable Disease. Ann
Acad Med Singapore 2010; 39: 313-24.
4.
Caley M, Sidhu K, Shukla R. GPs’ opinions on the NHS and HPA response to the first wave of
the influenza A/H1N1v pandemic. Br J Gen Pract 2010; 60: 283–5.
5.
Reynold B, Quinn SC. Risk Communication Framework Effective Communication During an
Influenza Pandemic: The Value of Using a Crisis and Emergency. Health Promot Pract 2008;
9(4): 13S-17S.
6.
Little J, Higgins JPT, Ioannidis JPA et al. STrengthening the REporting of Genetic Association
Studies (STREGA) –An Extension of the STROBE Statement. Ital J Public Health 2009; 6:
238-55.
7.
Sito del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (www.fermailvirus.it)
8
. Baker M. Communicating in a crisis: the H1N1 influenza pandemic. Br J Gen Pract 2010;
60(573): 237-8.
9.
Freimuth VS, Hilyard KM, Barge JK, Sokler LA. Action, not talk: a simulation of risk
communication during the first hours of a pandemic. Health Promot Pract 2008; 9(4): 35S-44S.
10.
Saliou P. Crisis communication in the event of a flu pandemic. Eur J Epidemiol 1994; 10(4): 515-7.
11.
Quinn SC. Crisis and emergency risk communication in a pandemic: a model for building capacity
and resilience of minority communities. Health Promot Pract 2008; 9(4): 18S-25S.
12.
Vaughan E, Tinker T. Effective Health Risk Communication About Pandemic Influenza
for Vulnerable Populations. Am J Public Health 2009; 99(2): 324-32.
13.
Paget J. The influenza pandemic and Europe: the social impact and public health response. Ital J
Public Health 2009; 6(3): 257-9.
14.
Royal College of General Practitioners. British Medical Association’s General Practitioners
Committee. Preparing for pandemic influenza. Guidance for practices. What to do now and in a
pandemic. Issue 1/December 2008.
15.
Amodio E, Anastasi G, Di Pasquale M, Gelsomino V, Morici M, Romano N, et al. Influenza vaccination among healthcare workers and absenteeism from work due to influenza-like
illness in a teaching hospital in Palermo. Ital J Public Health. 2010;3(7):311-8.
16.
Panico MG, D’Anna A, Ronga C. Knowledge, attitude and behavior of healthcare workers
regarding influenza and vaccination in Salerno, Italy. Ital J Public Health 2011;1: 29-33.
17.
Monti S, Zuccaro V, De Vecchi F, Benech R, Allara E, Faggiano F and the Avogadro Vaccine
Prevention Group. H1N1 2009 influenza vaccine prevention: a comparison between the Italian
press and the scientific recommendations. Ital J Public Health 2011;1(8):48-59.
18.
Reynolds B, Quinn SC. Effective communication during an influenza pandemic: the value of
using a crisis and emergency risk communication framework. Health Promot Pract 2008; 9(4):
13S-17S.
19.
www.istat.it
20.
Watzlawick P, Beavin JH, Jackson DD. Pragmatica della comunicazione umana. Astrolabio,
Roma 1971.
Referente:
Prof. Giuseppe La Torre
Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive - Università “Sapienza” Roma
Piazzale Aldo Moro 5 – 00185 Roma - Tel. 06.49694308
[email protected]
84 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Parte Scientifica e Pratica
L A COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN SITUAZIONI DI CRISI SANITARIA: RISULTATI DI UNA SURVEY SULLA VALUTAZIONE
DELL' EFFICACIA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE ADOTTATA PER FRONTEGGIARE LA PANDEMIA ...
Ig. Sanità Pubbl. 2012; 68: 85-96
Note di Approfondimento
EpiInfo come strumento per la ricerca e per la didattica
dell’epidemiologia e della statistica: punti di forza e di
debolezza
Alice Mannocci1, Claudio Bontempi1, Guglielmo Giraldi1, Giacomina Chiaradia2,
Chiara de Waure3, Antonella Sferrazza3, Walter Ricciardi3, Antonio Boccia1,
Giuseppe La Torre1
1
2
3
Sezione di Igiene, Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive, Sapienza
Università di Roma
Istituto “Lazzaro Spallanzani”, Roma
Istituto di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Parole Chiave Software, epidemiologia, ricerca, EpiInfo
Riassunto
L’uso di strumenti informatici nell'ambito sanitario rappresenta oggi
un'esigenza imprescindibile. EpiInfo è un software libero e gratuito realizzato nel 1988 dal
Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta su commissione dell' World
Health Organization (WHO), per facilitare le indagini epidemiologiche sul campo o per
analisi statistiche sanitarie. Lo scopo di questa indagine è stato quello di valutare se tale
pacchetto può rappresentare, nella realtà biomedica italiana, uno strumento di analisi efficace
nel campo della ricerca, oltre che un supporto pratico e semplice per l'insegnamento
dell'epidemiologia e della biostatistica.
Hanno partecipato allo studio medici, biologi, infermieri, specializzandi e studenti di medicina
a cui è stato somministrato un questionario costituito da 20 domande, sia a risposta multipla
che aperta. I dati raccolti sono stati inseriti in un database costruito con il software DB-IV
ed analizzati con il pacchetto statistico EpiInfo3.5.1. Per l’analisi sono stati impiegati i test
statistici del χ² ed Esatto di Fisher. Il livello di significatività è stato fissato a p<0,05.
Hanno partecipato all'indagine 300 professionisti sanitari, di cui il 64% ha un’età compresa
tra 26 e 45 anni, il 52% sono donne e il 73% nubili/celibi. È emerso che le donne sono le più
propense ad utilizzare EpiInfo nella propria attività di ricerca (p=0,023), così pure la fascia
di età 26-45 anni (p=0,023) e i non coniugati (p=0,010). Inoltre viene considerato un
pacchetto statistico più che sufficiente per la propria attività di ricerca dal 31% degli
intervistati e sufficiente dal 52%.
Corsi di statistica e di epidemiologia sono stati indicati come propedeutici per l'uso del
software rispettivamente dall'89% e dal 74% del campione, senza nessuna differenza
significativa per caratteristiche socio-demografiche.
Per la sua evoluzione tecnologica e statistica, EpiInfo rappresenta un software in grado di
assistere nella ricerca il professionista sanitario. Dallo studio è emerso che l'inserimento del
software EpiInfo all'interno di corsi di statistica ed epidemiologia agevola la comprensione
dei concetti teorici e consente di assolvere con più facilità alcuni dei compiti della ricerca
clinico/epidemiologica.
Igiene e Sanità Pubblica - Note
Parte di
Scientifica
Approfondimento
e Pratica
LXVIII.1.2012 • 85
A. MANNOCCI, C. BONTEMPI, G. GIRALDI, G. CHIARADIA, C. DE WAURE,
A. SFERRAZZA, W. RICCIARDI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
EpiInfo as a research and teaching tool in epidemiology and statistics: strengths and
weaknesses
Key words
Software, Epidemiology, Research, EpiInfo
Summary
EpiInfo is a free software developed in 1988 by the Centers for Disease
Control and Prevention (CDC) in Atlanta to facilitate field epidemiological investigations
and statistical analysis. The aim of this study was to assess whether the software
represents, in the Italian biomedical field, an effective analytical research tool and a
practical and simple epidemiology and biostatistics teaching tool.
A questionnaire consisting of 20 multiple-choice and open questions was administered
to 300 healthcare workers, including doctors, biologists, nurses, medical students and
interns, at the end of a CME course in epidemiology and biostatistics. Sixty-four percent
of participants were aged between 26 and 45 years, 52% were women and 73% were
unmarried. Results show that women are more likely to utilize EpiInfo in their research
activities with respect to men (p = 0.023), as are individuals aged 26-45 years with
respect to the older and younger age groups (p = 0.023) and unmarried participants with
respect to those married (p = 0.010). Thirty-one percent of respondents consider EpiInfo
to be more than adequate for analysis of their research data and 52% consider it to be
sufficiently so. The inclusion of an EpiInfo course in statistics and epidemiology modules
facilitates the understanding of theoretical concepts and allows researchers to more
easily perform some of the clinical/epidemiological research activities.
Introduzione
L’uso di strumenti informatici (computer, smartphone, palmari, cartelle elettroniche,
ecc.) nell’ambito sanitario rappresenta oggi un’esigenza imprescindibile in diversi settori,
che comprendono non soltanto la gestione di database informativi ma anche la gestione
di hospice e cure palliative, la prevenzione degli errori a quello della valutazione di
impatto sanitario, il monitoraggio e sorveglianza sanitaria all’approccio multidisciplinare
di terapie complesse, fino all’uso più recente di applicazioni per smartphone per il
management quotidiano di alcune patologie cronico-degenerative [1-11].
EpiInfo è un software facile, accessibile, libero e gratuito, realizzato nel 1988 dal
Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta su commissione del
World Health Organization (WHO), per facilitare le indagini epidemiologiche di
campo o in analisi statistiche sanitarie.
La prima versione di EpiInfo, risalente al 1985 [12], funzionava nel vecchio sistema
operativo MS-DOS© e poteva essere contenuta in un floppy disk da 5.25"; l’attuale,
la versione 3.5.1, è supportata dal sistema operativo Windows©.
86 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
EPIINFO COME STRUMENTO PER LA RICERCA E PER LA DIDATTICA DELL’ EPIDEMIOLOGIA
E DELLA STATISTICA: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
Aspetti determinanti per la scelta di questo software sono la gratuità, il tipo di
funzioni che offre e la semplicità di utilizzo.
In particolare, grazie alla sua libera accessibilità facilita l’approccio alla statistica con
un software più che soddisfacente e consente anche ai professionisti meno esperti di
cimentarsi in analisi inferenziali.
La sua completezza nelle funzioni basilari, inoltre, consente in pochi minuti di creare
maschere per registrare dati raccolti attraverso questionari o schede precostituite e
realizzare database con opportune utility per il DATA Entry.
Il software permette in oltre di analizzare e rappresentare dati attraverso facili funzioni, come distribuzioni di frequenza, tabelle di contingenza, grafici, test statistici,
misure di rischio, riducendo quindi procedure di analisi, anche molto complesse, in
poche mosse senza rinunciare al rigore scientifico necessario [13].
Per l’evoluzione tecnologica e statistica, EpiInfo rappresenta un software semplice,
quindi adatto ad utenti non particolarmente esperti, e, per ricchezza di strumenti, in
grado di soddisfare il professionista sanitario in alcune importanti attività legate alle
indagini epidemiologiche.
Come sottolineato da Harbage et al. [14], EpiInfo è agevole per la sua reperibilità,
essendo un programma di pubblico dominio e grazie ad Internet, è probabilmente uno
dei software distribuiti su più larga scala ed utilizzati nei programmi di dominio pubblico nel mondo (EpiInfo può essere scaricato gratuitamente dal sito del CDC di Atlanta
[15] o dal sito italiano [13] e scambiato liberamente). Essendo gratuito, questo strumento elimina la necessità di finanziamenti anticipati, rendendolo più fruibile sia da
parte di piccoli dipartimenti sanitari che da parte di chi ne fa un uso saltuario. Altra
caratteristica di EpiInfo è quella di consentire l’archiviazione manuale, riducendo
l’incertezza e il ritardo nelle spedizioni dei dati; per la sua portabilità (piattaforme
Windows, Linux) e dimensione (68 mega byte), inoltre, è facilmente trasferibile su
supporti rimovibili e di facile scambio, risultando, dunque, vantaggioso per utenti che
non hanno accesso alla rete Internet o non possiedono le competenze necessarie per
scaricare e installare programmi.
Le versioni iniziali di EpiInfo erano unicamente in lingua inglese e ciò consentiva l’uso
solo a coloro che avessero una certa familiarità con tale lingua; ma con la versione 3.5 è
disponibile anche la lingua italiana corredata di manuale, anch’esso in italiano [13].
EpiInfo, inoltre, si dimostra pienamente compatibile con la suite di Office. Il suo
pacchetto, infatti, comprende un database che utilizza il formato di Microsoft© Access ed Excel, ma prevede la compatibilità anche con altri venti formati di gestione dei
dati (DBIV, text, FoxPro, HTML, etc.).
Inoltre, vi sono diversi manuali e testi che utilizzano questo software per spiegare
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
LXVIII.1.2012 • 87
A. MANNOCCI, C. BONTEMPI, G. GIRALDI, G. CHIARADIA, C. DE WAURE,
A. SFERRAZZA, W. RICCIARDI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
concetti e realizzare analisi statistiche [16-23]. Anche nel Servizio Sanitario Nazionale italiano risulta essere impiegato: per il 62% in Asl o Ospedale, per il 13% in ambito
regionale è per il 6% nelle organizzazioni nazionali. Secondo Falsca et al. [24] il 38% lo
utilizza a fini di ricerca in sanità pubblica, il 16% per uso didattico, il 19% per attività
clinica e il 22% per ricerca clinica.
Si può stimare che fino al 2004 in Italia gli utilizzatori di EpiInfo siano circa 7.000
[24]. Se si digita la parola “EpiInfo” in Google si scopre che sono 12.700 le pagine in
italiano che ne parlano, contro le 18.000 del software Spss, e rappresentano l’1,4% di
quelle mondiali, mentre lo 0,7% quelle di Spss. Ciò testimonia l’uso di EpiInfo come
software statistico prescelto nelle ricerche.
In Italia, ad oggi, non sono state pubblicate indagini sul gradimento di EpiInfo in
ambito sanitario didattico. Scopo di questa indagine è quello di valutare se questo
pacchetto possa rappresentare nella realtà biomedica italiana, uno strumento di analisi
efficace nel campo della ricerca, oltre che un supporto pratico e semplice per l’insegnamento dell’epidemiologia e della biostatistica.
Metodi
Setting e questionario
L’indagine, di tipo esplorativo, ha previsto l’auto somministrazione di un questionario
anonimo al temine di un corso di metodologia epidemiologica e biostatistica realizzato
nell’ambito di eventi di Educazione Continua in Medicina (ECM). Tale corso aveva la
durata di 3 giorni, per un ammontare complessivo di 20 ore di lezione, sia frontali che
esercitative condotte con il supporto di EpiInfo. Tra il 2006-2009 sono stati organizzati
diversi eventi con cadenza all’incirca trimestrale, con una media di 20 iscritti. Sono entrati
a far parte dell’indagine medici, biologi, infermieri, specializzandi e studenti di medicina.
Il questionario costituito da 20 domande sia a risposta multipla che aperta, conteneva informazioni:
- socio-demografiche: età (18-25anni; 26-45 anni; >45 anni), genere, titolo di
studio (maturità, laurea I livello, laurea specialistica, specializzazione/Master),
professione (medici, non medici) e stato civile (coniugato/non coniugato);
- relative alle conoscenze del software EpiInfo (già noto, già utilizzato, intenzione
di impiegarlo nei futuri lavori e quali funzioni utilizzare prevalentemente);
- relative al giudizio su EpiInfo (gradimento, facilità di utilizzo, ed eventuale scelta
di impiegarlo durante la propria attività di ricerca).
Analisi statistica
Le risposte sono state inserite in un database costruito con il software DBIV ed
analizzate con il pacchetto statistico EpiInfo3.5.1.
88 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
EPIINFO COME STRUMENTO PER LA RICERCA E PER LA DIDATTICA DELL’ EPIDEMIOLOGIA
E DELLA STATISTICA: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
L’analisi descrittiva ha previsto il calcolo delle frequenze assolute, percentuali e rappresentazioni con grafici a barre.
Per valutare se EpiInfo può essere considerato uno strumento facile da apprendere
ed utile per la ricerca, è stata condotta un’analisi univariata rispetto alle seguenti
variabili:
- impiego di EpiInfo, agevola l’approccio all’analisi statistica (si/no);
- impiego di EpiInfo, agevola l’approccio all’analisi epidemiologica (si/no);
- impiego di EpiInfo necessita di corsi di supporto di statistica ed epidemiologia (si/
no);
- intenzione di utilizzare il software nelle attività future di ricerca (si/no) e giudizio
complessivo su EpiInfo. (molto carente/insufficiente/sufficiente/più che sufficiente)
Per tale analisi sono stati impiegati il test χ² e il test Esatto di Fisher.
Il livello di significatività è stato fissato a p<0,05.
Risultati
Hanno partecipato all’indagine 300 professionisti sanitari (medici, biologi, specializzandi, studenti di medicina) di cui il 64% ha un età compresa tra 26-45 anni, il 16%
meno di 26 anni e il 20% più di 45 anni.
Il 52% è rappresentato da donne e il 73% è nubile/celibe.
Il 10% ha come titolo di studio la maturità, il 15% la laurea di I livello, il 41% la laurea
specialistica ed il restante 34% una specializzazione. Relativamente alla professione il
63% è medico.
Tra i software statistici impiegati nell’attività di ricerca clinica-epidemiologica, il
47% dichiara di utilizzare SPSS, seguito da EpiInfo (34%), STATA (15%), R (2%),
Mathlab (2%) ed infine SAS (1%) (Figura 1).
La Tabella 1 mostra l’analisi descrittiva delle risposte riguardanti EpiInfo ottenute dal
questionario. Dei 300 intervistati, il 38% conosceva il software prima di frequentare il
corso e il 25% ne aveva già fatto uso; l’89% sottolinea che il suo utilizzo necessita di un
corso di supporto di statistica e il 73% di epidemiologia.
Per quanto riguarda il gradimento, il 43% del campione ritiene che il programma
semplifichi molto l’approccio all’analisi statistica, il 50% abbastanza, il 4% poco e il 2%
affatto; per la ricerca epidemiologica si osservano rispettivamente le seguenti
percentuali: 36%, 50%, 9% e 5% .
Il 52% degli intervistati ritiene che il pacchetto statistico sia sufficiente per la propria
attività di ricerca, il 31% più che sufficiente, il 12% insufficiente e il 4% carente.
L’83% prevede di utilizzare EpiInfo, di questo il 61% pensa di avvalersene per test
statistici, il 58% per rappresentazioni grafiche, il 55% per realizzare tabelle di frequenza,
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
LXVIII.1.2012 • 89
A. MANNOCCI, C. BONTEMPI, G. GIRALDI, G. CHIARADIA, C. DE WAURE,
A. SFERRAZZA, W. RICCIARDI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
Figura 1 - Distruzione di frequenza relativa alla domanda “Prima
di questo corso, aveva utilizzato uno dei seguenti software
statistici?”
il 35% per analisi di regressione
multivariata, il 27% per la
gestione dei dati ed infine l’11%
per la stima della numerosità
campionaria.
Nelle Tabelle 2-3 sono riportate
le analisi univariate per valutare
eventuali differenze tra variabili
socio-demografiche e utilizzo di
EpiInfo nelle attività di ricerca.
In particolare in Tabella 2, la
domanda “l’impiego di EpiInfo
agevola l’approccio all’analisi statistica?”, non mostra differenze
statisticamente significative, seppure si osserva una leggera prevalenza di “si” nel gruppo di età
26-45 anni rispetto alle classi più
giovani e più anziane (p=0,064). Inoltre non emergono differenze significative tra i vari
gruppi di individui riguardo alle domande “EpiInfo agevola l’approccio all’analisi epidemiologica?” e “Vi è la necessità di corsi di supporto di statistica e/o di epidemiologia?”.
In tabella 3, sono rappresentate le risposte alla domanda “pensa di utilizzare EpiInfo
per la sua attività futura di ricerca?” in relazione all’età e allo stato civile. Dall’indagine
emerge che le donne pensano di utilizzare il software maggiormente degli uomini
(rispettivamente 56% e 44%; p=0,023), così pure coloro che hanno un’età compresa
tra 26 e 45 anni, versus il gruppo dei più giovani e dei più anziani (rispettivamente 67%,
15%; e 18 %; p=0,023) e i non coniugati (71%) nei confronti dei coniugati (29%)
(p=0,010). È stato osservato, infine, che chi conosceva EpiInfo prima del corso ha
prevalentemente un’età compresa tra 26-45 anni (p=0,028), è laureato (p=0,032) ed
è già avvezzo all’uso di software statistici (p<0,001) (Tabella 4).
Discussione
Il nostro studio ha valutato l’impiego del software EpiInfo come strumento di supporto
nell’ambito della didattica e ricerca biomedica. EpiInfo risulta essere uno strumento
apprezzato per duttilità e fruibilità dalle professioni mediche se supportato
adeguatamente con la teoria statistica ed epidemiologica. Infatti, il suo impiego
nell’ambito di corsi ECM è considerato da quasi la totalità degli intervistati utile sia per
90 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
EPIINFO COME STRUMENTO PER LA RICERCA E PER LA DIDATTICA DELL’ EPIDEMIOLOGIA
E DELLA STATISTICA: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
Tabella 1 - Analisi descrittiva delle risposte contenute nel questionario relative ad
EpiInfo
Domanda
N
%
Conosceva EpiInfo prima del corso?
Si
No
115
185
38,3
61,7
Aveva utilizzato EpiInfo prima del corso?
Si
No
74
226
24,7
75,3
L’impiego di EpiInfo, a Suo giudizio,
agevola l’approccio all'analisi statistica?
Molto
Abbastanza
Poco
No
129
151
13
7
43,0
50,3
4,3
2,3
L’impiego di EpiInfo, a Suo giudizio,
agevola l'approccio all'analisi epidemiologica?
Molto
Abbastanza
Poco
No
108
149
27
16
36,0
49,7
9,0
5,3
L’impiego di EpiInfo, a Suo giudizio,
necessita di un corso di supporto di statistica?
Si
No
267
33
89,0
11,0
L’impiego di EpiInfo, a Suo giudizio,
necessita di un corso di supporto di epidemiologia?
Si
No
220
80
73,3
26,7
L’impiego di EpiInfo, a Suo giudizio,
necessita di un corso di supporto di statistica?
