Compensazione legale e credito sub iudice.

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Compensazione legale e credito sub iudice.
Compensazione legale e credito sub iudice.
Nota a Cass. civ., sez. III, ord. 11.9.15, n.18001, Pres. Salmè, Est. Vivaldi
di Filomena Naldi
1. Premessa. I termini della questione
Con ordinanza dell’11.9.2015 n.18001 la Terza Sezione Civile della Corte di
Cassazione, rilevando un contrasto giurisprudenziale in merito, ha rimesso al Primo
Presidente della Corte, ai fini di una eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la
delicata questione concernente l’operatività della compensazione legale qualora uno
dei crediti sia ancora “sub iudice”, ovvero accertato giudizialmente, ma con sentenza
non ancora passata in giudicato.
Questo, in sintesi, il fatto storico dal quale trae origine la questione: in un giudizio di
opposizione a precetto veniva dichiarato estinto il credito della società opposta per
compensazione con altro credito che la società opponete vantava verso di essa, sebbene
detto controcredito difettasse del requisito della certezza, poiché fondato su sentenza
non ancora passata in giudicato. La decisione veniva poi confermata in sede di appello
e contro di essa la società opposta proponeva Ricorso per Cassazione, in sostanza
rilevando e dolendosi che non poteva farsi luogo a compensazione legale poiché il
credito opposto in compensazione difettava del necessario requisito della certezza, in
quanto fondato su sentenza non ancora passata in giudicato ed, ancora, che la prova del
passaggio in giudicato spettasse alla società opponente diversamente da quanto
affermato dalla sentenza impugnata.
La citata ordinanza espone, dunque, presupposti e modalità operative della
compensazione legale alla luce dei “costanti principi più volte ribaditi dalla Corte di
legittimità” in materia, per poi rilevare che essi “sembrano esser posti in dubbio” da
una recente sentenza della Corte stessa (n. 23573 del 2013), la quale ha affermato che
“la circostanza che l’accertamento di un credito risulti sub iudice non è di ostacolo alla
possibilità che il titolare lo opponga in compensazione al credito fatto valere in un
diverso giudizio dal suo debitore. In tal caso, se i due giudizi pendano dinnanzi al
medesimo ufficio giudiziario, il coordinamento tra di essi deve avvenire attraverso la
loro riunione, all’esito della quale il giudice potrà procedere nei modi indicati dall’art.
1243 co. 2 c.c. Se, invece, pendono dinanzi ad uffici diversi (e non risulti possibile la
rimessione della causa, ai sensi dell’ art. 40 c.p.c. in favore del giudice competente per
la controversia avente ad oggetto il credito eccepito in compensazione), ovvero il
1
giudizio sul credito eccepito in compensazione penda in grado di impugnazione, il
coordinamento dovrà avvenire con la pronuncia, sul credito principale, di una
condanna con riserva all’esito della decisione sul credito eccepito in compensazione e
contestuale rimessione della causa nel ruolo per decidere in merito alla sussistenza
delle condizioni per la compensazione, seguita da sospensione del giudizio ex art. 295
c.p.c. o ex art. 337, co. 2 c.p.c., fino alla definizione del giudizio di accertamento del
controcredito”.
2. Compensazione legale e certezza processuale del credito: la posizione della
giurisprudenza
Per meglio inquadrare la questione problematica al vaglio degli Ermellini, appare a
questo punto utile una, sia pur breve, disamina dell’istituto in argomento.
Come noto, la compensazione legale è una delle tre forme di compensazione previste
dal nostro ordinamento agli artt.1241 ss. c.c.
Modo di estinzione dell’obbligazione diverso dall’adempimento ed a carattere
satisfattorio, la compensazione si verifica quando due persone sono obbligate l’una
verso l’altra1, estinguendo i due debiti per le quantità corrispondenti (art 1241 c.c.).
La compensazione è, dunque, tecnicamente l’elisione di due reciproche obbligazioni
(reciprocità dei debiti) fino al limite della loro concorrenza, e realizza altresì il
soddisfacimento di ciascun creditore, pur senza l’attuazione dell’obbligo da parte del
debitore, consentendogli il conseguimento di un interesse diverso e succedaneo rispetto
a quello originario, ed identificabile con l’interesse ad essere liberato dal proprio debito
( in ciò rinvenendosi il carattere satisfattivo di essa).
