Ci ritroviamo stasera per ricordare Sebastian. Nel pensare gli eventi

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Ci ritroviamo stasera per ricordare Sebastian. Nel pensare gli eventi
CAMMINIAMO INSIEME IN RICORDO DI SEBASTIAN
(Marcia silenziosa, Pavia 21 gennaio 2012)
Ci ritroviamo stasera per ricordare Sebastian. Nel pensare gli eventi che lo hanno tragicamente
coinvolto rimaniamo sconcertati per il fatto che non riusciamo ancora a scorgere nella quotidianità
l’inquietante malessere di molte persone che incontriamo ogni giorno nella nostra città e che vivono
oppresse dall’ingiustizia e dalla miseria.
Ci troviamo alla stazione, luogo di partenza e di arrivo in città. Luogo attraverso il quale molti di
noi transitano ogni giorno, magari per lavoro. Luogo nel quale anche Sebastian è passato, ha
sostato. Luogo dove, forse, qualcuno di noi ha incrociato lo sguardo di Sebastian. Luogo dove
spesso si incrociano persone che viaggiano per lavoro e persone che, come Sebastian, non hanno
una casa dove riposare o sono appena giunti in città.
Spesso siamo resi ciechi da una una insopportabile prudenza, e facilmente scorgiamo angoscianti
minacce dietro l’angolo. Ci lasciamo attanagliare dalla paura: paura del futuro avvertito come cupo
e minaccioso, anziché come orizzonte di speranza; paura di essere privati della sicurezza e del
relativo benessere acquisiti; paura del diverso, che oggi assume soprattutto il volto dell’immigrato o
del senza-fissa-dimora. La nostra città, che a parole si proclama multirazziale, multiculturale,
multietnica, multireligiosa non riesce ancora a dare accoglienze che abbiano sapore di umanità.
Per questo, lasciando la stazione stasera, vorremmo iniziare tutti insieme a camminare in una città
più solidale, accogliente e sicura per tutti.
Ci sembra che per questo scopo sia determinante iniziare a coltivare l’amicizia verso la città nel
suo insieme. Un’amicizia che non è solo una virtù “privata”, ma è la scelta di coltivare relazioni tra
tutte le persone.
E’ ovvio che a Pavia, come in ogni altra città, vi siano ceti, professioni, interessi di lavoro o
interessi politici, etnie e religioni diverse che suddividono la società. Ma è importante che la
differenza non generi stratificazioni fra i cittadini, gruppi senza comunicazione. Coltivare amicizia
per la città significa saper attraversare gli invisibili confini del proprio gruppo di appartenenza e
coltivare in sé la volontà di incontro con l’altro, sviluppare linguaggi capaci di attuare un confronto
continuo, un dialogo rinnovato con ciascuno. Impegnamoci a cercare occasioni di comunicazione
tra il lavoro e la ricerca, tra i luoghi della sofferenza e del tempo libero, tra le carceri e la società
ordinaria, tra i luoghi della cultura e la gente comune, tra chi vive per strada e chi in comode case.
Se ciascuno fa la sua parte, si costruisce un tessuto più omogeneo nella città e si crea un terreno,
calcando il quale nessuno debba sentirsi in esilio.
Per coltivare amicizia nei confronti della città, occorre imparare ogni giorno a rinnovare in noi
stessi le buone ragioni di una convivenza sociale che si nutre anche di un auspicabile senso di
appartenenza che fa amare il luogo in cui viviamo, ma che comporta anche la scelta di non avere
preconcetti nei confronti dell’altro. Si tratta di educare in noi un pregiudizio positivo a proposito di
qualsiasi persona che incontriamo. Sappiamo che la stima che il singolo avverte e sperimenta da
parte degli altri è uno dei migliori stimoli che favoriscono la crescita di ogni persona, anche di
quella più in difficoltà, e la aiutano a maturare uno stile di cittadinanza responsabile e affidabile. Un
fondamento di autentica umanità ci aiuta a riconoscere che ogni uomo è portatore di quella dignità
che io pure sento di avere ed è giusto rispondere alle esigenze che anch’io desidero colmare, perché
in caso contrario risulta compromesso il rispetto stesso che nutro per la mia umanità oltre che per la
vita dell’altro.
Coltivare amicizia per la città significa attuare uno sforzo condiviso di intelligenza e comprensione
comune, frequentare insieme tutti i luoghi, “abitare” e conoscere ogni angolo della città, visitarci gli
uni gli altri, fermarsi a parlare, non chiudersi nella paura, sorridersi. Questo plasma sicurezza
comune e ci arricchisce della possibilità di vivere in più luoghi.
Se saremo capaci di fare dei passi in questa direzione, nella nostra città nasceranno ponti di umanità
costruiti su piloni di solidarietà uniti da arcate di dialogo.
Punto Pace Pax Christi Pavia