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La violazione delle regole antitrust ed il risarcimento del danno subìto dai consumatori: il "private enforcement" 1.Introduzione Negli ultimi anni il tema del benessere dei consumatori in rapporto con la disciplina della concorrenza è stato al centro di numerosi dibattiti. Ci si è chiesti se la due policies possano essere considerate complementari: se rappresentino, in realtà, due momenti di un'unica forma di tutela; o se, addirittura, non siano discipline tra loro configgenti. Per capire se tutela dei consumatori e tutela della concorrenza perseguono finalità convergenti o meno, bisognerebbe prima comprendere quali sono effettivamente gli oggetti delle rispettive tutele. Ma è ormai opinione consolidata che le norme sulla concorrenza non devono perseguire solo il fine della protezione dei concorrenti ma devono tendere alla tutela del processo competitivo in modo da garantire anche il benessere dei consumatori. In tal caso, tutela della concorrenza e consumer interest non sono in conflitto,anzi, condividono un fine comune. 1 Tuttavia alcuni autori1 prospettano una diversa conclusione: a seconda di chi sia il "consumatore rappresentativo",esiste una certa tensione tra diritto antitrust e tutela dei consumatori. In termini di concorrenza, vengono in rilievo numerosi aspetti, per così dire, di "specialità" della materia, che rendono il tema delle azioni private risarcitorie un terreno scivoloso e complesso. Per spiegare concretamente come gli illeciti concorrenziali possano ledere i diritti dei consumatori oltre che dei concorrenti, ricordiamo brevemente quali sono e come agiscono. La nostra legge antitrust2 regola le intese, le concentrazioni e gli abusi di posizione dominante che non ricadono nell'ambito di competenza dell'Unione Europea. La definizione di queste fattispecie, coincide, in linea di massima, con quella continentale: le intese sono accordi fra imprenditori che, anziché farsi la guerra decidono di regolare i propri comportamenti sul mercato; questi accordi producono sempre un innalzamento dei prezzi e un disincentivo ad operare in modo efficiente, con pregiudizio soprattutto per la qualità dei prodotti; 1 G.Amato, F.Denozza, H.Shweitzer, A.Nicita, D.Strallibrass, Tutela della concorrenza e tutela dei consumatori- Due fini configgenti?, in Mercato Concorrenza e Regole, n.2 2009 P.381 2 Legge 10 ottobre 1990 n. 287, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato 2 l'abuso di posizione dominante si genera quando un'impresa, che detiene una quota di mercato molto ampia, adotta dei comportamenti che prescindono da quelli dei concorrenti, approfittando della posizione preferenziale che di fatto possiede sul mercato: ad esempio praticando prezzi non giustificati dai costi di produzione, limitando la produzione stessa, applicando condizioni diverse per prestazioni equivalenti, subordinando la conclusione dei contratti a prestazioni supplementari di altra natura. Potremmo dire che l'impresa che abusa della propria posizione dominante sul mercato, si comporta da tiranno; le concentrazioni tra imprese invece, più che vietate sono regolate in modo da non poter giungere a creare situazioni per effetto delle quali il meccanismo della concorrenza risulti distorto; in Italia, ad esempio, è prevista una richiesta di autorizzazione per le fusioni e le acquisizioni, in modo che l'autorità nazionale di concorrenza possa valutarne l'opportunità e la congruità. Come si è visto, tutte queste pratiche sono idonee a distorcere quell'utopia chiamata libera concorrenza. 