Due sono le ragioni che reggono il meccanismo de quo: da una parte esso corrisponde
ad una elementare esigenza di economia dei mezzi giuridici, essendo inutile dar luogo
a due adempimenti reciproci che possono evitarsi; dall’altra disvela un criterio di
garanzia della realizzazione del credito2 ed un principio di autotutela, consentendo ad
un soggetto, che si trovi ad essere all’un tempo debitore e creditore verso la stessa
1
Va specificato che le norme sulla compensazione presuppongono l’autonomia dei due diversi rapporti di debitocredito, ossia la necessità che essi sorgano da titoli distinti. Si parla, infatti, di compensazione impropria o atecnica nel
caso in cui crediti e debiti ineriscano allo stesso rapporto, poiché in tale ipotesi la loro elisione è frutto di un mero
conteggio contabile di dare e avere.
2
In tal senso v. GAZZONI ,Manuale di diritto privato,XV ed.,Edizioni scientifiche Italiane,592
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persona, di tutelarsi preventivamente non eseguendo la propria prestazione e, di contro,
di avvalersi della compensazione qualora tema un futuro inadempimento.
Il nostro ordinamento prevede tre tipi di compensazione, legale, giudiziale e volontaria,
che si differenziano quanto a presupposti e modalità operative.
La compensazione legale è la compensazione che ha luogo di diritto, ope legis, quando
si tratta di debiti omogenei, liquidi, esigibili e certi3 (art 1243 co. 1 c.c.): in tal caso, e
come meglio si dirà in seguito, il meccanismo estintivo opera in virtù e per il semplice
fatto oggettivo della coesistenza dei due debiti reciproci (compensatio necessaria est),
sebbene sia precluso al giudice rilevarla d’ufficio, essendo all’uopo necessaria
un’apposita eccezione4 della parte ( art. 1241c.c.) che manifesti l’intento di avvalersi
della compensazione stessa5.
La sentenza che la accerta ha, pertanto, natura meramente dichiarativa, poichè con essa
il giudice si limita a rilevare un fatto già verificatosi, l’avvenuta compensazione, ed
opera ex tunc sin dal giorno della coesistenza dei due debiti. Del resto il fatto che
l’effetto estintivo si produca sin dal momento della coesistenza dei due debiti è
confermato dalla previsione del comma secondo dell’art.1242 c.c. a tenore del quale la
prescrizione non impedisce la compensazione, se non era compiuta quando si è
verificata la coesistenza dei debiti.
La compensazione è, invece, giudiziale quando uno dei debiti (o entrambi), pur essendo
omogeneo (rispetto a quello azionato) ed altresì esigibile, difetti del carattere della
liquidità, ma sia tuttavia di facile e pronta liquidazione: in questo caso la
compensazione non avviene di diritto, ma è l’ effetto della sentenza del giudice che
può dichiarala, sempre su eccezione della parte interessata, questa volta con effetto ex
nunc, per la parte del debito che riconosce esistente; inoltre il giudice può anche
sospendere la condanna al pagamento del debito liquido fino all’accertamento del
3
C. M. BIANCA,Diritto civile IV,l’obbligazione,Milano ,Giuffrè 1993,481.
La previsione testuale della non rilevabilità ufficiosa della compensazione legale ha dato luogo ad un complesso
dibattito circa la reale configurazione della modalità operativa di essa, inducendo parte della dottrina a ritenere che la
coesistenza dei debiti non sia sufficiente a produrre l’estinzione di essi, essendo di contro necessaria altersì l’apposita
eccezione processuale. Altra parte della dottrina e la giurisprudenza ammettono, invece, in ossequio al dato letterale,
l’immediata efficacia estintiva sin dal momento della coesistenza dei crediti, opinando, essenzialmente, che la non
rilevabilità officiosa esprima piuttosto l’idea di lasciare alla valutazione del privato la scelta se usufruire o meno di un
effetto estintivo comunque già prodottosi, e cioè poiché solo la parte interessata può valutare il proprio interesse ad
adempiere.
