Lo sfruttamento criminale del minore

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Lo sfruttamento criminale del minore
Charlie Barlett
di Jon Pool
Presentazione critica
Introduzione al film
“Il mio nome è Charlie Barlett”
Le luci del palcoscenico sono tutte su di lui. Il ragazzo agisce come una star e saluta tutti.
D'improvviso, il risveglio nell'istituto privato da cui è stato appena espulso. L'incipit del film è già
rivelatore. Charlie Bartlett, con il titolo che coincide col nome del giovane protagonista, si presenta come
un film in soggettiva: il mondo, la realtà, sembrano visti attraverso i suoi occhi e i suoi desideri. Il suo
volto, la sua figura occupano l’intero spazio drammaturgico del film ed ogni altro personaggio viene
rappresentato in funzione delle interazioni che ha con il protagonista. In prima battuta, il film appare un
incrocio tra un teenager-movie e una black-comedy, riprendendo dal primo genere l'ambientazione
scolastica e dal secondo la figura di un personaggio “diverso” ed non reggimentabile che si trova coinvolto
nelle situazioni più estreme, dal pestaggio da parte di due coetanei, all'arresto da parte delle forze
dell'ordine per aver difeso la causa dei compagni. Ciò che colpisce del protagonista è proprio la sua
dichiarata estraneità rispetto al contesto. Viene spesso inquadrato come se fosse un alieno proveniente da
un pianeta diverso. In seconda battuta, però, la pellicola presenta anche frammenti della screwball
comedy degli anni Trenta, evidenti nella rappresentazione dell'universo familiare di Charlie. Le espressioni
del medico del ragazzo, la scena in cui lui suona il piano con la madre ubriaca, la stessa mimica della
donna (interpretata da Hope Davis) sono i segni di una gestualità visiva sopra le righe che convive con un
non-sense verbale che spesso caratterizzava i personaggi dei film di La Cava, McCarey, Sturges, Hawks o
Capra. Quei personaggi della “commedia svitata americana” appartenevano a un ceto sociale benestante
o ricco e molte situazioni comiche scaturivano proprio dallo scontro con le classi meno abbienti. La loro
eccentricità, disinvoltura e contagiosa follia qui vengono invece accostati e intrecciati alla descrizione del
disagio giovanile, creando un evidente effetto di straniamento e dislocazione. La stessa forse che vivono –
con tutt’altra fatica narrativa – i personaggi di Gus Van Sant a cui non tanto i due protagonisti (Claude e
Susan) ma soprattutto i personaggi di contorno (come Kip che soffre di depressione e tenta il suicidio)
possono essere facilmente accostati.
Jon Poll, al primo film da regista dopo una lunga carriera di montatore in commedie di successo (tra
cui le serie di Austin Powers e di Ti presento i miei), ha cercato di realizzare – sono le sue stesse parole –
«un film sulla scuola superiore che parla di persone vere e tematiche reali ma con umorismo e pathos». La
figura di Charlie nasce dalla fantasia dello sceneggiatore Gustin Nash, che ha osservato i comportamenti
di molti adolescenti, dai più carismatici ai più emarginati, mentre lavorava in un negozio di macchine
fotografiche nel centro commerciale di Burbank. Il protagonista Anton Yelchin, attore di origine russa e
figlio di due pattinatori, si era già messo in luce in Nella morsa del ragno (Along Came a Spider,
USA/Germania/Canada, 2001) di Lee Tamahori, Cuori in Atlantide (Hearts in Atlantis, USA, 2001) di Scott
Hicks ed Alpha Dog (id., USA, 2006) di Nick Cassavetes. A sua volta Robert Downey jr., nominato due
volte all'Oscar come miglior attore protagonista in Chaplin (id., USA, 1992) di Richard Attenborough e non
protagonista in Tropic Thunder (id., USA, 2008) di Ben Stiller e premiato con la Coppa Volpi a Venezia
assieme al resto del cast in America oggi (Short Cuts, USA, 1993), ha mostrato ancora una volta la propria
versatilità passando da film più indipendenti a blockbusters commerciali.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
Genio e sregolatezza
Charlie Bartlett è l'esempio di un adolescente dall'ego smisurato ma che ha bisogno continuamente del
consenso e dell'approvazione degli altri. Ama essere al centro dell'attenzione, ma vuole essere anche
d'aiuto ad altri. Il tocco di follia, a volte incontrollata, gli deriva dalla sua educazione, in una famiglia
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Charlie Barlett – scheda critica