3 Diamo per scontato un punto di partenza, che riteniamo essersi consolidato nel tempo: se il rispetto delle regole di concorrenza sul mercato giova tanto alle imprese quanto ai consumatori, vuol dire che la normativa antitrust non è posta solo a presidio dei rapporti tra imprese, ma anche tra imprese e consumatori; e se ciò è vero, la violazione delle norme di concorrenza genera una situazione di pregiudizio molto più complessa di ciò che in superficie appare, nella misura in cui, non saranno solo i concorrenti a sopportare il danno derivante dalla condotta illecita, ma anche i consumatori ne subiranno gli effetti. Ora, questo meccanismo, non è sempre diretto e lineare: le violazioni producono effetti differenti, i consumatori ne possono risentire in maniera diretta o mediata, in ragione della qualità dei beni, o del loro prezzo. Inoltre, nell'ipotesi più comune di aumento dei prezzi, i danneggiati dalla violazione non sono soltanto coloro che hanno pagato di più ma anche coloro che, come conseguenza dei prezzi elevati, hanno rinunciato all'acquisto. Tuttavia, come rivela la realtà dei fatti, è raro che il consumatore finale agisca per ottenere il risarcimento del danno subito, e questo per le ragioni che vedremo. 4 E' necessario, pertanto, predisporre un meccanismo unitario volto a garantire l'integrale soddisfazione della pretesa risarcitoria; uno strumento, inteso come rimedio giudiziale o extra giudiziale, in grado di superare quelli che sinora sono stati i disincentivi ad intentare azioni di questo tipo. 2.Punti salienti della tematica Se volessimo dividere questo progetto di ricerca in parti o fasi, potremmo dire che ne ricomprende almeno tre, che rispondono ad alcuni interrogativi di fondo. In una prima parte della ricerca è stato necessario rispondere ad alcune domande preliminari: cos'è il private antitrust enforcement in Europa? Qual è la base giuridico-concettuale esistente ad oggi negli ordinamenti nazionali? E ancora: esiste un modello unitario Europeo di private antitrust enforcement? Com'è regolata l'azione risarcitoria antitrust in Italia e quali sono le principali criticità procedurali? Questi interrogativi, apparentemente banali, sono invece necessari per chi è stato giuridicamente educato a confrontarsi con una dimensione, per così dire, pubblicistica di tutela della concorrenza, appannaggio delle autorità amministrative nazionali e comunitarie. 5 Anticipiamo brevemente le risposte introducendo alcuni dati, che saranno oggetto di ampia discussione nel prosieguo della trattazione, ma che segnaliamo da subito per disegnare una cornice attorno al discorso che ci apprestiamo a sviluppare. In Europa, nel 2008, con il Libro Bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione di norme antitrust comunitarie, si è aperta una nuova fase di quel processo già avviato con il Libro Verde del 2005, ed ancor prima con la sentenza Courage3 della Corte di Giustizia. Il Libro Bianco del 2008 presenta una serie di raccomandazioni volte a garantire che i soggetti danneggiati da un illecito concorrenziale abbiano accesso a meccanismi veramente efficaci per chiedere un risarcimento completo del danno subito. Queste raccomandazioni offrono una soluzione equilibrata rispetto ai sistemi di risarcimento attualmente esistenti nelle legislazioni nazionali dei Paesi membri, spesso inefficienti; allo stesso tempo, è necessario evitare un uso strumentale dell'azione giudiziaria, che determinerebbe soltanto un aumento del livello di litigiosità, con un ulteriore aggravio della mole di lavoro di corti e tribunali già inflazionati. 3 Sentenza del 20 settembre 2001, causa C 453/99 6 Il modello contemplato dalla Commissione si basa su un risarcimento unico del danno subito. Le altre raccomandazioni del Libro Bianco riguardano i principali aspetti problematici della materia: il ricorso collettivo, la divulgazione delle prove e gli effetti delle decisioni definitive emesse dalle autorità responsabili della concorrenza nelle cause per danni avviate successivamente, la prescrizione, alla quantificazione e qualificazione del danno antitrust, i costi delle azioni risarcitorie. Le raccomandazioni sono volte a garantire un equilibrio tra i diritti e gli obblighi di ricorrenti e convenuti e prevedono,altresì, misure