Moda in Puglia: la voglia di passerella di un settore in forte

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Moda in Puglia: la voglia di passerella di un settore in forte
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Numeri, leve strategiche e congiuntura di uno dei comparti trainanti
dell’economia regionale. Per sostenerlo è nata Moda Mediterranea
Moda in Puglia: la voglia di passerella
di un settore in forte espansione
H
a il vento in poppa la moda pugliese: 8.099 imprese attive, 52mila addetti, un valore aggiunto di
1.249,8 milioni di Euro, pari al 2,27% del Pil regionale. Numeri significativi, che fanno del comparto uno
dei settori “strategici” dell’economia regionale e della
Puglia la regione con il tessuto produttivo più ampio
di tutto il Mezzogiorno (al pari della Campania). Dal
2000 al 2001, inoltre, l’export pugliese dell’industria
della moda ha subito una variazione tendenziale del
+7,9%, finendo con l’incidere per l’11,7% sul totale
dell’export regionale calcolato in Euro: quasi il quadruplo rispetto ai prodotti alimentari. Fin qui, in sintesi, i dati positivi. Il settore in effetti continua a soffrire di eccessiva frammentazione, di una dimensione
aziendale che nella maggior parte dei casi rasenta il
nanismo, di scarsa sensibilità alle politiche consortili,
dell’assenza o della episodicità del ricorso al marketing ed alle promozioni, della limitatezza dei budget,
aspetti che finiscono per comprimere la capacità
competitiva e quindi il valore aggiunto. Ed ancora: di
criticità nel reperimento di risorse umane qualificate
e professionali e di sottocapitalizzazione.
L’espansione del settore sembra quindi rispondere
più a dinamiche spontanee che a scelte strategiche,
frutto a loro volta di politiche attente, anche a livello
istituzionale.
Proprio per dare alla moda pugliese una occasione di
crescita, la Camera di Commercio di Bari lo scorso 12
dicembre ha costituito Moda Mediterranea Spa.
L’organismo opererà come una vera e propria agenzia della moda e sarà strumento di promozione e di
coordinamento delle attività, elemento propulsivo di
crescita, di qualificazione e di ottimizzazione delle
risorse già esistenti, “E’ un traguardo ambizioso, oltre
che un segnale istituzionale importante - riassume il
presidente della Camera di Commercio di Bari
Vincenzo Divella - per supportare il settore moda
verso livelli aziendali maggiormente competitivi, che
possano avere ricadute positive sull’intera economia
della regione. Con la nascita di Moda Mediterranea
Cosmo Albertini*
SpA, il settore del Tessile-Abbigliamento-Calzaturiero
pugliese potrà dunque contare su un importante
organismo di supporto, che lo aiuterà a dotarsi di
professionalità altamente specializzate, a promuovere
politiche comuni ed a creare economie di scala”.
E difatti Moda Mediterranea Spa si propone, fra le
finalità statutarie, di: migliorare la cultura di impresa
nel settore; promuovere il ricorso alla certificazione
di qualità dei processi produttivi e dei prodotti; organizzare manifestazioni, esposizioni, presentazioni,
eventi, finalizzati alla conoscenza del Sistema Moda
(tessile, abbigliamento, calzature); favorire l’internazionalizzazione delle imprese; effettuare studi, analisi di mercato, indagini campionarie; elaborare e realizzare programmi di ricerca; promuovere il collegamento in rete delle imprese; diffondere le informazioni in merito alle agevolazioni ed agli incentivi di
natura finanziaria, fiscale e previdenziale, messi a
disposizione dalla legislazione europea, nazionale e
regionale; attivare percorsi specifici di istruzione e
formazione, promovendo ogni utile coordinamento
con università, scuole e centri di formazione; offrire
assistenza per la stipula dei contratti con primarie
aziende nazionali ed estere; promuovere la creazione
di marchi; favorire la collaborazione con le grandi
maisons del settore, il partenariato tra imprese anche
di regioni differenti.
Le cifre e l’organizzazione distrettuale
Come anticipato in apertura, nell’apparato manifatturiero pugliese l’industria della moda costituisce una
realtà di spicco per numero di aziende, entità del fatturato e impatto occupazionale. Uno degli aspetti più
caratteristici è la predominanza numerica di piccole e
piccolissime aziende. La maggior parte delle industrie
pugliesi del TAC, ben cinque su otto, non supera
infatti il numero dei 9 addetti, ma dà lavoro complessivamente a 11mila persone (1/4 della forza-lavoro del comparto). Altre 1000 imprese (16% del totale)
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Moda Mediterranea Spa
Per Moda Mediterranea Spa è previsto un capitale sociale di 500mila euro, sottoscritto inizialmente per
202mila euro, e che ha riscosso l’adesione delle associazioni di categoria, del mondo accademico, di alcune amministrazioni comunali, e dei consorzi del settore che hanno sottoscritto l’Atto Costitutivo della società.
