EDILIZIA E - Gian Carlo Magnoli

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EDILIZIA E - Gian Carlo Magnoli
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L'INCHIESTA
TENDENZE
26 feb. - 3 mar. 2007
Edifici che ruotano seguendo il movimento del sole, facciate interattive modellate
Hi-tech in cantiere, così l’architettura
Dal pioniere Nouvel ai ritrovati del Mit capaci di sposare estetica e risparmio energetico - Un
TENDE GONFIABILI
E BRISE SOLEIL
È dotato di un brise
soleil movibile,
ossia di un sistema
che “scopre”
l’edificio durante le
ore del giorno e lo
riveste durante
quelle notturne, il
Quadracci Pavillion
del Milwaukee Art
Museum (nella foto a
destra) progettato da
Santiago Calatrava.
A sinistra: struttura
cinetica a tende
gonfiabili per
il Centre Pompidou
in realizzazione a
Metz, in Francia, su
progetto di Shigeru
Ban: il cuscinetto
d’aria gonfiabile
consente un miglior
isolamento termico.
E
difici che ruotano su se stessi seguendo
il movimento del sole, tetti e coperture
che cambiano forma in base alle condizioni atmosferiche, pareti che si schiudono e si serrano a seconda delle stagioni e dei
campi magnetici. L’architettura di nuova generazione si fa cinetica e parla sempre più il linguaggio dell’elettronica e della telematica, della domotica e dell’hi-tech.
Gli addetti ai lavori – architetti e progettisti –
la chiamano «Roboarchitecture», alias architettura robotica. Un neologismo che rende perfettamente l’idea della rivoluzione in atto. Pioniere
fu Jean Nouvel, l’architetto francese che nel
1987 portò a compimento la prima facciata cinetica al mondo, quella realizzata per l’Institut du
monde arabe a Parigi. Una facciata spettacolare,
composta da 240 diaframmi in acciaio, dotati di
50mila sensori cosiddetti «crepuscolari», azionati da cellule fotoelettriche collegate a un elaboratore centrale, con l’obiettivo di mantenere costante l’illuminazione degli interni. Certo, il sistema non è perfettamente funzionante – non
tutti i diaframmi operano correttamente – ma
c’era da aspettarselo considerato il primato dell’innovazione e l’impossibilità, per Nouvel, di
utilizzare sistemi già testati sul mercato, che
all’epoca, appunto, non esistevano.
Altri grandi architetti hanno firmato opere roboarchitettoniche nel corso degli anni; fra quelle
più spettacolari e meglio riuscite, sotto il profilo
della funzionalità, e naturalmente dell’estetica, ci
sono il Quadracci Pavillion del Milwaukee Art
Museum progettato dallo spagnolo Santiago Calatrava. La struttura è dotata di un brise soleil
movibile ossia di un sistema che “scopre” l’edificio durante le ore del giorno e lo riveste durante
quelle notturne oppure quando le condizioni atmosferiche non sono favorevoli. Il tutto con
l’obiettivo di dosare ad hoc l’illuminazione e di
proteggere l’edificio dalle intemperie.
È progettato dall’architetto nipponico Shigeru
Ban il Centre Pompidou in realizzazione a Metz:
Ban ha ideato una struttura a tende che si
“gonfiano” durante la stagione invernale per aumentare il cuscinetto d’aria fra la copertura e
l’edificio con lo scopo di garantire un miglior
isolamento termico e, al contempo, di aumentare
le prestazioni energetiche.
Di esempi di architettura cinetica o roboarchitecture che dir si voglia, ce ne sono dunque già
numerosi, ma soltanto oggi l’utilizzo di strutture
movibili sta prendendo piede. «Con il tempo queste strutture si sono raffinate ed evolute. Oltre ai
grandi architetti anche giovani professionisti cominciano a utilizzare sistemi cinetici nei loro progetti. E l’avvento della bioedilizia e dell’architettura sostenibile rappresenta senza dubbio una spinta
verso l’utilizzo di innovativi sistemi in grado di
promuovere l’efficienza energetica e di migliorare le prestazioni degli edifici in termini di isolamento termico», spiega l’architetto Gian Carlo
Magnoli, direttore dello studio di architettura e
ingegneria Magnoli & Partners nonché membro
del progetto Home of the future del Massachusetts Institute of Technology di Boston. Il progetto
punta sulla messa a punto di sistemi “modello”,
ossia di una sorta di standard che permetta ai
progettisti di avere a disposizione linee guida
operative per la realizzazione di edifici e strutture
cinetiche. «Si mutua tecnologia dall’industria aeromobile dove la cinetica è determinante per il
funzionamento dei veivoli: si pensi ai carrelli
retrattili o ai frangivento sulle ali che vengono
attivati in fase di atterraggio e, viceversa, disattivati in quella di decollo», puntualizza Magnoli, sottolineando che oltreoceano sono numerosi gli architetti che stanno lavorando su opere cinetiche. È
questo il caso di Michael Fox e Juintow Lin,
anch’essi della squadra del Mit, hanno dato vita a
Odesco (Ocean Design Collaborative), uno studio
di progettazione e consulenza che continua il
lavoro pionieristico nel campo
dell’automazione integrata e cinetica iniziato al Mit Kinetic Design Group.
