Lettera a mia figlia sull`amore
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Lettera a mia figlia sull`amore
IN REGALO L’INSERTO ILLUSTRATO L’ANGELO DELLA FAMIGLIA Anno III • Num. 45 (148) Settimanale del 7 novembre 2015 • € 1,90 Num. 148 - 7 novembre 2015 Lettera a mia figlia sull’amore In un libro dedicato alla piccola Beatrice, il cantautore Nek racconta di gioie, passioni, dolori e difficoltà della vita dal 9 al 13 novembre Cinque vie per tornare umani La Chiesa italiana riflette e progetta nel corso del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze le parole del pontefice Bandire le armi, fermare la violenza Bergoglio evoca “il dolore e le sofferenze” provocati dalla guerra in chi la subisce, ma anche in chi la combatte 148_B.indd 1 Forte dopo il buio Bulimia e anoressia ne segnano la giovinezza. Grazie all’aiuto dei suoi familiari, Filomena oggi è una campionessa Storie di sentimenti Mapi, moglie di Claudio Cecchetto, parla con i futuri sposi e ne trascrive le emozioni prima del matrimonio 29/10/15 17:35 Prima pagina Editoriale Visto da me Riflettere su verità Un nuovo linguaggio per il prossimo decennio e vissuto CONVEGNO ECCLESIALE DI FIRENZE I tempi cambiano, ma il messaggio evangelico è imperituro, valido per ogni stagione, resistente alla mutevolezza della cultura e dei costumi. Questo perché Gesù, col suo annuncio, ha messo in luce ciò che l’uomo ha dentro di sé per natura: la propensione all’amore. Qualcuno obietterà che non è affatto così, che la quotidianità, con le sue cronache e i suoi avvenimenti, smentisce questa affermazione e che è solo la Chiesa ad avere una visione così romantica dell’uomo e della vita. Allora lascio stare la religione e il cattolicesimo e mi rivolgo alla scienza per suffragare la controversa tesi, prendendo in prestito le parole di Giacomo Rizzolatti, il padre di una scoperta neurologica davvero importante: quella dei neuroni specchio. Cosa sono? Sono i neuroni grazie ai quali un’azione o un gesto vengono trasformati, in chi li vede fare, da una dimensione sensoriale ad una motoria. Il mensile Wired li ha spiegati così: “cellule nervose motorie che risuonano nel nostro cervello proprio Sacerdote come se a compiere [i] gesti [che vediamo fare agli rogazionista, altri] fossimo noi”. Questa scoperta, applicata al giornalista campo delle emozioni e dei sentimenti, ha portato e regista della Rizzolatti ad affermare che: “Io ti capisco perché sei Santa Messa simile a me. C’è un legame intimo, naturale e profondo di RaiUno tra gli esseri umani. Ama il tuo prossimo come te stesso”. Tale è il programma di cui la natura ci ha dotati; programma che, sostiene ancora lo scienziato, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, porta gli uomini “a stare insieme”, ad amarsi e a condividere le emozioni. È una necessita “anche se certe società, come quella attuale, spingono verso l’individualismo e insegnano l’egoismo”. Dunque, dopo questa digressione - spero non noiosa -, ritorno al messaggio evangelico, affermandone con più forza l’universalità e l’intramontabilità. Ciò che invece cambiano sono i modi e le forme della comunicazione tra gli esseri umani. Per questo è fondamentale parlare la lingua della gente, per farsi comprendere. Papa Francesco lo ha ribadito in più occasioni. Bisogna saper “leggere i segni dei tempi – ha esortato il Santo Padre - e parlare il linguaggio dell’amore che Gesù ci ha insegnato. Solo una Chiesa che si rende vicina alle persone e alla loro vita reale, infatti, pone le condizioni per l’annuncio e la comunicazione della fede”. Il Convegno ecclesiale di Firenze ha proprio questo fine. Vuole essere un momento di riflessione profonda di tutta la comunità ecclesiale per rispondere ai bisogni della società contemporanea, portando l’annuncio evangelico in modo proficuo; e perché ciò sia possibile il messaggio deve essere comprensibile dalla gente e vicino al suo vissuto reale. Non serve a nulla una Chiesa autoreferenziale, che parli solo a se stessa. Non è questo il compito che le ha affidato Cristo. Del resto il recente Sinodo sulla famiglia ha inaugurato la stagione della Chiesa in uscita, che il Convegno di Firenze metterà a frutto e l’anno giubilare della Misericordia suggellerà. O rmai siamo quasi arrivati: il prossimo 9 novembre inizierà il quinto Convegno ecclesiale nazionale, appuntamento/tappa di una Chiesa che vuole vivere in “uscita”. Certo, il termine “convegno” per alcuni versi può depistare e dare veste cattedratica a dei giorni (durerà fino al 13 novembre) che, in realtà, non rifletteranno su massimi sistemi ma su un umanesimo concreto, incarnato. Verità e vissuto saranno al centro delle riflessioni e delle domande che verranno accompagnate dalla proposta di risposte adeguate. “I volti degli uomini e delle donne di oggi sono la carne delle Chiese in Italia”, c’è scritto nella traccia per il cammino verso il quinto Convegno ecclesiale. Quanto mi piace questa frase! La Chiesa siamo ognuno di noi e ognuno di noi è chiamato a vivere quel movimento proposto anche dal logo: “salire”, come è rappresentato dalle due grandi frecce rosse, abbracciando la croce e poi “uscire”, come ricordano le cinque frecce più piccole, verso l’esterno, verso le periferie dell’umanità. È