Questi nel dettaglio i soci fondatori: la Camera di Commercio di Bari (azionista di maggioranza), l’Università
degli Studi e il Politecnico di Bari, i Comuni di Putignano, Barletta e Bisceglie, il Monte dei Paschi di Siena,
l’Associazione degli Industriali della Provincia di Bari, l’API-Associazione delle Piccole e Medie Industrie, il
CNA, l’UPSA Confartigianato, la Confesercenti-Federazione Provinciale, la CONART, la SPEGEA, i consorzi
Al Manzoni, Extra, Puglia Export, Bimbo Italia, Sposa e Moda Italiana.
Fanno parte del Consiglio di Amministrazione, insieme al cav. lav Vincenzo Divella, con funzioni di presidente, 11 componenti: rappresentanti dell’Università degli Studi di Bari (Giovanni Girone), dell’Associazione
degli Industriali (Paolo Marinuzzi), dell’API (Massimo Savino), della Confesercenti (Giuseppe Garibaldi
Lopane), della Confartigianato (Mario Laforgia), della CNA (Aldo Piccarreta), del Comune di Barletta
(Antonio Angelo Damato), del Comune di Putignano (Marco Galluzzi), del Monte dei Paschi di Siena
(Ignazio D’Addabbo) e dei Consorzi (Valerio Sbiroli).
Il Comitato Tecnico, che avrà funzioni di supporto tecnico (proposte di intervento, valorizzazione delle risorse, opportunità da cogliere) è composto invece da: imprenditori e rappresentanti delle associazioni di categoria, per un totale di 6 persone.
Il Comitato Scientifico si occuperà invece di formulare proposte nell’ambito della formazione d’eccellenza e
della ricerca e sviluppo ed è formato da 3 rappresentanti dell’ Università degli Studi di Bari, Politecnico di
Bari e Spegea.
Fanno parte del Collegio Sindacale, oltre al presidente Guido Carabellese, Francesco Lafortezza e Cosimo
Cafagna.
sono nella fascia dei 10-49 addetti e occupano la
metà delle unità lavorative di questo settore (ben
20.500). Le aziende medie (50-199 addetti) diventano
appena 73, mentre quelle grandi (oltre 200 addetti)
sono solo 6; queste due fasce, trascurabili per numero di unità produttive, sono però notevolissime per
quantità di occupati (in ciascuna di esse lavora un
addetto su otto del TAC).
Interessante è anche il dato delle imprese attive,
disaggregando il quale si scopre un dominio numerico delle aziende del settore “abbigliamento”: quasi
tre imprese su quattro del sistema pugliese della
moda producono capi di vestiario esterno o articoli
di maglieria (rispettivamente il 56% e il 15%). La
Puglia è così diventata la quinta regione italiana per
numero di aziende del tessile-abbigliamento: su tre
imprese meridionali che operano nel settore, una è
ubicata nella nostra regione. Molto limitato in termini numerici è invece il peso della filiera “a monte”: si
occupa di filatura e tessitura solo il 2% delle aziende
pugliesi del comparto. Quanto alla pelletteria, essa si
ritaglia un 18% fra le imprese attive, anche se sul
Imprese attive nel 2002: la prevalenza di aziende che
producono capi di abbigliamento. Elaborazioni di dati
forniti dall’Ufficio Statistica della Camera di Commercio di
Bari.
piano occupazionale la sua importanza è sensibilmente maggiore (30% degli addetti del settore).
La filiera pugliese della moda è strutturata in distretti, con una organizzazione che possiamo riassumere
in questo modo.
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Moda in Puglia: la voglia di passerella
di un settore in forte espansione
Il Nord Barese (Barletta, Trani, Andria e Bitonto, fino
ad addentrarsi nella provincia di Foggia, con
Cerignola) è innanzitutto uno dei più rilevanti poli
nazionali di produzione di calzature sportive, da passeggio o antinfortunistiche; nel complesso il distretto
genera ben il 7% del volume d’affari nazionale del
calzaturiero, con oltre 12.000 addetti, 310 unità produttive e una buona propensione al commercio con
l’estero. Nell’area Nord-Barese esiste anche una
discreta presenza di aziende del tessile-abbigliamento; si tratta per lo più di imprese terziste di piccole
dimensioni, frequentemente a carattere familiare, che
basano la propria competitività sulle politiche di
prezzo. Accanto a questa realtà dominante convive
però una diversa tipologia di impresa, che produce
invece a marchio proprio. Esiste una consolidata
specializzazione produttiva: Andria ha ad esempio
un’antica tradizione nella biancheria intima e nella
camiceria sia classica che sportiva; a Bitonto sono
invece presenti numerosi laboratori che confezionano capi d’abbigliamento per bambini, per lo più di
tipo economico.
