Eco del Chisone-. Incontro sindaci-Asl per la sanità

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Eco del Chisone-. Incontro sindaci-Asl per la sanità
Mercoledì 28 gennaio 2015
ocietà
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A “Libro aperto”, come gestire l’ansia
Giovedì 29, alle 20,30 al Centro didattico “Libro aperto” di via Bignone 83/M, serata
aperta a tutti su un tema di grande interesse: “Non ti preoccupare: ti aiuto a gestire
l’ansia. Ma chi aiuta me genitore?”. L’incontro sarà tenuto da Vittoria Criscuolo,
psicologa e psicoterapeuta. Info 0121 74.521 (lun. e mer. ore 18-19) o 328 151.7711
(Emilia Caizzo, responsabile di “Libro aperto”).
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Anche nel Pinerolese molti beni affidati ad un’Agenzia nazionale che dovrebbe gestirli e destinarli
Lo Stato confisca ville e terreni, ma solo sulla carta
La stragrande maggioranza di immobili e aree sequestrate alla criminalità resta però inutilizzata: lettera morta
«Lo Stato si attivi per
entrare davvero in possesso dei beni confiscati
alla mafia e per farne uso
sociale»: lo ha detto di recente il deputato Davide
Mattiello, Pd, componente della Commissione antimafia. «Ci sono immobili confiscati ancora nella
disponibilità dei clan».
Un esempio, eclatante
e tutto piemontese: il
castello di Miasino, sul
Lago d’Orta.
Ma da Torino a Palermo è tutto un coro di richieste: passare dalle parole ai fatti. Dal sequestro
sulla carta alla confisca a
tutti gli effetti.
«I boss devono andare
fuori dalle case confiscate - don Ciotti, fondatore
di Libera, entra di diritto
nello scottante dibattito
-. Non ci possiamo permettere di scherzare con la
lotta alla mafia, altrimenti passa il messaggio che
lo Stato viene sconfitto. E
questo è inammissibile».
Anche in un territorio circoscritto come il
Pinerolese, di beni sequestrati alla criminalità
organizzata ce ne sono
parecchi e di questi ci
siamo occupati un paio
di volte. La prima nel settembre 2013, la seconda
esattamente un anno fa
(gennaio 2014). Volete
crederci? Da allora non
è cambiato nulla. Non
solo i sindaci dei Comuni interessati non sono
venuti nella disponibilità
di quei beni, ma nessuno
si è neppure degnato di
rispondere alle loro legittime richieste.
«SIAMO TRATTATI
DA SUDDITI DEL REGNO»
Il più inviperito è il
primo cittadino di Can-
talupa, Giustino Bello.
Lui aveva saputo per
caso (sic!) che nel suo
territorio risultavano
una villa e tre terreni sequestrati alla criminalità
organizzata. A metterlo
sull’aller ta, era stata
una lettera di “Legione
creativa”, un’associazione culturale fondata a
Rivoli e legata a Libera.
Era l’estate del 2013: «Ci
scrissero chiedendo di poter gestire quell’immobile
per attività artistiche».
Ma Bello al tempo non
sapeva né dove fosse la
villa, né a chi appartenesse. Solo più tardi scoprì
che quella era l’abitazio-
ne dell’ex procuratore
Giuseppe Marabotto: lo
Stato gliela aveva confiscata, a seguito delle
note vicende giudiziarie
legate alle “consulenze
d’oro”, lui da lì se ne è
andato ma ad oggi quella
bella villa è desolatamente vuota. Inutilizzata. Eppure l’immobile avrebbe
dovuto contribuire a risarcire lo Stato, cioè tutti noi, dei danni prodotti
dall’operato di Marabotto. L’”Agenzia nazionale
per l’amministrazione e
la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati
alla criminalità organizzata” (Anbsc, con un
acronimo), che dovrebbe
gestirla, ce l’ha lì, in stand
by. E sul sito dell’Agenzia (da giugno diretta dal
prefetto Umberto Postiglione) non sono visibili
né “i dettagli del bene”,
né “il decreto di destinazione”. Tutto fermo.
