scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 18 giugno 2013
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
18/06/2013 Corriere della Sera - Milano
Sanità, ecco i reparti a rischio «Una manovra da 40 milioni»
5
18/06/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Pressione alta incurabile Sì al «black out» renale
7
18/06/2013 Corriere della Sera - Nazionale
Policlinico, bloccati dal 1999 i fondi per la ristrutturazione
8
18/06/2013 La Repubblica - Nazionale
Study-drug Esami di maturità e doping cerebrale rischiose illusioni
9
18/06/2013 La Repubblica - Nazionale
Casa a misura di malato e ausili per comunicare
11
18/06/2013 La Repubblica - Nazionale
Elettro-stimoli e bisturi per i malati insensibili alle medicine
12
18/06/2013 La Repubblica - Nazionale
Cortisone, è rivoluzione "Meglio prenderlo la sera"
14
18/06/2013 La Repubblica - Nazionale
Studiare le storie dei pazienti nasce un network internazionale
15
18/06/2013 La Repubblica - Torino
Regione, subito l'aumento dell'Irpef
17
18/06/2013 La Repubblica - Nazionale
VIRUS E BATTERI RESISTENTI DIFFICILE DIFESA CON I TAGLI
18
18/06/2013 La Repubblica - Genova
San Martino-Ist, il governo stoppa il piano
19
18/06/2013 La Stampa - Nazionale
"Buco" della Sanità Cota oggi dal ministro
21
18/06/2013 La Stampa - Nazionale
Oncologia, Tar non blocca la chiusura L'allarme: reparto senza sicurezza
23
18/06/2013 Il Messaggero - Nazionale
Metti un gatto a fare le fusa mentre prendi un caffé
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18/06/2013 Il Giornale - Genova
Emodinamica, ecco quando la Sanità funziona
25
18/06/2013 QN - Il Resto del Carlino - Ancona
Sanità, un Consiglio caldo Mezzolani atteso al varco
26
18/06/2013 Libero - Milano
Il Pirelli congela i ticket sanitari
27
18/06/2013 Libero - Nazionale
Abbiamo una sanità a misura di clandestini
28
18/06/2013 Libero - Nazionale
Tra governo e bandiere blu non sai dove andare al mare
29
18/06/2013 Il Tempo - Roma
Macchinari da 2,5 milioni a marcire da tre anni
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18/06/2013 Il Fatto Quotidiano
Lo spreco, i malati, le protesi: l'inchiesta sul sito del Fatto
32
18/06/2013 La Notizia Giornale
TROPPI TUMORI TRA I REDUCI DALL'IRAK
33
18/06/2013 La Notizia Giornale
Salute, spesa medica e farmacie Il rilancio parte anche da qui
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17/06/2013 Tema Farmacia
LA sigaretta elettronica
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
24 articoli
18/06/2013
Corriere della Sera - Milano
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Regione Riordino delle alte specialità: tagli negli ospedali in cui non si raggiunge il minimo di interventi
Sanità, ecco i reparti a rischio «Una manovra da 40 milioni»
Maroni: in settimana studieremo come togliere il ticket
Simona Ravizza
La tengono ancora chiusa nei cassetti degli uffici. Ma finalmente in Regione è pronta la lista dei reparti a
rischio di chiusura per il riordino della rete ospedaliera.
L'obiettivo è di tagliare negli ospedali dove non viene raggiunto un numero minimo di interventi chirurgici.
Così, sulle 20 cardiochirurgie attive oggi in Lombardia, sono destinate a una potenziale soppressione almeno
quelle degli ospedali Multimedica, Sant'Ambrogio e Città di Monza. Tra le 36 chirurgie vascolari, quasi dieci
non raggiungono i requisiti minimi di attività, tra cui le unità operative del Gaetano Pini, del Galeazzi,
dell'Istituto clinico Città Studi (ex Santa Rita) e - fuori Milano - degli Spedali Civili di Brescia. Passando alle
neurochirurgie, su 23 unità attive rischiano soltanto le due che si trovano alla Casa di Cura Igea e
all'ospedale di Gravedona. Mentre su 14 chirurgie toraciche, con ogni probabilità smetterà di funzionare
quella del San Matteo di Pavia. Infine le emodinamiche, le più colpite dal piano di austerity: su 65 centri per la
cardiologia d'emergenza ne spariranno, salvo ripensamenti, tra i 10 e i 15, tra cui quelli degli ospedali di
Codogno, Cernusco, Voghera e Garbagnate.
È una ricostruzione del Corriere. Al momento non c'è nulla di ufficiale. Ma l'argomento è stato affrontato ieri
sera nella riunione che precede la giunta regionale: la delibera del riordino della rete ospedaliera sarà
approvata verosimilmente in una delle prossime sedute. In totale sono interessati dal provvedimento quasi 25
ospedali per almeno 30 reparti: le unità operative di alta specialità che non raggiungono la soglia minima di
procedure previste dalla delibera non saranno più operative a partire dal 2014. Tutti i numeri sono indicativi,
perché il piano di austerity sarà esaminato dalle Asl di competenza, che avranno l'ultima parola sui reparti da
chiudere.
La manovra vale economicamente oltre 40 milioni di euro. I soldi risparmiati saranno immediatamente
reinvestiti: il 35% dei finanziamenti recuperati resterà assegnato agli stessi ospedali per svolgere attività
considerate più utili, mentre l'altro 65% andrà a confluire in un fondo regionale per finanziare le
cardiochirurgie, le neurochirurgie, i centri di emodinamica per la cardiologia d'emergenza, le chirurgie
vascolari e toraciche che dovranno lavorare di più.
La delibera sul riordino della rete ospedaliera era attesa da mesi. Adesso resta da capire la data della sua
approvazione. E intanto il governatore Roberto Maroni ieri ha rilanciato l'ipotesi di uno stop al nuovo ticket da
66 euro scattato a giugno su 55 interventi di minichirurgia: «Penso che gli aumenti si possano bloccare già la
prossima settimana - ha sottolineato -. Veneto, Toscana ed Emilia Romagna l'hanno già fatto. La Lombardia
arriva buona ultima, ma stiamo provando a stoppare il ticket».
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65%
Foto: La percentuale di soldi risparmiati che finanzierà le cardiochirurgie, le neurochirurgie, i centri di
emodinamica, le chirurgie vascolari e toraciche che dovranno lavorare di più
La scheda Cardiochirurgie
Su 20 cardiochirurgie, sono destinate a una potenziale soppressione almeno quelle degli ospedali
Multimedica, Sant'Ambrogio e Città di Monza
Chirurgie vascolari
Quasi dieci non raggiungono i requisiti minimi di attività, tra cui le unità operative del Gaetano Pini, del
Galeazzi, dell'Istituto clinico Città Studi (ex Santa Rita) e - fuori Milano - degli Spedali Civili di Brescia
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Corriere della Sera - Milano
Pag. 5
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Neurochirurgie
Rischiano le due che si trovano alla Casa di Cura Igea e all'ospedale di Gravedona
Chirurgie toraciche
Con ogni probabilità smetterà di funzionare quella del San Matteo di Pavia
Emodinamiche
Salvo ripensamenti, sono a rischio tra i 10 e i 15 centri tra cui quelli degli ospedali di Codogno, Cernusco,
Voghera e Garbagnate
Foto: Sotto pressione Ticket e tagli nell'agenda del governatore Roberto Maroni
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Corriere della Sera - Ed. nazionale
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Linee guida europee
Pressione alta incurabile Sì al «black out» renale
M. Pap.
Un catetere entra dall'arteria femorale e arriva a quelle renali. Lì, lungo le pareti del vaso, passano i nervi del
sistema nervoso simpatico. Quello «automatico». È causa di una forma di pressione alta del sangue che non
risponde ai farmaci. Ma basta interrompere, con una radiofrequenza, gli impulsi nervosi tra reni e cervello e la
pressione si stabilizza. Si chiama «denervazione renale». I primi 130 operati sono arrivati a tre anni con la
pressione sempre sotto controllo. Altri 5 mila nel mondo li hanno seguiti. La tecnica (Symplicity di Medtronic)
è entrata così nelle linee guida per il trattamento dell'ipertensione resistente ai farmaci. L'annuncio a Milano,
durante il Congresso della Società europea dell'ipertensione (Esh) presieduta dall'italiano Giuseppe Mancia.
Una speranza per gli ipertesi «intrattabili» (10-15 milioni in Europa, 300 mila in Italia) che, nonostante i
farmaci, vivono oggi a rischio di ictus, infarti, danni renali.
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Umberto I Il direttore: se non partono i lavori, meglio chiudere
Policlinico, bloccati dal 1999 i fondi per la ristrutturazione
Francesco Di Frischia
ROMA - Un tesoro inutilizzato: da 14 anni ci sono 140 milioni di euro non spesi per ristrutturare e
modernizzare uno dei più vecchi ospedali d'Italia, il Policlinico Umberto I di Roma. Allora il direttore
dell'ospedale, Domenico Alessio, minaccia: «Se non partono i lavori è meglio chiuderlo». E di urgenti lavori è
evidente che ce ne sarebbe bisogno: le stanze a 4 o a 6 letti senza il bagno interno sono la regola: quelle
singole e doppie non esistono. Nella camere, seminate in 56 palazzi, aria condizionata e tv sono introvabili.
Nell'edificio che ospita la radiologia c'è una crepa attraverso la quale dal primo piano si vede chi c'è al
secondo. Per non parlare del sistema antincendio, e delle reti fognaria e idrica che, secondo i vigili del fuoco,
non sono in regola.
Il Policlinico è ridotto così, «ma dal 1998 una legge del Parlamento (la numero 448) ha stanziato fondi per il
recupero di vecchi ospedali nelle aree urbane - ricorda Alessio -. All'Umberto I sono stati assegnati in
quell'occasione risorse che oggi corrispondono a 140 milioni di euro. Ma da allora quel tesoro è fermo in un
cassetto», alla faccia della crisi, della disoccupazione che cresce e della qualità dell'assistenza e
dell'accoglienza alberghiere, molto carenti viste le condizioni in cui lavorano circa 5 mila tra medici, infermieri
e tecnici (compresi 157 primari impegnati in 1.315 posti letto e 582 amministrativi, di cui 112 dirigenti, uno
ogni 5 lavoratori). In pratica, precisa Alessio, «l'ospedale, nato nel 1904 non ha mai avuto importanti
interventi di manutenzione straordinaria».
Il «tesoro» lo aveva messo a disposizione l'allora governo D'Alema nel 1999: da 14 anni, però, i tanti
manager che si sono alternati alla guida del Policlinico hanno presentato «libri dei sogni», progetti faraonici
che sono costati 2,5 milioni, oggi diventati carta straccia. I veti incrociati tra Demanio, ministero della Salute,
Università, Regione e Sovrintendenze ai Beni culturali (molti edifici sono sotto vincolo, ndr) hanno fatto
naufragare ogni idea. Alessio, tra un mese presenterà l'ultimo progetto. Stavolta il manager ha giocato
d'anticipo: «Ho già informato tutti gli enti nazionali e locali sugli interventi indispensabili: il presidente della
Regione Lazio Zingaretti si è dimostrato molto attento ai nostri problemi e mi auguro che anche le altre
istituzioni ci aiutino». «Se il mio progetto non andrà avanti e non riuscirò ad aprire i cantieri in tempi rapidi - è
la provocazione del direttore generale - allora sarà costretto a dire ai vigili del fuoco, che mi hanno segnalato
gravi carenze strutturali che l'ospedale deve essere chiuso...». Alessio sa bene che né il ministro della Salute
Beatrice Lorenzin, né il governatore Zingaretti vogliono davvero chiudere l'Umberto I, ma «questa città della
salute deve essere ristrutturata: non c'è più tempo da perdere».
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La Repubblica - Ed. nazionale
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R SALUTE Il 64% dei ragazzi avrebbe difficoltà di concentrazione e il 20% di memorizzazione Da domani le
prove scritte: si diffonde tra gli studenti il ricorso illegale a farmaci destinati al trattamento della demenza e di
deficit dell'attenzione con la convinzione che aiutino l'apprendimento. Ma non è così. Anzi, possono causare
danni gravi
Study-drug Esami di maturità e doping cerebrale rischiose illusioni
Su alcuni siti web si può acquistare senza la richiesta del medico un flacone di piracetam per l'Alzheimer da
40 capsule a 45 sterline
BEATRICE TOMASINI
alle notti insonni sui libri a quelle passate su internet cercando qualche scorciatoia per studiare di più, ma con
meno fatica. Oggi, purtroppo, avanza la figura del "dopato cerebrale" che, in rete o dallo spacciatore, si
procura le study-drug, farmaci psicostimolanti prescritti per determinate patologie ma assunte dagli studenti
per potenziare memoria e concentrazione. I più cercati sono quelli per la cura di malattie psichiatriche e
neurologiche come il piracetam (morbo di Alzheimer), l'hydergina (demenza senile), il metilfenidato (sindrome
da deficit di attenzione e iperattività) e il modafinil per la narcolessia.