La diminuzione dei costi delle tecnologie, dovuta all’esplosione dell’era del computing e
dell’elettronica, sta decisamente
contribuendo all’adozione dei sistemi automatizzati. «Le spese
per la realizzazione di un’architettura cinetica sono più elevate, ma contrariamente a quanto si creda i costi non sono affatto
proibitivi – puntualizza Magnoli –. Per quanto
riguarda gli impianti elettrici e idraulici la spesa
sale del 30%, per le strutture si spende il 5% in
più e per le finiture la differenza è del +10%». Se
si considera una spesa di mille euro per metro
quadro – spiega dati alla mano l’architetto italiano
– in cui 350 euro è il totale destinato agli impianti,
300 euro quello per le strutture e 350 euro per le
finiture, si possono calcolare i rincari come segue:
per gli impianti la spesa aggiuntiva è di 105 euro,
per le strutture è di 15 euro e per le finiture di 35
euro, per un totale di 1.155 euro. Vale a dire che
complessivamente si spende il 15% in più.
«La cinetica è già entrata a far parte delle
nostre abitazioni anche se non ci facciamo caso –
aggiunge Magnoli –. Le tende frangisole, ad
SUPERFICI TATTILI CON LA «SUPER CILIA SKIN»
OMBRELLO ANTI-PIOGGIA O BARRIERA AL
Una membrana interattiva che
consente di cambiare faccia alle pareti
degli edifici e di avviare la produzione
di energia dall’impatto dei raggi solari
sulla superficie. Questo
il biglietto da visita di «Super Cilia
Skin», la copertura messa a punto dai
ricercatori del Media Lab della Scuola
di architettura del Mit di Boston.
«Super Cilia Skin è un sistema tattile
ispirato al movimento dell’erba agitata
dal vento», sottolinea
il ricercatore Hayes Raffle.
La superficie è composta
da attuatori («cilia») ancorati a una
membrana elastica e controllati
tramite computer. «Gli attuatori –
spiega Raffle – modificano il proprio
orientamento fisico in base all’impatto
del vento sulla superficie oppure alle
vibrazioni sonore inviate direttamente
dal sistema centrale. In pratica sono
in grado ad esempio di muoversi a
ritmo di musica. È anche possibile
creare sulla superficie forme
e sagome, sempre attraverso gli
impulsi inviati dal computer».
In dettaglio le cilia oscillano in
risposta a un campo magnetico: ogni
attuatore è infatti dotato di un magnete
alla propria base, agganciato a una
membrana in silicone. Quando il
computer invia l’impulso la superficie
si muove e si modella in base alla
forza magnetica. La membrana
elastica consente alla superficie
di mantenere la propria consistenza
Sarà inaugurato il prossimo anno, in
concomitanza con i Giochi Olimpici in Cina,
il nuovo National Stadium progettato dagli
architetti svizzeri Herzog & De Meuron a Pechino
con la consulenza ingegneristica del gruppo Arup
e del China Architecture Design and Research
Group (foto in alto, in basso lo stadio di Calatrava
ad Atene). Per la realizzazione della copertura
dello stadio gli architetti hanno optato per una
struttura cinetica che consiste in una membrana
capace di aumentare e/o diminuire la superficie
della copertura stessa. Il tutto con l’obiettivo di
consentire la protezione degli spalti – in grado
di ospitare 80mila persone – e di parte del campo
sportivo in caso di pioggia oppure per
ombreggiare le sedute nelle ore più assolate.
