DANZARE IL MONDO

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DANZARE IL MONDO
DANZARE IL MONDO
Danzare il mondo
Immagine tratta dal film: Into the wild, PENN, S.
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Danzare il mondo
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Danzare il mondo
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Danzare il mondo
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Danzare il mondo
Dopo il tramonto, prima dell’alba…
In lingua Hopi la sostanza, l’essenza delle cose è resa attraverso i verbi.
L’attenzione è tutta rivolta all’azione.
L’essenza è azione.
Danzare il mondo è un’espressione che ha la stessa intenzione.
Il soggetto implicito non è l’uomo, non si tratta di un’azione transitiva dell’uomo sulla
realtà. Il soggetto è la vita che si manifesta in una danza. Il mondo, la realtà non sono
l’oggetto della danza ma sono soggetti danzanti.
L’uomo è uno dei soggetti.
Danzare il mondo è tensione di vita
Danzare il mondo è eros, desiderio di interazione fisica-creativa con il mondo
attraverso il corpo
Danzare il mondo è essere su un limite, incerto, esposto, mutevole, sensuale di
spazio e di tempo
Danzare il mondo è il destino dell’uomo, consapevolezza di vita nel suo divenire
Danzare il mondo è un’azione agita simultaneamente da uomo e natura
Danzare il mondo è sorgente di paesaggio.
Danzare il mondo è esprimere il nostro essere esprimendo il mondo.
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Danzare il mondo
L'uomo da solo, non in lotta con la montagna,
ma con lei impegnato in un dialogo profondo.
Reinhold Messner
Scoprii, che non ero io che facevo girare gli sci, ma che era la neve – o piuttosto era
la neve e la gravità insieme che li facevano girare. A quel punto smisi di cercare di
controllare gli sci e rivolsi la mia attenzione verso queste forze.
Gli avvallamenti e le forme della terra automaticamente mostrano la via da seguire; e
per degli abili sciatori esisterà una sola e perfetta linea per ognuno di essi, così che
tutti possano sciare insieme alla massima velocità e volteggiare con gli altri e con la
terra. "Essere realmente liberi è non avere nessuna possibilità".
Quando questa ritmica relazione tra neve e gravità si è realizzata su di un pendio
ripido non esiste più un io, una montagna, così come la neve, ma esiste solo una
continua e fluente interazione. So che questo processo non ha confini. Le mie azioni
formano un continuum con le azioni della neve e della gravità. Non posso dire
esattamente dove le mie azioni finiscano ed inizi la neve o dove e quando intervenga
la gravità. Questa è l'Ecologia Profonda.
D. Chapelle
dal libro Neve profonda
da: http://www.pensarecolcorpo.it/Capitoli/Sport/dissolvere.html
L’immagine evocata da queste parole è un paesaggio primario.
Un paesaggio in cui uomo e natura interagiscono secondo un legame unico e
necessario, appunto primario cioè basico, fondamentale, biologico come lo era la
necessità di sopravvivenza per l’uomo primitivo.
L’uomo e la natura partecipano a definirlo in un processo continuo di interazione che
supera e dissolve le singole entità in una danza senza fine. L’uomo smette di
controllare, di voler imporre la propria volontà, scopre le forze della natura, le
accetta, le asseconda, e sente che così è più facile, è più semplice, che la linea
perfetta è una soltanto, non ci sono altre possibilità. Danzare con la natura quella
linea perfetta, unica e necessaria lo fa essere realmente libero.
Il mondo esiste, con l’uomo danza.
Con l’uomo il mondo danza la propria esistenza. Senza presunzione antropocentrica,
l’uomo eleva a coscienza l’esistenza del mondo che diventa danza.
L’uomo ha danzato il mondo.
L’Antropologia del paesaggio testimonia di come culture primitive e arcaiche abbiano
generato paesaggi autentici facendo leva su facoltà biologiche e neurofisiologiche
connaturate geneticamente all’uomo. L’intelligenza sociale, tecnica, ecologica,
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Danzare il mondo
linguistica, le competenze spaziali (wayfinding, mapping, pensiero topologico,
geometria intuitiva), le facoltà tassonomiche (attitudine a classificare) analogiche
(leggere il noto nell’ignoto), induttive, il pensiero spaziale costituivano un patrimonio
genetico che consentiva all’uomo di attivare una memoria operativa abituata a
leggere tracce per sopravvivere in presenza di un contesto naturale in cui si doveva
inserire. La sopravvivenza era la finalità implicita, biologica che muoveva e attivava
l’interazione uomo-natura.
