QUANTO COSTA non CAMBIARE

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QUANTO COSTA non CAMBIARE
Walter Oscar Mauri per TTG Italia spa
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QUANTO COSTA
non CAMBIARE
IL MEDIA AGENZIA VIAGGI DI FRONTE AL FUTURO
Primo rapporto organico sul tema del cambiamento
rivolto al retail del settore viaggi e turismo
una iniziativa
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Sommario
Introduzione
Parte Prima
Cambiamenti e tendenze generali in atto
1. Il sistema dei consumi di fronte alla crisi
1.1. Consumatori consapevoli
2. Il nomadismo mediatico e la comunicazione
3. Il quadro demografico della nuova Italia
3.1. I nuovi italiani
4. Il sistema turismo
5. Agenzie di viaggio: prime osservazioni generali
Parte Seconda
Il posizionamento delle agenzie viaggio rispetto al cambiamento
6. Da dove iniziare? Numeri e osservazioni
6.1. L’agenzia viaggi oggi
7. L’agenzia viaggi è un media
7.1. Il ruolo della vetrina
8. Verso un made in Italy delle agenzie di viaggio
8.1. Bisogni, desideri, esperienze
9. C’è un made in Italy possibile
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Parte Terza
Alcuni scenari innovativi e di prospettiva
10. L’importanza del numero 5
10.1. Cosa c’entra la polisensorialità
11. Pace fatta col web?
12. Conclusioni
Parte Quarta
Lo scenario internazionale
Allegati:
1) Ricerca etimologica
2) Polisensorialità
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Introduzione
Può sembrare paradossale che in un mondo come il nostro, sempre più
permeato (e addirittura qualcuno sostiene: formato) dalla comunicazione, il
settore del viaggio denoti sintomi di stanchezza (per non dire di crisi),
incapacità di cogliere il nuovo e una certa ritrosia al cambiamento.
Il viaggio rimanda sempre e comunque alla comunicazione e ne è, per così
dire, l’archetipo.
Viaggiare voleva (e vuole) dire percorrere vie di comunicazione molto
concrete (una strada, una ferrovia, una rotta) e il viaggiatore era (è) un
testimone di storie, un traduttore di emozioni, un vero e proprio “media”,
capace di generare un eloquente passaparola e, addirittura, in alcuni casi
illuminati, un anticipatore di mode e di costumi.
Il viaggiatore, in epoche passate, era uno scopritore e il viaggio, che fosse
alimentato da ragioni di lavoro, da curiosità o dalla cultura, diventava
un’icona, simbolo di un passaggio, di un’età, di una soglia importante della
vita.
Nel breve volgere di poche decine di anni le vie di comunicazione reali
hanno lasciato il posto (ma non sono per questo scomparse) ad altre vie di
comunicazione meno concrete e sempre più virtuali. Telefono, telegrafo,
radio, televisione, stampa sono diventate le vie di comunicazione più
frequentate e per un certo tempo è sembrato che viaggiassero affiancate,
quasi in parallelo, alle vie di comunicazione reali.
Ma, tempo altri pochi anni, le cose non sono più state le stesse – L’elettronica
e la cibernetica hanno ulteriormente sconvolto l’assetto della comunicazione
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e definitivamente (così sembra) allontanato il viaggio dalle sue connotazioni
originali. Le vie di comunicazione virtuali si sono imposte su tutte le altre al
punto di generare storie, testimonianze, traduzioni e passaparola come non si
era visto in precedenza nella storia dell’uomo.
Così per arrivare all’oggi, tutti disponiamo di almeno due grandi categorie di
viaggio:
• il viaggio virtuale
• il viaggio reale
Con differenze importanti, ma non così tante come può sembrare a prima
vista: in entrambi i casi occorre che ci sia un viaggiatore, che esista una
meta, che si disponga di tempo, che si utilizzino mezzi di comunicazione, che
si abbiano delle risorse economiche.
In altre parole: le differenze non stanno tanto nel concetto di viaggio, quanto
in quello di “agenzia che aiuta ad organizzarlo”.
Nel viaggio reale è l’AGENZIA VIAGGI (come terminale di un’intera e
complessa filiera), nel viaggio virtuale è Internet (con i suoi portali, i suoi social
network, il suo 2.0 e 3.0).
E quando accade (e accade spesso) che i due tipi di viaggio si incontrino,
perché il viaggiatore decide di passare dal virtuale al reale, tra le due forme
di agenzia è scontro. Ma non è uno scontro alla pari, come tutti possono
immaginare: c’è un Golia armato e potente che non sembra intenzionato ad
arretrare, e c’è un Davide sempre più indifeso, molto allarmato ancorché
indomito, che tenta di affrontarlo.
L’agenzia di viaggi è un Davide in preda a quella che il compianto
Giampaolo Fabris definiva (a proposito dello spaurito consumatore in tempo
di crisi) “sindrome da tenente Drogo”.
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Il tenente Drogo è il protagonista del “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, che
trascorre la sua vita in una mitica fortezza piemontese (la fortezza Bastiani) a
scrutare, armato, l’orizzonte, in attesa dei temutissimi Tartari, che non arrivano
mai.
Il paradosso di tutta la vicenda “viaggio reale – viaggio virtuale” sta in questo
apparente conflitto ed è descrivibile attraverso l’enunciazione di alcune
domande-chiave:
• come mai risulta difficile integrare le forme di comunicazione reale con
quelle virtuali?
• perché la filiera della comunicazione reale (il viaggio) è apparentemente
indifesa?
• come è stato possibile non accorgersi di un cambiamento così radicale?
Con l’aggiunta di altre domande, più strettamente orientate al “cosa fare”, il
nostro impegno di ricercatori è quindi delineato; si tratta di fornire risposte
pertinenti riguardanti:
• il posizionamento dell’agenzia di viaggi (e più in generale dell’intera filiera)
rispetto al cambiamento
• il modello di riferimento più adatto affrontare il futuro, con maggiore
consapevolezza e serenità
• gli strumenti utilizzabili per trasformare la crisi in opportunità
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Il metodo di lavoro che ci siamo imposti si basa su un approccio che ci
porterà:
• ad uscire dal settore, per conoscerlo meglio e per definire il contesto del
cambiamento entro il quale opera
• a metterci “dalla parte del consumatore”
Inoltre, cercheremo di analizzare l’intera questione:
• mettendoci in ascolto della realtà (attraverso l’utilizzo dell’Osservatorio
specializzato di TTG LAB)
• dando più peso ai modelli innovativi rispetto a quelli adattativi
• dedicando
attenzione
all’anello
più
debole
dell’intera
filiera,
rappresentato dall’agenzia-viaggi indipendente
La tesi che sottotraccia intendiamo sostenere in questa ricerca e che di
fronte alla crisi in atto possiamo (e forse dobbiamo) porci nelle condizioni
degli antichi viaggiatori-navigatori che non si facevano intimorire dalla scritta
HIC SUNT LEONES delle carte geografiche esistenti (per sottintendere: da
questo punto in poi non conosciamo cosa potrete trovare), ma forti di
coraggio e di curiosità proviamo ad andare oltre.
Quando il viaggiatore ritornava, era in grado di costruire NUOVE MAPPE che
facilitavano il progresso e aiutavano tutti i viaggiatori che si sarebbero
avventurati, dopo di loro, sulle stesse tracce.
L’hic sunt leones dal quale partiremo è la crisi che stiamo faticosamente
attraversando.
I fattori di crisi, come ci riferisce il Censis, nel suo inascoltato Rapporto
Annuale, sono sostanzialmente tre:
• la fragilità della nostra struttura socio-culturale
• la paura
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• l’implosione finanziaria internazionale
Rispetto alla crisi stiamo reagendo sostanzialmente in due modi:
rimozione
perché inseriamo la crisi all’interno del catalogo delle tante paure con le
quali stiamo dando ad intendere di riuscire a convivere nell’indifferenza
derubricazione
perché posizioniamo la crisi di un fondamentale percepito dell’attività
economica che è rappresentata dalla visione “per bolle” (dopo la bolla
speculativa della new economy e quella immobiliare, ora abbiamo anche
questa: sono passate le altre, passerà anche questa A’ DA’ PASSA’ A
NUTTATA
A giustificazione di questi modi di vedere stiamo portando una serie di
rassicurazioni, rivalutando uno strano spirito nazionale, finora mai così
coltivato. Cosa ci stiamo dicendo, in sostanza?
Diciamo che il nostro sistema economico può resistere alla crisi perché è
basato su alcuni primati indiscussi:
• economia reale più forte di quella “virtuale” o finanziaria
• numerosità delle piccole e medie imprese (sono più di 5 milioni le partite
iva in Italia)
• attività manifatturiera, che esalta la creatività
• familismo economico, che permette all’impresa di viversi come “una
famiglia”
• distretti produttivi, come testimoni di filiere che si auto-rigenerano, come
tante arabe fenici
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• arte e cultura, per un paese che vanta 3.500 musei, 20 mila centri storici, 40
mila rocche e castelli, 95 mila chiese, 1.500 conventi, 4 mila giardini storici e
oltre 20 parchi naturali
• banche locali territoriali, come mediatori attenti alle necessità dei loro
clienti
Quando alziamo i toni nell’affermare questi primati, effettivamente reali, si
nota però sottotraccia una sorta di “speriamo che io me la cavo”, più basato
sulla scaramanzia che altro.
Ma se questi primati non bastassero, di quali alternative potremmo disporre?
Noi riteniamo che non sia saggio lasciar cadere la sfida che questa crisi ci sta
proponendo. Non è saggio e nemmeno utile proprio perché stiamo entrando
(e per certi aspetti siamo già entrati) in una vera e propria metamorfosi
strutturale, sia dal punto di vista socio-economico, sia dal punto di vista
culturale.
Si tratta di cambiamenti strutturali (e non solo congiunturali) che provengono
da prima della crisi e che la crisi ha solo accelerato. Sono cambiamenti che
andranno affrontati più per via innovativa che per via adattativa e rispetto ai
quali si impone FLESSIBILITA’.
La flessibilità è un modello di comportamento basato su tre elementi:
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Già in sede di introduzione ci sentiamo di dire che: sarà molto difficile pensare
di utilizzare la nostra cassetta degli attrezzi tradizionale e i suoi strumenti
operativi (su tutti quelli del marketing, per esempio), ma occorrerà un salto
qualitativo (innovativo) molto forte, nella direzione di nuovi strumenti orientati
alla capacità di misurare in modo dinamico la realtà (commerciale,
distributiva e produttiva)
Questo “salto di qualità” riguarderà principalmente il superamento dei
tradizionali punti di vista perché non è osservando ad ogni minuto il filo
d’erba che cresce, che riusciremo a coglierne la sua crescita.
Superare i punti di vista tradizionali è il principale obiettivo di questa ricerca.
Per realizzarla forniremo dati, riflessioni, motivazioni e suggerimenti secondo
un criterio che ci permetterà di:
metterci nella posizione “dalla parte del consumatore”
Mettersi dalla parte del consumatore, significherà analizzare la filiera
“viaggio” in modo da segnalare, oltre alle dinamiche che stanno
alimentando i cambiamenti strutturali, anche le principali tendenze nei
comportamenti d’acquisto, nella speranza di aver contribuito ad eliminare il
paradosso ricordato all’inizio di questa introduzione.
Le
fonti
utilizzate
sono diverse: Istat, Rapporto Censis, Ufficio Studi
Confcommercio, Osservatorio TTG Lab, oltre naturalmente al nostro archivio
di ricerca.
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Il lavoro è strutturato in tre parti:
I
I grandi cambiamenti strutturali e le grandi tendenze generali in atto
II
Il posizionamento dell’agenzia viaggi
III Scenari innovativi di prospettiva
Ogni parte sarà scandita da capitoli tra loro collegati.
Allegata alla ricerca abbiamo inserito L’ANALISI ETIMOLOGICA relativa ai
termini più utilizzati dal settore: agenzia, viaggio, turismo, vacanza.
Anche da questo punto di vista, come vedremo, le provocazioni non
mancano perché andando alla radice delle parole:
si scopre la distanza esistente tra ciò che dovrebbe essere e ciò che è
diventato il significato della parola
Non si tratta di un dettaglio teorico trascurabile, perché è proprio partendo
dal significato originario che si possono mettere bene in evidenza le eventuali
confusioni e le più macroscopiche contraddizioni semantiche, che stanno
alla radice di molte delle problematiche che incontreremo in questa ricerca.
La ricerca fornirà elementi di riflessione e indicazioni (sia strategiche, che
operative) a tutta la filiera proprio svolgendo il tema del suo titolo
QUANTO COSTA NON CAMBIARE
e cercherà di dare conto del suo sottotitolo
IL MEDIA “AGENZIA VIAGGI” DI FRONTE AL FUTURO
(se l’agenzia è un media, come può essere gestito?).
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La ricerca che presentiamo in queste pagine, con il suo lungo e faticoso
lavoro di indagine, ha potuto essere realizzato grazie alla volontà e al
desiderio di fornire risposte da parte di TTG LAB, che ringraziamo
pubblicamente.
Buona lettura e buon viaggio a tutti.
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Walter Oscar Mauri, presidente Shaker
Parte prima
Cambiamenti
e tendenze generali
in atto
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1. Il sistema dei consumi di fronte alla cris
Il Censis parla apertamente di “fatica di vivere” nell’introdurre il suo Rapporto
Annuale 2010. Non usa mezzi termini e rincara la dose quando sottolinea che
il “virus dell’insicurezza” sta minando le certezze degli italiani.
Si tratta di una realtà molto concreta, rispetto alla quale qualsiasi analisi
tradizionale di merito rischia di apparire obsoleta e quasi anacronistica.
Ed è anche per questi motivi che inizieremo subito a cambiare rotta:
non andremo a leggere i dati dei consumi partendo dal loro totale, ma li
analizzeremo partendo dalla “famiglia”
La famiglia media italiana, che chiameremo amichevolmente “la famiglia
Rossi”, ci accompagnerà nella nostra analisi rendendola più praticabile e più
vicina alla nostra stessa esperienza (e dunque più immediatamente
confrontabile).
Le date considerate saranno:
•
1992
•
2007 (dopo 15 anni)
•
2010 (oggi)
•
2012 (stime di futuro)
La nostra famiglia Rossi nel 1992 poteva permettersi di spendere € 23.608
nell’arco dell’anno. E come si comportava rispetto ai capitoli di spesa?
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Per seguire le classificazioni dell’Ufficio Studi di Confcommercio, la famiglia
Rossi spendeva (in ordine di importanza):
- €
6.204
26.3
per l’abitazione
- €
6.046
25.6
per l’alimentazione
- €
5.346
22.6
per la salute
- €
3.605
15.3
per le comunicazioni e la mobilità
- €
1.982
3.1
per il tempo libero
- €
485
2.1
per i viaggi e le vacanze
Anche il 1992 non era stato un anno felice per la famiglia Rossi, anche allora
si parlava di crisi e certo i viaggi e le vacanze erano forse l’ultimo dei suoi
pensieri: prima c’era la casa, l’alimentazione, la salute… insomma prima
doveva pensare a tutto il resto, e solo in fondo poteva permettersi di pensare
alle vacanze.
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Passati 15 anni, assorbita la crisi e soprattutto assorbito l’effetto EURO, nel 2007
ritroviamo una famiglia Rossi più in palla perché dispone di ben 14.180 euro in
più per le sue spese. Infatti, la famiglia Rossi spende nel 2007 € 37.788, con
una crescita del +60% rispetto al 1992.
In ordine di importanza ha speso:
- €
10.574
il
27.9%
per l’abitazione, con un +70.4%
- €
8.625
il
22.8%
per l’alimentazione, con un +42.6%
- €
7.715
il
20.4%
per la salute, con un +44.3%
- €
6.927
il
18.3%
per le comunicazioni e la mobilità, con un
+92.1%
- €
2.869
il
7.5%
per il tempo libero, con un +49.3%
- € 1.078
il
2.8%
per i viaggi e le vacanze, con un +122.2%
Come si nota, la famiglia Rossi in 15 anni non cambia abitudini in modo
clamoroso, infatti le grandi classi di consumo non cambiano, ma si comporta
in modo diverso rispetto agli aumenti, mettendo ai primi due posti le spese
per viaggi e vacanze (+122.2%) e quelle per le comunicazioni e la mobilità
(+92.1%).
Lo stato di crescita nei consumi della famiglia Rossi è frenato dal
sopraggiungere
della
più
straordinaria
e
imprevedibile
delle
crisi
economiche: quella che ancora oggi ci accompagna e che, iniziata come
crisi finanziaria, in meno di due anni è diventata crisi economica vera. Si tratta
di un fenomeno ancora non del tutto compreso e digerito. Di un fenomeno
che ha portato (e sta portando) a domande molto importanti a livello di tutto
il sistema economico mondiale.
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Ma si tratta anche di un potentissimo acceleratore rispetto a tutti i fenomeni
connessi a quello economico, con ripercussioni:
• a livello socio-politico
• energetico e ambientale
• a livello strutturale
• a livello individuale
La crisi economica, da questo punto di vista, rischia di diventare un ALIBI, un
paravento dietro il quale nascondere altri problemi.
In realtà, la crisi sembra delineare un quadro del tipo:
niente sarà più come prima
molto distante da tutte quelle posizioni attendiste del tipo,
per dirlo come Eduardo De Filippo
A’ DA’ PASSA’ A NUTTATA
La famiglia Rossi, forse non ha capito bene, nemmeno lei, cosa stia
succedendo, ma, per non sapere né leggere né scrivere, incomincia a
frenare.
Nel 2009 la sua spesa annuale scende del -2.3% e nel 2010 scende, rispetto al
livello 2007 del -1.5% e si assesta a € 37.204.
Sempre in ordine di importanza, ha speso:
- € 10.899
per l’abitazione, il 29.3%, con un + 3%
- € 8.570
per l’alimentazione, il 23.0%, con un – 0.6%
- € 7.398
per la salute, il 19.8%, con un – 4%
- € 6.640
per le comunicazioni e la mobilità, il 17.8%, con un – 4%
- € 2.790
per il tempo libero, il 7.5%, con un – 2.7%
-€
per viaggi e vacanze, il 2.6%, con un – 9.3%
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Si tratta di una decrescita che con tutta probabilità continuerà anche per
tutto il 2011 e che invertirà la sua tendenza solo tra il 2012 e il 2013/14.
Il settore VIAGGI & VACANZE, come stiamo cercando di dimostrare, non è (e
non potrebbe essere) avulso dal resto.
La logica del settore, letto come un unicum, è definitivamente tramontata
proprio perché abbiamo messo al centro della nostra analisi la famiglia Rossi
e non i valori assoluti del comparto.
Valori assoluti che comunque hanno un peso (si tratta di circa 10 miliardi di
euro nel 1992, di circa 26 miliardi di euro nel 2007 e di circa 25 miliardi di euro
nel 2010), ma che non permettono di entrare veramente nel merito delle
questioni.
Spostando l’attenzione sulla famiglia Rossi ne abbiamo invece la possibilità,
perché posiamo conoscere:
• in quali altri settori sta concentrando le sue spese;
• se si tratta di consumi complementari o antagonisti rispetto al nostro
settore;
• se sta attuando cambiamenti nelle sue priorità di consumo e, in questo
caso, come si sta comportando con il nostro settore.
Prima di andare a queste altre verifiche, conviene dire che la famiglia Rossi in
realtà non è poi così libera di scegliere. Rispetto alla sua spesa annuale del
2010, ad esempio, che è stata di € 37.204, si deve tenere conto che la
famiglia Rossi ha speso circa il 40% in modo obbligato. Per “modo obbligato”
si intendono tutte quelle spese a DOMANDA RIGIDA gestite da posizioni
dominanti (per non dire monopolistiche) che comprendono: affitto (effettivo
o imputato), manutenzione della casa, bollette energetiche, acqua, sanità,
carburanti, assistenza e assicurazioni.
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Si tratta di un dato rilevante e per giunta in continua crescita, che costituisce
una delle facce del consumo degli italiani tra le più inquietanti rispetto a tutte
le considerazioni sul libero mercato.
Si pensi che l’incidenza delle spese obbligate (e dunque a domanda rigida)
è passata:
- dal 27.1% nel 1980
- al 30.5% nel 1990
- al 35.1% nel 2000
- al 37.8% nel 2007
- al 38.8% nel 2009
- e addirittura a quasi il 40% nel 2010.
Ciò detto, torniamo alla questione delle scelte.
La famiglia Rossi destina una quota analoga, o vicino, a quanto spende per
le vacanze e per i viaggi per:
1992
2007
VIAGGI & VACANZE
485
1078
+ 122%
977
- 9.3%
Trasporto
422
690
+ 63%
714
+ 3.4%
e 523
993
+ 89%
1089
+ 9.6%
Servizi
ricreativi
2010
culturali
Carburanti
559
1169
+ 109%
1198
+2.5%
Tabacco
333
705
+ 111%
737
+ 4.0%
Telefono
359
960
+ 167%
888
- 7.0%
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Come si nota bene, il nostro settore è quello che ha fatto registrare la crescita
maggiore, secondo solo alle spese per il telefono (+ 122% contro il + 167%),
ma è anche quello che ha perso di più (- 9.3%) con la crisi. Mentre gli stessi
due settori sono quelli penalizzati dalla famiglia Rossi durante la crisi (- 9.3% e 7.0%).
Se andiamo a stringere l’obiettivo su settori ancora più vicino al nostro,
perché inseriti nella voce “tempo libero”, troviamo:
1992
2007
2010
VACANZE & VIAGGI
485
1078
+ 122%
977
- 9.3%
• Libri
172
194
+ 12.8%
178
- 8.2%
• Giornali e cartoleria
320
380
+ 18.7%
309
- 21.3%
• Istruzione
232
350
+ 50.8%
365
+ 4.2%
• Ricreazione
140
195
+ 39.2%
167
- 14.3%
Anche in questo caso, si nota che nessun settore cresce come il nostro nel
passaggio
1992-2007,
ma
che
tutti
decrescono
(ad
eccezione
fortunatamente delle spese per l’istruzione) all’arrivo della crisi.
La famiglia Rossi spende in viaggi e vacanze una somma di tutto rispetto se
osserviamo quanto destina alle altre voci prese in considerazione, ma si
comporta in modo diverso rispetto alle tipologie della vacanza:
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1992
2007
2010
VACANZE & VIAGGI
485
1078
+ 122%
977
- 9.3%
• tutto compreso
53
104
+ 96%
98
- 5.7%
• servizi alberghieri
432
974
+ 125%
879
- 9.7%
L’acquisto di pacchetti tutto compreso vale:
• il 10.9% nel 1992
• il 9.6% nel 2007
• il 10.0% nel 2010
e costituisce una sorta di zoccolo duro che cresce meno e decresce meno
rispetto all’acquisto di servizi alberghieri.
Scrive a questo proposito l’Ufficio Studi di Confcommercio:
“La macro-funzione di spesa “vacanze e viaggi” si differenzia da quella
definita “tempo libero” perché si basa in modo rilevante, ancorché non
esclusiva, sulla delega ad altri soggetti dell’organizzazione del servizio.
Negli ultimi anni con il diffondersi delle tecnologie questa connotazione si sta
affievolendo, lasciando sempre più spazio ad un consumatore più esperto e
agente di viaggio di se stesso che, attraverso l’uso del web si informa,
prenota e acquista servizi online”.
L’indagine VIAGGI e VACANZE 2009, condotta dall’ISTAT, ha rilevato un
incremento della quota viaggi in cui si effettua una prenotazione diretta (il
43% nel 2009, contro il 32.6% registrate nel 2004) su cui ha influito soprattutto
l’incremento delle prenotazioni effettuate attraverso Internet.
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Le prenotazioni tramite Internet si sono triplicate, passando dal 7.7% del 2004
al 24% del 2009.
La famiglia Rossi è dunque alle prese con le vacanze “fai da te”, anche
perché cerca disperatamente di mantenerle tra le sue abitudini d’acquisto,
come una conquista del suo benessere individuale.
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Consumatori consapevoli
La famiglia Rossi che abbiamo analizzato, ci ha fornito precise informazioni
circa la sua spesa quantitativa e, all’interno di questo, anche una sorta di
griglia attraverso la quale ha operato le sue scelte. Ma tutto questo (e non è
poco) non ci può bastare perché nulla ci sta dicendo sulla qualità dei suoi
acquisti e nulla sul profilo delle tante famiglie Rossi che animano la nostra
famiglia Rossi media.
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Per tentare quindi di saperne un po’ di più proveremo a chiedere un aiuto …
all’arte.
Era il 1929 (proprio l’anno della più grande crisi economica del ‘900) quando
Renè Magritte eseguiva questo celebre quadro.
Magritte dipingeva una pipa e completava il quadro scrivendo che non lo
era.
Cosa voleva dire?
Perché negava il reale?
Con quale scopo?
L’arte di Magritte ci invita a guardare il mondo reale (la crisi del ’29) da altri
punti di vista.
Quando le scienze razionali sembrano soccombere, ecco che l’arte
individua (magari inconsapevolmente) nuove vie d’uscita: allora fu il
surrealismo e ci fece entrare nella grande epopea del moderno fino al postmoderno, e oggi?
