settembre musica

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settembre musica
Città
di Torino
Assessorato
per
la Cultura
Unione
Musicale
giovedì 5 settembre 1985, ore 21
Teatro Regio
The Chamber Orchestra
of Europe
Salvatore Accardo, direttore e violino
Margaret Batjer, violino
Douglas Boyd, oboe
SETTEMBRE MUSICA
La Chamber Orchestra of Europe è stata fondata nel 1981 da un
gruppo di giovani musicisti europei, ed ha suonato, fino ad oggi, con
artisti di fama internazionale tra i quali James Galway, Rudolf Serkin, Georg Solti e Anne-Sophie Mutter.
Nel 1982, l'orchestra, con Maurizio Pollini nella veste di direttore e
solista, ha tenuto due concerti a Torino nell’ambito di Settembre Mu­
sica proponendo un programma comprendente musiche di Mozart
e Haydn.
Nel 1983 dopo aver fatto una lunga tournée in Australia e a Singapo­
re con il giovane direttore polacco Jacek Kaspryzk, l’orchestra è ri­
tornata per la terza volta al Festival Rossini di Pesaro, dove, sempre
sotto la guida di Maurizio Pollini, ha eseguito “ La Donna del Lago” ,
oggetto di una fortunata Incisione discografica. Anche la recente in­
cisione del Concerto di Aranjuez con Julian Bream solista e John Eliot
Garqiiner direttore, è stata accolta con grande favore dalla critica
internazionale.
L'anno scorso l’orchestra è tornata a Torino, dove ha tenuto due con­
certi nell’ambito della settima edizione di Settembre Musica, uno con
la direzione di Claudio Abbado e l’altro con Salvatore Accardo.
Salvatore Accardo, nato a Torino nel 1941, si è diplomato al Con­
servatorio di Napoli nel 1956 e si è perfezionato successivamente al­
l’Accademia Musicale Chigiana. Il primo concerto pubblico lo diede
all’età di 13 anni con un programma comprendente i Capricci di Pa­
ganini; a 15 anni vinse il Concorso di Ginevra e due anni dopo il Pri­
mo Premio al Concorso Paganini di Genova.
Parte della sua attività è oggi anche dedicata alla direzione d’orche­
stra: ha infatti diretto, oltre la Chamber Orchestra of Europe, la English Chamber Orchestra, l'Orchestra da camera Italiana e la
Nederlandse Kamerorkest.
Suona un Guarneri del Gesù ex Rhode del 1734 e uno Stradivari ex
Reynier del 1727.
Margaret Batjer, nata nel Texas nel 1959, ha iniziato lo studio del
violino all'età di tre anni con la guida della madre.
Il primo concerto in veste di solista l’ha tenuto con la Chicago Sym­
phony Orchestra, con la quale ha poi collaborato per un lungo periodo.
Ha partecipato ai festival di Marlboro e Vermont e su invito di Salva­
tore Accardo, con II quale ha recentemente inciso per la EMI quattro
Concerti di Vivaldi, si è esibita alle Settimane Musicali di Napoli.
Nell’ottobre del 1984 ha effettuato una fortunata tournée nella Re­
pubblica Democratica Tedesca suonando con la Halle Philharmonic
e con l’Orchestra Sinfonica di Berlino.
Douglas Boyd, nato nel 1959 a Glasgow, ha studiato alla Royal Academy of Music di Londra, perfezionandosi in seguito a Parigi.
Si è affermato internazionalmente, vincendo nel 1984, il Primo Pre­
mio al Concorso Giovani Concertisti di New York.
Ha suonato ai festival di Aldeburg, Londra ed Edimburgo ed ha re­
centemente partecipato all’esecuzione veneziana del Concerto per
oboe e flauto di Ligeti, diretto da Claudio Abbado.