Da un sondaggio di Skuola.net emerge, infatti, che il 64% degli studenti ha difficoltà di concentrazione e il
20% di memorizzazione. E allora basta collegarsi a internet per procurarsi in pochi click sostanze illegali
come le smart drug (di origine naturale o sintetica attive sul sistema nervoso)e farmaci con obbligo di ricetta.
Su alcuni drugstore online si può acquistare liberamente, per esempio, un flacone di piracetam da 40 capsule
a 45 sterline.
Gli esperti però smentiscono i presunti effetti benefici e mettono in guardia sui potenziali rischi che possono
essere anche gravi: «Non esistono sostanze che aumentano le capacità cognitive - avverte Simona Pichini,
dell'Osservatorio fumo, alcol e droga dell'Istituto superiore di sanità - anzi l'assunzione da parte di soggetti
sani di farmaci nati per specifiche patologie può comportare effetti collaterali a livello del sistema nervoso
centrale e cardiocircolatorio».
Ma l'acquisto di psicofarmaci di vario tipo, ovviamente senza ricetta, non è nuovo. Nel 2012 il rapporto Espad
dell'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr) ha individuato un 15,4%
di ragazzi che si è procurato senza la necessaria prescrizione farmaci attivi sul sistema nervoso, indicati per
trattare insonnia, depressione, iperattività, obesità e disturbi dell'attenzione. Ed è proprio quest'ultima
categoriaa subire un'impennata verso i 19 anni, età della maturità (la media è del 3,7%).
La preparazione casalinga del prodotto, invece, risulta molto difficile in mancanza di specifiche competenze
chimiche. Non mancano però i casi di "kitchen laboratory", laboratori illegali diffusi soprattutto nell'est Europa
che poi rivendono i farmaci contraffatti al mercato nero.
Sempre per restare svegli e quindi studiare di più, il classico rimedio di bere caffè è stato superato dagli
energy drink, bevande analcoliche a base di caffeina, taurina, carnitina, creatinae vitamine del gruppo B, che
contribuiscono alla riduzione del senso di stanchezza. Una sola lattina può equivalere a più tazzine di caffè e
abusarne può provocare tachicardia.
Eppure quella degli energy drink è una tendenza in crescita, soprattutto tra i maschi: a 19 anni, la quota di
consumatori (da almeno una lattina in su) è del 58% (contro il 30% delle ragazze) e gli studenti che ne
bevono più di venti nel corso di un mese sono stabili dal 2009 (3%). Un quarto degli studenti si affida agli
integratori alimentari e polivitaminici per la memoria nonostante la loro dubbia efficacia.
«Nel caso di soggetti giovani- spiega Vitalia Murgia, docente di fitoterapia alla Sapienza di Roma possono
rivelarsi utili le piante ad azione "adattogena" cioè quelle che aiutano il nostro organismo a far fronte a
situazioni di stress fisico e mentale. Tra queste la più conosciuta è il ginseng (Panax Ginseng)».
In ogni caso qualsiasi integratore, per essere d'aiuto, deve essere associato ad uno stile di vita sano.
«Consiglierei a chi fatica a trovare il ritmo di studio - aggiunge la Murgia - di garantirsi almeno sei ore di
sonno, del tempo libero per sfogare tensione e stanchezza e, soprattutto, usare meno il computer».
Dall'università di Oxford è appena arrivato uno studio molto promettente, pubblicato sulla rivista Current
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Biology, da cui risulta un miglioramento delle abilità aritmetiche dopo stimolazioni elettriche del cervello
indolori.
Con sole 5 sedute i ricercatori hanno riscontrato, nei soggetti sottoposti all'esperimento, una sorprendente
rapidità nell'eseguire conti a mente. L'obiettivo a lungo termine è quello di praticare questa stimolazione in
ambito clinico e scolastico, dai bambini affetti da disturbi di apprendimento agli anziani con problemi
degenerativi, ma la stradaè ancora molto lunga e tortuosa.
Quello del potenziamento cognitivo è un tema di grande attualità, affrontato recentemente anche dalla
prestigiosa rivista americana Neurology, perché oggi la richiesta di miglioramento delle prestazioni per stare
al passo con i ritmi frenetici della nostra società è sempre più insistente. Tra i consumatori clandestini, infatti,
non ci sono più solo studenti, ma anche manager e medici. © RIPRODUZIONE RISERVATA INFOGRAFICA
PAULA SIMONETTI SKUOLA.NET
PER SAPERNE DI PIÙ www.ist-nazionale-neuroscienze.unito.it www.ifc.cnr.it
Foto: LE STRATEGIE Su Mente & Cervello di giugno (6 euro) le tecniche di studio vincenti per superare gli
esami: metodi a confronto
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Casa a misura di malato e ausili per comunicare
La tecnologia può essere di grande aiuto anche in stadi avanzati
CHRISTIAN LUNETTA *
La Sclerosi Laterale Amiotrofica è una malattia cronica che cambia profondamente la vita della persona che
ne è affetta e quella di familiari e amici, i cosiddetti "caregiver". Una madre, un marito, un fratello che si
trovano a vivere il dramma della malattia di un proprio caro, come possono affrontare tutto quello che la Sla
toglie e impone? Una persona affetta da Sla nonè infatti in grado di affrontare da sola le conseguenze della
malattia. Avrà bisogno degli altri per muoversi, per mangiare, per comunicare, in molti casi persino per
respirare. Normalmente i bisogni primari non pesano sulla relazione tra persone adulte, sane e indipendenti,
ma nella Sla possono diventare ostacoli insormontabili. Fin dal momento della diagnosi la famiglia si trova sin
da subito in una condizione difficile: da un lato deve comprendere la gravità della situazione del proprio
congiunto e dello stravolgimento che questa comporterà nell'equilibrio della famiglia, dall'altro essere di
sostegno, sia fisicamente che psicologicamente, al proprio caro. Non tutti i familiari però hanno la capacità di
riorganizzare la vita quotidiana in funzione della diagnosi, ed ecco che in questi casi diventa fondamentale il
supporto delle istituzioni, sia in termini di erogazione di prestazioni assistenziali adeguate all'entità del deficit
sia con l'attivazione di percorsi di supporto psicologico.
Purtroppo nel nostro Paese una corretta e globale presa in carico del malato è ancora insufficiente e, dopo la
diagnosi, prevale un clima di sfiducia e di rinuncia terapeutica. Da ciò scaturisce anche la necessità di attuare
percorsi informativi adeguati per il paziente e la sua famiglia. Necessità confermata anche dalle decine di
telefonate di richiesta di informazioni sulla malattia che ogni giorno riceve il centro di ascolto di Aisla. In realtà
se il sistema sanitario-assistenziale è ben organizzato la malattia può essere gestita presso il domicilio
riducendo le ospedalizzazioni. Ovviamente per assicurare questa opportunità la casa deve essere adeguata
strutturalmente alle difficoltà crescenti di mobilità del paziente con l'abbattimento delle barriere architettoniche
e l'introduzione di ausili quali carrozzina e sollevatore.
Un altro aspetto critico nella storia di un paziente con Sla è rappresentato dalla progressiva perdita della
capacità di comunicare pur in assenza di chiari deficit cognitivi. Questo aspetto rappresenta uno dei momenti
in cui quel già delicato equilibrio tra il paziente e il suo caregiver può definitivamente frantumarsi. Ecco perché
dal punto di vista tecnologico sono stati ideati degli ausili, definiti comunicatori, che se progressivamente
adeguati al deficit del paziente, consentono di mantenere la comunicazione anche in stadi avanzati della
malattia. In linea generale un malato di Sla e la propria famiglia non devono mai essere lasciati soli, e ai
caregiver è giusto che venga riconosciuto il diritto ad essere valorizzati, rispettati, ascoltatie ben supportati. *
Specialista in Neurologia, referente medico-scientifico AISLA Onlus INFOGRAFICA PAULA SIMONETTI PER
SAPERNE DI PIÙ www.arisla.org www.aisla.it
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R SALUTE Sla La drammatica situazione da affrontare quando un familiare è affetto da questa sindrome così
invalidante: occorre riorganizzare l'intera vita. Servono sostegno e informazione. Equilibrio difficile
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Elettro-stimoli e bisturi per i malati insensibili alle medicine
L'importanza della selezione accurata dei soggetti a cui fare l'intervento
MARIAPAOLA SALMI
I problemi grossi restano.
L'imprevedibilità della crisi epilettica e, più di ogni altro, quel 30% di epilessie refrattarie a qualunque
farmaco, pesano sulla vita dei pazienti. Ma l'approccio all'epilessia sta cambiando radicalmente, come hanno
riferito ricercatori e clinici durante il 36° congresso nazionale della Lega italiana contro l'epilessia (Lice) da
poco concluso a Roma. Il farmaco non sempre funziona, si cominciaa investigare vie diverse da quelle
battute per decenni; quasi 8.000 pazienti potrebbero beneficiare della chirurgia che, poco praticata, esige un
cambio culturale. Genetica e intervento precoce, se i farmaci non bastano, sono le nuove tendenze. «L'arrivo
dei nuovi antiepilettici - dice Roberto Michelucci, direttore di neurologia al Bellaria di Bolognae presidente
Lice- ha poco giovato a quel 30% di epilessie resistenti a farmaci. Forse perché fino ad oggi abbiamo
attaccato la "crisi" sul fronte dei mediatori chimici, forse perché ci sono altri meccanismi ancora sconosciuti
che potrebbero aprire la strada a molecole efficaci». Diversi studi incoraggiano queste teorie. La ricerca di
base è fortemente orientata all'identificazione delle cause della farmacoresistenza. Si ipotizza una sovraproduzione di proteine prodotte dai geni in grado di espellere il farmaco dalle cellule nervose o di
modificazioni, acquisite o innate, dei bersagli ai quali esso dovrebbe legarsi, una sorta di attivazione delle
proteine di trasporto che impediscono al farmaco di agganciarsi la bersaglio cellulare e svolgere la sua
azione. Altra ipotesi, l'infiammazione che, a seguito di molteplici danni cerebrali, potrebbe alterare i
meccanismi immunologici.
Poi vi è la cosiddetta pseudofarmacoresistenza. «Siamo sicuri che il paziente sia davvero resistente al
farmaco? Oppure è quest'ultimo che non è adatto o il dosaggio non è quello giusto oppure non si tratta di
epilessia - osserva Michelucci - si parla di farmacoresistenza, secondo Lice, se le crisi persistono nonostante
l'impiego di almeno due farmaci al giusto dosaggio». E quando i medicinali falliscono si aspetta anche 15-20
anni prima di arrivare all'opzione chirurgica, e questa enorme latenza favorisce la refrattarietà e complica la
malattia danneggiando il paziente specialmente se giovane. «Se pensiamo che il 90% delle epilessie focali
farmacoresistenti inizia nei primi anni di vita, offrire un trattamento risolutivo con la chirurgia curativa o
almeno un trattamento di riduzione del numero delle crisi che si può ottenere con le tecniche di
neuromodulazione palliativa, è una opportunità che non possiamo non prendere in considerazione»,
sottolinea Laura Tassi, dirigente medico del Centro di chirurgia ed epilessia dell'ospedale Niguarda di Milano.
Lo studio prechirurgico diventa prassi per la selezione accurata dei pazienti.
La risonanza magnetica, utilizzata per studiare morfologia e funzioni delle diverse aree cerebrali, la Spect
che valuta l'irrorazione del cervello, la Pet utile a quantificare il consumo cerebrale di glucosio, sono usate
insieme all'Eeg che studia il segnale elettrico del cervello. Un paziente non idoneo alla chirurgia curativa può
esserlo per l'approccio neuromodulatorio (Dbs, stimolazione cerebrale profonda, oppure stimolazione del
nervo vago, tecnica più seguita) che può in un caso su due dimezzare il numero delle crisi. «È una modalità
meno invasiva, palliativa che non modifica la situazione cerebrale, ma sfrutta il fisiologico funzionamento
elettrico del cervello attraverso meccanismi di eccitazione-inibizione, bloccando la scarica elettrica anomala»,
spiega il neurochirurgo Gabriella Colicchio del Gemelli di Roma.