Nettamente distinto da quello Nord Barese è il polo
dell’abbigliamento del Sud Barese, centrato sull’asse
Putignano-Martina Franca, e sui comuni contigui di
Bari Sud (Noci) e Brindisi (Francavilla Fontana e
Ceglie Messapica). Si tratta complessivamente di 745
aziende, che producono un fatturato di 650 miliardi e
danno lavoro a circa 8.000 addetti. In questa macroarea di fatto vivono vari sotto-distretti; tuttavia l’uniformità delle caratteristiche ci consente di analizzarla come un unicum. Il distretto subisce una forte
attrazione “funzionale” nei confronti di Putignano e
Martina, città in cui sono presenti diverse imprese
finali, con marchi propri e un’interessante collocazione di mercato, in virtù di prodotti di qualità media e
medio-alta: c’è poi uno stuolo di imprese di piccole
dimensioni, spesso collegate (attraverso rapporti di
subfornitura) alle aziende di Putignano e Martina,
oppure a committenti settentrionali. Quanto alle specializzazioni produttive, a Putignano, Castellana,
Ginosa, Grottaglie e Martina Franca operano oltre 300
laboratori qualificati nella produzione di abiti da
sposa e cerimonia. Uno su sei di questi esporta ormai
all’estero, per altro con ottimi risultati. In quasi tutte
le città del distretto poi vengono prodotti capi di
abbigliamento per uomo, donna e bambino, tutti di
buon livello qualitativo.
Una terza realtà industriale del sistema pugliese della
moda è ubicata nell’area salentina, in cui - come già
in quella nord-barese - convivono il tessile-abbiglia-
mento e il calzaturiero. Il polo produttivo leccese, formato dalla “cintura” di Casarano, Tricase, Gallipoli e
paesi limitrofi, ha fatto registrare negli ultimi anni un
forte sviluppo dell’imprenditoria del TAC, con oltre
1.500 aziende e con un export complessivo di più di
1.000 miliardi di lire, che ha come principale mercato di sbocco la Germania. Quest’area spicca innanzitutto per una delle più alte concentrazioni produttive
in Europa di scarpe in cuoio, con due aziende-leader
(la Filanto di Casarano e la Nuova Adelchi di Tricase)
che sono divenute i “catalizzatori” di un tessuto di
piccole e piccolissime imprese, a loro relazionate da
meccanismi di subfornitura, in una riedizione del
fenomeno dell’“indotto” già osservato nel Sud-Barese.
L’area salentina però si caratterizza anche per una diffusione di aziende che operano nel tessile e abbigliamento. A sud di Lecce (Alessano, Corsano e Tricase)
è sorto un polo di cravattifici all’avanguardia, il
secondo a livello nazionale, che collabora anche con
le più importanti griffe del mondo. C’è poi un polo
della calza (a Castrano, Racale e Melissano), in cui
operano circa 600 calzifici, con una specializzazione
nella produzione di calze da uomo-bambino. A
Maglie invece c’è un’antica tradizione produttiva di
camicie e cappelli.
Dagli anni ’90 alle avvisaglie della crisi
Gli anni ’90 hanno rappresentato un momento di
crescita per l’industria pugliese della moda; fra il
1995 e il 1997 il valore aggiunto generato dal comparto è aumentato costantemente; nel contempo salivano sia le retribuzioni, sia gli investimenti fissi lordi
complessivi; quanto all’occupazione, escludendo il
1996, il trend risultava crescente. Nel 1998, quando
su tutto il tessile-abbigliamento italiano sembravano
addensarsi nubi minacciose, la Puglia mostrava invece una sorprendente vitalità, con dei veri e propri
“picchi” negli investimenti e nelle assunzioni, mentre
il valore aggiunto del comparto continuava a crescere in modo perfino più consistente rispetto agli anni
precedenti (+5,4% rispetto al 1997). Il momento critico è iniziato nel 1999, con un anno di ritardo rispetto alla situazione nazionale del settore. Gli investimenti sono calati di colpo e si è contestualmente
verificata un’espulsione della forza-lavoro (-4,3%
rispetto all’anno precedente) che è poi diventata una
costante anche negli anni successivi; pur tuttavia, la
ricchezza generata dal settore ha continuato ad
aumentare, sebbene con andamento meno “euforico” rispetto agli anni precedenti.
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L’ascesa del comparto negli anni ’90 e le avvisaglie
della crisi nel ’99. Elaborazioni sulla base di dati ISTAT. I
valori sono calcolati a prezzi correnti (milioni di euro dal
1999 - milioni di eurolire per gli anni precedenti)
Nel biennio 2000-2001 l’industria italiana della moda
mostrava segnali di ripresa, “trainata” dai buoni risultati del ramo calzaturiero. Anche il TAC Pugliese presentava nel contempo indicatori positivi: il valore
aggiunto prodotto dal comparto aumentava infatti
del 2,2% rispetto al 1999. Tuttavia, a fronte di una
buona performance del tessile-abbigliamento (+8,2%
di valore aggiunto rispetto al 1999), era il calzaturiero a subire un contraccolpo involutivo (-11%).