Dopo 40000 anni di storia l’uomo conserva lo stesso patrimonio genetico e le stesse
facoltà neurofisiologiche. Il progresso scientifico e tecnico unitamente allo sviluppo
del pensiero oggettivo e concettuale gli hanno fatto credere di essersi emancipato
dall’urgenza della necessità di sopravvivenza.
E qui lui ha esagerato.
Ha smesso di danzare il mondo.
Anche se la necessità di sopravvivenza è sicuramente percepita in modo diverso
oggi rispetto a 40000 anni fa, questo non vuol dire che non esista. Essa ha sempre
costituito la chiave di accesso alla realtà per l’uomo, la necessità biologica che lo
faceva interagire con essa. Werner Herzog, nel suo libro “La conquista dell’inutile”,
denuncia la sua necessità di non perdere il contatto con la realtà e di come si senta
affetto da una sorta di estraneità alle cose e alla realtà.
L’estraneità è esattamente quella perdita di una chiave di accesso al mondo.
Credo che recuperarla significhi cercare di rispondere cosa significhi sopravvivenza
oggi come allora, che non significa tornare al primitivo, ma risalire al primario: l’uomo
primitivo era un cacciatore e per seguire la selvaggina doveva camminare-essere in
movimento, dipingeva animali e per farlo doveva immaginare. L’essere in movimento
e l’immaginare sono la nostra essenza da sempre. Sono il lato selvatico che è in noi.
Ritrovare la dimensione selvatica è la chiave di accesso alla realtà e questo obiettivo
passa attraverso l’esperienza del corpo.
Solo toccandola la realtà esiste, appare.
Solo sentendo la realtà come corpo, come estensione del proprio corpo (Merleau
Ponty) l’uomo può partecipare con la natura a generare paesaggi autentici e tornare
a danzare il mondo.
L’intenzione è quella di ripensare il paesaggio partendo dal gradino più basso, quello
pre-linguistico e pre-logico, quello sensibile del corpo e del movimento per indagare
e cogliere il potenziale antropologico unico e complesso di un luogo.
Il corpo dunque è il tema centrale, l’ipotesi per risolvere l’estraneità che l’uomo prova
nei confronti della realtà e stabilire con essa un’interazione autentica che generi
paesaggi primari. E’ una direzione di ricerca da esplorare.
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Danzare il mondo
Fui ipnotizzato da una cosa sola, dalla gioia,
dalla gioia di vivere di quei pesci che scivolavano
nell'acqua con felicità giocosa.
Quale civiltà ci porterà a tali altezze di agilità
e riso comune, così come questi pesci hanno saputo fare?
D. H. Lawrence
Che cosa accadrebbe se, invece di limitarci a costruire la nostra esistenza, avessimo
la follia o la saggezza di danzarla?
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 11
Il termine danza deriva dalla radice tan che, in sanscrito, significa tensione. Danzare
è sperimentare ed esprimere con la massima intensità il rapporto dell’uomo con la
natura, con la società, con l’avvenire e i suoi dei. Danzare significa anzitutto stabilire
un rapporto attivo tra l’uomo e la natura, è prendere parte al movimento cosmico e al
suo dominio. Quando il cacciatore paleolitico disegna un bisonte sulle pareti delle
caverne di Lascaux o di Altamira, la tensione del tratto dà all’uomo un potere reale
sulla bestia. (…)
La danza del cacciatore che imita il movimento dell’animale è già una vittoria
dell’uomo per quando dovrà affrontarlo in futuro. Identificarsi attraverso la danza col
movimento e con le forze della natura, per captarle imitandole, diviene una necessità
primordiale della vita quando la conoscenza dei ritmi della natura è ormai un bisogno
vitale.
[link movimento pag.
54, neuroni specchio
pag.59, ricalco cane
pag.155, anatomia
esperienziale pag.66]
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 12
La danza è una maniera totale di vivere il mondo: è insieme conoscenza, arte e
religione. (…) Essa ci rivela che il sacro è anche carnale e che il corpo può insegnare
quello che uno spirito non conosce: la bellezza e la grandezza dell’atto quando
l’uomo non è diviso con se stesso. Cogliamo questo arricchimento della vita, quando
la danza esercita su di noi il fascino del mare, delle nuvole, del fuoco o dell’amore.