Si
267
89,0
Per la sua attività di ricerca,
EpiInfo è un pacchetto statistico:
Più che sufficiente
Sufficiente
Insufficiente
Carente
92
157
35
11
30,7
52,3
11,7
3,6
Per la Sua attività futura
di ricerca pensa di utilizzare EpiInfo?
Si
No
248
52
82,7
17,3
Quali strumenti di EpiInfo pensa
di utilizzare nelle Sue future ricerche?
Tabelle di frequenza
Grafici
Test statistici
Analisi di regressione
Gestione dei dati
Campionamento
166
173
183
105
81
34
55,3
57,7
61,0
35,0
27,0
11,3
migliorare le conoscenze statistiche (93%), sia per le attività pratiche di ricerca
epidemiologica (86%), seppure vengono ritenuti propedeutici corsi di tipo statistico
(89%) ed epidemiologico (73%). Non è comunque ritenuto un software completo
tant’è che poco meno di un terzo del campione lo reputa più che sufficiente (31%). La
questione se EpiInfo debba essere uno strumento leggero e agile come originariamente
concepito dal suo ideatore, o una robusta piattaforma per sviluppare applicazioni come
viene fatto attualmente da molte persone in tutto il mondo è ancora un dibattito
aperto. Ciò che è evidente è che esso deve trovare un posto tra gli altri strumenti a
supporto delle attività di ricerca dei professionisti sanitari [25,26].
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
LXVIII.1.2012 • 91
92 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
*p-value Fischer test
^ p-value χ ² test
Tabella 3 - Analisi univariata per valutare possibili associazioni socio-demografiche rispetto all’impiego di EpiInfo nelle attività di ricerca
*p-value Fischer test ^ p-value χ² test
Tabella 2 - Analisi univariata per valutare possibili associazioni socio-demografiche rispetto alla facilità di apprendere EpiInfo
A. MANNOCCI, C. BONTEMPI, G. GIRALDI, G. CHIARADIA, C. DE WAURE,
A. SFERRAZZA, W. RICCIARDI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
EPIINFO COME STRUMENTO PER LA RICERCA E PER LA DIDATTICA DELL’ EPIDEMIOLOGIA
E DELLA STATISTICA: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
Tabella 4 - Analisi univariata relativa alla conoscenza di EpiInfo prima del corso rispetto
a variabili socio-demografiche e alcune caratteristiche di EpiInfo
Variabili
Conosceva EpiInfo prima del corso
Si (riga %)
No (riga %)
p
Genere
Maschi
Femmine
31 (43,1)
41 (56,9)
107 (48,9)
112 (51.1)
0.392^
Età (anni)
18-25
26-45
>45
5 (7,0)
54 (76,1)
12 (16,9)
45 (20.6)
137 (62,8)
36 (16,5)
0.028^
Titolo
di studio
Maturità
Laurea I livello
Laurea Specialistica
Specializzazione/Master
1 (1,4)
10 (13,7)
32 (43,8)
30 (41,1)
27 (12,2)
35 (18,8)
91 (41,2)
68 (30,8)
0.032^
Professione
Medico
Non medico
46 (62,2)
28 (37,8)
127 (57,2)
95 (42,8)
0.454^
Per la sua
ricerca EpiInfo
è un pacchetto
statistico
Più che sufficiente
Sufficiente
Insufficiente
Molto Carente
24 (32,4)
38 (51,4)
12 (16,2)
0 (0,0)
67 (30,5)
119 (54,1)
23 (10,5)
11 (5,0)
0.145^
Utilizzerà EpiInfo
per la sua ricerca
futura ?
Si
No
11 (15,1)
62 (84,9)
33 (15,1)
186 (84,9)
0.999^
EpiInfo necessita
di corso di supporto
di statistica?
Si
No
105 (100,0)
0 (0,0)
161 (98,8)
2 (1,2)
0.522*
EpiInfo necessita
di corso di supporto
di epidemiologia?
Si
No
12 (16,4)
61 (83,6)
53 (25,1)
158 (74,9)
0,128^
EpiInfo agevola
l’approccio all’analisi
statistica?
Molto/abbastanza
Poco/no
72 (97,2)
2 (2,8)
96 (94,0)
13 (6,0)
0.371*
EpiInfo agevola
l'approccio all'analisi
epidemiologica?
Molto/abbastanza
Poco/no
102 (89,5)
12 (10,5)
154 (89,5)
18 (10,5)
0.987^
La gratuità di EpiInfo
per il suo utilizzo è:
Importante
Non importante
109 (96,5)
4 (3,5)
168 (94,9)
9 (5,1)
0.230^
89 (78,1)
25 (21,9)
69 (38,3)
111 (61,7)
<0.001^
Ha usato un software Si
statistico
No
prima del corso?
*p-value Fischer test ^ p-value χ² test
Lo studio presenta, comunque, alcune limitazioni. La prima limitazione è quella
dovuta alla selezione del campione, costituito da soli partecipanti a corsi ECM i quali,
per scelta hanno, deciso di partecipare ai corsi. Questo seleziona, ovviamente soggetti
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
LXVIII.1.2012 • 93
A. MANNOCCI, C. BONTEMPI, G. GIRALDI, G. CHIARADIA, C. DE WAURE,
A. SFERRAZZA, W. RICCIARDI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
maggiormente motivati ad apprendere e inseriti in un contesto culturale che li ha
portati ad aggiornarsi professionalmente. Un altro possibile effetto di misclassificazione
può derivare dal fatto che molti dei partecipanti ai corsi ECM, erano già avvezzi
all’impiego di strumenti statistici (78%), determinando quindi un sottostima delle
difficoltà che si posso incontrare utilizzando questo software per la prima volta.
Il campione, inoltre, non risulta rappresentativo della popolazione generale, soprattutto
in relazione all’età e al livello educativo. Il 64% del campione, infatti, è costituito da
soggetti età compresa tra 26 e 45 anni e il 75% dei partecipanti ha conseguito il titolo
di laurea specialistica o un livello educativo superiore. A questo bisogna aggiungere,
comunque, che il target di utilizzo di un software come EpiInfo non è da assimilare alla
popolazione generale.
Per quanto riguarda il genere e la professione il campione sembra essere equamente
distribuito.
Altro elemento che può dare luogo a distorsioni dei risultati è la possibilità che uno
stesso individuo abbia compilato più questionari avendo preso parte a più corsi ECM,
determinando effetti di rebound dei dati poco controllabili e prevedibili.
Alla luce di tali limiti comunque, è importante sottolineare che una percentuale
elevata dei partecipanti (83%), considera il pacchetto statistico più che sufficiente o
sufficiente per la propria attività di ricerca ed inoltre il programma risulta essere
apprezzato, in termini di agevolare l’attività di ricerca, indistintamente dal genere,
dall’età, da livello educativo e dalla professione. In relazione alla possibilità di utilizzare
EpiInfo attivamente nel proprio lavoro, vi è una maggiore propensione nei giovani (2645 anni) indipendentemente dalla professione e dal livello educativo. Ciò probabilmente
può essere spiegato da una maggiore esigenza di una produzione scientifica da parte
dei giovani, che hanno necessità, di rendersi per quanto più possibili autonomi nel
produrre ricerca e nell’interpretazione dei risultati pubblicati nella letteratura scientifica.
In conclusione abbiamo motivo di ritenere che l’inserimento del software EpiInfo
all’interno dell’insegnamento della statistica e dell’epidemiologia nonché il suo utilizzo
nel risolvere esercizi pratici, rappresenti un valido aiuto per la comprensione e
l’applicazione dei concetti teorici .
94 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
EPIINFO COME STRUMENTO PER LA RICERCA E PER LA DIDATTICA DELL’ EPIDEMIOLOGIA
E DELLA STATISTICA: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
Bibliografia
1.
De Caro F, Pirozzi D, Boccia G, Brunetti L, Cavallo P, Motta O, Palmieri L, Santoro E,
Capunzo M. How to simplify and improve incident and near miss reporting in wards: I.R.G.E.
(Incident Reporting with Gravity Effect) system. Ital J Public Health 2011; 8(3): in press.
2.
Welteke R, Fehr R. Health Impact Assessment – developing a software-assisted tool for assessment
of evidence. Ital J Public Health 2007; 4(3): 165-8.
3.
Abernethy AP, Wheeler JL, Bull J. Development of a health information technology-based data
system in community-based hospice and palliative care. Am J Prev Med 2011; 40(5 Suppl
2):S217-24;
4.
Valentini V, Maurizi F, Tagliaferri L, Balducci M, Cellini F, Gambacorta MA, Lanzotti V,
Manfrida S, Mantini G, Mattiucci GC, Meduri B, Miccichè F, Nardone L, D’Agostino
GR. Spider: managing clinical data of cancer patients treated through a multidisciplinary approach
by a palm based system. Ital J Public Health 2008; 5(2): 154-64.
5.
Rao A, Hou P, Golnik T, Flaherty J, Vu S. Evolution of data management tools for managing
self-monitoring of blood glucose results: a survey of iPhone applications. J Diabetes Sci Technol
2010; 4(4):949-57.
6. Schweikart J, La Torre F, Mannocci A. The Geographical Information System. Ital J Public
Health 2008; 5(4): 241-4.
7. Bruno S, de Waure C, Specchia ML, Manzoli L, Liguori G, Siliquini R, Ricciardi W &
Network Italiano HIA. Metodi e Pratiche di Health Impact Assessment: stato dell’arte e sviluppi
necessari. Ig Sanita Pubbl 2010; 66(5):601-15.
8.
Ligori I, Mannocci A, Specchia ML, La Torre G. Analisi dell’Associazione tra variabili sociodemografiche e Drg ad elevato rischio di inappropriatezza negli ospedali della provincia di
Caltanissetta. Igiene San Pubblica 2010; 3: 293-310.
9.
Monami S, Rosati E, Papalia F, De Crescenzo M, Antonelli L, Franco E. Utilizzo della nuova
versione italiana 2009 della International Classification of Diseases-Clinical Modification (ICD-9CM) per il sistema informativo dei servizi sanitari dedicati alle vaccinazioni. Igiene San Pubblica
2009; 65(5):517-28.
10.
Dalmasso M, Falcone U, Jahier F, Varetto M, Coué N, Fiorentini M, Foudon A, Pierini E,
Migliardi A, Bellini S, Rusciani R, Gnavi R. MADEsmart: un sistema in ambiente web per
l’accesso dinamico a dati e indicatori sanitari. Ig Sanita Pubbl 2008; 64(6):703-18.
11.
Domenighini S, Orizio G, Azzola FM, Auxilia F, Gelatti U. Il Sistema Informativo come
strumento per la gestione della variabilità quotidiana nell’assistenza in una Residenza Sanitaria
Assistenziale. Ig Sanita Pubbl 2008; 64(5):595-610.
12.
Dean AG, Dean JA, Burton AH, Dicker RC. Epi Info: a general-purpose microcomputer
program for public health information systems. Am J Prev Med 1991; 7(3):178-82.
13.
www.EpiInfo.it (Ultimo accesso: settembre 2011)
14.
Harbage B, Dean AG. Distribution of Epi Info software: an evaluation using the Internet. Am J
Prev Med 1999; 16(4):314-7.
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
LXVIII.1.2012 • 95
A. MANNOCCI, C. BONTEMPI, G. GIRALDI, G. CHIARADIA, C. DE WAURE,
A. SFERRAZZA, W. RICCIARDI, A. BOCCIA, G. LA TORRE
15.
www.cdc.gov/EpiInfo (Ultimo accesso: settembre 2011)
16.
MMWR. Epi Info: A Course to Develop Public Health Software Applications. Morbidity and
Mortality Weekly Report. December 9, 2005.
17.
Alperin M, Miner KR. Using epi info: A step by step guide. Soquel, CA: ToucanEd Publications, 1997.
18.
Bennett S, Myatt M, Jolley D, Radalowicz A. Data Management for Surveys & Trials. A
Practical Primer Using Epi Info. Brixton Books, 1996.
19.
Dean AG, Dean JA, Burton AH, Dicker RC. Epi Info Version 6: a word processing, database,
and statistics program for epidemiology on microcomputers. GA: USD, Inc.
20.
Dean AG, Dean JA, Burton AH, Dicker RC. Epi Info Version 5: a word processing, database,
and statistics program for epidemiology on microcomputers. GA: USD, Inc.
21.
Myatt M, Ritter S. Analysing data: a practical primer using EpiInfo. Brixton Books, 1997.
22.
Myatt M. Getting Started... Epi Info Version 6. Brixton Books, 1994.
23.
Dean AG, Dean JA, Coulombier D, Brendel KA, Smith DC, Burton AH, Dicker RC,
Sullivan K, Fagan RF, Arner TG. Epi Info, version 6: a word processing, database, and
statistics program for public health on IBM compatible microcomputers. Centers for Disease
Control and Prevention, Atlanta, GA, USA, 1995.
24.
Falasca P, Di Tommaso F, Errico P. Esperienza Italiana con Epi Info. Simposio Internazionale su epinfo, CDC di Atlanta, 2004 (http://www.epiinfo.it/Aie/Esperienza %20Italiana
%20con%20Epi%20Info.pdf.)(Ultimo accesso: settembre 2011)
25.
Su Y, Yoon SS. Epi info - present and future. AMIA Annu Symp Proc. 2003:1023.
26.
Ma J, Otten M, Kamadjeu R, Mir R, Rosencrans L, McLaughlin S, Yoon S. New frontiers
for health information systems using Epi Info in developing countries: structured application
framework for Epi Info (SAFE). Int J Med Inform 2008; 77(4):219-25.
Referente:
Dott.ssa Alice Mannocci
Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive
Sapienza Università di Roma
Piazzale Aldo Moro 5 - 00185 Roma
Tel. 06.49694306 - Fax 06.49972473
[email protected]
96 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Note di Approfondimento
EPIINFO COME STRUMENTO PER LA RICERCA E PER LA DIDATTICA DELL’ EPIDEMIOLOGIA
E DELLA STATISTICA: PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
Ig. Sanità Pubbl. 2012; 68: 97-104
Politiche vaccinali
Neisseria meningitidis: nuovi vaccini e strategie
preventive
Laura Morciano, Laura Zaratti*, Elisabetta Franco*
* Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva e Dipartimento di Sanità
Pubblica, Università di Roma Tor Vergata
Parole Chiave Neisseria meningitidis, Vaccinazione, Vaccini coniugati
Riassunto
La malattia invasiva causata dalla Neisseria meningitidis desta da sempre
preoccupazione e la Sanità Pubblica è chiamata a proporre e verificare le strategie più
opportune per utilizzare nel modo migliore le risorse disponibili.
I vaccini polisaccaridici hanno aperto la via alla profilassi immunitaria, l'introduzione dei
vaccini coniugati ha permesso notevoli passi avanti per la prevenzione di questa malattia e
la futura disponibilità di un vaccino attivo nei confronti del sierogruppo B fornirà un ulteriore
strumento per la protezione della popolazione.
Neisseria meningitidis: new vaccines and preventive strategies
Key words
Neisseria meningitidis, Vaccination, Conjugate vaccines
Summary
Invasive disease caused by Neisseria meningitidis raise concern in the
population and Public Health Authority is called to propose and test strategies for
optimizing resources available for its prevention.
Polysaccharide vaccines started the approach to immune prophylaxis, the introduction
of conjugate vaccines brought to major advances for the prevention of this disease and
the future availability of a vaccine against serogroup B will provide an additional tool to
protect the population.
La Neisseria meningitidis, o meningococco, è un batterio capsulato Gram negativo
che provoca quadri clinici diversi, ma è certamente la meningite che da sempre desta
la maggiore preoccupazione. La meningite e la sepsi fulminante causate dalla N.
meningitidis costituiscono un importante problema di Sanità Pubblica; nonostante il
pronto impiego di antibiotici, infatti, il tasso di letalità è ancora di circa il 10% nei paesi
industrializzati e sequele permanenti sono rilevabili fra coloro che superano la fase
acuta della malattia(1-4).
L’acquisizione del microrganismo attraverso il contatto con le particelle di aerosol
o la saliva può essere transitoria, conferire uno stato di portatore sano, o determinare
una malattia invasiva. Si stima che circa l’8-25% di soggetti adulti sani alberghi
Igiene e Sanità Pubblica
Pubblica -- Note
Politiche
di Approfondimento
vaccinali
LXVIII.1.2012 • 97
L. MORCIANO, L. ZARATTI , E. F RANCO
come comune commensale la N. meningitidis. Diversi fattori influiscono sulla presenza
di portatori, come l’età, gli stretti contatti interpersonali, i luoghi affollati e il fumo.
I gruppi a rischio di sviluppare una malattia invasiva da meningococchi sono
rappresentati dai contatti di pazienti affetti, da soggetti, soprattutto giovani adulti,
che frequentano luoghi affollati, da laboratoristi che maneggiano frequentemente
isolati del microrganismo, da viaggiatori in zone endemiche, e da pazienti con asplenia
anatomica o funzionale o con deficit del complemento(1-4).
Si conoscono 13 differenti sierogruppi di N. meningitidis, ma solo gli stipiti appartenti
ai sierogruppi A, B, C, W-135, Y e X sono implicati in oltre il 90% delle malattie sistemiche,
con distribuzione mondiale variabile. Infatti in America, Europa e Australia i sierogruppi
principalmente responsabili di malattia sono il B e il C, mentre il sierogruppo A è causa
di malattia principalmente in Africa e Asia(5). In una situazione di endemia, il
sierogruppo B risulta responsabile della maggior parte dei casi che si verificano nei
bambini di età <1 anno, il sierogruppo C provoca malattia soprattutto negli adolescenti
e i sierogruppi B e Y negli anziani(1-7).
Dai primi anni ’90 i sierogruppi W-135 Y e X hanno acquisito un potenziale epidemico
in diverse Regioni. Ad esempio negli Stati Uniti il sierogruppo Y, che determinava il
2% dei casi negli anni 1989-1991, è arrivato a rappresentare circa il 30% a partire dalla
metà degli anni ‘90, diventando uno dei principali responsabili di malattia
meningococcica. I sierogruppi X e W-135 sono invece particolarmente diffusi in Africa,
soprattutto nella regione della cintura delle meningiti, dove hanno provocato, negli
ultimi anni, epidemie anche di notevole entità(5-10).
Vista la difficile attuazione di adeguate misure di profilassi, la notevole gravità
della malattia meningococcica e il suo rapido sviluppo, la vaccinazione rimane lo
strumento migliore per il suo controllo, adattando le strategie vaccinali alle necessità
di ogni singola Regione per la eterogenea distribuzione dei sierogruppi a livello
mondiale(9,11,12).
Vaccini antimeningococcici
I primi vaccini contro i meningococchi di gruppo A e C sono stati introdotti negli
anni ’70, in risposta alle frequenti epidemie che si verificavano tra le reclute militari
inglesi, dimostrandosi utili nel controllare i focolai e diminuendo il numero di casi di
meningite causati dai sierogruppi contenuti nel vaccino. Si tratta di vaccini
polisaccaridici che sfruttano il potere immunogeno della capsula del batterio, con
un’efficacia clinica pari all’80-90% nei bambini di età >5 anni e negli adulti(2,9,13).
I vaccini polisaccaridici sono disponibili in formulazioni bivalenti (A, C), trivalenti
(A, C, W-135) e quadrivalenti (A, C, W-135, Y), contengono 50 μg di ciascun componente
e, se cosomministrati, elicitano ciascuno una indipendente risposta immunologica. I
98 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Politiche vaccinali
NEISSERIA MENINGITIDIS: NUOVI VACCINI E STRATEGIE PREVENTIVE
sierogruppi A, Y e W-135 inducono un soddisfacente titolo anticorpale nel 90% dei casi;
inoltre il sierogruppo A stimola una risposta anticorpale anche nei bambini al di sotto
dell’anno di età (dai 3 mesi di vita in su), mentre il sierogruppo C è meno immunogeno
ed efficace quando somministrato a bambini al di sotto dei 18-24 mesi di vita. L’efficacia
di questi vaccini è basata sulla stimolazione della risposta T-indipendente, la loro
inoculazione pertanto è in grado di reclutare i linfociti B, ma non i linfociti T, impedendo
la creazione di memoria immunologica. Inoltre, non riducono significativamente il
numero dei portatori sani e, di conseguenza, sono inefficaci nel generare herd immunity.
Un’altra problematica legata a questo tipo di vaccini è rappresentata dalla
iporesponsività, fenomeno per il quale la risposta immunitaria a dosi di vaccino successive
alla prima non induce ulteriori aumenti del titolo anticorpale, ma anzi la risposta
diminuisce per ogni successiva dose di vaccino somministrata(1,2,9,13,14).
Pur dimostrandosi utili nel controllare le epidemie e le situazioni a rischio, questi
vaccini non sono indicati per una pratica vaccinale preventiva su larga scala. Infatti il
loro potere immunogeno è di breve durata, massimo 3-5 anni nei bambini al sopra dei
5 anni di età e negli adulti e meno di 3 anni nei bambini di età <5 anni(1,2,9).
Nonostante le notevoli criticità, i vaccini polisaccaridici sono stati gli unici disponibili
per molti anni, durante i quali sono stati utilizzati soprattutto come risposta “reattiva”
ad una epidemia o per proteggere, per un periodo di tempo limitato, persone ad alto
rischio di contrarre l’infezione.
Dopo il successo ottenuto con l’utilizzo di vaccini coniugati nei confronti
dell’Haemophilus Influenzae di tipo b, gli studi si sono concentrati sulla realizzazione di
un vaccino antimeningococcico coniugato che, sfruttando il legame covalente
dell’oligosaccaride purificato con una proteina carrier, risultasse capace di indurre una
buona risposta immunologica ovviando al problema dell’iporesponsività dei vaccini
polisaccaridici(15).
Il primo vaccino antimeningococcico coniugato contro il sierogruppo C è stato
autorizzato in Inghilterra nel Settembre del 1999, dove, negli anni precedenti l’inizio
della campagna vaccinale, il numero assoluto dei casi di meningite meningococcica era
aumentato, e il sierogruppo C aveva presentato, proporzionalmente, il picco maggiore,
raggiungendo gli 823 casi su un totale di 2.418 casi confermati. I dati riferiti al periodo
2006-2008 riportano un totale di 29 casi per anno per il meningococco C in questo Paese,
registrando un calo del 97% rispetto agli anni 1998-1999; anche il numero dei portati sani
si è ridotto dell’80%(16-18).