estremamente benestante in cui la madre cerca di essergli più amica e confidente che figura autoritaria e
dove è anche troppo circondato da medici. Considera la propria anormalità, la propria stravaganza, come
un pregio, come un espediente per potersi proteggere dall'esterno. Mette la sua intelligenza al servizio
degli altri, ma ciò avviene proprio per meglio emergere dal resto della sua classe. Il film quindi mostra
come l'ambiente sociale sia determinante per la formazione del carattere dell'adolescente, accentuando i
tratti di talento ed eccentricità del protagonista, ed insieme dimostra come tale stravaganza faccia fatica
a radicarsi alla realtà in cui è inserito. Troppo concentrato su se stesso, Charlie non vede gli altri pur
standoci sempre in contatto e raccogliendo da psicologo le confidenze dei suoi coetanei nel bagno della
scuola. Il rapporto con Susan, ragazza invece priva di stravaganze e ben inserita nel contesto dove vive,
risponde oltre che a un'attrazione fisica anche alla necessità inconscia di uscire da quell'ambiente dorato
che, forse inconsapevolmente, lo ha tenuto per troppo tempo prigioniero. Inoltre forse lei è l'unica
persona con cui può aprirsi e mostrare il vero volto della sua personalità, facendo emergere le sue
debolezze. Entrambi hanno in comune un difficile rapporto con i genitori dove uno è assente mentre l'altro
anche troppo presente. Il ragazzo ha infatti un dolore nascosto, causato dal genitore che è in carcere per
evasione fiscale. Ogni volta che la macchina si trova davanti al penitenziario, lui non vuole mai scendere
tranne nel finale quando sembra aver finalmente elaborato la situazione. Susan invece si rintana spesso
nella sua stanza da letto anche quando Nathan vuole parlare con lei. Sua madre ha lasciato la famiglia
anni prima e questa è una delle cause per cui l'uomo è dipendente dall'alcol e molto, forse troppo, attento
alla quotidianità della figlia.
La pellicola quindi, mostra anche come le azioni e gli errori dei genitori ricadano spesso sul percorso di
crescita e identità dei figli. Ed è ciò che accade frequentemente agli adolescenti che tendono ad
accentuare il loro isolamento individuale o ad agire coperti dalle impenetrabilità di un gruppo. Soprattutto
in una fase dell'età in cui compiono azioni perché le ritengono giuste. C'è però nel protagonista, alla fine,
anche un'autocritica. Dopo che è stato in carcere, la madre gli dice: «Ti ho trattato sempre come un
adulto e non hai mai avuto la possibilità di essere un ragazzo» lui concorda con lei la punizione che deve
scontare. Charlie Bartlett disegna così non solo un ritratto dei teenager ma anche un percorso di crescita.
In cui i ragazzi alla fine riescono a stabilire un legame con gli adulti proprio ammettendo i propri sbagli e
le proprie debolezze.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Una delle caratteristiche del film è quella di riuscire a trattare temi importanti (come la dipendenza
dai farmaci) con leggerezza ed è per questo che la pellicola può essere adatta sia per gli studenti delle
scuole medie inferiori (solo la terza media) sia per quelli delle superiori. È poi centrale il tema del bisogno
di sentirsi accettati dal gruppo e di esserne parte integrante, elemento che corrisponde ai bisogni e ai
desideri di molti adolescenti. L'eccentricità di Charlie e il particolare rapporto con la madre richiama le
atmosfere di Harold & Maude (Harold and Maude, USA, 1971) di Hal Ashby e delle somiglianze si trovano
anche nel luogo dove vivono (una villa agiata) e nella presenza dello psicanalista nella vita del ragazzo.
Charlie però, a differenze di Harold, non ha quell'ossessivo rapporto e quella ricorrente ricerca di contatto
con la morte anche se poi questa potrebbe essere considerata come una forma di comportamento che
serve soprattutto ad esaltare il suo egocentrismo. La rappresentazione straniante dell'adolescenza è
invece molto vicina al cinema di Wes Anderson in cui le tracce di follia, anche ereditarie, sono presenti,
per esempio ne I Tenenbaum (The Royal Tenenbaums, USA, 2001). La figura del ragazzo prodigio ma spesso
incapace di adattarsi al contesto in cui si trova ad agire, accomuna invece Charlie al quindicenne Max
Fischer di Rushmore (id., USA, 1998).
Simone Emiliani
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