Indicazioni della Amoris laetitia per il discernimento

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Indicazioni della Amoris laetitia per il discernimento
Indicazioni della Amoris laetitia per il discernimento
1. Il tema del “discernimento” occupa l’intero capitolo ottavo dell’Amoris laetitia1 ed è particolarmente importante2. Il disc si rivolge ad una situazione concreta, singolare, individuale, così come è, ma la può valutare
solo in riferimento a criteri di valore, ad ideali. Se si tratta di amore sessuato il riferimento è alla dottrina
cattolica del matrimonio. “Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa
deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del m, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza” (307). “Come
cristiani non possiamo rinunciare a proporre il m allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il
mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire” (35). Quale sia questo m. cristiano è descritto ampiamente: “Il m cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza pienamente nell’unione tra un
uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la
grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fermento di vita nuova per la società” (292)3.
2. Di fronte a questo ideale matrimoniale in tutta la sua grandezza siamo tutti bisognosi di disc, non solo chi
si trova in una situazione ‘irregolare’. Nella presentazione alla stampa dell’AL il card. Schönborn l’ha detto
chiaramente: “Nel discorso ecclesiale sul m e sulla f c’è spesso una tendenza, forse inconscia, a condurre su
due binari il discorso su queste due realtà della vita. Da una parte ci sono i matrimoni e le famiglie che sono
“a posto”, che corrispondono alla regola, dove tutto è “va bene” è “in ordine”, e poi ci sono le situazioni
“irregolari” che rappresentano un problema. Già il termine stesso “irregolare” suggerisce che si possa effettuare una tale distinzione con tanta nitidezza (...). Tutti noi, a prescindere dal m e dalla situazione familiare
in cui ci troviamo, siamo in cammino. Anche un m in cui tutto “vada bene” è in cammino. Deve crescere,
imparare, superare nuove tappe. Conosce il peccato e il fallimento, ha bisogno di riconciliazione e di nuovo
inizio, e ciò fino in età avanzata (…). Anche le altre due parole chiave: discernere e accompagnare non valgono
solo per le “cosiddette situazioni irregolari” (Papa Francesco sottolinea questo “cosiddette”!)4, ma valgono
per tutti gli uomini, per ogni m, per ogni f. Tutti, infatti, sono in cammino e tutti hanno bisogno di “discernimento” e di ”accompagnamento”. La mia grande gioia per questo documento sta nel fatto che esso coerentemente superi l’artificiosa, esteriore, netta divisione fra “regolare” e “irregolare” e ponga tutti sotto l’istanza
comune del Vangelo”5.
1
Si useranno queste abbreviazioni:
AL = Amoris laetitia; un numero senza altra indicazione rimanda al paragrafo di AL
CCC = Catechismo della Chiesa Cattolica
CEI = Conferenza Episcopale Italiana
disc = discernimento
CDF = Congregazione per la Dottrina della Fede
f = famiglia
FC = Familiaris consortio
GS = Gaudium et spes
Ins = Instrumentum laboris
m = matrimonio
Rel = Relatio Synodi
Sin = Sinodo con l’anno 14 o 15
2
La ricerca analitica delle voci ‘discernere’ e ‘discernimento’ mostra che il tema è ampiamente presente nel Sinodo 15,
sia nell’Ins sia nella Rel.
3
Qualche elemento anche in 52s. e 71.
4
In AL 4 volte compare dette “irregolari”, compreso l’indice generale! In Rel15 non compariva il vocabolo ‘irregolari’.
5
Conferenza Stampa per la presentazione dell’Esortazione Amoris laetitia, Intervento del Card. Christoph Schönborn
08.04.2016.
3. Questo disc, necessario per tutti, mira ad “evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a
una maggiore apertura al Vangelo del m nella sua pienezza” (293)6. “Il discernimento dei Pastori deve sempre
farsi distinguendo adeguatamente, con uno sguardo che discerna bene le situazioni. Sappiamo che non esistono «semplici ricette»” (298). “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni concrete, è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale
di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. È possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile
discernimento personale e pastorale dei casi particolari” (300). L’itinerario di accompagnamento e di disc
“orienta i fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro
interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena
partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere” (300)7. Da queste citazioni emerge il ruolo principale della coscienza del fedele. “La coscienza delle persone dev’essere meglio
coinvolta nella prassi della Chiesa in alcune situazioni che non realizzano oggettivamente la nostra concezione del m. Naturalmente bisogna incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata, formata e accompagnata dal discernimento responsabile e serio del Pastore, e proporre una sempre maggiore fiducia
nella grazia” (303). La coscienza personale può essere aiutata, mai sostituita o ‘alienata’: “Siamo chiamati a
formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (37).