Ho scelto Magritte per far intendere che quando tutto appare confuso e
sottoposto
alla
dilagante
malattia
che
il
“virus
dell’insicurezza”
sta
producendo, allora si rende necessario un salto di qualità, magari aiutati da
mondi diversi dai nostri: uscire dal nostro settore per provare a conoscerlo
meglio è proprio questo salto di qualità.
Uscire dal proprio settore per conoscerlo meglio permette non solo di rendersi
conto delle dinamiche di consumo che in qualche modo stanno interagendo
con il nostro, ma soprattutto di incominciare a dare un profilo alla nostra
famiglia Rossi.
Il dato statistico medio è infatti una sorta di indicatore, molto utile per
un’osservazione aggregata, ma nulla ci dice della qualità e dell’articolazione
dei consumi individuali. Nulla ci dice, ad esempio di un fenomeno come
quello che va sotto il nome di CONSUMATORE CONSAPEVOLE.
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Chi è e cos’è il consumatore consapevole?
Intanto incominciamo col dire cosa non è. Non è, ad esempio, la figura del
consumatore “in cattività” dalle battaglie consumeristiche degli anni
settanta. Non è neppure il consumatore della “class action” degli anni zero.
Non è quindi una figura “ideologica”.
La consapevolezza della quale parliamo è una consapevolezza che sale dal
basso, da esperienze individuali di presa di coscienza delle cose, ma
soprattutto della sperimentazione del concetto di BENESSERE INDIVIDUALE.
Il paradosso del benessere
Il consumatore consapevole sta comprendendo che consumi e benessere
non corrono più per linee parallele.
Come si nota bene nel grafico, per un certo periodo le curve del benessere e
del reddito corrono in perfetta sintonia: occorre reddito per avere benessere.
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Si lavora per le cose più basilari, per mangiare, per avere una casa, per
vestirsi…
Più aumenta il reddito disponibile e più migliora il benessere per sé e per la
propria famiglia.
Questa corsa parallela è andata avanti per tanto tempo, per così tanto
tempo da indurre tutti a pensare che le cose non potessero che andare così
per sempre.
Poi è successo qualcosa: ci siamo accorti che, arrivati ad un certo punto
(diciamo il punto K), il proprio benessere individuale non andava più
d’accordo con lo sforzo che stavamo facendo per produrre il reddito
necessario a sostenerlo.
Ci si è accorti che il benessere individuale non era più funzione del reddito
consumato, ma dipendeva da altri fattori.
Tutti i paesi occidentali e ricchi sono inseribili nel quadrante (2) della figura,
mentre tutti gli altri paesi (detti ancora emergenti) sono inseribili nel
quadrante (1) e naturalmente chi si trova nel punto (B), farà molta, molta
fatica
a
capire
un
ragionamento
come
quello
del
consumatore
consapevole, soprattutto quando lo sentirà parlare della SINDROME
DELL’ECCESSO.
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La nostra famiglia Rossi è vittima della sindrome dell’eccesso e potrebbe
confermare tutte e tre le frasi riportate nel grafico, e sta pensando
seriamente al BEN-ESSERE in contrapposizione al BEN-AVERE degli anni passati.
Così sono emerse tendenze, del tutto inimmaginabili fino a solo quattro,
cinque anni fa; tendenze (ma forse ormai certezze) che vanno a toccare:
• le scelte ambientali, ritenute sempre più vicine allo star bene individuale e
sempre più lontane da una visione ideologica planetaria;
• l’alimentazione biologica, adottata da un sempre più elevato numero di
famiglie italiane al punto che non esiste oggi nel nostro paese un
supermercato che non preveda un ampio spazio dedicato ai prodotti a
coltivazione biologica;
• gli
acquisti
a
chilometro
zero,
sempre
dei
prodotti
alimentari
e
scavalcando le forche caudine nella distribuzione;
• l’esperienza del gruppi d’acquisto familiari, sviluppata soprattutto nelle
grandi città metropolitane, che unisce i vantaggi ambientali e la
convenienza economica;
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• la medicina senza medicine, con riferimento all’omeopatia e al recupero
di tante cure millenarie non invasive;
• le cure termali, che hanno ricevuto uno sdoganamento netto rispetto
all’immagine del passato e che sono state inserite a pieno titolo nel solco
della medicina olistica e del benessere individuale;
• la frequentazione di SPA, di palestre e di centri benessere;
• la cosmesi maschile;
• gli orti in città;
• le auto ibride
e tante altre forme ancora di consumo diverso.
Da un’indagine svolta da Censis e Confcommercio nel 2009 (e dunque già in
piena crisi economica) risultava, non a caso, che gli obiettivi degli italiani
erano completamente mutati rispetto al passato:
- ai primi tre posti gli italiani ponevano
UNA VITA SANA
PIU’ RAPPORTI SOCIALI
MIGLIORARE LA PROPRIA CULTURA
- solo al quarto si trovavano
AVERE PIU’ SOLDI
ma a pari merito con
RISPARMIARE DI PIU’
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- e subito dopo
CONOSCERE IL MONDO
MIGLIORARE IL LAVORO
Il nuovo consumatore è sempre più difficile da decifrare e il suo profilo non
risponde più ai parametri demoscopici del passato. E’ quindi un enigma? Per
molti sembrerebbe di si, visto che si continua ad ignorare il cambiamento e si
attribuisce alla mancanza di reddito la caduta dei suoi consumi tradizionali.
Ma noi proviamo a risolverlo questo enigma e, per farlo, facciamo ricorso a
quanto scritto da Giampaolo Fabris nel suo lungimirante “La società della
post-crescita” – Egea - 2010, che così recita:
“La supponente semplicità, l’anacronistica unidimensionalità delle categorie
tradizionalmente impiegate per spiegare il consumo, contrasta vistosamente
con la sua oggettiva complessità e multidimensionalità”.
Si passa da una superata visione a senso unico, ad una visione a più direzioni,
che permette di comprendere anche tutte quelle nuove tendenze che
abbiamo appena indicato.
E sono quindi molto utili nuovi modelli di riferimento, come sono quelli
rappresentati, sempre da Fabris, con un divertente gioco intorno alla parola
“consumatore”:
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CONSUMATORE
CONSUMATTORE
CONSUMAUTORE
CONSUMATORE
Il consumatore è RE perché cessa di essere semplicemente il cliente che
paga, e dunque l’interprete della frase “il cliente ha sempre ragione”, a
causa del fatto che è
AUTONOMO
ESIGENTE
COMPETENTE
SELETTIVO
ORIENTATO IN SENSO OLISTICO (se sceglie di mangiare in modo biologico e
anche sensibile ai valori ambientali, alla medicina omeopatica, al benessere e non al ben-avere,
DISINCANTATO
RESPONSABILE
RIFLESSIVO
Il consumatore è ATTORE, non perché recita la parte del cliente, ma
perché è un RE illuminato che rivendica diritti, ma responsabilmente si fa
carico anche dei doveri
Il consumatore è AUTORE, non perché si sostituisce all’impresa nel
progettare nuovi prodotti o nuovi servizi, ma perché, essendo RE e ATTORE
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e disponendo di una tecnologia che glielo consente, è messo nelle
condizioni di dire “la sua” su tutti i prodotti (nuovi o vecchi) e su tutti i servizi
(nuovi o vecchi) con i quali entra in contatto.
In questo modo, il consumatore ha acquisito un potere molto forte che,
attraverso il web, gli permette di generare un micidiale passa-parola. Può
generare consenso o dissenso, indirizzare gusti e sostenere (o distruggere)
tendenze.
Il consumatore è consapevole del suffisso CON, che deriva dal latino
“cum” e che rimanda alla socialità.
Sa cioè che il suo atto d’acquisto, anche se individuale, non è mai isolato.
Quando
acquista,
il
consumatore
consapevole
sente
di
essere
“compagno” di altri (n.d.a.: la parola “compagno” deriva dal latino “cum
panem”, persona con la quale divido il pane).
Come si vede, il problema del consumo parzialmente svincolato dal reddito
(ben- essere individuale) pone nuove prospettive, forse ancora tutte da
comprendere e intercettare. Certo, non tutti i consumatori rispondono a
questi nuovi dettami della consapevolezza, ma la domanda è:
siamo attrezzati per incontrarli?
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2. Il nomadismo mediatico e la
comunicazione
Abbiamo
già
visto,
soprattutto
parlando
delle
nuove
definizioni
di
consumatore, quanto conti il sistema della comunicazione.
Ciò è vero per tutti i settori, ma nel nostro, lo vedremo in seguito, lo è ancora
di più, perché la nostra epoca è caratterizzata da:
elevata conoscenza e scarsa esperienza
Sono aumentate in misura iperbolica le possibilità di conoscere perché sono
aumentati in misura esponenziale i media a disposizione. Ma sono addirittura
diminuite le possibilità di esperienza diretta, perché abbiamo meno tempo
per farle.
E’ una bella contraddizione. Come è stato possibile?
Perché se ho più media a disposizione posso conoscere di più e sperimentare
di meno?
Come si comporta la famiglia Rossi in proposito?
Rispetto al nostro settore, è un vantaggio o uno svantaggio?
Gli italiani hanno a disposizione più media rispetto al passato, soprattutto per
effetto:
• del passaggio al digitale terrestre
• dell’aumento delle specializzazioni delle testate dei media su carta
• di Internet
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Tanti media, tanta informazione e tanta conoscenza stanno però, non tanto
paradossalmente, portando gli italiani ad avere meno fiducia nei media in
generale. Infatti la credibilità dei media agli occhi degli italiani continua ad
essere in calo:
• la stampa gode la fiducia solo del 37% degli italiani (contro il 42% degli
europei)
• la televisione è il mezzo di cui ci si fida di meno, solo il 35% (contro il 42%
degli europei)
• la radio è invece il mezzo considerato più attendibile con una percentuale
del 45% (contro il 58% degli europei)
• Internet ci vede in controtendenza rispetto all’Europa, perché ci fidiamo
ancora poco (39%), ma più degli europei (37%)
Il quadro generale è impressionante e non basta ad attutirlo l’dea che la
credibilità nei confronti di altre funzioni pubbliche (su tutte, la politica) sia
caduta ancora più in basso.
Il panorama italiano ci sta dicendo di una situazione contraddittoria molto
seria:
da un lato i media si moltiplicano e dall’altro viene meno la loro credibilità
Questo diffuso giudizio negativo assomiglia molto a quanto sta accadendo
alle grandi marche manifatturiere e di servizio in tema di infedeltà e di nuovi
comportamenti d’acquisto. In atre parole:
anche sul fronte della comunicazione si stanno affermando nuovi
comportamenti di fruizione e nuovi modelli di acquisto
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Se si osserva più da vicino il comportamento rispetto all’informazione da
parte di alcune categorie di italiani, come ad esempio i GIOVANI, non
possiamo
non
segnalare
una
caratteristica
sempre
più
marcata:
il
NOMADISMO MEDIATICO.
Cos’è il nomadismo mediatico?
Si tratta di ciò che potremmo definire una DIETA MEDIATICA ELASTICA: si
consuma informazione attingendo da più media contemporaneamente, ma
senza spirito di appartenenza.
Tale
nomadismo
non
sta
alimentando
appartenenza
perché
è
accompagnato da una sorta di DISINCANTO che deriva sia dalla maggior
ricchezza del nuovo mix mediatico, sia dalla mancanza di una prospettiva
gerarchica dei mezzi utilizzati.
Questo stato di fatto è definito NIHILISMO LIGHT e si evidenzia in modo netto
perché “porta l’utente a passare da un’esperienza mediatica all’altra, senza
attribuire un’importanza decisiva a nessuna di esse. E ciò comporta, da parte
dei media, una sorta di unificazione dei linguaggi, nella vana speranza di
aumentare l’audience.
I media si frammentano, ma si omologano.
La mancanza di specificità appiattisce l’informazione e non consente più di
agire per livelli di profondità e quindi di approfondimento, facendo percepire
tutto in termini di superficialità, omologazione e “blob” mediatico.
Senza gerarchie, l’informazione rischia di trasformarsi (e forse in parte è già
così) in una grande marmellata nella quale vengono messi generi e linguaggi
omogeneizzati, dal sapore gradevole, ma con poche qualità nutritive.
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Tutto ciò restituisce un italiano antropologicamente mutato rispetto agli
stereotipi del passato, ma anche un italiano alle prese con riscontri di realtà
sempre più difficili da gestire se non interverranno nuovi modelli di riferimento.
Siamo giunti a ciò che i sociologi definiscono “la normalità trasgressiva degli
italiani, un ossimoro ricomposto in armonia”.
Da un lato sembra crescere il cosiddetto “politicamente corretto” (vita sana,
ben-essere, zero droghe), e dall’altro cresce anche una sorta di “mistica del
no-limits” (sballo del sabato sera, velocità, alcool…), il tutto ricomposto in una
crescente indifferenza.
Siamo, scrive il Censis, “una società vulnerabile che ha trovato il modo di
stare insieme senza per questo correre il rischio di relazionarci e di connetterci
in una visione comune. Stiamo l’uno accanto all’altro in uno sorta di
presenza-assenza che pensiamo di considerare a costo zero”.
Ma ora, tornando al tema della comunicazione e dei media, dobbiamo
segnalare almeno tre fattori di preoccupazione:
a. Il primo è ciò che viene definito DIGITAL DIVIDE
Si tratta delle perduranti difficoltà incontrate da Internet ad affermarsi
come mezzo abitudinario (si pensi che meno del 20% degli adulti utilizza
Internet, contro più dell’80% dei giovani).
Il digital divide è quindi prima di tutto un problema generazionale.
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Il digital divide per età
Totale
14-29 anni
30-64 anni
oltre 65 anni
51.3
15.8
51.4
87.8
48.7
84.2
48.6
12.2
Persone estranee
a internet
Persone
con
accesso a internet
b. Il secondo fattore di preoccupazione emerge quando andiamo ad
osservare il numero delle persone che entrano in contatto solo con fonti
audiovisive e che è rimasto intatto negli ultimi anni.
E questo comporta la difficoltà di parlare di un effettivo pluralismo, quando
un quarto della popolazione entra in contatto col mondo solo attraverso la
TV (si arriva al 41.2% tra le persone con più di 65 anni).
c. Il terzo fattore che emerge dall’analisi della dieta mediatica degli italiani è
la marginalizzazione crescente dei media a stampa.
Infatti, i dati sul digital divide stanno mettendo in luce il fenomeno della
diminuzione del consumo di mezzi a stampa presso gli utenti di Internet.
Siamo cioè in presenza di un PRESS DIVIDE che va ad ingrossare le fila dei
disaffezionati alla carta stampata anche a carico dei giovani.
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Il press divide confronto 2006 – 2009
Persone con diete solo TV
Persone
con
diete
internet,
2006
2009
28.2
26.4
senza 5.7
12.9
stampa
Totale persone estranee alla stampa
33.9
39.3
alla 66.1
60.7
Persone con diete TV + stampa
42.8
24.9
Persone con diete internet
22.3
35.8
Totale
persone
con
accesso
stampa
Il press divide per età
totale
14-29 anni
30-64 anni
oltre
65
anni
Persone estranee a
mezzi stampa
Persone
accesso
39.3
35.8
38.9
44.1
mezzi 60.7
64.2
61.1
55.9
con
ai
stampa
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A commento si può rilevare che l’aver scoperto un numero così elevato di
giovani sotto ai 30 anni che non leggono giornali, riviste e libri, mentre usano
normalmente Internet (in aggiunta al cellulare, alla radio e alla TV) è la novità
più importante del periodo che stiamo considerando.
Se fino a ieri erano i giovani a trascinare in avanti i consumi culturali e a
mantenere la dieta mediatica più equilibrata, oggi si pone un problema
nuovo, giocato non più in termini di contenuti, bensì in termini di linguaggi.
In sintesi, il pluralismo dei mezzi di comunicazione è un dato di fatto (ed è
soddisfacente), ma il suo effettivo godimento lascia ancora a desiderare se è
vero, come è vero che:
• più della metà della popolazione si colloca sotto la soglia del Digital Divide
• più di un terzo è al di sotto del Press Divide
• più di un quarto non utilizza che la televisione
Anche se complessivamente ca. 21 milioni di italiani posseggono una dieta
mediatica ricca (n.d.a.: nel 2008 erano 13.8 milioni).
Gli italiani dimostrano un rapporto ambivalente con i media.
Sostiene il Rapporto Censis che:
• li usano molto di più del passato
• ma permane un distacco critico nei confronti delle proposte “mediatiche”
Riguardo alla fruizione di internet da parte dei giovani e dei giovanissimi, una
recente indagine condotta dalla London School of Economics ha fornito dati,
per noi italiani, molto sorprendenti.
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L’utilizzo di internet da parte dei minori
Livello alto
(+
dell’85%
Danimarca,
Svezia,
Estonia,
Islanda,
Norvegia,
dei Polonia, Olanda, Slovenia, Regno Unito
ragazzi)
Livello medio
Austria,
Belgio,
Repubblica
Ceca,
Germania,
(tra il 65% e l’85%)
Francia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Bulgaria
Livello basso
Cipro, Grecia, Italia
(meno del 65%)
L’Italia è sorprendentemente al livello più basso.
Il fenomeno dei social network merita invece un commento particolare
perché è letteralmente esploso negli ultimi due anni.
Si parla di almeno 20 milioni di italiani che hanno confidenza con una delle
diverse forme di social network esistenti. Si tratta prevalentemente di giovani
tra i 14 e i 29 anni (56.8% Facebook e 67.8% YouTube) che li utilizzano per i
seguenti motivi:
• per mantenere i contatti con gli amici -------------------------
(70.5%)
• per ritrovare vecchi amici ----------------------------------------
(57.8%)
• per svago ------------------------------------------------------------
(34.6%)
• per allargare la rete degli amici --------------------------------
(19.8%)
• per curiosare --------------------------------------------------------
( 5.7%)
• per diffondere informazioni e scambiare opinioni -------
( 3.5%)
• per dare visibilità ad una iniziativa ----------------------------
( 3.3%)
• per intrecciare una relazione -----------------------------------
( 1.8%)
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Tra l’aprile e il maggio 2009 solo il 4.3% degli italiani dichiarava di sapere cosa
fosse TWITTER, ma il 90.3% dei giovani conosceva bene Facebook e l’89.2%
YouTube.
La caratteristica principale di Facebook rimane la virtualità ovvero la
possibilità di stabilire rapporti senza esporsi troppo, mentre diverso è il caso di
YouTube che si va affermando come un vero e proprio modello di
comunicazione televisiva in rete. Tale modello:
muove i principi dell’autoproduzione, della condivisione e della domanda
che muove l’offerta
“Quando si parla di social network si entra in una nuova dimensione
dell’impiego di Internet che è comunemente riassunto sotto l’etichetta WEB
2.0, con cui si indicano le applicazioni che consentono la massima
interazione possibile tra gli utenti della rete”.
Il web 2.0 è una mentalità, il modo di utilizzare la tecnologia per entrare in
contatto col mondo. Ecco ancora il Rapporto Censis: “Le persone che hanno
cominciato ad usare la rete per interagire tra loro hanno capito che Internet
è lo strumento attraverso il quale si può costruire con gli altri conoscenze
(Wikipedia), trovare opportunità di lavoro e di carriera (LinkedIn), scambiarsi
merci (e-Bay) ma anche informazioni, confidenze e pettegolezzi (Messanger,
Facebook, Twitter) oppure video (YouTube) e ogni altro prodotto audiovisivo
quand’anche protetto dal diritto d’autore (eMule)”.
Complessivamente inoltre si assiste ad uno spostamento della virtualità che
comincia ad interessare e a coinvolgere altre tecnologie, cosicché il
computer da centrale diventa marginale. La commercializzazione di
SMARTPHONE, di lettori MP3, E-READER, I-PAD, che possono sempre essere
portati con sé e la miniaturizzazione degli strumenti di comunicazione stanno
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determinando uno spostamento dei consumi digitali dal computer ai piccoli
apparecchi portatili TOUCH SCREEN. E queste argomentazioni ci portano alla
BANDA LARGA che rappresenta al momento la vera (e forse unica) barriera
all’ingresso per tutte queste nuove applicazioni.
La banda larga deve essere ritenuto un servizio essenziale ed universale,
come ad esempio è stato sancito come diritto legale dal governo finlandese
per tutti i cittadini.
Sempre a proposito di web 2.0 non possiamo non citare le dieci regole d’oro
contenute nel libro di Vito di Bari (web 2.0 – Ed. Il Sole 24 Ore, del 2007) per
accorciare la distanza tra il mondo dell’advertising e il mondo del web.
Eccole:
1. distribuite gratis servizi utili
2. puntate su nuovi formati online
3. regalate contenuti premium
4. interagite sul serio
5. viralizzatevi. Non abbiate paura nel distribuire informazioni sulla vostra
marca anche in canali che non potete controllare
6. guardate sia nella direzione local, sia in quella global
7. cross-mediatizzatevi
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8. puntate su rich media. Ormai la banda larga c’è e non c’è più necessità
di rinunciare alla ricchezza del video
9. fidelizzate. Mettetevi
bene
in
mente
che
dovrete
costruire
una
conversazione, non un urlo nel vento
10. sorprendete sempre
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3. Il quadro demografico della nuova Italia
Gli italiani residenti sono 59.131.287.
Al Nord risiede il 45.4%, al Centro il 19.5% e al Sud il 35.1%. La struttura della
popolazione dice di:
• un 14.1% composto da persone fino a 14 anni
• un 66% composto da persone tra 15 e 64 anni
• un 19.9% di ultra sessantaquattrenni
con marcate differenze: al Sud più giovani, al Centro-Nord più vecchi.
Le quattro regioni più popolate (Lombardia, Campania, Lazio, Sicilia)
rappresentano quasi il 50% degli abitanti, mentre le meno popolate (Valle
d’Aosta, Molise, Basilicata, Umbria e Trentino) raggiungono a malapena il 3%.
L’indice di invecchiamento, che così grande importanza ha sia sul fronte dei
consumi, sia su quello del welfare, è molto diverso tra regione e regione.
Gli over 65 anni raggiungono nelle regioni con l’indice più alto:
• il 26.7% in Liguria
• il 23.3% in Umbria e Toscana
• il 22.0% in Friuli, Piemonte e Marche
mentre nelle regioni con l’indice più basso troviamo agli ultimi posti:
• Campania con il 15.5%
• Puglia con il 17.5%
• Sardegna con il 17.9%
L’indice
di
invecchiamento
italiano rappresenta un
primato rispetto
all’Europa, contrariamente a quanto accade con quello di natalità che
permane inferiore alla media europea.
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In Europa siamo al quarto posto per numero di abitanti, dietro a Germania
(82 milioni), Francia (63 milioni) e Regno Unito (61 milioni).
Gli stranieri residenti sono 3.482.651:
• il 35.6% nel Nord Ovest
• il 26.9% nel Nord Est
• il 25.0% nel Centro
• il 12.5% nel Sud e Isole
(Lombardia e Veneto sono le regioni con il maggior numero di stranieri
residenti).
Interessante è segnalare la dinamica delle famiglie:
• sono in crescita le famiglie di una persona (single) al 26.6%
• crescono anche le famiglie di due persone (coppie) al 27.6%
• e
crescono
seppure
lievemente
quelle
di
tre
persone
(famiglia
tradizionale) al 21.9%
Sono invece inserite in un trend opposto:
• le famiglie con 4 componenti (dal 20% al 17.7%)
• le famiglie con 5 componenti (dal 5.4% al 4.8%)
Sono ferme all’1.4% le famiglie con 6 o più componenti.
Aumentano i matrimoni (+1.6%) soprattutto per effetto dell’impatto relativo ai
cosiddetti matrimoni misti (con almeno uno dei due sposi straniero).
Diminuiscono le separazioni e aumentano i divorzi.
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Il quadro demografico così sinteticamente descritto ha una diretta ricaduta
soprattutto sulla socialità e sui comportamenti collettivi.
In particolare, desideriamo segnalare l’impatto sul welfare e sulla sua
evoluzione perché il nuovo quadro demografico impone una nuova
articolazione della domanda, rispetto alla quale l’offerta stenta ad allentare
la sua rigidità.
Questo stato di cose genera una continua e sfiancante vertenza interna,
all’interno dei vari capitoli di spesa, che non riesce a contribuire alla soluzione
dei problemi.
L’Italia ha una spesa assoluta in linea rispetto ai partner europei, ma la
percezione che ne hanno gli italiani è per lo più negativa. Ogni singola
categoria (pensionati, alunni, insegnanti, ammalati, lavoratori) ha la
sensazione di essere trascurata.
Questo accade (al di là di ogni polemica) principalmente perché lo Stato
sembra fare scarsa attenzione al contenuto della domanda (che è in
movimento e che cambia continuamente) alla quale invece risponde con
un’ offerta rigida (e che per questo rischia di diventare obsoleta quando non
anacronistica).