questa la sintesi dell’operato a cui ogni battezzato è chiamato. “Annunciare” testimoniando con la propria vita, “abitare” anche i luoghi più desertificati, “educare” alla gratuità, all’accoglienza, al perdono e “trasfigurare” l’umano nel divino, questi i cinque verbi che indicano le cinque vie per un nuovo umanesimo che sarà al centro dell’attenzione nella città di Firenze in cui si ritroveranno tutti gli operatori pastorali, tutte quelle persone cioè che nelle varie comunità cristiane rivestono un ruolo educativo. Lorena Bianchetti Giornalista e conduttrice della trasmissione A Sua Immagine Gianni Epifani A Sua Immagine 003_prima pagina.indd 3 3 30/10/15 15:18 Il Vangelo della settimana DA SABATO 7 a venerdì 13 novembre 2015 La liturgia della Parola domenicale è commentata da padre Ermes Ronchi e Marina Marcolini Le ragioni della speranza DOMENICA 8 novembre 2015 Prima lettura La vedova fece con la sua farina una piccola focaccia e la portò a Elia Dal primo libro dei Re (Capitolo 17, versetti 10-16) In quei giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta. Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La chiamò e le Salmo responsoriale Settimanale disse: «Prendimi un po’ d’acqua in un vaso, perché io possa bere». Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio: la mangeremo (Sal 145) e poi moriremo». Elia le disse: «Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”». Quella andò e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia. A cura di monsignor Antonio Parisi Seconda lettura Cristo si è offerto una volta per tutte per togliere i peccati di molti Dal libro degli Ebrei (Capitolo 9, versetti 24-28) Per guardare e ascoltare l’esecuzione del salmo vai su www.musicasacra-bari.it Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che 035-038_047-050_Vangelo.indd 36 A Sua Immagine 29/10/15 17:53 Settimanale Il Vangelo della settimana DA SABATO 7 a venerdì 13 novembre 2015 l’aspettano per la loro salvezza. Vangelo Questa vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva Dal Vangelo secondo Marco (Capitolo 12, versetti 38-44) In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Commento Il Vangelo ci offre una maestra senza parole, una vedova povera, messa sulla cattedra degli scribi per una lezione fondamentale. Seduto davanti al tesoro del tempio, Gesù osservava come la folla vi gettava monete. Notiamo il particolare: osservava ‘come’, non ‘quanto’ la gente offriva. Venuta una vedova povera, vi gettò due monetine: lui ha saputo scorgere la donna in mezzo alla folla, la fa notare ai discepoli, e offre loro la sua lettura spiazzante e liberante: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Due spiccioli, un niente pieno di cuore. Le bilance di Dio non sono quantitative. Conta quanto peso di vita, quanto di lacrime e di speranze è dentro quegli spiccioli. È questo il motivo ultimo per cui Gesù esalta il gesto della donna: Tutti hanno gettato del loro superfluo, lei ha gettato tutto ciò che aveva per vivere. Questa vedova povera è la sua icona, anche lui darà tutto, tutta la sua vita. Chi dà di più alla vita, al mondo, alla storia? Sono gli uomini e le donne delle beatitudini, le persone di cui i giornali non si occuperanno mai, quelle dalla vita nascosta, assetati di pace e di giustizia, i limpidi di cuore. Quelli che sorreggono il mondo sono coloro che sanno regalare un pezzetto di vita agli altri. E lo fanno con tutto il cuore. I primi posti di Dio appartengono a quelli che, in ognuna delle nostre case, danno ciò che fa vivere, regalano vita con mille gesti non visti da nessuno, gesti di cura, di accudimento, di attenzione, rivolti ai genitori o ai figli o a chi busserà domani. Fossero anche spiccioli di bontà, solo briciole, non è mai irrisorio, mai insignificante un gesto di bontà cavato fuori dalla nostra povertà. Lo sa bene una vedova, una donna povera e sola, l’emblema della mancanza. La sua mano getta, dona con gesto largo, sicuro, generoso, convinto, anche se ciò che ha da donare è pochissimo. Ma non è la quantità che conta, conta sempre il cuore, conta l’investimento di vita che tu metti in ciò che fai. La fede della vedova è viva e la fa vivere. Non le dà privilegi né le riempie la borsa, ma le allarga il cuore e le dà la gioia di sentirsi figlia di Dio, così sicura dell’amore del Padre da donare tutto il poco che ha. Questa donna, che convive col vuoto e ne conosce l’angoscia, è fiduciosa come gli uccelli del cielo, come i gigli del campo. In quei due spiccioli c’è l’intera sua vita gettata nelle mani di Dio. Santi del giorno S. Adeodato I, S. Chiaro di Tours, B. Giovanni Duns Scoto, B. Giovanni Jover e Pietro Escribà, S. Goffredo di Amiens, B. Isaia Boner da Cracovia, Beata Maria Crocifissa Satellico, S. Severo di Cagliari, Tutti i Santi della Chiesa di Bologna, S. Villeado di Brema Beata Maria Crocifissa Satellico Nata a Venezia il 9 gennaio 1706, vive con i genitori nella casa dello zio, un sacerdote che si occupa della sua educazione. A 14 anni entra nel monastero di Ostra Vetere, nelle Marche. Cinque anni più tardi veste l’abito religioso, cambiando il nome in Maria Crocifissa. Muore a 39 anni l’8 novembre 1745. A Sua Immagine 035-038_047-050_Vangelo.indd 37 29/10/15 17:53