In seguito al successo inglese, diversi paesi Europei hanno introdotto routinariamente
la vaccinazione antimeningococcica C nelle loro schedule, come l’Irlanda, la Spagna,
l’Olanda, il Belgio, l’Islanda, la Germania(19).
Nel 2005, è stato introdotto negli Stati Uniti il primo vaccino coniugato
Igiene e Sanità Pubblica - Politiche vaccinali
LXVIII.1.2012 • 99
L. MORCIANO, L. ZARATTI , E. F RANCO
quadrivalente attivo nei confronti dei meningococchi di gruppo A, C, W-135 e Y, la
cui disponibilità risulta particolarmente importante per l’America, dato l’aumento
dei casi dovuti al sierogruppo Y. Le linee guida americane prevedono la vaccinazione
di tutti i bambini di 11-12 anni di età con singola dose e un richiamo da somministrare
a 16-18 anni, in modo da proteggere i ragazzi nell’età più a rischio e la vaccinazione
dei soggetti di età 11-55 anni con determinati fattori di rischio. Le raccomandazioni
sono state estese anche ai bambini di età compresa tra i 2 e i 10 anni con determinati
fattori di rischio. Nell’Aprile del 2011 è stata approvata la sua somministrazione
anche in bambini a rischio dai 9 ai 23 mesi di vita(11,20-25).
Dall’inizio del 2010 è disponibile anche in Europa un vaccino coniugato quadrivalente,
con l’indicazione di una singola dose per i soggetti di 11-55 anni di età(26,27). E’ stato
dimostrato che questo preparato è in grado di indurre una buona risposta immunologica
nei neonati. Tale evidenza rappresenta un notevole vantaggio vista l’elevata incidenza
della malattia in questa fascia di età(28).
Nel 2010 è stato reso disponibile in Africa un vaccino coniugato contro il sierogruppo
A, con la speranza di riuscire a contenere le importanti epidemie che ancora affliggono
questo continente(1,29).
Da quando sono stati introdotti i vaccini coniugati, il sierogruppo B è diventato
responsabile della maggior parte dei casi di malattia invasiva in Europa, Nord America e
Sud America. La capsula polisaccaridica di questo sierogruppo ha una composizione
identica a quella dell’acido polisialico presente nel tessuto cerebrale fetale, rendendola
inutilizzabile per la realizzazione di un vaccino a causa del possibile sviluppo di
autoimmunità. E’ stato pertanto necessario studiare differenti approcci per lo sviluppo di
un vaccino nei confronti di questo sierogruppo. Inizialmente gli studi si sono concentrati
sulle vescicole della membrana esterna, con cui sono stati realizzati vaccini che utilizzati
in diversi paesi sono risultati efficaci, ma solo nei confronti dei ceppi specifici per i quali
il vaccino era stato realizzato. La svolta nelle ricerche è giunta con il sequenziamento del
genoma della Neisseria di gruppo B, portando all’identificazione di antigeni che sono
stati utilizzati per la produzione di un nuovo vaccino. Studi recenti hanno dimostrato
l’immunogenicità e la sicurezza di questo vaccino nei bambini e adolescenti anche
quando somministrato con altri vaccini e con differenti schedule vaccinali(6,30-32).
Strategie vaccinali
I vaccini antimeningococcici coniugati presentano numerosi vantaggi rispetto ai
vaccini polisaccaridici: sono maggiormente immunogeni, stimolano la memoria
immunologica, non provocano iporesponsività con dosi ripetute, riducono il numero
dei portati sani e, di conseguenza, inducono il fenomeno della herd immunity.
La disponibilità dei vaccini coniugati contro il meningococco C ha permesso
100 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Politiche vaccinali
NEISSERIA MENINGITIDIS: NUOVI VACCINI E STRATEGIE PREVENTIVE
l’attuazione di misure preventive nei confronti della malattia meningococcica,
contribuendo a modificare l’epidemiologia di tale patologia. Infatti in Europa, in seguito
all’introduzione della vaccinazione antimeningococcica C nel 1999, si è registrata una
riduzione dei casi di meningite meningococcica con un calo di oltre il 50% dei casi
dovuti al sierogruppo C: dal 2006 non vi sono state ulteriori riduzioni, anche se l’eziologia
da gruppo C è sempre meno rappresentata. L’incidenza totale è scesa da 1,9 casi su
100.000 nel 1999 a 0,89 su 100.000 nel 2009. I Paesi più colpiti sono stati l’Irlanda e
l’Inghilterra, mentre quelli meno colpiti sono stati Cipro, la Lituania e la Lettonia(33).
In Italia, i dati di sorveglianza forniti dal Sistema Informatizzato delle Malattie Infettive
mostrano una diminuzione delle forme invasive da meningococco (Figura 1). Dal
primo gennaio 2011 al trenta Settembre 2011 sono stati notificati 89 casi di malattia
invasiva meningococcica, ripartiti in 46 casi di meningite, 24 di sepsi e 19 di meningite
e sepsi. I sierogruppi responsabili sono stati principalmente il B e il C, con 49 e 3 casi
rispettivamente(34).
Il vaccino coniugato contro il meningococco C in Italia è stata introdotto nel 2006,
seppure con modalità differenti nelle diverse regioni. Da uno studio condotto recentemente
dall’Istituto Superiore di Sanità risulta che 17 regioni forniscono la vaccinazione
antimeningococco C gratuitamente e con un servizio di chiamata attiva, mentre 4
regioni offrono gratuitamente la vaccinazione solo a persone a rischio, fra cui, in 1, sono
compresi anche i bambini ricoverati in ospedale. Queste 4 regioni forniscono la
vaccinazione mediante compartecipazione alla spesa anche ai bambini non a rischio per
cui giunga richiesta dai genitori o dal pediatra. Delle 17 regioni che offrono la vaccinazione
antimeningococcica alla popolazione, 14 adottano la strategia vaccinale della singola
dose fra i 12 e i 15 mesi di vita e 3 somministrano 3 dosi nel primo anno di vita. Dodici
regioni raccomandano inoltre la vaccinazione di tutti i ragazzi di età compresa fra gli 11
e i 16 anni, con singola dose(35).
Le strategie vaccinali della Sanità Pubblica sono sempre un compromesso tra le
Figura 1 - Casi di malattia invasiva da mningococco in Italia, SIMI 2000-2011
Igiene e Sanità Pubblica - Politiche vaccinali
LXVIII.1.2012 • 101
L. MORCIANO, L. ZARATTI , E. F RANCO
risorse disponibili per raggiungere determinati obiettivi, le richieste della popolazione e
i suoi reali bisogni. Ad oggi viene destinato alla Prevenzione solo il 5% dei fondi del
Sistema Sanitario Nazionale, è necessario pertanto identificare le strategie migliori per
ottenere il massimo beneficio.
A tale scopo era stato previsto di redarre ogni 3 anni un Piano Nazionale, che, pur
tenendo conto della regionalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale avvenuta nel
2001 con la modifica del Titolo V della Costituzione, stabilisse obiettivi “nazionali” a
cui le Regioni aderissero adattandolo ognuna alle specifiche necessità. Nell’ultimo
Piano Nazionale Vaccini 2005-2007 tuttora in vigore, la vaccinazione antimeningococco
C veniva introdotta per i bambini nei primi due anni di età senza precise schedule
vaccinali(36). La bozza del Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale (PNPV) 20122014, che è in fase di approvazione dalla Conferenza Stato-Regioni, prevede la
somministrazione di un’unica dose di vaccino antimeningococcico per due fasce di
età: tra il 13° e il 15° mese e a 11-18 anni, per i soggetti che non siano stati vaccinati
nell’infanzia. Oltre alla vaccinazione nell’età evolutiva, per la quale al momento non
viene prevista una dose di richiamo, si raccomanda l’identificazione e l’immunizzazione
dei soggetti a rischio di malattia invasiva meningococcica perché affetti da particolari
patologie o per la presenza di particolari condizioni di vita.
Si è discusso a lungo se la somministrazione di un’unica dose dopo l’anno di età fosse
sufficiente a garantire una adeguata protezione della popolazione, o se invece la
strategia delle tre dosi somministrate nel primo anno non rappresentasse una scelta
migliore. Considerata la relativamente scarsa frequenza della meningite
meningococcica nel primo anno di vita e il maggior numero di accessi al servizio
vaccinale, forse ad oggi la scelta della singola dose dopo il primo anno, con eventuale
dose booster o catch-up degli adolescenti, sembra essere quella in grado di garantire la
migliore aderenza all’offerta: infatti in questo modo si riduce il numero di accessi al
servizio vaccinale, in un’unica seduta possono essere somministrati due vaccini, i costi
sono contenuti e, con la vaccinazione combinata bambini-adolescenti, è possibile in
pochi anni raggiungere un grado di protezione tale da elicitare l’effetto di herd immunty;
in questo modo anche i bambini di età inferiore ai 12 mesi risulterebbero protetti. Gli
studi di costo-efficacia condotti in diversi paesi concordano nel ritenere la
somministrazione di un’unica dose dopo il 12° mese di vita associata a campagne di
catch-up degli adolescenti <18 anni, più costo-efficace rispetto alla schedula delle tre
dosi nel primo anno di vita(1).
Non viene contemplata, nel PNPV 2012-2014, la possibile somministrazione del
vaccino quadrivalente coniugato negli adolescenti che, al momento, viene eseguita di
routine solo negli Stati Uniti(15). La disponibilità dei vaccini tetravalenti coniugati
rappresenta un’opportunità importante per il contenimento della malattia
102 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Politiche vaccinali
NEISSERIA MENINGITIDIS: NUOVI VACCINI E STRATEGIE PREVENTIVE
meningococcica, e le future politiche vaccinali europee potrebbero includere la
somministrazione di tali vaccini in diverse situazioni, dall’immunizzazione universale
dei neonati, alle dosi di richiamo in varie fasce d’età o per i viaggiatori(1,2,27).
La possibilità di combattere la temuta infezione da N. meningitidis è oggi una opportunità
reale: la disponibilità di vaccini immunogeni ed efficaci rivolti contro i principali sierogruppi
e la concreta vicina introduzione della vaccinazione anche nei confronti del sierogruppo
B rappresentano un notevole passo avanti nel ridurne sempre più l’incidenza. La Sanità
Pubblica è chiamata a proporre e verificare le strategie più opportune per utilizzare nel
modo migliore i prodotti che la ricerca scientifica mette a disposizione.
Bibliografia
(1)
WHO. Meningococcal vaccines: WHO position paper, November 2011. Wkly Epidemiol Rec 2011;
86 (47): 521-39 http://www.who.int/wer/2011/wer8647.pdf
(2)
Khatami A, Pollard AJ. The epidemiology of meningococcal disease and the impact of vaccines. Expert
Rev Vaccines 2010; 9 (3): 285-98
(3)
Stephens DS, Greenwood B, Brandtzaeg P. Epidemic menintis, meningococcaemia and Neisseria
meningitidis. Lancet 2007; 369: 2196-210
(4)
Rouphael NG, Stephens DS. Neisseria meningitidis: biology, microbiology and epidemiology. Methods
mol bio. Springer ebook ed 2012; Vol 799, Chap 1: 1-20
(5)
Harrison LH, Trotter CL, Ramsay ME. Global epidemiology of meningococcal disease. Vaccine
2009; 27S: B51-63
(6)
Harrison LH. The epidemiology of meningococcal disease in the United States. Clin Infect Dis 2010;
50 (S2): S37-49
(7)
WHO. Laboratory methods for diagnosis of meningitis caused by Neisseria meningitidis, Streptococcus
pneumonia and Haemophilus influenza. WHO MANUAL, 2nd edition, 2009 http://www.who.int/
csr/resources/publications/meningitis/whocdscsredc997.pdf
(8)
Active Bacterial Core Surveillance (ABCs) report emerging infections program network. Neisseria
meningitidis, 2009 http://www.cdc.gov/abcs/reports-findings/survreports/mening09.pdf
(9)
Stephens DS. Conquering the meningococcus. FEMS Microbiol Rev 2007; 31: 3-14
(10)
Collard JM, Maman Z, Yacouba H et al. Increase in Neisseria meningitidis serogroup W-135,
Niger, 2010. Emer Infect Dis 2010; 16 (9): 1496-8
(11)
ACIP. Prevention and control of meningococcal disease. MMWR 2005; 54: 1-21 http://www.cdc.gov/
mmwr/preview/mmwrhtml/rr5407a1.htm
(12)
Vogel U, Claus H. Vaccine development against Neisseria meningitidis. Microbial Biotechnology
2011; 4 (1): 20-31
(13)
Joshi VS, Bajan IB, Survase SA, Singhal RS, Kennedy JF. Meningococcal polysaccharide vaccines:
a review. Carbohydrate polymer 2009; 75: 553-65
(14)
Bröker M, Veitch K. Quadrivalent meningococcal vaccines: hyporesponsiveness as an important
consideration when choosing between the use of conjugate vaccine or polysaccharide vaccine. Travel
medicine and Infectious Disease 2010; 8: 47-50
(15)
Terranella A, Cohn A, Clark T. Meningococcal conjugate vaccines: optimizing global impact. Infection
and drug resistance 2011; 4: 161-9
(16)
Miller E, Salisbury D, Ramsay M. Planning, registration, and implementation of an immunisation
campaign against meningococcal serogroup C disease in the UK: a success story. Vaccine 2002; 20:
858-67
(17)
Campbell H, Borrow R, Salisbury D, Miller E. Meningococcal C conjugate vaccine: the experience
in England and Wales. Vaccine 2009; 27S: B20-9
(18)
Ibarz-Pavòn AB, MacLennan J, Andrews NJ et al. Changes in serogroup and genotype prevalence
among carried meningococci in the United Kingdom during vaccine implementation. JID 2011; 204: 1046-53
Igiene e Sanità Pubblica - Politiche vaccinali
LXVIII.1.2012 • 103
L. MORCIANO, L. ZARATTI , E. F RANCO
EU-IBIS. Invasive Neisseria meningitidis in Europe 2006 http://www.hpa-bioinformatics.org. uk/
euibis/documents/2006_meningo.pdf
(20)
CDC. Revised recommendation of the Advisory Committee on Immunization Practices to vaccinate all
persons aged 11-18 years with meningococcal conjugate vaccine. MMWR 2007; 56 (31): 794-5
(21)
Pace D, Pollard AJ, Messonier NE. Quadrivalent meningococcal conjugate vaccines. Vaccine 2009;
27S: 830-41
(22)
Black S, Klein NP, Shah J, Bedell L, Karsten A, Dull PM. Immunogenicity and tolerability of a
quadrivalent meningococcal glycoconjugate vaccine in children 2-10 years of age. Vaccine 2010; 28: 657-63
(23)
CDC. Recommendation of the Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) for use of
quadrivalent meningococcal conjugate vaccine (MenACWY-D) among children aged 9 through 23
months at increased risk for invasive meningococcal disease. MMWR 2011; 60 (40): 1391-2
(24)
American Academy of Pediatrics. Meningococcal conjugate vaccines policy update: booster dose
recommendations. Pediatrics 2011; 128 (6): 1212-9
(25)
ACIP. Licensure of meningococcal conjugate vaccine for children aged 2 through 10 years and update
booster dose guidance for adolescents and other persons at increased risk for meningococcal disease.
MMWR 2011; 60 (30): 1018-9
(26)
MMWR. Licensure of a meningococcal conjugate vaccine (Menveo) and guidance for use- Advisory
Committee on Immunization Practices (ACIP) 2010. MMWR 2010; 59 (9): 273
(27)
Bröker M, Cooper B, De Tora LM, Stoddard JJ. Critical appraisal of a quadrivalent CRM197
conjugate vaccine against meningococcal serogroup A, C, W-135 and Y (Menveo) in the context of
treatment and prevention of invasive disease. Infection and drug resistance 2011; 4: 137-47
(28)
Bröker M, Dull PM, Rappuoli R, Costantino P. Chemistry of a new investigational quadrivalent
meningococcal conjugate vaccine that is immunogenic at all ages. Vaccine 2009; 27: 5574-80
(29)
LaForce FM, Konde K, Viviani S, Préziosi MP. The meningitis vaccine project. Vaccine 2007; 25S:
A97-100
(30)
Panatto A, Amicizia D, Lai PL, Gasparini R. Neisseria meningitidis B vaccines. Expert Rev
Vaccines 2011; 10 (9): 1337-51
(31)
Gossger N, Snape MD, Yu LM, et al. Immunogenicity and tolerability of recombinant serogroup B
meningococcal vaccine administer with or without routine infant vaccinations according to different
immunization schedules. JAMA 2012; 307 (6): 573-82
(32)
Santolaya ME, O’Ryan ML, Valenzuela MT, et al. Immunogenicity and tolerability of a
multicomponent meningococcal serogroup B (4CMenB) vaccine in healthy adolescents in Chile: a phase
2b/3 randomised, observed-blind, placebo-controlled study. Lancet 2012; 379: 617-24
(33)
ECDC. Reporting on 2009 surveillance data and 2010 epidemic intelligence data. Annual epidemiological
report 2011; 1111: 155-7 http://ecdc.europa.eu/en/publications/Publications/1111_SUR_Annual_
Epidemiological_Report_on_Communicable_Diseases_in_Europe.pdf
(34)
Istituto Superiore di Sanità. Dati di sorveglianza delle malattie batteriche invasive aggiornati al 30
settembre 2011. http://www.simi.iss.it/files/Report_MBI.pdf
(35)
Alfonsi V, D’Ancona F, Giambi C et al. Current immunization policies for pneumococcal, meningococcal
C, varicella and rotavirus vaccinations in Italy. Health Policy 2011; 103: 176-83
(36)
Piano Nazionale Vaccini 2005-2007. http://www.salute.gov.it/imgs/C_ 17_ pubblicazioni_
543_allegato.pdf.
(19)
Referente:
Prof. Elisabetta Franco
Dipartimento di Sanità Pubblica, Università degli Studi di Roma - Tor Vergata
Via Montpellier, 1 - Roma
Tel. 06 72596122 - Fax 06 2025285
[email protected]
104 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Politiche vaccinali
NEISSERIA MENINGITIDIS: NUOVI VACCINI E STRATEGIE PREVENTIVE
Atti del Workshop
La qualità dell’aria indoor nelle scuole:
rischi per malattie respiratorie e allergiche
Quadro conoscitivo della situazione italiana
e strategie di prevenzione
Ministero della Salute
Direzione Generale della Prevenzione, Roma
15 Dicembre 2011, ore 10.00
Igiene e Sanità Pubblica - Atti
Politiche
del Workshop
vaccinali
LXVIII.1.2012 • 105
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
Presentazione
A cura di Annamaria de Martino
Ministero della Salute, DGPREV, Ufficio II, Roma
Le problematiche relative all’inquinamento degli ambienti scolastici meritano
un’attenzione particolare. Nei Paesi Europei i bambini ed i giovani trascorrono
in classe circa un terzo della loro giornata. Le scuole primarie e secondarie
nella Comunità Europea annoverano circa 71 milioni di studenti e quasi 4.5
milioni di insegnanti, che rappresentano circa il 20% della popolazione totale.
La scadente qualità dell’aria nelle scuole può determinare seri problemi
sanitari tra i bambini che, come è noto, sono più sensibili degli adulti alle
conseguenze dell’inquinamento. Alcuni studi condotti in nord-Europa hanno
dimostrato che l’asma corrente in bambini ed adolescenti risulta positivamente
associata a numerosi fattori presenti nell’ambiente scolastico, fra cui l’umidità,
i composti organici volatili (VOCs), la formaldeide, gli allergeni ed i batteri.
Gli studi hanno evidenziato anche che una cattiva qualità dell’aria e condizioni
microclimatiche non ottimali possono influenzare negativamente la
performance del lavoro scolastico degli studenti.
Per questo motivo la qualità dell’aria nelle scuole è un problema molto
importante per la sanità pubblica e richiede risposte politiche urgenti e
concrete, volte a realizzare tutti gli interventi necessari a garantire ambienti
scolatici sani e sicuri, rispondenti alle specifiche esigenze degli studenti ed
in modo particolare dei bambini con asma, allergia, malattie respiratorie e
altre patologie croniche. La realizzazione di questi interventi non è sotto il
controllo di un unico settore, ma è necessario il coinvolgimento di diversi
settori anche non sanitari, come l’industria privata, la società civile e le
comunità ed è indispensabile la partecipazione coordinata di istituzioni non
sanitarie: dall’ambiente all’istruzione e la ricerca, dai trasporti alle attività
produttive etc., che devono collaborare con l’istituzione sanitaria realizzando
l’approccio globale della “salute in tutte le politiche”.
Al fine di sviluppare un approccio globale per la sorveglianza, la diagnosi,
la prevenzione ed il controllo delle malattie respiratorie croniche, il Ministero
della Salute è entrato a far parte della GARD internazionale (International
Global Alliance Against Cronic Respratory Disease), un’alleanza promossa
dall’OMS, comprendente organizzazioni, istituzioni ed agenzie che lavorano
per il comune obiettivo di migliorare la salute respiratoria globale. Nell’ambito
della GARD italiana, costituitasi a giugno del 2009, è stato istituito il Gruppo
di lavoro ad hoc “per la prevenzione indoor nelle scuole”, con il compito
specifico di facilitare l’attuazione dell’Accordo Stato Regioni del 18 novembre
106 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
2010 recante “Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di
rischio indoor per allergie ed asma”.