5
Al di fuori del processo non può ritenersi sussistente l’onere di un’eccezione sostanziale di compensazione:la parte
che intenda valersi dell’effetto estintivo ben potrà manifestare tale volontà all’altra, fermo restando che, da una parte
ciò non incide sull’effetto estintivo stesso che scaturisce comunque dalla mera coesistenza dei rapporti obbligatori,
dall’altra resta pur sempre fermo l’onere di eccepire la compensazione in giudizio qualora la vicenda si sposti in sede
processuale.
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credito opposto in compensazione ( art 1243 co.2 c.c.)6. Con tutta evidenza in tale
ipotesi la sentenza avrà efficacia costitutiva dell’effetto estintivo.
In sostanza la differenza tra le due forme di compensazione esaminate sta in ciò, che
in quella legale il carattere di liquidità dei crediti è anteriore alla lite e, dunque, può
definirsi sostanziale, mentre in quella giudiziale il credito opposto in compensazione
non è liquido, ma lo diviene solo a seguito della valutazione giudiziale e, pertanto, gli
effetti di essa non retroagiscono al momento della coesistenza dei due debiti.
Infine, si definisce volontaria o negoziale la compensazione che si realizza per accordo
delle parti, laddove non ricorrano i requisiti necessari per l’operare delle altre due
forme di compensazione ( art 1252 c.c.). In tale evenienza l’elisione dei reciproci debiti
sarà, dunque, il prodotto della stipula di un contratto.
Venendo, in particolare, alla compensazione legale, che qui principalmente interessa,
tre sono i presupposti7 richiesti espressamente della legge ai fini della sua operatività:
l’omogeneità, la liquidità e l’esigibilità dei debiti reciproci.
L’omogeneità dei debiti implica i debiti abbiano ad oggetto somme di denaro ovvero
quantità di cose fungibili dello stesso genere, poiché solo in tal modo essi si presentano
come comparabili.
La liquidità si ha quando il debito è nel suo ammontare determinato o comunque
facilmente determinabile mediante operazioni di mero calcolo aritmetico. Con ogni
evidenza l’illiquidità, e dunque l’incertezza sull’ammontare del debito, preclude la
compensazione legale, essendo incerta la misura dell’estinzione, ma non impedisce
quella giudiziale, come si è visto, non comportando incertezza circa la fonte
dell’obbligazione.
Va, peraltro, rilevato che parte della dottrina8 identifica (rectius associa) il requisito
della liquidità a quello della certezza del debito in senso soggettivo, ossia alla
mancanza di contestazione dello stesso, definendo liquido9 il credito che esiste, è certo
ed è determinato nell’ammontare.
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La disciplina della compensazione giudiziale tende al contemperamento di due opposti interessi:quello del titolare
del credito liquido a non attendere la liquidazione del debito illiquido oppostogli in compensazione quando questa
appaia complessa;quello del titolare del credito illiquido a non effettuare il pagamento qualora, di contro, la
liquidazione appaia pronta e facile.
7
Va sottolineato che la giurisprudenza costantemente afferma che i due debiti devono essere altresì autonomi ossia
scaturenti da titoli diversi (Cass.10.2.2003,n.1955).
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V. in tal senso GAZZONI op. cit.
9
Secondo PERLINGIERI, Dei modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento, è liquido il credito certus
an, quid,quale, quantum debeatur,intendendo per certus an, che “non è liquido il debito contestato, che non
qualunque contestazione toglie la certezza, ma solo quella seria”. Invero non è sufficiente una incertezza soggettiva o
4
Invero, mancando specifiche indicazioni normative, si è discusso sull’esatto significato
del concetto di liquidità. Secondo un certo orientamento dottrinario è liquido il credito
che si presenti non solo determinato nel suo ammontare, ma altresì incontroverso nel
titolo, il che equivale a dire che il credito è liquido quando è certo, ossia definitivamente
accertato con sentenza passata in giudicato, ovvero non processualmente contestato.