volte a garantire che non vi siano strumentalizzazioni o abusi nel ricorso all'azione giudiziaria. Tuttavia l'azione comunitaria in materia, come si è detto, era già stata avviata anni addietro. L'intervento della Corte di Giustizia, come spesso accade nel diritto dell'Unione Europea, è stato pionieristico. Successivamente, la Commissione ha pubblicato il Libro Verde sulle azioni di risarcimento del danno derivante dalla violazione delle norme antitrust comunitarie. Come più volte sottolineato da Parlamento e Commissione, le azioni risarcitorie promosse dai privati presso i giudici nazionali per la violazione degli artt. 101 e 102 del TFUE (prima artt. 81 e 82 del TCE) svolgono un ruolo importante 7 nell'efficace applicazione del diritto antitrust comunitario. Esse affiancano e completano l'applicazione di tale normativa da parte dell'autorità di concorrenza e risultano indispensabili al fine di garantire un'effettiva tutela dei diritti conferiti dal Trattato. Tuttavia, l'effetto deterrente della normativa comunitaria in materia di concorrenza è procedimentali significativamente pregiudicato che, nazionale, a livello dagli si ostacoli frappongono all'introduzione di azioni risarcitorie per danni derivanti dalla violazione del diritto antitrust. Nel documento, la Commissione ha individuato una serie di possibili linee di intervento, intese a facilitare l'esercizio degli strumenti di tutela giurisdizionali da parte dei soggetti lesi dall'illecito anticoncorrenziale, sottoponendole contestualmente ad un ampio processo di consultazione con le parti interessate. Già nel Libro Verde veniva in considerazione l'annosa questione dell'accesso alle prove, che spesso si trovavano nella disponibilità della sola parte che ha commesso l'illecito anticoncorrenziale: le azioni risarcitorie potrebbero in tal caso essere facilitate mediante l'introduzione di un regime speciale per l'accesso alla prova nei procedimenti antitrust. Sia il Libro Verde che il Libro Bianco si sono occupati del problema riguardante la valenza probatoria da assegnare 8 ai provvedimenti delle autorità pubbliche preposte alla tutela della concorrenza, in sede risarcitoria, esaminando la possibilità di rendere vincolanti per il giudice le decisioni di accertamento dell'infrazione adottate dalle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Un ulteriore elemento problematico sul quale,da diversi anni, la Commissione focalizza la propria attenzione, è quello relativo alla funzione della domanda risarcitoria ed alla definizione del danno risarcibile. In Europa, le esperienze concrete al riguardo sono frammentarie. La tensione tra funzione punitiva e compensativa del risarcimento del danno derivante dall'illecito antitrust accompagna ogni riflessione sulla quantificazione del danno in questa materia. I documenti della Commissione, inoltre, propongono l'adozione di meccanismi giudiziali, fra cui, in primis, le azioni collettive mirate al conseguimento di una tutela effettiva per il consumatore vittima di una violazione della normativa in esame. Questi meccanismi, per essere efficaci, devono anzitutto risultare accessibili: il primo incentivo, come si è detto, dovrebbe essere rappresentato dai costi delle azioni. Veniamo ora al secondo quesito-guida della ricerca, quello relativo ai problemi procedurali esistenti in Italia, come anche nelle altre 9 legislazioni nazionali. Facciamo un piccolo passo indietro;nella prima parte del lavoro, come si è detto, verranno esaminate le misure proposte dalla Commissione, e non a caso sono state "isolate" in un capitolo ad esse dedicato, proprio per consentire a chi legge di confrontarsi, prima, con le misure in valore assoluto e suggerire, poi, una riflessione: esse sono condivisibili, auspicabili ed equilibrate ma, allo stesso tempo generiche e astratte, lontane dalle criticità dei problemi procedurali nazionali. Proviamo a fare un elenco dei nodi da sciogliere, per i