Lo scopo di questo Workshop, organizzato dal Ministero della Salute con
la collaborazione della GARD I, è quello di fornire un quadro conoscitivo
sulla situazione italiana in merito alla qualità dell’aria nelle scuole ed i relativi
rischi per la salute respiratoria degli studenti. Sulla base dell’analisi di contesto
e delle evidenze scientifiche raccolte dal Gruppo GARD “per la prevenzione
indoor nelle scuole”, sono delineate le principali aree di criticità su cui
intervenire e le possibili strategie sostenibili, volte a minimizzare le esposizioni
indoor nelle scuole e ridurre l’impatto delle malattie respiratorie, asma e
allergie nell’infanzia.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 107
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
Relazione di apertura
Luciana Indinnimeo1 Giovanni Cavagni2
1
2
Presidente SIAIP (Società italiana Allergologia e Immunologia Pediatrica),
Dipartimento di Pediatria e NPI, Università di Roma “Sapienza”
Responsabile del Centro Allergologico Europeo, Parma
Nell’ultimo ventennio è considerevolmente aumentata la prevalenza delle
malattie allergiche, le cui cause sono oggetto di ampio dibattito. Nonostante
l’importanza del ruolo dei fattori genetici nello sviluppo delle allergie, questo
aumento è troppo rapido per essere attribuito a modificazioni genetiche
intercorse nelle popolazioni.
Le malattie allergiche come la rinite e l’asma sono un problema sanitario
molto diffuso. Sono frequentissime in tutto il mondo e registrano un
incremento specialmente in età pediatrica. L’asma bronchiale è una delle
malattie croniche più fre-quente nei bambini; come pure l’allergia alimentare
è peculiare dell’età infantile. Il 10% dei bambini in Italia soffre di asma
bronchiale; il 20% di rinite allergica anticamera dell’asma. Il 33% è a rischio
di soffrire di una malattia allergica entro l’età adolescenziale. Alcuni
ritengono che questi valori siano sottostimati, in quanto molti pazienti finché
i sintomi non sono molto fastidiosi non si rivolgono al medico, anche se
influiscono notevolmente sulla vita sociale, sulle prestazioni scolastiche e
lavorative degli stessi. Nella loro valutazione epidemiologica, va tenuta in
considerazione la possibile associazione con altri disturbi come sinusite,
otite media e poliposi nasale.
È ancora in discussione il ruolo dell’esposizione ad allergeni ambientali
nei primi anni di vita nell’indurre lo sviluppo di asma bronchiale, dato che
gli studi condotti hanno prodotto dati controversi. In ogni caso, dato che
l’aumento di prevalenza delle patologie allergiche appare rilevante
soprattutto nei bambini e negli adolescenti, vi è un generale consenso
che, anche se ancora completamente da chiarire nei loro dettagli, le
condizioni ambientali sia nell’età intrauterina sia nei primi anni di vita, siano
cruciali per l’orientamento del sistema immunitario verso una eventuale
risposta di tipo allergico. In particolare, sembra emergere in maniera sempre
più chiara che l’assetto di determinati elementi (come alcune
sottopopolazioni di linfociti) del sistema immunitario avrebbe alla nascita
un orientamento favorente lo sviluppo di uno stato allergico. La presenza di
una normale carica microbica ambientale sarebbe, viceversa, in grado di
orientare il sistema immunitario in maniera corretta, con caratteristiche
108 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
spiccatamente di tipo protettivo.
Dati sperimentali suggeriscono che l’infezione da virus dell’epatite A può
influire in senso protettivo nei confronti delle allergie; che le allergie sono
inversamente proporzionali all’acquisizione di infezioni a trasmissione
alimentare ed orofecale; che le allergie sono infrequenti tra i bambini che
crescono nelle fattorie di campagna; che l’ingestione di latte contaminato,
l’esposizione ad animali ed al loro letame sono fattori di protezione;
l’esposizione ad elevate concentrazioni di endotossina è associata a
risposte di tipo protettivo ed a minore frequenza di allergie respiratorie.
Il ruolo effettivo dei inquinanti dell’ambiente esterno (“outdoor”) nella
patogenesi delle malattie allergiche resta tuttora incerto, mentre esistono
numerosi studi che dimostrano gli effetti nocivi sull’apparato respiratorio di
un’esposizione a breve e/o a lungo termine a contaminanti ambientali. Tra
questi, una correlazione particolarmente evidente è stata dimostrata per
l’ozono e i microparticolati dei motori diesel, che possono anche esercitare
effetti immunobiologici, con attività adiuvante sulla produzione degli anticorpi
specifici dell’allergia (IgE specifiche) e potenziare l’allergenicità nei confronti
dei pollini. Per quanto riguarda gli inquinanti domestici (“indoor”), il fumo di
tabacco risulta ovviamente dannoso per l’albero respiratorio del bambino,
particolarmente durante la crescita e lo sviluppo, comportando un aumento
della patologia delle basse vie aeree, della prevalenza di asma e un
peggioramento della stessa. Il fumo inoltre può facilitare la sensibilizzazione
allergica anche durante la gravidanza.
Si può concludere che il fumo di sigaretta, l’inquinamento da traffico veicolare
specie da gasolio e le alte concentrazioni di ozono favoriscono la comparsa
di allergie; il particolato (PM10) e le esalazioni particolarmente irritanti
possono aggravare l’infiammazione bronchiale quando questa è già in atto.
A queste osservazioni gli organismi istituzionali, come il Ministero della
Salute italiano e gli analoghi internazionali, non hanno mancato di porgere
la loro attenzione.
Straordinaria importanza va data a due iniziative internazionali sviluppate
dall’OMS:
• la “Global Alliance against Chronic Respiratory Diseases” (GARD),
un’alleanza volontaria, nazionale ed internazionale, comprendente
organizzazioni, istituzioni ed agenzie che lavorano per il comune obiettivo
di migliorare la salute respiratoria della popolazione mondiale attraverso
un approccio globale che affronti in maniera integrata: la sorveglianza,
la diagnosi, la prevenzione ed il controllo delle malattie respiratorie
croniche;
• la V Conferenza paneuropea “Ambiente e Salute”(Parma 10-12 marzo
2010), dove i Ministri della Salute e dell’Ambiente dei 52 Paesi dell’OMS/
Euro, hanno sottoscritto la Dichiarazione di Parma che si è conclusa
con la determinazione a promuovere una strategia integrata per l’ambiente
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 109
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
e la salute volta a contrastare efficacemente le malattie causate dai
fattori ambientali tra cui le malattie allergiche; tra le priorità indicate
nella Dichiarazione c’è quella di garantire a tutti bambini, in particolare
quelli allergici e asmatici la possibilità di vivere, studiare e giocare in
ambienti indoor salubri e privi di rischi per la loro salute.
La SIAIP, come Società scientifica che tra le sue finalità ha quella di favorire
la prevenzione e la migliore assistenza al bambino con patologia allergoimmunologica, ha quindi aderito sin dalla sua costituzione al progetto Global
Alliance Against Chronic Respiratory Diseases (GARD) in ambito nazionale
(GARD Italia).
Tale adesione si collega alla lunga collaborazione con Federasma, la
federazione delle Associazioni dei pazienti asmatici ed allergici, che
recentemente si è concretizzata con le raccomandazioni sulla tutela del
bambino allergico a scuola, con una documentazione utile a mettere
ordine in un settore dove mancavano documenti nazionali di riferimento
specialmente nell’ambito della scuola. È stata quindi una scelta quasi
obbligata all’interno di GARD-Italia affidare alla SIAIP, insieme al Ministero
della Salute, la conduzione del progetto n.1: “Programma di prevenzione
per le scuole dei rischi indoor per malattie respiratorie e allergiche”.
In questo ambito la SIAIP è fortemente interessata:
- a diffondere le linee guida per migliorare la qualità dell’aria indoor (IAQ);
- a progettare campagne di informazione ed educazione sanitaria rivolte
agli studenti, alle famiglie e a tutto il personale scolastico per favorire
l’adozione di comportamenti in grado di contrastare l’insorgenza di
patologie croniche nell’infanzia, in particolare: malattie respiratorie,
allergie, asma;
- a definire protocolli operativi di intervento per prevenire e gestire reazioni
allergiche gravi durante l’orario scolastico.
In sintesi quindi la SiAIP in seno al GARD Italia è impegnata a promuovere
qualsiasi iniziativa rivolta alla prevenzione primaria e secondaria delle malattie
respiratorie ed allergiche allo scopo di ridurre la concentrazione ambientale
di inquinanti e di allergeni indoor.
110 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
La IAQ nelle scuole
La cornice istituzionale di riferimento
Annamaria de Martino
Dirigente Medico, Ministero della Salute, Direzione Generale della Prevenzione, Roma
Troppe persone nel mondo soffrono o muoiono a causa di malattie croniche
come cardiopatie, ictus, cancro, malattie respiratorie e diabete.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato nel 2005 il
rapporto”Preventing chronic diseases: a vital investiment”, con il quale lancia
l’allarme: nel 2005 sono morte quasi 60 milioni di persone e circa 35 milioni
di queste morti sono attribuibili a malattie croniche; nei prossimi dieci anni
le vittime aumenteranno ancora del 17%.
L’OMS evidenzia che alla base dell’aumento della prevalenza delle patologie
croniche, non c’è solo l’invecchiamento progressivo della popolazione, ma
entrano in gioco fattori di rischio modificabili, legati agli stili di vita, a
determinanti sociali e ambientali e a disuguaglianze socioeconomiche.
Queste patologie sono particolarmente diffuse nell’infanzia.
Alcune indagini condotte in ambito comunitario dimostrano che in Europa
quasi una patologia su tre, tra la nascita ed i 19 anni, può essere attribuita
a fattori ambientali; oltre il 40% di tale morbosità interessa i bambini di età
inferiore ai 5 anni. Le principali malattie che colpiscono i bambini europei
sono legate all’inquinamento dell’ambiente, come le malattie respiratorie,
l’asma, le allergie, i disturbi dello sviluppo neurologico, il cancro e le
alterazioni del sistema endocrino.
Al fine di controllare l’incremento delle patologie croniche nell’infanzia, la
Commissione europea nel 2003 ha varato la “Strategia Europea Ambiente
e la Salute”, nota anche come iniziativa SCALE (Science, Children,
Awareness, Legal instrument, Evaluation), che incentra l’attenzione sulla
necessità di proteggere la salute dei gruppi più vulnerabili della società,
approfondendo i collegamenti fra problematiche ambientali e salute. In
particolare tale strategia focalizza l’attenzione sulla qualità dell’aria negli
ambienti confinati, dove i bambini trascorrono la maggior parte del loro
tempo: abitazioni, scuole e asili nido.
La strategia SCALE sta a indicare un approccio generale e di lungo
termine basato sulla scienza (Science), incentrato sui bambini (Children),
fondato sulla sensibilizzazione (Awareness), sugli strumenti giuridici (Legal
instruments) e sulla valutazione (Evaluation), costante e continua, per
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 111
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
verificare l’efficacia delle azioni messe in campo e il rapporto costi-benefici
in termini di riduzione dei problemi di salute connessi all’ambiente. La
strategia europea per l’ambiente e la salute si è concretizzata nell’Action
Plan for Environment and Health 2004-2010, che rappresenta il contributo
della Commissione Europea alla IV Conferenza interministeriale Ambiente
e Salute dell’OMS Regione Europa (Budapest 2004).
Una ulteriore conferma dell’importanza della qualità dell’aria indoor per la
salute dei bambini arriva dalla V Conferenza paneuropea “Ambiente e
Salute”(Parma 10-12 marzo 2010), dove i Ministri della Salute e dell’Ambiente
dei 53 Paesi dell’OMS/Euro, con la sottoscrizione della Dichiarazione di
Parma, si sono impegnati a promuovere politiche intersettoriali, finalizzate a
garantire a tutti i bambini della Regione Europa di vivere e studiare in ambienti
sani e sicuri.
Nel nostro Paese, indagini recenti dell’ISTAT sulla diffusione delle
cronicità per classi di età, confermano che anche nel nostro Paese la
cronicità non è solo un problema della Terza Età. In realtà ne soffrono 7,6
milioni di italiani tra i 6 e i 44 anni e di questi 2 milioni figurano nella
fascia di età i 6 e i 24 anni. L’asma assieme all’obesità è la malattia
cronica più frequente in età pediatrica. È noto che entrambe queste
patologie sono correlate a determinanti ambientali.
A livello nazionale sono state intraprese numerose iniziative per promuovere
la prevenzione primaria delle malattie respiratorie e allergiche, specialmente
nell’infanzia e per garantire ai bambini il diritto di respirare aria pulita negli
ambienti in cui vivono, giocano o studiano.
Nel 1999 la “Commissione indoor” del Ministero della Salute, istituita
con DM 8 aprile 1998, ha condotto un’indagine nazionale sui rischi per la
salute correlati all’inquinamento indoor e definito le linee di indirizzo per
la realizzazione di un programma nazionale per la prevenzione delle
principali malattie correlate all’inquinamento degli ambienti confinati.
Dall’attività della Commissione sono derivati importanti provvedimenti, tra
cui si ricordano:
l’Accordo Stato-Regioni del 27.9.2001 recante: “Linee guida per la tutela e
la promozione della salute negli ambienti confinati” (G.U. del 27 novembre
2001, n. 276 S.G., S.O. n. 252) e l’Accordo Stato-Regioni del 18 novembre
2010, recante “Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di
rischio indoor per allergie ed asma” (G U del 13 gennaio 2011, n. 9 S.G.). In
quest’ultimo provvedimento si delinea un programma integrato di interventi
da realizzare nelle scuole, per limitare il contatto degli studenti con i fattori
di rischio indoor maggiormente implicati nell’induzione e aggravamento
dell’asma e delle allergie.
Sono indicate azioni intersettoriali e multidisciplinari che ricadono nei settori
della prevenzione sanitaria e ambientale, comunicazione, educazione,
istruzione e ricerca, seguendo l’approccio globale della “salute in tutte le
politiche”.
112 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
In particolare il programma di prevenzione indoor nelle scuole si prone le
seguenti linee di azione:
1. Individuazione e valutazione dei fattori di rischio per asma e allergia
presenti negli ambienti scolastici.
2. Definizione e attuazione di interventi generalizzati e, ove necessari,
interventi mirati, volti a ridurre l’esposizione della popolazione scolastica
ad allergeni.
3. Definizione di linee guida per migliorare la qualità dell’aria indoor (IAQ).
4. Collegamento con analoghe iniziative sviluppate a livello nazionale e
locale per lotta al fumo attivo e passivo.
5. Applicazione di strumenti di controllo per garantire l’applicazione ed il
rispetto della normativa vigente (es. Leggi sul Divieto di fumo, Igiene e
sicurezza nei luoghi di lavoro, etc).
6. Definizione di raccomandazioni, protocolli operativi per la corretta pulizia
e manutenzione degli ambienti scolastici, compresi gli spazi esterni.
7. Aggiornamento e revisione dell’attuale legislazione edilizia per il
risanamento degli edifici scolastici esistenti e la progettazione/
costruzione di edifici nuovi.
8. Definizione di raccomandazioni per la progettazione e manutenzione
del verde scolastico.
9. Definizione di raccomandazioni e protocolli operativi per migliorare la
qualità e la sicurezza dei pasti erogati nelle scuole.
10. Definizione e promozione di campagne di informazione ed educazione
sanitaria rivolte agli studenti, alle famiglie e a tutto il personale scolastico
per favorire l’adozione di comportamenti in grado di contrastare
l’insorgenza di patologie croniche nell’infanzia, in particolare: malattie
respiratorie, allergie, asma, obesità.
11. Promozione di sinergie tra istituzioni sanitaria, scolastica e altre istituzioni
e con le regioni e gli Enti locali, nella prospettiva dell’affermazione di una
“cultura della sicurezza e della salute”, individuando la scuola come sede
primaria, istituzionale e strategica per la diffusione di tale cultura anche
attraverso l’introduzione nei programmi di studio degli argomenti relativi
ai temi della prevenzione sanitaria e ambientale.
12. Promozione di studi epidemiologici e progetti di ricerca specifici
nell’ambito della prevenzione delle malattie allergiche e l’asma
Per facilitare l’attuazione del programma il Ministero ha promosso la
costituzione nell’ambito della GARD Italiana1 del “Gruppo di lavoro per la
prevenzione indoor nelle scuole”, composto da esperti in diverse discipline,
1
Per contrastare le malattie respiratorie croniche, il Ministero della Salute, nel giugno
2009, è entrato a far parte della GARD internazionale (International Global Alliance
Against Cronic Respratory Disease), un’alleanza promossa dall’OMS, comprendente organizzazioni, istituzioni ed agenzie che lavorano per il comune obiettivo di migliorare la
salute respiratoria globale.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 113
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
da rappresentanti di comuni e regioni e da esperti della Commissione
Europea (Institute for Health and Consumer Protection European
Commission-Joint Research Centre).
L’attività del Gruppo Gard si collega e si coordina con analoghe iniziative
europee e nazionali ed in particolare con:
1. il progetto europeo “SINPHONIE” (Schools Indoor Pollution and Health:
Observatory Network in Europe2), che include un totale di 38 Istituti per
l’ambiente e la salute da 25 Paesi, che lavorano per ridurre e prevenire
le malattie respiratorie causate dall’inquinamento dell’aria outdoor e
indoor. Con il suo speciale focus sulle scuole e le strutture per l’infanzia,
il progetto SINPHONIE ha lo scopo di definire raccomandazioni per le
politiche delle misure di recupero dell’ambiente scolastico.
2. il progetto nazionale finanziato dal Ministero della Salute e Centro per la
Prevenzione e Controllo delle Malattie (CCM): “Esposizione ad inquinanti
indoor: linee guida per la valutazione dei fattori di rischio in ambiente
scolastico e definizione delle misure per la tutela della salute respiratoria
degli scolari e degli adolescenti”(Indoor-School), coordinato dall’Istituto
Superiore di Sanità, che include nello studio le scuole di 7 Regioni italiane
(Lombardia, Friuli, Toscana, Lazio, Puglia, Sardegna, Sicilia).
3. i progetti regionali sviluppati nell’ambito del nuovo Piano Nazionale della
Prevenzione 2010-2012 varato con l’intesa Stato Regioni del 29 aprile
20103, che tra le linee centrali include linee strategiche mirate a migliorare
i requisiti igienici di qualità dell’aria indoor nelle scuole e negli altri ambienti
frequentati dai bambini.
Bibliografia essenziale
1.
Mark J. Mendell, PhD, MPH, Improving the Health of Workers in Indoor Environments:
Priority Research Needs for a National Occupational Research Agenda American
Journal of Public Health September 2002 http://ajph.aphapublications.org/doi/abs/
10.2105/AJPH.92.9.1430
2.
Fisk WJ. 2000. Estimates of potential nationwide productivity and health benefits
from better indoor environments: an update. In: Indoor Air Quality Handbook, Spengler
J, Samet JM, McCarthy JF, eds. New York: McGraw-Hill. pp 4.1-4.36.
3.
http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0006/78639/E83338.pdf
4.
Official Gazette of November 27, 2001, SG No. 276, SO No. 252
5.
Official Gazette of Jenuary 13,2001, SG n 9
6.
http://www.salute.gov.it/stiliVita/stiliVita.jsp
7.
http://www.ccm-network.it
8.
http://www.salute.gov.it/gard/gard.jsp
2
3
Il progetto rientra nel piano d’azione europeo su Ambiente e Salute 2004-2012
Con la quale le Regioni e le Province autonome hanno destinato, analogamente al 2005,
200 milioni di euro per la completa attuazione del Piano di prevenzione per il triennio
2010-2012.
114 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
Situazione dell’igiene edilizia e ambientale
nelle strutture scolastiche dell’infanzia
e dell’obbligo, in Italia
Umberto Moscato
Istituto di Igiene – Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Roma
L’esposizione a potenziali fonti di rischio per patologie multifattoriali, tra
cui le respiratorie e le allergiche, la cui evoluzione è di tipo generalmente
cronico-degenerativo, è tanto più grave quanto maggiore è la suscettibilità e
l’”immaturità” dei sistemi di difesa attiva e passiva degli organismi esposti.
In tale ottica, l’esposizione nella scuola dell’obbligo di bambini in età infantile
e/o adolescenziale ad inquinanti chimici, fisici e biologici risulta essere uno
dei maggiori responsabili delle patologie cronico-degenerative che
potenzialmente potranno svilupparsi lungo la vita dell’individuo, anche in tarda
età. Poiché la maggior parte delle attività scolastiche si svolgono in ambienti
chiusi per circa il 92.5% del tempo giornaliero, grande importanza è
rappresentata dalla qualità dell’aria “indoor” , influenzata da fattori diversi ed,
appunto, molteplici: la qualità dell’aria esterna, la configurazione strutturale
dell’edificio, la presenza di fonti di inquinamento interne, le attività che si
svolgono nei diversi ambienti (ad esempio attività di laboratorio od artistiche,
ecc..), le fonti di emissione specifiche (ad esempio colle usate per mobili o
vernici, ovvero le emissioni da stampanti, fotocopiatrici, ecc…). Nessuno,
ancora oggi conosce esattamente l’estensione del problema, stimandosi
globalmente che il 10-30% dei nuovi edifici scolastici nel mondo occidentale
ed industrializzato soffra di qualche problema (OMS, 2010), ad esempio: il
tasso di ventilazione e ricambi d’aria è basso (circa 0.5 ricambi aria/ora su
medie nazionali); la temperatura dell’aria interna è generalmente aumentata
di circa 1.3°C negli ultimi dieci anni (si considerino le conseguenze sull’Effetto
Serra); è stato riscontrato un aumento medio del 22.6% di allergie correlabili
ad allergeni da interno; campioni di popolazione, in differenti studi e nazioni,
indicano un livello medio di circa il 28-36% di studenti/docenti che definiscono
non confortevole l’ambiente scolastico.