Per altra impostazione, invece, la valutazione circa la ricorrenza del carattere di
liquidità del credito va effettuata alla stregua di criteri puramente obiettivi avendo
riguardo a quanto risulta dal titolo costitutivo.
Anche in giurisprudenza si è talora qualificato come illiquido il credito contestato
sottolineando che la contestazione, a meno che non appaia palesemente infondata e
pretestuosa, priva il credito del carattere della liquidità10.
L’esigibilità comporta che i debiti non debbano essere sottoposti né a termine, né a
condizione sospensiva e, altresì, non debbano derivare da obbligazioni naturali.
Ma tra i presupposti necessari per l’operare del meccanismo compensativo di fonte
legale da sempre si annovera, altresì, la certezza dei debiti reciproci, quale requisito
indefettibile, sebbene non espressamente stabilito dal legislatore, diversamente da
quanto accade per l’omogeneità, la liquidità e l’esigibilità.
Il debito è certo quando concerne rapporti non condizionali, precisamente non
sottoposti a condizione sospensiva, ed altresì quando vi sia determinatezza circa i
soggetti e l’oggetto del rapporto. In sostanza vi sarebbe incertezza qualora la
determinazione del rapporto stesso fosse rimessa all’esercizio di poteri discrezionali o
a fattori incerti11.
Va, tuttavia, rilevato che pressoché unanime giurisprudenza richiede, altresì, come si
vedrà e come rilevato dalla ordinanza in commento, anche la certezza c.d. processuale
del credito per l’operare della compensazione legale: è cioè necessario si tratti di
rapporti accertati con sentenza passata in giudicato, o comunque non contestati
processualmente.
Ed invero costantemente si afferma che “l’estinzione per compensazione legale dei due
debiti (art.1242 c.c.) postula non solo la liquidità ed esigibilità degli stessi, ma anche
la loro certezza, e di tale carattere difetta il credito riconosciuto da una sentenza o da
altro titolo, provvisoriamente eseguibile, poiché la provvisoria esecutività facoltizza
una semplice contestazione per far venir meno il carattere di liquidità del credito, tale precisazione permette di
cogliere la differenza tra la compensazione legale e quella giudiziale, ricorrendo la prima di esse allorquando il giudice
accerti che il credito era ab origine determinato nel suo ammontare malgrado la contestazione di una delle parti.
10
Cass. Sez. Un 5.6.75,n.2234, Cass.15.7.1982,n.4161.
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In tal senso C. M. BIANCA, op. cit.
5
solo la temporanea esigibilità del credito (determinato nel suo ammontare), ma non ne
comporta la irrevocabile certezza.”12 Da quanto affermato discende, dunque, che
“quando vengono in questione due crediti ( o debiti) sanzionati da un titolo giudiziario
non definitivo, ancorché provvisoriamente eseguibile, l’eventualità che il titolo
giudiziario cada o venga modificato per effetto dell’impugnazione esperita o esperibile
impedisce l’operatività della compensazione, la quale, essendo un mezzo di estinzione
delle obbligazioni, postula il definitivo accertamento delle obbligazioni da estinguere
e non è applicabile a situazioni provvisorie”13.
Appare, dunque, evidente, alla stregua della citato orientamento, che qualora sia in
corso un accertamento giudiziale sull’esistenza del debito e non si sia ancora giunti ad
una sentenza incontrovertibile, la situazione di coesistenza dei debiti non è definitiva,
ma suscettiva di modificazione, con conseguente impossibilità del prodursi dell’effetto
estintivo della compensazione legale in ragione della mancanza del carattere di
certezza del debito.
Ancora, la suddetta impostazione implica che affinché sia eccepibile la compensazione
legale è necessario che ricorra il requisito della certezza dei reciproci crediti, così come
sopra delineato, per tal via escludendo la deducibilità in compensazione di un credito
sub iudice in un giudizio, in altro separato giudizio in cui venga fatto valere un
controcredito.