quali le indicazioni della Commissione sono da ritenere certamente utili, ma non risolutive: rapporto tra autorità amministrativa della concorrenza e giudice civile: la Commissione auspica un meccanismo, in linea di massima anche condivisibile, per il quale il giudice ordinario sarebbe vincolato da quanto stabilito dall'autorità amministrativa; valenza dei provvedimenti dell'autorità amministrativa di concorrenza nel giudizio civile: le risultanze dell'istruttoria dell'AGCM, per esempio, sono valutabili alla stregua di un atto 10 pubblico, ai sensi dell'art. 2700 c.c.4, oppure rappresentano solo un punto di riferimento che lascia libero l'apprezzamento del giudice5? Problematiche relative all'azione risarcitoria antitrust: azioni individuali e collettive, qualificazione e quantificazione. Questi sono alcuni dei profili critici con i quali i giudici nazionali e gli avvocati si confrontano, ed è pensando a loro che si cercherà di dare alcune risposte, o almeno delle indicazioni. 3.Gli strumenti giudiziali a disposizione del consumatore:analisi delle problematiche Anche la seconda fase della ricerca ha preso le mosse da una domanda: quali sono gli strumenti giudiziali migliori per garantire al consumatore un effettivo risarcimento del danno subìto a seguito dell'illecito concorrenziale? In questa fase l'esperienza europea è stata essenziale per rispondere, soprattutto con riferimento al tema dei ricorsi collettivi. 4 R. Bianchi, Tutela aquiliana antitrust: verso un nuovo sottosistema della responsabilità civile? In responsabilità civile e previdenza, 2007, 1616, nota a Cassazione Civile, Sez. III, 2 febbraio 2007, n.2305 5 M.Scuffi, Orientamenti consolidati e nuove prospettive della giurisprudenza italiana antitrust, in Atti del Convegno V UAE-LIDC, Antitrust fra diritto nazionale e diritto comunitario, 16-17 maggio 2002 11 Sebbene si registrino le consuete differenze tra ordinamenti nazionali, infatti, c'è una comune idea di fondo che sembra essere condivisa: i ricorsi collettivi facilitano l'accesso alla giustizia per i consumatori perché eliminano le barriere esistenti in termini di accesso, efficacia ed economicità; inoltre possono contribuire a scoraggiare le imprese dal praticare attività illegali che danno loro un vantaggio competitivo sleale a danno degli altri operatori economici. Con il Libro Verde sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori, la Commissione europea ha formulato alcune opzioni al fine di armonizzare la disciplina europea in tema di azioni collettive, lanciando una consultazione pubblica tra i soggetti interessati. Tuttavia, nel definire l'ambito di applicazione, la Commissione ha escluso il ricorso collettivo per le vittime delle infrazioni alla normativa antitrust comunitaria. Nell'idea della Commissione, pertanto, in questi casi, bisognerà predisporre "misure specifiche destinate a garantire che, sia i consumatori, che le imprese negli Stati membri dell'UE possano ottenere un risarcimento efficace per i danni subìti a seguito di violazioni della normativa comunitaria antitrust". Resta il fatto che il confine tra azioni private collettive 12 previste per le violazioni antitrust e azioni private collettive previste a favore dei consumatori appare, invero, piuttosto labile, viste le interazioni che abbiamo evidenziato in premessa. Anzi, la difficoltà di individuare un limite netto tra le due fattispecie, rende difficilmente controllabile la possibilità che vengano riproposte le stesse azioni. Sono da tempo note le difficoltà che i consumatori incontrano nell'accesso alla giustizia. Sia gli ordinamenti nazionali che la legislazione dell'Unione Europea hanno proposto alcuni modelli procedurali da sperimentare al fine di agevolare la tutela giurisdizionale degli interessi dei consumatori. L'AGCM auspica che attraverso l'introduzione di azioni collettive rappresentative, si possano tutelare anche gli interessi individuali lesi