Insomma, in Puglia si verificava una controtendenza
rispetto al dato nazionale: era il tessile-abbigliamento a fungere da elemento propulsore, mentre il calzaturiero arrancava improvvisamente. Il dato segna
un’inversione di tendenza, perché era da un decennio che la ricchezza generata nella regione dall’industria delle scarpe saliva costantemente. Per spiegare
queste difficoltà dobbiamo considerare che l’avvicendarsi fra i due millenni è coinciso con un profondo mutamento nelle dinamiche commerciali europee: in pochissimi anni le importazioni europee dai
Paesi extra-Ue sono quasi raddoppiate e in Italia
addirittura triplicate. I distretti calzaturieri pugliesi
hanno dovuto fronteggiare il subitaneo ingresso sul
mercato delle produzioni di aree in via di sviluppo
(Europa orientale, Cina e Sud-Est asiatico), che in
pochissimi anni hanno letteralmente “invaso” i Paesi
dell’Unione, fino ad allora principale sbocco esportativo delle scarpe made in Puglia. A livello nazionale invero il calzaturiero reagiva ottimamente alla
nuova dinamica puntando con decisione sull’export
(nel 2000, +16,1% rispetto al 1999). Mentre il Paese
riusciva ad affrontare la concorrenza extraeuropea
attraverso un’offerta di prodotti di pregio, ad alto
valore aggiunto, i distretti calzaturieri del nord-bare-
se e del Salento entravano in una fase critica. Come
si spiega questa discrepanza rispetto al dato nazionale? A detta di esperti ed economisti probabilmente
non tutto il calzaturiero pugliese ha compreso per
tempo l’imprescindibilità di una “strategia della qualità” che riposizionasse il prodotto e schivasse una
concorrenza tanto agguerrita sul piano dei costi di
produzione e del prezzo finale; il settore ha così finito col subire pesanti perdite.
Anche il 2002 è stato un anno difficile per la moda
pugliese. Nel primo semestre c’è stato un calo sensibile della domanda estera. La difficile congiuntura
planetaria e la crisi dei consumi e dell’export, si sono
sommate alla già citata concorrenza di economie a
bassi costi di produzione, determinando nel TAC
pugliese una robusta espulsione di forza-lavoro
(soprattutto nel terzo trimestre 2002) e anche una
certa mortalità di aziende (soprattutto nel primo).
Gli effetti del rallentamento sono risultati evidenti
soprattutto nel comparto della maglieria e della pelletteria; quest’ultima ha addirittura archiviato il terzo
trimestre 2002 con una flessione degli occupati del
7% rispetto al secondo. La Puglia calzaturiera ha così
finito con l’acquisire un triste primo posto in Italia
per le ore di cassa integrazione straordinaria per
dipendente del settore (55,4 ore per addetto). Nel
leccese sono a rischio parecchie migliaia di posti di
lavoro: sul finire del 2002 la Nuova Adelchi ha
annunciato il licenziamento di alcune centinaia
addetti; nei mesi precedenti un’analoga situazione
aveva investito la Filanto. La congiuntura negativa si
è fatta sentire anche nel barese, in particolare per il
calzaturiero dell’area barlettana. Fra i marosi è riuscita
a districarsi una sola realtà di rilievo, la Cofra Safety,
che negli anni precedenti aveva scelto di differenziare la sua offerta, trasformando le linee di produzione
di calzature per il tempo libero in quelle di tipo
antinfortunistico ed aveva attuato una delocalizzazione produttiva in paesi a basso costo della manodopera. È stata la sola azienda calzaturiera del barlettano ad
affrontare le crisi con una formula innovativa e l’unica a non uscirne ridimensionata, a parte una espulsione della forza lavoro che risulta oggi una costante
in tutto il TAC Puglia.
Che quest’ultimo aspetto sia ormai da ritenersi inevitabile è convinzione di molti operatori del settore, fra
cui
Mario
Laforgia,
direttore
dell’Upsa
Confartigianato - Bari: “Per le aziende di fascia bassa
la diminuzione del numero di addetti ha ormai caratteristiche di tipo strutturale e quindi il dato verrà
confermato anche nell’anno 2003. Siamo in pratica di
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Moda in Puglia: la voglia di passerella
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fronte ad operatori economici prossimi all’espulsione
dal mercato, in quanto non più competitivi. Al contrario, le aziende di fascia medio-alta, propense ad
adeguarsi ai nuovi scenari, dovranno assumere personale ad alta specializzazione per fronteggiare l’attesa ripresa sia della produzione che degli ordinativi”. Gli fa eco Paolo Marinuzzi, Presidente della
Sezione Abbigliamento e Tessile dell’ Associazione
Industriali della Provincia di Bari: “Purtroppo solo
poche imprese invertiranno il trend occupazionale
negativo. Usciranno dal mercato soprattutto operai
con mansioni a basso livello di specializzazione.
Viceversa le imprese più organizzate continueranno
ad assumere tecnici, creativi, modellisti, laureati, soggetti provenienti da master post laurea e corsi di specializzazione post diploma”.
Alla crisi occupazionale nei prossimi mesi potrebbe
sommarsi anche una sorta di “selezione naturale” fra
le aziende: “Secondo le nostre previsioni - prosegue
Marinuzzi - saranno fortemente penalizzate le imprese terziste, per le quali si ipotizza un elevato nume-
tempo, gli abiti da sposa di Putignano (per citare un
esempio) non hanno affatto interrotto la loro opera di
conquista dei mercati internazionali, grazie ad una strategia produttiva capace di abbinare efficacemente qualità e convenienza. Senza contare sul fatto che le previsioni di Confindustria sul TAC italiano fanno sperare in
una inversione di tendenza nel 2003, così come i primi
segnali sulla raccolta ordini per la primavera-estate, che
lasciano intravedere un recupero congiunturale nazionale e un incremento medio degli ordinativi pari al 2%.
Un vero e proprio “motore” della ripresa del comparto potrà essere rappresentato dall’Agenzia della Moda.