Johann Sebastian Bach
(1685 - 1750)
Concerto in la minore
per violino, archi
e continuo BWV 1041
(Allegro)
Andante
Allegro assai
Concerto in do minore
per violino, oboe e archi
BWV 1060a
Allegro
Adagio
Allegro
Concerto in mi maggiore
per violino, archi
e continuo BWV 1042
Allegro
Adagio
Allegro assai
Concerto in re minore
per due violini, archi
e continuo BWV 1043
Vivace
Largo, ma non tanto
Allegro
Una tesi stimolante, ma purtroppo non suffragata da docu­
menti che ne provino l’autenticità, indicherebbe che la rac­
colta dei Concerti Brandeburghesi fu predisposta da Bach sce­
gliendo da un più ampio contesto di concerti di vario genere
scritti durante gli ultimi anni del soggiorno di Weimar e i primi
di quello di Còthen. Un argomento che potrebbe in qualche
modo soccorrere questa ipotesi di lavoro è la presenza di al­
tri concerti che più o meno possono considerarsi contempo­
ranei dei Brandeburghesi. Di questi concerti noi ne cono­
sciamo solamente tre (due per violino e uno per due violini),
almeno considerando i soli concerti pervenuti in veste origi­
nale; ma a queste opere se ne devono aggiungere altre, in
numero non precisabile, alcune delle quali a noi giunte in ver­
sioni per uno o più clavicembali, archi e basso continuo, ver­
sioni elaborate da Bach verso il 1730 per soddisfare partico­
lari esigenze professionali. Un fatto è certo: delle opere stru­
mentali scritte durante gli anni trascorsi a Còthen (dicembre
1717 - aprile 1723), soltanto una parte — forse minima — ci
è stata conservata. A conti fatti, se escludiamo dal conteggio
quelle opere a destinazione didattica e per uso familiare (Das
wohltemperierte Klavier, prima parte; il Klavierbuchlein per il
figlio Wilhelm Friedemann; la produzione cembalistica in ge­
nere) ci ritroveremo con un complesso di opere (una quaran­
tina in tutto) troppo esiguo per l’uso che ne avrebbero dovuto
fare i componenti dell’orchestra di corte (in pratica, Bach
avrebbe scritto una media di otto lavori per anno, fatto che
contrasta nettamente con la pratica compositiva dell’epoca).
A differenza dei Brandeburghesi, che sono concerti «à plusieurs instruments», come li definì — alla francese — lo stesso
Bach, e obbediscono a criteri formali, stilistici e strumentali
di volta in volta diversi, i Concerti per violino costituiscono un
blocco estremamente omogeneo; l’organico strumentale non
subisce varianti (al di fuori di quella legata al numero dei soli­
sti), la forma è quella tripartita secondo lo schema allegroadagio-allegro, e lo stile è quello tipico di derivazione vivaidiana. In queste opere Bach, in altre parole, non esperimenta
nuove vie, non si pone problemi particolari di linguaggio, non
si sbizzarrisce nella ricerca di nuove combinazioni timbriche:
le parti affidate al solista o ai solisti rientrano, per così dire,
nella norma e, a parte l’invenzione musicale che è sempre
di grande valore, unica novità è la ricerca di ulteriori prospet­
tive tecniche, di nuovi disegni strumentali.
I due concerti per violino sono quanto avanza di un reperto­
rio sicuramente più vasto, che Bach aveva preparato per il
violinista di corte Joseph Spiess, che godeva del titolo di primo
Kammermusikus. Non c’è dubbio che si tratti di opere gemelle:
e, tuttavia, ciascuna di esse è dotata d’una propria persona­
lità. Splendidamente articolati dal punto di vista ritmico nei
due allegri, i due concerti propongono come tempo centrale
una sorta di cantilena. Il Concerto BWV 1041 si inizia con un
movimento che alterna simmetricamente la parte del solo e
quella del tutti] l’Andante è costruito su una caratteristica fi­
gurazione ostinata del basso, che propone al brano un ince­
dere solenne, un passo marcato e pulsante, sul quale s’inne­
sta il disegno fiorito (per lo più a terzine) del solista. Il terzo
tempo, in 9/8, ha la vigoria ritmica di una giga e concede al
violino solista una serie di passaggi virtuosistici, di trascinante
effetto. Anche il Concerto BWV 1042 si presenta nel primo
movimento con la costante proposta alternativa di tutti e di
solo con le tipiche progressioni «a terrazza» e i giuochi di forte
e piano. Ma molto marcata ed evidente risulta la condotta te­
matica, sviluppata in misura notevolmente più ampia di quanto
figuri nei modelli vivaldiani, mentre anche lo spazio concesso
al solista è in proporzioni superiori alla norma. Da notare, la
breve cadenza (Adagio) affidata al solista prima degli inter­
venti conclusivi. Il secondo movimento è un Adagio («sempre
piano») con struttura a dialogo: un disegno ostinato del ripieno,
cui si contrappone l’intensa e costante cantabilità del violino
solista (con la eccezione delle due frasi di apertura e di chiu­
sura). Se il discorso proposto in questo Adagio è palpitante
e commovente, per contro il breve Allegro conclusivo sfrutta
l’elemento ritmico-dinamico, con movenze che arieggiano an­
che lo stile di danza: la simmetria della pagina è perfetta.