L’amore come la danza, ha preceduto il fiorire dell’uomo: negli insetti, negli uccelli e
in ogni specie di animali, la danza fa parte dell’atto dell’amore. (…) La danza è
espressione della continuità organica dell’uomo con la natura.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 14
(…) tutto il grano veniva portato in piazza per la battitura o l’uva per la pigiatura (…)
per rendere il movimento più coordinato e più efficace lo si rese ritmico: i pigiatori si
spostavano a tempo e compivano un girotondo scandito dai loro canti. Un
movimento cadenzato, protratto a lungo, porta a una trance che si impadronisce di
tutti i lavoratori e li invade tutti per contagio.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 15
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[link sacro pag. 86]
Danzare il mondo
Danza considerata come simbolo dell’atto di vivere e come sorgente di ogni cultura.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 17
Ogni danza implica partecipazione: anche quando è spettacolo, non la si segue solo
con gli occhi ma con i movimenti quanto meno accennati del corpo. (…) essa
stabilisce, attraverso quel fenomeno di risonanza o di simpatia muscolare, il contatto
tra chi danza e chi partecipa. Un contatto immediato che provoca un’emozione
attraverso il rapporto tra un movimento del corpo effettivamente compiuto al
massimo della tensione e un movimento del corpo semplicemente accennato,
nascente e come latente. Questa trasmissione diretta, chiamata metacinesi e che si
rifa all’Einfuhlung, è il più alto contributo della danza per cambiare la nostra
esperienza personale. (…) La danza ci mostra che l’arte è il cammino più corto fra un
uomo e l’altro.
[link neuroni
specchio pag. 59,
arte rupestre
pag.43]
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 19
Il gesto del mimo è descrittivo. Quello del danzatore è proiettivo: provoca
un’esperienza non concettualizzabile, non riducibile alla parola. Se potessimo dirla,
non avremmo bisogno di danzarla. (…) La danza non racconta una storia. (…) essa
è come il mito, un indicativo di trascendenza.
(…) Un mimo di talento può renderci presente la realtà dell’albero: la potenza del suo
radicarsi, lo slancio dei rami, lo stormire del fogliame e il soffio del vento. È un albero
e ammiriamo, come un virtuosismo l’imitazione letterale dell’oggetto. Ma si può
ideare una danza che ci riveli, attraverso il tema dell’albero, un modo di vivere il
mondo: quel movimento con cui le radici succhiano senza posa l’universo per
proiettare nel cielo i rami e i fiori, per fecondare all’infinito la terra e respirare il cielo.
L’albero non è più una cosa ma un atto, un mito che rivela il ciclo cosmico della vita e
della morte e la danza che ispira risveglierà in noi un significato più totale e pieno
della vita, avvertito direttamente nel nostro corpo.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 21
La danza come ogni arte è comunicazione dell’estasi. È una pedagogia
dell’entusiasmo, nel senso originario della parola, sentimento della presenza di Dio.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 22
Danzare la vita è prendere coscienza che non solo la vita, ma l’universo è una danza
e sentirsi penetrati e fecondati da questo flutto del movimento e del ritmo.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 23
La danza all’inizio del xx secolo diviene lingua morta e degenera in accademismo e
virtuosismo, un’arte decorativa, futile e graziosa.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 39
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[link sacro pag. 86]
Danzare il mondo
Al contrario del balletto classico in cui i passi obbedivano a una regola prefabbricata,
la danza moderna ha cercato di generare la forma del movimento come espressione
del significato interno, ha messo in azione tutto il corpo e privilegiato il centro
generatore di ogni movimento, il torso, dal quale parte l’energia.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 48
I precursori della danza moderna si sono istintivamente rivolti verso il corpo. Il nostro
corpo non è più proteso a cacciare per vivere, le gambe non s’induriscono più per
una salita. (…) Ridare all’uomo il senso del corpo, come ricettacolo del mondo reale
attraverso i sensi, come proiezione del modo possibile attraverso l’azione (…)
erotizzare il nostro rapporto totale col mondo e dare uno stile ai movimenti del nostro
corpo e alla nostra vita risvegliando in noi il desiderio che il nostro essere si esprima
esprimendo il mondo. (…) La danza moderna (…) ha ridato all’arte il suo ruolo
principale di svolgere un’attività che altro non è se non la vita stessa, ma più intensa,
più spoglia, più significante.
