La riparazione per gravi violazioni dei diritti umani e del diritto
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La riparazione per gravi violazioni dei diritti umani e del diritto
La riparazione per gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario tra diritto dello Stato e diritto individuale Alessandro Bufalini (Assegnista di ricerca, Università di Milano-Bicocca) Alla luce dell’art. 42(b)(i) del Progetto di articoli sulla responsabilità dello Stato, in caso di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario, lo Stato specialmente leso può esercitare tutti i poteri legati al sorgere del rapporto di responsabilità internazionale e reclamare quindi, nei confronti dello Stato autore dell’illecito, una riparazione per il danno subito dai propri cittadini. In queste stesse ipotesi, sono legittimati ad invocare la responsabilità dello Stato autore dell’illecito anche tutti gli Stati diversi da quello leso (art. 48 del Progetto). Meno chiara risulta essere la posizione dell’individuo. L’art. 48(2)(b) contempla, in caso di violazioni che colpiscono la comunità internazionale nel suo complesso, la possibilità per ogni Stato di richiedere l’adempimento dell’obbligo di riparazione da parte dello Stato autore dell’illecito nell’interesse “of the beneficiaries of the obligation breached”. L’impiego del termine “beneficiaries” lascia presupporre che lo Stato continui ad esercitare un diritto proprio, seppur a favore e nell’interesse di altri soggetti. Ciò non esclude però che l’obbligo dello Stato di riparare le gravi violazioni di diritti fondamentali implichi un corrispondente diritto alla riparazione di chi ha subito quelle violazioni e che si possa affermare l’esistenza nel diritto internazionale di un diritto individuale alla riparazione. Pur riconoscendo l’esistenza di tale diritto individuale, tuttavia, non è facile determinare che relazione questo intrattenga con il medesimo diritto dello Stato di nazionalità della vittima (o degli altri Stati della comunità internazionale) di chiedere una riparazione in favore degli individui. Da un lato, nel momento in cui uno Stato ottiene una riparazione da parte dello Stato autore dell’illecito, si pone il problema di stabilire se il diritto individuale a chiedere quella stessa riparazione si estingua o continui ad esistere; dall’altro, è cruciale stabilire se lo Stato che ha ottenuto la riparazione abbia un obbligo di trasferire alla vittima il risarcimento del danno o se tale trasferimento sia oggetto di un potere discrezionale dello Stato. In molti casi, inoltre, attraverso gli accordi che normalmente gli Stati concludono a seguito di un conflitto, lo Stato rinuncia ad esercitare il proprio diritto alla riparazione. Ci si può quindi domandare quale sia la portata e il contenuto di tale rinuncia. Vi è chi sostiene che lo Stato possa rinunciare solamente al proprio diritto di agire in protezione diplomatica. Più diffusa è l’idea che la rinuncia possa invece essere esercitata anche in relazione ad eventuali futuri reclami provenienti dai propri cittadini per qualsiasi tipo di violazione e per qualsiasi tipo di danno subito. A questa tesi si potrebbe invece opporre che esistono nel diritto internazionale dei limiti al diritto dello Stato di rinunciare alla riparazione, anche se non è semplice determinarne la natura e l’ampiezza. Alcuni limiti sembrerebbero emergere dalle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 (I Convenzione, art. 51; II Convenzione, art. 52; III Convenzione, art. 131; IV Convenzione, art. 148), almeno in relazione alle gravi violazioni del diritto umanitario; altri limiti potrebbero più in generale prospettarsi nel caso di violazioni di norme imperative, come forse emerge dal commento all’art. 41(2) del Progetto dove si chiarisce che la rinuncia da parte dello Stato leso a far valere la responsabilità dello Stato autore dell’illecito “cannot preclude the international community interests in ensuring a just and appropriate settlement” (Yearbook of the International Law Commission 2001, vol. II (Part Two), p. 115, par. 9).