Oltre allo Spiess, un altro violinista, Martin Friedrich Marcus,
si distingueva fra i violinisti dell’orchestra di corte. È naturale,
quindi, che Bach pensasse di scrivere anche dei concerti per
due violini e, forse imbracciando egli stesso l’arco (Bach in
gioventù aveva esercitato soprattutto l’arte violinistica), anche
per tre violini. I «doppi concerti» bachiani a noi pervenuti (e
non si dimentichi che Bach aveva acquisito tale esperienza
sulle pagine vivaldiane de L ’estro armonico op. 3) sono in nu­
mero di quattro: ma uno solo, quello in re minore BWV 1043,
è pervenuto nella veste originale. Allo slancio ritmico dei due
movimenti estremi, nei quali il tematismo è netto e tagliato in
modo inconfondibile, si contrappone la stupenda natura lirica
del tempo centrale, in 12/8, e con un tipico andamento di Si­
ciliana. In tutti i movimenti i due violini «concertati» (questa
è la dizione usata da Bach) agiscono su un piano di assoluta
parità, scambiandosi trame melodiche e contrappuntistiche
con indefettibile regolarità.
Il concerto in do minore per violino e oboe (BWV 1060a) è il
frutto recente di una ricostruzione operata da Wilfried Fischer
(1971) sulla base della versione bachiana per due clavicem­
bali, archi e continuo (BWV 1060) a sua volta trascrizione di
un modello, per violino e oboe appunto, perduto e che era stato
“ recuperato” da Max Schneider in un’elaborazione (1921) tra­
sportata da do minore a re minore e realizzata anche per due
violini. Già alla fine del secolo scorso, tuttavia, si era rilevato
che il comportamento delle due parti di clavicembalo presenta
delle differenze sostanziali rispetto alle altre opere bachiane
del genere e si era giunti alla conclusione che la versione ori­
ginale doveva prevedere l’impiego di due strumenti differenti
e non una coppia di strumenti del medesimo tipo. Ed è su que­
sta base, appunto, che il Concerto in do minore per due cem­
bali è stato nuovamente ricostruito nella sua presumibile ve­
ste originale per oboe e violino ricuperando anche la tonalità
di partenza. Il principio dei due strumenti “ concertanti” che
si integrano a vicenda, non soltanto alternandosi nella propo­
sta e nella risposta, ma proseguendo anche l’uno dietro la
spinta dell’altro, è qui realizzato tenendo presenti le caratte­
ristiche melodiche dei due veicoli dell’espressione; e tuttavia
anche il contrappunto vi esercita una funzione di primo piano,
talvolta dando vita ad episodi che sono dei veri e propri bicinia, talvolta — per usare una terminologia arcaica — dei di­
scanti, delle costruzioni per moto contrario.
Alberto Basso
leggere di musica
“ E ancora una volta mi sono accorto che con Bach non si è mai fini­
to e ch’egli diviene sempre più profondo quanto più lo si sente. (...)