[link caccia
primitiva pag. 146]
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 50-51
Isadora Duncan (…) il centro del movimento si trova nel dorso, nella colonna
vertebrale, (…) nei dintorni del plesso solare.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 65
Danza per la prima volta a piedi nudi: i piedi invece di essere come nel balletto
classico il punto in cui si sfugge al suolo, alla pesantezza, alla realtà, diventano al
contrario il punto di contatto essenziale con la terra carica di vita. Il corpo rivitalizzato,
animato ed espressivo, non è un oggetto, ma un fulcro di energia.
[link terra pag. 80]
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 67
Danza moderna (…) primato del ruolo del torso come centro di espressione a
differenza del torso rigido del balletto classico (…) l’uso cosciente e volontario
dell’alternanza della distensione e dell’estensione fondata sulle leggi di Delsarte
(leggi del ritmo della vita), flusso e riflusso di energia (…) il riconoscimento del valore
del peso del corpo, del rapporto dell’uomo con la terra, della gravità che se accettati
permettono di fare del suolo non solo qualcosa da cui ci si vuole staccare, ma una
realtà viva fraterna, che nel contatto vivificante dei piedi nudi dà al danzatore tutta la
densità terrestre, carnale, umana.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 83-84
Martha Graham si rifa a Teilhard de Chardin, “camminate come se camminaste per la
prima volta”, anziché strapparsi alla terra come nel balletto classico, affondare il
tallone nella creta, sentirne la linfa e il sangue e ritrovare con la terra il contatto vitale
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[link camminare
pag. 147]
Danzare il mondo
del cacciatore o del guerriero.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 99
Laban (…) pensare per movimenti, significa andare al di là della realtà già esistente e
scorgere una realtà che sta per nascere. (…) La danza deve prendere coscienza
della sua affinità con il lavoro, entrambi sono sforzi ritmici. (…) Le radici della danza
sono il lavoro e la preghiera. (…) La materia prima della danza sono i movimenti della
vita, ne scopre le radici, ma non mira al realismo: fa del gesto un movimento e
questo gesto non è mimico ma ritmico.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag.112-115
Doris Humphreys (…) collega la danza alla legge stessa della vita: la tensione
dell’uomo che si contrappone a un mondo che gli resiste, al rischio della caduta. (…)
Questa polarità dell’atto di cadere e di riprendersi è la legge primaria. (…) Il ritmo,
quello che domina l’alternanza motrice della caduta e del ritorno all’equilibrio è
collegato alla gravità. (…) È la gravità che produce il battere ritmico tipico della
marcia umana, il contatto tonico col suolo. Il passo umano è il modello della caduta e
della ripresa: equilibrio su una gamba mentre l’altra si alza e si piega, poi la gravità
ha la meglio, l’uomo vi si abbandona e rimbalza per terra quando il piede la colpisce.
[link camminare
pag. 108]
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 124-125
Danzare la vita significa collocarsi nel cuore delle cose al punto in cui scaturisce il
futuro in procinto di nascere, e partecipare alla sua invenzione.
[link wilderness, una
via personale 158]
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 158
Merito della danza moderna è di aver ripristinato l’unità profonda tra la danza e la
vita. Danza non più come divertimento.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 173
Il primo atto indispensabile per l’uomo è quello con cui si adatta all’ambiente, lo
trasforma e lo crea e quest’atto implica l’uomo intero: movimenti significanti per
l’organizzazione del suo sapere e la creazione dei suoi progetti.
[link tracce di
paesaggio pag. 92]
[link gioco,segreto
biologico evoluzione
pag. 140]
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 180
(…) Nessun atto è più rivoluzionario di quello di insegnare a un uomo di affrontare il
mondo dal punto di vista del creatore. Questa forma viva di comunione e di
partecipazione della danza moderna, restituisce alla danza la sua funzione sacra,
cioè la sua funzione di creazione dell’uomo.
Da: GARAUDY, R., Danzare la vita, Assisi, Cittadella, 1999,pag. 181-182
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[link sacro pag. 86]