Per iniziare a comprendere al meglio le implicazioni igienico-sanitarie che
l’edilizia e l’ambiente possono avere nell’ambito scolastico, bisognerebbe
considerare che in passato i materiali utilizzati per l’edilizia civile, così come
quella scolastica, erano pochi e di essi si aveva una lunga esperienza, così
che sebbene non fossero tecnologicamente avanzati, tanto che i problemi
erano legati al mantenimento della temperatura ambientale e del grado di
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 115
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
umidità relativa ottimale, ma anche alla fornitura di acqua ed ai rifiuti che ne
derivavano, i suddetti materiali avevano come tali uno scarso impatto sulle
persone da un punto di vista chimico e fisico. Nel presente, altresì, i nuovi
materiali, proprio perché tecnologicamente avanzati, pur rispondendo ai bisogni
che i vecchi materiali non riuscivano a sostenere quanto ad abitabilità degli
edifici, sono spesso sintetici ed insufficientemente sperimentati dal punto di
vista di impatto sulla persona e sull’ambiente, evidenziando, insieme alle scelte
progettuali e costruttive, problemi negli edifici legati alle molteplici sostanze,
non conosciute e/o sperimentate, utilizzate/od all’incorretto utilizzo di esse.
Nel mondo occidentale, e specialmente in Italia, per altro, a partire dagli
anni ’50 od, ancor meglio, ’60, si è iniziato ad osservare fenomeni di crescita
demografica e sviluppo industriale ed urbano in tempi rapidi, in funzione
della ripresa economica successiva agli eventi bellici della II Guerra Mondiale.
L’impulso edilizio fu così rapido e “caotico”, che le vecchie tecnologie e
strutture edilizie non erano più sufficienti a soddisfare i bisogni della
popolazione nell’ambito dell’istruzione così che il patrimonio scolastico
divenne repentinamente obsoleto e vetusto, e necessitante di sollecite
implementazioni. Ciò anche in forza delle nuove esigenze energetiche che
si svilupperanno negli anni ’70 (crisi energetica, necessità di risparmio
energetico e risposta architettonica attraverso l’aumento della coibenza
termica degli edifici, problema che, in qualche modo, si sta ripresentando
oggi dal punto di vista del rendimento energetico….) e che porteranno a
ridurre i volumi dei vani, a ridurre il grado di ventilazione naturale degli edifici
e, conseguentemente, i ricambi d’aria, condizione che, associata all’impiego
di materiali nuovi, non sperimentati nel conseguente impatto sulla salute e
sull’ambiente (si pensi solo ai coibentanti termici ed idrici quali l’amianto, le
fibre di vetro, ecc..) possono spiegare, in buona parte, i fenomeni di aumento
delle patologie respiratorie ed allergiche, tra le altre.
Le principali sorgenti interne d’inquinamento, facendo salvo l’impatto
derivante da allergeni ed inquinanti derivanti dall’aria “outdoor” sono
rappresentate, nelle scuole, dai materiali usati per le attività artistiche e di
laboratorio, dagli impianti (riscaldamento e raffrescamento), dalle stampanti
e fotocopiatrici, dai materiali da costruzione e di arredamento, dall’igiene
ambientale dell’edificio (configurazione), dai prodotti di pulizia e di
deodorazione utilizzati, dagli occupanti e dal loro grado di igiene. L’importanza
relativa della singola fonte di inquinamento negli edifici dipende dalla
pericolosità e dal grado di tossicità/nocività e/o mutagenicità che le sostanze
emesse possiedono, dalla quantità di inquinante che essa emette e dal
tempo di emissione nonché di esposizione delle persone (ad esempio di
tipo continuo, discontinuo, episodico, ecc..), naturalmente dalla suscettibilità
individuale, che nei bambini più che i docenti nella scuola dell’obbligo, è
sicuramente maggiore che negli adulti, ed, infine, dalle azioni di prevenzione
poste in essere. Altresì, la salubrità dell’edificio scolastico, può dipendere
da altrettanti differenti fattori quali la sua localizzazione, la posizione
altimetrica, il grado di inurbazione, la presenza di verde, la distanza da centri
116 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
industriali e/o artigiani e/o discariche, la sua configurazione in relazione al
clima (aperture, soleggiamento, ventilazione..), il livello di vetustà, lo stato
della manutenzione, i materiali da costruzione, di finitura, per la posa e di
arredo ed attività utilizzati, così come per la pulizia/manutenzione.
Inoltre, bisogna tenere conto, per quanto riguarda l’impiego di materiali in
edilizia, gli aspetti legati alle molteplici ragioni per cui i materiali rilasciano
in ambiente sostanze chimiche anche allergeniche: difetti di fabbricazione;
conservazione in locali inadeguati od a rischio di contaminazione prima della
posa; trasporto errato od inadeguato; miscelazione incongrua durante
l’impiego per la costruzione; uso incorretto; utilizzo operativo in condizioni
non adeguate a quanto previsto nei test di certificazione del materiale da
parte del produttore; manutenzione e/o demolizione e/o riciclaggio non
controllato.
Il patrimonio edilizio scolastico italiano appare oggi vetusto, obsoleto e
necessitante di urgente manutenzione, così come è derivabile da dati
istituzionali del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e da differenti
studi, tra cui l’XI Edizione Dossier Lega Ambiente “Ecosistema scuola 2011”:
su 42.000 edifici scolastici in Italia, sembrerebbe (la cautela è sempre
d’obbligo..) che la la metà sia ancora situata in aree a rischio sismico, solo
il 58% possieda il certificato di agibilità ed il 36% degli edifici sia in situazione
di emergenza edilizia-manutentiva. Si noti che non esiste una regione in
Italia che sia esente da questo problema, ed è interessante scoprirne le
motivazioni. In Italia, con la legge 17 del 26.01.1962 furono investiti circa 20
miliardi di lire in più, nell’edilizia scolastica, rispetto al precedente
stanziamento di 1.4 miliardi disposto con la legge 53 del 15.02.1961 (R.
Gulli, 2008). Un tale investimento, senza precedenti, doveva tendere a sanare
le insufficienti strutture scolastiche risalenti anche a prima del ‘900, rispetto
alle esigenze di una popolazione in rapido inurbamento e sviluppo
demografico. Con la disposizione dello stesso art. 3 della legge 17, che
autorizzò lo stanziamento di 100 milioni di lire destinati espressamente al
finanziamento di “studi di programmazione e razionalizzazione relativi
all’edilizia scolastica prefabbricata”, si ebbe un incremento dell’edilizia
scolastica prefabbricata ex-novo, ed un progetto di più grande respiro mirato
a soddisfare non solo le necessità contingenti (quale in particolare quella
del comune di Napoli oggetto di un capitolo specifico e riservato del
finanziamento), quanto quella nazionale, per sostituire la procedura di ampliare
i fabbricati esistenti, rispetto a costruire nuovi fabbricati. Le opere finanziate
dal Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto con i Lavori Pubblici,
furono consistenti: circa 339 edifici scolastici da realizzare in 35 province
italiane. Ma nella stessa legge ed articolo, si proponeva e richiedeva che
l’edilizia di sviluppo scolastico fosse innovativa, sia dal punto di vista
progettuale che realizzativa (nei materiali, ad esempio) tanto che gli appalti
furono vinti principalmente da chi proponeva sistemi innovativi in questo senso.
Ciò comportò, di naturale conseguenza, che non furono sviluppati sistemi
“modello” costruttivi, frammentando le necessità di manutenzione e ripristino
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 117
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
a livello locale e non globale (incremento di scala dei costi, aumento dei
tempi di realizzazione e/o ripristino, ecc..), inibendo, per i “tempi ristretti”, la
sperimentazione sulle configurazioni progettuali e dei materiali utilizzati,
spesso non attinenti con le esigenze igienico-sanitarie di un basso impatto
sulla salute di persone in età scolare o sull’ambiente. Pertanto a problemi o
fonti di esposizione conosciute, in particolare per patologie respiratorie e/o
allergiche, si sono sommate nuove sorgenti di rischio spesso misconosciute
e/o sottostimate. Per citare alcune associazioni tra matrici chimiche, fisiche
o biologiche alla genesi dei problemi, basti focalizzare l’attenzione su: gli
acari (presenti nella polvere in caso di scarsa pulizia e/o polverizzazione dei
materiali in presenza di umidità dell’aria bassa od alta (< 40% o >60%); i
miceti o le muffe (presenti nei materiali da costruzione imbibiti d’acqua,
negli impianti, intesi sia nei filtri che nelle condotte, o nelle acque infiltrate,
acque di condensa, vapor acqueo); i microrganismi (derivanti da soggetti
umani, da fonti idriche, da polveri e promossi dagli scarsi ricambi d’aria); gli
agenti chimici irritanti od iniziatori d’asma (presenti nei materiali e prodotti di
finitura, colle, vernici, prodotti per l’igiene e la didattica, ecc..). In particolare
sul versante chimico degli inquinanti nelle scuole, potenzialmente presenti
quali ipersensibilizzanti od induttori d’asma, oltre a ricordare gli Ftalati
(plastificanti nei prodotti di PVC, utilizzati nei “make-up” dei cosmetici, ecc..),
la Formaldeide (incollanti, prodotti di pulizia, materie plastiche, ecc..), le
Clorammine ed i Diisocianati (disinfettanti, schiume, smalti, vernici, ecc..),
gli Ossidi di zolfo, il Monossido di carbonio e l’Ozono, importanza notevole
hanno anche i Composti Organici Volatili (VOCs), il Particolato aerodisperso
e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici e le Fibre minerali disperse. Inoltre,
sempre più importanza va assumendo l’impatto derivante dall’utilizzo di
materiali che contengono sostanze ascrivibili agli EDs (Disruttori Endocrini),
che possono essere assunti per via alimentare, respiratoria e trans-dermica,
determinando: interazione ormonale agonista lipidica (steroidei) e/o
amminoacidica (tiroidei); metilazione del DNA (impatto epigenetico degli EDs);
stimolazione e/o inibizione dei meccanismi trascrizionali o post-trascrizionali
ai recettori estrogeni ed androgeni a livello di tutto l’asse ipotalamo-ipofisariogonadico (Wuttke et al., 2010). Tra questi sta assumendo sempre maggiore
importanza, per l’impatto sulla salute, oltre gli stessi ftalati prima citati, il
Bisfenolo A (BPA). Descritto nel 1891, simile al dietilstilbestrolo, teratogeno
nei modelli animali, è oggi usato quale legante per sostanze plastiche nelle
bottiglie (acque minerali, bibite, ecc..), contenitori plastici (biberon?!, ecc..) e
quale legante per resine epossidiche in arredi e supporti didattici (quaderni,
libri, banchi, ecc..). Con la temperatura può desorbirsi ed aerosolizzare,
promuovere l’esposizione degli occupanti l’ambiente tanto che nel 2003-2004,
nell’ambito del programma NHANES del CDC di Atlanta il bisfenolo A è stato
riscontrato nelle urine di più del 95% degli Statunitensi di età > 6 anni, con un
picco proprio nell’età infantile ed adoloscenziale (Robins et al., 2011).
La Prevenzione, sul versante progettuale, edilizio e dei materiali, dovrebbe
essere frutto, alla luce di quanto sinteticamente espresso, di una
118 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
programmazione integrata e multidisciplinare oltreché considerare tutti gli
aspetti della struttura edilizia e delle attività che vi sono destinate ad essere
svolte. Con ciò prevedendo sin dalla progettazione le differenti tipologie di
rischio, la gestione dell’edificio e dei materiali, la manutenzione e la formazione
tecnica di coloro che provvedono alla costruzione, messa in opera e
mantenimento in “standard” dell’edificio scolastico, ma anche degli utilizzatori
ultimi (docenti, studenti, ausiliari, genitori, ecc..), in modo che non siano alterate
le destinazioni d’uso o le funzioni previste per quegli ambienti. Si dovrebbe,
pertanto, passare ad un’architettura progettuale ed ad una realizzazione edilizia
a “basso impatto sulla salute (e sull’ambiente)”, in cui vi sia un “controllo di
qualità dinamico” costante delle condizioni di esercizio e funzionamento, in
modo da mirare alla realizzazione di strutture edilizie a condizioni “costeffectiveness” ottimali e che consentano scelte gestionali ed organizzative,
anche su scala nazionale, non più promosse “dall’urgenza della realizzazione”
quanto dalle priorità di scelta “programmata”. Altrimenti si osserverà sempre
un continuo rincorrersi delle “urgenze” determinando, quali scelte prioritarie,
non le necessità strategiche a livello nazionale e/o regionale, quanto il tamponare
situazioni di rischio grave ed immediato, precedentemente sottostimato. La
Prevenzione, pertanto anche in base alla realizzazione di linee guida e norme
tecniche, più che legislazioni immote e spesso obsolete già all’atto della
promulgazione, deve mutare da passiva o reattiva a “pro-attiva”. In ciò tenendo
conto della possibilità, sempre culturalmente difficile da modificare, di osare
oggi investimenti economici mirati (quindi anche apparentemente molto costosi)
per la Prevenzione pro-attiva, a fronte di un ritorno nel futuro che la popolazione
potrebbe avere nel senso della sicurezza per gli occupanti degli edifici scolastici
e della promozione di determinanti di salute nella popolazione stessa, in
particolare se si abbia in debita considerazione di quanto “costi” alla “salute
pubblica” (in senso economico, sanitario, etico e sociale) un intervento tardivo,
che edifici scolastici “insufficientemente progettati, costruiti od utilizzati”
possano determinare.
Bibliografia Breve
1.
Dossier WHO, Indoor and chemical risks. Geneve, 2010.
2.
Wolfgang Wuttke, Hubertus Jarry, Dana Seidlova-Wuttke. Definition, Classification And
Mechanism Of Action Of Endocrine Disrupting Chemicals. Hormones, 2010; 9 (1): 1-15.
3.
Jared C. Robins, Carmen J. Marsit, James F. Padbury and Surendra S. Sharma.
Endocrine Disruptors, Environmental Oxygen, Epigenetics And Pregnancy. Front Biosci
(Elite Ed), 2011; 3: 690–700.
4.
Tricia Groff. Bisphenol A: invisible pollution. Current Opinion in Pediatrics 2010, 22:524–529.
5.
Riccardo Gulli. L’edilizia scolastica prefabbricata in Italia. La sperimentazione degli
anni ’60. 4 marzo 2008, FileM 0681-0690.pdf.
6.
XI edizione del dossier di Legambiente. “Ecosistema scuola 2011”. http://www.
consorzioparsifal.it/ news/n6468_p1/legambiente-l-edilizia-scolastica-in-italia.html 2-122011, Roma.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 119
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
Analisi delle evidenze epidemiologiche sui
fattori di rischio indoor per malattie respiratorie
e allergiche nelle strutture scolastiche
Giovanni Viegi1, Stefania La Grutta1,2, Fabio Cibella1
1
2
Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare del Consiglio Nazionale delle
Ricerche, Palermo
Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, ARPA Sicilia
Il diritto a respirare aria sana nelle scuole è stato sancito già nell’anno 2001
in un documento dell’European Federation of Asthma and Allergy Associations
che ha evidenziato scarsa attenzione e assenza di direttive specifiche
dell’Unione Europea relativamente agli effetti sulla salute da inquinamento
dell’aria nelle scuole, ed è sostenuto dal numero enorme di bambini e ragazzi
che frequentano le aule scolastiche. Negli ultimi anni, a livello europeo si è
sviluppato un sempre crescente interesse nei confronti dell’effetto della qualità
dell’aria dell’indoor scolastico (IAQ) sulla salute dei ragazzi, e sono stati avviati
numerosi progetti di ricerca internazionali mirati, appunto, a determinare l’effetto
di una cattiva IAQ sulla salute. Il progetto THADE (Towards Healthy Air in
Dwellings in Europe), concluso nel 2006, ha prodotto raccomandazioni per un
programma europeo sulla qualità dell’aria negli ambienti confinati, tra le quali
il controllo della ventilazione e dell’umidità degli edifici per la prevenzione della
formazione di muffe. Lo studio HESE (Health Effects of School Environment)
ha raccolto per la prima volta nel 2004-2005 informazioni comparabili sulla
IAQ di aule in diversi Paesi europei (in Italia, 8 scuole a Siena ed 8 ad Udine)
e sulla salute respiratoria dei bambini (242 italiani), evidenziando una cattiva
IAQ nelle scuole italiane a causa dei livelli elevati di PM10 e CO2 essenzialmente
per l’assenza di un’adeguata ventilazione, e ne ha mostrato effetti sulla salute
respiratoria dei bambini. Lo studio HESEINT (Interventions on Health Effects
of School Environments), attualmente in corso, prosecuzione del precedente
HESE, intende contribuire alla tutela della salute dei bambini europei,
incrementando la consapevolezza delle autorità scolastiche per la IAQ con
interventi basati su prove scientifiche di efficacia. Lo studio EnVIE (European
Coordination Action for Indoor Air Quality and Health Effects), un’azione mirata
ad interfacciare scienza e politiche di intervento nel campo della IAQ, ha indicato
le principali patologie condizionate dall’esposizione a fattori di rischio indoor
proponendo strategie da adottare per ridurne l’impatto sulla salute. Lo studio
europeo SEARCH (School Environment And Respiratory health in CHildren),
che ha visto raccogliere, in Italia, misurazioni ambientali ed informazioni sulla
salute respiratoria in circa 1000 bambini di scuole in Lombardia, Piemonte,
120 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
Lazio, Sardegna e Sicilia, ha ulteriormente confermato la scarsa qualità dell’aria
all’interno delle aule. La prevenzione ed il controllo delle patologie correlate
agli ambienti indoor sono obiettivi prioritari della Strategia per l’ambiente e
salute dell’Unione Europea: l’iniziativa “SCALE” (Science, Children, Awareness,
Legal instrument, Evaluation) identifica come prioritaria, per lo sviluppo umano
ed economico, la protezione della salute dei bambini dalle minacce
dell’ambiente, compresi gli ambienti indoor. Tale strategia è stata anche
sviluppata nella recente Fifth Ministerial Conference on Environment and Health
organizzata dall’OMS - Regione Europea (Parma, marzo 2010). Tutto ciò ha
contribuito alla produzione, da parte dell’OMS, di linee guida per la prevenzione
di umidità e muffe negli ambienti indoor (2009) e, più in generale, sulla IAQ
(2010). A livello Italiano, un programma di prevenzione per gli ambienti indoor
è previsto nelle “Linee Guida per la tutela e la promozione della salute negli
ambienti confinati” (Accordo tra Ministro della Salute, Regioni e Province
autonome - G.U. del 27 novembre 2001, n.276, SO n. 252), mentre, dopo una
lunga gestazione nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, sulla GURI n. 9
del 13 gennaio 2011 è stato pubblicato lo “Schema di linee di indirizzo per la
prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per allergie e asma”.
Contestualmente, la componente italiana dell’Alleanza Globale contro le
Malattie Respiratorie croniche (GARD) ha istituito nel marzo 2010 un gruppo
di lavoro per definire un “Programma di prevenzione per le scuole dei rischi
indoor per malattie respiratorie e allergiche”. Sulla stesa linea si pone il
progetto paneuropeo “SINPHONIE” (Schools Indoor Pollution and Health:
Observatory Network in Europe), attualmente in corso, che dovrà produrre
linee guida sulle possibili misure di intervento per migliorare la qualità dell’IAQ
scolastica nei diversi contesti nazionali, diffondendole agli stakeholder locali.
Ancora, altro progetto sviluppato a livello internazionale nell’ambito del PO
Italia-Malta 2007-2013, è “RESPIRA” (Indoor and Outdoor Air Quality and
Respiratory Health in Malta and Sicily) mirato alla contemporanea valutazione
degli effetti dell’IAQ scolastica e domestica e della qualità dell’aria outdoor
su campioni di popolazione di Malta e della Provincia siciliana di Caltanissetta.
Tra le iniziative sviluppate a livello locale, vanno ricordati gli studi condotti
su un ampio campione di studenti di Scuola Secondaria di primo Grado tra
il 2005 e il 2009 a Palermo, che hanno fornito dati sull’effetto dell’indoor
domestico sulla salute respiratoria degli adolescenti.
Rimane però immutata la necessità di penetrare nelle dinamiche delle
politiche locali, al fine di far sì che, dalle dimostrazioni scientifiche degli
effetti nocivi sulla salute di una cattiva IAQ, si passi ai necessari interventi.
A tale riguardo, il progetto CCM 2010 “Indoor-School” (Esposizione ad
inquinanti indoor: linee guida per la valutazione dei fattori di rischio in ambiente
scolastico e definizione delle misure per la tutela della salute respiratoria
degli scolari e degli adolescenti), sviluppato in sette diverse Regioni italiane
è stato designare l’effetto sulla salute dei ragazzi e sull’IAQ delle scuole
dell’implementazione delle linee guida esistenti sull’indoor scolastico.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 121
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
Situazione dell’igiene edilizia e ambientale
nelle strutture scolastiche dell’infanzia
e dell’obbligo, in Italia
Adriana Baglioni
Dipartimento di Scienza e Tecnologia dell’Ambiente costruito
BEST, Politecnico di Milano
Le principali sorgenti interne di inquinamento, negli edifici scolastici, oltre
gli utenti, sono:
• i materiali usati per le attività artistiche e di laboratorio,
• gli impianti (riscaldamento e raffrescamento),
• stampanti e fotocopiatrici,
• i materiali da costruzione e di arredamento,
• la fisica ambientale e la configurazione dell’edificio (configurazione),
• i prodotti di pulizia,
che interagiscono col numero dei ricambi di aria (purtroppo spesso
insufficienti) e con la qualità dell’aria esterna (spesso compromessa dal
traffico automobilistico).
Anche circoscrivendo l’attenzione ai soli aspetti edilizi, si evidenzia un
quadro complesso, dinamico e interrelato nel quale le responsabilità inquinanti
sono suddivise tra due ampie categorie: quella dei materiali (di costruzione,
di finitura, di arredamento) e dei prodotti per la posa e la manutenzione e
quella della configurazione dell’edificio, con le caratteristiche dell’involucro e
col sistema degli impianti che ne determinano la fisica ambientale e quindi
le condizioni igrotermiche, l’umidità ambientale e l’umidità da condensa.