4. Chi deve accompagnare in questo disc? Fra tutti i documenti sinodali i Pastori sono coinvolti 47 volte. In
AL 300 si indicano i presbiteri: “I presbiteri hanno il compito di accompagnare le persone interessate sulla via
del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo8. (…) Il colloquio col
sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto (…). Si deve evitare il grave rischio
di messaggi sbagliati, come l’idea che qualche sacerdote possa concedere rapidamente “eccezioni”, o che
esistano persone che possano ottenere privilegi sacramentali in cambio di favori”. Infine in 312 ci si riferisce
anche a laici dediti al Signore: “Invito i fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore”.
5. Una prima forma di disc si può incontrare già nel fidanzamento. In certi casi l’accompagnamento può “dare
loro [fidanzati] la possibilità di riconoscere incompatibilità e rischi. In questo modo si può arrivare ad accorgersi che non è ragionevole puntare su quella relazione, per non esporsi ad un fallimento prevedibile che
avrà conseguenze molto dolorose. Il problema è che l’abbaglio iniziale porta a cercare di nascondere o di
relativizzare molte cose, si evitano le divergenze, e così solamente si scacciano in avanti le difficoltà” (209).
Questo aiuto al disc non è ingerenza nella privacy dei fidanzati; poiché l’innamoramento è una emozione
acuta che distorce la percezione esatta della realtà, un aiuto esterno può permettere loro di fare il passo
decisivo del m in modo responsabile. “Queste conversazioni possono aiutare a vedere che in realtà i punti di
contatto sono scarsi, e che la sola attrazione reciproca non sarà sufficiente a sostenere l’unione. (…) Non si
deve mai incoraggiare una decisione di contrarre m se non si sono approfondite altre motivazioni che conferiscano a quel patto possibilità reali di stabilità” (209)9.
6. Coloro che hanno contratto una seconda unione “talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il
precedente m, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido” (298)10, “pur non potendola dimostrare
nel foro esterno”11. Qui il disc è delicato e difficile: da una parte si deve dare valore a questa coscienza onesta
e certa, dall’altra si devono rispettare le esigenze di ciò che quella coscienza ha fatto, cioè un patto matrimoniale, pubblico, ecclesiale, sacramentale, canonicamente regolato12. Già nel 1994 la CDF (Ratzinger Prefetto)
6
Anche in Rel14, 41.
Da Rel15, 86 che ha avuto 190 placet 64 non placet.
8
Anche in Rel15, 85, con 178 placet e 80 non placet.
9
“Un serio discernimento a questo riguardo potrà evitare che impulsi emotivi o ragioni superficiali inducano i due giovani ad assumere responsabilità che non sapranno poi onorare” Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, 2007, 29.
10
Si riporta FC, 84.
11
Così aveva aggiunto nel 1994 la CDF (Ratzinger Prefetto), Lettera ai vescovi della chiesa cattolica circa la recezione
della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 1994, 3.
12
Ma al termine della presentazione di AL il card. Schönborn ai giornalisti aveva detto che già all’epoca della FC questi
sposi convinti in coscienza della nullità erano ammessi alla comunione eucaristica, senza che questa prassi pastorale
7
indicava la necessità e la via per conciliare le due esigenze: “Si deve certamente discernere se attraverso la
via di foro esterno stabilita dalla Chiesa vi sia oggettivamente una tale nullità di m. La disciplina della Chiesa
(…) offre anche nuove vie per dimostrare la nullità della precedente unione, allo scopo di escludere per
quanto possibile ogni divario tra la verità verificabile nel processo e la verità oggettiva conosciuta dalla retta
coscienza”13. Papa Francesco ha dato forma ancora più precisa ed autorevole14. Infatti a volte durante il processo i coniugi fanno fatica a trovare le prove della nullità del m pur essendone convinti. La nuova norma
afferma che “la confessione giudiziale e le dichiarazioni delle parti, sostenute da eventuali testi sulla credibilità delle stesse, possono avere valore di prova piena, da valutarsi dal giudice considerati tutti gli indizi, se
non vi sono altri elementi che le confutino» e «la deposizione di un solo teste può fare pienamente fede, se
…”15.