In arrivo per i pazienti il diario elettronico e tante le nuove molecole. Midazolam indicata nel trattamento
anche domiciliare delle crisi in serie e dello stato epilettico convulsivo, in commercio da due mesi in Italia,
rimborsabile, si somministra per bocca e assicura un rapido assorbimento; retigabina, rimborsabile, indicata
per le epilessie che proprio non rispondono ad altro, precauzioni obbligatorie per effetti avversi; attesi per il
2014 Ema permettendo, esclicarbazepina e perampanel sempre per le epilessie resistenti.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
R SALUTE Epilessia Il controllo delle crisi non riesce in un paziente su tre Ma il progresso delle conoscenze
sta rendendo più efficace l'asportazione del focolaio. Congresso dell'associazione Lice
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La Repubblica - Ed. nazionale
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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© RIPRODUZIONE RISERVATA INFOGRAFICA PAULA SIMONETTI PER SAPERENE DI PIÙ www.lice.it
www.fondazioneepilessialice.it
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La Repubblica - Ed. nazionale
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Cortisone, è rivoluzione "Meglio prenderlo la sera"
La prima iniezione fu fatta nel 1948 da Philip Hench che poi ricevette il premio Nobel
(mariapaola salmi)
La prima iniezione di cortisone risale al settembre del 1948 in una donna quasi immobilizzata da una
gravissima artrite reumatoide. Quello che avvenne dopo valse il Nobel a Philip Hench e cambiò la storia della
medicina. La comunità scientifica sta rivisitando questo vecchio e potente farmaco usato da reumatologi,
neurologi, allergologi e persino oncologi (terapia di supporto nei tumori). Si conferma il cortisone quale
modulatore dell'infiammazione e dell'immunità,a dosi basse,o alte ma per tempi stretti, rispettosi del naturale
ciclo di produzione endogena. E proprio sui tempi di somministrazioneè in atto una rivoluzione. «Ci si
dimentica spesso che il cortisone è un ormone tra più potenti che il nostro organismo produce - fa notare il
reumatologo Maurizio Cutolo, presidente della Federazione Europea di Reumatologia (EULAR) - e non può
essere usato come una qualsiasi medicina. Almeno duemila geni sono sensibili al cortisone.
Somministrato di giorno, altera importanti parametri metabolici (zuccheri ematici, equilibrio idrosalino,
pressione sanguigna, ecc.) e crea dipendenza.
Specie nell'artrite reumatoide la massima efficacia invece si ha con la somministrazione serale.
Il cortisone è ormai considerato "terapia ormonale o endocrina" per interferire a certi dosaggi e in
determinate ore della giornata sul ciclo giornaliero (circadiano) della risposta immuno-infiammatoria e sulla
ciclica produzione di cortisone endogeno (cronobiologia)». È evidente ormai che molte malattie autoimmuni,
in primis quelle reumatiche artritiche, siano influenzate dai cicli stagionalie giorno-notte: in estatee autunno
sta meglio chi ha l'artrite reumatoide, anche per l'aumento di esposizione solare e vitamina D; peggiora
invece la notte, al risveglio e nelle prime ore del mattino. «Di notte vi è l'aumento di sostanze infiammatorie
(citochine) e di cellule immunitarie (neutrofili) responsabili del dolore e del danno articolare - spiega Cutolo
somministrare il cortisone in tarda serata e a dosi minime rimpiazza la scarsa produzione endogena notturna
di cortisone, impedisce gli effetti collaterali e la dipendenza». Nell'artrite reumatoide come in altre patologie il
cortisone, terapia di prima scelta associata al metotrexate subito dopo la diagnosi, ha un duplice effetto:
inibisce la proliferazione di cellule immuno-infiammatorie e di fibroblasti che generano il danno tessutale e il
dolore. Simile l'azione esplicata dal cortisone nell'attacco acuto della sclerosi multipla, patologia del sistema
nervoso centrale per la quale il farmaco, che induce la morte delle cellule infiammatorie (apoptosi), viene
somministrato per brevissimi tempi e ad alte dosi. La possibilità di ricorrere a farmaci orali "a rilascio
modificato", disponibili peri pazienti reumatici non ancora per quelli neurologici, ha rappresentato un
traguardo importante. «Una compressa di prednisone assunta dopo cena, raggiunge il massimo effetto
attorno alle 2 di notte, proprio quando la cascata immuno-infiammatoria inizia a sferrare l'attacco».
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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R SALUTE Usato da 65 anni, questo ormone è oggetto di tante ricerche che stanno rivelando molte altre
potenzialità terapeutiche
18/06/2013
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 34
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Studiare le storie dei pazienti nasce un network internazionale
Disease, illness e sickness: le tre dimensioni chiave con cui analizzare la malattia Ritardi diagnostici, qualità
di cura e della relazione e dimensione affettiva
DOMENICA TARUSCIO *
Dagli anni '70-'80, con i primi tentativi di applicazione dell'approccio terapeutico che va sotto il nome di
medicina narrativa, orientato alla dimensione umanistica e sociale della relazione medico-paziente, sono stati
progressivamente sviluppati e affinati strumenti e tecniche sempre più rigorosi per cercare di incentivare
l'impiego della narrazione e della conoscenza basata sulle storie di malattia nella pratica clinica. Uno
strumento che, è bene ricordarlo, non può che migliorare la qualità dei percorsi di assistenza e cura, in
particolare in un settore come quello delle malattie rare, caratterizzato spesso dalla scarsità di conoscenze,
letteratura scientificae grandi numeri.
La Narrative Medicine Conference che avrà luogo a Londra da domani al 21 giugno, organizzata dal King's
College in collaborazione con la Columbia university di New York, mira proprio a fare il punto sullo stato
dell'arte delle competenze nel campo della medicina narrativa e sulle nuove prospettive aperte da studi
innovativi e protocolli sperimentali, stimolando il confronto ed il dibattito in merito al futuro. L'appuntamento
sarà anche l'occasione per annunciare la nascita del primo network internazionale dedicato alla narrative
medicine, che consentirà agli esperti sul tema di essere costantemente in contatto e condividere in modo più
strutturato ed efficiente il proprio know-how.
Da alcuni anni il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha attivato il
Laboratorio di medicina narrativa, con l'obiettivo di promuovere in sanità l'uso della medicina narrativa, in
particolare nell'ambito di malattie poco conosciute come le rare, individuando diverse aree di intervento:
documentazione, ricerca, informazione e formazione. Con entusiasmo, quindi, abbiamo accolto la sfida di
"Viverla Tutta", avviata da uno spazio aperto all'interno del sito web del quotidiano la Repubblica e proseguita
con il progetto "Laboratorio sperimentale di medicina narrativa", coordinato dal CNMR dell'ISS, i cui partner
sono l'ASL 10 di Firenze, la European Society for Health and Medical Sociology (ESHMS) e la Pfizer Italia.
Le giornate di Londra consentiranno di portare all'attenzione di un pubblico internazionale anche il contributo
delle centinaia di storie di persone, con malattie rare e croniche, e di caregiver (colui o colei che
principalmente si prende cura della persona malata, ndr) che sono state raccolte durante la Call to action
"Viverla Tutta". Una pagina web creata all'interno del sito Repubblica. it ha consentito di raccogliere i
contributi di pazienti e caregivers. Racconti che sono stati analizzati, con metodi qualitativie quantitativi,
nell'ottica delle tre dimensioni-chiave dell'esperienza di malattia: disease, illness e sickness, intese secondo il
punto di vista di pazienti e caregivers.
Circa un terzo delle narrazioni raccolte interessava aspetti legati alla malattia concepita come disease,
facendo riferimento a tutto ciò che era correlato alla dimensione strettamente "medica", come aspetti relativi a
diagnosi e cure. All'interno di questa categoria, più della metà dei contributi si è focalizzato sulla cura, circa il
40% sulla diagnosi, una parte minore sulla modalità di comunicazione e l'atteggiamento dei professionisti
della salute. Il ritardo diagnostico si conferma come aspetto particolarmente critico soprattutto nel caso di
malattie rare.
La dimensione soggettiva della malattia, l'illness, che include la sfera dei rapporti affettivi e della qualità della
vita, è stata oggetto di quasi la metà delle narrazioni raccolte. In tale categoria, le narrazioni erano centrate
principalmente sugli aspetti emotivi, sulla percezione della malattia, sugli atteggiamenti nei confronti della
malattia, ma anche sulla qualità della vita e sull'impatto della malattia nella vita di tuttii giorni. Sulla percezione
della dimensione sociale della malattia, la sickness, erano focalizzate circa il 20% delle narrazioni raccolte.
Tra i risultati più significativi: più di due terzi delle testimonianze all'interno di questa categoria si sofferma su
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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R SALUTE Medicina narrativa Da domani gran consulto a Londra organizzato dal King's College in
collaborazione con la Columbia university. L'esperienza di "Viverla tutta" su Repubblica.it come base di
discussione. E ad ottobre Consensus conference all'Istituto Superiore di Sanità
18/06/2013
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 34
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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aspetti legati a come pazienti o caregiver vengono percepiti da chi li circonda (ad es. parenti, amici, colleghi e
professionisti non sanitari). Altri temi di rilievo, emersi dai racconti, sono stati l'accesso ai servizi sanitari e
sociali, le politiche sanitarie (in termini di organizzazione dei servizi e riconoscimento dell'invalidità),
l'integrazione socio-sanitaria e le questioni legali.
I risultati dell'analisi delle narrazioni raccolte, unitamente alla letteratura scientifica sul tema della medicina
narrativa, costituiranno il background per la realizzazione di Linee di indirizzo per l'utilizzo della medicina
narrativa in ambito clinico-assistenziale, per le malattie rare e cronico-degenerative, destinatea operatori della
salute impegnati in ambito sanitario, sociale e sociosanitario (Consensus Conference il 2 e 3 ottobre all'ISS).
* Direttore Centro Nazionale Malattie Rare, ISS © RIPRODUZIONE RISERVATA
LA SCHEDA VIVERLA TUTTA Su repubblica.it centinaia di racconti di malati e familiari studiati e analizzati
da esperti con metodo scientifico NAME È il progetto della Asl 10 di Firenze Studio della narrazione
attraverso video-interviste e focus group, e vari mezzi espressivi MNEMOS Al congresso di Londra sarà
presentato anche il master Mnemos, su narrazione in medicina per la sanità promosso dall'Istud LINEE
GUIDA Dai vari progetti si stanno elaborando linee guida sulla Narrative Medicine: a Roma ad ottobre una
Consensus Conference PER SAPERNE DI PIÙ www.kcl.ac.uk/innovation/groups/chh/index.aspx
www.iss.it/cnmr/
18/06/2013
La Repubblica - Torino
Pag. 3
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Il diktat di Saccomanni a Pichetto: "Rientrare dal debito entro il 2013" I parlamentari piemontesi però solidali
con Cota per chiedere un rinvio al 2014
SARA STRIPPOLI
TORNA il fantasma dell'aumento dell'Irpef regionale già dal 2013. E anche sull'aumento dell'Irap nessuna
certezza che il pericolo sia scampato. Dopo il balletto dei mesi scorsi e le rassicurazioni sul fatto che il
disavanzo della sanità di 860 milioni potesse essere distribuito senza costringere la Regione ad aumentare
l'addizionale regionale per l'anno in corso, l'allarme è tornato ieri nella riunione convocata dal presidente
Roberto Cota con i parlamentari piemontesi. Un incontro in cui il governatore e l'assessore al bilancio Gilberto
Pichetto hanno rivelato il diktat del ministero dell'economia: il disavanzo dev'essere coperto durante l'anno in
corso. Pena l'aumento automatico di Irpef, ma anche dell'Irap, secondo quanto stabilisce la legge nazionale.
La risposta dei parlamentari è stata tempestiva: tutti, centrosinistra, Pdl e Lega, Scelta Civica e anche
Movimento 5 Stelle, hanno deciso di firmare un documento da inviare a Fabrizio Saccomanni per chiedere
che il disavanzo possa essere spalmato in tre anni. In serata Cota fa sapere che già oggi incontrerà il
ministro: «Il Piemonte ringrazia i parlamentari piemontesi per questa importante presa di posizione che ci
sarà certamente di aiuto. Questo nodo dovrà essere risolto nelle prossime ore.
Abbiamo la ragione dalla nostra parte». Per evitare che sia Roma ad imporre le tasse, Pichetto può soltanto
fare delle controproposte credibili, ma il giudice è severo ed è inevitabile che dovendo ad ogni costo
scongiurare l'ipotesi di un aumento della tasse sulle imprese - una iattura che avrebbe costi politici altissimi
per la giunta Cota - sarà l'Irpef a crescere già dal 2013. Pichetto non ne vuol sapere di dare per scontato il
lievitare delle aliquote e dice che farà di tutto perché sia accolta la sua interpretazione: «Non si tratta di un
debito ordinario - spiega - ma di un disavanzo emerso che risale al 2007.