Semplificando molto il quadro, si può dire che a materiali e prodotti è spesso
ascrivibile l’inquinamento di tipo chimico, con emissioni di VOC, mentre agli
errori progettuali, alla configurazione globale e allo stato di conservazione
dell’edificio è ascrivibile l’inquinamento microbiologico.
Poiché il patrimonio edilizio scolastico italiano è vetusto e ha subìto limitati
interventi di manutenzione (oltre il 60% degli edifici sono costruiti prima del
1974; il 36,47% di edifici necessita di manutenzione urgente; solo il 68,81%
è dotato di certificato agibilità igienico – sanitaria), si può ritenere che
predomini l’inquinamento microbiologico (muffe, funghi, acari, batteri..).
L’inquinamento chimico, più che alla costruzione, è collegato alle attività
didattiche e ludiche (fotocopiatrici, colori, colle…), alle attività di pulizia
122 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
(disinfettanti, detergenti..), agli arredi e agli interventi di manutenzione ordinaria
(resine, vernici..).
Si rileva, positivamente, che è in crescita il numero di edifici costruiti secondo
criteri di bioedilizia: 0,39% nel 2010; 0,45% nel 2011 (Rapporto Legambiente
2011).
Tra gli inquinanti biologici, gli acari possono vivere e moltiplicarsi negli
ambienti scolastici dove abbondano le zone di difficile pulizia e i ricettacoli
di polvere (scaffali, libri, modanature, condotte irraggiungibili..). Gli acari sono
anche suscettibili ai parametri ambientali quali temperatura e umidità; infatti,
generalmente i sintomi dell’allergia agli acari si presentano nel periodo
invernale, quando i ricambi d’aria nelle scuole vengono drasticamente ridotti
e il microclima interno è caratterizzato da alte temperature e tenore di umidità
compatibile con la proliferazione di questi allergeni (> 50%).
L’umidità ambientale favorisce anche la crescita di funghi e muffe sulle
pareti, nei rifiuti organici (cibi delle mense), sugli impianti e sugli oggetti di
uso comune; questi microrganismi, unendosi alla polvere e alle sostanze di
scarto degli acari creano un insieme fortemente allergizzante. Inoltre, le
dimensioni infinitesimali delle spore consentono loro di penetrare in profondità
nell’apparato respiratorio.
Importante contributo alla proliferazione di funghi e muffe viene dato
dall’umidità presente nelle pareti.che dipende da:
• acque infiltrate (perdite, allagamenti)
• acque di condensa
• vapor acqueo.
La quantità di acqua necessaria per lo sviluppo di microrganismi dipende
dal tipo di questi e dal tipo di substrato.
In particolare, si sono riscontrate correlazioni tra alveolite allergica e funghi
provocati da umidità risalente da fondazioni. Sono stati evidenziati come
causa di questo disturbo anche gli Attinomiceti termofili derivati dalla
contaminazione di impianti di aria condizionata.
Sulle pareti umide si accumulano le particelle biologiche penetrate
nell’edificio che hanno il medesimo potenziale di aerosolizzazione delle polveri
di origine minerale, ma differiscono per la capacità di accrescersi sulle
superfici di impatto, se trovano le condizioni favorevoli (umidità e nutrimento).
Le muffe stagionali presenti nell’aria esterna, come Cladosporium e
Alternaria, che possono provocare l’asma, sono sempre presenti sulle
murature umide; altre tipiche muffe sono il Penicillium e l’Aspergillus.
La crescita microbiologica nei materiali da costruzione è generalmente
visibile a occhio nudo sotto forma di macchie nere o verdastre su pareti e
soffitto.
È causata dalla presenza di acqua (umidità), poiché le fonti di nutrimento
per i microrganismi sono comunque ubiquitarie: particelle esterne ed interne
di materiale organico, forfora, materiali da costruzione (specialmente quelli
naturali), colle (zuccheri), prodotti di legno (lignina), tessuti (cheratina della
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 123
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
lana, cellulosa da cotone e juta) e alcune plastiche, resine e altri leganti.
Se negli edifici sono presenti impianti di climatizzazione che adottano
filtraggio dell’aria, è particolarmente importante avere cura della manutenzione
dei filtri. Gli apparati di filtrazione dei diversi impianti per il trattamento dell’aria
costituiscono la barriera più efficace contro l’ingresso dei contaminanti esterni.
Però, proprio perché operano sugli inquinanti presenti nell’aria, questi stessi
sistemi possono diventare fonte di inquinamento a causa dei funghi trattenuti
sui filtri.
Le colonie di funghi evidenziate sui filtri interni appartengono in genere alle
seguenti specie, delle quali è conosciuto il potenziale allergico: Cladosporium
spec., Penicillium spec., Potrytis spec., Aspergillus spec., Fusarium spec.
(in ordine decrescente di presenza, dall’80% del Cladosporium all’1% del
Fusarium). Le griglie delle prese di aria esterna possono essere contaminate
da escrementi o penne di volatili che contengono funghi patogenici quali
Criptococcus neoformans. Spesso sono contaminate da Aspergillus
fumigatus.
La crescita microbiologica che si manifesta nel substrato dei materiali può
essere interrotta ed eliminata mediante lavaggio con candeggianti/disinfettanti
e tinteggiature.
In generale, le superfici non porose metalliche, di laminato o di gres
ceramico possono essere ripulite e riusate, infatti la concentrazione di muffe
su queste superfici può essere ridotta sotto livelli non rilevabili mediante
aspirazione e pulizia con strofinaccio imbevuto di candeggina.
Invece, se il fungo, per accrescersi, usa il materiale da costruzione e
l’elemento viene trattato più raramente è necessario rimuovere l’intero
manufatto o procedere a una consistente abrasione come avviene per i
materiali lapidei o gli intonaci. I materiali isolanti, sebbene non visibilmente
affetti, possono nascondere muffe presumibilmente formatesi per condensa
e riconoscibili dall’odore..
All’atto della rimozione dei materiali contaminati (tessuti, rivestimenti, lastre
di gesso, laterizi..) è necessario tenere conto dell’enorme potenziale di
dispersione nell’aria delle spore (fino a 107 UFC/m3 di aria) pertanto è
opportuno adottare protezioni di confinamento delle zone sottoposte
all’operazione soprattutto se le muffe sono del tipo Stachybotrys Atra.
Le attività di manutenzione, oltre alla dispersione in aria delle spore,
comportano il rischio di utilizzo di sostanze chimiche fortemente irritanti per
le vie respiratorie.
Alcuni agenti chimici contenuti nei prodotti da costruzione e di uso corrente
possono provocare sintomi in individui con vie respiratorie ipersensibili e
indurre ipersensibilità non specifica, da durevole a permanente con irritazione
delle mucose e delle vie respiratorie.
Tra questi ve ne sono certi che possono iniziare e/o provocare ipersensibilità
specifica che può o non essere accompagnata da reazioni immunologiche.
Gli agenti chimici che hanno la caratteristica di iniziare una ipersensibilità
124 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
chimica specifica sono detti iniziatori. Tutti gli iniziatori sono agenti chimici
fortemente reattivi e irritanti, ma solo una parte limitata degli agenti chimici
irritanti sono iniziatori.
Tra questi si segnalano:
• i Diisocianati (Toluene-di-isocianato(TDI) e Difenilmetano-di-isocianato
(MDI), molto diffusi in edilizia (smalti, vernici, colori e colle) e impiegati
in vari materiali, come le plastiche, che potrebbero essere presenti nelle
scuole;
• le Anidridi di acidi organici, ampiamente usate in edilizia come indurenti
nei sistemi alchidici ed epossidici; per. es. livellanti per pavimentazioni;
• gli Ftalati, utilizzati come plastificanti specialmente nei prodotti di PVC
come: pavimenti e rivestimenti vinilici;
• la Formaldeide, tuttora presente in numerosi prodotti di uso corrente,
come prodotti per la pulizia, coloranti, disinfettanti, materie plastiche,
colle e vernici.
La presenza di queste sostanze, più che alla costruzione esistente è da
attribuire a interventi “spontanei” di manutenzione ordinaria (tinteggiature,
rivestimento di pavimenti e pareti..), alle attività di pulizia e alle attività didattico/
ludiche.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 125
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
La IAQ (Indoor Air Quality) nelle scuole:
le iniziative in ambito europeo
Dimitrios Kotzias
Chemical Assessment and Testing, Institute for Health and Consumer Protection
European Commission-Joint Research Centre, Ispra Italy
Una delle principali sfide per l’Europa è la riduzione del consumo energetico
negli edifici, senza comprometterne gli ambienti interni e i servizi correlati.
Negli ambienti interni sono presenti numerosi composti chimici. Tuttavia, la
disponibilità di dati sull’esposizione a specifiche sostanze chimiche, sulla
loro tossicità ed il conseguente rischio per la salute non è omogenea. Vari
progetti europei (INDEX, AIRMEX, BUMA, EXPOLIS, ENVIE) hanno valutato i
rischi per la salute associati all’esposizione a composti chimici volatili presenti
negli ambienti interni sulla popolazione europea in particolare per i gruppi di
persone vulnerabili (anziani, bambini) e ha stilato una lista delle sostanze di
maggior interesse sulla base dell’ impatto sulla salute. È emerso che i
composti a maggior priorità sono: formaldeide, monossido di carbonio, biossido
di azoto, benzene e naftalene. Ora ci sono vari processi di armonizzazione
per i metodi di valutazione per la qualità dell’aria indoor al livello europeo come:
a) La valutazione dell’impatto sulla a salute a base delle emissioni di prodotti
attraverso il concetto LCI [Concentrazione più bassa di interesse] (ECCentro Comune di Ricerca)
b) Il monitoraggio dell’aria interna (EC-Centro Comune di Ricerca)tramite
l’applicazione dei criteri armonizzati e dei protocolli per il monitoraggio
dell’ aria interna in diversi ambienti chiusi negli Stati Membri dell’UE
(Indoor Air Monit-project)
c)Il monitoraggio dell’aria interna nelle scuole (WHO)
Al livello europeo e mondiale l’OMS (Organizzazione Mondiale per la Salute)
ha recentemente rilasciato le linee guida per l’indoor air. La pubblicazione
delle linee guida costituisce un vero passo avanti per quanto riguarda la
valutazione della qualità dell’aria indoor. Inoltre la Commissione Europea
continua a finanziare vari progetti sull’indoor air quality in particolare per
quantificare e valutare l’inquinamento indoor nelle scuole ed asili nido
(SINPHONIE, OFFICAIR). Tali iniziative emergono in gran parte dal Interministerial conference on health and environment with the focus on children
health (Parma, March 2010).
Una sostanziale riduzione degli effetti negativi sulla salute entro il 2020
potrebbe essere raggiunta se iniziative sull’IAQ fossero integrate con altri
strumenti di politica e altre iniziative esistenti, come la direttiva sui prodotti
da costruzione o sul rendimento energetico nell’edilizia [Indoor Air Quality
Impact Assessment (IAIAQ) project].
126 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
Tavola rotonda: l’esperienza italiana
Il Progetto SEARCH (School Environment
and Respiratory Health of Children)
Elisabetta Colajacono
Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio, Roma
Il progetto SEARCH si inserisce nell’ambito del processo UNECE Ambiente
e Salute. È stato promosso dal Ministero Ambiente italiano, in collaborazione
con il Regional Environmantal Center (REC) di Budapest, come misura
concreta al raggiungimento dell’obiettivo del Piano di Azione sui bambini
adottato Conferenza Interministeriale di Budapest nel 2004 “prevenire e ridurre
malattie respiratorie derivanti dall’esposizione dei bambini agli inquinanti
outdoor e indoor” (CEHAPE-Children Environment and Health Action Plan
for Europe). Obiettivo principale del progetto è promuovere il miglioramento
della qualità dell’aria indoor nelle scuole per ridurre in Europa i rischi di
malattie respiratorie acute e croniche e la frequenza di reazioni allergiche e
asmatiche nei soggetti più sensibili, attraverso l’attivo coinvolgimento degli
attori dei settori ambiente, salute ed istruzione. Come risultato concreto il
progetto si poneva inoltre la diffusione delle informazioni, la sensibilizzazione
dei soggetti interessati e la promozione buone pratiche.
La prima fase del progetto si è svolta dal 2008 al 2010 ed ha coinvolto oltre
all’Italia, altri 5 Paesi europei (Ungheria, Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia,
Slovacchia). Per il raggiungimento degli obiettivi, è stato sviluppato dal REC
un protocollo paneuropeo per indagini ambientali e sanitarie su un campione
di bambini di 11-12 anni e del relativo ambiente scolastico.
Le indagini ambientali hanno previsto la misurazione indoor e outdoor delle
concentrazioni di 6 principali inquinanti ambientali (CO 2 , NO 2. PM 10,
Formaldeide, Benzene, Toluene, Xileni) e la somministrazione di 2 questionari
a cura del personale scolastico, uno relativo alle caratteristiche edificio
(ubicazione della scuola, anno di costruzione, manutenzione, arredi,
riscaldamento etc.) e uno all’aula (caratteristiche e abitudini).
Il protocollo per le valutazioni sanitarie ha previsto indagini spirometriche
su un campione di bambini per misurare la capacità respiratoria degli alunni
e la somministrazione di un questionario per genitori sulle manifestazioni di
malessere respiratorio dei bambini, dati perinatali, abitudini, ambiente
domestico (alimentazione, sonno, attività fisica, arredi, riscaldamento,
presenza di animali, fumo etc.).
In totale il progetto ha preso in considerazione circa 60 scuole, per un
totale di 243 aule e più di 5.000 ragazzi. In Italia sono state coinvolte 13
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 127
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
scuole (55 aule), circa 1100 studenti per un totale di 750 spirometrie. Il
Gruppo di Lavoro italiano era composto da Ministero dell’Ambiente, ISPRA,
ARPA Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Sardegna, Sicilia,
insieme alla Fondazione Maugeri e FEDERasma. A livello nazionale è risultato
che di un campione di oltre 1000 bambini italiani, quasi il 30% soffre di rinite
allergica e il 20% soffre di tosse frequente, mentre la salute dei loro polmoni
non è risultata critica (circa il 4,9% di valori anomali misurati da spirometrie).
Dati molto interessanti specialmente se affiancati dalle evidenze emerse
sulla presenza di un elevato inquinamento indoor nelle aule scolastiche
derivante non solo dall’ingresso di inquinanti outdoor (PM10 in primis) ma
anche da emissioni indoor come rilasciate da arredi, da materiali da
costruzione, da abitudini errate e dai prodotti per la pulizia (in particolare
formaledeide). Inoltre, dalla compilazione dei questionari è emerso che spesso
vengono sottovalutati alcuni aspetti fondamentali per la riduzione del rischio,
come la cura del verde scolastico e l’attenzione ad alcune abitudini (utilizzo
gessetti per lavagna, uso di detergenti nocivi…). Proprio in risposta a
quest’ultimo aspetto e come iniziativa concreta per l’individuazione di
soluzioni concrete, in Italia abbiamo prodotto una pubblicazione a carattere
divulgativo dal titolo “Qualità dell’aria nelle scuole: un dovere di tutti un diritto
dei bambini”. La pubblicazione ha lo scopo di condividere e diffondere
informazioni su qualità dell’aria nelle scuole e i rischi derivanti e di suggerire
nel contempo azioni facilmente attuabili per contribuire a ridurre il rischio per
la salute. I destinatari della pubblicazione sono le famiglie, gli amministratori
locali, i dirigenti scolastici e tutti i soggetti interessati. La pubblicazione è
stata presentata a livello internazionale alla Conferenza OMS di Parma del
2010 e a livello nazionale alla Conferenza organizzata da Ministero Ambiente,
ISPRA e FEDERasma a novembre 2010 a Roma dal titolo “Qualità dell’aria
nelle scuole: un dovere di tutti un diritto dei bambini-INSIEME SI PUÒ esperienze del progetto SEARCH”. La Conferenza ha visto la partecipazione
del settore istituzionale (salute, istruzione, ambiente), medici e le municipalità.
Un passo concreto verso l’apertura di un dialogo tra tutti i soggetti coinvolti
ed interessati per costruire soluzioni attraverso azioni istituzionali integrate
ad ogni livello. È stata definita anche una seconda fase del progetto SEARCH,
attualmente in fase di attuazione, che estende il progetto anche ad altri 4
paesi (Ucraina, Bielorussia, Kazakistan, Tagikistan), si propone di
approfondire ulteriormente le indagini sull’inquinamento indoor nelle scuole,
promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione dei soggetti
coinvolti e svolgere indagini sull’utilizzo dell’energia nelle scuole per valutarne
agli impatti sulla salute e sul benessere dei ragazzi. Al Gruppo di lavoro
nazionale partecipano ISPRA (coordinamento), Ministero Ambiente, esperti
di sanità pubblica e di certificazione energetica.
128 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
Allergeni indoor in ambienti pubblici e privati
Carlo Pini, Patrizia Iacovacci, Raffaella Tinghino, Barbara Brunetto
Centro per la ricerca e la valutazione dei prodotti immunobiologici (CRIVIB)
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Introduzione
L’esposizione agli allergeni indoor, diffusi in ambienti confinati quali, ad
esempio, case, scuole, uffici e mezzi di trasporto, è legata al cambiamento
dello stile di vita delle popolazioni che vivono nei paesi industrializzati.
Infatti, il tempo trascorso negli ambienti indoor è aumentato enormemente
in questi ultimi anni. Ad oggi è stato ampiamente dimostrato che le
patologie respiratorie allergiche, quali ad esempio l’asma, sono il risultato
dell’interazione tra la predisposizione genetica dell’individuo e l’esposizione
ambientale. Inoltre esiste l’evidenza di una relazione dose risposta tra
l’esposizione e la sensibilizzazione ad alcuni allergeni indoor (ad esempio
gli allergeni degli acari e del gatto) e tra l’esposizione e lo sviluppo dei
sintomi negli individui già sensibilizzati. Le fonti allergeniche indoor più
comuni possono essere così raggruppate: Acari (Dermatophagoides
pteronyssinus e Dermatophagoides farinae), Mammiferi (derivati epidermici
animali di Felis domesticus e Canis familiaris), Scarafaggi (Blattella
germanica e Periplaneta americana), Miceti (Aspergillus spp, Penicillium
spp, Alternaria spp).
Nel 3rd International Workshop on Indoor Allergen and Asthma (PlattsMills et al. 1997), per alcuni allergeni, sono stati stabiliti dei valori soglia
di esposizione per lo sviluppo di una sensibilizzazione e per lo
scatenamento dei sintomi nei pazienti già sensibilizzati. Per quanto
riguarda gli allergeni maggiori degli acari, Der p 1 e Der f 1, tali valori
sono 2mg di allergene per grammo di polvere (sensibilizzazione) e 10mg
di allergene per grammo di polvere (scatenamento dei sintomi). Valori
simili (sensibilizzazione: 1-2mg/g e sviluppo dei sintomi: 8-10mg/g) sono
stati proposti anche per l’allergene del gatto Fel d 1 e del cane Can f 1,
altre importanti molecole allergeniche presenti nella polvere (Arbes et al.
2004). L’acquisizione di informazioni sull’esposizione agli allergeni indoor
è di notevole utilità per almeno due ragioni: in primo luogo per valutare i
fattori di rischio per la sensibilizzazione e/o lo scatenamento dei sintomi
ed in secondo luogo per indirizzare correttamente il problema della
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 129
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
riduzione dell’esposizione agli allergeni. In questo contesto un gran
numero di studi sono stati condotti al fine di valutare il livello degli allergeni
indoor negli ambienti pubblici e privati nonché la correlazione della loro
concentrazione con lo sviluppo dei sintomi quali l’asma nei pazienti.
Allergeni indoor
Gli allergeni indoor responsabili delle patologie allergiche possono essere
definiti “perenni” in quanto presenti tutto l’anno, con concentrazioni più o
meno variabili. Le fonti allergeniche indoor più comuni sono rappresentate
da Acari, Scarafaggi, Mammiferi e Miceti.
Acari
Nell’ambito degli acari, soprattutto due specie sono rappresentate
nell’ambiente e sono state maggiormente studiate: il Dermatophagoides
pteronyssinus e il Dermatophagoides farinae.. Gli acari, unitamente alle
loro spoglie ed escrementi sono abbondanti in materassi, poltrone, tappeti
ed altre suppellettili domestiche, ma sono stati riscontrati anche in
ambienti di lavoro. Quindi anche negli uffici si possono verificare quei
fattori favorenti lo sviluppo e la diffusione di allergeni da acaro tipici delle
abitazioni. Gli allergeni cosiddetti “maggiori” delle specie D. pteronyssinus
e farinae sono Der p 1 e Der f 1, glicoproteine presenti essenzialmente
nelle feci, e Der p 2 e Der f 2, estratte dal corpo dell’acaro. Per quanto
riguarda i valori soglia di esposizione, vengono considerati i limiti proposti
dal 3rd International Workshop on Indoor Allergens and Asthma e, cioè,
2m/g di Der p 1 o Der f 1 quale valore teorico soglia per la sensibilizzazione
allergica, e 10mg/g per l’insorgenza di attacchi acuti di asma (PlattsMills et al. 1997).
Scarafaggi
Due sono le specie di blatte che sono state più studiate ossia la Blattella
germanica e la Periplaneta americana. Le blatte sono ritenute responsabili
di una elevata percentuale di asma in forma severa, caratterizzata da
elevati livelli di IgE. La diagnosi di tale allergia è altamente influenzata
dalla qualità non elevata degli estratti disponibili in commercio, che
soffrono soprattutto di problemi di stabilità. Anche per questo motivo, la
caratterizzazione degli allergeni delle blatte ha visto un forte impegno da
parte di numerosi gruppi, che hanno perseguito l’obiettivo di clonare e
ottenere in forma purificata tutti i maggiori allergeni delle due specie di
blatte. Sia in funzione della attività di caratterizzazione dell’estratto
utilizzato per la diagnosi che allo scopo di standardizzare le varie
preparazioni, numerosi gruppi hanno anche sviluppato anticorpi
monoclonali che si sono rivelati utili, tra l’altro, per identificare e
quantizzare il livello di contaminazione ambientale dovuto alla presenza
degli allergeni anche in apparente assenza dell’insetto.