7. Oltre alla certezza della nullità del m, la coscienza degli sposi potrebbe essere afflitta dal dubbio circa la
sacramentalità del proprio m. Soprattutto quando, nel corso degli anni, la fede si ravviva e si conosce meglio
il valore della sacramentalità del m, il coniuge potrebbe chiedersi se la poca o nulla fede e l’assenza di una
consapevole intenzione abbiano impedito il sorgere del ‘sacramento’ del proprio m. È il problema molto dibattuto in questi decenni sul ruolo della fede-intenzione nella celebrazione del m sacramento16. Chi parte
dalla inseparabilità contratto-sacramento per i battezzati, conclude che volendo l’uno si vuole anche l’altro,
per cui o sorge il m-sacramento o non sorge nulla. Chi, invece, ritiene impossibile che sorga un sacramento
senza saperlo e volerlo (come nel caso del non credente), conclude che può sorgere un m non sacramento
(nel battezzato non credente) o un m sacramento nel battezzato credente. FC, nel 1981, dice di “ammettere
alla celebrazione anche chi è imperfettamente disposto”. Infatti “il sacramento del m ha questo di specifico
fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste nell'economia della creazione, di essere
lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore «al principio». La decisione dunque dell'uomo e della donna
di sposarsi secondo questo progetto divino, la decisione cioè di impegnare nel loro irrevocabile consenso
coniugale tutta la loro vita in un amore indissolubile ed in una fedeltà incondizionata, implica realmente,
anche se non in modo pienamente consapevole, un atteggiamento di profonda obbedienza alla volontà di
Dio, che non può darsi senza la sua grazia. (…) Non si deve dimenticare che questi fidanzati, in forza del loro
battesimo, sono realmente già inseriti nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa e che, per la loro retta
intenzione, hanno accolto il progetto di Dio sul m e, quindi, almeno implicitamente, acconsentono a ciò che
la Chiesa intende fare quando celebra il m. Quando, al contrario, nonostante ogni tentativo fatto, i nubendi
mostrano di rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la Chiesa intende compiere quando si celebra il m
dei battezzati, il pastore d'anime non può ammetterli alla celebrazione”17.
Due anni dopo, nel 1983, il CIC confermava la posizione tradizionale: “Can. 1055 - § 1. Il patto matrimoniale
con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene
dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole, tra battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla
dignità di sacramento. § 2. Pertanto tra battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che
non sia per ciò stesso sacramento”.
Ma alla vigilia dei nostri Sinodi Benedetto XVI aveva affermato che questo problema richiede ulteriore riflessione: “Il patto indissolubile tra uomo e donna, non richiede, ai fini della sacramentalità, la fede personale
dei nubendi; ciò che si richiede, come condizione minima necessaria, è l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa.
Ma se è importante non confondere il problema dell’intenzione con quello della fede personale dei con-
fosse esplicitamente messa in dubbio da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Le domande e risposte con i giornalisti
non sono state pubblicate in forma integrale; mi riferisco alla mia registrazione.
13
Doc. cit., 9. Le ‘nuove vie’ sono contenute in CIC, can. 1536 § 2 e 1679 e CCEO, can. 1217 § 2 e 1365 circa la forza
probante delle dichiarazioni delle parti in tali processi.
14
Lettera Apostolica “Mitis Iudex Dominus Iesus” data Motu Proprio dal Santo Padre Francesco sulla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del m nel Codice di Diritto Canonico, 08.09.2015.
15
Nuovo can. 1678 § 1 e 2.
16
Si può seguire il dibattito teologico-pastorale fino agli anni ’80 del secolo scorso in Piero Barberi, La celebrazione del
matrimonio cristiano. Il tema negli ultimi decenni della teologia cattolica, CLV, Roma 1982, 349-445.
17
FC, 68.
traenti, non è tuttavia possibile separarli totalmente. [Dopo avere riportato i pareri discordanti della Commissione Teologica Internazionale e di Giovanni Paolo II concludeva] Circa tale problematica, soprattutto nel
contesto attuale, occorrerà promuovere ulteriori riflessioni”18.
Di questo problema si è occupato anche il Sin14: “si indica la necessità di approfondire la questione del rapporto tra fede e sacramento del m – come suggerito a più riprese da Benedetto XVI”19. La Relazione finale
aggiunge una precisazione: “Secondo altre proposte, andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza
al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del m, tenendo fermo che tra battezzati
tutti i matrimoni validi sono sacramento”20. All’inizio del Sin15 il Card. Péter Erdő descrive la situazione: “Si
è parlato spesso dell’importanza della fede personale dei nubendi per la validità del consenso matrimoniale.
Nelle risposte si riscontra però una grande varietà di approcci. [ricordato il CIC c.1055 § 2 sull’inseparabilità,
prosegue] La separazione del m valido tra cristiani dal sacramento del m comporterebbe delle grandi difficoltà teoriche, perché la sacramentalità del m non è la conseguenza di una volontà espressa delle parti diretta
al sacramento, ma consegue dal fatto che le due parti battezzate rappresentano Cristo e la Chiesa mentre
concludono un vero m secondo la volontà del Creatore”21. A questo punto ci si aspetterebbe una sofferta
decisione finale del Sinodo. Invece, nella Rel15, non c’è nessun pronunciamento né per una tesi né per l’altra:
semplicemente si tace22.