Chiediamo dunque che la regola applicata sia quella destinata ai debiti patrimoniali, che consente la
spalmatura. A noi in realtà sono sufficienti due anni. Io avevo distribuito quel debito su 2013 e il 2014». Se
l'Economia tuttavia dovesse esprimersi negativamente, l'aumento dell'Irpef sarà però obbligatorio. Le
soluzioni a quel punto sono coprire le spese con maggiori entrate, cioè imposte, o tagliando ancora le spese:
«Dovrei portare le imposte al massimo oppure ridurre servizi sociali e sanità. Insomma, una situazione
insostenibile», dice.
Per il 2014 la manovra dell'addizionale Irpef avrebbe permesso di recuperare 161 milioni di euro, con una
crescita della pressione fiscale che per i nuclei familiari oscillava fra i 35 euro di aumento minimo a 150 euro
di massima. Nella lettera a Saccomanni i parlamentari piemontesi confermano che le pretese di Roma sono
impossibili: «Anche con il previsto aumento delle aliquote fino a limite dell'1,73 per cento, il gettito non
risulterebbe sufficiente e si dovrebbe varare una impraticabile riduzione di stanziamenti di spesa per centinaia
di milioni di euro».
Parte del disavanzo di 865 milioni avrebbe dovuto essere coperto con il decreto sblocca crediti di
quest'anno, ma non tutti i 633 milioni destinati al Piemonte sarebbero comunque stati destinati a coprire il
disavanzo del 2006-2007. E per ottenere quei fondi, ricordano i parlamentari, il ministero aveva posto delle
condizioni. La sanità piemontese ha infatti altri debiti da conteggiare, anche se nessuno pregresso come
quello attribuito agli anni governati dalla giunta Bresso.
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Foto: ASSESSORE Sopra l'assessore al bilancio regionale Gilberto Pichetto alle prese con la grana del
debito, a fianco la sede della giunta in piazza Castello
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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Regione, subito l'aumento dell'Irpef
18/06/2013
La Repubblica - Ed. nazionale
Pag. 38
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VIRUS E BATTERI RESISTENTI DIFFICILE DIFESA CON I TAGLI
PAOLO CORNAGLIA FERRARIS
Il nuovo virus H7N9 identificato di recente in Cina, è passato dai polli agli uomini. La sindrome influenzale
sostenuta dal nuovo virus è potenzialmente letale. Per ora nessun segno di pandemia, ma molti scienziati
sono al lavoro per prepararsi al peggio. Lo stesso accade per la SARS, arrivata in Italia con l'imprevista
presenza di portatori sani. Forte preoccupazione anche per comuni batteri diventati mortali perché resistenti a
qualunque antibiotico. Scienza e tecnologia, coniugate con globalizzazione, traffico di gente e merci e abuso
di antibiotici cambiano la storia delle malattie e del loro controllo. Occorre considerare allora che la vigilanza e
le capacità di prevenzione mal si coniugano coi tagli a ricerca e sanità. Molte persone non possono fare gli
esami del sangue perché incapaci di pagare i ticket. I grandi sprechi di esami inutili convivono con la grande
imprudenza di esami in ritardo in una sanità colpita dal calo del Prodotto interno lordo (Pil) e dalla corruzione
ben più che dai nuovi virus e batteri. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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R SALUTE CAMICI & PIGIAMI
18/06/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 1.6
(diffusione:556325, tiratura:710716)
Il ministero contesta la nuova organizzazione. O si cambia o addio a 20 milioni Cinque i punti nel mirino. Ora
la direzione e la Regione dovranno intervenire
AVA ZUNINO
COSÌ non va: il ministero della Salute, e precisamente il direttore generale della ricerca Massimo Casciello,
ha scritto alla Regione e al direttore generale del San MartinoIst, contestando il regolamento di
organizzazione e funzionamento approvato dallo stesso Irccs dopo la fusione con il vecchio istituto dei tumori.
Il Ministero contesta cinque punti, cui la direzione generale del San Martino-Ist e la stessa Regione, (sotto la
guida del vicepresidente e assessore alla Salute Claudio Montaldo) dovrà adeguarsi. Le contestazioni
potrebbero diventare una bocciatura e mettere a rischio i venti milioni di finanziamenti per la ricerca, se il
regolamento non verrà adeguato.
«Si rimane in attesa di conoscere il definitivo testo del regolamento di organizzazione e funzionamento che
sarà approvato da parte di codesta Regione», scrive infatti il direttore generale Casciello a conclusione della
missiva. Ad alzare il velo sulle contestazioni, che partono dal fatto che il nuovo istituto di cura e ricerca non
ha una specializzazione ma vorrebbe coprire tutta l'oncologia, è stato ieri mattina il Pdl. I consiglieri regionali
Matteo Rosso, Roberto Bagnasco e Luigi Morgillo hanno svelato l'esistenza della missiva che ha la data del
10 giugno scorso. «Il documento di fatto esplicita che il percorso portato avanti dalla giunta Burlando,
dall'amministrazione del San Martino e dall'Università, è gravemente lacunoso», scrivono. Le osservazioni
ministeriali, propedeutiche alla conferma dei finanziamenti, vanno al cuore dell'organizzazione decisa dal San
Martino-Ist. Il primo punto riguarda la tipologia di istituto scientifico: non viene specificata. Tutta l'oncologia?
Impossibile. «Si ritiene - scrive il direttore generale del ministero - che si debba specificare il campo e quindi
l'ambito della disciplina oncologica nella quale l'Irccs in questione costituisce polo di riferimento regionale e di
attrazione extra regionale». Nei programmi iniziali della Regione si era parlato di un Irccs "ad indirizzo emato
oncologico". Poi tutto è sprofondato, probabilmente nel magma delle lotte intestine, nel tentativo di
accontentare un po' tutti. Ora il ministero dice che non si può.
E l'assessore alla salute, Montaldo, dice che ha ragione. Su tutti i fronti a cominciare proprio dalla
"specializzazione". «Mi sembra una precisazione sacrosanta _ dice Montaldo _ Il ministero chiede inoltre che
il direttore scientifico, dovendo rispondere della ricerca, deve avere un ruolo più autonomo dalla direzione
generale, cosa che è pienamente accettabile». Per quanto riguarda l'uso dei fondi, che il Ministero chiede sia
specificato il divieto di utilizzare quelli della ricerca per altri fini, Montaldo spiega: «Non ci sono dubbi». Il
Ministero contesta anche il modello organizzativo: manca l'esplicito riferimento alla direzione scientifica, "cui
spetta sia la promozione ed il coordinamento dell'attività di ricerca scientifica e di quanto ad essa correlato,
sia la gestione del relativo budget". Nella nomina dei direttori dei dipartimenti, scrive il ministero, «il direttore
generale oltre all'intesa del rettore si ritiene che debba acquisire anche l'intesa del direttore scientifico».
Anche qui si tratta di una lacuna che sembra nascere dalla necessità di barcamenarsi tra i "poteri" interni
all'ospedale, lasciando autonomie che non sono possibili. La questione della direzione scientifica, viene
sottolineata dal Ministero anche rispetto ai rapporti con l'Università. Un'altra contestazione riguarda il comitato
etico, che deve essere individuato come "sezione del comitato etico regionale dedicata alle sperimentazioni in
materia oncologica per tutto il territorio ligure". © RIPRODUZIONE RISERVATA
La scheda LA SPECIALIZZAZIONE Il Ministero della salute contesta che non sia specificato in quale
disciplina oncologica l'Irccs è specializzato I SOLDI DELLA RICERCA Nel regolamento del San Martino-Ist
bisogna specificare il divieto di usare i fondi della ricerca per altri fini LA DIREZIONE SCIENTIFICA Nel
regolamento del San Martino-Ist manca "l'esplicito riferimento" al ruolo della direzione scientifica PER
SAPERNE DI PIÙ www.hsanmartino.it genova.repubblica.it
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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San Martino-Ist, il governo stoppa il piano
18/06/2013
La Repubblica - Genova
Pag. 1.6
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Foto: Ist-San Martino, ancora ombre sulla fusione
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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18/06/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 45
(diffusione:309253, tiratura:418328)
"Buco" della Sanità Cota oggi dal ministro
Ultimatum dal governo: il deficit va ripianato con un anno di anticipo Pichetto: «La manovra, a queste
condizioni, non è sostenibile per i piemontesi»
ALESSANDRO MONDO
Stamane Roberto Cota incontra il ministro dell'Economia Saccomanni: l'estremo tentativo per evitare che il
piano di rientro del debito della sanità crolli come un castello di carte, travolgendo i conti della Regione. La
doccia fredda è arrivata la settimana scorsa da Roma, prodiga di brutte notizie per il governatore e la sua
maggioranza, ma è stata resa nota solo ieri, in occasione dell'incontro con i parlamentari piemontesi. Si
doveva parlare di messa in sicurezza del territorio, alla fine ha tenuto banco il rebus della sanità piemontese.
Il buco Ricordate il famoso «buco» di 865 milioni maturato dal sistema sanitario subalpino nel biennio 20062007? Quello che ha imposto l'aumento dell'Irpef dal 2014 e che Cota ha ribattezzato «tassa Bresso»,
suscitando l'ira dell'interessata? Quando il peggio sembrava superato - possibilità di spalmarlo su più anni e
aumento contenuto dell'addizionale regionale - dal «tavolo Massicci», l'organo interministeriale che vigilia sul
piano di rientro, è arrivata la ferale notizia. Rientro accelerato Eccola: il disavanzo, il «buco», va iscritto tutto e
subito sul bilancio 2013. Mentre Gilberto Pichetto, vicepresidente della giunta e assessore al Bilancio, si
proponeva di farlo in due anni: 300 milioni già caricati sul bilancio di previsione 2013 e la quota restante, 565
milioni, su quello del prossimo anno. Quanto bastava per ridurre l'impatto del deficit sui conti della Regione, e
quindi sulle tasche dei piemontesi. È, era, lo stesso impianto che aveva consentito di posticipare di un anno
l'aumento della tassa. Tolleranza zero Ora è cambiato il vento. Se è vero che i componenti del «tavolo
Massicci» restano gli stessi, pare che il cambio di Governo abbia prodotto un atteggiamento meno flessibile
verso le Regioni diffidate e sotto monitoraggio contabile: il Piemonte non fa eccezione. Resta il fatto che la
capriola romana ha spiazzato tanto Pichetto quanto Ugo Cavallera, l'assessore alla Sanità. E lo stesso Cota,
per il quale la sanità subalpina, con gli annessi e connessi, è diventata una sorta di incubo. Bilancio da rifare
E adesso? O si trova il modo di riprendere la trattativa con Roma, ottenendo dal Governo delle larghe intese
quello che era stato concordato con il Governo dei tecnici, oppure saranno dolori. Considerato che il bilancio
dev'essere in pareggio, caricare altri 565 milioni sul rendiconto 2013 (in aggiunta ai 300 già iscritti) significa
ricominciare a fare di conto: sapendo che i conti non torneranno. Pichetto lo dice chiaro: «O aumento i ricavi,
cioè le entrate, o taglio i costi. Probabilmente l'una e l'altra cosa». Irpef più pesante? Con una premessa.
Aumentare le entrate potrebbe significare,, nell'ordine: aumentare le aliquote Irpef al massimo (dai 161 milioni
di ricavi previsti a 300) e anticipare la mazzata a quest'anno; intervenire sull'Irap per portare a casa altri 200
milioni. Per la cronaca, le maggiorazioni dell'Irpef, oggi come oggi attese dal 2014, vanno dallo 0,40% in più
per i redditi sino a 15 mila euro fino all'1,10% di aumento per chi guadagna oltre 75 mila euro l'anno. Nuovi
tagli Quanto ai tagli, la situazione è ancora più spinosa a fronte di un bilancio lacrime e sangue. Da qui
l'allarme di Pichetto: deciso a non intervenire sull'Irap, come promesso dallo stesso Cota, e più che restio ad
aumentare ulteriormente l'Irpef. Idem per i tagli: «Tagliare cosa? L'interpretazione contabile concordata non
va alterata. Nè è sostenibile aumentare le tasse in una regione che perde 900 posti di lavoro al giorno.