«Mi sono anche rivolto
al prefetto - incalza Bello
- per avere notizie: non
abbiamo neppure copia
del provvedimento di confisca. Non solo non possiamo disporre di quella
villa, ma non sappiamo
nulla. Il prefetto non ci ha
neppure risposto. Se è una
vergogna? No, è “normale”». Commento amaro
CANTALUPA - La villa un tempo di proprietà dell’ex-procuratore Marabotto ed oggi
confiscata dallo Stato. Di fatto è vuota e inutilizzata.
(Foto Dario Costantino)
quello del sindaco Bello,
che con gli anni non ha
perso smalto e grinta. «È
il trattamento che gli alti
burocrati riservano a noi
“sudditi del Regno”», ironizza sarcastico.
DA ANGROGNA
A VILLAFRANCA:
«PREFETTO E AGENZIA
NON RISPONDONO»
Bello è in buona compagnia, ma tanto non lo
rassicura. Come lui si trovano tutti gli altri primi
cittadini dei Comuni che
scoprono (scorrendo il
sito dell’Agenzia o magari
da una nostra telefonata)
di avere beni “mafiosi”
nei loro territori.
Qualche esempio:
Angrogna, dove l’Anbsc indica “in gestione”
due terreni. Il sindaco,
Mario Malan: «In tutti
questi mesi non è stato
possibile venire a conoscenza di quali siano le
proprietà sequestrate. Sul
sito dell’Agenzia, quando
si prova a cliccare l’apposita finestrella, non si
apre nulla perché non è
abilitata. Tempo fa abbiamo inviato una richiesta
formale per capire quali
beni siano sottoposti a
sequestro ma non abbiamo mai ricevuto alcuna
risposta».
Malan evidenzia quanto sia paradossale la situazione: «Sarebbe assai
interessante valutare un
eventuale utilizzo di quei
beni a favore della collettività. E invece non possiamo neppure sapere di
cosa stiamo parlando…».
Discorso fotocopia a
Villafranca dove nel 2013,
l’allora sindaco Agostino
Bottano (oggi vice), aveva scoperto da una nostra telefonata di essere
Giovedì 29 si confronteranno sulle proposte avanzate dal territorio
Incontro sindaci-Asl per la sanità pinerolese
All’esterno il presidio del Comitato: «Vigileremo sulle scelte che si vogliono fare»
Una delegazione di
sindaci del Pinerolese e
delle Valli, insieme al consigliere regionale Elvio
Rostagno, nel pomeriggio
di giovedì 29 incontrerà il
direttore generale dell’Asl
To3, Gaetano Cosenza.
Oggetto dell’incontro è la
riorganizzazione proposta
dall’assessore regionale
alla Sanità, Antonio Saitta,
già anticipata e presentata
dallo stesso assessore in
un incontro a Pinerolo lo
scorso dicembre.
Per la verità, giovedì 29
si farà un passo in più: si
discuterà il documento stilato dai sindaci del Pinerolese e dal Comitato per la
difesa dell’Ospedale di Torre Pellice. Quest’ultimo,
che non rientra tra i soggetti invitati all’incontro
(chissà poi perché), sarà
comunque presente giovedì con un presidio esterno
alla sede dell’incontro (ex
Cottolengo). Anche perché
in quel documento, sono
molte le osservazioni nate
proprio dagli incontri e dalle riflessioni del Comitato.
Finalmente ci si è accorti che, se andrà in porto
la riorganizzazione regionale, qualcosa l’ospedale “Agnelli” di Pinerolo
rischia di perderli. «Non
ci saranno più primari a
scavalco perché questa formula non garantisce un’efficace gestione dei reparti»
aveva trionfalmente annunciato a dicembre nella
sala di rappresentanza del
Comune, l’assessore Saitta, smentendo finalmente
quello che direttori e dirigenti hanno recitato per
anni; peccato però che per
superare il problema si decida di chiudere i reparti.
Una logica che ci sfugge,
francamente, ma secondo
la quale, gli ospedali di Pi-
nerolo e Rivoli si dovranno
“giocare” alcune degenze
e strutture (Otorinolaringoiatria, Urologia, Laboratorio analisi, Anatomia
patologica). Proprio in merito, il Comitato chiede con
fermezza che vengano resi
pubblici i criteri che determineranno la scelta di una
sede piuttosto di un’altra.