In AL Papa Francesco si esprime chiaramente nel numero dedicato agli sposi ministri del sacramento del m.
in quanto battezzati: “Pertanto, quando due coniugi non cristiani ricevono il Battesimo, non è necessario che
rinnovino la promessa matrimoniale ed è sufficiente che non la rifiutino, dal momento che, a causa del Battesimo che ricevono, la loro unione diventa per ciò stesso sacramentale”23. È interessante l’inversione della
dinamica che fa sorgere il sacramento. Normalmente la successione è: battesimo + consenso = sacramento
del m.; qui, invece, si ha: consenso + battesimo = sacramento. In entrambi i casi il m. e il sacramento del m.
sono contestuali e inseparabili. Stando così le cose, alla coscienza dubbiosa circa la sacramentalità del proprio
m., il disc deve semplicemente chiedere se quel giorno in chiesa lo sposo/a “ha voluto veramente sposarsi”24.
Questa è la posizione minimalista per la validità del m.; è evidente che la pastorale matrimoniale dovrà orientare verso la posizione massimalista, per la piena fruttuosità del sacramento, con una fede luminosa e completa accoglienza del mistero cristiano.
8. Alla presentazione alla stampa dell’AL il giornalista Gian Franco Svidercoschi ha fatto notare che nel capitolo quarto, dedicato all’amore nel m, non viene citata la Rel1525: l’amore coniugale (anche sessuale) non
esiste per i Vescovi sinodali, ma è ben presente per il Papa. Il card. Schönborn ha condiviso il rilievo e, sorridendo, ha spiegato l’assenza col fatto che i Padri sinodali erano celibi e quindi non capivano l’importanza
18
Benedetto XVI, Discorso all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana, 26 gennaio 2013, 1.
La Commissione Teologica Internazionale aveva affermato: ”nel caso in cui non si avverta alcuna traccia della fede in
quanto tale, né alcun desiderio della grazia e della salvezza, si pone il problema di sapere, in realtà, se l’intenzione
generale e veramente sacramentale è presente o no, e se il m è contratto validamente o no. La fede personale dei
contraenti non costituisce la sacramentalità del m, ma l’assenza della fede personale compromette la validità del sacramento” La dottrina cattolica sul sacramento del matrimonio [1977], 2.3, in Documenti 1969-2004, vol. 13, Bologna 2006,
p. 145. La posizione di Giovanni Paolo II è quella della FC, 68, riportata appena sopra.
19
Ins14, 96.
20
Rel14, 48. Alla votazione dei singoli numeri della "Relatio Synodi" il n. 48 ha ottenuto 143 placet e 35 non placet. Il
testo viene quindi riprodotto all’inizio del Sin15 (Ins15, 114).
21
Cardinale Péter Erdő, Conferenza Stampa di presentazione dell’«Instrumentum Laboris» della XIV Assemblea Generale
Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 23.06.2015.
22
Non essendo ancora pubblicati gli Atti integrali dei due Sinodi, non è possibile documentare questa sorprendente
conclusione. C’è solo questo presupposto: “riconoscendo che tra i battezzati non vi è altro vincolo nuziale che quello
sacramentale” Rel15, 51.
23
AL, 75. L’argomentazione viene fondata anche sul Can. 1055 - § 2.
24
In questa volontà matrimoniale sono implicitamente incluse le proprietà essenziali e la sacramentalità. Per escluderle
occorrerebbe un positivo atto di volontà: ma in tal caso non sorgerebbe né il m. né il sacramento del m.
25
Il 158 cita Rel15, 22, che però non sviluppa il nostro tema.
dell’amore coniugale26. L’analisi delle voci sesso, sessuale, sessualità ed intimità conferma l’osservazione.
Nella Rel15 questi vocaboli sono presenti, ma solo in riferimento ai loro disordini o alla teoria gender o
all’omosessualità o all’educazione: non sviluppano l’amore coniugale. In AL, invece troviamo il nostro tema
ampiamente sviluppato ed apprezzato in molti paragrafi27. Sull’amore coniugale viene citata due volte la GS28.
Questo mio soffermarmi sull’amore coniugale non è estraneo al tema del disc. In questo caso il disc è rivolto
alla persona stessa che aiuta nel disc, cioè prevalentemente a presbiteri e persone consacrate, che sono
celibi. Se non esaminano la propria posizione intellettuale ed esistenziale nei confronti della sessualità, rischiano di non essere di aiuto positivo nel disc delle altre persone, come è accaduto ai Padri sinodali.