Questione di responsabilità verso i piemontesi». Sos ai parlamentari Il coinvolgimento dei parlamentari
convocati ieri - i senatori Buemi, Esposito, Ferrara, Lepri, Malan, Rizzotti, Scibona, Zanoni e i deputati Allasia,
Bragantini e Taricco rientra in quest'ottica. «Nessun patto con la giunta Cota, solo la consapevolezza che non
si possono far pagare ai cittadini le criticità dei conti regionali», precisa il capogruppo Pd Reschigna. I
parlamentari scriveranno a Saccomanni chiedendo di caricare il deficit della sanità su tre anni. Consapevoli
che, nel migliore dei casi, gli anni resteranno due. Nessuno vuole pensare a cosa accadrà se si ridurranno a
uno: il 2013.
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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Dossier / Il caso Piemonte
18/06/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 45
(diffusione:309253, tiratura:418328)
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milioni di buco È il disavanzo della Sanità piemontese che la Regione sperava di ripianare in tre anni
162
milioni Il risparmio previsto nel 2013 per rientrare del deficit. Nel 2014 saranno 248 e 360 nel 2015
Foto: Il piano della Regione
Foto: La riorganizzazione della sanità al centro di numerose proteste contro le scelte della giunta Cota
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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18/06/2013
La Stampa - Ed. nazionale
Pag. 45
(diffusione:309253, tiratura:418328)
Oncologia, Tar non blocca la chiusura L'allarme: reparto senza sicurezza
PAOLA ITALIANO
Rischia di chiudere nei prossimi giorni il reparto di oncologia dell'ospedale Valdese, nonostante la sentenza
del Tar che sospende fino al 30 settembre la chiusura del presidio di via Silvio Pellico. L'allarme arriva dai
legali che hanno promosso il ricorso e dal presidente della Circoscrizione Otto, Mario Levi che ha spedito una
lettera dai toni infuocati al direttore dell'Asl To 1, Giovanna Briccarello. Proprio in questi giorni scadono le
lettere di trasferimento per larga parte del personale di oncologia, di cui era previsto il passaggio al Martini.
«Ma l'ordinanza del Tar - spiega l'avvocato Silvia Cosentino - sospendendo la decisione di chiudere, congela
tutti gli atti conseguenti, quindi anche i trasferimenti». Ma il trasferimento di oncologia rischia di andare avanti
per «una presunta mancanza di sicurezza», così la definisce Levi. Problema che in parte esiste: uno dei
risultati dello smantellamento progressivo è il fatto che sia rimasto un anestesista rianimatore dalle 8 alle 13,
mentre per l'oncologia servirebbe fino alle 16. «E allora mandino del personale, ma non chiudano», tuona
Levi, che è perentorio con Briccarello: «Le intimo di mettere in atto ogni azione necessaria per consentire il
regolare svolgimento dell'attività dei reparti». La preoccupazione deriva dal fatto che il Tar ha sospeso ma
non deciso. L'udienza sul merito è fissata a febbraio 2014: cosa succederà tra settembre e febbraio? Il timore
dei difensori del Valdese è che la Regione voglia vendere a privati una struttura appetibilissima, con quattro
sale operatorie e fresca di una ristrutturazione da sei milioni di euro che sta proseguendo tuttora. Ma
l'assessore regionale alla Sanità Ugo Cavallera avrebbe garantito che l'ente «non ha alcuna intenzione di
metterlo in vendita», parole pronunciate al tavolo convocato a inizio giugno e rimaste nero su bianco dopo
che Levi si è accorto che nessuno stava verbalizzando: Cavallera ha provveduto a chiamare un addetto.
Personale dell'ospedale, circoscrizione e Comune stanno lavorando a una proposta per far sì che il Valdese
resti presidio ospedaliero, magari in appoggio ad altre strutture, come le vicine Molinette.
Foto: Trasloco
Foto: Con lo smantellamento progressivo è rimasto un solo anestesista rianimatore
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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Il caso Valdese
18/06/2013
Il Messaggero - Ed. nazionale
Pag. 22
(diffusione:210842, tiratura:295190)
Metti un gatto a fare le fusa mentre prendi un caffé
SULL'ESEMPIO GIAPPONESE APRE A PARIGI IL CAFÉ DES CHATS PROTESTANO BARDOT E GLI
ANIMALISTI
Francesca Pierantozzi
P A R I G I Le virtù terapeutiche del gatto sono ben note in Oriente. I n o c c i d e n t e , è Jean-Yves
Gauchet, veterinario a Tolosa, che rivendica la paternità della «ronron-teraUn caffè o un tè sul tavolo, un
gatto sulle gambe, le frequenze basse delle fusa (tra i 20 e i 50 hertz, per la precisione): è la ricetta della
felicità, degustabile dal prossimo settembre a Parigi nel "bar à chats" di Margaux Gandelon. Appassionata di
gatti (ma a casa vive con Lilliputienne detta Lil, di innegabile razza canina) Margaux aprirà nel cuore del
Marais il "Café des chats", versione francese dei Neko caffè giapponesi. Il principio è scientifico: il gatto fa
bene alla salute, elimina lo stress e fa abbassare la pressione. Nonostante i locali già aperti a Vienna,
Budapest e San Pietroburgo, quello di Margaux sarà il primo vero "bar à chat" europeo. Lei conferma: «Sarà
molto occidentale, zen e conviviale, rispetto al Giappone ci saranno meno gatti, di cui si asseconderà la
natura, e non si pagherà nessun biglietto d'ingresso, ma soltanto le consumazioni». Dichiarazioni che
dovrebbero placare gli animalisti, già pronti a indignarsi. La fondazione Brigitte Bardot ha fatto sapere subito
di non gradire che «l'animale sia relegato al rango di un oggetto». Cosa che non avverrà nel bar parigino di
Margaux, dove i gatti presenteranno pelo e fusa al cliente soltanto se ne hanno voglia e avranno a
disposizione una sala vietata agli umani quando vorranno concedersi una pausa. Nel bar parigino i gatti non
saranno più di dieci, verranno spazzolati quotidianamente, beneficeranno di un check up settimanale e di una
visita veterinaria ogni tre mesi. In compenso, non potranno entrare in cucina. «Di certo - spiega Margaux non faremo come in Giappone dove si può prenotare un gatto per un' ora». Per non perturbare il ritmo degli
animali, inoltre, il locale sarà aperto sette giorni su sette. pia». «Quando l'organismo lotta contro situazioni
difficili come stress, insonnia o ansia, il gatto che fa le fusa emette vibrazioni sonore con effetti distensivi e
tranquillizzanti» ha spiegato Gauchet a Le Monde. Le fusa, il ronron a 20-50 hertz, trasmetterebbero allora al
cervello umano «pensieri positivi e di benessere». Praticamente una medicina senza effetti collaterali (allergie
o traumi da graffio a parte, naturalmente). Gauchet ha spinto i suoi studi fino ad analizzare l'effetto delle fusa
sull'organismo: «il ronron - ha scritto - è recepito dal cervello attraverso l'ippocampo e l'amigdala. Il rumore
provoca allora una produzione di serotonina, l'ormone della felicità, che influisce sulla qualità del sonno e
dell'umore».
Foto: SUA MAESTÀ Da sempre amato dai parigini, il gatto arriva anche nei Café come terapia per rilassarsi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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L'INIZIATIVA
18/06/2013
Il Giornale - Genova
Pag. 6
(diffusione:192677, tiratura:292798)
Emodinamica, ecco quando la Sanità funziona
Quando parliamo di «malasanità» non dobbiamo confondere la cattiva gestione del Servizio Sanitario
Nazionale con le competenze e le capacità dei medici, degli infermieri e di tutto il personale ospedaliero,
ridotti molto spesso a lavorare in condizioni difficili, se non quando di estrema emergenza. Appena dimesso
dall'Ospedale Galliera, desidero esprimere pubblicamente il mio sentito ringraziamento e la mia profonda
riconoscenza per le cure ricevute a tutto il personale del Pronto Soccorso, all'Unità di Terapia Intensiva
Coronarica, ai chirurghi dell'Unità di Emodinamica. Un plauso particolare deve essere rivolto ai dirigenti delle
suddette Unità Operative, ad iniziare dal Prof. Paolo Cremonesi, che con indubbia competenza professionale,
ma anche con dedizione e sacrificio, sta da tempo elevando verso l'eccellenza l'organizzazione e le
prestazioni del Pronto Soccorso del Galliera. Il mio «grazie» si estende a tutti i medici, agli infermieri, a tutto il
personale ausiliario sempre attenti alle esigenze dei ricoverati, molto spesso loro stessi «pazienti» con i
pazienti... Angelo Toscano
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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il dibattito 2 CONTROCORRENTE
18/06/2013
QN - Il Resto del Carlino - Ancona
Pag. 14
(diffusione:165207, tiratura:206221)
Sanità, un Consiglio caldo Mezzolani atteso al varco
Oggi verranno posti sul piatto tutti i nodi dell'ospedale
- SENIGALLIA - ATTESA per conoscere i destini della sanità locale dai vertici regionali. E' fissato infatti per
oggi alle 18 il consiglio straordinario convocato alla presenza dell'assessore regionale alla sanità Almerino
Mezzolani ed al direttore generale dell'Area Vasta 2 Piero Ciccarelli. Non un consiglio grande, ma una seduta
vera e propria che fornirà ai consiglieri, l'occasione di sollevare questioni e porre domande. Già nell'ultimo
consiglio con il dibattito sulla Dialisi estiva che non verrà effettuata, gli animi si sono scaldati ed il clima si sta
facendo sempre più incandescente. Anche i sindacati del personale sono sul piede di guerra a causa della
carenza di dipendenti e del taglio di servizi e posti letto. Ma i pazienti e i loro familiari sono quelli che
rischiano di più. Non a caso l'associazione di volontari e familiari 'Alzheimer senza paura', chiede chiarezza a
Mezzolani e Ciccarelli. «Non riusciamo a capire la logica che sta guidando le attuali scelte: questo ulteriore
taglio dei posti letto non era finalizzato anche ad un potenziamento dei servizi domiciliari? - affermano i
responsabili della associazione -. Dal nostro piccolo osservatorio siamo costretti a prendere atto che tutti i
servizi domiciliari stanno subendo tagli lineari. La decisione che ci lascia interdetti è la determinazione con cui
si porta avanti il taglio radicale di pannoloni, traverse, penalizzando famiglie che sono già profondamente
gravate dallo stato di non autosufficienza di un loro componente. Troppe volte si fa riferimento alle normative
imposte dalla spending review. Tale provvedimento prevede forse un taglio del 50% delle risorse destinate
agli ausili? O non si tratta piuttosto di scelte discrezionali dei dirigenti locali?». I responsabili dell'associazione
invitano l'assessore regionale Mezzolani ed il dottor Ciccarelli a trascorrere due giorni in una casa privata o in
una Casa di riposo dove è necessario usare abitualmente questi presidi. «Poi saremmo contenti di conoscere
il loro parere in merito - aggiungono i volontari e familiari -. Riteniamo utili al dibattito e alla sensibilizzazione
tutte le prese di posizione degli ultimi giorni. Speriamo di suscitare almeno qualche dubbio sulla 'positività' di
queste scelte e rinnoviamo l'invito a fare esperienze che permettano di toccare con mano il problema».
Image: 20130618/foto/316.jpg
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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COMUNE L'ASSESSORE REGIONALE A CONFRONTO CON LA CITTA'
18/06/2013
Libero - Milano
Pag. 37
(diffusione:125215, tiratura:224026)
Il Pirelli congela i ticket sanitari
FABIO RUBINI
«Penso che questi aumenti si possano bloccare». Le parole sono di Roberto Maroni, presidente di Regione
Lombardia e arrivano per provare a rasserenare gli animi dopo la scaramuccia che ha visto coinvolti
soprattutto i gruppi consiliari di Lega e Pdl, in quella che molti hanno definito una battaglia d'immagine più
che di sostanza, per gli aumenti previsti di alcuni ticket sanitari che alla fine coinvolgono solo il 36% dei
cittadini e lo 0,2% delle entrate del bilancio sanitario, che tradotto in euro fa 2,5 milioni di euro all'anno. Mario
Mantovani già domenica aveva fatto sapere che «Sarei ben felice di congelare il provvedimento ereditato da
Formigoni qualora nel bilancio si trovassero le risorse». Oggi l'incontro decisivo tra Maroni, Mantovani e
Garavaglia. a pagina 41 «Penso che questi aumenti si possano bloccare». Le parole sono di Roberto Maroni,
presidente di Regione Lombardia e arrivano per provare a rasserenare gli animi dopo la scaramuccia che ha
visto coinvolti soprattutto i gruppi consiliari di Lega e Pdl, in quella che molti hanno definito una battaglia
d'immagine più che di sostanza, per gli aumenti previsti di alcuni ticket sanitari che alla fine coinvolgono solo
il 36% dei cittadini e lo 0,2% delle entrate del bilancio sanitario, che tradotto in euro fa 2,5 milioni di euro
all'anno. Scendendo maggiormente nel particolare, l'aumento dovrebbe riguardare 55 prestazioni di micro
chirurgia per le quali oggi si paga un ticket che varia dai 36 ai 46 euro (esenti gli aventi diritto). Gli aumenti da
recepire erano stati decisi dalla precedente giunta per ottemperare ad un preciso decreto del governo Monti.