da una pratica anticoncorrenziale. E' per questa ragione che il Libro Verde invitava le parti interessate a rilasciare i propri commenti sull'opportunità di consentire alle associazioni dei consumatori di introdurre azioni risarcitorie collettive. L'introduzione di questa tipologia di azioni, tuttavia, è sempre intesa nel senso di affiancare e non già sostituire la tutela giurisdizionale individuale. Quando a seguito della pubblicazione del Libro Verde sulle azioni di risarcimento per danni derivanti da 13 violazione della normativa antitrust, si è aperta la discussione in ordine all'introduzione delle azioni collettive, la nostra Autorità di concorrenza ha suggerito di valutare accuratamente il quadro giuridico nel quale le misure proposte andrebbero ad innestarsi, per verificare altresì se "la soluzione più adeguata per assicurare un soddisfacente accesso alla giustizia per i consumatori danneggiati dagli illeciti antitrust risieda piuttosto nell'adeguamento e nel perfezionamento di meccanismi procedurali già esistenti". Tutte le difficoltà procedurali che si registrano, analizzando le modalità di accesso alla giustizia da parte dei consumatori in materia antitrust, a ben vedere, non sono una prerogativa della materia: basti pensare alla materia della pubblicità ingannevole o alle clausole abusive per incontrare ostacoli in termini di accesso alla giustizia per il consumatore finale non troppo dissimili da quelli riscontrati in materia antitrust. 4.Conclusioni Al termine di ogni ricerca ci si trova dinanzi ad un insieme di dati che sono stati raccolti durante gli anni, approfonditi, verificati, aggiornati e sistematizzati. L'auspicio,tuttavia, è quello non di 14 realizzare un lavoro meramente compilativo, ma di spingersi verso l'elaborazione di una proposta che offra soluzioni concrete ai problemi affrontati. In tale fase conclusiva del mio lavoro, pertanto, è d'obbligo cercare di rispondere agli interrogativi ed alle questioni lasciate aperte nei paragrafi precedenti. Il Libro Bianco del 2008 chiedeva sostanzialmente agli Stati membri di concretizzare, nazionalizzandole, perlopiù, le misure proposte dalla Commissione. Probabilmente, queste ultime, più che reali proposte, sono risultate essere degli auspici, finora in larga parte ignorati. Al momento, quindi, è difficile dire quale sia stato realmente l'impatto del Libro Bianco, giacchè un vero dibattito non si è mai aperto, o comunque non è mai giunto (volutamente?) ad interessare con continuità l'insieme degli operatori giuridici cui si rivolgeva. Complice della battuta d'arresto subita dal dibattito in materia di private enforcement è, senza dubbio, l'assenza di una proposta di direttiva in materia, che avrebbe, in qualche modo "costretto" gli Stati ad inaugurare il dibattito. Le linee guide sulla quantificazione del danno antitrust, di recentissima creazione, infatti, non sembrano aver sortito l'effetto di ravvivare la discussione. Probabilmente, la 15 produzione di documenti non vincolanti ma meramente operativi, consente di affrontare, per certi versi, i problemi, senza i turbamenti che deriverebbero da soluzioni vincolanti. Si tratta del consueto dibattito in termini di qualità ed efficacia su strumenti di soft law e strumenti hard law. Tuttavia, la materia della concorrenza, tradizionalmente affidata alla mano pubblica, anche (e,forse, a maggior ragione) nelle controversie tra privati, abbisogna di regole certe ed il più possibile armonizzate, stante la frequenza delle operazioni transfrontaliere realizzate dalle imprese. Come si è avuto modo di analizzare, alcuni aspetti problematici della materia del private enforcement si ripropongono prepotentemente all'attenzione degli interpreti, giacchè restano a tutt'oggi insoluti. Tanto è vero che queste criticità rivivono e si scontrano con l'inevitabile impreparazione degli operatori giuridici pratici. Esistono aspetti della materia, che continuano ad essere discussi, senza approdare a soluzioni realmente soddisfacenti. Infatti, come testimoniano nei casi italiani le pronunce a Sezioni Unite della Suprema Corte, esistono orientamenti giurisprudenziali configgenti su questioni di importanza sostanziale. 