Altra osservazione che
porteranno al “tavolo” con
Cosenza è la richiesta di
nuovi posti letto di conti-
IN AGITAZIONE GLI ADDETTI ALLE PULIZIE
La sanità del Pinerolese è percorsa da proteste e manifestazioni. Al presidio dei
sindacati della Funzione pubblica, che manifestano per i tagli a strutture, personale e posti letto, all’ospedale Civile di Pinerolo si aggiunge anche il dissenso dei
lavoratori addetti alla pulizia e al facchinaggio, che dal 1° febbraio passeranno
dalla Etr Srl alla Epolux Srl, società che si è aggiudicata l’appalto dell’Asl To3 per i
presidi sanitari di tutta la ex-Asl 10 con un notevole ribasso d’asta. E quel ribasso
d’asta, secondo Massimiliano Santucci, responsabile della Fisascat Cisl, «lo vogliono far “scontare” ai lavoratori». In pratica, nonostante i servizi richiesti, e la
qualità di essi, siano identici a quelli del precedente appalto, la Epolux prevede
per una decina di lavoratori, «già identificati con nome e cognome, cosa per altro
inconcepibile - sottolinea il sindacalista - una riduzione pesantissima delle ore di
lavoro, e quindi del reddito. Ma un ospedale non puoi pulirlo un po’ meno, l’igiene
di quelle strutture è fondamentale tanto quanto le terapie». Il modo per non far
pagare un prezzo così alto ai lavoratori (sono oltre un’ottantina in tutto) c’è secondo Santucci, che in questa vertenza si sta battendo con grande determinazione:
«Spalmare la riduzione su tutta la forza lavoro, mantenendo invariati i contratti,
con smaltimento “rol” (riduzione orario lavoro, ndr) ed ex-festività, per poi rivedere
la situazione dopo un mese». L’azienda, invece vorrebbe già da subito partire con
una nuova organizzazione del lavoro. I dipendenti, riunitisi lunedì scorso, hanno
dimostrato coesione, decidendo all’unanimità uno sciopero, per il 2 febbraio. Intanto, il sindacato, ha annunciato il “procedimento di raffreddamento”, una sorta
di anticamera dell’astensione dal lavoro, passaggio necessario in quanto i servizi
di pulizia nell’ospedale sono considerati “servizi pubblici essenziali”, pertanto
sottoposti a una prassi particolare che deve essere comunicata in Prefettura. E
proprio qui, sindacati e azienda sono stati convocati per venerdì 30 nel tentativo
di trovare un accordo che scongiuri lo sciopero.
(Foto Costantino)
nuità assistenziale a valenza riabilitativa. «Il bacino di
utenza del Pinerolese, Val
Pellice e Val Chisone e Germanasca - si legge nel documento stilato - è di 134.795
cittadini; calcolando lo 0,7
per mille (parametro previsto per legge nazionale) i
posti letto per lungodegenza
e riabilitazione, adesso convertiti in Cavs, dovrebbero
essere 94», non si pretende
di arrivare a ciò che prevederebbero i parametri normativi, ma «riteniamo che
l’incremento di complessivi
20 posti letto (di cui 10 a valenza riabilitativa), per un
totale di 85» possa essere
un accettabile compromesso. Questi letti potrebbero
essere ricavati attingendo
dai 1.300 messi a disposizione dall’assessorato alla
Sanità proprio per venire
incontro alle esigenze dei
territori più disagiati e penalizzati.
Si chiede anche che
non vengano chiuse le
agende per le visite specialistiche che a turno
interessano diverse specialità, allungando le liste
di attesa di mesi o costringendo i cittadini del Pinerolese a peregrinare per le
strutture sanitarie della
provincia. O peggio, rivolgersi al “privato” mettendo mano al portafogli.
Ma soprattutto, si chiede
con forza, che non venga
chiuso o ridotto nessun
servizio prima che la tanto annunciata assistenza
domiciliare non trovi piena realizzazione sul territorio. Una raccomandazione fondata, anche alla
luce delle gravi difficoltà
in cui in queste settimane
si sono trovati a lavorare i
Pronto soccorso e i reparti di Medicina.
Sofia D’Agostino
“teorico destinatario”
di tre unità immobiliari,
tra cui un’abitazione indipendente. Era cascato
dalle nuvole e ci aveva
dichiarato: «Spero che la
prossima settimana la situazione sia più chiara».
È passato un anno e mezzo, Bottano ha lasciato il
posto a Marina Bordese,
ma dall’Agenzia tutto,
tristemente, tace. «Non è
cambiato nulla: un anno
fa c’era stato un incontro
tecnico in Prefettura, ma
poi nessuno ci ha richiamati», conferma Bordese.
