l`operazione barbarossa di bush

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L’OPERAZIONE BARBAROSSA DI BUSH
Martedì 01 Aprile 2008 14:33
di Carlo Benedetti
MOSCA. Hitler scelse il 22 giugno per attaccare l’Urss. E in quel momento prese avvio
l’operazione Barbarossa con 170 divisioni per un totale di tre milioni di soldati. Oggi, invece, il
presidente americano scende, da solo, nel territorio dell’ex Unione Sovietica con il suo “Number
one” e alcuni aerei di scorta. Comincia così la sua campagna in un Est che si avvia ad essere
colonizzato prima di arrivare alla tappa decisiva del 2 aprile e precisamente quella che segna
l’avvio del vertice Nato in terra romena. Bush inizia questa sua “ispezione” con l’Ucraina. Un
paese che - quanto a dirigenza centrale - non vede l’ora di entrare a pieno titolo nella Nato,
nonostante si registrino forti resistenze da parte della popolazione locale e, a livello di
diplomazie straniere, della Germania e della Russia. Ma l’americano tira dritto per la sua strada.
Sa che Kiev, assieme al governo georgiano di Tbilisi affidato al “Quisling” Saakasvili, ha
presentato alla Nato la richiesta di iniziare un
Membership Action Plan (Map) sul
modello di quanto avvenuto con altri Paesi dell’Est europeo, poi divenuti membri a pieno titolo.
E così Bush conta sul fatto che a Bucarest la strada sarà meno in salita e, di conseguenza, il
“Map” con i due paesi dovrebbe passare senza ulteriori difficoltà. Ci sono, infatti, nove nazioni
dell’ex campo socialista più il Canada che si dimostrano fedeli alleati degli Atlantici, ma sulla
riva opposta aumentano i dubbiosi come i tedeschi e i francesi. Duri, invece, i russi. I quali, con
il loro ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, ribadiscono di essere sì pronti a collaborare con tutti,
ma di ritenersi, nello stesso tempo, contro “ogni tentativo che potrebbe ledere gli interessi di
Mosca”. Un discorso duro e chiaro. E Lavrov, per essere ancora più preciso nei dettagli
annuncia: “Siamo preoccupati riguardo l’ingerenza degli Stati Uniti nella politica dei paesi della
Csi. Perché Washington si intromette sempre di più nello spazio postsovietico, come lo
dimostrano i tentativi degli Stati Uniti di inserire l’Ucraina e la Georgia nella Nato.. Ecco perché
da tempo andiamo sostenendo che se gli Stati Uniti riusciranno a raggiungere questo loro
obbiettivo, ci saranno delle conseguenze geopolitiche ed economiche negative”. “ E tutto questo
- prosegue l’esponente del governo russo - riguarderà non solo i nostri rapporti con gli Stati
Uniti, ma anche quelli con la Nato”.
In pratica la linea di condotta di Mosca alla vigilia del vertice di Bucarest è già tracciata e a
Putin (che sarà presente al summit) non resterà che muoversi nel contesto di quanto
annunciato dal responsabile della diplomazia. Ma sulla strada per la Romania c’è ora anche
questa tappa ucraina che assume un significato strategico. Perché il Capo della Casa Bianca
incontrando il presidente Vicktor Yushenko e il premier Yulia Tymoshenko, punta a ribadire il
pieno appoggio americano a quella “Rivoluzione arancione del 2004” e ad esprimere al
Parlamento locale “il sostegno per le legittime aspirazioni del popolo dell'Ucraina di prendere il
posto che gli spetta in Europa, incluse le istituzioni transatlantiche”. Tutto questo vuol dire che
con tale tappa Bush punta a gettare tutto il peso dell’America sulla bilancia al fine di spingere la
Nato a rompere gli indugi ed estendere il proprio orizzonte sul Mar Nero.
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Martedì 01 Aprile 2008 14:33
In pratica si registra sempre più una convergenza strategica tra il governo di Kiev e la
presidenza americana. Ma come risposta diretta arriva il vento gelido di una Mosca che - pur se
divisa tra il “vecchio” Putin e il “nuovo” Medvedev - manifesta sempre più la sua irritazione che
si traduce nella concreta minaccia di puntare i missili nucleari sull’Ucraina “se dovesse decidere
di ospitare strutture del sistema antimissile americano”. E Medvedev (che si accinge a salire
ufficialmente il 7 maggio sul colle della fortezza del Cremlino) manda a dire a Washington: “Non
siamo affatto contenti di quanto sta avvenendo in Ucraina e Georgia, siamo molto inquieti per la
sicurezza europea perché nessun Paese può accettare che un blocco militare cui non
appartiene si avvicini ai propri confini”.
E’ in questo clima che Bush (certo, ovviamente, di aver portato l’Ucraina dalla sua parte)
spicca il volo per la tappa finale di questa sua “Operazione Barbarossa” all’Est. Si sposta a
Soci, sul mar Nero, dove Putin lo ha invitato per l’ultima volta nella dacia presidenziale che dal 7
passerà in eredità al nuovo presidente. L’occasione del faccia-a-faccia tra i due, che si
accingono a lasciare le rispettive cariche, dovrebbe essere quella relativa al dossier sul progetto
di scudo antimissile che gli Stati Uniti vogliono installare in Polonia e Repubblica ceca e che è
motivo di mesi di tensioni con Mosca. Nella capitale russa, intanto, circolano anche voci relative
ad un possibile rinvio di tutto il contenzioso sulle postazioni missilistiche in Europa. Come se
Putin e Bush avessero già trovato un accordo per allungare i tempi e consentire ai loro
successori di tornare a trattare.
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