Ad alimentare la fiducia c’è anche il progetto di un
consorzio di venticinque imprenditori tessili provenienti dal bergamasco, dal biellese, dal bresciano, dal
pratese, ovvero dalle patrie storiche del tessile italiano. L’idea di fondo è quella di localizzare in Puglia, e
più precisamente in provincia di Brindisi, una vera e
propria “cittadella del tessile “, ossia una filiera integrata che nasca e si sviluppi su basi consortili. Questo
piano di lavoro ha anche riscosso l’adesione del presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto e il sostegno del Banco di Napoli. Non è dunque casuale l’ottimismo degli operatori bancari sull’andamento del
comparto in Puglia; dal “Report Sud 2001”, pubblicato dalla Fondazione Curella, si evince un giudizio
positivo del mondo finanziario sul TAC pugliese, considerato comunque come un settore “in espansione”
(in quasi tutte le regioni meridionali invece la situazione della filiera viene giudicata “stazionaria”).
Internazionalizzazione ed export
La difficile situazione del TAC Puglia nel 2002.
Elaborazioni di dati forniti dall’Ufficio Statistica della
Camera di Commercio di Bari.
ro di cessazioni di attività nel 2003. Le aspettative
positive sono invece rivolte alle imprese che intrattengono rapporti stabili con la grande distribuzione
e che hanno capacità di rapportarsi con l’estero”.
La situazione attuale del comparto gravita insomma
fra luci ed ombre. Il momento difficile del calzaturiero e del tessile-abbigliamento in Puglia non è però
un dato univoco e uniforme; escludendo dall’analisi
la pelletteria e la maglieria, negli altri settori della
filiera nel 2002 si è registrata una maggiore capacità
di tenuta, con un’interessante “natalità” aziendale nel
comparto degli “articoli non di vestiario”. Nel con-
Nel 2001 l’intero TAC pugliese ha esportato prodotti
per 1170mila Euro, pari al 19% dell’intero manifatturiero pugliese, a fronte di una media nazionale del
28,7%. C’è indubbiamente un ritardo da colmare. Si
tratta però - e questo è l’aspetto positivo - di valori
in crescita: passando dal 2000 al 2001, l’export
pugliese dell’industria della moda ha subito una
variazione tendenziale del +7,9%, finendo con l’incidere per l’11,7% sul totale dell’export regionale calcolato in Euro: quasi il quadruplo rispetto ai prodotti alimentari. A livello di prodotto, va sottolineato
come nell’export pugliese del sistema-moda una
parte molto rilevante sia affidata alle calzature (53%
del valore totale delle esportazioni del settore).
A differenza del settore calzaturiero pugliese, meno
restìo a confrontarsi con il mercato globale, il tessileabbigliamento ha invece un peso ancora modesto sul
totale regionale delle esportazioni del settore: appena
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il 33%, come valore in Euro (articoli di abbigliamento
+ articoli a maglia + tessuti e stoffe + altri). Va però
sottolineato come la dinamica recente sia anche in questo caso di incremento sostenuto: negli anni ‘90 i valori delle esportazioni pugliesi del tessile e ancor più
quelli dell’abbigliamento sono aumentati costantemente, mostrando tassi di crescita assai più accentuati
rispetto alle medie nazionali.
Viceversa l’export calzaturiero pugliese, pur restando
determinante per la bilancia commerciale regionale,
vive una fase ardua, come sottolinea Ignazio
D’Addabbo, Titolare Capogruppo di Bari del Monte dei
Paschi di Siena: “Nel primo semestre 2002 si è riscontrato un calo dell’export delle calzature pugliesi. La
debolezza della domanda che ha caratterizzato questo
settore nelle ultime rilevazioni congiunturali sulla
Puglia va inquadrata nella più complessiva situazione
europea e mondiale”.
Risulta molto interessante il dato sui mercati di sbocco
della moda “made in Puglia”. Un ruolo dominante è
quello rivestito dai paesi dell’Unione Europea (58% del
valore in Euro dell’export pugliese del comparto),
seguita a ruota dall’Europa non comunitaria (21%) e
dall’America Centro-Settentrionale (14%). Ancora timidi
sono invece i rapporti con gli altri continenti, se si
eccettua il risultato dell’Asia (6%). Fra le aree verso cui
l’industria pugliese della moda trova maggiori sbocchi,
vanno segnalate la Germania (che nel 2001 ha importato prodotti per 177mila Euro dalla Puglia) e gli USA,
seguiti da Francia e Regno Unito. Colpiscono i dati
positivi dell’Europa Orientale (Romania, Bulgaria,
Moldavia) e del Benelux, mentre deludono i risultati di
Spagna e Portogallo. Appaiono in crescita il mercato
balcanico (ex Jugoslavia, Grecia e soprattutto Albania),
quello centroeuropeo (Austria, Svizzera, Repubblica
Ceca) e quello scandinavo. Ancora deboli - almeno
rispetto alle potenzialità - i trend dell’Africa mediterranea e della zona russo-baltica.