La spesa è identica, ma i bisogni sono cambiati e la sensazione è che
vengano disattesi, da qui l’accusa di arretratezza. Oggi si cambia solo di
fronte ad una emergenza o a un bisogno conclamato, ma questo modo di
agire (“possibile che si debba intervenire sempre dopo che succeda l’evento
tragico?”) ingenera nel cittadino una sensazione di insicurezza che va ad
aggiungersi alle già tante paure accumulate, con ricadute dirette sul fronte
economico (consumi e nuovi investimenti).
Il fatto è che ormai al moltiplicarsi delle paure (reali o immaginarie poco
importa)
difficilmente
risolvibili
in
modo
tradizionale
e
consueto,
si
aggiungono nuove categorie di bisogni e quindi nuove utenze.
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Il welfare sembra delegare al volontariato – questa è l’impressione.
E’ quindi di urgenza capitale una ri-articolazione del welfare. E’ questo il nodo
cruciale, non solo per il modello sociale, ma per il futuro stesso della
comunità.
“La capacità del welfare di generare tra gli italiani la sensazione di essere
adeguatamente tutelati, può stimolare la voglia diffusa di tornare a rischiare
per costruire il benessere individuale e collettivo”.
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3.1 I nuovi italiani
L’immigrazione è sicuramente una delle dinamiche sociali più potenti, in
termini di cambiamento, registrate in Italia; si pensi che ancora nel 1989 (solo
20 anni fa) gli stranieri in Italia erano lo 0.8%, mentre oggi ci avviamo al 6%
della popolazione residente (con punte del 13% a Milano e del 9% a Torino e
a Firenze).
Il numero degli stranieri incide in modo sempre più rilevante su tutte le
dinamiche sociali.
Si consideri ad esempio che:
i matrimoni con almeno uno sposo straniero sono in aumento e
rappresentano il 14% del totale
crescono ogni anno le nascite di figli di stranieri, oggi all’11.4% del totale
la fecondità delle donne straniere è doppia rispetto a quella delle italiane
i minorenni stranieri sono il 22.3% del totale
gli studenti stranieri nella scuola italiana crescono ad un ritmo di 60/70.000
nuove persone all’anno
cresce l’imprenditorialità degli stranieri (contro una tendenziale decrescita
di quella italiana), sono 225.408 le imprese il cui titolare è uno straniero
Di fronte a questi dati, si può ancora parlare di stranieri? O non si dovrebbe
più correttamente parlare di NUOVI ITALIANI?
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L’intero tessuto produttivo italiano sta cambiando perché mutano le
dimensioni, perché c’è innovazione, perchè reagisce alla globalizzazione, ma
anche perché crescono le imprese gestite da immigrati.
Gli occupati stranieri sono 1.750.000 (di cui operai specializzati il 29%). A tutto il
2007 le imprese autonome straniere erano 290.000, con una imprenditorialità
molto vivace (+65% dal 2003 al 2007 e +10.2% dal 2006 al 2007).
La nascita e la crescita delle imprese gestite da stranieri sono da considerarsi
fenomeni normali in quanto sono entrambe insite “nell’idea stessa di
intraprendere un percorso migratorio e nel connesso obiettivo di portarlo a
termine“ nel migliore dei modi.
Si tenga conto che normalmente gli emigranti sono i soggetti più attivi, dotati
di una forte propensione al rischio e forniti di un’alta capacità di
adattamento.
Le imprese gestite da stranieri rappresentano quindi un fattore di sviluppo e in
prospettiva anche un possibile ponte con i mercati rappresentati dai paesi
d’origine.
Siamo già in una società multietnica?
I dati sembrano dire di si. In ogni caso il concetto di NUOVI ITALIANI è
certamente all’ordine del giorno e sembra che non si stiano cogliendo tutte
le opportunità connesse.
Le donne italiane continuano la loro lunga marcia verso l’emancipazione
sostanzialmente definendo un ruolo sociale caratterizzato da luci ed ombre.
Le luci sono evidenti quando si considera il lungo periodo: dagli anni 19501951 ad oggi bastano tre dati per comprendere il positivo cambiamento:
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Donne
iscritte
Oggi
7 su 100
93 su 100
alla
scuola superiore
Donne
1950-1951
iscritte 25 su 100
56 su 100
all’Università
Donne
attive
sul
mercato del lavoro in
età compresa tra i 15 e i 21 su 100
51 su 100
64 anni
Le ombre sono evidenziate da alcune zone di esclusione come ad esempio:
• le posizioni di vertice in politica, in economia e nelle aree tecnologiche
• le donne, pur rappresentando più della metà delle forze lavoro, sono in
posizione di comando solo nel 25%
Il ruolo sociale è centrale nella sfera privata soprattutto nel sostegno alla rete
della famiglia allargata. Confrontando le figure maschili e femminili nel ruolo
di sostegno si dimostra il netto divario:
• 37% madre, 11% padre
• 24.5% figlia, 14.5% figlio
• 13.3% sorella, 5.4% fratello
• 2.4% nuora, 0.6% genero
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Esistono ambiti che si sono fortemente femminilizzati come nelle scuole, nelle
banche e nelle poste, soprattutto nelle posizioni intermedie e medio-basse
(con evidenze di de-qualificazione molto accentuate).
In generale, si tratta di una presenza quantitativa, senza potere, ulteriormente
peggiorata dalle immagini mediatiche che favoriscono maggiormente:
• spettacolo, moda, bellezza, estetica
• violenza, criminalità, sciagure
e in minima percentuale la formazione lavoro e l’impegno sociale.
Gli aspetti positivi si riscontrano soprattutto nei processi scolastici, culturali e
informativi, con alcuni significativi primati come ad esempio:
• le ragazze iscritte ad indirizzi scientifico-informatico sono il 49%, contro una
media europea del 37.3%
• le donne che leggono nel tempo libero sono più degli uomini (49% contro il
36%)
• il rapporto quantità-qualità è buono nelle professioni intellettuali: medici
(36%); ricerca e sviluppo (44.5%); dirigenti di organizzazioni nazionali
(40.5%); magistrati (26.3%); pubblica amministrazione (47.2%)
Da alcune indagini emergono altre novità positive. Le imprese gestite da
donne riescono meglio a governare i rapporti tra cultura e territorio e tra
impresa e clientela, per sensibilità maggiore e stile gestionale.
Così come rimane ancora oggi sottolineata la grande tenacia delle donne
italiane sia nel contesto familiare sia in quello sociale.
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4. Il sistema turismo
In Italia abbiamo:
•
3.500 musei
•
20.000 centri storici
•
40.000 rocche e castelli
•
95.000 chiese
•
4.000 giardini storici
•
20 parchi naturali
•
città d’arte conosciute in tutto il mondo
•
città termali
•
laghi
•
colline
•
montagne
•
coste e spiagge
•
mare
•
isole
•
vini
•
olio
•
formaggio
•
pasta
•
frutta e verdura
•
la più gustosa e salutare dieta mediterranea che si conosca
•
ottimo clima, che offre la possibilità di fare esperienze:
o culturali
o culinarie
o sportive
o mondane
o spettacolari, fino alle più salutari forme di relax e di benessere individuali
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L’Italia è il paese del turismo?
Dopo l’elenco che abbiamo appena letto (e di sicuro non è nemmeno un
elenco completo) la domanda dovrebbe apparire come retorica, come una
domanda che al suo interno non può che avere una risposta positiva.
Ma in verità la domanda ha un senso molto preciso perché il sistema turismo
italiano è molto lontano dall’idea che ci si può fare dall’esterno,
semplicemente elencando i “motivi” reali che dovrebbero permettere lo
svolgimento di quella che è sempre rimasta una “vocazione”.
Di fronte all’espressione TURISMO ITALIANO scatta subito ciò che potremmo
definire la SINDROME DELL’ESPLOSO, quel meccanismo che prende tutti
quanti noi quando per avventura (o disavventura) ci inventiamo artigiani fai
da te.
In quei momenti, l’unità diventa subito il molteplice e rischiamo di perderci nei
mille particolari che la compongono.
Così, una libreria (unicum) diventa piani, alzate, spalle, rivetti, bulloni, dadi,
rinforzi… che, come in un puzzle impazzito, ci fanno perdere ore prima di
capirci qualche cosa, e arriviamo a maledire l’estensore del manuale di
costruzione che ci appare come un sadico distruttore del nostro equilibrio.
La sindrome dell’esploso vale per tutto: un conto è parlare di un oggetto
finito, da noi percepito come un unicum e che mettiamo alla prova in
quanto tale, un altro è addentrarci nei suoi particolari costruttivi. La sorpresa è
sempre molto alta e supera la nostra curiosità di sapere.
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Questa tautologica verità vale anche per l’espressione “turismo italiano”
perché, non appena tentiamo di definirla ci accorgiamo delle sue molte
facce e dei suoi mille aspetti, al punto che occorre utilizzare un continuo
distinguo e un ricorso al plurale.
Infatti bisognerebbe parlare dei TURISMI, tanto per cominciare, e subito dopo
definirne i singoli confini.
E solo in un secondo tempo potremo aggiungere anche l’aggettivo
ITALIANO, ma anche in questo caso non prima di avere utilizzato tutti i
distinguo del caso.
Siamo in presenza di un argomento complesso che ci porta a dire:
il turismo è un sistema
e come tutti i sistemi è caratterizzato da equazioni e da funzioni rispetto alle
quali si determina in un senso o in un altro.
La domanda dalla quale siamo partiti “L’Italia è il paese del turismo?” può
quindi essere affrontata da diversi punti di vista:
1. se guardiamo alle potenzialità dell’offerta da un punto di vista naturalistico
e geografico, possiamo rispondere affermativamente, anche se decenni
(se non secoli) di incurie e di speculazioni edilizie selvagge rendono
l’affermazione alquanto precaria
→ se fosse vera, in termini di interesse nazionale, forse dovremmo tutelare
piuttosto che sfruttare
2. se guardiamo all’offerta da un punto di vista culturale della ricchezza delle
nostre opere d’arte, possiamo ancora rispondere affermativamente,
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anche se, a giudicare da come tuteliamo e rendiamo agibili e funzionali le
nostre ricchezze culturali, l’affermazione non appare più così positiva
→ se fosse vera, sempre in termini di interesse nazionale, forse dovremmo
modernizzare l’antico e non antichizzare il moderno
3. se guardiamo ai flussi turistici dal mondo e dall’Italia e al loro andamento
nel tempo, dovremmo però rispondere negativamente perché:
o gli italiani conoscono poco il loro Paese
o gli stranieri conoscono molto bene solo alcune parti del nostro Paese
o gli operatori turistici (pubblici e privati, italiani e stranieri) sembrano
“operare” secondo la logica della “parte per il tutto”
→ se fosse vero il contrario l’intero sistema avrebbe un peso maggiore e
godrebbe di una più forte continuità nel tempo
In base a quanto abbiamo detto, purtroppo, dobbiamo concludere che
“l’Italia non è il paese del turismo”, perché probabilmente non esiste una
PRASSI che permetta di agire in modo da andare oltre la PERCEZIONE: ci
accontentiamo dei luoghi comuni, ci immaginiamo che le tante opzioni
disponibili possano da sole durare in eterno e ci consoliamo del possibile
essendo incapaci di misurare e di definire il probabile, riteniamo che
l’esistente sia condizione necessaria e sufficiente per tirare avanti.
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Il modello dei “compartimenti stagni” è stato minato dalla crisi (e in parte lo
abbiamo già potuto notare quando abbiamo parlato dei consumi della
famiglia Rossi) e forse è proprio da qui che si dovrà ricominciare.
Il
turismo
(come
qualsiasi
altro
settore
economico)
è
strettamente
interconnesso con altri e non può non considerare quanto sta accadendo,
per esempio, a carico del consumatore. Sarà molto difficile continuare ad
utilizzare gli strumenti di marketing del passato per la semplice ragione che
quel passato non esiste più.
L’Italia potrà essere il paese del turismo, ma perché questo accada
dovranno essere prese in seria considerazione tutte le dinamiche provenienti
dal basso e in modo trasversale.
Si dovranno considerare con molta attenzione tutte le nuove ipotesi di
consumo, ricordando che difficilmente un nuovo consumatore consapevole
possa essere tale solo nei confronti di alcuni settori, se è CONSAPEVOLE lo è
per tutti i settori.
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5. Agenzie di viaggio: prime osservazioni
generali
Nell’introduzione di questa ricerca abbiamo paragonato l’agenzia di viaggi a
un Davide, in preda della sindrome da Tenente Drogo, in attesa dello scontro
con un Golia che non arriva mai, ma non per questo meno temuto o
ridimensionato.
Nell’allegato relativo alla analisi etimologica, abbiamo appurato che
l’espressione AGENZIA DI VIAGGI nasconde almeno tre significati diversi a
secondo che si considerino le funzioni “viaggi”, “turismo” e “vacanze” e
siamo giunti a domandarci:
se i significati delle parole sono differenti, perché si continua a parlare
semplicemente di agenzie di viaggi?
Per concludere, che siamo in presenza di uno stato di confusione.
Rimandiamo all’analisi etimologica tutte le questioni di dettaglio e restiamo
alla domanda, ulteriormente declinandola in modo ancora più diretto:
cos’è oggi un’agenzia di viaggi?
La risposta che possiamo dare, a questo punto della ricerca, è di tipo
dubitativo, anche se qualche primo “paletto” possiamo anche azzardarlo.
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Intanto andrebbe sgombrato il campo da tutti i luoghi comuni percepiti,
perché non solo impediscono di vedere chiaro, ma addirittura collocano
l’agenzia viaggi in una posizione OBSOLETA e ANACRONISTICA.
Nel tentativo di dare forma alla nostra risposta dubitativa, indichiamo alcune
osservazioni generali di contesto:
1. rispetto all’immagine che le agenzie viaggi (non tutte ovviamente) danno
di sé, possiamo incominciare col dire che essa rimanda al paradosso in
almeno due direzioni:
• l’agenzia viaggi è un paradosso perché in un mondo (come abbiamo
visto) fortemente permeato dalla comunicazione non riesce a viversi
come il media più potente
→ l’agenzia viaggi come media è ancora un’utopia (lo vedremo nel
dettaglio nella seconda parte)
• l’agenzia viaggi è un paradosso perché in un mondo (come ci riferisce
in modo inappuntabile il Censis nel suo Rapporto 2010) caratterizzata da
una crescente dissociazione tra conoscenza (che aumenta in modo
esponenziale) ed esperienza (che diminuisce in proporzione all’aumento
della conoscenza), l’agenzia viaggi non riesce a viversi come un
catalizzatore e organizzazione di esperienze
→ l’agenzia viaggi come tramite per passare dalla conoscenza
all’esperienza (che pure è quello che fa abitualmente) non è di casa
nell’immaginario collettivo
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2. rispetto al nome, l’agenzia viaggi ha perso incisività perché viaggi, turismo
e vacanze rappresentano tre mondi differenti, molto articolati e in
continuo divenire e spesso l’agenzia viaggi è un condensato inespressivo
delle sue stesse proposte;
3. rispetto allo spazio fisico, l’agenzia viaggi è spesso un NON LUOGO (per
restare alla metafora dell’antropologo francese Marc Augè), nel senso che
anche quando è molto frequentata non è mai vissuta
→ dall’agenzia viaggi il consumatore si porta a casa un biglietto, un
voucher, un programma, molto raramente o quasi mai un’esperienza
4. rispetto al concetto formale, l’agenzia viaggi tradizionale non sembra aver
colto l’aspetto della DELEGA e delle sue implicazioni, soprattutto nei
confronti del nuovo consumatore;
5. rispetto al layout, l’agenzia viaggi è spesso sottovalutata fino a configurare
l’idea di un bazar disordinato, nel quale solo l’intervento diretto del
personale impiegato riesce a fare intravedere la rotta al consumatore
disorientato
→ spesso è trascurata proprio la presentazione dei prodotti e dei servizi
offerti
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6. rispetto ai prodotti (servizi), l’agenzia viaggi è contraddittoria perché:
o da un lato si è preoccupata di costruire un’offerta standardizzata,
caratterizzata dalla ricerca continua di novità (che poi presenta male);
o dall’altro,
si
è
mantenuta
sostanzialmente
entro
una
visione
tradizionale, nel tentativo di fidelizzazione della clientela (che poi
ugualmente fugge perché ciò che è infedeltà per l’agenzia di viaggi,
appare come nuova libertà d’azione per il cliente-consumatore).
Operando sul primo livello ha perso identità competitiva
(→ se tutte le agenzie vendono lo stesso prodotto, non c’è più ragione che
io consumatore possa verificarne il
costo-beneficio presso più di
un’agenzia).
Operando sul secondo livello ha mantenuto identità, non ha perso
efficacia
(→ se la mia agenzia è sempre uguale a se stessa, conosco a memoria le
sue offerte, quindi mi sento libero di cambiare).
Qui è evidente che dovremmo introdurre la differenza tra agenzia di viaggi
indipendente, tour operator e network (cosa che faremo più avanti), ma
per il ragionamento che stiamo svolgendo non serve più di tanto, perché è
evidente il punto di vista dal quale stiamo guardando il fenomeno.
In questo momento possiamo limitarci a dire, ancora una volta mettendoci
dalla parte del nuovo consumatore, che è venuta meno la necessità di
muoverci all’interno della logica consumistica del passato.Tale logica
prevedeva il ricorso alla:
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NOVITA’ CONTINUA
per alimentare il soddisfacimento dei bisogni del consumatore.
Operando in questo modo però siamo giunti a ciò che il Censis definisce la
saturazione del desiderio e che molti altri definiscono come sindrome
dell’eccesso.
I nuovi prodotti e i nuovi servizi dell’agenzia di viaggi dovranno essere
pensati a partire da questo dato di contesto assoluto, non sembra al
momento che esista un’alternativa in proposito.
Abbiamo individuato 6 campi d’azione sui quali intervenire e nei quali
cimentarsi, e per farlo suggeriamo di metterli subito in relazione con quanto
abbiamo segnalato nei paragrafi precedenti. Ne risulta un’interessante griglia
di lavoro.
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Come si nota subito è la RETE delle interconnessioni:
6 campi d’azione in relazione con ben 9 evidenze producano la bellezza di
54 interconnessioni lineari possibili e addirittura migliaia di soluzioni.
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Ma è anche evidente che a cambiare non sono tanto i modelli strategici
(pure fondamentali), quanto il PUNTO DI VISTA dal quale partire.
La domanda potrebbe diventare:
chi dovrebbe avere l’onere di ripensare ad un nuovo modello strategico
basato sulle interconnessioni tra i campi d’azione e le evidenze socioantropologiche?
La domanda sottintende:
• l’onere del lavoro da sostenere
• e l’idea che in qualche modo è dall’alto che dovrebbero arrivare le
risposte.
Ma poiché abbiamo già visto quanto sia articolato e complesso il “Sistema
turismo” e quanto sia aperto al nuovo, riteniamo che nessuno possa
chiamarsi fuori, dal grande tour operator, alla piccola agenzia viaggi
indipendente.
In particolare, desideriamo porre l’attenzione su un punto particolare:
• La conoscenza del proprio territorio
Cosa vuol dire “conoscere il proprio territorio”?
Semplicemente che:
• l’agenzia di viaggi può assumere consapevolmente un ruolo di
“consulente territoriale”, che potrà esercitare sia nei confronti dei propri
“fornitori” sia nei confronti dei propri clienti.
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Se l’agenzia conosce, l’agenzia può fare:
- nella direzione di patrimonializzare l’esperienza
- nella direzione di valorizzare il patrimonio clienti
Vedremo più avanti le conseguenze (anche molto pratiche) di questo nuovo
modo di ragionare, per il momento ci limitiamo a constatare come tutti (o
quasi) i problemi sollevati abbiano il sapore dell’opportunità, e non siano
risolvibili attraverso antiche ricette.
Nel prossimo capitolo proveremo che ciò è vero, possibile e opportuno.
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PARTE SECONDA
Il posizionamento delle
agenzie viaggio
rispetto al cambiamento
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6 . Da dove iniziare? Numeri e osservazioni
Il primo dato che desideriamo commentare è numerico.
Secondo Istat e Infocamere, le agenzie viaggi (con licenza di tour operating)
e i tour operator sono poco più di 11.000 (11.247 nel 2007) e realizzano un
fatturato di circa 12.500 milioni di euro (sempre nel 2007), con un fatturato
medio di poco più di un milione di euro.
Nello stesso anno (ricordiamo che il 2007 è stato l’anno boom per viaggi e
vacanze) la famiglia Rossi ha speso 1.078 euro per le sue vacanze e per i suoi
viaggi, il che porta ad una cifra complessiva (v. Ufficio Studi Confcommercio)
di spesa di circa 26.000 milioni di euro.
2007 – CONSUMI TOTALI E FATTURATO AGENZIE – CONFRONTO
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Come è facile notare:
• solo poco meno della metà dei consumi degli italiani per viaggi e vacanze
passa attraverso le agenzie
• solo il 9.6% dei consumi totali (€ 2.496.000), è rappresentato da “pacchetti
tutto compreso”, che diventa però circa il 20% del lavoro totale delle
agenzie.
I numeri possono essere difettosi, dal 2007 ad oggi possono essere mutate
tante cose, siamo perfettamente d’accordo, ma non possiamo non notare
che alcune equazioni, date per scontate, saltano in modo netto.
In particolare, emerge, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, che
l’agenzia viaggi ha di fronte a sé un buon margine di miglioramento. Ma se,
con più realismo, vogliamo vedere il bicchiere mezzo vuoto, allora dobbiamo
convenire che il posizionamento dell’agenzia viaggi è molto distante dal
ruolo che potrebbe giocare nel “sistema turismo”.
E’ evidente che ci sono altri ATTORI in filiera, ma (e questa è la peculiarità del
settore) è come se fossero iscritti ad un altro campionato.
Per dirla con altre parole:
• il settore, rispetto alla famiglia Rossi, è strutturato per alimentare
contemporaneamente:
o sia l’attitudine al “turista fai da te” (52% del totale)
o sia l’attitudine al “turista assistito” (38.4% del totale)
o sia l’attitudine al “turista tutto compreso” (9.6% del totale dei consumi
per viaggi e vacanze)
Lungo questi tre assi principali ruota l’intero meccanismo economico del
settore.
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Facciamo fatica a rintracciare una simile struttura in altri settori merceologici
perché in genere la filiera è composta da:
• chi realizza un bene o un servizio
• chi lo promuove
• chi lo distribuisce, secondo modelli diversi, fino al consumatore finale
In alcuni casi specifici si possono realizzare “accorciamenti” della filiera, o
“allungamenti”
della
stessa
filiera
attraverso
integrazioni
verticali
ed
orizzontali, ma in ogni caso rimangono sempre ben individuati ruoli e attori.
La filiera turismo è invece alimentata in modo diverso:
• sul fronte dei “produttori” abbiamo decine di migliaia di imprese (residenze
private, alberghi, camping, agriturismi, musei, eventi sportivi e culturali,
spettacoli, parchi naturali, rifugi, ecc.), una POLVERIZZAZIONE NECESSARIA
che:
o in parte si fa rappresentare da tour operator e da agenzie di viaggi
o ma nella maggior parte “vende” direttamente al consumatore finale
• sul fronte dei “distributori”, abbiamo le nostre agenzie di viaggi (e tour
operator) che intercettano solo una parte del consumi (complessivamente
circa un 48%)
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L’osservazione quantitativa è come sempre parziale perché nulla ci sta
dicendo dei motivi che stanno dietro ai numeri.
Abbiamo visto nella prima parte quanto sia importante ragionare dalla parte
dei consumatori, per cercare di capire tendenze più o meno solide e
affermate.
Ma in questo momento occorre veramente dimostrare quanto un simile
ragionamento sia utile al settore.
Lo facciamo con due esempi di taglio opposto:
• il primo riguarda ciò che è stato definito ECO-TURISMO
• il secondo, diciamo all’estremo opposto, riguarda ciò che può essere
definito TURISMO WUNDERKAMMER
(a)
ECO TURISMO
Nel 2009 gli italiani che hanno deciso di trascorrere le vacanze a più diretto
contatto con la natura sono stati un milione e mezzo e hanno frequentato
circa 18.000 agriturismi ubicati in tutte le regioni italiane.
Il numero di italiani che ritiene di dover perseguire un diverso rapporto con la
natura è oggi stimabile in una cifra compresa tra il 15 e 20% (tra i 9 e i 12
milioni). Ed è molto probabile che un consumatore dotato di questo profilo
sia contemporaneamente portato:
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• al benessere individuale
• al cibo biologico
• al commercio eco-solidale
• agli acquisti a chilometro zero
• all’infedeltà nei confronti di marche che non rispettino l’ambiente
• alla medicina senza medicine
• alle cure termali
Il frequentatore di agriturismi non è quindi una persona di bocca buona, anzi,
in genere è una persona che ha molto viaggiato e che ha quindi
conoscenza degli standard di servizio proposti da alcune strutture turistiche e
non.