Insomma, un atto dovuto. Nulla di più. La politica regionale è però entrata in fibrillazione, tanto che per
placare gli animi sono dovuti intervenire sia l'assessore alla Sanità Mario Mantovani, sia il presidente Roberto
Maroni. Il primo già domenica aveva fatto sapere che «Sarei ben felice di congelare il provvedimento
ereditato da Formigoni qualora nel bilancio si trovassero le risorse». E ieri, puntuali, sono arrivate anche le
parole di Maroni: «Penso che l'aumento si possa bloccare nella variazione di bilancio in programma in
Consiglio regionale della prossima settimana. È una vicenda che stiamo verificando e penso che si possa
fare». Già ieri era in programma un mini vertice tra Maroni, Mantovani e l'assessore al bilancio Garavaglia.
Oggi, complice la convocazione del consiglio regionale, i tre si rivedranno, ma non sembra un problema per
l'imponente bilancio regionale trovare 2,5 milioni di euro per scongiurare l'au mento. Il problema, casomai,
potrebbe ripetersi in futuro. Il Pdl non ha gradito l'alzata di scudi del capogruppo leghista Romeo e c'è
preoccupazione per quello che potrebbe succedere quando Mantovani presenterà alla maggioranza la
riforma completa dei ticket sanitari, sulla quale il vice presidente sta lavorando da alcune settimane. Il
ragionamento è semplice: fino a quando Maroni non riuscirà nel suo progetto di trattenere il 75% delle tasse
lombarde in Lombardia, l'eliminazio ne totale del ticket è utopia. Nel progetto studiato da Mantovani, dunque,
si prevedono sgravi per le fasce più basse (restano le fasce di esenzione totale), con contestuali rialzi per i
ticket riguardanti le fasce alte di reddito. Una strada obbligata se si vuole riformare l'isti tuto dei ticket, alla
quale Mantovani vorrebbe arrivare a breve termine senza doversi scontrare con una parte della maggioranza.
Per questo, forse, ieri Maroni è tornato a picchiare su un tasto che mette d'accordo Lega e Pdl, chiedendo a
Letta che il governo «per la sanità introduca i costi standard. Abbiamo fatto un calcolo ha spiegato -, dal
quale emerge che, se tutte le Regioni italiane applicassero il rapporto costi/prestazioni che c'è in Lombardia,
risparmieremmo 30 miliardi di euro, 1/3 degli interessi del debito pubblico. Perché noi riusciamo a farlo e gli
altri no?». Sulla questione ticket in serata sono intervenuti anche Riccardo De Corato («Maroni si faccia
garante del non aumento») e il Movimento 5 Stelle: «È giunta l'ora che i ticket si paghino in base al reddito».
Foto: FRENATA L'assessore alla Sanità Mario Mantovani e il governatore lombardo Roberto Maroni. Ieri i
due hano condiviso la necessità di stoppare gli aumenti a 55 prestazioni sanitarie previsti dal decreto del
governo Monti di un anno fa. Dice Maroni: «Stop già da settimana prossima» [Fotogramma]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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Dopo il decreto Monti
18/06/2013
Libero - Ed. nazionale
Pag. 13
(diffusione:125215, tiratura:224026)
Abbiamo una sanità a misura di clandestini
MATTEO MION
Leggo sul sito de Il Fatto quotidiano la solita inchiesta dai titoli roboanti sulla malasanità. Storie tipicamente
italiche di marchette e mazzette su ausili e protesi per disabili. Nulla di nuovo. Pensioni e sanità sono le prime
due voci del bilancio statale e di conseguenza gli avvoltoi lì conficcano gli artigli. In Italia cambiano i predatori
del patrimonio pubblico, ma le abitudini concussive rimangono invariate. La nostra sanità è al collasso come il
resto della nazione, perché mai la sanità dovrebbe discostarsi? La settimana scorsa con papà ricoverato
sono corso la domenica sera ad acquistare una pomata antibiotica in farmacia, perché lo Stato non la
«passa» più. Eppure papà contribuisce a suon di gabelle alla collettività da 43 anni, ma ha la stronzissima
vocazione di essere padovano, residente a Padova e ricoverato presso l'azienda ospedaliera della città del
Santo. Se fosse clandestino, gli «passerebbero» ogni sorta di prebenda sanitaria, perché l'art. 32 della
Costituzione garantisce la salute a tutti, tranne i connazionali. La lobotomizzazione progressista ci ha
condotto al garantismo al contrario: crepino gli italiani che ci sono da curare gli extracomunitari. Ma sono così
squallidamente razzista, se ritengo che chi paga le tasse da quasi mezzo secolo debba vantare un
trattamento sanitario almeno pari a quello degli ultimi mille arrivati in barcone? Fino a che punto può spingersi
la demenza collettiva? Lo sanno i signori de Il Fatto che in Romania s'organizzano corriere per venire in Italia
a operarsi gratis di protesi d'anca? A Bucarest e dintorni l'interven to costa un occhio della testa, qui no. E
allora i rumeni, che sono meno stupidi di noi, preparano l'iter: permesso anche turistico di tre mesi, trauma ad
hoc nel sito esatto, ricovero e l'interven to ortopedico è a carico del SSN: paga Pantalone. Se ti chiami Mion,
ti paghi la pomata, mentre a Mionescu ricostruiscono l'anca gratis con i nostri quattrini. Verrebbe da dire con
un cinismo quasi tragicomico: fortuna che almeno nelle tasche italiane rimangono i soldi della mazzetta sulla
protesi. Manca solo che il ministro Kyenge, dopo la campagna sullo ius soli, ne cominci un'altra sulla
generosità della sanità italiana. Venite da ogni angolo del mondo a curarvi in Italia che Il Fatto vigila sullo zero
virgola, mentre in nome di una folle solidarietà verso tutto e tutti, il SSN saccheggia le tasche degli italiani. Se
abbia fatto più danni all'erario la corruzione o la solidarietà demente sarebbe un conto interessante da fare.
La grande differenza è che la corruzione, che in Italia sembra sostituire la concorrenza, nasce e muore a
casa nostra. E' un fattore tristemente ineliminabile della nostra economia. Fatta la legge, trovato l'inganno:
parola d'italiano. www.matteomion.com
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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Stranieri più garantiti
18/06/2013
Libero - Ed. nazionale
Pag. 19
(diffusione:125215, tiratura:224026)
Tra governo e bandiere blu non sai dove andare al mare
Legambiente promuove la Sardegna, ma secondo il ministero della Salute le acque migliori sono in Emilia
Romagna e Veneto
CHIARA PELLEGRINI
La buona notizia è che migliora «la qualità delle acque di balneazione», anche se siamo ancora dietro a
Cipro, Lussemburgo, Malta, Croazia, Germania, Grecia e Portogallo. Lo dice il Rapporto 2013 sulle acque di
balneazione presentato ieri dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. La cattiva è che se state cercando la
meta ideale per le vacanze al mare o al lago - basandovi sui rapporti presentati dalle varie golette, bandiere e
guide blu - sappiate che l'impresa sarà impossibile. Abbiamo messo a raffronto tre rapporti: quello del
governo, appena citato, quello di «Bandiera blu» (condotto dall'organizzazione non-governativa e no-profit
«Foundation for Environmental Education») e la «Guida blu» di Legambiente e Touring club italiano.
Innanzitutto i criteri di raffronto dei tre rapporti non corrispondono, generando ancor più confusione. Il
Rapporto del ministero delle Salute, ad esempio, si basa esclusivamente sulla stima della qualità delle acque,
che devono essere conformi alle direttiva 2006/7 della comunità europea. Le spiagge di Bandiera blu, invece,
vengono passate al setaccio secondo quattro parametri: «Educazione ambientale e formazione», per
esempio le informazioni relative a ecosistemi e a fenomeni ambientali rilevanti a livello locale devono essere
affisse. «Qualità delle acque», la spiaggia deve rispettare i requisiti secondo alcuni parametri fisici e chimici.
E ancora, «Gestione ambientale»: il litorale deve essere pulito e vi deve essere una cura particolare per
garantire la conservazione e la biodiversità degli ecosistemi marini. Infine la voce «servizi e sicurezza», ad
esempio deve essere garantito un numero adeguato di personale di salvataggio. Diversi ancora i criteri di
LegambienteTouring club italiano. Qui a farla da padrone sono le «vele». A ciascun comune è assegnato un
punteggio da 1 a 100, poi sintetizzato nell'assegnazione delle vele. Vengono presi in considerazione: lo stato
di conservazione del territorio e del paesaggio; la qualità dell'accoglienza e la sostenibilità turistica della
località; la pulizia del mare e delle spiagge, la presenza di spiagge libere etc; i luoghi di interesse storicoculturale; i servizi per disabili; la gestione sostenibile e la presenza di fondali particolarmente interessanti per
chi pratica l'attività subacquea. Morale, i pareri non concordano e chi cerca conforto nelle classifiche ne esce
disorientato. In testa alla hit parade di «Bandiera blu», premiata per la qualità dell'ac qua e servizi offerti, c'è
la Liguria, che guida la classifica con 20 località iridate, due in più dello scorso anno. Seguono le Marche con
18 bandiere blu e la Toscana a quota 17. Per la «Guida blu» di Legambiente, invece, è la Sardegna la
regione ideale dove andare a farsi un bagno, come nel 2012 si conferma la regione con il maggior numero di
località a 4 e 5 vele (ben 18), seguita dalla Puglia (11) e dalla Toscana (9). Al top anche la Sicilia, la Liguria e
la Campania che piazzano tra le prime 15 ben 4 località. E il Rapporto del ministero della Salute invece che ci
racconta? Secondo le rilevazioni effettuate va all'Emilia Romagna e al Veneto la «palma» per le migliori
acque di balneazione marine. Questi due territori hanno, infatti, il 100% di acque conformi ad un livello
«eccellente». I punti di balneazione peggiori sono invece per le zone costiere dell'Abruzzo (la percentuale di
conformità è dell'84.75%) e per le zone interne del Lazio (sono conformi per il 75%). Spiccano alcune
differenze, sia pure lievi, tra le varie regioni: ad esempio, la Sardegna totalizza una percentuale pari al
92,73% di acque marine ad un livello «eccellente» sulla base dei parametri delle analisi svolte; percentuale
inferiore a quella, ad esempio, di Emilia Romagna e Veneto (che raggiungono il 100%). Tale differenza «in
negativo», riscontrabile anche per altre regioni note per le loro spiagge come la Sicilia, ha però una
spiegazione: «Innanzitutto», chiarisce il direttore dipartimento Prevenzione del ministero della Salute,
Giuseppe Ruocco, «va considerata, nella lettura dei dati, la maggiore o minore estensione costiera di una
regione rispetto ad un'al tra», perché maggiore è l'area costiera più alta sarà la probabilità di contaminazioni.
Inoltre, «qualche moderata differenza dei dati di conformità delle acque di balneazione tra le regioni», spiega
Ruocco, «è legata anche al momento di effettuazione del campionamento». Insomma alcuni prelievi sono
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
29
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Classifiche contrastanti
18/06/2013
Libero - Ed. nazionale
Pag. 19
(diffusione:125215, tiratura:224026)
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
30
La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
stati effettuati nel pieno della stagione balneare, altri in anticipo e quindi «ci possono comunque essere delle
differenze regionali dovute, appunto, al momento del prelievo». Comunque il ministero, per aiutare gli italiani
a non sbagliare mare, ha lanciato un sito dedicato e una App per dispositivi mobili, che permette di scegliere
il mare più pulito dove trascorrere una giornata di sole o una vacanza intera. «Grazie al portale, i cittadini
avranno una serie di informazioni in più e potranno segnalarci eventuali disfunzioni», ha spiegato la Lorenzin.
Basta inserire, regione, comune e località per scoprire se vi state tuffando in acque reflue o cristalline.
Sempre che nel frattempo, stanchi e confusi, non abbiate deciso di rimanere in città.