Le blatte rappresentano una significativa fonte di allergeni soprattutto
negli edifici con scarso livello igienico ma, in Italia, il fenomeno della
130 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
sensibilizzazione è ancora in fase di valutazione. Mammiferi
Le fonti principali responsabili delle patologie allergiche possono essere
riassunte in questo breve elenco: Felis domesticus, Canis familiaris, Mus
musculus, Rattus norvegicus.
Ovviamente, le prime due fonti, il gatto e il cane, sono molto diffuse
soprattutto perché legate ad alcune abitudini di vita spesso non facilmente
modificabili, come appunto quella di avere un animale in ambiente
domestico.
In modo particolare il Fel d 1, l’allergene maggiore del gatto, si è rivelato
tra i più potenti allergeni responsabili di attacchi acuti di asma. Per questi
allergeni non esistono livelli soglia ben definiti, ma sono stati suggeriti i
valori di 1mg/g di Fel d 1 come importanti per la sensibilizzazione allergica
e di 8mg/g per lo sviluppo dei sintomi (Arbes et al., 2004). Il Fel d 1 viene
prodotto dalle ghiandole sebacee e dalle cellule epiteliali squamose del
gatto, si accumula sui peli, e poiché aderisce facilmente al vestiario, può
essere trasportato dall’uomo anche in ambienti in cui il gatto non è
presente. Aderisce facilmente anche a tappeti, divani e tappezzeria.
Per quanto riguarda l’allergene maggiore del cane, il Can f 1, in letteratura
non esistono molte informazioni sulla prevalenza poiché il kit per la misura
quantitativa dell’allergene maggiore è disponibile sul mercato da poco
tempo rispetto all’analogo per il dosaggio del Fel d 1. Molto spesso la
patologia allergica causata da tale fonte allergenica non viene messa in
evidenza a causa degli estratti diagnostici ancora poco standardizzati.
Miceti
Nell’ambito dei miceti, una distinzione comunemente adottata è quella
che prevede due gruppi, i miceti atmosferici e i miceti domestici. Tra i
primi, di un certo rilievo sono l’Alternaria spp e il Cladosporium spp, con
un andamento prevalentemente stagionale, ubiquitari sul terreno insieme
ad altri miceti minori. Tra i secondi, che ovviamente possono includere
anche Alternaria spp e Cladosporium spp penetrati in ambienti confinati,
di grande rilievo è l’Aspergillus spp e più raramente il Penicillium spp.
Nell’ambito dei Miceti occorre segnalare che la patologia
broncopolmonare che essi causano è spesso di difficile diagnosi da un
punto di vista allergologico a causa della qualità non sempre ottimale
delle preparazioni predisposte per la diagnosi stessa, effettuata mediante
test cutanei (skin prick test).
Prevenzione
In una revisione sulla profilassi ambientale la prevenzione primaria viene
definita come la rimozione dei fattori di rischio prima che inducano lo
sviluppo della patologia allergica, la prevenzione secondaria come diagnosi
e terapia effettuate più precocemente possibile rispetto allo sviluppo della
patologia allergica ed infine la prevenzione terziaria come la limitazione
degli effetti della patologia stessa, ad esempio, mediante una idonea
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 131
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
terapia (Gore et al. 2003). Per tutti e tre i livelli di prevenzione, la
valutazione e la successiva rimozione dei fattori di rischio sono degli
aspetti fondamentali. La valutazione del rischio comprende il monitoraggio
ambientale, che include il dosaggio allergenico dei campioni e, quando è
possibile, una valutazione della relazione tra esposizione e
sensibilizzazione e tra esposizione e scatenamento dei sintomi. Per
un’accurata rimozione dei fattori di rischio è necessario introdurre una
bonifica ambientale mirata alla riduzione della carica allergenica. In tutti
i casi, l’applicazione di procedure rigorose e standardizzate che vanno
dalla raccolta del campione fino al dosaggio dei singoli allergeni diventa
un aspetto di primaria importanza (Frusteri et al. 2001).
Come accennato in precedenza ad oggi sono disponibili in commercio
una serie di kit ELISA standardizzati che si avvalgono dell’utilizzo di
anticorpi monoclonali per il dosaggio di alcuni degli allergeni più diffusi:
Der f 1, Der p 1, Mite group 2, Blo t 5 (acari); Fel d 1, Can f 1, Rat n 1,
Mus m 1 (mammiferi); Bla g 1, Bla g 2 (blatte); Asp f 1, Alt a 1 (muffe).
Inoltre la concomitante disponibilità di appositi filtri per il campionamento
è di notevole ausilio al fine della standardizzazione di tutto il processo.
Ovviamente l’analisi del rapporto tra l’esposizione agli allergeni e la
sensibilizzazione (che si valuta mediante skin prick test e dosaggio in
vitro degli anticorpi IgE specifici) è molto complessa poiché la
sensibilizzazione non necessariamente è avvenuta nel luogo che si sta
esaminando, dal momento che un individuo difficilmente permane tutto il
giorno nello stesso ambiente indoor. È invece più facile valutare se la
carica allergenica presente nel luogo in esame può essere causa dello
scatenamento dei sintomi e/o esacerbazione della patologia allergica.
Valutazione degli allergeni indoor in ambienti scolastici
Al fine di valutare al meglio la qualità dell’aria Indoor sia da un punto di
vista dei contaminanti chimici sia per quanto riguarda la presenza degli
allergeni tipicamente indoor, è stato proposto al Ministero della Salute
un progetto CCM approvato nel corso del 2010. Il progetto ha come titolo
Guida per la valutazione dei fattori di rischio in ambiente scolastico e
definizione delle misure per la tutela della salute respiratoria degli scolari
e degli adolescenti (Indoor-School) e si propone, in maniera molto ampia,
l’implementazione delle linee guida sul controllo dei rischi dell’esposizione
a una cattiva qualità dell’aria indoor per malattie respiratorie e allergiche
nelle scuole primarie e secondarie di primo grado. Tra le varie attività,
quella relativa all’obiettivo specifico n. 2 prevede la definizione di indicatori
di qualità dell’aria interna, di salute e della performance scolastica.
In tale contesto l’attività che si andrà a sviluppare trova precedenti
esperienze del gruppo proponente in uno studio precedentemente avviato
sulla esposizione agli allergeni indoor sia nelle abitazioni che nei luoghi
pubblici. In tale studio, per effettuare un confronto relativo alla presenza
132 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
di allergeni indoor in differenti ambienti (scuole, uffici e abitazioni) erano
stati raccolti campioni di polvere da mobili, scrivanie, materassi e pavimenti
mediante procedura standardizzata. I campioni erano stati analizzati
per il contenuto di Der p 1, Der f 1, Mite group 2 (acari) e Fel d 1 (gatto)
mediante saggi ELISA.
Gli allergeni degli acari sono stati riscontrati raramente nelle scuole e
negli uffici, ma frequentemente nelle abitazioni. Fel d 1 è stato rilevato
con elevata frequenza in ogni ambiente esaminato. In base a tale studio
abbiamo concluso che le abitazioni, piuttosto che i luoghi pubblici, possono
rappresentare l’ambiente più a rischio per l’esposizione agli allergeni degli
acari, mentre tutti gli ambienti possono costituire un rischio per
l’esposizione agli allergeni del gatto.
Tali dati ci hanno permesso di dimostrare che l’esposizione all’allergene
maggiore del gatto può rappresentare un rischio per le persone che
lavorano in questi ambienti (Brunetto et al. 2010).
In conclusione, appare evidente che per ridurre il rischio di esposizione
agli allergeni è strettamente necessaria una bonifica ambientale che
introduca misure di controllo ambientali più specifiche e rigorose. Tali
considerazioni costituiranno la base di partenza per sviluppare
ulteriormente questa problematica nell’ambito del progetto CCM
correntemente in fase di svolgimento.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 133
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
Valutazione e prevenzione rischi iaq nelle scuole
Paolo Carrer
Università degli Studi di Milano Facoltà di Medicina e Chirurgia Dipartimento
di Medicina del Lavoro Sez. Ospedale Luigi Sacco
È noto che gli ambienti interni “indoor” possono essere contaminati da un
vasto numero di agenti chimici, fisici e contaminanti biologici. In presenza di
fonti interne di contaminazione e bassi livelli di ricircolo dell’aria, i livelli degli
inquinati indoor riscontrati possono essere significativamente elevati, anche
di gran lunga superiori rispetto a quelli rilevati all’esterno, talvolta anche 1020 volte maggiori, come nel caso della formaldeide.
I bambini piccoli trascorrono la maggior parte del loro tempo a casa e a
scuola, per cui la qualità e la sicurezza di questi ambienti è un fattore
determinante per la loro salute.
Recentemente si sono conclusi due progetti europei, a cui hanno partecipato
anche gruppi di ricerca italiani, che si sono occupati della valutazione e
gestione dell’impatto della qualità dell’aria indoor sulla salute della popolazione
europea:
1. Progetto EnVIE (“European Coordination Action for Indoor Air Quality
and Health Effects”) che ha individuato quali sono le principali patologie
causate o aggravate dall’esposizione a fattori di rischio indoor ed ha
indicato quali strategie adottare per ridurne l’impatto sulla salute della
popolazione europea.
2. Progetto europeo INDEX (“Critical appraisal of the setting and
implementation of indoor exposure limits in the UE”) che, sulla base di
un processo di valutazione del rischio, ha identificato 14 composti chimici
potenzialmente presenti in aria indoor che necessitano di una specifica
regolamentazione.
I risultati del progetto ENVIE hanno consentito di valutare le principali
patologie che possono essere causate o aggravate dall’esposizione ad aria
indoor e di individuare i fattori di rischio e le rispettive sorgenti presenti negli
ambienti indoor. In particolare è emersa la necessità di prevenire l’esposizione
a fumo passivo, a radon, a particolato di origine indoor e outdoor, ad agenti
biologici (microorganismi e allergeni) ed a composti organici volatili.
Il progetto INDEX ha invece identificato un gruppo di sostanze chimiche la
cui esposizione indoor, in base alla valutazione dei rischi sulla popolazione
europea, deve essere regolamentata in via prioritaria (formaldeide, monossido
134 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
di carbonio, biossido di azoto, benzene, naftalene, acetaldeide, orto-, parae meta-xilene, toluene, stirene).
I due progetti di ricerca europei hanno indicato l’urgente necessità di colmare
il vuoto legislativo tutt’ora esistente in materia di qualità dell’aria indoor e di
fornire in breve tempo all’Europa un quadro legislativo di riferimento completo.
In particolare viene segnalata l’urgenza della realizzazione di un programma
di valutazione dei rischi e quindi di prevenzione e controllo nelle scuole dei
fattori rischio indoor per asma e allergia. Per essere efficaci, le misure
proposte devono essere associate a campagne di sensibilizzazione,
informazione e formazione. Il programma dovrebbe quindi indicare misure
per la valutazione e la eliminazione di inquinanti ambientali (es. fumo di
tabacco, fonti di allergeni, muffe) e definire protocolli operativi per le operazioni
di pulizia, manutenzione degli edifici e verifica del funzionamento degli impianti
di ventilazione. Appare indispensabile un raccordo tra istituzioni coinvolte
nelle attività di prevenzione e promozione della salute nelle scuole, nonché
campagne di informazione/formazione del personale, degli studenti e delle
famiglie.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 135
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
Qualità dell’aria indoor residenziale: parametri
significativi alla luce dei nuovi orientamenti
Gaetano Settimo
Reparto Igiene dell’Aria, Dipartimento Ambiente
e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità
L’esposizione in ambienti confinati, quali ad esempio abitazioni o ambienti
di vita collettiva (es. asili, scuole, ospedali, impianti sportivi, biblioteche,
ristoranti, teatri, cinema, mezzi di trasporto pubblici, ecc.), ad inquinanti
chimici (organici ed inorganici) nell’aria presenta sempre un maggiore interesse: si può stimare come la maggior parte della popolazione, ormai è
organizzata in modo complesso, e a seconda delle infrastrutture locali, trascorra giornalmente in tali ambienti oltre 20 ore, delle quali circa la metà
nella propria abitazione. L’esposizione a composti chimici di origine antropica presenti in ambienti confinati può quindi contribuire in maniera significativa alla loro assunzione globale da parte della popolazione. Numerosi
inquinanti sia organici che inorganici sono riscontrabili, con diversi gradi di
concentrazione, sia a causa di sorgenti identificabili all’interno stesso degli
ambienti considerati (es. attività delle persone, attività interne, presenza di
animali domestici, cessione dai materiali, suolo sottostante incluse le caratteristiche costruttive che influenzano l’ingresso degli inquinanti dal sottosuolo, ecc.), sia a causa dell’apporto dall’esterno (es. infiltrazioni, ricambio
aria e sistemi di ventilazione, accesso di persone, ecc.).
L’attenzione che da diversi anni si ha sul tema degli ambienti confinati, ha
portato alcuni organismi scientifici internazionali, tra questi la Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), ad elaborare per la Regione Europea le Linee
guida per la qualità dell’aria indoor, relative ad un certo numero di inquinanti,
spesso presenti in ambienti confinati per i quali le conoscenze scientifiche
relative agli effetti sull’uomo sono state giudicate sufficientemente salde. Le
sostanze considerate sono benzene, biossido di azoto, idrocarburi policiclici
aromatici (soprattutto benzo[a]pirene), naftalene, monossido di carbonio,
radon, tricloroetilene e tetracloroetilene.
In Italia, non esiste attualmente una normativa di riferimento; gli unici riferimenti
sono i due accordi siglati tra il ministero della salute, le regioni e le provincie
autonome concernente: “Linee guida per la tutela e la promozione della salute
negli ambienti confinati” (Accordo 27 settembre 2001), e quello ai sensi
136 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
dell’articolo 9 del decreto legislativo 27 agosto 1997, n.281, tra Governo,
Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Comuni e Comunità
montane concernente: “Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei
fattori di rischio indoor per allergie ed asma” (del 18 novembre 2010), ma
ancora lontani dal fornire, limiti, o valori guida da adottare, sui tempi e sulle
procedure da utilizzare, ecc.. Tali accordi possono rappresentare però un
utile ed importante contributo al perseguimento della fissazione dei valori guida,
e alla individuazione delle metodiche di prelievo ed analisi, di riferimento da
utilizzare per il confronto con tali valori.
Va fatto osservare che nella Circolare del Ministero della Sanità n° 57 del
22 giugno 1983 Usi della formaldeide-Rischi connessi alle possibili modalità
d’impiego, veniva già riportato un limite massimo di esposizione di 0,1 ppm
(125 µg/m 3) negli ambienti di vita e di soggiorno in via sperimentale e
provvisoria.
Pertanto attualmente, in assenza di specifici atti normativi nazionali, che
riportino in maniera univoca i valori guida o i riferimenti da adottare per le
valutazioni, si può fare riferimento a criteri o a norme adottate in altri paesi o,
utilizzare quelli che si possono reperire nella letteratura scientifica o, per
analogia, ad altri standard quali ad esempio quelli relativi all’aria ambiente.
Diversi Paesi europei, in questi anni hanno attivato dei gruppi di lavoro con
specifico mandato di elaborare, valori guida per la qualità dell’aria negli
ambienti confinati; tra questi la Germania con il German Federal Environment
Agency’s Indoor Air Hygiene Commission (AG IRK/AOLG), la Francia, che
grazie alla collaborazione tra il Centre Scientifique et Technique du Bâtiment
(CSTB) e l’Agence Française de Sècuritè Sanitaire de l’Environnement et
du Travail (AFSSET), la Gran Bretagna, con il Committee On The Medical
Effects Of Air Pollutants (COMEAP), e l’Olanda con i lavori del National
Institute for Public Health and the Environment (RIVM). Per tutte queste
nazioni i valori guida raccomandati non hanno valore legale, ma possono
essere utilizzati per valutare e migliorare la qualità dell’aria negli ambienti
confinati.
È chiaro che i valori guida per gli ambienti confinati, sono più severi, rispetto
ai corrispondenti valori in ambienti industriali (DLgs n° 81/2008), rivolti alla
protezione dei lavoratori contro le malattie professionali, i cui riferimenti
igienico-sanitari sono basati su una vita lavorativa di 8 ore al giorno per 5
giorni alla settimana, in quanto sono intesi a:
- minimizzare i problemi di salute anche delle popolazioni più vulnerabili,
come i giovani, le donne in gravidanza e gli anziani in cui l’esposizione
può essere di 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana;
- a promuovere il benessere e il comfort di tutti gli occupanti dell’ambiente
confinato.
Per soddisfare le esigenze di valutazione e controllo, negli ambienti confinati,
il Comitato Normativo Europeo (CEN) e l’International Organization for
Standardization (ISO), hanno iniziato a lavorare su tutta una serie di norme
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 137
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
specifiche, emanando le norme EN ISO 16017 Campionamento ed analisi di
composti organici volatili mediante tubo di adsorbimento/desorbimento
termico/cromatografia gassosa capillare: parte 1 Campionamento mediante
aspirazione con pompa, e parte 2 Campionamento per diffusione, la serie
EN ISO 16000: Aria in ambienti confinati, la EN 14412 Guida per la scelta,
l’utilizzo e la manutenzione dei campionatori diffusivi, la EN 13779
Ventilazione degli edifici non residenziali-Requisiti di prestazione per i sistemi
di ventilazione e di climatizzazione, e la EN 15251 Criteri per la progettazione
dell’ambiente interno e per la valutazione della prestazione energetica degli
edifici, in relazione alla qualità dell’aria interna, all’ambiente termico,
all’illuminazione e all’acustica, tutte norme che sono state recepite in Italia
dall’UNI (per la serie EN ISO 16000: sono state recepite le parti da 1-15).
In Italia l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), coordina un apposito gruppo di
lavoro ad hoc (GdL), nel quale sono rappresentate le varie componenti
(Ministero della salute, regioni, istituti di ricerca, università, ecc.). Per prima
cosa ha affrontato il problema della qualità dell’ambiente confinato in aree
influenzate dalle emissioni di CO2 e H2S, provenienti da sorgenti naturali,
fornendo dei riferimenti per la predisposizione di procedure e raccomandazioni
da attuare, e sta lavorando per la messa a punto di linee guida per una
corretta strategia di controllo degli ambienti confinati.
Risulta quindi di notevole attualità l’approfondimento della valutazione degli
aspetti igienico-sanitari per gli ambienti confinati, in particolare per gli
inquinanti organici ed inorganici, anche se si ha ormai una discreta
conoscenza dei possibili livelli riscontrabili in vari ambienti.
È importante vedere se anche il nostro Paese nel breve termine sarà capace
di adeguarsi attraverso la promozione di specifici programmi, con un
coordinamento tra i vari Enti preposti agli obiettivi comunitari in materia di
ambiente e salute.
138 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
Tavola rotonda
Le esperienze italiane”
Sandra Frateiacci
Presidente FEDERASMA Onlus
FEDERASMA Onlus – Federazione Italiana delle Associazioni di Sostegno
ai Malati Asmatici e Allergici, riunisce le principali associazioni italiane di
tutela dei pazienti asmatici e allergici e, sin dalla sua costituzione ha posto
l’attenzione sull’importanza della conoscenza della malattia, dei fattori di
rischio, della corretta informazione, dell’accesso alle terapie e all’assistenza.
Ha fatto emergere il grande peso sociale della malattia e l’impatto che queste
patologie, specie nelle situazioni di gravità, hanno sulla qualità della vita e
su come incidano pesantemente, limitandola, sulla vita del paziente e dei
suoi familiari. Una limitazione alla vita di comunità e molto spesso a quella
lavorativa con ripercussioni che incidono fortemente sull’intero nucleo familiare
anche in termini di capacità economica, specie quando ad esserne affetti in
forma grave sono i bambini. Spesso infatti, per poter seguire il bambino, uno
dei due genitori (di solito la madre) è costretto ad abbandonare il posto di
lavoro. La diminuzione del reddito familiare viene inoltre aggravata anche
dalle spese sostenute per la cura e la gestione della malattia, si pensi ai
farmaci non forniti dal SSN, all’acquisto di prodotti per l’idratazione e la cura
della cute, ad esempio nel caso della dermatite atopica, all’acquisto di
prodotti alimentari, quali ad esempio il latte speciale per i bambini affetti da
allergia alimentare al latte o, ancora, per l’acquisto dei presidi terapeutici
necessari all’abbattimento della carica allergenica (indumenti speciali, tessuti
barriera, prodotti con filtri ad alta efficienza per l’aspirazione e per la pulizia
dell’aria). A questo si aggiunge la problematica relativa all’accoglienza e alla
permanenza a scuola di questi bambini che, specie se in condizione di
gravità, necessitano di specifiche misure di prevenzione ambientale e
comportamentale e di una presa in carico, che garantisca la tempestiva ed
appropriata somministrazione dei farmaci salvavita necessaria a contrastare
le crisi allergiche e respiratorie, crisi che, per la loro potenziale gravità possono
evolvere nell’arco di pochi minuti in eventi fatali. Questi problemi, a tutt’oggi
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 139
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
insoluti, sono causa di ulteriori e pesanti problemi per il bambino e per la
famiglia.
A fronte di queste problematiche, le malattie respiratorie e allergiche
continuano ad interessare un grande numero di cittadini italiani e, dalla
“Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2009-2010” emerge come
queste patologie continuano ad occupare nel nostro Paese il terzo posto
come causa di malattia cronica e sono le patologie più
frequentemente presenti nella fascia di età 0-14 anni. L’asma colpisce
oggi il 10% della popolazione infantile, contro il 2,3% degli anni Settanta1
confermando i dati già evidenziati dallo studio SIDRIA (fase1 e fase2) 2 e da
altri studi che negli anni hanno messo in risalto il loro vertiginoso aumento in
questo ultimo trentennio 3,4 . Molti studi hanno evidenziato come
l’inquinamento degli ambienti indoor (abitazioni, scuola, uffici) è un
importante fattore di rischio per l’insorgenza di crisi allergiche e/o asmatiche.