Certamente siamo in presenza di un consumatore consapevole che SCEGLIE:
• di allontanarsi dai luoghi congestionati dell’offerta turistica tradizionale
• di vivere un’esperienza naturale in un ambiente diverso
• di stabilire un contatto anche culturale tra mondo urbano (il suo) e mondo
agricolo (quello del gestore dell’agriturismo).
Vicino al tema ECO-TURISTICO e, per certi aspetti, determinante è quello
dell’ENOGASTRONOMIA ITALIANA, che si sta configurando sempre più come
“plus” della vacanza.
Per questo abbiamo allegato a questa ricerca lo studio condotto da Contesti
Turistici tra febbraio e marzo di quest’anno su un campione rappresentativo
di 850 interviste.
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(b)
TURISMO WUNDERKAMMER
Il turismo wunderkammer (la camera delle meraviglie) riguarda le città
(soprattutto le città d’arte, ma non solo), e si colloca sulla sponda opposta
rispetto all’eco-turismo.
Si tratta di un turismo organizzato e prevalentemente di massa, che va ad
intercettare un altro profilo di consumatore. Qui siamo in presenza di un
consumatore espressione diretta del consumismo degli anni ante crisi, di un
turismo, come è stato definito, “mordi e fuggi del tour tutto compreso”.
Il caso limite è concentrato su Venezia. Scrive a questo proposito Fabris:
”Venezia che ha appena toccato la soglia di flusso dei 60 mila residenti e
che è interessata da un esodo di grande proporzione (solo 40 anni fa il
numero di residenti era il doppio di oggi e nel lontano Quattrocento contava
200 mila residenti), è visitata OGNI GIORNO da 200.000 turisti. Saranno il
doppio tra 10 anni. Gli abitanti fuggono e la consegnano alla monocultura
turistica”.
Stiamo parlando di un turista che vede la città in pochissimo tempo, magari
solo dal finestrino di un pulmann e con soste pianificate di pochi minuti per
consentire di scattare le classiche foto ricordo.
E stiamo parlando delle città d’arte italiane, ma anche delle città tout court,
come Milano ad esempio, che ha visto fiorire questo tipo di turismo in modo
forte e imprevedibile. E stiamo parlando
anche del cosiddetto “Turismo
d’Affari”.
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Stiamo parlando cioè dell’esasperazione del tutto compreso e della rapidità,
di un FAST TOURISM, contrapposto ad uno SLOW TURISM.
Ancora una volta stiamo parlando di un consumatore molto articolato, che
al suo interno nasconde contraddittoriamente un’anima slow e un’anima
fast.
Ma ancora una volta dobbiamo rimarcare il superamento delle espressioni
utilizzate e delle caduta di tanti luoghi comuni.
Prendiamo ad esempio l’espressione CITTA’ D’ARTE.
Per il sistema turismo di tipo consumistico le città d’arte sono poche, Roma,
Venezia, Firenze…Viste queste, viste tutte, sembrano dire.
In realtà, per restare all’Italia, abbiamo già dato conto della quantità di
opere d’arte, di monumenti, di centri storici, di chiese e di musei e possiamo
dire che quasi non esiste comune italiano che non abbia una qualche rarità
artistica e monumentale, e i comuni italiani sono quasi 9.000.
Non è questa certo la sede per addentrarci in un’analisi seria dei problemi
emersi attraverso la semplice citazione di due esempi contrapposti come
quelli indicati, ma ciò che emerge in modo esemplare è:
un senso di generale inadeguatezza
Di fronte ai grandi cambiamenti in atto, accelerati in modo esponenziale
dalla crisi economica, sembra di notare un prevalere della via ADATTATIVA
rispetto all’auspicata via INNOVATIVA.
Sembra cioè che l’intero comparto stia aspettando che “passi la nottata” e
non che stia provando ad innovare.
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Soprattutto, sembra che non ci si accorga dei grandi cambiamenti già
intervenuti nella nostra famiglia Rossi e che si stia sottovalutando l’opportunità
che una ripresa di responsabilità potrebbe portare a cogliere.
In queste condizioni, il posizionamento di DIFESA rischia di essere perdente e
prelude ad un costo molto più alto rispetto a quello necessario per innovarsi.
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6.1 L’agenzia viaggi oggi
In una recente indagine, svolta da TTG Lab (TTG Italia) – su un campione di
450 agenzie di viaggi italiane – e relativa alla struttura dell’agenzia viaggi,
sono emersi alcuni dati molto interessanti ai fini della nostra analisi, che ci
permettono di entrare maggiormente in argomento.
Quando parliamo di agenzia viaggi dobbiamo considerare che ci troviamo
di fronte ad una struttura:
• giovane
• piccola
• frequentata in media da 70 persone a settimana
• ubicata in centro città fronte strada
• nella quale lavorano poche persone
• dotata di almeno due vetrine
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GIOVANE
“Sfiora il 46% il numero delle agenzie nate dopo il 2000, mentre solo il 4%
dimostra un’anzianità superiore ai 50 anni”.
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PICCOLA
La superficie media delle agenzie intervistate è di 65 mq.
FREQUENZA
L’agenzia viaggi riceve in media 70 persone a settimana
UBICAZIONE
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“E’ netta la prevalenza del posizionamento nel centro delle città (58.39%),
anche se non sono disdegnate le scelte ritenute più strategiche, come
stazioni, porti e aeroporti”.
DIPENDENTI
Sul campione complessivo abbiamo estratto un panel di 160 agenzie per verificare la correlazione tra anno di
apertura e numero di dipendenti
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“L’agenzia viaggio è piccola anche sotto il profilo del numero delle
persone impiegate. Infatti quasi il 78% dichiara un numero di dipendenti
massimo di 5 persone, con un 48.45% attestato su 1 o 2.
Interessante è la correlazione tra il numero dei dipendenti e la data di inizio
attività: le agenzie “giovani” sono prevalentemente familiari e di
dimensione molto piccole”.
VETRINE
Essendo ubicate prevalentemente nel centro delle città fronte strada, le
agenzie viaggi intervistate dichiarano di possedere almeno:
1 vetrina (17%)
2 vetrine (33%)
3 vetrine e più (50%)
e pensano che la vetrina contribuisca a portare nuovi clienti in agenzia
e per questo motivo rinnovano la vetrina con molta frequenza
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CAMBIAMENTI & RISTRUTTURAZIONI
Le
agenzie
viaggi
intervistate
sembrano
coscienti
del
ruolo
del
cambiamento della propria sede e dichiarano di aver effettuato:
• rinnovamento degli arredi (nel 70% dei casi)
• rinnovo dell’illuminazione (nel 35% dei casi)
• rinnovo nel colore delle pareti (nel 45% dei casi)
La tabella ci dice che un numero importante di agenzie (più del 40%) non
ha realizzato cambiamenti in epoca recente e solo l’11.18% ha rinnovato
da poco.
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Al di là dei numeri e del profilo emerso dall’indagine di TTG LAB (che non
hanno bisogno di alcun commento, tanto sono illuminanti), quando parliamo
di agenzia viaggi dobbiamo ricordare che stiamo trattando di un settore
diffuso su tutto il territorio nazionale e rispetto al quale il profilo emerso
incomincia a diffondere una realtà molto particolare.
Tale realtà, come vedremo meglio più avanti, ci permette di comprendere
tutte le resistenze al cambiamento già individuate, così come tutte le possibili
innovazioni e tutte le tendenze in atto.
Ricordiamo che stiamo parlando di circa 11.000 imprese, per non meno di
25/30.000 addetti, che generano un volume d’affari di circa 12.5 miliardi di
euro.
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Ecco i dati regione per regione.
AGENZIE VIAGGI (*) E TOUR OPERATOR IN ITALIA
Zone
N°
Fatturati (milioni)
F/N
Piemonte
826
1.281
1.480
Val d’Aosta
39
in
in
Piemonte
Piemonte
Lombardia
2.012
2.955
1.468
Liguria
349
387
1.108
NORD OVEST
3.226
Trentino A.A.
140
112
800
Friuli V.G.
162
138
851
Veneto
890
899
1.010
Emilia R.
678
771
1.137
NORD EST
1.870
Toscana
918
1.073
1.168
Umbria
181
164
906
Marche
204
207
815
Lazio
1.290
1.593
1.235
CENTRO
2.643
Abruzzo
217
168
774
Molise
34
24
706
Campania
1.108
1.050
948
Puglia
498
357
717
Basilicata
72
37
514
Calabria
277
194
700
28.7
16.6
23.5
4.623
1.920
3.037
36.7
15.2
24.1
1.433
1.026
1.149
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SUD
2.206
19.6
1.830
14.5
829
Sicilia
972
901
927
Sardegna
330
264
800
ISOLE
1.302
11.6
1.165
9.5
895
ITALIA
11.247
100.0
12.575
100.0
1.118
Fonte: Istat 2007 e Infocamere
(*) si tratta di agenzie viaggi con licenza di Tour Operating
La lettura della tabella ci permette di aggiungere nuove informazioni a
quanto abbiamo visto fino a questo momento sia sotto il profilo strettamente
numerico, sia sotto un profilo geografico.
In base ai numeri emerge che:
• l’agenzia viaggi media italiana ha un volume di fatturato superiore al
milione di euro l’anno, con un massimo in Lombardia (1,468, con un +31%
rispetto alla media nazionale), seguita da Piemonte e Lazio, e con un
minimo in Basilicata (0,54, con un -54% rispetto alla media nazionale),
preceduta da Calabria e Molise.
• il NORD OVEST, con il suo 36.7% del fatturato e il suo 28.7% del numero delle
agenzie è di gran lunga l’area geografica più importante, e al suo interno
vede la Lombardia al primo posto assoluto, con il 23.5% del fatturato (quasi
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quanto quello realizzato dall’area Centro nel suo totale), seguita dal
Piemonte-Valle d’Aosta (10.2%) e Liguria (3.0%)
• il CENTRO, si colloca al secondo posto sia per il numero di agenzie (23.5%),
sia per il fatturato (24.1%) e al suo interno primeggia il Lazio (12.6%) seguito
da Toscana (8.5%) e da Marche e Umbria
• il SUD, si colloca al terzo posto come numero di agenzie e al quarto come
fatturato (14.5%), ma se si aggiungesse anche il peso dell’area ISOLE,
sarebbe al primo posto per numero di agenzie e al secondo posto (quasi a
pari merito con l’area CENTRO) per fatturati
• il NORD EST, si colloca quindi all’ultimo posto (se consideriamo, come ci
sembra corretto, Sud e Isole come appartenenti ad un’unica area) sia per
numero di agenzie (16.6%) sia per fatturati (15.2%) con, al suo interno, il
primato del Veneto sull’Emilia Romagna
Per cercare di capire “come” si muovono le agenzie viaggi rispetto alla
promozione e soprattutto alla vendita, possiamo ancora affidarci all’indagine
svolta da TTG LAB perché i dati che emergono sono illuminanti in proposito.
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PROFILO DELLA CLIENTELA
Il cliente dell’agenzia viaggi italiana è:
- prevalentemente il privato (87.58%)
- una coppia (42.86%)
- adulto (75.78%)
Ecco i dettagli:
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PROFILO DEL LAVORO
Il lavoro dell’agenzia viaggi si sviluppa:
- sul viaggio (45% del totale)
- che è organizzato per destinazioni all’estero
(44.10% in Europa e 35.40% nel Resto del Mondo)
- solo per l’8% nella biglietteria (prevalentemente aerea 66%)
- mentre il viaggio di nozze vale meno del 10% per il 40.37%, mentre arriva
a superare il 20% nel 12.42% dei casi
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PROFILO DELLA PROMOZIONE
“La vetrina è il mezzo più utilizzato per promuovere il lavoro, seguito
dall’uso di Internet e, con minore frequenza, eventi, quotidiani locali e TV.
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In genere l’agenzia viaggi italiana non sembra propensa a partecipare
alla promozione del territorio sul quale opera, non ritenendola importante.
“E’ molto alta la percentuale delle agenzie che utilizzano la propria sede
come spazio per la realizzazione di eventi”.
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In quanto ai network, da un’indagine realizzata dal Centro Studi TCI nel
settembre dello scorso anno, emerge una realtà molto importante che
permetterebbe di affermare (se confermato) che più del 50% delle agenzie
viaggi italiane è in qualche modo legata ad un’insegna specifica.
I PRIMI DIECI NETWORK DI AGENZIE VIAGGI OPERANTI IN ITALIA
NOME
N° AGENZIE
Welcome Travel Group
937
Blu Holding (*)
803
Uvet ITN
768
Bravo Net
699
Open Travel Network
455
HP Vacanze Network
453
G40 Travel Group
447
Giramondo Viaggi
436
Travel Co.
330
Robintur+Viaggia con noi
301
(*) comprende Bluvacanze, Cisalpina Tours, Vivere&Viaggiare
Il network è la risposta giusta?
A giudicare dai numeri sembrerebbe di poter rispondere in modo
affermativo, soprattutto oggi che si fa un gran parlare di RETI di filiera. Il
network permette:
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• di non sentirsi isolati
• di poter disporre di “prodotti” qualificati e già predisposti
• di poter contare su piani di comunicazione adeguati
• di poter contare su un riferimento manageriale
Da questo punto di vista il network ha rappresentato la risposta corretta
rispetto alle esigenze del passato, ma la domanda giusta dovrebbe essere:
il network è ANCORA la risposta giusta?
Di fronte al nuovo consumatore e alle sue nuove esigenze, di fronte alla
situazione di crisi attuale, ma soprattutto ai suoi ancora oscuri esiti, riteniamo
che la risposta corretta sia:
dipende
Dipende da quanto ogni singolo network saprà fare in termine del dovuto
salto di qualità che abbiamo indicato quando (nel paragrafo “Agenzie
viaggi: prime osservazioni generali”) siamo stati messi di fronte alla RETE DELLE
INTERCONNESSIONI emerse.
Cosa potrà fare un network rispetto ai 6 campi di azione (immagine, nome,
spazio fisico, concetto formale, layout, prodotti & servizi) e alle 9 evidenze
(consumi della famiglia Rossi, ben-essere Vs ben-avere, nuovo consumatore,
nomadismo mediatico, web italiani e nuovi italiani, donne e sistema turismo)?
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Cosa potrà ottenere IN PIU’ una singola agenzia viaggi legandosi ad un
network in modo diverso?
Il punto focale è proprio questo:
• da un lato, troviamo tutti i cambiamenti in atto, con il loro portato di
insicurezza e di opportunità
• dall’altro, troviamo la necessità di cambiare, nel tentativo di intercettare
con successo le nuove opzioni che si stanno manifestando
Il problema riguarda tutti, agenzie di viaggi indipendenti e grandi network,
perché è l’intero settore chiamato a dare risposte, ed è nostra opinione che
non saranno ammesse né furbizie, né scorciatoie.
Quando tutto cambia con questa rapidità, occorre armarsi di modestia e di
coraggio; non sono ammesse interpretazioni gattopardesche del tipo
“affinché tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Non sarà
attraverso un semplice maquillage che si potranno affrontare e risolvere i
problemi, a partire da una presa di consapevolezza del proprio status, per
esempio: prendendo atto che l’agenzia di viaggi è un media, il più potente
che si possa immaginare.
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7. L’agenzia viaggi è un media
L’agenzia viaggi è un media per almeno due motivi:
• perché è il tramite che permette di trasformare la conoscenza in
esperienza
• perché è il luogo nel quale avviene la LETTURA più importante di tutta la
catena della comunicazione relativa al sistema turismo
L’idea di concepire un negozio (un qualunque negozio) come se ci
trovassimo di fronte ad un media non è nuova.
Sempre più, in tanti settori, la cura per il punto di vendita è diventata
prioritaria
perché
ci
si
era
accorti
che
lungo
l’intera
filiera
della
comunicazione proprio il punto di vendita restava il più trascurato:
• prima di tutto perché il negozio non era (per la maggior parte dei casi)
un’esclusiva della marca “a” o “b” o “c”, ma, quasi per definizione, era
costretto a presentare e a vendere “N” marche diverse
→ e quindi la singola marca cercava di investire su altri media, in modo
da andare direttamente al potenziale consumatore, scavalcando in
questo modo il negozio o, al più, indicandone il nome a lato della
pubblicità
• in secondo luogo, perché l’onda lunga del consumismo era ancora attiva
e quindi i media principali erano senza dubbio la televisione, la radio, la
carta stampata e le affissioni
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→ e quindi la singola marca pianificava il suo budget di comunicazione in
modo da ottenere l’audience più elevata possibile
Ma qualche anno fa, quando l’evento della globalizzazione stava
incominciando a mostrare la sua forte componente competitiva, si capì che
in modo abbastanza repentino il centro di tutta la filiera si stava spostando
dalla produzione alla distribuzione.
Da quel momento è cambiato quasi tutto e la distribuzione non solo si è
moltiplicata (in forme e quantità), ma si è così diversificata da imporre il suo
primato a tutta la filiera. Così, oggi, non esiste azienda di produzione che,
prima ancora di progettare un nuovo prodotto non si faccia la domanda su
come e dove distribuirlo.
Le reazioni sono state diverse da parte della produzione:
• si sono aperte catene in franchising (vere o di servizio)
• si sono aperti negozi monomarca (flagship store)
• si è cercato di conquistare spazio all’interno del punto vendita (corner,
vetrine, materiale P.O.P.)
• sono stati trasformati gli spacci aziendali in veri e propri outlet monomarca
• sono state destinate parti importanti della produzione a specifici marchi di
distribuzione (private label)
• sono stati creati club (network) di partnership specializzate
Il motivo di tutto ciò?
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I motivi sono stati molti, ma quello che certamente ha giocato un ruolo
decisivo è stato:
l’atteggiamento del consumatore
che, di fronte a, quello che a ragione può essere definita RIVOLUZIONE
DISTRIBUTIVA, è profondamente cambiato.
E’ da lì che nasce la cosiddetta “infedeltà” del consumatore rispetto alla
marca, che altro non è, dal suo punto di vista, che una raggiunta nuova
libertà.
Si è cioè capito che la vera questione della scelta tra una marca o un’altra
avveniva esattamente nel luogo fisico deputato alla vendita: il negozio.
Così come si è capito che andava aggiornato tutto l’armamentario
metodologico relativo alla pianificazione “pubblicitaria”, soprattutto dando
più valore a ciò che fino a quel momento, e in modo anche un po’ classista,
veniva definito “below the line”.
In questo modo abbiamo assistito ad una forte crescita di interesse nei
confronti del punto di vendita, che è diventato:
• sempre più curato nell’allestimento
• attento all’accoglienza
• e con specifici interventi sia nella formazione del personale addetto, sia nei
criteri informativi
Tutto questo è avvenuto in quasi tutti i settori e sotto gli occhi di tutti.
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Ma la “rivoluzione” era solo agli inizi, perché in anni più vicini a noi, e
soprattutto per effetto delle innovazioni tecnologiche e del web, abbiamo
assistito ad un ulteriore salto di qualità del punto di vendita:
• sia sotto il profilo della specializzazione
(che
di
pari
passo
è
stata
accompagnata
dalla già
ricordata
frammentazione dei media tradizionali)
• sia sotto il profilo della consapevolezza
(anche in questo caso di pari passo accompagnata dall’invasione del
web e dalla sua capacità di generare interazione e passaparola)
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Nel settore delle agenzie di viaggi, tutto questo vento di rinnovamento
sembra non essere mai arrivato, almeno a giudicare da quanto si vede in giro
nelle nostre città.
Le due foto rappresentano le vetrine di un’agenzia immobiliare e di
un’agenzia viaggi, e appaiono desolatamente uguali.
Non saranno tutte così, certo. I network hanno contribuito a portare novità,
giusto anche questo. Ma la verità è che l’intero settore sembra preda di una
disarmante passività, come se per la vendita di un viaggio o di una vacanza
non occorresse altro che un annuncio in vetrina, e magari scritto a mano.
In realtà le cose stanno in modo diverso:
• le agenzie viaggi comprendono benissimo la portata del cambiamento,
sentono che il cambiamento generale sta toccando anche loro, ma al di
là di alcuni interventi strutturali (arredi, illuminazione, pareti e pavimenti)
non
sembrano
ancora
consapevoli
del
fondamentale
ruolo
che
rappresentano e di conseguenza non osano andare oltre
• i network stanno facendo qualche cosa di più, soprattutto con l’intento di
aumentare il valore percepito del loro brand, ma stanno puntando
eccessivamente sui loro “prodotti” e ancora poco sui VALORI che i loro
prodotti rappresentano. Fanno una politica di marca, ma non riescono
ancora (salvo rare eccezioni) a fare una politica di BRANDING
In generale, la lacuna più vistosa che ci sentiamo di segnalare è quella di
considerare il potenziale cliente come target da colpire, e non ancora come
partner da conquistare
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L’intera comunicazione del settore è vittima, in qualche modo, di questa
realtà perché ancora non si è compreso che la comunicazione è basata su
due presupposti: il comportamento e la relazione.
Per gestire bene il comportamento di una comunicazione occorre essere
coscienti dei valori (oltre che dei prodotti e dei prezzi) che si esprimono.
Per impostare una comunicazione basata sulla relazione è necessaria la
continuità e l’interattività. Ragionando in questo modo si riesce a cogliere in
pieno il significato dell’espressione:
L’AGENZIA VIAGGI E’ UN MEDIA
perché è nel luogo fisico “agenzia” che si incontrano le persone ed è lì che
possono venir fatte le valutazioni tra cosa si enuncia e cosa si fa
(comportamento) e tra come si enuncia e come si spiega (relazione).
Tutto ciò, se ci ricordiamo quanto è stato detto nella prima parte di questa
ricerca, diventa particolarmente attuale e persino indispensabile quando ci
mettiamo dalla parte della nostra famiglia Rossi e dei suoi nuovi
comportamenti d’acquisto.
Ricordate l’espressione CONSUM-ATTORE? (solo per citare la più eclatante).
Ebbene, di fronte ad un simile consumatore che abitualmente utilizza Internet
per informarsi e per conoscere, che cosa sarebbe in grado di offrire in più
un’agenzia di viaggi?
Perché un simile consumatore dovrebbe essere indotto a frequentare
un’agenzia viaggi REALE, quando sul web ne ha a disposizione migliaia
anche se VIRTUALI?
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Se proviamo a rispondere insieme, ci accorgiamo subito che anche l’agenzia
viaggi reale è descrivibile come una sorta di MACCHINA PER VENDERE dotata
(come quella virtuale) di un hardware e di un software.
Ed è nella precisa elencazione delle componenti hardware e software
dell’agenzia viaggi reale che potremo incontrare:
• sia le differenze (con l’agenzia virtuale)
• sia le opportunità non colte, nascoste nell’hardware e nel software
Il consumatore non acquista mai un prodotto, ma un mix composto dai tanti
elementi che ogni singola agenzia è in grado di mettere in campo in base
alla sua particolare filosofia di vendita.
Il nostro nuovo consumatore acquista prevalentemente esperienze.
La domanda allora diventa:
perché il media agenzia viaggi non sta sfruttando il suo mix di vendita?
Forse si tratta di un percorso appena iniziato, o forse siamo in presenza di un
eccesso di modestia, ma nei fatti, ciò che pensiamo stia accadendo è una
sorta di visione adattativa, basata solo sulla conoscenza diretta del proprio
fare.
Ciò che tutti conoscono della propria “macchina per vendere” è
rappresentata dallo schema seguente:
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Capovolgendo il socratico “so di non sapere”, possiamo tentare d’affermare
NON SAPPIAMO DI SAPERE perché facciamo fatica a considerare in modo
diverso ciò che tutti i giorni abbiamo sotto ai nostri occhi.
Semplicemente riorganizzando le conoscenze che possediamo possiamo
infatti descrivere SCHEMI DI LETTURA DIVERSI, capaci di far comprendere a noi
stessi, ma soprattutto agli altri che siamo in grado di capire e di confrontarci
con il mondo cambiato nel quale ci troviamo.
Osserviamo ad esempio come cambiano le cose semplicemente mettendo
gli elementi hardware e software in modo differente
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Da una visione verticale, siamo passati ad una visione circolare rispetto alla
quale hardware e software dell’agenzia viaggi cambiano la loro funzione
semplicemente avendo introdotto la distinzione ESTERNO-INTERNO.
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7.1. Il ruolo della vetrina
All’interno di questo ragionamento sull’agenzia viaggi come media, un ruolo
molto importante è quello giocato dalla VETRINA.
Ma cos’è una “vetrina”?
Il dizionario ci suggerisce che “vetrina” altro non è se non una specie di
scambio per mettere in mostra, per mostrare…
E “mostrare” deriva dal latino MONSTRUM, prodigio, segno degli Dei.
Utilizzando questo concetto domandiamoci:
1. Qual è il “monstrum” che l’agenzia viaggi mette in vetrina?
2. Come si mostra un viaggio o una vacanza?
3. Quando si mostrano?
4. Dove si mostrano?
5. Perché si mostrano?
E notiamo subito che la sequenza
COSA (CHI)
COME
QUANDO
DOVE
PERCHE’
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è esattamente la sequenza utilizzata in tutte le scuole di giornalismo per
sintetizzare come dovrebbe essere fatto un articolo da un bravo giornalista.