9. Quando il disc si rivolge a situazioni di ‘fragilità’ ‘ cosiddette irregolari’, come convivenze, m. solo civili,
divorziati risposati o altre, non ci si limita a evidenziare la distanza rispetto al modello cristiano completo, ma
si deve tener conto anche di eventuali condizionamenti e circostanze attenuanti. Altro è il dis-ordine morale
oggettivo e altro la responsabilità soggettiva (colpa). L’AL ne parla ai n. 301-303, riferendo, a quelle situazioni,
il pensiero del tutto tradizionale nella teologia morale. “Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può
avere grande difficoltà nel comprendere i valori insiti in quella norma morale, o si può trovare in condizioni
concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa”
(301)29. E formula l’importante conclusione: “Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante (301) e in modo ancora più chiaro e preciso “A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è
possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non
lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di
grazia e di carità” (305)30. Però il Papa ribadisce che “mai si pensi che si pretenda di ridurre le esigenze del
Vangelo” (301). E quindi rimane valida la posizione di Veritatis splendor, che, cioè, le situazioni non modificano il giudizio morale di comportamenti intrinsecamente disordinati31. AL conferma il giudizio morale negativo di quei comportamenti in tutti i casi, ma segnala la non colpevolezza soggettiva in certi casi32.
26
Le domande e risposte con i giornalisti non sono state pubblicate in forma integrale; mi riferisco alla mia registrazione.
Il fatto che anche papa Francesco sia celibe dimostra che il celibato induce a sottovalutare l’amore coniugale, ma, se ci
si impegna, si riesce ad apprezzarlo.
27
61,67,74,125,150-157,163s,198,283.
28
“Il m tuttavia non è stato istituito soltanto per la procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra persone
e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a
maturità” GS 50. Il numero GS 49 viene citato in AL 154 solo per dire che gli atti propri dell’unione sessuale devono
essere “compiuti in modo veramente umano”. È molto opportuno riferirsi all’intero paragrafo dove vengono presentati
i due valori dell’unione sessuale in finalità unitiva. Poiché questo paragrafo è tanto importante ma generalmente trascurato, merita di essere riportato: “Questo amore è espresso e sviluppato in maniera tutta particolare dall'esercizio
degli atti che sono propri del m. Ne consegue che gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità sono onesti e
degni; compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano ed arricchiscono vicendevolmente nella gioia e nella gratitudine gli sposi stessi” GS 49.
29
Anche in AL, 79. AL, 302 riporta l’elenco esemplificativo di questi condizionamenti desunti dal CCC 1735 e 2352: l’ignoranza, l’inavvertenza, la violenza, il timore, gli affetti smodati, altri fattori psichici oppure sociali, l’immaturità affettiva,
la forza delle abitudini contratte, lo stato di angoscia. Più sobriamente anche in Rel15, 51, con 253 placet e solo 5 non
placet.
30
“Il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave” (300, nota 336).
31
Di solito si citano i n. 52, 56, 79-81.
32
Anche Giovanni Paolo II nel 1995, pur affermando la grave immoralità dell’aborto in tutti i casi, riconosceva che “non
di rado la donna è sottoposta a pressioni talmente forti da sentirsi psicologicamente costretta a cedere all'aborto: non
v'è dubbio che in questo caso la responsabilità morale grava particolarmente su quelli che direttamente o indirettamente l'hanno forzata ad abortire (…). Un pensiero speciale vorrei riservare a voi, donne che avete fatto ricorso all'aborto. La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi
s'è trattato d'una decisione sofferta, forse drammatica” Evangelium vitae, 59 e 99. Si può ricordare l’esempio molto
semplice, evidente e sicuramente condivisibile: per un battezzato non partecipare alla Messa festiva è sempre – oggettivamente – un disordine morale, ma se è gravemente ammalato non ne è soggettivamente colpevole.