«Non abbiamo più saputo
niente».
Lucia Sorbino
GLI ALTRI BENI
NEL PINEROLESE
Nel Pinerolese troviamo altri beni sequestrati
a Piossasco (due terreni),
a Nichelino (un immobile
commerciale); a Revello,
nel Cuneese, un terreno
e un immobile. A Cesana
Torinese sono cinque i terreni confiscati e destinati
al Comune. Ad Orbassano
i sequestri sono noti: tra i
beni c’è l’ormai ex-abitazione del boss Basilio Franzè,
un edificio di strada Volvera 63 restituito alla comunità locale e trasformato in
sede del Cidis, Consorzio
intercomunale dei servizi
socio-assistenziali. Stesso
copione per la villa di via
Lazio e l’ex-supermercato
di via Castellazzo, immobili appartenenti alla
‘ndrangheta che hanno
cambiato destinazione e
sono diventati - rispettivamente - comunità-alloggio
per disabili e uffici per i
Servizi sociali.
VOLVERA, LA FAMIGLIA DEL BOSS ABITA QUI
VOLVERA - Una villa su
due piani al fondo di una
strada chiusa che si affaccia alle campagne del
paese. Un edificio in paramano, gelosie marroni, ampio portico all’ingresso: è
qui che abita, in via Caduti
della Marsaglia, una zona
residenziale a pochi minuti dal centro cittadino, la
famiglia del presunto boss
della ‘ndrangheta Giuseppe
Catalano.
Sulla casa pende un
provvedimento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e
confiscati alla criminalità
organizzata. A ottobre è
arrivata in municipio la richiesta di un sopralluogo
nell’ambito della procedura che ha portato alla
confisca dell’immobile in
questione e del terreno circostante di pertinenza della villa. Beni che, secondo
la legge, sono stati acquisiti
dal patrimonio dello Stato e
temporaneamente affidati
all’Agenzia in attesa che
vengano destinati alla comunità con finalità sociali.
Nel frattempo la famiglia Catalano vive ancora
lì: moglie, figlia, genero e
nipoti. Il padre Giuseppe
non c’è più: era agli arresti domiciliari per gravi
motivi di salute quando,
nell’aprile del 2012, decise di farla finita gettandosi
proprio dal balcone al primo piano della sua casa.
L’uomo venne arrestato
nell’estate del 2010 con
l’accusa di associazione
per delinquere di stampo
mafioso nell’ambito delle
operazioni “Crimine” e poi
“Minotauro” contro le in-
VOLVERA - Tanti giovani all’inaugurazione di Cascina
Arzilla, ex villa di un boss oggi restituita alla comunità
e diventata baluardo di Libera-Acmos.
filtrazioni della criminalità
organizzata. E secondo gli
inquirenti era uno dei boss
più influenti della ‘ndrangheta in Piemonte. L’uomo,
che gestiva il bar Italia di
via Veglia a Torino oggi
assegnato all’associazione
Libera, aveva ammesso di
far parte dell’organizzazione ma aveva spiegato
anche di volersi dissociare. «Il contrasto alle mafie è
essenziale – dice il sindaco
Ivan Marusich - in questo
le Forze dell’ordine e Magistratura hanno fatto il loro
corso, come avevano fatto
a suo tempo con la confisca
di Cascina Arzilla. È incredibile, e fa molto riflettere,
che in un paese di novemila
abitanti abbiamo già diversi
immobili confiscati alla criminalità organizzata. Non
siamo in Calabria, ma forse
questo è il frutto di vicende
storiche che hanno coinvolto Volvera, come il boom e
la forte immigrazione degli
Anni ‘70».
È stato un lungo iter,
quello per trasformare la
villa dell’allora boss Vincenzo Riggio in Cascina
Arzilla. Un iter burocratico
durato anni prima che la
casa di Regione Serafini, in
evidente stato di degrado,
venisse recuperata: oggi
è un baluardo di Libera
e ospita campi estivi per
i giovani e attività di educazione alla legalità. Resta
inutilizzato l’alloggio di
strada Rivalta, sempre di
proprietà di Riggio: confiscato da anni, non è mai
stato restituito alla comunità e destinato a finalità
sociali.
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