Ispirato all’intreccio dei ramoscelli di un nido,
il progetto di Herzog & de Meuron è stato
ribattezzato “nido d’uccello”. Il tetto apribile
forma, insieme alle membrane traslucide, un
guscio trasparente che consente il riflesso di fasci
di luce all’esterno. La gestione del tetto retrattile
è totalmente computerizzata: tutti gli elementi
sono collegati a una piattaforma di controllo che
permette di gestire l’apertura e la chiusura del
tetto e di modulare l’arcata a seconda delle
necessità. Lo stadio progettato dagli architetti
svizzeri non è l’unico in Cina che vanta una
copertura cinetica: a Nantong, nella provincia
dello Jangsu, è stato realizzato uno stadio di
calcio di 48mila mq coperto da una struttura
retrattile capace di aprirsi o chiudersi anche a
seconda delle condizioni meteorologiche. La
realizzazione di coperture retrattili negli stadi è
oramai divenuta una consuetudine a livello
mondiale; quasi tutte le strutture realizzate a
partire dal 2000 utilizzano coperture movibili.
indipendentemente dalla forza
di gravità. Anche il tocco delle dita
può modificare la superficie,
visto che il contatto crea un campo
magnetico, ed è per questa ragione
che la membrana è stata definita
interattiva. Il prototipo in
sperimentazione, utilizza 128
elettromagneti applicati su una
superficie che a sua volta
è stata ideata per adattarsi
alle pareti degli edifici.
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attraverso campi magnetici, coperture retrattili
si fa «cinetica»
sistema automatizzato costa il 15% in più
SENSORI CREPUSCOLARI PER L’ISTITUTO DEL MONDO ARABO A PARIGI
È Jean Nouvel, l’architetto che per primo
al mondo ha realizzato una facciata cinetica,
quella per l’Institut du monde arabe a Parigi
(foto sopra), completata nel 1987. La parete è
composta da 240 diaframmi in acciaio, dotati di
50mila sensori cosiddetti “crepuscolari”, azionati
da cellule fotoelettriche. Fra gli architetti più
esempio, sono oramai quasi tutte automatizzate.
Si tratta di sistemi basati su sensori di luce e
vento ossia che si attivano a seconda delle condizioni atmosferiche: ciò apporta enormi benefici
se si pensa che una maggiore protezione degli
ambienti durante le ore più assolate consente di
ridurre le spese per il condizionamento del locali.
E questo è solo un esempio di come la cinetica
faccia già parte della quotidianità». Strutture cine-
attivi oggi sul fronte dell’architettura cinetica ci
sono gli statunitensi Michael Fox e Juintow
Lin i quali hanno dato vita a Odesco, studio di
progettazione nell’automazione integrata e
cinetica (in basso due rendering).
tiche sono già utilizzate anche nell’ambito dell’arredo urbano: «In merito alla scelta dei dissuasori
– conclude Magnoli – le amministrazioni comunali tendono oggi a preferire quelli a scomparsa,
perché in questo modo si possono creare all’occorrenza zone pedonali o corsie preferenziali».
SOLE: TRIBUNE PROTETTE DA COPERTURE RETRATTILI
PAGINE A CURA DI
MILA FIORDALISI
IN CASA LA CUCINA È «INTERATTIVA», IL BAGNO «A SCOMPARSA»
Una cucina interattiva e una sala da bagno a
scomparsa: questi i due progetti sviluppati
dall’architetto italiano Gian Carlo Magnoli, uno dei
massimi esperti al mondo di architetture cinetiche.
Realizzata nel 2005, la cucina interattiva –
progettata insieme con Silvia Fara, Stefano Cerri e
Marco Gorrini – è caratterizzata da un sistema a
scomparsa: in fase di “inattività” la cucina,
composta da un’isola centrale in cui sono stati
inseriti tutti gli elettrodomestici, si richiude
letteralmente su se
stessa riducendo le
proprie dimensioni. Al
contrario, in fase di
“attività” la struttura si
apre e si “modella” in
base alle necessità: se
ad esempio si stanno
utilizzando solo i fornelli
resterà chiusa la parte
che incorpora gli altri
elettrodomestici. Il
sistema permette anche
di attivare un’azione
autopulente quando la
cucina è chiusa su se
stessa. Per illuminare il
piano di lavoro sono
utilizzate lampadine led a basso consumo che
consentono anche di variare il colore e l’intensità
luminosa. Anche sul rubinetto sono stati applicati
led luminosi: rosso per l’acqua calda e blu per
quella fredda.
Sarà presentato al pubblico al Salone del mobile di
Milano (18-23 aprile) il bagno a scomparsa ideato
da Magnoli insieme a Michael Fox e Andrea
Buonocore. Si tratta di una cabina, da posizionare
al centro della sala da bagno o anche in altre
stanze, al cui interno è previsto l’alloggio per un
lavandino e una specchiera. La cabina si richiude
su se stessa, quando inutilizzata, assumendo le
sembianze di una colonna scultorea, dunque diviene
un vero e proprio elemento di arredamento. «L’idea
è quella di progettare elementi che possano essere
utilizzati solo all’occorrenza in nome dell’efficienza
degli spazi», spiega l’architetto.