16 Queste incertezze, sommate alle inefficienze del nostro sistema giudiziario ed ai costi, ancora elevati, delle azioni risarcitorie, non possono che costituire il disincentivo maggiore alla diffusione del private antitrust enforcement. Uno degli aspetti di maggiore problematicità in materia, riguarda la vincolatività delle decisioni delle autorità amministrative di concorrenza. Come è noto, le maggiori resistenze ad ammetterne l'effetto vincolante, dipendono dal valore che in ciascun ordinamento viene attribuito all'accertamento dei fatti nel processo. E' evidente, infatti, che più si attribuisce valore a quanto viene accertato all'interno del processo ordinario, meno si può essere disposti ad attribuire efficacia vincolante a quanto verificato dall'autorità amministrativa. A parere di chi scrive, una soluzione piuttosto equilibrata, dovrebbe anzitutto scindere i casi di azioni follow-on, dai casi, c.d. stand-alone: per le prime,infatti, una volta emesso il provvedimento di condanna da parte dell'autorità antitrust, confermato anche dal giudice competente, nel caso venga successivamente impugnato, non dovrebbero sorgere particolari problemi al momento di riconoscerne il valore vincolante nell'accertamento della condotta da cui tra origine la domanda risarcitoria. 17 Per le azioni stand-alone, invece, una volta avviato il giudizio ordinario, sarebbe auspicabile l'avvio dell'istruttoria antitrust dinanzi all'autorità amministrativa competente. Anche il problema della sospensione del procedimento relativo alla domanda risarcitoria, è da sempre affrontato dal punto di vista dell'ingerenza dell'autorità antitrust nella decisione del giudice ordinario. Tuttavia, come si diceva, l'aspetto davvero importante dovrebbe essere la coerenza del sistema, che, dinanzi alla domanda di giustizia del cittadino consumatore, si deve porre necessariamente come unitario. La sospensione, pertanto, dovrebbe essere un obbligo per il giudice ordinario, in attesa delle risultanze dell'istruttoria condotta dall'autorità garante e del conseguente provvedimento. Non è corretto,infatti, a parer mio, ricercare la soluzione del problema prendendo le mosse dalle eventuali deviazioni patologiche del sistema nel caso di sospensione obbligatoria del giudizio ordinario: piuttosto, si potrebbe immediatamente optare per sancire la sospensione obbligatoria, arginando eventuali problemi di uso dello strumento a fini dilatori mediante l'apposizione di termini. Altro tema di discussione riguarda la necessità o meno di istituire sezioni specializzate per le domande risarcitorie antitrust. 18 C'è da dire, però, che nel caso italiano la competenza giurisdizionale per le domande risarcitorie antitrust, presenta già un'organizzazione del tutto peculiare, forse non del tutto rispondente alle esigenze di certezza ed economicità dell'azione. Piuttosto, ciò che risulta essere veramente necessario è garantire una preparazione adeguata degli organi giudicanti in relazione alla complessità della materia e pensare, magari, all'impostazione di un giudizio che si svolga in un unico grado, soluzione peraltro largamente condivisa sul panorama europeo. Vendendo al tema dei danni, stanti le difficoltà insite nella quantificazione del loro ammontare ed i costi legati ad una perizia economica volta alla determinazione degli stessi, si dovrebbe sempre garantire la possibilità di un risarcimento in via equitativa, anche a fronte del fatto che, di solito, si tratta di controversie di modesta entità, se le istanze vengono considerate isolatamente. E' difficle, infatti, immaginare un consumatore, che , incardinata un'azione risarcitoria antitrust intenda farsi carico dei costi