E’ però in atto una lenta evoluzione delle dinamiche di
export della filiera: è vero che Unione Europea resta il
principale mercato di sbocco, ma è altrettanto innegabile che negli ultimi tre anni l’Europa non comunitaria
e i continenti extraeuropei abbiano fatto registrare interessanti aumenti delle importazioni dalla Puglia.
Si tratta di un segnale senz’altro positivo, considerata
quella “maturità” dei mercati occidentali a cui si è già
fatto cenno. Nelle opportunità offerte da mercati meno
“saturi” crede molto Valerio Sbiroli, presidente del consiglio di amministrazione della Vu Emme di Putignano,
azienda specializzata nella produzione di abbigliamento bambino e abiti da sposa: “Per questo settore risul-
terà vitale l’apertura dei tanto auspicati ponti con il
nord Europa e con il bacino del Mediterraneo, ovvero
con l’area balcanica, con la Grecia e coi paesi emergenti del Nordafrica. Sono queste le direzioni verso cui
dobbiamo insistere”. Aggiungeremmo anche tutto l’est
europeo, che - dopo la crisi dei regimi comunisti - ha
lasciato intravedere interessanti potenzialità di assorbimento dell’offerta.
Nel quadro complesso sull’internazionalizzazione,
un’altra strada praticabile per le industrie pugliesi è
quella legata ai processi di delocalizzazione produttiva.
La crescita dell’export del tessile-abbigliamento
pugliese. Grafico tratto da Rassegna Economica (Quaderni
di Ricerca); Il sistema moda italiano: l’esperienza del settore tessile-abbigliamento nel Mezzogiorno; Supplemento
alla rivista Rassegna Economica n° 2 - luglio/dicembre
2001. I valori sono calcolati a prezzi correnti (milioni di
euro dal 1999 - milioni di eurolire per gli anni precedenti)
In molte aziende del TAC italiano (soprattutto calzaturifici) alcune fasi del processo produttivo sono state
decentrate in Paesi come la Romania, l’Albania, la
Croazia ed altri Stati dell’Europa centro-orientale, nei
quali il costo inferiore della manodopera consente ai
prodotti finali di essere più competitivi. È un fenomeno che non caratterizza più soltanto il Nord e Nord-est,
ma comincia ad interessare anche il Centro e il Sud
dell’Italia. L’industria della moda pugliese però solo in
misura minoritaria ha fatto ricorso a questo strumento,
se si escludono la Cofra di Barletta, il gruppo Filanto e
poche altre eccezioni. In Puglia permane ancora un
atteggiamento generale di diffidenza verso questa prospettiva, soprattutto per i suoi risvolti occupazionali.
Piccolo è bello?
Uno dei nodi cruciali nell’analisi del comparto in Puglia
è senz’altro il tema della frammentazione delle imprese. La piccola dimensione, in passato tanto esaltata nel
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Moda in Puglia: la voglia di passerella
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Meridione e addirittura elemento distintivo del “modello” industriale del Sud, oggi appare agli addetti ai lavori per lo più come un limite. Gli stake holders da noi
intervistati sono stati quasi unanimi nell’identificare nel
“nanismo” del TAC pugliese un limite da superare,
soprattutto attraverso politiche che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese. Illuminante in tal
senso il parere di Paolo Marinuzzi: “Bisogna aumentare la dimensione delle imprese, perché è la frammentazione il limite preminente del settore in Puglia. E allora ben vengano fusioni, acquisizioni, joint ventures,
consorzi o reti di imprese. Sono strategie ormai indispensabili al fine di raggiungere la massa critica sufficiente a consentire economie di scala “.
Spesso invece le aziende dell’abbigliamento in Puglia
continuano a mostrare una connotazione fortemente
individualistica, al punto da preferire il proprio marchio, anche se fragile, ad eventuali consorzi con altre
imprese. Così, malgrado la buona qualità dei prodotti,
accade che l’inconsistenza dei brand, l’inesistenza o la
estemporaneità delle strategie di marketing e promozione, la scarsezza del budget, finiscano col limitare la
capacità competitiva e quindi il valore aggiunto. Secca
Lo stabilimento Cofra di Barletta
l’analisi di Domenico Paparella, segretario generale del
Cesos (Centro di Studi Economici Sociali e Sindacali): “I
distretti pugliesi sono caratterizzati da una forte fragilità
in alcune fasi produttive quali marketing, commercializzazione, management. Eliminare questa tara è una
condizione fondamentale per rendere il sistema-moda
Puglia un settore competitivo sul mercato internazionale”.
Un altro passaggio obbligato per il settore resta quello
dell’emersione delle aziende. Secondo una recente
stima della Uil Puglia la media delle attività sommerse
o illegali nel TAC della nostra regione non è inferiore al
30%. Eppure negli ultimi anni i contratti di riallineamento in Puglia hanno già favorito l’emersione di 485
aziende del settore, per un totale di circa ventunomila
addetti. Il cammino da compiere è però ancora lungo.