10. Specialmente di fronte a situazioni ‘imperfette’ e ‘irregolari’ il disc aiuta le persone, accompagnandole,
perché, partendo dalla loro situazione, “siano pazientemente condotti oltre, giungendo ad una conoscenza
più ricca e ad una integrazione più piena di questo Mistero nella loro vita” (76 e 294)33. Coraggiosamente si
afferma che ciò “è sempre possibile con la forza dello Spirito Santo” (297)34. “Quando l’unione raggiunge una
notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico – ed è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei
confronti della prole, da capacità di superare le prove – può essere vista come un’occasione da accompagnare
verso il sacramento del m, laddove questo sia possibile” (78 e 293)35. È la ‘legge della gradualità’36 nella consapevolezza che l’essere umano conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita. Non è una
‘gradualità della legge’, ma una gradualità nell’esercizio prudenziale degli atti liberi in soggetti che non sono
in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge”
(295). Il Papa riprende la bella descrizione fatta in Evangelii gaudium 44: “senza sminuire il valore dell’ideale
evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che
si vanno costruendo giorno per giorno, lasciando spazio alla misericordia del Signore che ci stimola a fare il
bene possibile” (308). Questa fase del disc è difficile ma indispensabile. Queste persone sono invitate a partecipare alla vita ecclesiale in tutte le forme compatibili con la loro situazione. “Ai divorziati che vivono una
nuova unione, è importante far sentire che sono parte della Chiesa, che ‘non sono scomunicati’37 e non sono
trattati come tali, perché formano sempre la comunione ecclesiale. Queste situazioni esigono un attento
discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li
faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità” (243). “Lo Spirito
Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi
ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito
liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa (299) 38. “Tra queste forme di partecipazione si raccomandano l’ascolto della Parola di Dio, la partecipazione alla celebrazione eucaristica, la
perseveranza nella preghiera, le opere di carità, le iniziative comunitarie in favore della giustizia, l’educazione
dei figli nella fede, lo spirito di penitenza, il tutto sostenuto dalla preghiera e dalla testimonianza accogliente
della Chiesa. Frutto di tale partecipazione è la comunione del credente con la comunità tutta, espressione
della reale inserzione nel Corpo ecclesiale di Cristo”39. Si deve però evitare, “in ogni caso, di benedire queste
relazioni, perché tra i fedeli non sorgano confusioni circa il valore del m”40.
11. La Relazione finale del Sinodo14 presenta in modo preciso il dibattito dei Padri sulla comunione spirituale: “Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere
fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere
a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere
la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del m”41. Il testo è letteralmente ripresentato nei Lineamenta1542 e nell’Ins1543 dove, però, si precisa che “Per ciò che concerne la comunione spiri-
33
Così anche FC, 9 e Rel14, 41.
Il corsivo è mio.
35
Il testo è preso da Rel15, 54, che, però, aggiunge: “Differente invece è il caso in cui la convivenza non sia stabilita in
vista di un possibile futuro m, ma nell’assenza del proposito di stabilire un rapporto istituzionale. Cfr. Rel14, 27 e 43.
36
FC, 34.
37
Che non sono scomunicati è detto qui (243) e in 299; già in Rel15, 54.
38
Ripreso da Rel15, 84 (187 placet e 72 non placet). Anche in Rel14, 51 e Rel15, 54. L’espressione ‘membra vive’ di 299
ha un significato generico di attive, vivaci, o ha un significato teologico preciso di ‘persone vive nella Chiesa perché in
grazia di Dio’, come detto più volte altrove?
39
Ins15, 125, FC, 84 e Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, 2007, 29.
40
Benedetto XVI, Sacramentum caritatis, 2007, 29, come è richiesto dalla Propositio 40 della XI Assemblea Generale
Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 2005.
41
Rel14, 53. Nella votazione dei singoli numeri della "Relatio Synodi" il nostro n. 53 ha ottenuto 112 placet e 64 non
placet.
42
N.53.
43
N.124.
34
tuale, occorre ricordare che essa presuppone la conversione e lo stato di grazia ed è connessa con la comunione sacramentale”44. Ma nella Rel15 e nella AL la voce ‘comunione spirituale’ non compare più. È bene
quindi non proporla in modo generalizzato: il disc individuerà i casi di persone in ‘grazia di Dio’ che faranno
la comunione spirituale nell’impossibilità fisica di quella sacramentale. Questo silenzio di AL è importante alla
luce dei precedenti dottrinali. Tommaso d’Aquino, sulla base della inseparabilità della comunione sacramentale-spirituale, concludeva affermando che “la comunione spirituale non è possibile ai peccatori”45. Ma nel
1983, forse, e nel 1994, certamente, la CDF la consigliava nel nostro caso, a tutti46.
12. L’AL distingue situazioni ‘imperfette’ e ‘incomplete’, che quindi possono essere accompagnate al perfetto
completamento, da situazioni incompatibili col m. cristiano: “altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale “ (292). Tra queste dobbiamo inserire le unioni omosessuali: “circa i progetti di equiparazione al m delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire
analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul m e la f” (251)47. Anche tra i divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi queste situazioni: “Altra cosa invece è una nuova unione
che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli
e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il m e la f” (298)48.