18/06/2013
Il Tempo - Roma
Pag. 1
(diffusione:50651, tiratura:76264)
Macchinari da 2,5 milioni a marcire da tre anni
Antonio Sbraga
Macchinari da 2,5 milioni a marcire da tre anni a pagina 27 TIVOLI Sono stati acquistati 3 anni fa per poter
monitorare le emorragie, ma l'unica «perdita» registrata finora non riguarda il sangue: è quella dei 2 milioni e
mezzo di euro spesi per i 5 macchinari ancora imballati nei 5 Pronto soccorso dell'Asl Rm G. Sono i computer
dotati di telecamera ambientale del «Progetto Ictus», nato nel 2010 per effettuare il teleconsulto (con gli
specialisti in collegamento) durante la terapia trombolitica dei pazienti affetti da ischemia cerebrale o infarto
acuto del miocardio negli ospedali non dotati di reparti di Neurologia. Come i 5 nosocomi dell'Asl Rm G che,
nonostante la spesa, da 3 anni ancora non si dotano neanche del Progetto Ictus. «Purtroppo ci sono stati
problemi tecnici con il Policlinico Umberto I, che è il nostro Dea di riferimento al quale i 5 Pronto soccorso
devono collegarsi - spiega il direttore generale dell'Asl, Nazareno Renzo Brizioli - Ora però stiamo lavorando
per far partire finalmente il progetto». Anche perché le più temibili complicanze della terapia trombolitica sono
rappresentate dall'insorgenza di episodi emorragici, che solo il consulto di un neurologo, anche se a distanza,
può evitare. L'impiego della terapia trombolitica, ossia la somministrazione di farmaci in grado di lisare un
trombo, ha permesso di ridurre notevolmente la mortalità sia a breve sia a lungo termine per ictus ischemico
o per infarto del miocardio. Ed è proprio il più importante dei 5 ospedali dell'Asl Rm G, il "San Giovanni
evangelista" di Tivoli, ad essere da ben 2 anni il nosocomio italiano con la più alta mortalità da infarto
miocardico entro 30 giorni (decessi nel 24,61% dei casi contro la media nazionale del 10,28%, come
certificato dall'Agenas). Ma, nonostante questo mesto primato nazionale, la Regione il mese scorso ha
staccato la spina al reparto di Emodinamica di Tivoli, ossia l'unità che effettua la diagnosi e cura delle malattie
cardiovascolari. Il servizio è stato sospeso perché non ha mai ricevuto la «autorizzazione all'esercizio» dalla
Regione, che pure ha finanziato per circa 3 milioni di euro il reparto tiburtino, già rimasto inutilizzato per oltre
un anno dopo la fine dei lavori. Dal gennaio 2012 era entrato in funzione, ma per appena 6 ore al giorno (in
organico non più di 8 tra medici ed infermieri) e «solo per volontà della direzione generale», come ha
ammesso la stessa azienda sanitaria nell'ultimo rapporto annuale, che indica in addirittura 2 emodinamiche il
reale fabbisogno dell'intera Asl Rm G. Che ora, invece, non ne ha manco una. «Abbiamo inoltrato la richiesta
per l'accreditamento, visto che la nostra Emodinamica non faceva parte della programmazione regionale spiega Brizioli - ci auguriamo di poterla riaprire al più presto». Con la speranza che stavolta «sia operante
nell'arco delle 24 ore», come già richiesto nel rapporto annuale dell'Asl, e non abbia un orario da ufficio.
INFO Brizioli Il direttore generale della Asl spiega che ci sono stati problemi tecnici con il Policlinico Umberto
I. Tuttavia si sta lavorando per far partire il progetto utile per monitorare anche a distanza eventuali emorragie
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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Asl RomaG
18/06/2013
Il Fatto Quotidiano
Pag. 9
(tiratura:100000)
LO STATO ha speso solo nell'ultimo anno 1,9 miliardi di euro per protesi e ausili per disabili. In molti casi,
come per le carrozzine pieghevoli, le Asl spendono anche il triplo rispetto al reale valore in negozio e, spesso,
per prodotti obsoleti. Tutta colpa del 'Nomenclatore tariffario', la lista del ministero della Salute che
regolamenta prezzi e tipologie dei dispositivi sanitari. Ilfattoquotidiano.it ha rivelato che il "prontuario", nato
come provvisorio nel 1999 con l'allora ministro Bindi, non è mai stato aggiornato. Una riforma bloccata anche
dalle lobby in Parlamento. C'era quasi riuscita nel 2008 il ministro Turco, poi il Pdl ha revocato tutto. Con
Balduzzi, la riforma era prevista entro la fine di maggio di quest'anno, ma tutto si è arenato di nuovo.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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Lo spreco, i malati, le protesi: l'inchiesta sul sito del Fatto
18/06/2013
La Notizia Giornale
Pag. 1
TROPPI TUMORI TRA I REDUCI DALL'IRAK
MARTINIO VILLOSIO
Oltre il cancro, la bea. I militari italiani che sono rientrati dall'Iraq, a causa dell'esposizione all'uranio
impoverito, sono costretti a curarsi in silenzio. Preferiscono rimanere in servizio per conservare lo stipendio. E
gli indennizzi arrivano solo per pochi. A PAGINA 6 C'è chi rientra dall'Afghanistan in una bara, accolto da un
Parlamento che - esaurita la frenesia delle prime dichiarazioni partecipi o indignate scodellate alle agenzie si fa trovare semi vuoto come la settimana scorsa, quando il Ministro della Difesa è intervenuto a Montecitorio
per riferire sulla morte del capitano Giuseppe La Rosa. E poi c'è chi, tornato dalle missioni all'estero, si
scopre gravemente ammalato e sa che sarà condannato a spegnersi nell'indifferenza più totale. Non solo
quella del mondo politico e istituzionale ma anche quella, più bruciante, dei propri stessi vertici. l'abbandono
Lo scorso cinque giugno, proprio davanti alla Camera una rappresentanza dei militari ammalati e dei familiari
di soldati deceduti per aver contratto tumori e linfomi dopo aver prestato servizio all'estero o nei poligoni di
tiro di Puglia e Sardegna, hanno chiesto a gran voce l'istituzione di una nuova Commissione parlamentare di
inchiesta sull'uranio impoverito e sui casi di morte e malattia che hanno colpito negli anni il personale militare
e quello civile. Una richiesta avanzata dopo che l'ultima Commissione, all'inizio del 2013, ha sospeso il
giudizio: è impossibile, hanno stabilito i senatori dopo ben cento sedute e decine di audizioni, affermare o
escludere con certezza l'esistenza di un nesso causale tra l'esposizione all'uranio impoverito e l'insorgere dei
tumori. Questione che alimenta polemiche feroci, quella sugli effetti per la salute in assenza di adeguate
protezioni di questo metallo radioattivo, mentre con il tempo la stessa origine delle patologie neoplastiche
contratte dai militari è diventata terreno di aspro confronto. Con alcuni spiacevoli corollari, visto che in
Parlamento c'è persino chi ha denunciato speculazioni sulle patologie dei militari e sulle loro legittime
richieste di risarcimento da parte di alcuni soggetti. Denuncia shock Sullo sfondo, quasi relegati in secondo
piano dal fuoco (talvolta violento) delle polemiche tra esperti, scienziati e avvocati, sono rimasti loro: i parenti
dei circa 200 militari deceduti e gli oltre 2500 soldati che, secondo le stime delle associazioni, sono al
momento ammalati. Alcuni di loro, addirittura, pur avendo il cancro si starebbero curando in silenzio, tenendo
accuratamente nascosta ai loro vertici la propria malattia. Il motivo è molto semplice, ed è scritto nel destino
drammatico di chi fino ad oggi, al rien tro dall'Iraq o dal Kosovo, si è visto diagnosticare una leucemia o un
linfoma di Hodgkins: l'abbandono. Per quanto possa suonare incredibile, infatti, finora i militari che si sono
ammalati al rientro da missioni rischiose, o dopo aver prestato servizio in Poligoni - come quello di Salto di
Quirra in Sardegna - finiti al centro di inchieste e processi per disastro ambientale, hanno dovuto affrontare il
calvario della malattia in perfetta solitudine e senza alcun sostegno economico da parte del Ministero della
Difesa. Vincenzo Riccio, un maresciallo in congedo assoluto che ha un carcinoma e due missioni in Iraq alle
spalle (costretto a tornare a vivere dai suoi genitori per pagarsi le cure) di fronte all'ultima Commissione
d'inchiesta ha raccontato la realtà atroce di alcuni militari, suoi amici, disposti a restare in servizio con in
corpo patologie devastanti pur di conservare lo stipendio che gli serve per curarsi. la Commissione Fino ad
oggi il Ministero della Difesa ha riconosciuto l'indennizzo per "causa di servizio" solo a una parte esigua dei
militari ammalati e dei familiari di quelli morti. A valutare le richieste è un apposito comitato interministeriale
criticato dalla stessa Commissione d'inchiesta per la superficialità con cui ha respinto centinaia di richieste nel
corso degli anni. Nella loro relazione, i senatori hanno espresso l'auspicio che in questa legislatura si avvii
"una riessione sulla possibilità di dare vita a forme di sostegno del reddito, che accompagnino i militari
ammalati nel periodo delle terapie, a prescindere dal riconoscimento della causa di servizio".
I numeri Secondo le associazioni sono 2.500 i soldati colpiti dal male Mentre le vittime sono già 200
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 18/06/2013
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Senza tutele
18/06/2013
La Notizia Giornale
Pag. 12
Salute, spesa medica e farmacie Il rilancio parte anche da qui
Al Sanit la risposta dei farmacisti alla grande crisi Servizi su misura ai cittadini per aiutare il settore
ALESSANDRA FASSARI
Un presidio sanitario sul territorio, ma anche un volano di lavoro, di sviluppo, persino di sicurezza sul
territorio. Le farmacie italiane alla prova della grande crisi rispondono con nuovi progetti, servizi e l'offerta di
soluzioni innovative mirate a far progredire tutto il nostro "sistema sanità". Punto di aggregazione di queste
novità è il Sanit, il forum internazionale della salute che si apre oggi a Roma. All'appuntamento, arrivato alla
decima edizione e diventato strategico per il settore, saranno presentate quest'anno iniziative come il
Pharmaceutical care, il modello predisposto da Federfarma Roma e Lazio per assicurare a ogni cittadino che
entra in farmacia un percorso di altissima qualità, dal monitoraggio dello stato clinico all'indicazione di
eventuali nuove indagini terapeutiche o all'interruzione di terapie non più necessarie. Una sorta di controllo
personalizzato che rientra in quel rapporto ormai consolidato, finanche stret tamente confidenziale, tra il
farmacista e i suoi clienti. Al salone - che si svolge al palazzo dei congressi dell'Eur fino al 21 giugno sono
presenti numerose associazioni attive nel volontariato socio-sanitario e nel sociale, che da sempre sono
determinanti per garantire l'assistenza territoriale. Come in passato l'iniziativa consentirà ai visitatori una serie
di check up gratuiti, predisposti da enti e società medico scientifiche come i controlli dell'udito offerti da
Amplifon, quelli di prevenzione generale dell'Ipasvi - Collegio Romano, per il rischio cardiovascolare della Sic
- Società Italiana di Cardiologia, per la cura della bocca del Simo - Società Italiana Maxillo
Odontostomatologica. Numerosi anche i convegni promossi da enti non profit e associazioni tra cui Con
fcooperative, Fareambiente, Federconsumatori Lazio, Forum Nazionale dei Giovani, Federfarma, ActionAid,
Cosvi. "Un segnale - afferma Andrea Costanzo, Presidente di Sanit - di quanto i problemi della sanità siano
oggi più che mai legati all'economia, all'ambiente ed alla società".
Forum oggi al via Centinaia le aziende che aderiscono al salone aperto fino al 21 giugno al Palazzo dei
congresi dell'Eur, a Roma
Foto: Franco Caprino, presidente Federfarma Roma e Lazio
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ECONOMIA
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Grazie all'intervento della tecnologia permetterebbe di riprodurre le abitudini tipiche, come la gestualità
dell'aspirazione, divenendo un succedaneo tanto soddisfacente che il fumatore, armato dei migliori intenti e di
buona volontà potrebbe tentare di rinunciare al fumo nella sua veste più tradizionale.