Per una strategia dell’immagine
Nell’industria pugliese della moda solitamente la piccola dimensione aziendale fa coppia col cosiddetto
“contoterzismo”; si sa quanto e come la filiera locale, attraverso meccanismi di subfornitura, sostenga
Foto: Roberto e Antonio Tartaglione
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quella nazionale, in particolare quella del Nord, non
riuscendo di conseguenza a sviluppare in modo adeguato una propria identità sul mercato. Nei laboratori
dei nostri façonisti nasce gran parte della produzione
delle grandi griffe, di cui traggono profitto le piazze
storiche della moda italiana. Si tratta di un sistema produttivo che, per quanto diffuso e comunque vitale per
la nostra economia, è condannato a pagare più di tutti
le crisi periodiche del settore moda e a confermarsi l’anello debole in ogni congiuntura critica. Ciò per due
motivi: innanzitutto per i margini ridotti di guadagno
su cui il “conto terzi” lavora; e soprattutto perché su di
esso le grandi griffe possono modulare senza grandi
sofferenze le quantità di produzione, scaricando gli
effetti delle eventuali contrazioni della domanda sugli
indifesi terminali periferici. Sulla necessità di una
“emersione d’immagine” del settore insiste Aldo
Piccarreta, Presidente del Consorzio Bimbo Italia Area
Sud, una importante realtà consortile del tessile-abbigliamento per bambino: “La clientela è sempre più alla
ricerca del marchio. Dobbiamo accontentarla, acquisendo licenze di marchi “griffati” o creandone di nostri,
attraverso una adeguata comunicazione”. Allusione
nemmeno tanto velata allo scopo più qualificante
dell’Agenzia della Moda, ovvero all’obiettivo di una
“griffe” unica, di un marchio che rappresenti tutto il
“made in Puglia”.
Nel settore occorre insomma una “rivoluzione copernicana” in fatto di comunicazione di marchio; è questa la diagnosi di Theresa Mulloy, consulente Area
Strategia della SPEGEA, scuola di management di
Bari: “Il settore denota una carenza cronica di marchi. A prescindere da alcuni noti casi di successo (ad
esempio Nocese Manifatture con il marchio Harry &
Sons oppure Romano Spa, col brand Meltin’ Pot), la
maggior parte delle aziende locali punta su forti politiche di sviluppo della produzione, a scapito degli
investimenti in comunicazione, immagine e marketing, strumenti indispensabili per rendere appetibile
l’offerta. L’eccessivo orientamento al prodotto fa sì
che i nostri distretti, pur esprimendo numerose
“eccellenze”, siano difficilmente intercettabili dai
grandi buyers internazionali”.
Proprio il successo del marchio leccese Meltin’ Pot può
in realtà indicare a tutto il settore la strada da percorrere. L’azienda che nel 1993 ha creato questo brand, la
Romano S.p.A. di Matino, nacque anch’essa come
impresa façonista a carattere familiare. Da allora la sua
linea di allontanamento dal contoterzismo è stata rigorosa ed efficace: costante flusso di investimenti, innovazione tecnologica, eccellenza dei prodotti, orientamento all’estero (soprattutto Nord-Europa), un placement orientato ai grandi magazzini e alle catene.
Risultato: oggi il marchio Meltin’ Pot ha raggiunto una
rilevante notorietà ed è presente, dopo meno di 10
anni, in più di 600 punti vendita in Italia, oltre che in
molti paesi del mondo. Anche il lavoro di lancio del
marchio Harry & Sons può essere considerato esemplare: il management della Nocese Manifatture (azienda ubicata a Noci, provincia di Bari) ha puntato molto acutamente - su una politica distributiva, quale
quella del franchising, che negli scenari attuali viene
valutata dagli esperti di marketing come vettore di
grande visibilità per i marchi. Queste due case history
dimostrano che creare un brand in Puglia sia operazione tutt’altro che chimerica.
Voglia di qualità
L’industria italiana della moda sta cercando di reagire alla difficile situazione congiunturale impegnandosi, oltre che nella riduzione dei costi, anche nel
diversificare ed elevare la qualità dei prodotti per
conquistare fasce più alte del mercato.
L’implementazione di una strategia della qualità
passa attraverso quattro capisaldi: innovazione tecnologica, adeguamento agli standard Iso e differenziazione della gamma dei prodotti sotto l’ “ombrello
forte” della marca. Un piano strategico che favorisca
tale “riposizionamento” risulta ormai necessario e
indifferibile anche per la Puglia. È infatti in atto un
processo di polarizzazione delle scelte dei consumatori che gioca a svantaggio dei prodotti “medi”. Ne è
convinto Mario Laforgia: “La sfida nei confronti delle
produzioni provenienti da Sud-est asiatico e dall’Est
europeo può essere vinta solo innalzando gli standard qualitativi dei prodotti finiti; è necessario quindi che le aziende del settore investano una percentuale maggiore dei capitali a disposizione nella qualificazione della produzione e delle risorse umane”.
Anche Valerio Sbiroli lancia un monito eloquente sul
tema della qualità: “Dobbiamo venir fuori dei nostri
piccoli castelli e avere la forza di osare di più nella
ricerca nello sviluppo di nuove tecnologie, per
abbattere le differenze che a tutt’oggi abbiamo
rispetto di altri distretti produttivi italiani. La mancata adozione delle nuove tecnologie ci costringe a puntare tutto su una produzione ancora di tipo artigianale: in altri termini i nostri manufatti restano sempre bellissimi, ma costano troppo in termini di tempo speso
per produrli”. Che la qualità debba diventare un must
per le aziende pugliesi del comparto è confermato
anche dalle recenti dichiarazioni rilasciate dal
Presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto. Al
periodico online Leccesette, il governatore ha spiegato il difficile momento del settore nella nostra regione
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Moda in Puglia: la voglia di passerella
di un settore in forte espansione
attraverso “l’incapacità delle imprese, negli ultimi dieci
anni, di investire in ricerca, qualità e innovazione, di
dare vita ad un marchio comune e di attivare processi
di innovazione tecnologica”.