13. Il disc può individuare, però, situazioni di divorziati risposati suscettibili di accompagnamento costruttivo49. AL 298 le introduce con l’esplicita alternativa “Una cosa è (…) altra cosa invece è…”. Il colloquio col
sacerdote, in foro interno, orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. “I
divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale
è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato;
44
N.125. Nella Conferenza Stampa di presentazione dell’Ins15, il 23.06.2015, mons. Bruno Forte così lo sintetizza: “Si
chiede anche di valorizzare la distinzione e il rapporto fra comunione spirituale e comunione sacramentale di coloro che
sono in situazioni irregolari o difficili”.
45
Somma Teologica III, q. 80, art. 1: “2. Non devono contrapporsi tra loro due cose, di cui l'una è ordinata all'altra:
perché la prima viene specificata dalla seconda. Ora, la comunione sacramentale è ordinata alla comunione spirituale,
come a suo fine. Perciò la comunione sacramentale non va distinta da quella spirituale. 3. Non devono contrapporsi tra
loro cose che sono inseparabili. Ebbene, nessuno può comunicarsi spiritualmente senza comunicarsi anche sacramentalmente”. All’art. 3 conclude “Soluzioni delle difficoltà: 1. Quelle e altre affermazioni consimili vanno intese della comunione spirituale che non è possibile ai peccatori”.
46
“Se animati intimamente dal voto del sacramento e unti nella preghiera con tutta la Chiesa invocano il Signore e
innalzano a Lui i loro cuori, essi in virtù dello Spirito Santo vivono in comunione con la Chiesa, corpo vivo di Cristo, e con
il Signore stesso. Perciò, unti alla Chiesa mediante il voto del Sacramento, per quanto sembrino lontani esternamente,
essi sono intimamente e realmente in comunione con essa e di conseguenza ricevono i frutti del sacramento“, CDF,
Sacerdotium ministeriale, 1983, III/4. Ma la frase si riferiva a “fedeli o comunità che a causa di persecuzioni o per mancanza di sacerdoti sono private della celebrazione della sacra Eucaristia”.
“I fedeli devono essere aiutati ad approfondire la loro comprensione del valore della partecipazione al sacrificio di Cristo
nella Messa, della comunione spirituale, della preghiera, della meditazione della Parola di Dio, delle opere di carità e di
giustizia”. In nota si rimandava al precedente documento della CDF e a S. Teresa di Avila, Camino de perfección, 35, 1;
S. Alfonso M. de' Liguori, Visite al SS. Sacramento e a Maria Santissima. CDF (Ratzinger Prefetto), Lettera ai vescovi della
chiesa cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 1994, 6.
47
Il testo è ripreso da Rel15, 76 con 221 placet e 37 non placet. Cfr. CDF, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento
legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno 2003), 4.
48
Già la FC, 84, diceva: “C'è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo m e sono stati
abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un m canonicamente valido”.
49
Nei confronti di chi ha subito il divorzio, l'ha accettato o vi ha fatto ricorso come costretto da gravi motivi, ma non si
lascia coinvolgere in una nuova unione e si impegna nell'adempimento dei propri doveri familiari e delle proprie responsabilità di cristiano, la comunità cristiana esprima piena stima e viva uno stile di concreta solidarietà. Circa l'ammissione
ai sacramenti, non esistono di per sé ostacoli: se il divorzio civile rimane l'unico modo possibile di assicurare certi diritti
legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale e
l'essere stato costretto a subire il divorzio significa aver ricevuto una violenza e un'umiliazione, che rendono più necessaria, da parte della Chiesa, la testimonianza del suo amore e aiuto. Da: FC, 83; CCC, 2383; CEI, La pastorale dei divorziati
risposati e di quanti vivono in situazioni matrimoniali irregolari o difficili, 1979 n. 47.
quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della f e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai
giovani che si devono preparare al m” (300). Il Papa esamina la “seconda unione consolidata nel tempo, con
nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della
propria situazione” (298)50. La riconciliazione sacramentale richiede “l'obbligo della separazione [… che è]
una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del m”51. Ma “La Chiesa riconosce situazioni
in cui l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare
l’obbligo della separazione [… o trovano] grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si
cadrebbe in nuove colpe” (298)52. In questi casi la FC chiede che queste persone “assumano l'impegno di
vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi”53. “Ci sono poi situazioni di unioni
irregolari di persone che in foro interno hanno scelto la via della continenza e possono perciò accedere ai
sacramenti, avendo cura di non suscitare scandalo”54.A questo punto, però, il Papa osserva che “in queste
situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere ‘come fratello e sorella’ che la Chiesa
offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in
pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli» (298 n. 329)55. Si è configurata una situazione di stallo,
senza valida via di uscita. Ma la riflessione del Papa qui non prosegue. Più avanti, però, riconosce ancora una
volta che il disc “dovrebbe riconoscere che, poiché il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, le
conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi” (300) e aggiunge l’importante nota: “Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il
discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave” (300 n. 336). La dizione
‘disciplina sacramentale’ non può che rimandare ai sacramenti della riconciliazione e della comunione eucaristica, che Papa Francesco ammette nei casi in cui non ci sia colpa grave56. Infatti, in un passo già citato: “A
causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato
– che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, (…)
ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa” (305), il Papa inserisce la nota 351 “In certi casi, potrebbe essere
50
Di questa situazione e dell’eventuale ammissione ai sacramenti non si è riusciti a dire nulla nella Rel15. I padri sinodali
erano molto divisi, ma io non ne parlo perché non ci sono ancora gli Atti ufficiali completi. È interessante l‘interpretazione di Lucetta Scaraffia, Responsabile del supplemento femminile dell'Osservatore Romano, ‘Donne, Chiesa, Mondo’,
e uditrice al sinodo sulla famiglia: “L’idée de passer du rôle de juge sévère à celui de père indulgent a suscité l’hostilité
et l’irritation de la majeure partie des pères synodaux, et a pris la forme d’une opposition ferme à la “communion pour
les divorcés-remariés”, http://www.lavie.fr/religion/catholicisme/lucetta-scaraffia-amoris-laetitia-vise-en-premierlieu-a-calmer-les-esprits-09-04-2016-72148_16.php.
51
FC, 48. CCC, 1650.
52
Tra i motivi che impediscono la separazione la CEI aggiungeva: “l'età avanzata o la malattia di uno o di ambedue, la
presenza di figli bisognosi di aiuto e di educazione o altri motivi analoghi” CEI, La pastorale dei divorziati risposati…, 28.
È esclusiva di Papa Francesco la frase “grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in
nuove colpe”.
53
FC, 84, che cita Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72
[1980] 1082. Questa esigenza è confermata dalla CDF (Ratzinger Prefetto), Lettera ai vescovi della chiesa cattolica circa
la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 1994, 4, dal Pontificio Consiglio per i Testi
Legislativi, Dichiarazione circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati, 2000, 2 c) e da Benedetto
XVI, Sacramentum caritatis, 2007, 29. Questa ‘astensione dagli atti propri dei coniugi’ significa impegnarsi ad interrompere la loro reciproca vita sessuale e a trasformare il loro vincolo in amicizia, stima e aiuto vicendevoli. CEI, La pastorale
dei divorziati risposati…, 28. Si sa che soprattutto la donna, dopo una certa età, è meno incline al rapporto sessuale
come atto, ma vive la coniugalità come amore coniugale sentimentale e spirituale. È quindi necessario escludere sia gli
atti sessuali sia l’amore specificamente e tipicamente coniugale.
54
Ins15, 119. Questo accenno allo scandalo da evitare non compare più né nella Rel15 né in AL.
55
Viene citato GS, 51. È stato fatto notare che le ‘espressioni di intimità’ sono necessarie per la ‘fedeltà’ degli sposi, non
degli adulteri, che devono invece lasciarsi. Ma l’osservazione di GS 51 potrebbe valere anche per il caso specifico dei
divorziati risposati di 298. Si tratta di persone che sentono in coscienza che, senza queste intimità, ‘cadrebbero in nuove
colpe’. Poiché in queste persone c’è ‘provata fedeltà e dedizione generosa’ sembra di dover concludere che per AL sia
preferibile compiere questi atti moralmente disordinati con questa persona con cui c’è questa nuova fedeltà, piuttosto
che essere fedeli a questa persona ma compiere gli atti sessuali (irrinunciabili) con un’altra persona. Questo ragionamento gioverebbe anche al ‘bene dei figli’, che devono essere amati ed educati dall’’amore coniugale’ dei genitori, non
da due persone che sono insieme ma hanno l’amante.
56
Non si può quindi parlare di una generalizzata ammissione all’Eucaristia per tutti i divorziati risposati.
anche l’aiuto dei Sacramenti”. Anche qui, dunque, si afferma che, in questi casi, è possibile e addirittura
consigliato (‘aiuto’) l’accesso ai Sacramenti. È necessario ricordare che, poiché il “disc è dinamico e deve
restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in
modo più pieno” (303), nel corso della loro vita potrebbero diventare possibili (e quindi doverosi) per queste
persone quei comportamenti sopra esaminati, che le avvicinano maggiormente alla pienezza dell’ideale cristiano di m.