La migliore rappresentazione e spiegazione delle sue opere rimane
poi sempre quella viva, cioè coi mezzi della musica stessa...” . Così
scriveva Schumann il giorno successivo ad un concerto organistico
di Mendelssohn dedicato a Bach. È difficile contestare gli aforismi
del devoto Robert; anzi, queste asserzioni sono tra le cose più sem­
plici e sensate che siano state dette su Bach. Ma la tendenza della
musicologia (che non per nulla in tedesco suona ‘‘scienza della mu­
sica”) non è comunicare le emozioni suscitate dall’ascolto di una com­
posizione, ma fornire al dilettante, all’appassionato o ai professionista
della musica i dati su ‘‘la vita e le opere” e gli strumenti per intra­
prendere ricerche ed analisi personali e particolari. Così, per tornare
allo scopo di queste brevi note, che è quello di suggerire i titoli degli
scritti su Johann Sebastian, diciamo subito che i due volumi di Al­
berto Basso costituiscono il riferimento più attuale e completo sul­
l ’indagine bachiana non solamente in Italia (1). Fino alla pubblicazione
di Frau Musika, il lettore non poliglotta poteva reperire — e nemme­
no con facilità — il buon vecchio e rispettabilissimo Schweitzer (2)
e il documentato Terry (3), ambedue portavoce di quell’immagine di
Bach, poeta-luterano-razionalista, dipinta da Spitta nel secolo scor­
so e codificata da Pirro agli inizi di questo (4) (5). Proprio l ’antitesi
e la polemica delle successive ‘‘immagini” di Bach sono il filo con­
duttore dei due lavori di Piero Buscaroti. il primo (6) doveva essere
la critica introduzione al bel libro di Karl Geiringer sulla dinastia dei
Bach (7), ma è poi divenuto saggio autonomo; il secondo, di recen­
tissima pubblicazione, diluisce in circa 1200 pagine i concetti espressi
nel primo e ripercorre la biografia di Bach, contestando passo passo
la quasi totalità delle affermazioni degli storiografi (8). Il procedere
in questa maniera sfiora l ’atteggiamento apodittico e può risultare ir­
ritante, ma la lettura è stimolata dal linguaggio talvolta fiorito del­
l'Autore.
in quinto volume della Storia della musica dell’EdT (9) offre agevol­
mente un panorama per l'inquadramento di Bach e coetanei, men­
tre si accoglie l ’invito di Loredana Lipperini (10) e ci si rilassa con
il tascabile della SugarCo (11). Ancora due segnalazioni che fareb­
bero inorridire Buscaroli e che in effetti hanno connotati poco orto­
dossi. Si tratta del recupero di un caso editoriale tinto innocuamente
di giallo (12) e quella strana apoteosi di logica, arte figurativa e musi­
ca, che Douglas R. Hofstadter ha montato con genialità su tre grandi
rappresentanti dell’umanità: Kurt Godei, Maurits Cornelis Escher e
naturalmente Johann Sebastian Bach (13).
Paolo Robotti
(1) A. BASSO, Frau Musika. La vita e le opere di J. S. Bach, 2 vo­
lumi, Torino, EdT 1979/1983
(2) A. SCHWEITZER, J. S. Bach, ¡1 musicista poeta, Milano, Suvlni Zerboni 1952
(3) C. S. TERRY, G. S. Bach. La vita, Milano, Bocca 1938
(4) P. SPITTA, Johann Sebastian Bach, 2 volumi, Wiesbaden, Breit­
kopf & Haertel 1962
(5) A. PIRRO, L’esthétique de Jean Sebastien Bach, (ristampa ana­
statica dell’edizione Fischbacher del 1907) Genève, Minkoff 1973
(6) P. BUSCAROLI, La nuova immagine di J. S. Bach, Milano, Ru­
sconi 1983
(7) K. GEIRINGER, I Bach, Milano, Rusconi 1981
(8) P. BUSCAROLI, Bach, Milano, Mondadori 1985
(9) A. BASSO, L’età di Bach e di Haendel, Torino, EdT 1976
(10) L. LIPPERINI, Invito all’ascolto di Bach, Milano, Mursia 1984
(11) O. ALAIN, Johann Sebastian Bach, Milano, SugarCo 1979
(12) E. MEYNELL (?), Piccola cronaca di Anna Magdalena Bach,
Firenze, Passigli 1985
(13) D. R. HOFSTADTER, Gödel, Escher, Bach: l’Eterna Ghirlan­
da Brillante. Una fuga metaforica su menti e macchine nello spi­
rito di Lewis Carroll, Milano, Adelphi 1984
La maggior parte dei testi indicati può essere consultata presso la
Civica Biblioteca Musicale “ Andrea Della Corte” - Villa Tesoriera corso Francia, 192
POZZO GROS MONTI S.p.A - TORINO