Il parallelo ci permette di passare dal concetto di:
- VETRINA a quello di MEDIA perché entrambi i concetti prevedono
o EDITORE
(proprietario dell’agenzia)
o TESTATA
(insegna dell’agenzia)
o USCITE
(calendario)
o COPERTINA
(il visual della vetrina)
o CONTENUTI
(i prodotti e i servizi proposti)
o PUBBLICITA’
(gli accordi con i fornitori)
Ma se la vetrina è un media, allora l’editore non può pensare di uscire tutti i
giorni (se il media è un quotidiano), tutte le settimane (se il media è un
settimanale), tutti i mesi (se il media è un mensile) con la stessa copertina e
con gli stessi contenuti.
Le uscite presumono un PALINSESTO, un PROGRAMMA EDITORIALE pensato in
precedenza, un CALENDARIO preciso.
E’ subito evidente che un simile modo di procedere presume:
• la perfetta conoscenza del proprio territorio e del profilo del proprio
“lettore”;
• la disponibilità a valorizzare l’agenzia di vendita proprio a partire dalla
vetrina;
• la perfetta conoscenza dei propri prodotti.
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A queste condizioni: la vetrina diventa il principale media a disposizione
dell’agenzia viaggi
perchè la vetrina INFORMA
FORMA
EMOZIONA
FIDELIZZA
Il problema, come si vede, non è quello di comprendere l’importanza della
vetrina, perché su questo punto crediamo si possa essere tutti d’accordo, ma
diventa il COME realizzare la trasformazione della vetrina in un media, e di
successo per giunta.
Il suggerimento che ci sentiamo di dare è quello di pensare allo spazio della
vetrina come se ci si trovasse di fronte ad un piccolo teatro, un piccolo
palcoscenico sul quale andranno in scena rappresentazioni diverse.
La prima cosa da fare sarà dunque quella di predisporre:
• il palcoscenico
punto di vista, quinte, profondità
• le luci
per facilitare, per direzionare, per colorare
• le scene
distinte in costanti, variabili, ma soprattutto flessibili
Il punto è che questo ragionamento, se vogliamo restare al concetto di
media, non potrà essere fatto una volta, ma dovrà essere ripetuto secondo
una cadenza precisa (mensile, quindicinale, settimanale in base alle esigenze
del territorio, ma soprattutto in base al numero di vetrine).
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COME COSTRUIRE UN PALINSESTO RAGIONATO
ELEMENTI
MESI
G F
M A
M G
L
A
S
O N
D
STAGIONALITA’
TERRITORIO
EVENTI
Una modalità classica di intervento è quello che si ottiene, considerando:
• da un lato i mesi dell’anno
• dall’altro alcuni elementi (o costanti); nel nostro caso la stagionalità, il
territorio e
gli eventi
In base alla stagionalità si potranno considerare:
- le stagioni dei viaggi, le stagioni delle vacanze (estive e invernali), la
stagione dei matrimoni, e così via, e si andranno a collocare puntualmente
nei mesi più indicati;
In base al territorio si potranno considerare:
- le occasioni di festa del territorio (dalla festa del Santo Patrono a tutte le
eventuali ricorrenze culturali, sportive, spettacolari organizzate nel proprio
comune di residenza e nei dintorni) e anche queste si andranno a
collocare nelle date precise del calendario;
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In base agli eventi nazionali e internazionali più interessanti rispetto alla
conoscenza del profilo del proprio pubblico, si potranno considerare:
- eventi e ricorrenze storiche, grandi manifestazioni sportive e culturali,
grandi spettacoli e come per gli altri due elementi (o costanti) si andranno
a collocare nelle date precise del calendario.
Al termine di questo lavoro si otterrà per ogni mese una serie di indicazioni:
che rappresenteranno la messa in scena unica e originale delle proprie
vetrine
Cosa avremo ottenuto operando in questo modo?
Saremo stati capaci di offrire alla nostra particolare famiglia Rossi delle
occasioni di contatto con noi.
La vetrina sarà diventata un: ancoraggio costante con il territorio un modo
per dimostrare la vitalità e l’attenzione dell’agenzia nei confronti del proprio
pubblico.
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8. Verso un made in Italy
delle agenzie di viaggi
L’ultimo rapporto Censis 2010, con una retrospettiva impietosa, ma salutare
della società italiana degli ultimi dieci anni, ci avverte che in Italia è
aumentata la “fatica di vivere” perché in questo periodo tutto sembra essere
franato verso il basso e, quando tutto frana, a crescere è solo il deserto.
Sostiene infatti il Censis: ”Abbiamo resistito ai mesi e agli eventi più
drammatici in virtù della qualità strutturale del nostro modello di sviluppo
(n.d.a.: ”il piccolo è bello” tiene); pur con una evidente fatica del vivere e
dolorose emarginazioni occupazionali, abbiamo tenuto il livello dei redditi e
dei consumi; negli ultimi mesi abbiamo una riemersione della fiducia in una
per ora incerta ripresa; qualche sintomo di movimento comincia ad essere
registrato, specie sul piano della presenza di tante nostre imprese sui mercati
emergenti. Arrivano quotidianamente ondate di paura, quasi sgomento, di
fronte all’aggressività della speculazione finanziaria internazionale sui nostri
conti pubblici; ma la psicologia collettiva non le introietta, forse perché sono
paure che vengono da circuiti lontani, non dominabili dai soggetti del
sistema (…)”.
Si ha l’impressione che tutto si sia appiattito e che stia vincendo una sorta di
dimensione orizzontale e vuota, all’interno della quale sono saltati tutti gli
ancoraggi noti.
In questo modo si assiste, quasi completamente indifesi, alla crescita
dell’INDISTINTO, una specie di NO-LOGO generalizzato che non fa sconti a
nessuno. Basti pensare alla perdita dei primati della marca e del MADE IN
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ITALY, ma anche all’offerta televisiva e, paradossalmente, al successo di
Internet e delle telecomunicazioni.
Se tutto è indistinto spariscono i valori della differenziazione e subentra una
modalità di approccio alle scelte (delle cose, dei servizi, della politica e
persino della cultura) caratterizzata dalla pragmaticità e dal cinismo (del qui
è ora, del consumo immediato, senza porsi domande sul futuro).
Così, mentre tutti avremmo bisogno di regole di comportamento, cresce ciò
che il Rapporto Censis 2010 chiama S-REGOLAZIONE.
Mancando i disciplinari o essendo saltati quelli tradizionali, a vincere è
l’autoreferenzialità che, sul piano individuale, si trasforma in egoistico
narcisismo, per poi cadere nell’incubo depressivo.
In altre parole: se dieci anni fa potevamo progettare il futuro potendo
contare su alcune solide sicurezze di base, oggi lo possiamo fare solo
appoggiandoci a insicurezze.
E quando tutto è in movimento è difficile stabilire la rotta.
Come giudicare, per esempio, il turismo alla Truman Show che produce
milioni di dollari di investimento e milioni di dollari di ricavi un po’ in tutto il
mondo?
Cos’è il Tropical Island costruito a 40 km. da Berlino, nel quale un cartello
all’entrata rassicura “Qui niente Tsunami” e offre un mare tropicale artificiale,
una spiaggia tropicale artificiale in mezzo a una foresta tropicale di 500 alberi
veri?
Cosa sono i Movie Park di Botrop e L’Europa Park di Friburgo (nel quale in un
solo giorno si può visitare l’intero vecchio continente europeo)?
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Cos’è lo Sky Dubai ubicato in pieno deserto (+40° di temperatura) con 6 mila
tonnellate di neve artificiale e con una caverna di ghiaccio (a -10° di
temperatura) nella quale vivere l’esperienza del freddo polare?
E ancora, cos’è il Venezian Hotel di Las Vegas (7 mila camere affacciate su
un Canal Grande artificiale con vere gondole e veri gondolieri)?
D’accordo, ci sono circa 3 mila miliardi di euro (il fatturato annuo del turismo
mondiale) da intercettare, ma vi sembra questo il modo?
Il virus dell’insicurezza ha così tanto intaccato le nostre menti da farci vedere
lucciole per lanterne e da farci dire che sono anche più belle?
Affacciati ad un trompe l’oeil, che raffigura il mare, saremo più tranquilli di
quando seduti sulla spiaggia (vera) di un qualsiasi mare (vero) guarderemo
un bel tramonto lontano?
Business is business, siamo d’accordo e non è dunque il caso di criminalizzare
il turismo alla Truman Capote, ma ciò che sta sfuggendo, ritornando all’Italia
e agli italiani, è il confronto con la realtà.
E la realtà ci sta dicendo altro.
Per esempio, ci sta dicendo che l’apparente iper informazione prodotta da
Internet ha si “aperto gli occhi” agli italiani, ma ha prodotto e sta
producendo delle brutte “congiuntiviti”.
Si tratta del già più volte ricordato paradosso:
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dell’aumento della conoscenza a scapito dell’esperienza, uno dei punti
fondamentali per ripartire a progettare turismo e agenzie viaggi del futuro
in Italia
Lo abbiamo visto e rivisto, ma in questo momento ci preme sottolineare
soprattutto un punto:
il made in Italy
Quando si parla di “made in Italy” normalmente ci si riferisce a cinque
concetti, tutti definibili con parole che iniziano con la A (il made in Italy delle
5 A):
• Abbigliamento
• Arredamento
• Automotive
• Alimentazione
• Arte
In tre casi su cinque però l’etichetta “made in Italy” ha ricevuto forti scossoni
strutturali, causati principalmente dalla globalizzazione (con la nefasta
conseguenza della delocalizzazione).
In tre casi su cinque abbiamo assistito ad una pericolosa divaricazione tra
progettazione (design) e produzione (fabbrica), al punto che oggi, in molti
settori, ci si accontenta di una supervisione italiana nel progetto e di una
seconda lavorazione (assemblaggio) del prodotto. Ma, operando in questo
modo, stiamo dimostrando di giocare la carta del made in Italy in modo
truccato.
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Stiamo parlando dell’Abbigliamento, dell’Arredamento e dell’Automotive
(anche se quest’ultimo si sta dimostrando il più virtuoso).
Riducendo all’osso la questione possiamo affermare che l’impoverimento del
made in Italy è stato compensato dagli altri due settori Alimentazione e Arte.
Forse non per merito, ma solo perché impossibili da delocalizzare, i due settori
sono oggi i più importanti testimoni del made in Italy.
Si tratta, in entrambi i casi, di settori che hanno un rapporto molto stretto con
l’analisi che stiamo conducendo. I motivi sono talmente evidenti che non
vale la pena di aggiungere altro. Ciò che invece va rimarcato è:
in che modo il made in Italy ricade e potrebbe ricadere sull’agenzia viaggi
Quando la nostra ormai famosa famiglia Rossi entra in un’agenzia viaggi
italiana, in che modo ne può apprezzare il suo “essere made in Italy”?
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Siamo d’accordo sul fatto che l’agenzia deve essere in grado di
accompagnare la famiglia Rossi in base alle sue esigenze (Estero e Italia), ma
ciò che stiamo cerando di dire è:
in che modo si esprime (o potrebbe esprimersi) l’italianità dell’agenzia?
E prima ancora
sarebbe importante per l’agenzia viaggi italiana essere riconosciuta per
uno STILE ITALIANO?
Naturalmente la nostra opinione è
molto positiva al riguardo, ma
probabilmente esprime un parere molto controcorrente perché:
• soccombe sotto il peso di un luogo comune (non privo di verità per altro)
secondo il quale la famiglia Rossi è esterofila per definizione
• soccombe sotto il peso della standardizzazione delle proposte animata da
un circolo vizioso come è quello dell’audience televisivo (“facciamo i
programmi che la gente guarda”) mentre si dovrebbe alimentare un
circolo virtuoso del tipo “guardiamo la gente per fare i programmi”
• soccombe sotto il peso dell’inevitabilità delle proposte animata da
abitudine, mode e mancanza di volontà nel realizzare fino in fondo il
rischio di impresa (lo stesso che porta un editore a pubblicare i soliti noti o
un impresario teatrale a mettere in scena le solite commedie)
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Eppure varrebbe la pena di provare ad andare controcorrente.
Non per il gusto dell’avventura (che comunque sarebbe già un modo diverso
di operare), ma proprio in funzione di tutto quanto abbiamo visto fino a
questo momento in tema di cambiamenti.
Ancora una volta dobbiamo ammettere che il consumatore è più avanti, il
nuovo consumatore per lo meno.
Il nuovo consumatore che è RE, ATTORE e AUTORE, che è sempre più
consapevole dei valori del BEN-ESSERE e che dunque sarebbe pronto a
ricevere un’offerta diversa.
Cosa impedisce ad un’agenzia viaggi di:
• farsi tramite tra le realtà gastronomiche, le industrie e la storia del proprio
territorio?
• promuovere, in rete con altre entità, l’autenticità del passato del proprio
territorio?
• organizzare scambi con altre agenzie?
• aumentare la gamma dei prodotti offerti, affiancando (gradualmente
magari) a quelli più standardizzati e omologati (compreso il turismo alla
Truman Show), nuovi e innovativi prodotti che possono essere “agiti” solo in
quel territorio e in nessun altro?
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• darsi un’immagine autenticamente locale, senza perdere quella globale?
Se nulla lo impedisce, perché l’innovazione fa così fatica ad emergere?
La risposta ancora una volta è complessa, ma anche di una semplicità
disarmante: forse l’innovazione fa fatica ad emergere perché si affronta il
futuro con modelli del passato
E’ del tutto evidente infatti (ricordate la griglia dei 6 campi e delle 9 aree?)
che per entrare dignitosamente in un nuovo mondo, come minimo
dobbiamo impararne la lingua. Non possiamo, ad esempio, parlare di
agenzia viaggi come media o di agenzia viaggi made in Italy e continuare
ad utilizzare gli strumenti del marketing tradizionale, magari anche sofisticato,
ma incapace di “leggere” la nuova realtà cambiata nella quale ci stiamo
trovando.
Il salto di qualità necessario è:
- nel metodo e
- nei fatti
Entrambe le cose sono necessarie: i fatti sono sotto gli occhi di tutti (basta
avere voglia di vederli), il metodo ancora non c’è.
Lo vedremo meglio nel prossimo paragrafo.
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8.1 Bisogni, desideri, esperienze
L’agenzia viaggi italiana è una sorta di opera incompiuta, nella quale (stiamo
sempre parlando in generale) sembra che il tempo si sia fermato ad
un’epoca nella quale ancora si parlava di “bisogni del consumatore”, da
soddisfare al meglio.
Questa osservazione non vale solo per le agenzie viaggio, sia chiaro, perché
riguarda molti esercizi italiani dedicati alla vendita di prodotti e di servizi. Si
tratta per lo più di negozi indipendenti per i quali, quando va bene, si può
parlare di “bei negozi”, curati nell’arredamento, tradizionali nell’assortimento
e totalmente inseribili nel concetto di NEGOZI ENCICLOPEDIA.
Il negozio “enciclopedia” è un negozio nel quale il consumatore sa che può
trovare quel certo prodotto e, proprio per questo frequenta solo quando ne
ha bisogno, come un’enciclopedia appunto che è in tutte le nostre case (o
in quasi tutte) e che andiamo a consultare solo quando ne abbiamo
bisogno.
Il bisogno è però oggi una categoria superata, antropologicamente
parlando, per la stragrande maggioranza dei consumatori italiani.
Per trovare uno spazio nel quale il concetto di BISOGNI aveva la precedenza
assoluta su tutto il resto, dobbiamo ritornare al nostro dopoguerra, negli anni
che hanno preceduto il boom economico, il cosiddetto “miracolo italiano”.
In quei tempi, l’orientamento alla produzione della totalità dei settori
economici permeava tutta la filiera economica
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gli italiani avevano bisogno di tutto
e l’imperativo, per tutti, era PRODURRE, perché la domanda era di gran lunga
superiore all’offerta.
In seguito, con il crescere del reddito disponibile, le cose sono notevolmente
cambiate, al punto che si incominciò a parlare della “necessità di anticipare
i bisogni del consumatore”.
Il mercato conobbe il marketing e la pubblicità e fu di nuovo una corsa
all’oro senza precedenti: anche in Italia si poteva parlare di consumismo,
come in tutti gli altri paesi ad economia occidentale.
La corsa all’oro del consumismo si è fermata per effetto (all’osso) di due
problemi:
• la sindrome dell’eccesso (legata a ciò che abbiamo definito il paradosso
del benessere), vissuto dal consumatore (lo abbiamo visto) come mezzo
per ottenere una maggiore consapevolezza e dunque generata dal basso
• la grande crisi economica attualmente ancora in atto, che non ha fatto
altro che accelerare un processo già innescato dal primo problema e che
lo ha messo maggiormente in primo piano
Il meccanismo del consumismo era spietato, ma altamente redditizio:
• da un lato stimolava i bisogni (veri e presunti non importava) attraverso
modelli comportamentali diffusi in tutti i modi possibili, rispetto ai quali non
ci si poteva far trovare impreparati è demodè , perché la parola d’ordine
era “dobbiamo sempre essere IN, mai OUT”, pena la derisione o il
declassamento sociale
• dall’altro immetteva NOVITA’ a getto continuo, sempre più patinate,
sempre più d’avanguardia e, apparentemente, sempre più innovative
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Si poteva capire, e in qualche modo accettare, che questo meccanismo
andasse bene per l’abbigliamento perché la MODA è sempre (o quasi
sempre) stata caratterizzata dalle novità stagionali.
Ma lo si capiva un po’ meno quando DI MODA stavano diventando anche le
automobili, le piastrelle del bagno, i piatti e i bicchieri per la tavola, persino i
mobili di casa, gli orologi e tutte le altre merci.
Lo stridore non poteva reggere per almeno due motivi:
1. Il consumismo aveva bisogno di mantenere alta la spesa degli italiani, e
quindi aveva bisogno di soldi da spendere per consumare il più possibile e
soprattutto di consumatori docili e sempre un po’ meno appagati rispetto
alle loro “presunte” esigenze, mentre, lo abbiamo visto, lo stesso
consumatore dava segnali di resa e stava incominciando a vivere il suo
personale BEN-ESSERE lontano dal
BEN-AVERE
(terra promessa del
consumismo).
2. Il consumismo aveva innescato un processo al cui interno era celato un
virus pericoloso per la sua stessa esistenza. Si tratta, ormai è riconosciuto da
molti studiosi e analisti, di ciò che comunemente viene definita CADUTA
DEL DESIDERIO.
Cade il desiderio quando il sistema delle NOVITA’ CONTINUE procede in
modo martellante e a senso unico.
Le novità “alla moda” sono sempre state pronte a soddisfare ogni
desiderio, quasi prima ancora che lo stesso desiderio avesse avuto la
possibilità di manifestarsi presso il consumatore. E gli psicologi ci insegnano
che senza la prospettiva dell’ALTRO ogni desiderio, prima o poi, si spegne.
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Se le novità “alla moda” erano a “senso unico”, la prospettiva dell’altro era
carente fin dalla loro nascita. Il gioco era truccato e il consumatore ad un
certo punto lo capisce, si stanca e non “gioca più”.
L’incrocio di questi due motivi sta dando vita ad una miscela esplosiva che
lascia “disarmati” un po’ tutti. Il nuovo obiettivo diventa:
ridare spazio al desiderio
e la sua conseguenza non può che passare dalla possibilità di fare
esperienze. Per questo abbiamo parlato di un mix di vendita superiore al mix
dei prodotti venduti.
Il consumatore ha bisogno di fare esperienze, anche esperienze di acquisto,
ha bisogno di passare dalla conoscenza alla esperienza, per ripristinare un
volano vitale più utile, ecologicamente più sano e più orientato al suo benessere individuale.
Ora, tornando al “negozio enciclopedia”, si comprende meglio perché si
presenti totalmente inadeguato all’appuntamento con il nuovo consumatore
alla ricerca del desiderio perduto.
Questo vale per ogni tipo di negozio “enciclopedia”, compreso l’agenzia
viaggi, anche se in questo caso dobbiamo aggiungere alcune osservazioni
specifiche.
L’agenzia viaggi infatti vende un “prodotto” molto particolare, perché
rappresenta già una forma di desiderio (si pensi all’idea di una vacanza, a un
viaggio di nozze, a un viaggio d’affari) e quindi sembrerebbe più immune di
altri esercizi commerciali rispetto al meccanismo consumistico appena
descritto.
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In realtà, l’obsolescenza e l’anacronismo dei negozi enciclopedici sta però
toccando anche l’agenzia viaggi perché (lo abbiamo già rilevato nelle
pagine precedenti) ha in qualche modo seguito l’andamento generale,
perdendo di vista proprio la sua più esclusiva peculiarità, che è quella di
essere il tramite tra la conoscenza e l’’esperienza di un viaggio (o di una
vacanza), segnalata in termini di desiderio.
Sono questi i motivi che ci inducono a suggerire di guardare al futuro,
ritornando al passato (remoto). Forse, essere oggi un’opera incompiuta può
risultare un vantaggio perché permette di agire il cambiamento con
maggiore rapidità.
Come? Molto abbiamo già detto in proposito ma nello specifico è ciò che
cercheremo di affrontare nella terza parte di questa ricerca, nella quale
affronteremo alcuni scenari innovativi e di prospettiva per le agenzie viaggi
italiane.
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PARTE TERZA
Alcuni scenari innovativi
e di prospettiva
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9. L’ironia che aiuta
Nell’affrontare il tema di questa terza parte, dedicata a scenari innovativi e di
prospettiva, desideriamo proporre un modello di riferimento più leggero
basato sulla lentezza e sull’ironia.
Non sembri questo un modo per evitare il confronto con una realtà difficile,
una sorta di escamotage per evitare assunzione di responsabilità, perché non
lo è.
Al contrario, è ciò che di più serio possiamo proporre dal momento che
stiamo per affrontare il futuro.
Lo stesso Fabris, da noi più volte citato in questa ricerca, scriveva:
“Il postmoderno ha completamente sdoganato l’ironia e il gioco dalla
maschera di seriosità e sacralità che il consumo indossava nell’epoca
precedente. Non so se sia corretto affermare con Eco che il gioco è al quarto
posto nei “bisogni fondamentali” dell’uomo: nutrimento, sonno, affetto,
giocare, chiedersi perché. Certamente uno dei fenomeni più significativi nei
consumi è l’immissione – praticamente dappertutto – di massicce dosi di
ENTERTAINEMENT – dai locali fast food ai grandi centri commerciali, dalla
presenza sempre più massiccia dell’elettronica nell’auto con i suoi gadgets,
ai villaggi vacanze. Eco parla di CARNEVALIZZAZIONE TOTALE DELLA VITA con
l’inserimento del ludico in ogni pertugio dell’esistenza: anche nel lavoro, nella
politica, sinanco, nella pratica religiosa. Del resto c’è un’espressione inglese
che ben riflette questo fenomeno: the difference between men add boys is
the price of their toys (la differenza tra adulti e ragazzi è il prezzo dei loro
giocattoli).
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Cosa c’è, per esempio, di più scopertamente ludico e inutile di una Ferrari?”
L’ironia è dunque una possibilità disponibile perché permette di instaurare
un’interattività intelligente con il consumatore.
In Italia, per la verità, non siamo molto portati all’ironia quanto alla comicità,
che genera la risata e che finisce lì dove era iniziata. L’ironia è invece una
sorta di strizzata d’occhio, una provocazione intelligente, un modo per fare
intendere altro.
Utilizzare l’ironia significa:
dare importanza all’altro, che ci sta ascoltando o che ci sta leggendo o
che ci sta vedendo
In altre parole:
l’ironia aiuta perché instaura una relazione
e, ricordiamolo, la relazione è una delle colonne portanti di una sana
comunicazione.
Saremmo i primi a farlo?
Non saremmo i primi a farlo, perché è da qualche anno che il mondo delle
merci ha incontrato l’ironia: basti vedere certi oggetti di design o certe
collezioni di moda, per rendersene conto.
In tema di viaggi e di vacanze l’utilizzo dell’ironia può darci almeno due
vantaggi:
• il primo riguarda appunto il rapporto con il nuovo consumatore italiano,
che sta dimostrando di essere pronto (avanti addirittura) a ricevere
un’offerta “confezionata” in modo diverso
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• il secondo riguarda il metodo di lavoro che dovrà accompagnare la
progettazione e la costruzione del MEDIA AGENZIA VIAGGI del futuro
Il primo vantaggio è stato già abbondantemente spiegato (sotto altre forme)
nelle pagine precedenti, mentre per quanto riguarda il secondo dobbiamo
entrare nel merito del concetto di MEDIA per sottolineare meglio la sua
specificità.
L’agenzia viaggi è un media, come tutti gli altri punti di vendita di tutti gli altri
settori merceologici, ma è dotato di alcune differenze molto importanti.
In un negozio nel quale si vendono prodotti, il consumatore, terminata la
trattativa, se ne torna a casa con qualche cosa di tangibile nelle mani. E’
entrato, ha guardato, ha dialogato, ha scelto, ha pagato e se ne va
soddisfatto con l’oggetto del suo desiderio (o del suo fabbisogno).