Èun dato di fatto: il fumo di tabacco è uno dei più gravi problemi di salute pubblica al mondo. Secondo l'OMS,
ogni anno, sarebbero ben 6 milioni le persone che muoiono per malattie correlate al fumo. La sigaretta
elettronica, grazie all'intervento della tecnologia permetterebbe di riprodurre le abitudini tipiche del fumatore,
quali la gestualità dell'aspirazione, divenendo un succedaneo tanto soddisfacente che il fumatore, armato dei
migliori intenti e di buona volontà potrebbe tentare di rinunciare a fumare. Il fumo, nel corso dei secoli ha
assunto i signifi cati e le forme più diverse e, passando per il tabacco arrotolato, le pipe e le sigarette, si
appresta ora ad assumere un allettante aspetto hi-tech nella veste di sigaretta elettronica o "e-cigarette",
trasformandosi da fumo a "svapo": si, perché anziché "fumare" il consumatore si appresta a vaporizzare o, in
gergo, a "svapare" la sua nuova sigaretta, nella speranza di eludere almeno alcuni stefania la badessa dei
principali rischi legati al fumo nella sua forma più tradizionale. E sono già circa 400mila gli italiani che
utilizzano le sigarette elettroniche, che hanno conquistato soprattutto la fascia d'età compresa tra i 30 e i 40
anni, senza deludere neanche gli over-45. X X come sono fatte Introdotta per la prima volta sul mercato
italiano già nel 2007 proprio nel canale farmacia, la sigaretta elettronica altro non è, in defi nitiva, che un
dispositivo costituito da una batteria, da un atomizzatore, da un fi ltro e da una cartuccia. In alternativa
l'atomizzatore può ospitare un serbatoio di capienza variabile tra 1 e 2 ml (tank) che non necessita di
cartucce ma va ricaricato con l'apposito liquido. In alcuni casi l'atomizzatore include un serbatoio riutilizzabile
poche volte che in questo caso viene defi nito cartomizzatore. In ogni caso l'atomizzatore, venendo a contatto
con il liquido contenuto in una cartuccia o in un serbatoio, secondo il modello, emette, aspirando, un denso
vapore, che richiama il "fumo" tipico della sigaretta tradizionale: il usso d'aria ottenuto con la fase di
aspirazione viene infatti rilevato da un sensore situato sulla batteria che viene attivata ed è in grado di
alimentare l'atomizzatore o vaporizzatore. Quest'ultimo riscalda la soluzione liquida contenuta nella cartuccia
o nel serbatoio, che va poi ad inumidire una resistenza a spirale o ad archetto che vaporizza il liquido. Il
vapore, che fuoriesce da un piccolo foro sull'estremità della e-cigarette, viene quindi inalato dando al
consumatore non solo la sensazione "visiva" di fumare, ma anche - in presenza di nicotina - il tipico "colpo" in
gola (hit), ossia la sensazione piacevole che si avverte in corrispondenza della laringe quando si usa una
sigaretta tradizionale. A differenza di quest'ultima però, non realizzando una vera combustione, non vengono
emessi monos sido di carbonio, catrame o particolati, riducendo i rischi per la salute, soprattutto quelli
derivanti da patologie oncologiche. La cartuccia è inserita all'interno di un "filtro" di materiale plastico
ipoallergenico che consente, in alcuni modelli, la ricarica della cartuccia con l'apposito liquido.Nella
confezione di vendita sono presenti solitamente due batterie che consentono di fruire del dispositivo per
l'intero arco della giornata. La durata, per un utilizzo assiduo è di circa 4-5 mesi. Ogni dispositivo può
possedere una batteria di diverso voltaggio, che rappresenta un fattore determinante per il gradimento del
dispositivo: la densità del vapore prodotto è infatti direttamente proporzionale alla tensione della batteria. Non
man cano le innovazioni hi-tech come le applicazioni per tablet e cellulari per "creare" miscele personalizzate
e calcolare il fabbisogno di nicotina o la presa usb in dotazione con alcuni dispositivi che consente il
collegamento a fonti di energia come il computer o l'automobile, raggiungendo una tensione di 5V,
considerato tra i valori medio-alti delle batterie dell'ecigarette. I modelli in commercio hanno sembianze del
tutto diverse e possono essere più o meno simili alle "bionde" tradizionali: naturalmente più le dimensioni
sono ridotte, più piccola sarà la batteria, con limiti notevoli dell'autonomia del dispositivo. Per dare infine
maggiore credibilità all'e-cigarette, nella fase dell'aspirazione si accende, all'estremità del dispo sitivo, un led
che può essere rosso, per simulare la combustione della sigaretta, ma anche di altro colore: non mancano i
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LA sigaretta elettronica
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dispositivi con led di colore verde per facilitare la distinzione del dispositivo nei locali pubblici dalla sigaretta,
evitando possibili malintesi. X X Refill peR tutti i gusti La ricarica della sigaretta può avvenire grazie ad
apposite cartucce già pronte e monouso, oppure attraverso il riempimento dell'eventuale serbatoio con liquidi
appositi commercializzati in aconcini di vario formato. Il contenuto delle cartucce può essere diver so: gli
elenchi degli ingredienti, presenti sulla confezione o riportati dai siti internet dei vari distributori, evidenziano la
presenza - prevalentemente - di una miscela di acqua, glicerolo e glicole propilenico, che può contenere
nicotina o/e sostanze aromatizzanti. La soluzione può contenere o meno nicotina: molti distributori mettono a
disposizione cartucce che contengono nicotina a diverse concentrazioni allo scopo di favorire la
disassuefazione dell'utente dal fumo, con la possibilità di "scalare" progressivamente l'apporto quotidiano
abituale di nicotina (in modo analogo a quanto avviene utilizzando altri presidi come gomme da masticare o
cerotti transdermici). Per la scelta della giusta percentuale di nicotina è necessario basarsi sulla quantità di
sigarette solita mente utilizzate: difficile per un fumatore accanito utilizzare cartucce con basse percentuali di
nicotina, che finirebbero probabilmente per indurlo nuovamente al consumo di sigarette tradizionali. L'aroma
che simula quello del tabacco è sicuramente tra i preferiti, ma non mancano aromi alimentari che riproducono
gusti come la fragola, la vaniglia, il cocco, il lime, l'albicocca, l'anice, la liquirizia, il caffè, il brandy. X X ecigaRette tRa dubbi e polemiche Le recenti polemiche sull'innocuità di questo prodotto dovrebbero avere lo
scopo principale di far riettere: il target principale è rappresentato da i soggetti che - avendo deciso di
smettere di fumare - si rivolgono a questo piccolo strumento per riuscire a "scalare" progressivamente la dose
di nicotina assunta, fino ad arrivare alle sole cartucce aromatizzate. È evidente che, continuando ad
assumere la nico tina nelle medesime percentuali, la dipendenza da quest'ultima permane anche se
"camuffata" in modo apparentemente più innocuo. Alcuni pneumologi hanno inoltre voluto puntare l'at
tenzione sulla mancanza di evidenze cliniche circa gli effetti a lungo termine della e-cigarette: pur creando
meno problemi a livello cardiaco e respiratorio rispetto alla "bionda" tradizionale, ancora non esiste evidenza
scientifica che sia in grado di constatare l'efficacia e la sicurezza del fumo a vapore. Da una recente ricerca condotta su un campio ne assortito tra fumatori sani, non fumatori sani e su soggetti affetti da malattie
respiratorie - sarebbe emerso infatti un dato allarmante: in seguito all'uso dell'e-cigarette, i parametri di alcuni
test avrebbe ro evidenziato, in tutte le tipologie di soggetti, un aumento della resistenza opposta dai bronchi
al passaggio dell'aria con conseguente broncospasmo e peggioramento, seppur di lieve entità, della capacità
ventilatoria. Le maggiori perplessità nascono dalla commercia lizzazione selvaggia di questo prodotto
attraverso tutti i canali, soprattutto quello virtuale: mancando le "finalità terapeutiche" la e-cigarette può
essere venduta, pur necessitando obbligatoriamente di una certificazione CE, senza particolari autorizzazioni
da parte del Ministero della Sanità. La cosa potrebbe essere contraddittoria quando si fa riferimento alle
cartucce contenenti nicotina: infatti, come ogni "presidio medico" anche queste ultime dovrebbero essere
sottoposte ad un iter specifico prima di esse re commercializzate, esattamente come avviene per gli altri
dispositivi che vantano indicazioni analoghe. Attualmente, l'ISS avrebbe disposto, almeno per le cartucce
contenenti nicotina, che i possibili effetti sulla salute vengano riportati in veste di avvertenze sulle confezioni,
così come la frase "Tenere lontano dalla portata dei bambini". Forse, come per molti altri presidi e dispositivi
immes si in commercio, sarebbe necessario regolamentare meglio la commercializzazione di questo
prodotto, con obbligo di controllo preventivo ed approvazione da parte delle autorità competenti. Seppure in
Italia, con Ordinanza del Ministro della Salute, è stato disposto il divieto di vendita a soggetti minori di anni 18
di sigarette elettroniche contenenti nicotina, uno dei maggiori rischi evidenziati rimane quello che, dietro la
lusinga di una totale innocuità della sigaretta elettronica, gli ex fumatori potrebbero essere indotti a riprendere
l'abitudine al fumo, ma soprattutto anche chi non fuma - con un occhio attento ai più giovani - potrebbe
sentirsi non solo tentato, ma anche autorizzato a "provare" - seppur al solo fine della gestualità - innescando
meccanismi di dipendenza che potrebbero paradossalmente por tare verso il fumo vero e proprio. Il
suggerimento più indicato resta sempre quello di indirizzare il soggetto intenzionato ad abbandonare il fumo a
rivolgersi ai centri antifumo ospedalieri e non, dove potrà intraprendere un percorso specifico, dietro supporto
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di un team di esperti, finalizzato alla disassuefazione. X X attenzione alle caRtucce In realtà, la
regolamentazione poco uniforme tra i diversi Stati, in merito alla composizione delle cartucce di ricarica, può
creare non pochi problemi in merito alla sicurezza: l'ormai diffusa possibilità di effettuare acquisti online dai
Paesi più lontani consente all'utente di procurarsi ai costi più disparati la ricarica per la sigaretta, prestando
talvolta più attenzione ai vantaggi offerti da costi minori che nella grande maggioranza dei casi nulla
garantiscono in merito alla qualità del liquido acquistato. Per ogni Stato possono variare non solo i
componenti commercializzabili nelle cartucce, ma anche le norme igieniche adottate in fase di allestimento
del prodotto, il che dovrebbe spingere a cautela negli acquisti valutando sempre il Paese d'origine del
prodotto acquistato. Esemplari alcuni episodi verificatesi negli Stati Uniti, dove la Food and Drug
Administration ha riscon trato all'interno delle cartucce (prodotte da aziende "secondarie") la presenza di
sostanze potenzialmente cancerogene, che però fanno la loro comparsa tra gli ingredienti anche in Italia:
responsabile del problema sarebbe il dietilene glicole, sostanza che renderebbe più realistico l'effetto "fumo",
ma correntemente uti lizzata come solvente per le resine e gli olii o come liquido per i freni delle autovetture.
Questa sostanza sarebbe stata riscontrata in alcuni tipi di cartucce, ovviamente per motivi economici: costa
meno rispetto al dipropilene glicole, sostanza analoga ma approvata dalla Comunità europea come
"sostanzialmente innocua". L'attenzione alla composizione delle cartucce e alla loro provenienza diventano
quindi un obbligo per salvaguardare la salute del consumatore. Glicole propilenico e glicerolo Il glicole
propilenico è un liquido incolore ed inodore, utilizzato nei modi più diversi: come solvente per preparati
farmaceutici (iniettabili, uso orale, uso topico), come umettante nelle formulazioni cosmetiche e negli oli da
massaggio, come additivo alimentare, ma anche come base per liquidi decongelanti. Il glicerolo o la glicerina
sono sostanze note per la loro utilità nella preparazione di forme farmaceutiche come sciroppi, supposte,
creme e cosmetici.
Uno sgUardo all'EstEro... la regolamentazione relativa alle e-cigarette negli altri paesi è alquanto varia: si
passa dal divieto di commercializzazione di australia, canada, norvegia e turchia alle ferree regolamentazioni
dell'austria e della danimarca, dove le sigarette elettroniche vengono considerate dispositivi medici a tutti gli
effetti e le cartucce contenenti nicotina sono vendute come prodotti farmaceutici e necessitano quindi di una
regolare autorizzazione e registrazione prima dell'immissione in commercio. singolare il divieto di utilizzo e
vendita in cina, che comunque continua a produrre il prodotto in quantità esorbitanti ai soli fini
dell'esportazione. Vero è anche che in inghilterra e negli usa non vi è alcuna restrizione alla vendita e al
consumo di sigarette elettroniche, anche se la fda sta realizzando studi specifici che porteranno ad
un'imminente regolamentazione di questa categoria di prodotti.