Né, del resto, in una siffatta ipotesi sarebbe possibile invocare l’operatività del diverso
meccanismo della compensazione giudiziale ex art. 1243 co. 2 c.c., poiché consolidata
giurisprudenza afferma che essa “presuppone che l’accertamento del controcredito
avvenga da parte dello stesso giudice innanzi al quale la compensazione è fatta valere,
mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato
giudizio in corso, in quanto tale credito non è liquidabile se non in quella sede. In tale
ipotesi resta, pertanto, esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione
sul credito oggetto della domanda principale e va parimenti esclusa l’invocabilità della
sospensione contemplata in via generale dall’art. 295 c.p.c. o dall’art. 337 secondo
comma c.p.c., in considerazione della prevalenza della disciplina speciale del citato
art.1243”14.
Secondo il suddetto orientamento tanto discende, tra l’altro,dalla considerazione che
la sospensione contemplata dal comma 2 dell’art.1243c.c. non è identificabile con il
provvedimento ex 295 c.p.c., ma consiste semplicemente nel ritardare la decisione sul
12
Cass.13.5.1987,n.4423, con precedenti tutti conformi.
Cass.6.12.1974,n.4074.
14
Cass. .n.325 del 1992; Cass. n.8838 del 2001 e Cass. n.9904 del 2013
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credito oggetto di domanda, il che, a sua volta, presuppone che il giudice adito abbia
ritenuto la pronta e facile liquidabilità del credito eccepito in compensazione,
valutazione che, con ogni evidenza, gli è preclusa laddove si tratti di situazioni dedotte
in un giudizio pendente di fronte ad altro giudice.
Tuttavia circa l’indefettibilità del requisito della certezza in senso processuale del
credito, non sono, invero, mancate voci contrarie in dottrina rilevandosi che le
condizioni richieste ex lege per l’operare del meccanismo compensativo vanno valutate
in modo puramente obiettivo, prescindendo dalle eventuali contestazioni dei rapporti,
il cui intervento rende solamente necessaria l’attività di accertamento del giudice15.
3.Il nuovo orientamento giurisprudenziale: il credito sub iudice è opponibile in un
diverso giudizio.
Su questa scia pare collocarsi, in verità, la sentenza della Corte di Cassazione (n. 23537
del 2013), richiamata nell’ordinanza in commento quale pronuncia che si pone in
frizione con i consolidati principi in materia di compensazione legale.
Dal complesso tessuto argomentativo di detta decisione, che invero presta maggiore
rilievo ai profili processuali ed ai meccanismi giuridici a disposizione del giudice per
coordinare i due procedimenti aventi ad oggetto credito e controcredito, si evince, in
sostanza, che per individuare il momento della coesistenza dei due crediti reciproci, e
dunque, per così dire, il momento “genetico”della compensazione, non si deve far
riferimento a quello del verificarsi della certezza processuale, ossia al passaggio in
giudicato della sentenza che accerta la fattispecie costitutiva del controcredito, poiché
un siffatto ragionamento altera i rapporti tra diritto sostanziale e processuale.
In altre parole, sottolinea la corte di legittimità, i tre presupposti alla cui ricorrenza
l’ordinamento subordina l’operatività della compensazione a livello di diritto
sostanziale, ovvero la certezza dei crediti (intesa come liquidità), l’omogeneità e la
coesistenza, sono del tutto indipendenti dalla vicenda processuale “trovando riscontro
nel dato sostanziale, che da quella deve essere solo accertato”.
In particolare, si afferma chiaramente che “ l’accertamento sotteso alla cosa giudicata
in punto di certezza, cioè di incontestabilità del controcredito per essere
definitivamente acclarata l’esistenza della sua fattispecie costitutiva, non aveva alcun
rilievo ai fini dell’individuazione della coesistenza dei due crediti: tale coesistenza,
infatti, si correlava alla contemporanea operatività della fattispecie costitutiva dei due
15
In tal senso opina lo SCHLESINGER,Compensazione(diritto civile),in NDI,III.
7
crediti a livello sostanziale, mentre l’accertamento giudiziale di ognuna di esse non
aveva alcuna incidenza ai fini di detta operatività”.
In altre parole, e come rilevato dall’ordinanza di rimessione, la sentenza de qua lascia
intendere che i presupposti per l’operatività della compensazione ex artt. 1242 e 1243
c.c. poggino sulla omogeneità e sulla coesistenza delle fattispecie costitutive.