di una perizia tecnica che quantifichi il danno subito in base a precisi calcoli econometrici o si avvalga dei non semplici metodi esaminati dalla Commissione europea nello studio sulla quantificazione del danno antitrust. Probabilmente, una quantificazione del danno il più aderente alla 19 realtà del suo preciso ammontare, diverrebbe possibile se il calcolo venisse operato a monte, trattandosi di un danno diffuso; però è evidente che al momento di liquidare le somme a ciascun istante, a meno che non si voglia procedere ad un calcolo "personalizzato", la somma tornerebbe ad essere forfettaria. La prova del danno, invece, lungi dal potersi considerare in re ipsa, come ha correttamente la nostra Corte di legittimità, dovrebbe potersi comunque presumere una volta accertata l'illiceità del comportamento anticoncorrenziale, ferma restando la possibilità per il convenuto di superare questa presunzione, provando che il pregiudizio subito dal consumatore si è prodotto come conseguenza di fatti diversi dal comportamento anticoncorrenziale. Quanto ai costi dell'azione, infine, è innegabile che di fatto, costituiscano l'elemento di maggior disincentivo alla proposizione di azioni risarcitorie antitrust. Tuttavia, evitare i costi di una perizia per quantificare l'ammontare del danno subito, far fronte ad un giudizio in un unico ed aggregare le istanze in un'azione di classe, potrebbero già costituire dei validi incentivi. Il private enforcement, però, costituisce anzitutto un modo di operare che coinvolge non solo gli strumenti che si possono mettere a punto, ma soprattutto il modo stesso di pensare. 20 E' per questa ragione che, la ricerca appena conclusa ha evitato quanto più possibile il tradizionale confronto Europa-Stati Uniti: perché se si rimane all'interno dei confini istituzionali, per così dire, i paragoni sono ancora possibili, per così dire, i paragoni sono ancora possibili, come si è avuto modo di leggere nelle pagine che precedono, ma non sono utili. Anzi, possono addirittura risultare fuorvianti, perché se il confronto effettivo non coinvolge anche le relazioni di potere ed i modi di pensare, il suo valore risulta di gran lunga minore, specie per quelli che sono gli scopi della ricerca, che ne risulterebbero inevitabilmente frustrati. Probabilmente sino a quando le istituzioni deputate ad assumere le decisioni di politica legislativa in materia non prenderanno in considerazione la relazione esistente tra caratteristiche del private enforcement e strumenti già presenti all'interno dei propri sistemi, le azioni private antitrust conosceranno in Europa solo il lento sviluppo che le ha caratterizzate sin dal loro sorgere. Diversamente, infatti, si continuerà ad assistere ad una "resistenza sistemica" nei confronti di ogni tentativo di promozione delle azioni private antitrust. 21 Bibliografia AMATO G., Tutela della concorrenza e tutela dei consumatori- Due fini configgenti?, in Mercato Concorrenza e Regole, n.2 2009 P.381 BIANCHI R., Tutela aquiliana antitrust: verso un nuovo sottosistema della responsabilità civile? In responsabilità civile e previdenza, 2007, 1616, nota a Cassazione Civile, Sez. III, 2 febbraio 2007, n.2305 DENOZZA F., Tutela della concorrenza e tutela dei consumatori- Due fini configgenti?, in Mercato Concorrenza e Regole, n.2 2009 P.381 NICITA A., Tutela della concorrenza e tutela dei consumatori- Due fini configgenti?, in Mercato Concorrenza e Regole, n.2 2009 P.381 SCUFFI M., Orientamenti consolidati e nuove prospettive della giurisprudenza italiana antitrust, in Atti del Convegno V UAE-LIDC, Antitrust fra diritto nazionale e diritto comunitario, 16-17 maggio 2002 SHWEITZER H. , Tutela della concorrenza e tutela dei consumatoriDue fini configgenti?, in Mercato Concorrenza e Regole, n.2 2009 P.381 STRALLIBRAS D., Tutela della concorrenza e tutela dei consumatori- Due fini configgenti?, in Mercato Concorrenza e Regole, n.2 2009 P.381 22 23