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AL FESTIVAL SUNDANCE 6 DESIRES IL DOCUMENTARIO
GIRATO NELLA NOSTRA ISOLA DA MARK COUSINS IDEATO DA
Fonte: La Nuova Sardegna
9 marzo 2015
URL della pagina: http://www.comunecagliarinews.it/rassegnastampa.php?pagina=43135
Data scaricamento: 16 marzo 2017, 22:51
cinema
di Fabio Canessa
Due marzo del 1930. Malato da tempo di tubercolosi, muore non ancora quarantacinquenne
David Herbert Lawrence. Nove anni prima insieme alla moglie Frieda aveva visitato l'isola.
Soltanto pochi giorni, ma importanti per lo scrittore che quel viaggio lo descrive nel famoso libro
"Mare e Sardegna". Un viaggio che rivive oggi nel documentario "6 Desires: DH Lawrence and
Sardinia" diretto dal regista irlandese Mark Cousins, ma ideato da Laura Marcellino. «Sono di
famiglia paterna sassarese e madre inglese - racconta - ed essendo cresciuta in Sardegna,
questo viaggio ha rappresentato per me un raccordo simbolico tra due culture interiori e un ritorno
soggettivo a radici che non ho mai dimenticato nonostante risieda altrove da molto tempo. Ma
anche, spero, un incoraggiamento a valorizzare i tesori tangibili e immateriali unici al mondo che
questa terra custodisce da secoli». E intanto il documentario è già stato presentato a due grandi
festival internazionali come quello di Londra e il Sundance negli Stati Uniti. «Siamo molto contenti
dell'attenzione che sta ricevendo. Tra pochi giorni il documentario sarà presentato anche al
Festival di Dublino e abbiamo altre richieste da manifestazioni molto importanti». Come ha
coinvolto il regista Mark Cousins nel progetto? «Avevo già lavorato con lui per i capitoli girati in
Italia del suo grande documentario di quindici ore "A Story of Film: an Odyssey". Nel 2011, al
Festival di Torino, parlando del libro di Lawrence e della Sardegna in generale, che Mark non
aveva mai visitato pur essendo grande viaggiatore, è nata l'idea di ripercorrere le orme dello
scrittore. Il mio ruolo è stato quello di individuare il soggetto, preparare una pista d'azione e poi
lasciare che due poeti come Lawrence e Cousins vi spaziassero con la loro arte». Avete ritrovato
tracce della Sardegna che visitò Lawrence? «Innanzitutto il ricordo di lui, ancora ben vivo e fonte
di orgoglio da parte degli abitanti di luoghi da lui visitati. Monumenti, certo, ma anche orizzonti
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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Cagliari in data 05.12.2005 al n. 31/05 - Direttore responsabile: Gianfranco Luigi Quartu.
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sconfinati non ancora rovinati dall'antropizzazione». Dove avete girato in particolare? «Mentre
Lawrence arrivò dalla Sicilia, dato che abbiamo deciso di concentrarci esclusivamente sulla
Sardegna, abbiamo preso il traghetto a Civitavecchia per simulare l'arrivo a Cagliari all'alba, la
scena che apre il film. Abbiamo quindi ripercorso per quanto possibile le ore passate dai
Lawrence in città. Dopo abbiamo visitato il laboratorio del maestro Pinuccio Sciola a San Sperate
dato che lo scrittore descrive vari tipi di pietre. Poi su verso Mandas, Sorgono e Nuoro». Nel
documentario entrano anche luoghi dai quali non passò Lawrence? «Sì. Dopo Nuoro abbiamo
"abbandonato" l'itinerario di Lawrence per una ricerca nostra su luoghi speciali che lo scrittore
non aveva visto: per esempio le sugherete e gli olivastri millenari in Gallura, Castelsardo con larte
e la musica medievale, le splendide basiliche di Tergu e di Saccargia». Quali sono le cose che vi
hanno stupito di più di questo viaggio durante le riprese? «Parlando dal punto di vista del regista,
alla sua prima visita in Sardegna, la luce, la disponibilità degli abitanti ad aiutarci e ad ospitarci, la
genuinità del cibo e dei vini, i grandi spazi e l'arte, la storia di questo crocevia del Mediterraneo.
Per esempio la targa al Castello a Cagliari che commemora la tappa del soldato Miguel
Cervantes sull'isola». Ma qual è il significato di "6 Desires" nel titolo? «Il regista immagina che la
tensione interiore di Lawrence a compiere questo viaggio sia scaturita da sei desideri che
spaziano dal desiderio di sole, a quello per ampi spazi liberi e non rovinati dall'industrializzazione,
alla ricerca di una corporeità primordiale, alla forma estetica e strutturale nell'arte e nella natura,
fino a una sensorialità innata e ormai dimenticata dall'uomo "moderno"». Come avete costruito la
sceneggiatura? «La sceneggiatura parte dallo svariato bagaglio di informazioni locali fornite da
me al regista, dallo storico al geografico all'etnografico e al letterario, confluite poi nella mia
pianificazione dell'itinerario. Ci interessava molto anche inquadrare il momento storico
post-bellico del 1921 di cui parla Lawrence, integrandolo con ulteriori aspetti non registrati dallo
scrittore come l'imminente ascesa al potere di Mussolini, il contributo di Gramsci, l'arte dell'epoca.
Per quanto riguarda la narrazione, Mark Cousins ha poi deciso di svilupparla in parte come un
dialogo con Lawrence. Non è nuovo a uno stile, tutto suo, impostato su lettere o conversazioni
visive con artisti presenti e passati». Chi dà la voce allo scrittore? «La voce narrante dei brani
tratti direttamente dal libro è quella del grande cantante Jarvis Cocker, originario delle Midlands
inglesi come Lawrence, che li legge con l'accento tipico di quelle zone e con il ritmo e lo stupore
che deve aver provato lo scrittore nel vedere ciò che descrisse». Nel documentario, come si può
vedere anche nel trailer su YouTube, si vedono anche cornici e foto di Lawrence. Che importanza
hanno nella narrazione? «Le foto incorniciate dello scrittore e della moglie Frieda sono servite a
mettere a fuoco le loro figure ormai sbiadite e lontane nel tempo e ad avvicinarle in primis a noi
oltre che allo spettatore, a rendere verosimile il nostro dialogo con loro. Così come le foto di altri
personaggi sia dell'epoca, sia più antichi e più moderni, che fanno da contraltare alla ricerca
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filosofica e artistica del regista. Ci sono anche cornici "vuote" che inquadrano via via elementi
chiave che simboleggiano e rendono vivi i desideri sui quali è costruito il documentario».
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