In un’agenzia viaggi, semplificando, il consumatore entra, guarda, dialoga,
sceglie, paga e se ne va con…
Già, con cosa se ne va?
Se ne va con un pezzo di carta, con una prenotazione, con un contratto e
solo in un secondo tempo, lontano dalla agenzia, “se ne andrà soddisfatto (o
insoddisfatto)” con l’oggetto (un viaggio, una vacanza) del suo desiderio.
La differenza non è da poco per diversi motivi:
• l’acquisto è sempre a futura memoria (se così si può dire)
• la soddisfazione o l’insoddisfazione non dipendono solo dall’agenzia, ma
dal “fornitore” del servizio venduto dall’agenzia
• il consumatore esce dall’agenzia viaggi “contento” della promessa
contenuta nel contratto sottoscritto, magari con l’acquolina in bocca per
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le gioie che otterrà da quella promessa, magari contando i giorni che lo
separano dall’avverarsi della promessa, ma sostanzialmente IN ATTESA
Per questo, il media agenzia viaggi è particolare
vende solo la promessa di un desiderio che si realizzerà, di un sogno (forse)
che si avvererà
La domanda diventa allora la seguente:
come si organizza un media che vende promesse?
La nostra risposta di metodo è di provare ad organizzare l’agenzia viaggi
attraverso un approccio ironico perché, sono ancora parole di Fabris, “una
delle caratteristiche dell’ironia è proprio quella di rivolgersi all’intelligenza, di
richiedere, da parte del recettore del messaggio, una cooperazione,
strappandogli un sorriso per la sua interpretazione e riscattandolo dalla
tradizionale passività”.
E’ ciò che chiediamo al paziente, e speriamo interessato, lettore di questa
ricerca.
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10. L’importanza del numero 5
GIVE ME FIVE è un’espressione di origine americana che allude ad un’intesa
raggiunta. In genere è accompagnata da una pacca a mano aperta (la
destra) di chi lo dice contro la stessa mano aperta di chi la ascolta.
“Dammi il cinque” è la sua traduzione italiana.
L’espressione ha avuto un successo planetario perché ha la forza di tutti i
grandi simboli della gestualità. Un gesto diventa un’intera storia (come il
pugno chiuso, come le corna, come il braccio teso, come l’indicazione di
dove gli inglesi portano l’ombrello, come il medio alzato e così via
gesticolando), e il gesto della mano aperta che sbatte contro un’altra mano
aperta è la storia di un’intesa.
Non serve altro, ci siamo capiti, dammi il cinque. “Give me five” è quindi un
modo di dire che deve la sua forza a tutto quello che non dice, deve la sua
forza ad una PROMESSA: quella che allude al feeling, all’appartenenza e
all’informalità. Un modo di dire ironico, appunto.
Lo stesso modo ironico che abbiamo introdotto quando, nel paragrafo
precedente, ci siamo posti la domanda: come si organizza un media che
vende promesse?
Tra l’agenzia viaggi (media che vende promesse) e
l’espressione DAMMI IL CINQUE è molto intrigante perché in entrambi i casi il
numero cinque è protagonista.
Inoltre, il non detto del DAMMI IL CINQUE ci porta per analogia su un terreno
molto carico di suggestione dalla quale potremo ricavare suggerimenti utili
per tentare di dare una risposta convincente.
Ma andiamo con ordine.
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E per incominciare eccovi una serie di elenchi di cinque elementi tutti
riconducibili al tema della vendita di una promessa di viaggi e/o di vacanze
Si tratta di un gioco?
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Se la risposta è positiva allora siamo pienamente entrati nel ragionamento
con il piede giusto.
E’ un gioco infatti, ma talmente carico di significati da farci riflettere.
Come mai nel lavoro dell’agenzia viaggi è così ricorrente il numero cinque?
Non sono questi cinque elementi di cinque titoli ciascuno una sorta di
perimetro semantico all’interno del quale si svolge tutto il lavoro dell’agenzia
viaggi?
Avete idea di quante combinazioni possono scaturire da questi elenchi?
Siamo in presenza di veri e propri ANCORAGGI, di forti ancoraggi, per
ciascuno di noi. E se valgono per ciascuno di noi, a maggior ragione
potranno valere per il nuovo consumatore che si presenterà nella nuova
agenzia viaggi per acquistare la promessa di un viaggio o di una vacanza.
Ma a cosa serve questo gioco del DAMMI IL CINQUE?
Serve a sottolineare che:
→ il consumatore al quale intendiamo proporre la nostra offerta, quando
entra in agenzia, è portatore di un suo paesaggio immaginario già
perfettamente
costruito.
Questo
paesaggio
mentale
è
basato
sicuramente su una delle tante possibili combinazioni generate dal
“gioco” del 5x5 e dunque all’agenzia spetta il compito di verificare quali
sono gli ancoraggi più importanti per lui.
In altre parole:
→ il consumatore è dotato di una sua esperienza specifica in tema di viaggi
e di vacanze e non è quindi con un’elencazione di prodotti che lo si può
portare
a
quell’atteggiamento
feeling
e
d’intesa
che
genererà
simbolicamente il “dammi il cinque”
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In modo ancora più chiaro e diretto:
→ è con lo stupore, con lo straniamento e con la contaminazione di
linguaggi diversi che si possono instaurare nuovi rapporti alla “give me
five”
Il
media
agenzia
viaggi
può
giovarsi
di
ancoraggi
simbolici
straordinariamente importanti come il vissuto che ogni persona ha dei
continenti, delle aree di interesse, dei motivi che portano a progettare un
viaggio o una vacanza, dei mezzi di trasporto e persino delle stagioni. Ma si
tratta di ancoraggi calati nel profondo dell’esperienza personale; non
possono essere spiattellati come i piatti di un menù, e magari low cost.
O meglio:
fino a ieri è stato esattamente così: si generavano elenchi di prodotti, si
rinnovavano ad ogni stagione, si proponevano come prodotti di consumo,
uno dietro l’altro, uno più bello dell’altro… perché la logica che presiedeva
il tutto era una logica consumistica.
Era il ben-avere travestito da ben-essere.
Ha funzionato? Probabilmente si, ha funzionato fino a quando (nel 2007?
Ancora nel 2008?) le cose non hanno cominciato a cambiare (lo abbiamo
visto sia nella prima che nella seconda parte di questa ricerca) e oggi ci
troviamo a discutere di futuro sapendo che il virus dell’insicurezza avanza a
tappe forzate.
Per questo occorre (anche questo lo abbiamo già detto) ripartire da una
posizione di modestia.
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“Ripartire da capo” si dice spesso per alludere:
• o, sconsolatamente, a quanto si lascia alle spalle
(della serie: ora mi tocca ripartire da capo quando fino a ieri sembrava
che nulla potesse cambiare la mia posizione)
• o, coraggiosamente, a quanto troveremo davanti a noi
(della serie: ora ripartirò da capo, sarà come ringiovanire…)
Nel nostro caso, “ripartire da capo” significa diverse cose:
• tornare ad essere consapevoli del proprio ruolo in un mondo cambiato
→ un tramite tra conoscenza ed esperienza
→ un attore che agisce e non un’interprete che subisce
• provare ad essere produttore oltre che venditore
→ un fulcro di reti territoriali
→ un conoscitore del proprio territorio locale
• organizzare l’agenzia come luogo di esperienza
→ un’agenzia media
→ uno spazio di intesa sottolineato dal feeling e suggellato dal give me
five
Nel paragrafo dedicato a “Bisogni, desideri, esperienze”, abbiamo descritto
una forma di negozio che avevamo chiamato NEGOZIO ENCICLOPEDIA, un
negozio che, come per l’enciclopedia, frequentiamo solo quando ci serve.
Avevamo anche detto che questo tipo di negozio è superato e che non
risponde più ai cambiamenti in corso, ma non avevamo spiegato quale
poteva essere una forma di negozio sostitutivo.
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Non lo avevamo fatto perché ci mancavano alcuni passaggi, che ora
invece abbiamo.
E’ dunque venuto il momento di provare un affondo molto più attento e
concreto.
Per quanto ci riguarda (è la nostra esperienza che ce lo sta dicendo), il
negozio che può (e deve) sostituire il “negozio enciclopedia” non può che
essere un new media, magari gratuito: un NEGOZIO FREE PRESS.
Un negozio “free press” è un luogo nel quale conviene passare perché è un
vero negozio media.
In questo tipo di negozio non si va solo per acquistare, ma si frequenta
perché è una fonte di informazioni e di emozioni.
Il negozio “free press” diventa una tappa obbligata del tour dello shopping.
Le condizioni, ormai l’abbiamo capito, sono sempre le stesse:
organizzare il negozio come se fosse un luogo di incontro (e non solo un
luogo di vendita), utilizzare le vetrine come veri e propri media, accogliere
il visitatore nel migliore dei modi, fornire argomenti di vendita e non
semplicemente prodotti
Un negozio “free press”, per poter mettere in atto queste condizioni, ha
bisogno di un criterio d’arredamento diverso dagli stereotipi del “bel
negozio”, di un criterio che (lo abbiamo visto quando abbiamo parlato del
negozio come “teatro”) permetta di cambiare il suo look con una certa
frequenza.
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Ha bisogno:
• di arredi camaleontici
• di un refresh continuo nel tempo
• di un utilizzo ragionato della tecnologia
(soprattutto di quella legata al cosiddetto “digital signage”)
• di un’illuminazione pensata
• di spazi da rendere vivi con mini eventi organizzati ad hoc
Un negozio “free press” ha bisogno soprattutto:
• di relazioni continuative con il suo patrimonio più importante
rappresentato dal suo parco clienti
Ora che ci siamo fatti un’idea, seppure sommaria, di cosa sia un negozio free
press, domandiamoci:
cosa vorrebbe dire per un’agenzia viaggi diventare un negozio free press?
L’agenzia viaggi, contrariamente a un negozio che vende prodotti, vende
una PROMESSA.
Da questo punto di vista è dunque svantaggiato perché non può contare
sull’effetto TOCCARE CON MANO (PROVARE), ma poiché la “promessa”
venduta riguarderà un viaggio o una vacanza, non è detto che ciò possa
trasformarsi in un vantaggio.
La “promessa” infatti può essere:
• sottolineata
• anticipata
• partecipata
• arricchita
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• trasformata
• enfatizzata
• spettacolarizzata
in una sorta di “aperitivo” e di “sintesi”.
Se l’agenzia viaggi accettasse il suo ruolo di media, potrebbe favorire la
messa in scena di un calendario di MINI EVENTI, all’interno del suo calendariopalinsesto, al quale invitare clienti (e non clienti), in modo che si possa, nel
tempo, accreditare l’idea di un passaparola intelligente (e ironico).
L’idea è quella di trasformare l’agenzia viaggi in un luogo che vale sempre la
pena di frequentare, anche senza il bisogno di acquistare.
Pescando dalla combinazione 5x5 dei nostri elementi e agendo in base al
calendario-palinsesto, l’agenzia viaggi si trasforma così in un luogo di
esperienza.
A proposito del numero 5, abbiamo lasciato per ultimo una sequenza che, in
questo momento del ragionamento sul futuro, diventa fondamentale: la
sequenza dei sensi.
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Perché diventa fondamentale questa sequenza?
Diventa fondamentale perché ci porta a considerare la POLISENSORIALITA’
come fattore di progetto, sia nella dimensione attuale, ma soprattutto in
quella futura dell’agenzia viaggi “free press”, votata all’esperienza.
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10. 1. Cosa c’entra la polisensorialità
E’ ormai universalmente risaputo che ciascuno di noi reagisce agli stimoli
esterni attraverso i cinque sensi, ma è anche stato accertato che il nostro
rapporto con il mondo esterno è tanto più attivo e partecipato, quanti più
sensi vengono contemporaneamente interessati.
Questo
significa,
ad
esempio,
che
se
desideriamo
ottenere
un
coinvolgimento del nostro interlocutore più partecipato e attento, dobbiamo
cercare di accendere quanti più sensi possibile.
Per questo, forse inconsapevolmente, si fanno i cosiddetti “pranzi d’affari” e si
sostiene che gli affari migliori non si concludono in ufficio.
Se in un incontro di lavoro mi trovo di fronte ad un interlocutore che mi dice
cose interessanti (udito), mentre mi mostra cose intriganti in un ambiente
bello e ordinato (vista), nel quale si respira un’aria pulita (olfatto), che mi
permette di avere tra le mani un esempio di ciò che sta dicendo (tatto) e
magari mentre mangio un delizioso croissant, bevendo un superbo tè verde
(gusto), ebbene, se mi trovo in un incontro di lavoro organizzato in questo
modo, so che l’incontro andrà meglio.
Meglio sicuramente di una situazione nella quale i miei sensi sono ugualmente
attivati ma perché:
• la stanza è rumorosa e il mio interlocutore parla a voce bassa (alta)
• dalla finestra sta entrando l’odore di uno scarico di un diesel che avrebbe
bisogno urgente di una revisione
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• sulle pareti si vedono muffe e addirittura qualche ragnatela
• il tavolo è polveroso, la carta è sporca, la penna è scarica
• il caffè che è stato offerto è una vera ciofeca
Ci viene da sorridere davanti ad una descrizione come questa, ma chissà
quante volte ci siamo trovati a viverla direttamente. Il paragone ci serve per
sostenere che:
la polisensorialità c’entra sempre
se ne comprendiamo l’importanza e la curiamo diventa un formidabile
alleato, se la trascuriamo opererà in modo avverso
“Questi sono fronzoli, dettagli” obietterà qualcuno “se non c’è la sostanza,
tutto il resto è fumo”. Come a dire:
- che la sostanza vale più della forma
e a sottintendere che
- serve la logica e serve un buon discorso, tutto il resto è solo contorno
Peccato che le cose non stiano così.
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Nel
grafico
sono
riportate
le
percentuali
relative
all’efficacia
della
comunicazione (così come sono state accertate dalla scienza della
Programmazione Neurolinguistica, soprattutto dalla Scuola di Palo Alto) e ci
dicono:
che la nostra comunicazione è efficace nella misura del 7% per le COSE
CHE DICIAMO, nella misura del 38% per COME LE DICIAMO, ma per il 55%
risulta efficace per RAGIONI PROFONDE (PSICOLOGICHE) delle quali siamo
quasi sempre inconsapevoli
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La nostra è una società fondata sulla comunicazione e si definisce
LOGOCENTRICA (perché dà un’enorme importanza alle cose dette) e
LOGICOCENTRICA (perché ritiene fondamentale la razionalità), ma quando
non riesce a raggiungere il suo obiettivo (arrivare all’interlocutore) piuttosto
che interrogarsi su cosa non ha funzionato, preferisce accettare la definizione
che “gli altri non hanno capito” oppure, nei casi migliori e più educati, che
“mi sono spiegato male”.
In realtà:
l’efficacia della comunicazione non sta mai nelle cose che diciamo, bensì
nel risultato che otteniamo
Se il risultato è stato buono, allora vuol dire che la comunicazione ha
funzionato.
Se il risultato non è stato buono, allora vuol dire che la comunicazione non ha
funzionato.
Ciò che vogliamo segnalare in modo specifico, poiché non possiamo
affrontare per esteso un argomento così complesso e perché non sarebbe
questa la sede appropriata, è semplicemente:
la connessione esistente tra quel 55% e la polisensorialità
La polisensorialità infatti altro non è se non l’attivazione dei terminali che
mettono in connessione il nostro profondo con il mondo esterno.
I sensi sono terminali che agiscono sul profondo.
Un profumo è per sempre, si dice, perché il profumo ci mette nelle condizioni
di ricordare esperienze anche di un passato molto lontano e addirittura di
riviverne l’emozione.
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Quando insistiamo sulla necessità di trasformare l’agenzia viaggi in un media
attento alla polisensorialità, non facciamo altro che offrire un mezzo
straordinario per aumentare l’efficacia della comunicazione che si svolge
all’interno della stessa agenzia viaggi.
Da questo punto di vista, inoltre, l’agenzia viaggi non partirebbe male,
perché in tema di sensi avrebbe un patrimonio pressoché infinito di varianti
da offrire.
Pensiamo ad una vetrina, organizzata e studiata come la copertina di un
settimanale o come una locandina di un film di successo, che invitasse i
passanti interessati ad entrare per vivere in anteprima la presentazione di un
viaggio (da quello più lontano e avventuroso, a quello più vicino, addirittura
all’interno del territorio circostante, quasi a chilometro zero). Suggeriamo che
all’interno dell’agenzia il pubblico sia accolto da un’atmosfera che lo
immerga nel viaggio presentato (musiche del folklore, immagini dei luoghi,
personale e hostess nei costumi del luogo) e che possa toccare con mano
oggetti tipici della meta del viaggio.
E supponiamo ancora che venga offerto un assaggio di un piatto tipico del
luogo (lontano o vicino) accompagnato da un brindisi con la bevanda più
famosa del luogo (lontano o vicino).
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Ebbene, in un’atmosfera come questa si può capire meglio perché le cose
che andremo a dire varranno solo il 7% in termini di efficacia: tutto sarà già
stato detto perché tutto sarà passato attraverso i nostri cinque sensi.
L’agenzia viaggi avrà così offerto un mix sensoriale in base al quale il suo
pubblico potrà far scattare i meccanismi della memoria e del desiderio.
Il pubblico avrà fatto un’esperienza e quando avrà sottoscritto il contratto
PROMESSA, ne avrà già potuto assaporare un piccolo ma significativo
anticipo.
In altri termini ancora si potrebbe addirittura affermare che:
l’agenzia viaggi polisensoriale è un contenitore di esperienze e non solo un
venditore di promesse
Da quest’ultimo punto di vista potremmo persino immaginare (sulla scorta di
quanto già sta avvenendo in altri settori legati al ben-essere)
un’agenzia viaggi che permette anche di acquistare prodotti strettamente
legati alle molte proposte e dunque UNICI e ORIGINALI, come ad esempio:
piccoli gadget
libri
DVD
abbigliamento
prodotti eno-gastronomici
strumenti musicali
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Operando in questo modo l’agenzia viaggi diventa qualche cosa di molto
diverso, ma soprattutto si trasforma in un PUNTO DI RIFERIMENTO per il suo
territorio, un posto nel quale conviene fare un salto, soprattutto quando ci si
sente in credito con il sogno di una vita diversa.
Give me five !
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11. Pace fatta col web?
Non c’è giorno dell’anno in cui mi posso sentire solo, perché non c’è giorno
dell’anno, Natale e Ferragosto compresi, che non ci sia qualcuno che pensi a
me e lo faccia addirittura scrivendomi.
Ogni giorno dell’anno, da almeno quattro, cinque anni, tutte le mattine trovo
tra la posta un messaggio inviatomi da un tour operator, sempre dello stesso
tono (cioè amichevole) ma sempre con offerte diverse: una volta si tratta di
last minute talmente favoloso che sarei uno stupido a non approfittarne,
un’altra si tratta di un tour così speciale che in vita mia non me ne potrà più
capitare, un’altra ancora si tratta di un’imprendibile coincidenza per il Sud
Africa e così via discorrendo.
Naturalmente non si tratta di posta ordinaria, con tanto di busta e
francobollo, si tratta di E-MAIL.
Il mio indirizzo e-mail è finito nel database del Tour Operator insieme ad altri
migliaia e così devo subirmi le sue offerte tutte le volte che ritiene di
informarmi.
No comment
“E’ l’effetto del web” – mi ha risposto sorridendo un alto dirigente di una nota
società che opera nei viaggi low cost – E’ l’applicazione della legge del
“grandi numeri” a Internet: più aumento il numero dei contatti e più aumento
la possibilità di vendere i miei prodotti. Ha mai pensato a quanto ammonta in
fatturato un ritorno anche solo del 3%?”.
E aveva concluso “E’ lo stesso motivo per il quale le aziende ricorrono al call
center”. No comment
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Uno degli effetti più macroscopici di questa crisi economica è certamente la
riduzione degli investimenti in pubblicità.
Quando le cose non vanno bene e i ricavi flettono un imprenditore avveduto
cerca subito di porvi rimedio.
Ma, nella mia esperienza professionale, ho visto rimedi in (sintetizzando
all’osso ovviamente) almeno due direzioni:
• andando alla ricerca di costi da tagliare
• andando alla ricerca di nuovi mercati
C’è
chi
è
così
bravo
da
riuscire
ad
intraprenderle
entrambe
e
contemporaneamente, ma, soprattutto, durante questa ultima crisi, ho visto il
prevalere sempre e comunque della prima strada: l’abbattimento dei costi.
Tagli in tutte le aree dell’impresa a partire da quelli ritenuti meno strategici.
Si parte dalla riduzione del budget per la pubblicità, meno fiere, meno
merchandising e quando si arriva alla voce web ci sono almeno due scuole
di pensiero:
• mantenere l’investimento perché tanto costa meno
• lasciare almeno l’aggiornamento del sito perché fa vetrina
No comment
Nella prima parte di questa ricerca abbiamo scritto che “l’indagine viaggi e
vacanze 2009, condotta dall’Istat ha rivelato un incremento delle quote
viaggi in cui si effettua una prenotazione diretta (il 43% nel 2009, contro un
32.6% registrato nel 2004) su cui ha influito soprattutto l’incremento delle
prenotazioni effettuate attraverso Internet.
Le prenotazioni tramite Internet si sono triplicate, passando dal 7.7% del 2004
al 24% del 2009.
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La famiglia Rossi è dunque alle prese con la vacanza “fai da te”, anche
perché cerca disperatamente di mantenerle tra le sue abitudini d’acquisto,
come una conquista del suo benessere individuale.
No comment
I tre “no comment” precedenti sono tutti riconducibili alla questione delle
nuove tecnologie e principalmente del web. Non possiamo quindi sottrarci
ad un commento, né possiamo ignorare cosa sta accadendo nelle nostre
abitudini proprio a causa delle nuove tecnologie e del web.
Abbiamo più volte ricordato che una delle principali contraddizioni del nostro
tempo sia data:
dall’aumento
della
conoscenza,
abbinato
alla
diminuzione
dell’esperienza.
così come abbiamo visto che il web è certamente il principale responsabile
di questo aumento di conoscenza.
Si tratta di cose note, ovviamente. Ciò che è meno noto è però l’incapacità
di comprendere fino in fondo la tecnologia, con le sue leggi e con i suoi
comportamenti.
In quanto fornitori di tecnologia siamo tutti consumatori, in quanto a cittadini
siamo tutti vittime.
La tecnologia procede perché non può venire meno al suo stesso DNA, che
prevede di poter realizzare una cosa solo perché è realizzabile, senza altri
perché.
L’industria tecnologica, fino a quella elettronica e digitale, procede perché i
suoi processi di crescita generano profitti e non fa altro che applicare tutti i
modelli di crescita previsti dal mercato.
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La tecnologia ha bisogno della ricerca, l’industria tecnologica ha bisogno dei
consumatori.
Non esiste, si dice, una tecnologia buona o cattiva, dipende dall’uso che se
ne fa.
Ma esiste, si dice, un’azienda tecnologica buona, quella che fa profitti e
un’azienda tecnologica cattiva, quella che non li fa.
Quando parliamo del web, degli smart phone, degli I-pad, dei cellulari, ecc.,
dovremmo sempre avere presente questo contesto generale perché
altrimenti rischiamo di capirne poco.
In sintesi quindi possiamo dire che:
quando parliamo di nuovi strumenti elettronici dobbiamo sempre tenere
presente che essi sono contemporaneamente una merce e uno strumento
per la comunicazione
In quanto “merce” sono soggetti, come tutte le altre merci, alle regole del
mercato, alle sue crisi e alle sue condizioni.
In quanto “strumenti per la Comunicazione”, sono soggetti alla reale
capacità di farla funzionare.
La “merce elettronica” sta subendo gli stessi effetti che stanno subendo altre
merci in tempi di crisi, con la differenza che, essendo ammantata da un plus
di innovazione, sta soffrendo meno e, in qualche modo, può ancora
cavalcare l’onda lunga del consumismo (da qui la continua proposta di
novità).
Ma in questa sede non ci interessa tanto indagare la “merce elettronica”,
quanto la sua seconda faccia, quella dell’elettronica come strumento per la
comunicazione.
Ed è in questo senso che va inteso il titolo di questo paragrafo “Pace fatta col
web?”.
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Le questioni che si pongono quando parliamo di WEB, di QR CODE o
semplicemente di DIGITAL SIGNAGE sono fondamentalmente le seguenti:
1- Prendere atto della loro esistenza
→ perché se non lo faremo noi, lo faranno altri e quindi saremo costretti a
rincorrere perdendo l’occasione di inserirci tra gli innovatori;
2- Conoscerne bene i meccanismi
→ perché una cattiva conoscenza ci porta o a sottovalutarne l’efficacia
oppure, al lato opposto, a sopravalutarne la portata;
3- Evitare ostracismi
→ perché comunque il nuovo avanza e perché nessuna legge
corporativa può reggere a lungo l’onda d’urto del nuovo, soprattutto
quando si presenta sotto forma di nuove abitudini d’acquisto e dunque
di nuovi consumatori;
4- (ma soprattutto) Adottare la politica del “su misura”
→ perché se dobbiamo inserire nuovi strumenti e nuove forme di
comunicazione digitale ed elettronica, devono rispondere a domande
che riguardano la nostra specifica attività, evitando surplus tecnologici
senza senso pratico per noi e per i nostri interlocutori.