Ne discende la possibilità di opporre in compensazione anche il credito che sia sub
iudice, sol che ricorrano le condizioni di omogeneità e coesistenza, condizioni che, a
parere dei giudici di legittimità, sono supposte altresì dal secondo comma dell’art. 1243
c.c. che disciplina la compensazione giudiziale.
Del resto, rileva la Corte, l’art. 35 c.p.c.16 contiene elementi decisivi per risolvere il
problema della deducibilità in compensazione del credito su cui penda altro giudizio,
poiché con esso si ammette la possibilità che, una volta eccepito in compensazione un
credito che ecceda la competenza per valore del giudice adito, questo venga contestato
dall’attore e, ciononostante, resti ammissibile l’operare del meccanismo compensativo
secondo le regole dettate dalla stessa norma.
Risulta, allora, difficile giustificare ragionevolmente la non deducibilità in
compensazione di un controcredito che sia già sub iudice in altro giudizio pendente
dato che in tal caso, in sostanza, la contestazione viene solo ad essere “rinnovata” nel
giudizio in cui esso viene eccepito. Ed invero, una simile conclusione, opinano i giudici
di legittimità, con conseguente impossibilità di dedurre il credito controverso in
compensazione, comporterebbe non solo una irragionevole disciplina processuale con
lesione del diritto di difesa, ma altresì una irragionevole disciplina di diritto sostanziale
trattandosi, in definitiva, diversamente situazioni aventi lo stesso presupposto, ovvero
la contestazione del controcredito, e ciò senza che sia dato rinvenire una ragione
giustificativa, posto che il dato della pendenza di altro processo sul credito eccepito in
compensazione non è di per sé idoneo a giustificare tale disparità essendo, di contro,
presenti nell’ordinamento i meccanismi necessari a risolvere e gestire l’ipotesi in
esame.
Difatti gli artt. 1243 c.c. e 35 c.p.c offrono regole idonee ad orientare il giudice nella
gestione della situazione in cui viene a trovarsi nel caso in cui sia dedotto in
compensazione un credito già oggetto di altro giudizio, potendosi far luogo a due
16
Ai sensi dell’art.35 c.p.c., il quale disciplina l’eccezione di compensazione,”quando è opposto in compensazione un
credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, questi, se la domanda è fondata su un
titolo non controverso o facilmente accertabile,può decidere su di essa e rimettere le parti al giudice competente per
la decisione relativa all’eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre,l’esecuzione della sentenza alla
prestazione di una cauzione;altrimenti provvede a norma dell’articolo precedente.”
8
differenti soluzioni: se il giudizio sul controcredito pende davanti allo stesso ufficio
giudiziario si farà luogo alla riunione ex art 274 c.p.c., così creandosi una situazione
identica a quella di cui al 1243 comma secondo c.c., con “la sola (irrilevante)
particolarità temporale che la contestazione del controcredito era già in essere e non si
esprime all’atto in cui la compensazione viene invocata”; se, invece la riunione non
sia possibile, ed altresì se i giudizi pendano innanzi ad uffici diversi (e non risulti
praticabile la rimessione ex art 40 c.p.c.), ovvero il giudizio sul controcredito penda in
grado di impugnazione, il giudice dovrà pronunciare sul credito principale condanna
con riserva all’esito della decisione sul controcredito in compensazione, con
sospensione del giudizio fino alla definizione del giudizio di accertamento del
controcredito.
In sostanza, secondo i giudici di legittimità “ancorchè la norma dell’art. 1243 non lo
dica, l’unica condizione che deve sempre guidare il giudice << …..>> è una
valutazione positiva sulla stessa configurabilità della compensabilità quanto al
presupposto di cui all’ art.1241 c.c., cioè quello della (loro) omogeneità, mentre la
valutazione sulla liquidità del credito di cui residua l’accertamento e quella sulla
coesistenza con il credito principale accertato rimane demandata alla decisione
successiva”.