Considerato che sin dalla nascita e fino ai 6 anni, i bambini trascorrono circa
un terzo della loro vita in ambienti indoor; che mediamente già a partire dai
sei mesi iniziano a frequentare la scuola; che nei primi anni di vita le
esposizioni ambientali possono influenzare il sistema immunitario verso una
risposta di tipo allergico, diventa assolutamente necessario operare per
garantite ambienti confinati, ed in particolare strutture scolastiche, che
abbiano condizioni ambientali qualitativamente buone. È quindi necessario
definire ed attuare nelle scuole misure di prevenzione e controllo volte a
ridurre le concentrazioni indoor di inquinanti chimici e di allergeni per evitare
l’insorgenza o l’aggravarsi di patologie preesistenti, quali appunto allergie e
asma. Necessità che si scontra oggi con l’attuale situazione in cui versa il
patrimonio edilizio scolastico del nostro Paese5. Su queste criticità occorre
lavorare e unire gli sforzi perché la protezione dei bambini dai fattori di rischio
conosciuti ed evitabili diventi un impegno primario di cui la Società Civile e le
Istituzioni devono farsi carico. Garantire una sana crescita ai bambini di oggi
è un investimento che favorisce lo sviluppo di una popolazione di adulti con
minor carico di malattia e promuovere ed adottare politiche nazionali ed
1
2
3
4
5
www.salute.gov.it “Relazione sullo stato sanitario del paese 2009-2010”
SIDRIA fase 1 (anni 1994/1995) e fase 2 (2002) - Studi Italiani sui Disturbi Respiratori e
l’Ambiente – progetto italiano realizzato nell’ambito del progetto mondiale ISAAC.
Prevalence of Asthma and Allergies Among Children and Adolescents in Italy: 1994-2002.
Pediatrics 2006
Sampson HA. Food allergy. Part I: Immunopathogenesis and clinical disorders. J Allergy
Clin Immunol 1999
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca – Direzione Generale per l’Organizzazione dei Servizi nel Territorio – Ufficio V : Circolare n.85 del 8 maggio 2001 –
Monitoraggio sulla sicurezza nelle scuole http://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/
dlvo626_94mon.pdf
140 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
internazionali che garantiscano misure di prevenzione ambientale e
comportamentale utili a contrastare l’aumento delle malattie respiratorie e
allergiche, immediatamente realizzabili accompagnati da percorsi
assistenziali, sanitari e sociali volti a favorire la salute sin dalla fascia di età
pediatrica è la strada che deve essere perseguita. In questa ottica è prioritario
che l’istituzione scolastica collabori con le istituzioni che hanno competenza
concorrente sulla tutela della salute della popolazione scolastica6 7, affinché
gli studenti affetti da malattie allergiche e respiratorie, i bambini affetti da
patologie croniche e/o rare ma più in generale, tutti i bambini, possano
frequentare la scuola in ambienti adeguati alle loro necessità e siano integrati
a pieno titolo in tutte le attività scolastiche tenendo conto delle loro specifiche
necessità.
Esprimendo apprezzamento per il recente Accordo Stato Regioni
concernente “Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di
rischio indoor per asma e allergia” elaborate dal Gruppo di Lavoro nazionale
istituito presso Ministero della Salute, al quale FEDERASMA Onlus ha
partecipato8, evidenziamo alcune delle iniziative più significative e dei progetti
promossi o ai quali FEDERASMA ha partecipato:
- Progetto multicentrico SEARCH- School Environment And Respiratory
health of Children 9 per la promozione e il miglioramento della qualità
dell’aria indoor nelle scuole, propone proposte operative realisticamente
fattibili per migliorare la qualità dell’ambiente nelle scuole, la diffusione
delle conoscenze sui rischi e sui fattori di rischio evitabili utili a prevenire
lo scatenamento di crisi allergiche e asmatiche;
6
7
8
9
D.P.R. n. 264/1961 ‘Disciplina dei servizi e degli organi che esercitano la loro attività nel
campo dell’igiene e della sanità pubblica’, titolo III, che disciplina i servizi di medicina
scolastica e dove all’ art. 9 dispone che ‘la tutela della salute della popolazione scolastica e la vigilanza sull’igiene delle scuole, degli istituti di educazione ed istruzione e delle
istituzioni parascolastiche spettano al Ministero della Sanità, d’intesa con il Ministero
della Pubblica Istruzione e con il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale’.
D.lgs. n. 81 del 9 aprile 2008 “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123,
in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” www.lavoro.gov.it/
NR/rdonlyres/0D78BF49-8227-45BA-854F-064DE686809A/0/20080409_Dlgs_81.pdf
Rep. Atti n. 124/CU del 18 novembre 2010 - Accordo tra Governo, Regioni, Province
autonome di Trento e Bolzano, Province, Comuni e Comunità montane concernente
“Linee di indirizzo per la prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per allergie
ed asma”. Accordo ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 27 agosto 1997, n.
281. http://www.statoregioni.it/dettaglio Doc.asp? idprov=89 02&iddoc =29580& tipodoc=
2&CONF=UNI
Progetto multicentrico europeo SEARCH - Ambiente Scolastico e Salute Respiratoria del
Bambino - Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare italiano in collaborazione con il REC - Regional Center for Central e Eastern Europe, promosso da I.S.P.R.A. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, condotto contemporaneamente
in Italia, Albania, Bosnia, Erzegovina, Serbia, Slovacchia, Austria e Norvegia.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 141
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
- Progetto per la Gestione del Verde Scolastico10 che tiene conto della
presenza di alunni/studenti affetti da malattie allergiche certificate;
- Progetto “una scuola dall’aria sana” 11 volto ad informare e formare
insegnanti, genitori e ragazzi sulle malattie allergiche e l’asma favorendo
azioni di accoglienza ed integrazione nella scuola.
- Redazione delle “Raccomandazioni per la gestione del bambino allergico
a scuola” realizzato in collaborazione con la SIAIP, riconosciuto dalla
GARD Italia, primo documento di recepimento delle “Linee di indirizzo
per la prevenzione nelle scuole dei fattori di rischio indoor per asma e
allergia” 12.
Nel nostro Paese, le professionalità sanitarie non sono previste nell’organico
del personale scolastico (ad eccezione dei soli convitti) a differenza di quanto
avviene negli Stati Uniti13 e in alcuni paesi europei. La carenza di risorse
economiche e professionali impedisce di realizzare un sistema che garantisca
agli studenti affetti da patologie allergiche, l’assistenza qualificata, di
personale sanitario abilitato alla somministrazione dei farmaci e in grado di
gestire con tempestività ed appropriatezza le crisi asmatiche o allergiche
gravi (anafilassi) che potrebbero insorgere durante l’orario scolastico, la
conseguenza è che, ancora oggi, molte famiglie i cui figli versano in condizioni
di gravità, sono costrette a ricorrere al sistema giudiziario per veder rispettato
questo diritto14 o ai mezzi di stampa15. L’emanazione congiunta da parte dei
Ministeri della Salute e dell’Istruzione delle “raccomandazioni” indirizzate al
10
11
12
13
14
15
“Programmazione attività di manutenzione dei giardini scolastici nel Comune di Roma”
anno 2006 - Comune di Roma – Dip. Tutela Ambientale e del Verde- Protezione Civile
www.comune.roma.it
“Una scuola dall’aria sana” in collaborazione con il Comune di Roma, Assessorati alla
Scuola e ai Servizi Sociali, le ASL di Roma e FEDERASMA anno 2001 www.federasma.org/
pubblicazioni/una_scuola_dall_aria_sana.pdf
"Raccomandazioni per la gestione del bambino allergico a scuola” www.federasma.org
Il ruolo dell’assistente sanitaria scolastica nel fornire servizi sanitari scolastici. Howard L.
Taras, MD, Chairperson,Barbara L. Frankowski, MD, MPH, Jane W. McGrath, MD, Cynthia
Mears, DO Robert D. Murray, MD, Thomas L. Young, MD PEDIATRICS 2001, Vol 13 n° 6
1) 2002 Ordinanza cautelare (art. 700) del Tribunale del Lavoro di Roma sentenza 2779
/2002. L’ordinanza cautelare confermata dalla successiva sentenza definitiva afferma due
principi importanti: 1. La Asl non deve realizzare solo prevenzione sanitaria “collettiva”,
ma anche “individuale”, in particolare l’art. 2 della L. 833/78 stabilisce che il conseguimento delle finalità di tutela del diritto individuale e dell’interesse collettivo alla salute è
assicurato anche mediante la prevenzione delle malattie in ogni ambito e la promozione
della salute nell’età evolutiva, garantendo l’attuazione dei servizi medico-scolastici negli
istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola
materna….”. 2)Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione Lavoro R.G. n. 12287/
04, R.Ord. n.846/04; 3) Tribunale di Ancona – Sezione I, R.G. n. 199196/05.
28 ottobre 2011 giornale metromilano, articolo “in strada con la siringa”; http://
www.metronews.it/component/flippingbook/book/118-milano-2011/3-metro-italia-milano.html
142 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
L A QUALITÀ DELL'ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
QUADRO CONOSCITIVO DELLA SITUAZIONE ITALIANA E STRATEGIE DI PREVENZIONE
personale scolastico16, non è sufficiente a soddisfare le esigenze di questi
alunni/studenti, in quanto esse non possono risolvere un problema che
necessita per complessità, competenze e responsabilità, di un impegno
legislativo ed organizzativo che non può essere delegato a sporadici ed isolati
progetti di volontariato e protocolli d’intesa più o meno allargati a livello
regionale, comunale o di distretto sanitario, dipendenti dalla disponibilità in
termini di volontariato individuale del personale che opera nelle scuole17 .
Su questo tema FEDERASMA promuove proposte, anche di tipo legislativo
e realizza azioni utili a monitorare la situazione in atto nel Paese e a favorire
politiche che garantiscano la presenza nelle scuole di personale sanitario
qualificato per un tempestivo ed appropriato intervento in caso di necessità;
citiamo di seguito alcune tra le più significative:
- Proposta di legge della Regione Lazio per l’istituzione di Presidi Sanitari
Scolastici 18 con compiti di presa in carico e assistenza sanitaria della
popolazione scolastica;
- Sulla base della proposta di legge regionale sopra citata, nel XIII municipio
di Roma sono stati istituiti dall’anno scolastico 2007/2008 e sono attivi
a tutt’oggi 6 Presidi Sanitari Scolastici19.
- progetto FEDERASMA-ALAMA-ARES118 Regione Lazio per la
definizione e attuazione, del “Protocollo Operativo” per la gestione dei
pazienti con crisi di asma e anafilassi nella rete pre-ospedaliera della
regione Lazio e la raccolta dei dati relativi agli interventi effettuati presso
tutte le scuole della regione da parte dell’ARES118 e dell’esito della
chiamata20. L’acquisizione di questi dati sarà utile a definire la dimensione
del problema e a stimolare e favorire la programmazione di idonee ed
appropriate misure di intervento per la gestione delle emergenze sanitarie
nella popolazione scolastica.
L’azione di FEDERASMA continuerà a tutela della salute respiratoria degli
alunni/studenti allergici e asmatici e di tutti coloro che nella scuola studiano
16
17
18
19
20
25 Novembre 2005 delle Raccomandazioni concernenti “Linee-Guida per la somministrazione di farmaci in orario scolastico predisposte congiuntamente dal Ministero dell’Istruzione e della Salute, trasmesse con Nota 2312 del 25/11/05 del Ministero dell’Istruzione.
Ad esempio: Città di Milano, Prot. N. 38080 – Protocollo per la somministrazione dei
farmaci a scuola, anno 2004.
Regione Lazio, Legislatura VIII, Consiglio regionale del Lazio, Proposta di Legge N. 342
del 15 novembre 2007 – “ Istituzione di Presidi Sanitari Scolastici e norme per la prevenzione ed il controllo delle malattie allergiche e dell’asma bronchiale”
Protocollo d’intesa Asl RmD-Municipio XIII per dotare gli Istituti scolastici di presidi sanitari. Roma, 29 settembre 2008
ARES118 Regione Lazio-ALAMA-FEDERASMA - “Presa in carico del paziente asmatico e
allergico nella rete pre-ospedaliera della regione Lazio e Monitoraggio delle chiamate
giunte all’ARES118 regione Lazio dalle scuole”.
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
LXVIII.1.2012 • 143
ATTI DEL WORKSHOP
L A QUALITÀ DELL’ ARIA INDOOR NELLE SCUOLE: RISCHI PER MALATTIE RESPIRATORIE E ALLERGICHE
e lavorano. Un ambiente scolastico adatto ad un bambino allergico è un
ambiente che fa bene a tutti, così come la presenza nella scuola di personale
sanitario abilitato ad intervenire in caso di necessità, è utile ai tanti bambini
affetti da malattie croniche e/o rare e a coloro che a scuola incorrono in
malori e infortuni21. Nell’anno 2008 le denunciate di infortuni avvenuti nelle
scuole presentate all’INAIL sono state ben 105.948 e la media degli
indennizzi per inabilità permanente nel triennio 2006-2008 è stata di 790
casi di cui 236 riferiti a studenti. Per dare risposte concrete a questi temi
deve esserci la volontà e la capacità di “ampliare” la visuale, di guardare
all’assistenza sanitaria a scuola in termini di “SISTEMA”, promuovendo
Politiche scolastiche, sanitarie e sociali integrate, capaci di fornire risposte
e soluzioni che realizzino, nella prassi quotidiana, l’integrazione del bambino/
ragazzo nella società civile e nella scuola sapendo che il traguardo da
raggiungere è garantire, oltre al diritto all’istruzione, il diritto alla sicurezza,
alla salute e all’accesso all’assistenza sanitaria qualificata.
21
INAIL infortuni a scuola anno 2008: http://www.inail.it/repository/ContentManagement/
node/N1488848973/Insegnantistudenti_2008.pdf
144 • LXVIII.1.2012
Igiene e Sanità Pubblica - Atti del Workshop
Norme editoriali
e modalità di abbonamento
La collaborazione è aperta a tutti e gli articoli firmati impegnano esclusivamente la responsabilità degli Autori.
La Direzione si riserva in ogni caso l’accettazione dei lavori. La proprietà letteraria ed artistica di quanto pubblicato
è riservata alla Rivista. È autorizzata la riproduzione anche parziale di quanto pubblicato su Igiene e Sanità Pubblica purché ne sia citata la fonte.
I lavori, apolitici ed inediti, debbono essere inviati a Igiene e Sanità Pubblica presso:
• Cattedra di Igiene e Medicina Preventiva - Fac. di Medicina e Chirurgia - Università Tor Vergata
Via di Tor Vergata, 135 - 00173 Roma - tel. 0672596119/6123 - fax 062025285 - e-mail: [email protected]
specificando quale sia il referente fra gli Autori citati nel lavoro con indicazione completa del recapito (qualifica,
istituto/ente di appartenenza, indirizzo, telefono, fax, e-mail).
I lavori degli abbonati godono della precedenza nella pubblicazione. Gli articoli dovranno pervenire alla Redazione di Igiene e Sanità Pubblica su supporto cartaceo e magnetico o per e-mail, utilizzando un formato di tipo diffuso
(ambiente Windows). Il materiale inviato, anche se non pubblicato, non verrà restituito.
Ogni articolo dovrà essere così composto:
• Titolo (in italiano e inglese)
• Nome e Cognome (per esteso) di ogni autore
• Ad ogni autore deve corrispondere una sola qualifica ed un solo ente. Si prega di utilizzare solo i seguenti simboli
per distinguere le qualifiche degli autori: * o ° o ^. Ognuno di questi simboli può essere ripetuto fino a tre volte
(*, **, ***, °, °°, °°°, ^, ^^, ^^^). Come nell’esempio: Francesco Rossi*, Giorgio Verdi**, Maria Teresa
Gialli***, Riccardo Bianchi°, Barbara Viola°°, Alice Celesti°°°, Carlo Blu^, Omar Neri^^, Vittorio Grigi^^^.
• Parole chiave, massimo 4 in italiano e in inglese.
• Riassunto, non deve superare i 500 caratteri e deve essere redatto in italiano, e inglese, utilizzando un linguaggio
conciso, evitando le abbreviazioni ed usando la terza persona. In conformità a raccomandazione dell’Unesco è
desiderabile che il riassunto-sommario sia posto all’inizio del lavoro e contenga, nell’ordine, lo scopo delle
indagini che ne formano l’oggetto, le osservazioni eseguite, le conclusioni tratte, nonché, se possibile, i punti
essenziali di ogni teoria, apparecchio o tecnica avente carattere di novità. Gli Autori sono pregati di rivedere
accuratamente il riassunto-sommario, eliminando parole non strettamente necessarie, chiarendo eventuali punti
oscuri e facendo particolare attenzione alla terminologia scientifica, ai nomi propri, ai dati numerici ed alle
formule chimiche e matematiche.
• Articolo, massimo 18.000 caratteri spazi inclusi (8 pagine compresa la bibliografia), e170,00. Per ogni ulteriore
pagina (2.700 caratteri spazi inclusi) il costo è fissato a e10, 00.
• Tabelle e grafici/immagini fino ad un massimo di 3 per articolo sono inclusi nel contributo. Gli eventuali grafici
e tabelle dovranno in ogni caso essere accompagnati dai dati grezzi necessari per la loro realizzazione. Per ogni
grafico/immagine e tabella in più il costo è fissato a e13,00.
Per gli estratti (solo in formato digitale) rivolgersi all’Editore: [email protected].
Costo dell’abbonamento per l’anno 2012
Ordinario (Enti, Aziende) 75 euro, Personale (Individuale) 60 euro, Abbonamento Socio SItI 55 euro.
Estero 100 euro.
Il versamento va effettuato sul c/c postale 98765001 intestato a Iniziative sanitarie - Roma.
Inviare al Servizio abbonamenti per lettera o fax comunicazione dell’avvenuto versamento per dare corso all’invio
della Rivista.
Per ogni controversia è competente il Foro di Roma. L’Amministrazione non risponde di eventuali disguidi postali. I reclami
devono pervenire subito dopo l’arrivo del fascicolo successivo al disguidato. I costo del fascicolo arretrato è doppio di quello di
copertina; per annata arretrata il costo è pari al canone di abbonamento ordinario dell’anno cui si riferisce, maggiorato del 50%.
Stampa “Ricci Artigrafiche” - Roma
vol. LXVIII n. 1
Indice
Editoriale
A. Muzzi, A. Panà
Crisi economica e salute dei cittadini ........................................................................................................................................................................................................................................................................................ 3
Parte Scientifica e Pratica
G.Cammarota, M. Di Stasio, C. Laurino, A.Criscuolo, C. Filosa, M. Visone, G. Palmieri
Scelte alimentari errate tra scolari adolescenti della regione Campania ................................................................................................................................................................... 9
A. Bodina, A. Brizzolara, G. Vadruccio, S. Castaldi
Un sistema informatizzato per la gestione delle lettere d’incarico al trattamento dei dati:
il caso di un ospedale di ricerca e insegnamento ............................................................................................................................................................................................................................................... 19
L. Grossi, A. Barbieri, L. Carnevale
Le infezioni nelle residenze sanitarie assistenziali dell’Asl VC: studio di prevalenza ............................................................................................................................. 29
F.S. Martelli, S. Stori, A. Mengoni, M. Martelli, C. Rosati, E. Fanti
Profili di colonizzazione batterica delle tasche parodontali in varie classi di età ..................................................................................................................................... 49
M. De Giusti, A. Mannocci, S. Miccoli, C. Palazzo, D. Di Thiene, V. Scalmato, P. Ursillo,
M.A. Monteduro, A. Turri, P.G. Mazzoli, A. Boccia, G. La Torre
La comunicazione del rischio in situazioni di crisi sanitaria: risultati di una survey
sulla valutazione dell’efficacia della comunicazione istituzionale adottata per fronteggiare
la pandemia influenzale AH1N1 in Italia e sui fabbisogni formativi dei professionisti sanitari ........................................................................................ 69
Note di Approfondimento
A. Mannocci, C. Bontempi, G. Giraldi, G. Chiaradia, C. de Waure, A. Sferrazza, W. Ricciardi,
A. Boccia, G. La Torre
EpiInfo come strumento per la ricerca e per la didattica dell’epidemiologia
e della statistica: punti di forza e di debolezza ...................................................................................................................................................................................................................................................... 85
Politiche Vaccinali
L. Morciano, L. Zaratti, E. Franco
Neisseria meningitidis: nuovi vaccini e strategie preventive ........................................................................................................................................................................................................ 97
Index
- Health in times of global economic crisis ............................................................................................................................................................................................................................................................................... 3
Research and Practice
- Unhealthy food choices of adolescent schoolchildren in the Campania region (Italy) ........................................................................................................................ 9
- A computerized system for the management of letters of authorization for access to sensitive
data in a research and teaching hospital ........................................................................................................................................................................................................................................................................... 19
- Prevalence of infections in nursing homes in the Vercelli area (Piemonte, Italy) ................................................................................................................................... 29
- Bacterial colonization patterns of periodontal pockets in different ages ................................................................................................................................................................... 49
- Risk communication during health crises: results of a cross-sectional study to evaluate the effectiveness
of adopted corporate communication strategies during the H1N1 influenza pandemic
in Italy and on the training needs of health professionals .................................................................................................................................................................................................................. 69
In -depth Note
- EpiInfo as a research and teaching tool in epidemiology and statistics: strengths and weaknesses .......................................................................... 85
Vaccinal Politics
- Neisseria meningitidis: new vaccines and preventive strategies .............................................................................................................................................................................................. 97
Poste Italiane S.p.A. Sped. in Abb. Post. - DL 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma
Prezzo di copertina: e 12
Finito di stampare il 10 marzo 2012