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Seguendo queste quattro regole possiamo metterci al riparo da cattive
sorprese, ma, e questo è ciò che conta, avremo saputo innovare il nostro
servizio e non semplicemente il nostro “parco macchine”.
Non ha senso dotare l’agenzia di un QR CODE se non siamo in grado di
alimentare periodicamente la nostra informazione, se non ci attrezziamo per
gestire al meglio un database di clienti veri e/o potenziali e se non
conosciamo la differenza tra un sito Internet e un sito mobile.
→ certo, se invece siamo in grado di gestirlo al meglio il QR CODE ci
permetterà di fare il miracolo della trasformazione della carta in un video
parlante e di contattare direttamente sul telefonino tutti i nostri
interlocutori ogni volta che avremo una bella novità da raccontare;
→ se funziona (e funziona) vuol dire quadruplicare i contatti a “costo zero”.
Così come non ha senso dotare l’agenzia di un sito Internet vetrina, magari
anche ben fatto, accattivante, pieno di belle immagini e di testi simpatici se
non favoriamo l’informazione del “navigatore”, se non lo inseriamo in uno o
più social network, se non favoriamo l’attitudine più specifica del consumAUTORE (che è quella di parlare bene o male di noi).
→ certo se invece siamo in grado di organizzare una nostra personale
redazione, capaci di fornire almeno una novità, un video o una nuova
immagine ad ogni settimana, con costanza per 52 settimane, e se
sapremo organizzare una rete virtuosa all’interno dei social network,
magari arrivando a creare la nostra piccola tribù di fedeli visitatori, allora il
web diventerà veramente un nostro strumento di comunicazione;
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→ se la visita all’agenzia viaggi virtuale sarà simile alla visita dell’agenzia
viaggi reale, avremo realizzato in un colpo solo entrambi i presupposti
della comunicazione: la coerenza e la relazione;
→ se l’agenzia viaggi sarà stata organizzata come un media (magari nella
direzione che abbiamo chiamato free press) e al suo interno saremo stati
capaci di costruire mini eventi polisensoriali, allora anche il sito ne trarrà
giovamento e permetterà di essere sempre interessante da visitare.
Troppi “se”, vi state chiedendo?
E’ vero i “se” sono molti, ma proprio per una ragione precisa:
il web è una questione complessa, che non ammette (come tutte le cose
serie, del resto) scorciatoie
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Il web, così come tutte le altre piattaforme elettroniche e digitali, non può
fare a meno dei contenuti.
Il virtuale permette sotterfugi, furberie, e addirittura truffe (e la nostra famiglia
Rossi, non dimentichiamolo mai, questo lo sa), ma non può essere questa la
ragione per sottovalutarne l’importanza.
Se il web produce una truffa è perché il contenuto di quel sito era stato
progettato per truffare. C’era quindi comunque un contenuto, truffaldino
certo, ma c’era.
Ma il web ha prodotto anche l’antidoto giusto e l’ha messo gratuitamente (o
quasi) nelle mani del nuovo consumatore: il passaparola elettronico.
Un’agenzia viaggi-media queste cose dovrebbe conoscerle bene e dunque
sarebbe nelle condizioni giuste per affrontare il mare oceano del web
issando la bandiera della trasparenza.
Trasparenza in tutto, anche nei prezzi, per affrontare bene e senza alzare
barriere protezionistiche anche l’E-COMMERCE.
Pace fatta col web?
Se la risposta non è ancora completamente positiva (perché forse ancora
non è corretta, né conveniente che sia positiva), suggeriamo di giungere
almeno ad un armistizio (in attesa di saperne di più).
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12. Conclusioni
Siamo giunti al termine del nostro viaggio avventuroso, che ci ha portati a
superare i limiti dell’HIC SUNT LEONES che segnalavano la pericolosità del
territorio che saremmo andati ad esplorare, e possiamo dire che l’unico vero
pericolo incontrato è stato quello della diversità.
Riteniamo pericoloso tutto ciò che non conosciamo e che si presenta in
modo diverso da noi e dalle nostre abitudini.
L’avventurosità del viaggio di questa ricerca è legata, come abbiamo più
volte sottolineato, al suo modello organizzativo:
• siamo usciti dal territorio tradizionale (il settore in quanto tale), per tentare
di conoscerlo meglio;
• ci siamo posti da punti di vista nuovi (per esempio, quello della famiglia
Rossi), per cercare di intravedere i motivi del profondo cambiamento
avvenuto nelle abitudini di acquisto (anche di viaggi o delle vacanze);
• abbiamo utilizzato linguaggi diversi da quello economico (per esempio,
quello della psicologia, e addirittura dell’antropologia, dell’etimologia),
per cercare di ottenere delle basi di ragionamento più sicure.
E operando in questo modo abbiamo scoperto nuove possibilità e nuove
definizioni utili.
Il mondo analizzato si è così, piano piano, materializzato sotto nuove vesti e
con forme innovative, alcune persino inaspettate.
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Redigere delle conclusioni sintetiche ed efficaci, dopo tutto quello che
abbiamo visto insieme, è molto arduo, soprattutto considerando il contesto
reale nel quale il nostro lavoro è calato. Un contesto mondiale carico di
minacce non solo per l’economia (si parla con sempre più insistenza di
recessione), ma anche per gli equilibri sociali dei paesi coinvolti.
Ed è quantomeno curioso che tutto ciò stia avvenendo proprio nei mesi
normalmente dedicati alle vacanze e mentre stavamo analizzando il lavoro
delle agenzie viaggi.
Si tratta di coincidenze che non possono lasciarci indifferenti, e che rendono
ancora più di attualità il titolo della nostra ricerca.
quanto costa NON cambiare.
Già, perché ora è molto chiara quella sottolineatura NON che abbiamo
posto quasi tra parentesi per rimarcare l’ambiguità della questione.
In genere infatti, quando si parla di cambiamenti, ci si domanda quali sono i
costi che dovremo sostenere.
E la si fa:
- o per dimostrare che, essendo troppo alti, il cambiamento non conviene;
- o per ottenere una giustificazione rispetto alla scelta di un cambiamento
deciso.
Ma l’aggiunta di quel NON rovescia completamente la questione, e propone
una visione provocatoria rispetto ai costi che si dovranno sostenere
comunque, anche senza affrontare alcun cambiamento.
Ciò che appare in modo abbastanza chiaro è che:
forse costa di più non cambiare
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Costa di più perché:
• senza un cambiamento di senso del lavoro delle agenzie viaggi, sarà più
difficile capire il senso delle scelte del consumatore che frequenta le
agenzie viaggi;
• senza un ri-posizionamento del ruolo delle agenzie viaggi sarà più difficile
per
le
agenzie
viaggi
raggiungere
una
propria
consapevolezza,
fondamentale per capire quali e quanti cambiamenti apportare;
• senza una ristrutturazione della forma delle agenzie viaggi, sarà più difficile
intercettare le forme del nuovo turismo.
Senso del lavoro, riposizionamento del ruolo e ristrutturazione della forma
delle agenzie viaggi saranno le vere questioni da affrontare. Senza
investimenti in queste tre direzioni, i costi da sopportare prevediamo che
saranno molto forti, con rischi di tenuta e comunque con ulteriori riduzioni nel
volume d’affari e nella marginalità.
I costi del cambiamento appaiono più sopportabili, perché in alcuni casi
siamo in presenza di cambiamenti a costo zero (per esempio, tutti quelli che
si riferiscono alla mentalità) e in altri siamo in presenza di “costi ordinari” (cioè
gli
stessi
che
dovremmo
sostenere
anche
senza
l’apporto
di
un
cambiamento).
Si tratta, a nostro parere, di costi normali che anziché essere spesi in un modo,
vengono spesi in un altro.
La differenza tra “spesi in un modo” e “spesi in un altro” sta tutta nelle prime
due questioni ricordate (senso del lavoro e riposizionamento): risolte bene,
consentono di avere una visione più chiara di tutto ciò che si deve o non si
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deve fare e dunque saremo in grado di dare la migliore forma possibile alla
struttura.
Di fronte alla crisi in atto, riteniamo che costi molto di più un atteggiamento
attendista, rispetto ad uno innovativo, anche per un motivo psicologico che
non dobbiamo mai sottovalutare:
se il virus dell’insicurezza porta ad un aumento della paura, il modo più
“insicuro” ed “ansioso” di affrontarlo è quello dell’”attesa”
→ se “attendo”, aumenta l’ansia, divento più stressato e aumenta il senso di
fatalità e di inadeguatezza;
→ se “reagisco” trasformo la crisi in opportunità, mi sento “attore” del
cambiamento, non lo subisco e genero l’antidoto alla paura attraverso un
aumento dell’autostima.
La “reazione” però, almeno nel nostro caso, non è solamente un atto di
coraggio, gestito dalle categorie del carattere delle persone o dalla loro
personale psicologia. Certo anche questo conta, ma sono altre le ragioni
che portano a considerare come “opportuno” il cambiamento e a leggere,
anche in questa terribile crisi economica, una fase ricca di “opportunità”
sono tutte quelle che abbiamo evidenziato in questa ricerca.
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Non si tratta quindi di un “azzardo” spinto dall’eventuale caratteristica di
“giocatore” insita nella psiche di una persona, bensì di condizioni oggettive,
concrete, comprensibili e, ciò che più conta, fattibili.
In definitiva:
forse è tramontato (o sta tramontando) per sempre l’idea di una crescita
economica costante nel tempo perché è ormai incapace di produrre
benessere o di migliorare la qualità della nostra vita
forse parlare di de-crescita è solo una prospettiva utopica e conservatrice
di privilegi incompatibili
forse, come ci ha insegnato Fabris, occorre incominciare a pensare (e a
realizzare) una crescita diversa, fuori dall’equivoco che ben-avere sia
sinonimo di ben-essere, ma anche lontana da anacronistici steccati tra
bisogni primari e secondari, realizzata all’insegna di una compatibilità
ambientale, psicologica e sociale.
Il viaggio e la vacanza sono bisogni acquisiti e fanno parte della vita delle
persone, ma sono cambiati perché sono cambiate le persone.
Perché non dovrebbero cambiare le strutture che li propongono?
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LO SCENARIO
INTERNAZIONALE
Aigo/Pangaea Network
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1. Premessa
L’avvento di Internet viene spesso descritto come una “rivoluzione” perché
ha reso l’informazione disponibile, spesso in modo gratuito, direttamente e
facilmente a tutti, andando ad interferire in quelle realtà economiche in cui
la gestione dell’informazione è parte del prodotto/servizio scambiato.
Il turismo non ha potuto quindi esimersi dall’essere coinvolto dal fenomeno,
dal rispondere modificando conseguentemente certi meccanismi del
mercato, della distribuzione e della comunicazione.
Pangaea Network ha voluto dedicare la ricerca del terzo quarter 2011
dell’Osservatorio ad un tema fondamentale per il nostro settore:
Quale futuro per la distribuzione nel turismo?
Aigo, agenzia di marketing e comunicazione, attraverso Pangaea Network,
l’organizzazione internazionale di agenzie indipendenti specializzate in
consulenza strategica per il turismo di cui è founding member ha interrogato i
principali key player del turismo in Europa per fare il punto sullo stato dell’arte
e tracciare un quadro sul futuro della distribuzione da presentare e discutere
con gli operatori in occasione del prossimo TTG incontri.
3. Metodologia
La ricerca ha interrogato, mediante un questionario online, 474 operatori del
turismo di Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna e UK.
Gli operatori contattati dei diversi paesi sono prevalentemente Agenti di
viaggio e Tour Operator.
La ricerca è stata realizzata nella seconda settimana di settembre 2011.
L’elaborazione dei dati è stata effettuata dal Market intelligence team di
AIGO.
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4. Summary
Il quadro che emerge in Europa è quello di un’intermediazione che ancora
oggi gioca un ruolo di grande importanza all’interno del mondo del turismo e
che ha ben messo a fuoco il percorso necessario per vincere le future sfide
del mercato.
Il trade sembra non guardare favorevolmente a logiche di concentrazione e
fusione ma piuttosto ad un impegno verso la qualità articolato su due fronti
specifici: quello della qualità/specializzazione del prodotto che coinvolge
professionalità,
conoscenza
programmazione
e
quello
e
conseguentemente
di
un
marketing
ottimizzazione
differente
che
della
porterà
progressivamente l’intermediazione ad investire sul contatto diretto con il
consumatore.
L’appiattimento del canale distributivo, seppur negato in domanda diretta,
appare come chiara conseguenza delle risposte sul ruolo e sui fattori di
successo
dell’intermediazione
futura:
una
struttura
semplificata
di
professionisti altamente specializzati che siano in grado di portare il prodotto
al consumatore, garantendo gli aspetti premianti che da sempre vengono
riconosciuti all’intermediazione ovvero l’assistenza in tutte le fasi del viaggio,
la capacità consulenziale e la competenza nella formulazione del prezzo. La
sfida tecnica passa invece per l’uso della rete soprattutto come mezzo di
informazione e di relazione forte con il consumatore più che come finestra di
commercializzazione diretta del prodotto.
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LA RICERCA
1. Ritenete che oggi sia ancora importante nella vendita del prodotto turistico
il passaggio Tour Operator - Agenzia di viaggi?
A livello europeo il 62.3% del trade ritiene che il proprio ruolo sia importante
all’interno della catena distributiva. Significativo il dato per cui un operatore
su quattro (26%) ritenga che il consumatore preferisca una riduzione del
numero
di
passaggi
dell’intermediazione,
ovvero
vada
verso
la
disintermediazione.
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1. Raffronto paesi
In assoluta controtendenza il dato italiano per cui la metà dei rispondenti
rileva che il consumatore avverta la necessità di ridurre i passaggi della
catena distributiva e il 15% risponde che è necessario ridurre il numero di
intermediari. Percezione piuttosto isolata all’interno del panorama europeo.
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2. Chi è oggi il vero protagonista del mercato?
Gli operatori europei rispondono in modo bilanciato riconoscendo il ruolo di
protagonista del mercato per un 36% al Tour Operator e un 37% alle Agenzie
di viaggi, il 20% alle Agenzie online.
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2. EU_Raffronto paesi
Interessante notare il peso degli agenti di viaggio in Italia, Germania e
Spagna, ed altrettanto significativo quello delle Agenzie online nei paesi in
cui l’e-commerce, anche per il turismo, ha un peso ad oggi piuttosto
significativo: 37% in Francia e 23% nello UK.
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3. EU_Chi lo sarà domani?
Un riconoscimento piuttosto unanime viene dato al ruolo futuro delle Agenzie
online, con un 40%, mentre tra Tour Operator e Agenzie di viaggi vincono
queste ultime con un 26% a cui è riconosciuto il loro ruolo chiave per la
prossimità e la possibilità di interazione con il cliente finale.
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3. EU_Raffronto Paesi
Da sottolineare il dato francese che, con il 64%, attribuisce alle OLTA un
assoluto ruolo di leadership sul futuro della distribuzione; all’altro estremo la
Germania, per cui solo il 14% dei rispondenti ritiene che queste ultime
possano conquistare la leadership.
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4. EU_ A tuo avviso quali aspetti della distribuzione devono essere
assolutamente migliorati?
Gli operatori europei intervistati ritengono che la specializzazione (31.2%) e la
professionalità/formazione (28%) siano i due aspetti sui quali investire per un
miglioramento del comparto. Il rapporto con il consumatore è stato
segnalato come uno degli elementi da migliorare solo dal 15% degli
intervistati, quasi a sottintendere un livello già forte di servizio in tal senso.
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4. EU_Raffronto Paesi
Solo circa 1 su 5 operatori francesi e tedeschi ritengono invece che uno dei
punti con margini di miglioramento sia proprio la relazione con il
consumatore;
mentre
è
abbastanza
unanime
(ad
eccezione
della
Germania) il verdetto sul non considerare eccessivo il numero di strutture oggi
presenti sul mercato.
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5. EU_Qual è l’elemento chiave per vincere le sfide future del mercato?
Tra gli elementi chiave di successo per vincere le sfide future, emerge la
specializzazione degli operatori (36% degli intervistati) e la relazione con il
consumatore (30%), mentre non si crede in generale alla necessità di
maggiore concentrazione tra protagonisti della filiera (15%). Anche il prezzo
non viene considerato quale elemento che possa decretare il successo di un
operatore.
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5. EU_Raffronto Paesi
C’è una discreta coerenza nelle risposte avute dal mercato su questo tema
con una maggiore propensione per la specializzazione in Italia e Francia, per
la vicinanza al consumatore nello UK, più equilibrate invece le risposte di
Germania e Olanda.
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6. EU_Su quale elemento puntano i protagonisti della distribuzione per farsi
concorrenza?
La sfida degli operatori si gioca principalmente sulla cura del rapporto con il
cliente (28.4%), la qualità del prodotto (27.3%) e l’affidabilità del marchio
(18%).
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6. EU_Raffronto Paesi
Discostandosi dalla lettura europea, il 49% degli italiani ritiene che sia invece
sul prezzo che si giochi la concorrenza nel settore, mentre in Germania oltre
la metà dei rispondenti indica la cura del cliente come fattore di
differenziazione.
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7. EU_ Internet porterà altri cambiamenti alla struttura distributiva del turismo?
In base alla media europea, per l’83% degli intervistati, internet porterà
ancora innovazioni alla distribuzione.
Secondo gli intervistati, internet ha agevolato l’accesso del consumatore ad
informazioni sul prodotto e sul prezzo sempre più vicine alla fonte. In
conseguenza, le vendite dirette ovvero disintermediate verranno facilitate,
costringendo probabilmente gli operatori ad una riduzione dei margini e alla
specializzazione per mantenere la posizione di mercato.
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8. EU_ Cosa influenza maggiormente la vendita di un prodotto turistico?
Gli elementi che influiscono sul processo di vendita del prodotto turistico
sono: la qualità del prodotto (scelta dal 38% dei rispondenti), il prezzo, (28.4%)
e il passaparola di amici e parenti (17.8%). Le risposte libere conducono
maggiormente al concetto di consulenza e consiglio professionale che
l’operatore è in grado di garantire.
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8. EU_Raffronto Paesi
Le risposte dei diversi mercati sono in questo caso alquanto eterogenee. Tra
le particolarità: i prodotti di tendenza per il 21% degli operatori italiani,
l’ampio consenso a favore della qualità del prodotto nello UK (61%) e i
consigli dei conoscenti di Germania (34%) e Olanda (25%).
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9. EU_ Chi vende (agente o TO) riesce ancora ad influenzare la scelta del
prodotto e/o della destinazione?
Compatta è la risposta da parte di agenti e Tour Operator che ritengono di
essere assolutamente in grado di influenzare i clienti nella scelta del prodotto
(81%).
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9. EU_Raffronto Paesi
L’unica eccezione è rappresentata dalla Germania in cui un 34% mette in
dubbio la capacità di influenzare il consumatore finale.
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10. EU_Cosa servirebbe per facilitare le vendite?
Gli operatori europei riconoscono l’importanza della qualità e della originalità
del prodotto, la conoscenza e la professionalità, la maggior cura del
rapporto con il cliente e la trasparenza dei prezzi.
Come rilevato dalla wordcloud prodotta, “professionalità”, “preparazione” e
“conoscenza” sono i termini più ricorrenti nelle risposte degli operatori,
insieme ovviamente a prodotto e cliente.
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11. EU_Qual è la prima fonte di informazione per il consumatore che vuole
acquistare una vacanza?
La rete per il 63.6% risulta essere la principale fonte di informazione per il
consumatore, mentre i Tour Operator e le Agenzie di viaggio mantengono
salda la loro posizione con il 14.3% delle preferenze.
E’ interessante notare lo scarso valore di influenza che gli operatori
attribuiscono ai social network.
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11. EU_Raffronto Paesi
L’Italia, con 16 mio di contatti attivi su Facebook, indica i social network tra le
fonti rilevanti per l’acquisto della vacanza (11.1%). E’ interessante registrare il
peso attribuito alla rete in Francia (81%) mentre in Spagna i cataloghi dei TO
sembrano ancora avere un peso di grande rilievo (43%).
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12. EU_Cosa cerca il consumatore in agenzia?
L’assistenza in tutte le fasi del viaggio (29.2%) e la consulenza (28%) sono i
fattori richiesti da parte del consumatore europeo all’agenzia di viaggio.
L’offerta pesonalizzata (17%) supera di 6 punti quella economicamente più
vantaggiosa (11%).
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12. EU_Raffronto Paesi
Tra le differenze: gli operatori italiani ritengono che il cliente si rivolga
all’agenzia per trovare l’offerta migliore (22%), mentre il viaggio su misura
sembra essere la principale ragione di contatto con un agente nel mercato
tedesco. Nello UK gli agenti ritengono che il motivo principale che porti il
consumatore in agenzia sia la conoscenza del prodotto (35%).
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13. EU_ Secondo te è ipotizzabile un futuro in cui il consumatore acquisterà i
viaggi solo direttamente dal fornitore di servizio (vettore, hotel, ricettivo..)?
Il
77.5%
degli
intervistati
considera
imprescindibile
la
dinamica
di
intermediazione.
I commenti evidenziano in modo ricorrente l’importanza dell’aspetto
consulenziale, della professionalità dell’operatore e della qualità del servizio.
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13. EU_Raffronto Paesi
Solo in Italia, quasi la metà degli operatori consultati ritiene che un eventuale
scenario di disintermediazione sia possibile mediante l’utilizzo incrementale
dei dispositivi tecnologici che potranno avvicinare il consumatore al prodotto
finale.
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14. EU_ Cosa ne pensi della figura del consulente di viaggio (homeworking
agent)?
Il 51% degli intervistati ritengono che il consulente di viaggio avrà sempre e
solo un numero limitato di clienti mentre il 31% ritiene questa forma di
intermediazione come il futuro della professione.
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14. EU_Raffronto Paesi
Solo la Francia (13%) sembra non credere molto in questa figura professionale
che invece trova buon credito in Italia, Spagna e Olanda.
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ALLEGATO N.1
RICERCA ETIMOLOGICA
delle parole
• AGENZIA
• VIAGGIO
• TURISMO
• VACANZA
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Premessa
Lo scopo di questa ricerca etimologica è quello di scoprire cosa sta alla
radice delle parole chiave di questa ricerca, impostata sui quattro concetti
basilari di:
a) AGENZIA
b) VIAGGIO
c) TURISMO
d) VACANZA
Il reale orizzonte semantico di questi concetti può fornirci spiegazioni, ma
soprattutto darci la percezione reale di quanto le cose siano cambiate.
Il grado di obsolescenza di una parola può dipendere da molti fattori:
- perché non serve più
- perché è stata sostituita con un’altra più precisa
- oppure perché si svuota il suo interno, si continua ad utilizzarla come
un’icona anche se nessuno sa più cosa realmente significa
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La non comprensione del fenomeno di obsolescenza comporta una serie di
conseguenze, che vanno molto al di là della semplice questione linguistica e
ingenerano incertezze e incomprensioni.
In questo senso, possiamo dire che una ricerca etimologica rappresenta
sempre un’utile partenza per qualsiasi analisi di contenuto. Senza la chiarezza
della forma anche il contenuto, infatti, tende ad essere più oscuro.
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(a)
AGENZIA
E’ curioso il fatto che se andiamo a cercare la parola AGENZIA, non la
troviamo.
In un qualsiasi dizionario etimologico infatti la parola “agenzia” viene fatta
derivare dalla parola
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Proseguendo nella nostra analisi, andiamo quindi a verificare il significato di
queste nuove 6 parole.
1 INCARICO
Incarico è uguale a
COMMISSIONE IMPORTANTE
UFFICIO TEMPORANEO E SPECIALE
Il
suo
etimo
ci
rimanderebbe
alla
parola
“incaricare”,
ma
non
aggiungeremmo gran che. Di maggiore aiuto è la parola “commissione”
perché ci segnala un rapporto tra chi affida e chi svolge l’incarico.
Se c’è un incarico, ci sono almeno due attori in campo:
• chi affida
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• chi svolge
2 UFFICIO
La parola deriva dal latino “officium”, che significa “esecuzione di un lavoro”
oppure semplicemente “lavoro”.
Può anche essere un sinonimo di “incarico”, ma nel senso letterale
l’ufficio è ciò che ciascuno deve fare secondo il luogo, il tempo e la
condizione
In modalità molto rare la parola “ufficio” può anche significare: beneficio,
favore, servigio reso.
3 FUNZIONE
La parola deriva dal latino FUNCTIONEM = FUNGERE, cioè un agire come
sostituto di qualcun altro, esercitare in vece di un altro.