Tale essendo l’attuale quadro giurisprudenziale, rilevando un contrasto circa la
possibilità di opporre in compensazione un credito sub iudice, la Corte di Cassazione
ha rimesso, come detto, gli atti al Primo Presidente sottolineando come i principi
espressi dalla recente decisione della Corte di Cassazione sembrino porre nel dubbio
quelli più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità, ed alla stregua dei quali
l’operatività della compensazione legale è impedita qualora uno dei crediti sia ancora
sub iudice.
4. Conclusioni …. aspettando le Sezioni Unite
Invero, se a giustificazione e fondamento dell’orientamento tradizionale milita la
circostanza che, essendo la compensazione un modo di estinzione delle obbligazioni,
è necessario che i reciproci crediti risultino definitivamente accertati e non suscettivi
di modificazioni, a favore della più recente posizione giurisprudenziale può, come del
resto si evidenzia nella citata sentenza della Corte di Cassazione, rilevarsi che la
compensazione è altresì mezzo di difesa contro l’altrui pretesa creditoria, la cui
operatività dipende da presupposti di stampo sostanziale, che sono indipendenti dalla
vicenda processuale, e che nel processo vanno solamente accertati.
9
Pertanto, escludere la possibilità di opporre in compensazione il credito sub iudice
comporterebbe una lesione del diritto di difesa ex art 24 Cost., senza che sia dato
rivenire una ragionevole giustificazione, posto che nell’ordinamento esistono, come
visto, degli strumenti idonei alla gestione dell’ipotesi in esame.
In sostanza risulterebbe irragionevole consentire l’operatività del meccanismo
compensativo di fronte ad una contestazione nuova del controcredito opposto (ipotesi
disciplinata dall’art. 35 c.p.c.), e che impone di iniziare ex novo l’attività di
accertamento del credito stesso e, di contro, negarla quando la contestazione non è
nuova, ma già in essere, stante la pendenza di un processo sul controcredito, a maggior
ragione laddove sia già intervenuta una sentenza che accerta il credito opposto,
sebbene non ancora in via definitiva.
Inoltre va rilevato che, a fronte di un orientamento dottrinario17 che ritiene una sentenza
in primo grado e provvisoriamente eseguibile non sufficiente ad attribuire al credito la
qualifica della certezza, non manca chi opina in senso contrario18.
Sulla base di tali premesse ermeneutiche pare ragionevole attendersi un revirement
giurisprudenziale da parte delle Sezioni Unite a favore del nuovo orientamento emerso
in giurisprudenza, anche alla luce dei principi di effettività della tutela e di
concentrazione delle decisioni19, indicati di recente proprio dalla Suprema Corte quali
“valori funzionali del processo”.
Si tratta di principi che devono permeare l’intero sistema processuale 20 e rispetto ai
quali sia il legislatore che la giurisprudenza si stanno mostrando sempre più sensibili.
Ed invero la soluzione fornita dalla Corte di cassazione n. 23573 del 2013, attraverso
il richiamo ai meccanismi della riunione e della rimessione ( e della sospensione quale
extrema ratio), da un lato valorizza la realizzazione del simultaneus processus,
espressione del principio di economia dei mezzi processuali, dall’altro consente un
pieno ed effettivo esercizio del diritto di difesa alla parte che deduce in compensazione
un credito già sub iudice.
A ben vedere, come inizialmente rilevato, si tratta delle medesime istanze sottese alla
compensazione stessa: infatti, se da una parte essa consente l’economia dei mezzi
giuridici, evitando che siano posti in essere due adempimenti reciproci , dall’ altra
fornisce, altresì, un efficace strumento di difesa contro l’altrui pretesa creditoria, la cui
17
RAGUSA-MAGGIORE, Compensazione (diritto civile) in Enc.dir.,VIII
PERLINGIERI, op.cit
19
Il riferimento è a Cass. Sez. Un. 12.12.2014,n.26242 in tema di rilievo d’ufficio della nullità
20
Sul tema si veda M. SANTISE,Coordinate ermeneutiche di diritto civile. Aggiornamento 2015, Giappichelli.
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10
operatività non può arrestarsi di fronte a contestazioni del credito opposto (in
compensazione), né se queste siano nuove, né se siano già in corso in altro processo
pendente, posto che tale evenienza ha il mero effetto processuale di imporre al giudice
i necessari accertamenti.
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