Management e risorse umane
Il sistema moda vanta in Puglia una consolidata tradizione produttiva, una discreta sedimentazione di
abilità imprenditoriali, imprese e prodotti talvolta di
prima qualità. Però è anche un settore che a volte
presenta - insieme al dinamismo - alcuni elementi di
criticità nelle risorse umane. Il mondo aziendale sottolinea spesso la necessità di corsi di formazione per
qualificare - a vari livelli - il personale, che spesso è
inesperto e dotato di preparazione di tipo puramente scolastico. Secondo una stima della Cgil, oltre il
50% della manodopera impiegata nel settore in
Puglia è costituita da operai di primo e secondo livello. E’ difficile, senza un’adeguata formazione e con
una manodopera per metà “despecializzata” che il
comparto possa compiere l’auspicato salto di qualità.
Giampiero Lippolis, direttore dell’azienda Giovanna
Sbiroli Srl, non ha dubbi: “Viviamo sulla nostra pelle
le conseguenze di una miopia del sistema scolastico
nazionale e locale; è paradossale osservare come le
aziende siano alla costante ricerca di personale tecnico con un minimo di specializzazione e contemporaneamente notare come in Puglia non esista un
Istituto Tecnico della Confezione”.
E’ tuttavia essenziale che la formazione riguardi
anche le figure manageriali e creative, di cui il TAC
pugliese ha bisogno assoluto. E’ molto significativo
che uno dei limiti della moda Puglia secondo quasi
tutti gli addetti ai lavori intervistati sia risultato la
carenza della formazione e conseguentemente del
management. Commenta Marinuzzi: “La quasi totalità
delle imprese pugliesi che si occupano di moda non
dispone di una organizzazione gestionale sufficiente
ad affrontare il mercato, ma accentra per necessità la
gran parte delle funzioni aziendali nella figura dell’imprenditore“. E’ in tal senso importante capire
quando partirà il neonato corso universitario sulla
moda, interessante progetto-pilota dell’Università di
Bari. E’ anche necessario che le imprese imparino ad
interloquire con le scuole manageriali private e ad
utilizzare le più moderne formule di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, quali gli stage o i contratti di formazione. L’eccellenza delle risorse umane
va perseguita anche attraverso questi canali.
*Unioncamere-Puglia
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
DATI STATISTICI
Dati sullo scenario del tessile forniti dall’Ufficio Statistica della
Camera di Commercio di Bari
ISTAT; Conti economici territoriali secondo il Sec 95 (disponibili sul sito web http://www.istat.it)
Centro studi Confindustria. I settori industriali. Anno IX Numero 11 Novembre 2002 Focus: Il tessile - abbigliamento
italiano
Dati dell’ICE, scaricabili dal sito http://www.ice.it/italia/bari
/sviluppo.htm
RIVISTE E QUOTIDIANI
Nuovo Quotidiano di Puglia; sabato 30 novembre 2002. Il
Comparto TAC; Centomila addetti per 8mila aziende
Mercato Italia 2001; Supplemento al n. 7-8 di Largo Consumo
(luglio-agosto 2001)
Largo Consumo; n. 3/2002 e n. 9/2001
Il Sole 24 Ore, 15 luglio 1998 e 10 aprile 1999
La Gazzetta del Mezzogiorno; 16 dicembre 2002
Comunicato stampa UIL Puglia 12 marzo 2002
TESTI
Rassegna Economica (Quaderni di Ricerca); Il sistema moda
italiano: l’esperienza del settore tessile-abbigliamento nel
Mezzogiorno; Supplemento alla rivista Rassegna Economica n.
2 - luglio/dicembre 2001
POR Puglia 2002-2006
Rapporto sui principali distretti industriali italiani, redatto per;
16 dicembre 2002 Confartigianato dal Consorzio A.A.S.T.E.R.
(disponibile sul sito web http://www.aaster.it/territorio/rapporto/bareses.htm)
G. VIESTI: “Come nascono i distretti industriali” Laterza, 2000
SISSIMA-CNA-CONFARTIGIANATO: “Sistema Moda Italia: i
progetti delle imprese”, Rapporto dell’Osservatorio Nazionale
sulle imprese artigiane e industriali del settore tessile, abbigliamento, calzature
SITI WEB
http://www.leccesette.it/sezioni/editoriale.htm
http://www.regionepugliads.it/Sito/visualizzagenerico.asp?Id=267
http://www.ba.dada.it/ilfieramosca/economia1.html
http://www.cofra.it/
http://www.filantogroup.com/
http://www.adelchi.it/adelchi_frame.htm
http://www.harryesons.com/no1/home.htm
http://www.romano.it/