In termini letterali, la “funzione” è:
• un’attività determinata da mansioni specifiche connesse ad una carica o
ad un ufficio
• un’attività esplicata da un organo o da un insieme di organi negli animali e
nei vegetali
• un’espressione matematica che indica come varia grandezza in relazione
al variare di una o più altre grandezze
• ruolo, valore, compito
• rito religioso
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4 IMPRESA
La parola deriva dal latino parlato “intra-praendere” che alludeva alla
responsabilità di “prendere sopra di sé, sulle proprie spalle”.
In termini letterali, sia la parola “impresa, che “impresario” rimandano ad un
verbo, il verbo “imprendere”, che, a sua volta, vuol dire:
• intraprendere
• incominciare
5 INTERMEDIAZIONE
E’ una parola che significa “stare nel mezzo”, “stare tra due entità
autonome”.
L’intermediario è chi sta in mezzo.
6 TRAMITE
E’ una parola che deriva dal latino dotto “tramitem” e che significa
“sentiero”, “strada”, “passaggio”.
Anche il senso letterale rimanda al concetto di “sentiero” e di “via di
passaggio” o semplicemente di “passaggio”.
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Siamo partiti da una parola “agenzia” e ci siamo ritrovati un intero racconto
con tanto di trama e personaggi.
Abbiamo visto quanto sia riduttivo pensare all’agenzia come ad una realtà
statica e come sia sostanzialmente obsoleto il concetto di luogo.
Agenzia è parola che rimanda alla persona, al suo fare, al suo essere
intermediario, tramite e impresa tra un ente che incarica e un altro che
riceve il lavoro, al suo essere responsabile di un ufficio che ciascuno deve
fare secondo il luogo, il tempo e la condizione.
Agenzia è parola ricca e nello stesso tempo aperta, è una parola
appropriata per affrontare il fare che non può essere chiuso in una
definizione né di comodo, né di tipo formale.
Agenzia è parola, per definizione direi, del cambiamento continuo perché
denota una predisposizione ed è connotata dall’imprevedibilità.
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(b)
VIAGGIO
La parola “viaggio” ci porta nell’antica Provenza, dove nasce come
evoluzione spontanea dal latino VIATICUM.
Cos’è il “viatico”?
Il “viatico” è la provvista necessaria a chi si deve spostare da un luogo ad un
altro, può essere cibo, bevanda, ma anche oggetti di uso comune come
coperte, pentole, piatti…
In Provenza la parola “viaticum” diventa VIATGE, poi VEIAGE e arriva a noi
come VIAGGIO.
In termini letterali il viaggio è:
• l’azione del muoversi per andare da un luogo a un altro
• un giro più o meno lungo, attraverso luoghi o paesi diversi dal proprio, con
soste e permanenze di varia durata per vedere, conoscere, imparare,
lavorare o divertirsi
• il trasporto di merci e suppellettili
Anche la parola “viaggio” è una parola aperta, dotata però di un valore
costante perché il viaggio presume sempre una certa organizzazione, un
bagaglio più o meno ingombrante, e soprattutto uno spostamento
importante rispetto alla località di partenza.
La chiave di volta della parola “viaggio” è data proprio dal concetto
espresso dalla parola “viatico”: chi viaggia ha bisogno di un viatico,
possibilmente adatto alle condizioni che si presume si troveranno e dotato di
una certa comodità, per tutte le eventuali evenienze negative.
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In qualche modo si può dire che viaggia solo chi è interessato alla sorpresa
(per conoscere meglio, per vedere cose nuove e inaspettate, per
imparare…) e per questo chi viaggia ha bisogno di un viaticum.
Meno rilevante è la questione del tempo perché il viaggio non ha bisogno di
tempo, ma di curiosità, di adattamento e di sorpresa.
Il viaggio è anche PESO, per questo i grandi viaggiatori ci dicono che è bene
viaggiare “leggeri”.
Ed è peso proprio perché si parte da un luogo noto, del quale conosciamo
anche i più piccoli particolari, per arrivare in un altro del quale si conosce
molto meno o addirittura niente.
Senza il concetto di “peso” non c’è viaggio, perché viaggio è metafora
stessa della vita: per questo i viaggi hanno sempre affascinato l’umanità.
Senza i viaggi non ci sarebbe stata letteratura, arte, cinema… La vita è un
viaggio obbligatorio, che non necessita di un biglietto di ritorno. Mentre il
viaggio presume sempre un’andata e un ritorno. Viaggiare è tornare, si
diceva un tempo.
La parola “viaggio” è affascinante perché dice senza dire e ci emoziona.
Non a caso la parola “emozione” vuol dire “muovere da…”, passare da uno
stato sentimentale o sensoriale ad un altro.
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(c)
TURISMO
La parola “turismo” ha un’origine più recente rispetto a quelle che abbiamo
analizzato, deriva dall’inglese TOURISM che probabilmente deriva a sua volta
dal francese TOUR.
Il suo significato letterale include una serie di attività:
• fare gite
• fare escursioni
ma anche
• fare viaggi per svago o a scopo istruttivo
La parola “turismo” appare come aggiuntiva rispetto all’universo relativo al
“viaggio” e tende ad essere utilizzata
- in modo generalistico
(il turismo come l’insieme totale di tutte le attività connesse al viaggiare e
alle vacanze)
- oppure in modo specialistico
(il turismo come attività specifica connessa con l’organizzazione del
viaggio e delle vacanze)
Siamo dunque in presenza di una parola “ambigua”.
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In termini di percezione:
• il turista vale meno del viaggiatore
perché dall’esterno è vissuto come l’esatto contrario del viaggiatore. Il turista
è associato al “tutto compreso”, ad una formula cioè che lo rende più sicuro
rispetto alla sorpresa e all’imprevisto (che erano, come abbiamo visto, le
prerogative del viaggio).
Da questo punto di vista si può dire che il turista sia l’esatto contrario del
viaggiatore: il viaggiatore viaggia, il turista “è viaggiato”.
La parola “turismo” si riscatta quanto viene utilizzata per definire il comparto
economico, perché allora diventa subito un’espressione seria e piena di
significato.
Come si nota, permane l’ambiguità della parola, che passa da toni alti e toni
bassi, da significati importanti a significati meno importanti.
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(d)
VACANZA
Anche con la parola “vacanza” incontriamo l’ambiguità.
Prima di tutto perché è parola senza un etimo originale (perché “vacanza”
deriva dal verbo VACARE, che in latino significava “essere vuoto” e, in
versione dotta, “essere libero”, “avere tempo per occuparsi di altro”), e poi
perché, nel tempo, la parola ha assunto connotazioni e denotazioni
differenti.
In senso letterale, la vacanza è:
un periodo di interruzione delle normali attività lavorative di enti,
aziende, assemblee e di privati cittadini, per motivi generali e particolari
Ma può anche essere:
stato o condizione di ciò che è vacante, e durata di tale condizione
Vacanza dunque come vuoto, come pausa, come assenza.
L’ambiguità della parola diventa però molto pregnante quando la inseriamo
nel contesto TURISMO (qui inteso come comparto economico); in questo
momento la parola si trasforma e il suo significato
da vuoto diventa pieno
Vista da un lato la vacanza è interruzione, sosta, vuoto, assenza, mentre vista
da un altro è pieno, organizzazione, cose da fare e da vedere, fino a
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diventare il nome di un vero e proprio PRODOTTO da vendere e da
acquistare.
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OSSERVAZIONI
L’analisi, rivolta a carico di ogni singola parola, diventa molto interessante se
proviamo ad accostare tutte le conoscenze ottenute nel tentativo di dare un
senso all’espressione
“AGENZIA VIAGGI
(VACANZE)
(TURISMO)”
alla luce anche di tutte le ambiguità che abbiamo incontrato.
Uno schema interessante può essere il seguente:
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1. L’espressione “agenzia viaggi” nasconde almeno tre significati diversi a
secondo che si considerino le funzioni viaggi, turismo e vacanze.
2. L’insieme linguistico non restituisce unità bensì articolazione (di funzioni, di
organizzazione e di servizi resi).
3. L’espressione “agenzia di vacanze” non regge perché è sostituibile in
modo più efficace delle due espressioni “agenzia viaggi” e “agenzia
turistica”.
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Il contesto linguistico comporta quindi la necessità di alcune domande
provocatorie, che spostano l’attenzione dalla forma alla sostanza.
La prima di queste domande è:
Se i significati delle parole sono differenti, perché si continua a parlare
semplicemente di AGENZIE VIAGGIO?
E la seconda è:
Anche ammettendo che l’agenzia viaggi
comprensiva
di
tutti
i
significati,
perché
proponga un’offerta
normalmente
queste
differenziazioni non sono percepibili in modo chiaro?
Una terza domanda scaturisce dall’esame della parola “agenzia” quando
mette in evidenza il concetto di rappresentanza, intermediazione e delega
Chi e cosa rappresenta l’agenzia di viaggi? Da chi riceve la delega? A
chi risponde?
La questione è tutt’altro che formale perché va a toccare rapporti vitali:
• quello con il cliente dell’agenzia (che giustamente può dire “la mia
agenzia viaggi” alludendo ad una delega da lui data all’agenzia)
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• ma anche quello con le aziende e gli enti (i fornitori) che formalmente
danno mandato all’agenzia affinchè “venda” i prodotti/servizi da loro
preparati e gestiti
Sostanzialmente, ciò che appare denuncia uno stato di
CONFUSIONE
dimostrato sia dall’ambiguità dei termini presi in considerazione, sia nel
confronto tra percepito e realtà.
Quando si verifica una “confusione linguistica”, di solito si è in presenza anche
di una confusione strutturale determinata da un qualche sovvertimento, da
qualche cambiamento in atto.
In questi casi, in modo a volte addirittura inconsapevole, si affronta il
cambiamento con parole vecchie, incapaci di coglierlo e di raccontarlo,
oppure si continuano ad utilizzare parole-stereotipo alle quali si accreditano
nuovi contenuti.
La “confusione” deriva così dal fatto che:
per alcuni le parole del passato hanno anche il valore del passato,
mentre per altri le stesse parole hanno un diverso significato
In questo modo si verifica un paradosso linguistico:
tutti parliamo la stessa lingua, ma non ci comprendiamo
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Naturalmente queste conclusioni riguardano l’analisi etimologica (e letterale)
che abbiamo svolto e non pretendono altro che denunciare una situazione
linguistica al limite del paradosso. Non pretendiamo (non è questo il nostro
obiettivo) di sostenere che ad un paradosso linguistico possa corrispondere
anche un paradosso contenutistico, ma certo non può essere vero il
contrario.
In altri termini:
l’analisi denuncia un allarme e sembra dirci
“non è che l’articolazione e la complessità dell’offerta dell’agenzia di
viaggi stanno facendo perdere di vista ciò che sta alla radice del loro
stesso fare?
Come si può ritrovare la consapevolezza del proprio ruolo se non si
mette ordine nei basilari di questo stesso ruolo?”
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ALLEGATO N. 2
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Ricerca
Enogastronomia nuovo plus della vacanza
A cura di: Melania Cammisa – Paolo Matrisciano
Elaborazione dati: Marco Bosco, docente di matematica e statistica
Software: SPSS (Statistical Package for the Social Science)
Tipo di rilevazione: questionario effettuato tramite interviste telefoniche– web
Universo di riferimento: popolazione italiana in età di voto
Numerosità campionaria: 850 interviste
Dati raccolti: in forma casuale per area geografica di residenza sulla quota di
interviste telefoniche. I dati, pur non essendo distribuiti in maniera
prettamente casuale, sono numerosi. La numerosità è tale per cui è stato
possibile lavorare in modo attendibile sulle aree geografiche.
Estensione territoriale: nazionale
Periodo di realizzazione delle interviste: febbraio/marzo 2011
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SOMMARIO
Introduzione
1. Il cibo e i prodotti enogastronomici rappresentano un’espressione del
patrimonio culturale del territorio italiano?
2. Quando sceglie il luogo della vacanza/ del viaggio in Italia si informa sui
piatti e sui prodotti della cucina locale?
3. L’offerta di cibi e vini tipici è espressione dell’italianità?
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INTRODUZIONE
La ricerca esplora quanto l’offerta enogastronomica di un territorio sia
percepita come espressione dell’italianità e se l’enogastronomia sia
considerata espressione di cultura popolare o d’élite. E ancora, se il turista,
quando sceglie il luogo della vacanza o del viaggio in Italia, si informa sui
piatti e sui prodotti della cucina locale.
Lo studio, inoltre, focalizza l’attenzione sugli elementi (monumenti, sport, vita
notturna, vini/piatti tipici) che il turista italiano ritiene più importanti nella
scelta di una località italiana.
L’obiettivo della ricerca è quello di verificare se i prodotti enogastronomici
risultano essere anche icone turistiche del territorio italiano nel suo complesso
oppure di alcune aree.
I dati e i grafici di seguito presentati si riferiscono solo ad una parte della
ricerca, in particolare sono state scelte le risposte che riguardano il valore
che gli intervistati
attribuiscono al cibo e ai prodotti enogastronomici in
generale. Sono riportati esclusivamente i risultati segmentati per area
geografica ed età.
Aree geografiche
Fasce d’età
- Centro
- 18/25
- Isole
- 26/35
- Nord Est
- 36/45
- Nord Ovest
-46/60
- Sud
- over 60
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I dati offrono utili spunti di conoscenza sulle scelte effettuate dagli italiani in
base all’offerta culturale, enogastronomica, sportiva e di intrattenimento (vita
notturna) delle località turistiche italiane.
L’esame delle risposte per area geografica ed età evidenzia che gli
intervistati scelgono la destinazione della propria vacanza in funzione dei
beni culturali ed enogastronomici, indipendentemente dall’età e dall’area
geografica di appartenenza.
Il quesito numero 1 era finalizzato a verificare se il cibo e i prodotti
enogastronomici sono considerati espressione del patrimonio culturale
italiano. Solo il 2,1% degli intervistati ha espresso un parere negativo. Per gli
intervistati, quindi, il cibo e i prodotti enogastronomici rappresentano un
valore della nostra cultura.
La domanda numero 2 aveva l’intento di esplorare se le persone, prima di
scegliere il luogo della vacanza, si informano sui piatti tipici e sui prodotti della
cucina locale. Il 59% dichiara di informarsi prima di partire.
Infine, alla domanda se l’offerta di cibi e vini tipici è espressione di cultura
popolare o d’élite, l’80,4% ritiene che sia cultura popolare.
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1. IL CIBO E I PRODOTTI ENOGASTRONOMICI RAPPRESENTANO UN’ESPRESSIONE
DEL PATRIMONIO CULTURALE DEL TERRITORIO ITALIANO?
Su 850 intervistati hanno risposto a questa domanda 848 persone; 838
rispondono SI e solamente 18 rispondono NO. Pertanto, il dato è omogeneo e
non emerge alcuna differenza tra aree geografiche.
Tab. 1 Suddivisione delle risposte per area geografica
Area geografica
NO
Centro
Conteggio
% del totale
Isole
Nord Est
Nord
191
195
0,5%
22,5%
23,0%
2
72
74
0,2%
8,5%
8,7%
1
89
90
0,1%
10,5%
10,6%
2
250
252
0,2%
29,5%
29,7%
9
228
237
1,1%
26,9%
27,9%
Conteggio
% del totale
Totale
4
Conteggio
% del totale
SI
Conteggio
Ovest
% del totale
Sud
Conteggio
% del totale
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Totale
Conteggio
18
% del totale
2,1%
830
848
97,9% 100,0%
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2. QUANDO SCEGLIE IL LUOGO DELLA VACANZA/ DEL VIAGGIO IN ITALIA SI
INFORMA SUI PIATTI E SUI PRODOTTI DELLA CUCINA LOCALE?
A questa domanda rispondono sempre 848 su 850, di cui il 40,7% ha
dichiarato di non informarsi prima di intraprendere un viaggio/vacanza,
invece il 59,1% dichiara di informarsi.
Tab. 2 Suddivisione delle risposte per area geografica
Area geografica
NO
Centro
Conteggio
% del totale
Isole
Nord Est
Nord
110
195
10,0%
13,0%
23,0%
27
47
74
3,2%
5,5%
8,7%
53
37
90
6,3%
4,4%
10,6%
94
158
252
11,1%
18,6%
29,7%
87
150
237
10,3%
17,7%
27,9%
Conteggio
% del totale
Totale
85
Conteggio
% del totale
SI
Conteggio
Ovest
% del totale
Sud
Conteggio
% del totale
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Totale
Conteggio
346
% del totale
40,8%
502
848
59,2% 100,0%
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Tab. 3 Numero di risposte
Intervistati
Percentuale
Percentuale
valida
No
346
40,7
40,8
Si
502
59,1
59,2
Totale
848
99,8
100,0
Mancanti
2
0,2
Totale
850
100,0
Grafico 1
Suddivisione delle risposte per area geografica
20,00%
18,00%
16,00%
14,00%
12,00%
Percentuale 10,00%
8,00%
6,00%
4,00%
2,00%
0,00%
No
Si
Centro
No
Si
Isole
No
Si
Nord Est
No
Si
Nord
Ovest
No
Si
Sud
Area geografica
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3. L’OFFERTA DI CIBI E VINI TIPICI È ESPRESSIONE DELL’ITALIANITÀ?
A questa domanda hanno risposto 844 persone, il 60,1% sostiene che l’offerta
enogastronomica è un elemento che caratterizza il nostro paese, un altro
34,8%
ritiene che lo sia abbastanza, irrilevante il numero di coloro che
rispondono poco o nulla. Sommando le prime due percentuali si ottiene che
per il 94,9% degli intervistati l’enogastronomia è espressione dell’italianità.
Tab. 4 Numero di risposte
Intervistati
Percentuale
Percentuale
valida
Molto
511
60,1
60,5
Abbastanza
296
34,8
35,1
Poco
29
3,4
3,4
Nulla
8
0,9
0,9
Totale
844
99,3
100
Mancanti
6
0,7
Totale
850
100
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Grafico 2
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Il molto prevale in tutte le aree geografiche, ad eccezione delle isole dove le
risposte molto e abbastanza si equivalgono. Il Nord Ovest si distingue dalle
altre aree per un 20,3% di intervistati che considera l’enogastronomia
un’espressione dell’italianità.
Tab. 5 Suddivisione delle risposte per area geografica
Area geografica
abbast
molto
Centro
Conteggio
nulla Totale
61
7
14,5%
7,2%
0,8%
36
34
1
3
74
4,3%
4,0%
0,1%
0,4%
8,8%
56
30
4
0
90
% del totale
6,6%
3,6%
0,5%
Conteggio
171
73
7
20,3%
8,6%
0,8%
126
98
10
14,9%
11,6%
1,2%
Conteggio
% del totale
Nord
poco
122
% del totale
Isole
anza
Conteggio
3
193
0,4% 22,9%
Est
Nord
0,0% 10,7%
0
251
Ovest
% del totale
Sud
Conteggio
% del totale
0,0% 29,7%
2
236
0,2% 28,0%
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Totale
Conteggio
% del totale
511
296
29
8
844
60,5%
35,1%
3,4%
0,9%
100,0
%
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Grafico 3
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La segmentazione per fasce d’età invece evidenzia che le risposte non sono
omogenee, ma variano in riferimento all’età.
Per la fascia d’età 18-25 prevale la risposta “abbastanza” e nessuno degli
intervistati risponde “nulla”.
Tra i giovani compresi nella fascia 26-35 anni, anche se aumentano le risposte
“molto”, prevalgono le risposte “poco”, ma il dato interessante è che nessuno
risponde “nulla”.
La risposta “molto” prevale invece nella fascia d’età 36-45 .
Il cibo e i prodotti enogastronomici hanno una maggiore importanza nella
fascia 46-60, prevale su tutte la risposta “nulla”.
Infine, tra gli over 60 prevalgono le risposte “nulla” e “poco”.
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Grafico 4
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TTG Italia
Con oltre 30 anni di esperienza di successo alle spalle, TTG Italia è uno dei
principali punti di riferimento per le imprese del settore del turismo.Ci
occupiamo di:
Editoria specializzata
Dal 1973 TTG Italia è il punto di riferimento dei professionisti del settore.
Raggiunge ogni lunedì e giovedì le scrivanie dei protagonisti del comparto
turistico.
Fiere business to business
TTG Incontri è la più importante fiera BtoB del turismo in Italia. Si svolge a
Rimini ogni anno in ottobre: tre giorni di business puro per presentare al
mercato trade le principali novità di prodotto, fare networking, negoziare
accordi, entrare in contatto con l’intermediazione di viaggi, conoscere le
nuove tendenze. Oltre 40.000 i professionisti del settore presenti.
TTI è il principale workshop per la commercializzazione del Prodotto Italia nel
mondo: più di un migliaio di buyer incontrano i più importanti seller italiani.
Ogni anno a Rimini in concomitanza con TTG Incontri.
BTC è la fiera del turismo congressuale e incentive, il luogo di incontro con i
buyer della meeting industry.
ART&TOURISM, la prima fiera del turismo culturale. Prima edizione a Firenze,
nel maggio del 2012
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Web
L’agenzia di stampa di TTG Italia lancia oltre 60 notizie al giorno.
Eventi speciali, Aggiornamento e Formazione per i professionisti del settore
Roadshow e workshop personalizzati per portare l’offerta dove c’è la
domanda. In tutto 10 anni di esperienza, 6mila visitatori, oltre 100 giorni di
eventi l’anno in più di 40 città italiane. Con le testimonianze degli esperti, le
statistiche sui dati di movimento e i trend di mercato.
TTG LAB e TTG FORUM
Grazie al nostro ruolo e al nostro posizionamento di mercato offriamo alle
imprese del turismo porte di accesso privilegiate per nuove opportunità di
business, promuovendo l’incontro tra domanda e offerta su diversi livelli e in
diversi ambiti.
La nostra offerta formativa è quindi esclusivamente concepita per gli
operatori del turismo e viene erogata attraverso Lab strutturati in moduli,
fruibili in modo agile e profittevole per i diversi target di utenza
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SHAKER
Shaker è definibile come COSTRUTTORE DI VALORI AGGIUNTI COMPETITIVI A
FAVORE DELL’IMPRESA ed estrinseca la sua attività attraverso la capacità di
METTERE A SISTEMA I VALORI COSTRUITI.
Antesignana del lavoro in rete, Shaker continua ad utilizzare il concetto
organizzativo di network, concentrando al suo interno i ruoli strategici e di
accounting e generando gruppi di lavoro costruiti ad hoc, in base alle
necessità del cliente.
In questo modo si realizzano efficienza, originalità e flessibilità, insieme a
convenienza economica.
LE AREE DI COMPETENZA
BRANDING
È l’attività che porta l’impresa a firmare valori oltre che prodotti e si sviluppa
attraverso interventi diversi: piani strategici e industriali, analisi valori, piani di
comunicazione, advertising, promozione, web, valutazioni di posizionamento
e riposizionamento, fiere ed eventi aperti al pubblico, showroom, outlet, feed
back.
RETAILING
È l’attività che porta l’impresa ad operare sul fronte distributivo, e si sviluppa
attraverso:
piani distributivi, gestione agenti e aggiornamento professionale, formazione
rete, presidio punto vendita, digital retail, strumenti di vendita, piani di
partnership, di socializzazione, di promozione e incentivi, eventi/mostre e fiere
aperte al trade, web training, comunicazione interna.
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SHAKEDESIGN
È l’attività che porta valori aggiunti all’impresa nell’area del design,
attraverso le nuove frontiere della ricerca e dell’approfondimento, sia nella
logica dell’high design low price, sia in quella del design di storie, e si sviluppa
attraverso attività di: design management, team work design, workshop
design, tutte orientate a prodotto, packaging e arredo punti di vendita.
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Pangaea Network
Pangaea Network è un’organizzazione internazionale di agenzie indipendenti
che offrono servizi di consulenza e comunicazione nel mondo del turismo e
dell’ospitalità.
Il progetto nasce da una pluriennale collaborazione tra i suoi founding
member: Massimo Tocchetti - AIGO Milano (Italia), Jo Johnson - Fourbgb
Londra (UK) e Dorothea Hohn - Global communication experts Francoforte
(Germania), agenzie leader nel marketing turistico, per assicurare ai propri
clienti una visione globale e risorse locali in grado di supportarli nello sviluppo
di nuovi mercati.
Pangaea Network conta attualmente 11 partner e copre 22 mercati, tra cui i
principali paesi europei, USA e Canada, India, Emirati Arabi, Australia.
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Walter Oscar Mauri
Milanese, 64 anni, laureato in economia e commercio alla Cattolica, è
presidente di Shaker - società specializzata in branding e retailing - e di
Shakedesign, fondata nel 1986 - che ha assorbito Markitalia - e che si occupa
di formazione e strategie competitive.
Si occupa anche di teatro (ha diretto come autore il Gruppo Teatro Giovani
e di letteratura) ha pubblicato numerosi libri patafisici e ha fondato e diretto
la
prima
rivista
ambientale
italiana
(Viverecome
–
1976).
Attualmente è impegnato sui temi della flessibilità, come antidoto vincente
rispetto
alla
crisi
economica,
che
applica
nei
settori
dell’abitare,
dell'ambiente lavorativo, dell’alimentazione e dell’ambiente, a favore di
imprese e associazioni.
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